Cass. civ. n. 27923/2025
                                      La domanda di iscrizione presso un istituto scolastico e la conseguente ammissione dell'allievo generano un vincolo negoziale che impone all'istituto l'obbligo di vigilare sulla sicurezza e l'incolumità dell'alunno per tutto il tempo in cui questi fruisce della prestazione scolastica. Tuttavia, tale obbligo deve essere commisurato al grado di maturità dell'allievo, con una vigilanza decrescente al crescere dell'età e della capacità di discernimento dello stesso. La non prevedibilità della condotta dannosa posta in essere da un alunno prossimo alla maggiore età e munito di completa capacità di discernimento può esonerare l'istituto scolastico dalla responsabilità contrattuale per culpa in vigilando.
                                                        
                 
                            
                  Cass. civ. n. 24344/2025
                                      L'azione di responsabilità contrattuale nei confronti del professionista che abbia violato i suoi obblighi è accoglibile se e nei limiti in cui sussista effettivamente un danno, onde è necessario valutare se i clienti avrebbero, con ragionevole certezza, potuto conseguire una situazione economicamente più vantaggiosa qualora il notaio avesse diligentemente adempiuto la propria prestazione.
                                                        
                 
                            
                  Cass. civ. n. 23753/2025
                                      In tema di responsabilità da inadempimento contrattuale, per il sorgere del diritto al risarcimento del danno non è sufficiente la prova dell'inadempimento del debitore, ma deve essere provato il pregiudizio effettivo e reale incidente nella sfera patrimoniale del contraente danneggiato. Il semplice fatto che una penale contrattuale non sia stata pagata non determina automaticamente il sorgere del diritto al risarcimento.
                                                        
                 
                            
                  Cass. civ. n. 23681/2025
                                      Una volta provato che l'infortunio è avvenuto nel corso del lavoro e nell'ambiente di lavoro, sul lavoratore che agisce per danno differenziale incombe soltanto la prova del nesso causale tra infortunio e fatto, secondo lo schema della responsabilità contrattuale ex art. 1218 c.c.
                                                        
                 
                            
                  Cass. civ. n. 23061/2025
                                      Il giudice del merito può correttamente interpretare la domanda risarcitoria per danni subiti durante la gravidanza e al momento del parto come diretta alla responsabilità solidale sia del medico ginecologo, quale dipendente della struttura sanitaria pubblica in regime di attività libero-professionale intramuraria, sia della stessa struttura sanitaria. Tale interpretazione non è sindacabile in sede di legittimità, ove motivata sulla base degli atti e delle risultanze istruttorie.
                                                        
                 
                            
                  Cass. civ. n. 22998/2025
                                      Il mancato perfezionamento di un'autorizzazione richiesta dall'appaltatore, quando imputabile esclusivamente alla lentezza o inerzia della pubblica amministrazione, non può qualificarsi come grave inadempimento dell'appaltatore stesso. Un tale inadempimento potrebbe essere considerato come impossibilità della prestazione derivante da causa non imputabile all'appaltatore, ai sensi dell'art. 1218 c.c.
                                                        
                 
                            
                  Cass. civ. n. 21376/2025
                                      La banca può essere chiamata a rispondere, in via extracontrattuale, per i danni derivanti da fatti dolosi compiuti dagli amministratori della società cliente, se emerge che ha concorso colposamente permettendo l'utilizzo dei suoi servizi bancari per il compimento degli atti illeciti.
                                                        
                 
                            
                  Cass. civ. n. 21172/2025
                                      Nel giudizio per risarcimento danni derivanti da infortunio sul lavoro, l'onere gravante sul lavoratore non comprende l'individuazione specifica delle norme di cautela violate, specie quando non si tratti di misure tipiche o nominate. È sufficiente l'allegazione della condizione di pericolo insita nel luogo di lavoro, nella organizzazione o nelle modalità di esecuzione della prestazione, oltre che del nesso causale tra la concretizzazione di quel pericolo e il danno sofferto. Compete al datore di lavoro provare l'adozione delle misure atte a neutralizzare o ridurre al minimo tecnicamente possibile i rischi esistenti.
                                                        
                 
                            
                  Cass. civ. n. 20344/2025
                                      In caso di infortunio sul lavoro, il datore di lavoro è tenuto a fornire la prova liberatoria che ha adottato tutte le cautele necessarie ad impedire il verificarsi del danno, conformemente all'art. 1218 c.c., che dispone che il debitore deve provare che l'impossibilità della prestazione o la non esatta esecuzione della stessa derivano da causa a lui non imputabile.
                                                        
                 
                            
                  Cass. civ. n. 20300/2025
                                      In merito alla revoca di agevolazioni finanziarie, il Ministero ha la responsabilità di allegare l'inadempimento del beneficiario. Tuttavia, spetta alla società beneficiaria l'onere di dimostrare l'insussistenza degli inadempimenti specificamente ad essa ascritti, secondo il principio di distribuzione dell'onere della prova ex art. 1218 c.c.
                                                        
                 
                            
                  Cass. civ. n. 19923/2025
                                      Il certificato di abitabilità è essenziale ai fini della normale commerciabilità del bene, ma la sua mancata consegna non costituisce un inadempimento del venditore che ne abbia ottenuto il rilascio successivamente. In tali casi non è configurabile l'ipotesi di vendita di aliud pro alio.
                                                        
                 
                            
                  Cass. civ. n. 17644/2025
                                      In tema di trasporto aereo internazionale di persone, regolato dalla Convenzione di Montreal del 28 maggio 1999 e dal Regolamento CE n. 261 del 2004, il passeggero che agisce per il risarcimento del danno cagionato dal negato imbarco, dalla cancellazione (inadempimento) o dal ritardato arrivo dell'aeromobile rispetto all'orario previsto (inesatto adempimento) deve fornire la prova dell'esistenza del contratto di trasporto (cioè, produrre il titolo o il biglietto di viaggio o altra prova equipollente) ed allegare unicamente l'inadempimento del vettore, spettando a quest'ultimo l'onere di dimostrare l'esatto adempimento della prestazione ovvero l'imputabilità dell'inadempimento a caso fortuito o forza maggiore ovvero il contenimento del ritardo entro le soglie di rilevanza fissate dall'art. 6, comma 1, del Regolamento CE n. 261 del 2004.
                                                        
                 
                            
                  Cass. civ. n. 15676/2025
                                      Va esclusa la responsabilità del notaio per non avere rilevato, in occasione di una compravendita immobiliare, l'esistenza di un'iscrizione ipotecaria pregiudizievole se l'errore è stato causato da una condotta negligente del conservatore dei registri immobiliari, tale da rendere di fatto impossibile l'individuazione dell'ipoteca ipotecaria con l'uso dell'ordinaria diligenza professionale. (Nella specie, la S.C. ha cassato con rinvio la sentenza che aveva ritenuto irrilevante l'errore del conservatore in ordine all'attribuzione del codice fiscale al venditore di un bene oggetto di rogito, così non consentendo al notaio di rilevare che sull'immobile gravava un pignoramento, senza specificare, in concreto, quale condotta diligente poteva essere pretesa dall'ufficiale rogante, per l'effetto condannato per responsabilità da evizione).
                                                        
                 
                            
                  Cass. civ. n. 15464/2025
                                      Le linee guida e i protocolli medici non possono essere considerati come usi normativi di fonte del diritto. Essi rappresentano parametri di riferimento per valutare il profilo di colpa medica e contribuiscono alla corretta sussunzione della fattispecie concreta nelle clausole generali degli artt. 1218 e 2043 c.c.
                                                        
                 
                            
                  Cass. civ. n. 15081/2025
                                      Nei giudizi di risarcimento del danno da responsabilità medica, è onere del paziente dimostrare l'esistenza del nesso causale tra la condotta del sanitario e il danno subito. La domanda deve essere rigettata qualora la prova del nesso causale resti assolutamente incerta.
                                                        
                 
                            
                  Cass. civ. n. 15078/2025
                                      Nei giudizi di risarcimento del danno da responsabilità medica, è onere del paziente dimostrare l'esistenza del nesso causale, provando che la condotta del sanitario è stata, secondo il criterio del "più probabile che non", causa del danno. Ove la causa dell'evento dannoso resti assolutamente incerta, la domanda deve essere rigettata.
                                                        
                 
                            
                  Cass. civ. n. 15074/2025
                                      In materia di responsabilità sanitaria, il mancato consenso informato assume diversa rilevanza causale a seconda che sia dedotta la violazione del diritto all'autodeterminazione o la lesione del diritto alla salute. Nel primo caso, omessa o insufficiente informazione preventiva evidenzia "ex se" una relazione causale diretta con la compromissione dell'interesse all'autonoma valutazione dei rischi e dei benefici del trattamento sanitario. Nel secondo caso, l'incidenza eziologica del deficit informativo sul risultato pregiudizievole dipende dall'opzione che il paziente avrebbe esercitato se fosse stato adeguatamente informato. L'allegazione dei fatti dimostrativi di tale scelta costituisce parte integrante dell'onere della prova gravante sul danneggiato.
                                                        
                 
                            
                  Cass. civ. n. 15066/2025
                                      In tema di responsabilità contrattuale del sanitario, è onere del danneggiato dimostrare il nesso di causalità fra l'aggravamento della situazione patologica o l'insorgenza di nuove patologie e la condotta del sanitario, mentre è onere della parte debitrice provare l'impossibilità sopravvenuta della prestazione per causa non imputabile, solo dopo che il danneggiato abbia assolto il proprio onere probatorio.
                                                        
                 
                            
                  Cass. civ. n. 13749/2025
                                      Nel contratto di video lotteria istantanea (VLT), riconducibile al contratto di lotteria ex art. 1935 c.c. e disciplinato dal regolamento emanato con d.m. 22 gennaio 2010 (avente natura contrattuale), la vincita è subordinata all'evento futuro e incerto dell'elaborazione di una combinazione vincente esposta su videoterminale ed è documentata dal possesso dello scontrino relativo alla giocata - completo dei dati identificativi della stessa, del tipo di vincita e degli elementi distintivi atti a garantirne l'autenticità materiale (ad esempio, codici a barre, ecc.) - la cui immediata emissione integra la cosiddetta "validazione" alla quale il predetto d.m. fa riferimento per la riscossione del premio; di conseguenza, se a causa di anomalie o malfunzionamenti del sistema informatico non riconducibili al giocatore viene emessa una combinazione vincente, il gestore della lotteria - che risponde comunque verso i giocatori solo nei limiti del montepremi messo a disposizione e ad essi noto - è tenuto a corrispondere il premio al possessore dello scontrino vincente, non potendo invocare l'impossibilità della prestazione per causa a lui non imputabile, ai sensi dell'art. 1218 c.c., giacché dette anomalie non costituiscono eventi imprevedibili o inevitabili, ma - rientrando integralmente nell'ambito della sfera organizzativa e di controllo dell'attività - concernono il rischio d'impresa sullo stesso gravante.
                                                        
                 
                            
                  Cass. civ. n. 13649/2025
                                      La liquidazione del danno per condotte persecutorie e mobbing da parte del dirigente medico deve applicare i principi relativi alla prova e al risarcimento del danno, considerando la natura extracontrattuale della responsabilità del dirigente rispetto a quella contrattuale del datore di lavoro.
                                                        
                 
                            
                  Cass. civ. n. 13518/2025
                                      In tema di rapporti contrattuali concernenti le utenze telefoniche, la portabilità del numero telefonico (cosiddetta "number portability") non è un mero servizio accessorio, ma integra l'oggetto della prestazione che l'operatore di telefonia è tenuto ad adempiere in favore dell'utente, ex art. 1, comma 3, d.l. n. 7 del 2007 ("decreto Bersani"), conv. con modif. dalla l. n. 40 del 2007, sicché il suo inadempimento determina la risarcibilità di tutte le ripercussioni negative, patrimoniali e non patrimoniali, subite in conseguenza dell'inutilizzabilità della specifica utenza telefonica, senza che assuma rilevanza l'eventuale esistenza di mezzi di comunicazione alternativi, estranei al rapporto contrattuale.
                                                        
                 
                            
                  Cass. civ. n. 13289/2025
                                      In tema di responsabilità della P.A. per lesione dell'affidamento incolpevolmente riposto nella legittimità di un provvedimento amministrativo, da inquadrarsi nell'ambito della responsabilità da contatto sociale qualificato, l'onere probatorio è ripartito in base all'art. 1218 c.c., sicché il privato è tenuto a dimostrare il rapporto inerente al provvedimento autorizzatorio richiesto, il comportamento della P.A. contrario ai doveri di correttezza e buona fede e tale da ingenerare l'affidamento incolpevole (salva l'ipotesi del comportamento omissivo, per il quale è sufficiente la mera allegazione), il relativo nesso di causalità e il danno lamentato (da rapportarsi di norma al cosiddetto "interesse negativo"), mentre l'Amministrazione è onerata di provare che non vi è stato comportamento omissivo oppure che la condotta addebitata non è rilevante sotto il profilo eziologico oppure che l'evento di danno non le è imputabile.
                                                        
                 
                            
                  Cass. civ. n. 12627/2025
                                      La domanda di condanna di un professionista (nella specie, di un notaio) per responsabilità contrattuale - cioè, per violato gli obblighi professionali - può essere accolta, secondo le regole generali che governano la materia risarcitoria, se e nei limiti in cui un danno si sia effettivamente verificato, occorrendo a tale scopo valutare se il cliente avrebbe potuto conseguire, con ragionevole certezza, una situazione economicamente più vantaggiosa qualora il professionista avesse diligentemente adempiuto la propria prestazione. (Nella specie, la S.C., escludendo la responsabilità del notaio in relazione alla garanzia per evizione, ha cassato con rinvio la sentenza gravata che aveva condannato gli eredi del professionista rogante al pagamento, a favore dei compratori evitti, sia della somma pari a quella da questi pagata, prima del rogito, titolo di prezzo della compravendita immobiliare, sia di quella corrisposta al terzo per l'illegittima occupazione dell'immobile).
                                                        
                 
                            
                  Cass. civ. n. 11290/2025
                                      La condanna di due coobbligati al risarcimento del danno in una percentuale inferiore del 100%, poiché un terzo (potenziale) coobbligato, benché ne sia stata astrattamente riconosciuta la corresponsabilità (nella specie, in misura del 10%), non è stato evocato in giudizio dal danneggiato, comporta che i due soggetti ritenuti responsabili e condannati al risarcimento dei danni (nella specie, in percentuale pari al 90%) siano vincolati in solido entro i limiti della accertata responsabilità, salvo riparto interno pro quota (nella specie, paritariamente riconosciute nella misura del 45%).
                                                        
                 
                            
                  Cass. civ. n. 11058/2025
                                      La violazione dell'obbligo della P.A. di adottare i provvedimenti organizzativi interni finalizzati al conferimento di incarichi dirigenziali legittima il dipendente interessato ad agire non già per il relativo adempimento ma unicamente per il risarcimento del danno (liquidabile in via equitativa dal giudice) conseguente alla perdita della chance di percepire la parte variabile della retribuzione di posizione e l'indennità di risultato, essendo egli tenuto, a tal fine, ad allegare la fonte del proprio diritto e l'inadempimento della controparte (cui compete, per converso, l'onere di provare che l'inadempimento è derivato da causa ad essa non imputabile), nonché a provare - anche mediante presunzioni o secondo parametri di probabilità - l'esistenza di una plausibile occasione perduta, del possibile vantaggio perso e del correlativo nesso causale, inteso in modo da ricomprendere nel detto risarcimento anche i danni indiretti e mediati che si presentino come effetto normale dell'inadempimento, secondo il principio della c.d. regolarità causale.
                                                        
                 
                            
                  Cass. civ. n. 10807/2025
                                      Nei contratti di locazione relativi a immobili destinati a uso non abitativo, grava sul conduttore l'onere di verificare che le caratteristiche del bene siano adeguate a quanto tecnicamente necessario per lo svolgimento dell'attività che intende esercitare, nonché per il rilascio delle necessarie autorizzazioni amministrative. Se il conduttore non riesce a ottenere tali autorizzazioni, non è configurabile alcuna responsabilità per inadempimento a carico del locatore, salvo che vi sia stata una specifica pattuizione riguardante le caratteristiche del bene e le autorizzazioni necessarie per l'uso convenuto.
                                                        
                 
                            
                  Cass. civ. n. 10553/2025
                                      Non costituisce esatto adempimento il pagamento eseguito - di iniziativa del debitore e senza preventivo accordo con il creditore - con modalità diverse da quelle pattuite, che non assicurino il soddisfacimento del credito.
                                                        
                 
                            
                  Cass. civ. n. 10201/2025
                                      L'inadempimento del gestore telefonico, tale da impedire ad un professionista l'uso del telefono fisso, cagiona un danno non patrimoniale risarcibile perché lede la sua immagine e reputazione professionale, facendolo apparire un soggetto sempre irreperibile o che ha cessato l'attività senza disattivarne il numero e, dunque, inaffidabile. (Nella specie, per circa dieci mesi, il numero telefonico di uno studio legale, a causa del malfunzionamento, risultava libero per chi chiamava, ma muto per il ricevente).
                                                        
                 
                            
                  Cass. civ. n. 10196/2025
                                      Nel contratto d'opera intellettuale, qualora il committente chieda la restituzione dei compensi corrisposti al professionista, tale domanda può essere implicitamente interpretata come richiesta di risoluzione contrattuale, anche se impropriamente qualificata come risarcitoria. Infatti, il giudice ha il potere-dovere di accertare e valutare il contenuto sostanziale della pretesa desumibile dalle vicende rappresentate e dalle precisazioni fornite nel corso del giudizio, con il limite della corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato.
                                                        
                 
                            
                  Cass. civ. n. 10189/2025
                                      In tema di consenso del paziente ad un intervento chirurgico, l'onere di informazione che grava sul medico e che va assolto nei confronti del paziente, pur rivestendo i caratteri della completezza e della specificità, non si estende sino agli estremi della rappresentazione di ogni possibile conseguenza, negativa o addirittura infausta, dell'intervento stesso. Ciò vale tanto sotto il profilo della estrema improbabilità di tali conseguenze, quanto sotto quello della non necessità di indicazioni strettamente scientifiche, anche sotto il profilo dello specifico nomen morbi già rappresentato nelle sue linee generali all'atto del consenso.
                                                        
                 
                            
                  Cass. civ. n. 10188/2025
                                      In tema di accertamento e di prova del nesso di causalità, sia materiale che giuridica, il giudice di merito, quando ritiene ignota la causa dell'evento dannoso, non è tenuto ad indagare sulle relative ragioni, dimostrando di poter risolvere tutti i relativi problemi tecnici, qualora i fatti posti a fondamento del giudizio di incertezza eziologica siano stati esaustivamente e compiutamente individuati, analizzati ed enunciati nella sentenza, mentre l'insanabile incertezza circa la relazione causale tra condotta colpevole del sanitario ed evento di danno ridonda a carico del paziente danneggiato che chiede il risarcimento.
                                                        
                 
                            
                  Cass. civ. n. 9507/2025
                                      In tema di vendita di immobili destinati ad abitazione, la mancanza del certificato di agibilità configura alternativamente l'ipotesi di vendita di aliud pro alio, qualora le difformità riscontrate non siano in alcun modo sanabili, l'ipotesi del vizio contrattuale per mancanza di qualità essenziali, qualora le difformità riscontrate siano sanabili, ovvero l'ipotesi dell'inadempimento non grave, qualora la mancanza della certificazione sia ascrivibile a semplice ritardo nella conclusione della relativa pratica amministrativa, fonte di esclusiva responsabilità risarcitoria del venditore ma non di risoluzione del contratto per inadempimento.
                                                        
                 
                            
                  Cass. civ. n. 9500/2025
                                      È configurabile l'inadempimento contrattuale del prestatore di servizi assicurativi quando non siano rispettate le specifiche formalità previste dalle condizioni di polizza, anche nella fase finale dell'accredito delle somme riscattate. Ai sensi dell'art. 1218 c.c., la responsabilità per l'inadempimento è presunta e la colpa del prestatore di servizi deve ritenersi implicita se opera un accredito basandosi su documentazione che si rivela falsa.
                                                        
                 
                            
                  Cass. civ. n. 9012/2025
                                      In tema di responsabilità della struttura sanitaria, il danneggiato è tenuto a dimostrare il nesso causale tra l'inadempimento dei sanitari e l'evento dannoso. Una volta fornita tale prova, incombe sulla struttura l'onere di dimostrare l'assenza di tale legame eziologico, eventualmente dimostrando l'intervento di un evento imprevisto e imprevedibile. Quando resta ignoto il ciclo eziologico, le conseguenze sfavorevoli ricadranno sul creditore della prestazione professionale.
                                                        
                 
                            
                  Cass. civ. n. 8996/2025
                                      In tema di contratto d'opera, l'esercente un'attività professionale è soggetto, nell'esecuzione della prestazione dovuta, al dovere di diligenza qualificata ex art. 1176, comma 2, c.c., che comporta l'obbligo di apprezzare i rischi connessi alla prestazione richiesta e informarne il committente. (Nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza impugnata che aveva accertato la responsabilità di una lavanderia per non aveva informato il committente circa i rischi connessi alle operazioni di lavaggio e asciugatura di alcuni tendaggi teatrali vetusti, privi di etichettatura e mai lavati e che, a causa di tali operazioni, avevano subito un accorciamento di cinquanta centimetri).
                                                        
                 
                            
                  Cass. civ. n. 8980/2025
                                      In materia di contratti preliminari di vendita di immobili, il termine convenuto per la stipula del contratto definitivo può essere qualificato come essenziale alla luce delle clausole contenute nel contratto stesso. La proroga del termine stabilito per la stipula del definitivo non esclude necessariamente la sua essenzialità, se permane l'interesse della parte ad esigere la prestazione alla nuova scadenza e non oltre. L'accertamento della essenzialità del termine originario e di quello prorogato spetta al giudice di merito.
                                                        
                 
                            
                  Cass. civ. n. 8905/2025
                                      In tema di preliminare di vendita immobiliare, il danno da lucro cessante spettante al promittente venditore che agisca per la risoluzione del contratto e per il risarcimento del danno, in ragione dell'inadempimento del promissario acquirente, danno derivante dalla sostanziale incommerciabilità del bene nella vigenza del preliminare, deve essere parametrato alla differenza (recte al deprezzamento) tra il prezzo pattuito nel preliminare e il valore commerciale dell'immobile al momento in cui l'inadempimento è divenuto definitivo, potendosi tener conto anche di ulteriori circostanze, suscettibili di determinare un incremento o una riduzione del pregiudizio, a condizione che esse siano allegate e provate e appaiano ragionevolmente prevedibili e non meramente ipotizzate.
                                                        
                 
                            
                  Cass. civ. n. 8903/2025
                                      In tema di prova dell'inadempimento di un'obbligazione, il creditore che agisca per la risoluzione contrattuale, il risarcimento del danno, ovvero l'adempimento deve solo provare la fonte (negoziale o legale) del suo diritto ed il relativo termine di scadenza, limitandosi alla mera allegazione dell'inadempimento della controparte; spetta invece al debitore convenuto l'onere della prova del fatto estintivo dell'altrui pretesa, costituito dall'avvenuto adempimento delle proprie obbligazioni.
                                                        
                 
                            
                  Cass. civ. n. 6990/2025
                                      In tema di contratto di apprendistato, pur nell'assetto regolativo di cui al d.lgs. n. 81 del 2015, la mancanza o carente formazione dell'apprendista, se qualificata dalla gravità dell'inadempimento, comporta la nullità del contratto per mancanza di causa, determinandone la trasformazione, fin dall'inizio, in rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato, sicché al lavoratore va riconosciuto ex tunc il trattamento giuridico ed economico previsto dagli accordi collettivi, con riferimento a quest'ultimo tipo contrattuale.
                                                        
                 
                            
                  Cass. civ. n. 6518/2025
                                      In caso di sospensione della fornitura di energia elettrica e gas, la responsabilità dell'inadempimento contrattuale è imputabile alla società fornitrice, e non al gestore della rete, quando la sospensione è disposta illegittimamente dalla fornitrice senza una preventiva messa in mora dell'utente e il ripristino del servizio non avviene prontamente.
                                                        
                 
                            
                  Cass. civ. n. 6090/2025
                                      In caso di opposizione allo stato passivo da parte di un professionista per il riconoscimento di un proprio credito verso una società fallita, l'onere di dimostrare l'esatto adempimento delle prestazioni contrattuali ricade sul professionista stesso. A fronte di un'eccezione di inadempimento sollevata dal fallimento, il professionista deve fornire la prova che la sua condotta sia stata conforme agli obblighi contrattuali e agli standard professionali richiesti.
                                                        
                 
                            
                  Cass. civ. n. 5219/2025
                                      In tema di somministrazione di energia elettrica, in caso di manomissione del contatore e conseguente inattendibilità dei dati da esso registrati, è configurabile il diritto al risarcimento del danno in capo al somministrante, che ne può provare l'ammontare anche tramite elementi presuntivi, quali calcoli statistici sull'entità dei consumi storici o anche specificando i criteri metodologici che vengono seguiti nel settore per stimare consumi presunti (legati alla qualità, dimensioni, tipo di attività, volume di fatturato ecc. dell'utente), come, ad esempio, il criterio metodologico della "potenza tecnicamente prelevabile", di cui va affermato il carattere non arbitrario.
                                                        
                 
                            
                  Cass. civ. n. 4682/2025
                                      Nell'ambito della responsabilità medico-chirurgica, se ricorrono il consenso presunto e il danno iatrogeno, ma non la condotta inadempiente o colposa del medico nell'esecuzione della prestazione sanitaria (cioè, l'intervento è stato correttamente eseguito), il danno da lesione del diritto, costituzionalmente tutelato, all'autodeterminazione è risarcibile qualora il paziente alleghi e provi che dalla omessa, inadeguata o insufficiente informazione gli siano comunque derivate conseguenze dannose, di natura non patrimoniale, diverse dal danno da lesione del diritto alla salute, in termini di sofferenza soggettiva e contrazione della libertà di disporre di se stesso, psichicamente e fisicamente. (Nella fattispecie, la S.C., in relazione ad un caso di erronea asportazione del lobo sinistro della tiroide a cui era seguito un secondo intervento di asportazione del lobo destro, ha confermato la decisione della Corte d'appello, che, dopo aver escluso la risarcibilità del danno permanente, aveva ricostruito in fatto il consenso presunto della paziente, ove adeguatamente informata, e le aveva riconosciuto il danno morale per aver appreso, in circostanze angosciose, a causa del previo errore dei sanitari, della necessità di ripetere l'intervento, pur necessario e poi correttamente eseguito).
                                                        
                 
                            
                  Cass. civ. n. 4644/2025
                                      In relazione alla richiesta di risarcimento del danno patito "iure proprio", per perdita del rapporto parentale, dagli stretti congiunti di un paziente affetto da problemi psichici, l'iniziativa autolesionistica del malato, risoltasi in un atto suicidario portato a compimento a causa dell'omessa vigilanza da parte della struttura sanitaria presso la quale era ricoverato, non è riconducibile alla previsione dell'art. 1218 c.c., poiché il rapporto contrattuale è intercorso solo tra la menzionata struttura ed il paziente; ne consegue che l'ambito risarcitorio è necessariamente di natura extracontrattuale, poiché gli stretti congiunti non rientrano nella specie dei "terzi protetti dal contratto", se non quando sono portatori di un interesse strettamente connesso a quello già regolato nella programmazione negoziale intercorsa tra il nosocomio ed il paziente. (Fattispecie relativa ad un suicidio verificatosi, a causa dell'omessa vigilanza, in una struttura riabilitativa per disabili psichici, convenzionata con la ASL).
                                                        
                 
                            
                  Cass. civ. n. 4084/2025
                                      Perché si configuri la responsabilità datoriale ai sensi dell'art. 2087 c.c. non occorre in capo all'imprenditore la prevedibilità dello specifico evento concretamente verificatosi o del suo decorso causale (nella specie, decesso del lavoratore per mesotelioma pleurico correlato all'esposizione a polveri di amianto), ma è sufficiente quella della potenziale idoneità della condotta a provocare un danno grave alla salute, sicché, ai fini dell'esonero da tale responsabilità, occorre dimostrare quali misure di prevenzione ed informazione, fra quelle conosciute ed in uso all'epoca, sono state concretamente adottate a protezione dello specifico rischio lavorativo.
                                                        
                 
                            
                  Cass. civ. n. 3582/2025
                                      Il paziente che domanda il risarcimento del danno da lesione del diritto all'autodeterminazione è tenuto a provare che, ove correttamente informato circa la praticabilità di un intervento chirurgico diverso da quello concretamente effettuato, avrebbe optato per il primo. (Nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza di merito che aveva escluso che la volontà del paziente di sottoporsi all'intervento chirurgico di riduzione della frattura dell'omero, in luogo del bendaggio immobilizzante che gli era stato, invece, praticato, potesse evincersi dalla mera circostanza che il detto intervento fosse stato successivamente eseguito presso altro nosocomio).
                                          
                      –
                      
                                                          In tema di inadempimento di obbligazioni di diligenza professionale sanitaria, il danno evento consta della lesione del diritto alla salute. Pertanto, è onere del danneggiato provare, anche a mezzo di presunzioni, il nesso di causalità fra l'aggravamento della situazione patologica (o l'insorgenza di nuove patologie) e la condotta del sanitario, mentre è onere della parte debitrice provare la causa imprevedibile ed inevitabile dell'impossibilità dell'esatta esecuzione della prestazione.
                                                        
                 
                            
                  Cass. civ. n. 2520/2025
                                      In tema di responsabilità contrattuale derivante dall'inadempimento di obbligazioni di dare o di fare non professionale, il danno da lesione dell'interesse tutelato dal contratto, la cui soddisfazione è affidata alla prestazione dedotta ad oggetto dell'obbligazione, si distingue da quello derivante dalla lesione di interessi diversi, con la conseguenza che solo con riferimento al primo gli oneri del contraente danneggiato si risolvono nella mera allegazione dell'inadempimento, in ragione della cd. "prova evidenziale" della sussistenza della causalità materiale, mentre, con riguardo al secondo, ricade sull'attore l'onere della prova del nesso eziologico tra inadempimento e danno. (Nella specie, la S.C. ha ritenuto immune da censure la sentenza di appello che, in relazione alla domanda di risarcimento del danno da lesioni conseguenti alla non corretta installazione di una cucina, aveva ritenuto non raggiunta la prova del nesso causale tra l'inadempimento e il danno lamentato, stante l'insufficienza, a tal fine, dell'accertato inadempimento all'obbligazione di corretta installazione).
                                                        
                 
                            
                  Cass. civ. n. 1443/2025
                                      In caso di intervento chirurgico più complesso e invasivo rispetto a quello inizialmente programmato e concordato, effettuato senza adeguata informazione e consenso del paziente, in assenza di situazioni di urgenza, non grava sul paziente l'onere di provare che se fosse stato informato avrebbe rifiutato tale intervento. Al contrario, è onere della struttura sanitaria dimostrare che il paziente avrebbe prestato il consenso al più invasivo intervento.
                                                        
                 
                            
                  Cass. civ. n. 469/2025
                                      Nell'azione di responsabilità professionale nei confronti degli avvocati per la gestione di un incarico difensivo riguardante la procedura di espropriazione, non sussiste grave inadempimento da parte del professionista che abbia concordato con i clienti una strategia processuale diversa rispetto a quella sostenuta dagli stessi in giudizio, purché sia provata l'effettiva condivisione e informazione sulla scelta adottata tra il professionista e il cliente (artt. 1176, 1218 c.c.).
                                                        
                 
                            
                  Cass. civ. n. 243/2025
                                      In tema di preliminare di compravendita immobiliare, la controversia tra promittente alienante e promissario acquirente per il mancato avveramento di una condizione potestativa mista, apposta nell'interesse di entrambe le parti, va risolta accertando, in concreto e sulla scorta delle emergenze di causa, quale di esse sia stata inadempiente (o prevalentemente inadempiente, in caso di inadempimenti reciproci) per aver tenuto una condotta contraria alla buona fede in pendenza della condizione.
                                                        
                 
                            
                  Cass. civ. n. 37798/2022
                                      In tema di inadempimento di obbligazioni contrattuali diverse da quelle pecuniarie, al danneggiato spettano la rivalutazione monetaria del credito da danno emergente e gli interessi compensativi del lucro cessante, a decorrere dal giorno della verificazione dell'evento dannoso, poiché l'obbligazione di risarcimento del danno derivante da inadempimento contrattuale costituisce, al pari dell'obbligazione risarcitoria da responsabilità extracontrattuale, un debito non di valuta, ma di valore, che tiene luogo della materiale utilità che il creditore avrebbe conseguito se avesse ricevuto la prestazione dovutagli. (Nella specie, la S.C. ha cassato con rinvio la sentenza impugnata, che, per il danno subito dal titolare di conto corrente per la negligente condotta della banca nella verifica dei titoli di credito presentati all'incasso, aveva fatto decorrere la rivalutazione e gli interessi compensativi dal giorno della costituzione in mora, anziché da quello di verificazione dell'evento dannoso, coincidente con i singoli prelievi illeciti).
                                                        
                 
                            
                  Cass. civ. n. 33537/2022
                                      La responsabilità civile - contrattuale, così come aquiliana - è improntata a una prospettiva "differenzialista", per la quale il danno coincide col pregiudizio economico dato dalla differenza tra il valore attuale del patrimonio del danneggiato e quello che lo stesso avrebbe avuto se l'obbligazione fosse stata tempestivamente ed esattamente adempiuta o il fatto illecito non fosse stato perpetrato, dovendosi escludere che, al di fuori di una specifica previsione di legge (nei termini delineati dalla sentenza delle Sezioni Unite, n. 16601 del 2017), il risarcimento possa avere funzione "ultracompensativa", in quanto l'ordinamento non consente che un soggetto si arricchisca ai danni di un altro, in mancanza di una causa giustificatrice del relativo spostamento patrimoniale. (Nella specie, la S.C. ha cassato con rinvio la sentenza di merito che aveva quantificato il danno patrimoniale da inadempimento dell'obbligazione professionale di progettazione e costruzione di un impianto di riscaldamento destinato a uno stabilimento industriale con riferimento ai costi necessari all'integrale smantellamento e rifacimento di quello preesistente, senza scomputare le spese che la società committente avrebbe comunque dovuto sostenere per procurarsi un impianto confacente alle caratteristiche dello stabilimento medesimo).
                                                        
                 
                            
                  Cass. civ. n. 13510/2022
                                      In tema di responsabilità sanitaria per attività medico-chirurgica, il cosiddetto "soft law" delle linee guida - pur non avendo la valenza di norma dell'ordinamento - costituisce espressione di parametri per l'accertamento della colpa medica, che contribuiscono alla corretta sussunzione della fattispecie concreta in quella legale disciplinata da clausole generali, quali quelle contenute negli artt. 1218 e 2043 c.c.
                                                        
                 
                            
                  Cass. civ. n. 10050/2022
                                      In tema di responsabilità contrattuale per inadempimento delle obbligazioni professionali (tra le quali si collocano quelle di responsabilità medica, anteriormente alla l. n. 24 del 2017), è onere del creditore-danneggiato provare, oltre alla fonte del suo credito (contratto o contatto sociale), il nesso di causalità, secondo il criterio del "più probabile che non", tra la condotta del professionista e il danno lamentato, mentre spetta al professionista dimostrare, in alternativa all'esatto adempimento, l'impossibilità della prestazione derivante da causa non imputabile, provando che l'inesatto adempimento è stato determinato da un impedimento imprevedibile ed inevitabile, da intendersi nel senso oggettivo della sua inimputabilità all'agente.
                                                        
                 
                            
                  Cass. civ. n. 1627/2022
                                      L'obbligazione di risarcimento del danno da inadempimento contrattuale costituisce un debito, non di valuta, ma di valore, sicché va riconosciuto il cumulo della rivalutazione monetaria e degli interessi compensativi, questi ultimi da liquidare applicando al capitale rivalutato anno per anno un saggio individuato in via equitativa.
                                                        
                 
                            
                  Cass. civ. n. 38089/2021
                                      Nella responsabilità contrattuale, a differenza di quella aquiliana, la colpa non è elemento costitutivo della fattispecie poiché non integra un criterio di accertamento dell'inadempimento - che, in quanto fenomeno oggettivo di mancata attuazione della regola contrattuale, resta estraneo al profilo soggettivo della colpa - ma piuttosto dell'imputabilità della causa che ha impedito l'adempimento, sicché essa, non rilevando in sede di istituzione della responsabilità ma sul versante dell'esonero da essa, costituisce tema di prova del debitore che opponga il fatto estintivo dell'obbligazione diverso dall'adempimento.
                                                        
                 
                            
                  Cass. civ. n. 36329/2021
                                      L'impossibilità sopravvenuta della prestazione, che derivi da causa non imputabile al debitore ai sensi dell'art. 1218 c.c., opera, paralizzandola, più propriamente in relazione ad una domanda di adempimento, determinando, essa, di diritto, nei contratti con prestazioni corrispettive, se definitiva, con la estinzione della relativa obbligazione, la risoluzione del contratto, ai sensi degli artt. 1463 e 1256, comma 1, c.c., con la conseguente applicazione delle norme generali sulla risoluzione ed in particolare di quella sulla retroattività, senza che si possa parlare di inadempimento colpevole.
                                                        
                 
                            
                  C. giust. UE n. 31930/2021
                                      In tema di reddito d'impresa, ai fini della deducibilità dei costi, l'onere inerente all'attività d'impresa è quello che appartiene all'ambito aziendale ed al corretto esercizio dell'impresa stessa e, quindi, sostenuto in funzione o in ragione dell'attività imprenditoriale, risultando del tutto ininfluente, sul giudizio di inerenza, la natura del fatto che ha provocato la diminuzione patrimoniale - sia che questa derivi da atto illecito compiuto in assenza di un obbligo giuridico (cd. responsabilità extracontrattuale ex art. 2043 c.c.), sia che derivi da attività lecita e concretamente riferibile alla realtà aziendale (cd. responsabilità contrattuale ex art. 1218 c.c.) - imponendosi in ogni caso un'indagine sull'appartenenza all'attività produttiva dell'evento generatore del decremento che viene in considerazione dal punto di vista fiscale. (Fattispecie in tema di risarcimento transattivo di danno biologico in favore di lavoratori affetti da patologie connesse all'esposizione all'amianto in cui la S.C. ha escluso il nesso d'inerenza, trattandosi di spesa derivante da scelte imprenditoriali "contra ius", antitetiche rispetto al corretto esercizio dell'attività di impresa).
                                                        
                 
                            
                  Cass. civ. n. 30777/2021
                                      Il prestatore d'opera, per adempiere esattamente l'obbligo assunto, deve eseguire l'"opus" a regola d'arte e secondo gli accordi intervenuti, oltre a compiere, salvo il caso di una pattuizione dettagliata e completa dell'attività da svolgere, tutte quelle attività ed opere che, secondo il principio di buona fede e l'ordinaria diligenza dell'"homo eiusdem condicionis ac professionis", sono funzionali al raggiungimento del risultato voluto; ne consegue che, ove il contratto d'opera abbia ad oggetto la riparazione di una macchina non funzionante, il prestatore è tenuto ad effettuare tutti quegli interventi imposti dalle conoscenze e capacità tecniche che egli deve possedere, per renderla funzionante non in modo precario, non valendo a limitare l'oggetto delle sue prestazioni la richiesta del committente di "voler risparmiare".
                                                        
                 
                            
                  Cass. civ. n. 29252/2021
                                      In tema di compenso spettante all'amministratore di società a responsabilità limitata, la società può far valere quale eccezione riconvenzionale, ai sensi degli artt. 1218 e 1460 c.c., l'inadempimento o l'inesatto adempimento degli obblighi assunti dall'amministratore in osservanza dei doveri imposti dalla legge o dall'atto costituivo, la cui violazione integra la responsabilità ex art. 2476, comma 1, c.c., venendo in rilievo non il rapporto di immedesimazione organica, bensì il nesso sinallagmatico di tipo contrattuale tra adempimento dei doveri e diritto al compenso.
                                                        
                 
                            
                  Cass. civ. n. 26118/2021
                                      In tema di responsabilità per danni da attività medico-chirurgica, anche quando la domanda risarcitoria si fonda sull'erroneo operato del medico e non sui profili strutturali e organizzativi della struttura sanitaria, la transazione tra medico e danneggiato non impedisce l'esercizio dell'azione per l'accertamento della responsabilità della struttura ospedaliera - che non ha natura di responsabilità per fatto altrui, bensì per fatto proprio e, pertanto, non viene meno in conseguenza della liberazione del medico dalla propria obbligazione risarcitoria -, ma comporta unicamente che, nel compiere detto accertamento, il giudice debba indagare "incidenter tantum" sulla esistenza di una eventuale condotta colposa del sanitario. (Cassa e decide nel merito, CORTE D'APPELLO MILANO, 03/10/2018).
                                                        
                 
                            
                  Cass. civ. n. 24405/2021
                                      Quando un medesimo danno è provocato da più soggetti, per l'inadempimento di contratti diversi, intercorsi rispettivamente tra ciascuno di essi e il danneggiato, tali soggetti debbono essere considerati corresponsabili in solido, non tanto sulla base dell'estensione alla responsabilità contrattuale dell'art. 2055 c.c., dettato per la responsabilità extracontrattuale, quanto perché, sia in tema di responsabilità contrattuale che di responsabilità extracontrattuale, se un unico evento dannoso è imputabile a più persone, al fine di ritenere la responsabilità di tutte nell'obbligo risarcitorio è sufficiente, in base ai principi che regolano il nesso di causalità ed il concorso di più cause efficienti nella produzione dell'evento (dei quali, del resto, l'art. 2055 costituisce un'esplicitazione), che le azioni od omissioni di ciascuno abbiano concorso in modo efficiente a produrlo. (Nella specie, la S.C. ha confermato la decisione di merito che aveva escluso, per carenza di allegazioni e prova, l'efficienza causale della condotta inadempiente, contestata ad un direttore di filiale, rispetto al danno patrimoniale lamentato dall'istituto di credito). (Rigetta, CORTE D'APPELLO BOLOGNA, 31/08/2016).
                                                        
                 
                            
                  Cass. civ. n. 21404/2021
                                      La responsabilità della struttura sanitaria per i danni da perdita del rapporto parentale, invocati "iure proprio" dai congiunti di un paziente deceduto, è qualificabile come extracontrattuale, dal momento che, da un lato, il rapporto contrattuale intercorre unicamente col paziente, e dall'altro i parenti non rientrano nella categoria dei "terzi protetti dal contratto", potendo postularsi l'efficacia protettiva verso terzi del contratto concluso tra il nosocomio ed il paziente esclusivamente ove l'interesse, del quale tali terzi siano portatori, risulti anch'esso strettamente connesso a quello già regolato sul piano della programmazione negoziale.
                                                        
                 
                            
                  Cass. civ. n. 19033/2021
                                      In tema di responsabilità civile, non si può negare il nesso eziologico fra condotta e danno solo perché vi sono più cause possibili ed alternative ma il giudice deve stabilire quale tra esse sia "più probabile che non", in concreto ed in relazione alle altre, e, quindi, idonea a determinare in via autonoma il danno evento. Qualora tale accertamento non sia possibile, il problema del concorso delle cause trova soluzione nell'art. 41 c.p., in virtù del quale il concorso di cause preesistenti, simultanee o sopravvenute, anche se indipendenti dall'azione od omissione del colpevole, non esclude il rapporto di causalità fra dette cause e l'evento, essendo quest'ultimo riconducibile a tutte, tranne che si verifichi l'esclusiva efficienza causale di una di esse. (In fattispecie caratterizzata da azione di risarcimento dei danni derivanti da un incidente stradale fra una vettura ed una bicicletta, la S.C. ha cassato la sentenza che aveva escluso la responsabilità del conducente della macchina sul presupposto che il danno lamentato dal ciclista - una demenza post-traumatica - fosse riconducibile a più cause possibili ed alternative, fra le quali poteva annoverarsi il trauma cranico provocato dal sinistro).
                                                        
                 
                            
                  Cass. civ. n. 3587/2021
                                      In tema di prova dell'inadempimento di una obbligazione, il debitore convenuto per l'adempimento, ove sollevi l'eccezione di inadempimento ex art. 1460 c.c., sarà onerato di allegare l'altrui inadempimento, gravando sul creditore agente l'onere di dimostrare il proprio adempimento, ovvero la non ancora intervenuta scadenza dell'obbligazione. (Fattispecie in tema di mancato esame, da parte del giudice del merito, delle risultanze di una consulenza tecnica d'ufficio da cui emergeva l'inesatto adempimento del creditore agente, dedotto dal debitore a fondamento della "exceptio inadimpleti contractus"). (Cassa con rinvio, CORTE D'APPELLO FIRENZE, 13/07/2018).
                                                        
                 
                            
                  Cass. civ. n. 29711/2020
                                      La cosiddetta responsabilità "da contatto sociale", soggetta alle regole della responsabilità contrattuale, pur in assenza d'un vincolo negoziale tra danneggiante e danneggiato, è configurabile non in ogni ipotesi in cui taluno, nell'eseguire un incarico conferitogli da altri, nuoccia a terzi, come conseguenza riflessa dell'attività così espletata, ma soltanto quando il danno sia derivato dalla violazione di una precisa regola di condotta, imposta dalla legge allo specifico fine di tutelare i terzi potenzialmente esposti ai rischi dell'attività svolta dal danneggiante, tanto più ove il fondamento normativo della responsabilità si individui nel riferimento dell'art. 1173 c.c. agli altri atti o fatti idonei a produrre obbligazioni in conformità dell'ordinamento giuridico. (Rigetta, CORTE D'APPELLO FIRENZE, 13/11/2015).
                                                        
                 
                            
                  Cass. civ. n. 25288/2020
                                      II contratto di ricovero produce, quale effetto naturale ex art. 1374 c.c., l'obbligo della struttura sanitaria di sorvegliare il paziente in modo adeguato rispetto alle sue condizioni, al fine di prevenire che questi possa causare danni a terzi o subirne; la prova liberatoria dell'impossibilità oggettiva non imputabile offerta dal danneggiante, richiesta dall'art. 1218 c.c., va verificata sul piano della non esigibilità di un comportamento diverso da quello in concreto tenuto. (In applicazione di tale principio, la S.C. ha cassato con rinvio la sentenza impugnata che aveva fondato la responsabilità degli operatori sanitari della struttura sul mero fatto dell'autolesione provocatasi da una paziente con problemi psichici che le misure di contenzione adottate avrebbero dovuto scongiurare, senza interrogarsi su quali misure diverse, in considerazione dello stato gestazionale della paziente e dell'impossibilità di praticare trattamenti farmacologici, si sarebbero dovute esigere in concreto). (Cassa con rinvio, CORTE D'APPELLO CATANZARO, 11/05/2018).
                                                        
                 
                            
                  Cass. civ. n. 9714/2020
                                      A carico del personale di un centro di assistenza per lo svolgimento di attività di terapia occupazionale sussiste l'obbligo di sorvegliare l'assistito in modo adeguato alle sue condizioni, al fine di prevenire che questi possa causare danni a terzi o subirne; la prova liberatoria dell'impossibilità oggettiva non imputabile, richiesta dall'art. 1218 c.c., non può essere fornita deducendo l'asserita eccezionalità di quelle ipotesi di rischio alle quali si intende provvedere proprio attraverso la prestazione contrattuale. (In applicazione di tale principio, la S.C. ha confermato la sentenza impugnata che aveva ravvisato la responsabilità delle operatrici socio-assistenziali della struttura per il decesso di un soggetto adulto, affetto da oligofrenia di grado elevato, rimasto vittima di soffocamento da ingestione di cibo mentre era affidato al centro). (Rigetta, CORTE D'APPELLO CATANIA, 06/10/2018).
                                                        
                 
                            
                  Cass. civ. n. 25584/2018
                                      In tema di prova dell'inadempimento di un'obbligazione, il creditore che agisca per la risoluzione contrattuale, per il risarcimento del danno, ovvero per l'adempimento, deve soltanto provare la fonte (negoziale o legale) del suo diritto ed il relativo termine di scadenza, limitandosi alla mera allegazione della circostanza dell'inadempimento della controparte, mentre il debitore convenuto è gravato dell'onere della dimostrazione del fatto estintivo dell'altrui pretesa, costituito dall'avvenuto adempimento, o dall'eccezione d'inadempimento del creditore ex art. 1460 c.c.
                                                        
                 
                            
                  Cass. civ. n. 21008/2018
                                      La prova dell'inadempimento del medico non è sufficiente ad affermarne la responsabilità per la morte del paziente, occorrendo altresì il raggiungimento della prova del nesso causale tra l'evento e la condotta inadempiente, secondo la regola della riferibilità causale dell'evento stesso all'ipotetico responsabile, la quale presuppone una valutazione nei termini del c.d. "più probabile che non". (In applicazione di tale principio, la S.C. ha confermato la sentenza impugnata, che aveva escluso la responsabilità del medico per la morte di un paziente causata da un aneurisma, pur in presenza del comportamento inadempiente del sanitario consistito nell'omesso espletamento di visita domiciliare, in quanto non era possibile affermare che, in caso di visita tempestiva, il paziente avrebbe avuto ragionevoli probabilità di guarigione, tenuto conto della difficoltà di identificare l'aneurisma e di intervenire sul medesimo chirurgicamente, e, dunque, dell'assenza di fattori che probabilisticamente riconducessero alla detta omissione l'evento morte, il quale, statisticamente, si sarebbe comunque verificato nel 58% dei casi).
                                                        
                 
                            
                  Cass. civ. n. 20885/2018
                                      In tema di responsabilità professionale del medico, l'inadempimento dell'obbligo di informazione sussistente nei confronti del paziente può assumere rilievo a fini risarcitori - anche in assenza di un danno alla salute o in presenza di un danno alla salute non ricollegabile alla lesione del diritto all'informazione - a condizione che sia allegata e provata, da parte dell'attore, l'esistenza di pregiudizi non patrimoniali derivanti dalla violazione del diritto fondamentale all'autodeterminazione in sè considerato, sempre che essi superino la soglia minima di tollerabilità imposta dai doveri di solidarietà sociale e non siano futili, ovvero consistenti in meri disagi o fastidi.
                                                        
                 
                            
                  Cass. civ. n. 20829/2018
                                      In materia di responsabilità per attività medico-chirurgica, ove si individui in un pregresso stato morboso del paziente/danneggiato (nella specie, leucomalacia periventricolare - danno alla sostanza bianca presente nel cervello-) un antecedente privo di interdipendenza funzionale con l'accertata condotta colposa del sanitario (nella specie, intempestivo intervento di taglio cesareo di fronte a sofferenza fetale acuta), ma dotato di efficacia concausale nella determinazione dell'unica e complessiva situazione patologica riscontrata, allo stesso non può attribuirsi rilievo sul piano della ricostruzione del nesso di causalità tra detta condotta e l'evento dannoso, appartenendo ad una serie causale del tutto autonoma rispetto a quella in cui si inserisce il contegno del sanitario, bensì unicamente sul piano della determinazione equitativa del danno, potendosi così pervenire - sulla base di una valutazione da effettuarsi, in difetto di qualsiasi automatismo riduttivo, con ragionevole e prudente apprezzamento di tutte le circostanze del caso concreto - solamente ad una delimitazione del "quantum" del risarcimento.
                                                        
                 
                            
                  Cass. civ. n. 11749/2018
                                      Dalla lesione del diritto fondamentale all'autodeterminazione determinata dalla violazione, da parte del sanitario, dell'obbligo di acquisire il consenso informato deriva, secondo il principio dell"id quod plerumque accidit" un danno-conseguenza autonomamente risarcibile - costituito dalla sofferenza e dalla contrazione della libertà di disporre di sé stesso psichicamente e fisicamente - che non necessita di una specifica prova, salva la possibilità di contestazione della controparte e di allegazione e prova, da parte del paziente, di fatti a sé ancora più favorevoli di cui intenda giovarsi a fini risarcitori.
                                                        
                 
                            
                  Cass. civ. n. 2369/2018
                                      In tema di responsabilità medica, ove l'atto terapeutico, necessario e correttamente eseguito "secundum legem artis", non sia stato preceduto dalla preventiva informazione esplicita del paziente circa i suoi possibili effetti pregiudizievoli non imprevedibili, può essere riconosciuto il risarcimento del danno alla salute per la verificazione di tali conseguenze, solo ove sia allegato e provato, da parte del paziente, anche in via presuntiva, che, se correttamente informato, avrebbe rifiutato di sottoporsi a detto intervento ovvero avrebbe vissuto il periodo successivo ad esso con migliore e più serena predisposizione ad accettarne le eventuali conseguenze (e sofferenze). (Nella specie, la S.C. ha cassato la sentenza di merito che, relativamente all'asseverata mancanza di consenso di una paziente rispetto ad un intervento di salpingectomia quale complicanza di un parto cesareo, aveva affermato la responsabilità del medico senza valutare se la paziente, ove adeguatamente informata dell'intervento di sterilizzazione tubarica, avrebbe rifiutato la prestazione).
                                                        
                 
                            
                  Cass. civ. n. 29315/2017
                                      Nei giudizi di risarcimento del danno da responsabilità medica, è onere del paziente dimostrare l'esistenza del nesso causale, provando che la condotta del sanitario è stata, secondo il criterio del "più probabile che non", causa del danno, sicché, ove la stessa sia rimasta assolutamente incerta, la domanda deve essere rigettata. (Nella specie, in applicazione del principio, la S.C. ha confermato la decisione impugnata che, tenendo conto delle risultanze della c.t.u. e degli esiti peritali del procedimento penale, aveva concluso nel senso della sussistenza di un’insuperabile incertezza sul nesso di causalità).
                                                        
                 
                            
                  Cass. civ. n. 25112/2017
                                      In tema di responsabilità professionale dell'avvocato per omesso svolgimento di un’attività da cui sarebbe potuto derivare un vantaggio personale o patrimoniale per il cliente, la regola della preponderanza dell’evidenza o del “più probabile che non”, si applica non solo all’accertamento del nesso di causalità fra l’omissione e l’evento di danno, ma anche all’accertamento del nesso tra quest’ultimo, quale elemento costitutivo della fattispecie, e le conseguenze dannose risarcibili, atteso che, trattandosi di evento non verificatosi proprio a causa dell’omissione, lo stesso può essere indagato solo mediante un giudizio prognostico sull’esito che avrebbe potuto avere l’attività professionale omessa. (Nella specie, in applicazione del principio, la S.C. ha confermato la sentenza impugnata, che aveva ritenuto la responsabilità di due professionisti, consistita nella mancata riassunzione del giudizio di rinvio a seguito di cassazione, con conseguente prescrizione del diritto vantato dal loro cliente, sulla base di una valutazione prognostica circa il probabile esito favorevole dell’azione non coltivata desunta "dagli stringenti vincoli posti al giudice del rinvio dalla sentenza della Corte di cassazione").
                                                        
                 
                            
                  Cass. civ. n. 24074/2017
                                      In tema di attività medico-chirurgica, la manifestazione del consenso informato alla prestazione sanitaria costituisce esercizio di un diritto soggettivo del paziente all’autodeterminazione, cui corrisponde, da parte del medico, l’obbligo di fornire informazioni dettagliate sull’intervento da eseguire, con la conseguenza che, in caso di contestazione del paziente, grava sul medico l’onere di provare il corretto adempimento dell’obbligo informativo preventivo, mentre, nel caso in cui tale prova non venga fornita, è necessario distinguere, ai fini della valutazione della fondatezza della domanda risarcitoria proposta dal paziente, l’ipotesi in cui il danno alla salute costituisca esito non attendibile della prestazione tecnica, se correttamente eseguita, da quella in cui, invece, il peggioramento della salute corrisponda a un esito infausto prevedibile “ex ante” nonostante la corretta esecuzione della prestazione tecnico-sanitaria che si rendeva comunque necessaria, nel qual caso, ai fini dell’accertamento del danno, graverà sul paziente l’onere della prova, anche tramite presunzioni, che il danno alla salute è dipeso dal fatto che, ove compiutamente informato, egli avrebbe verosimilmente rifiutato l’intervento.
                                          
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                                                          In caso di prestazione professionale medico-chirurgica di "routine", spetta al professionista superare la presunzione che le complicanze siano state determinate dalla sua responsabilità, dimostrando che siano state, invece, prodotte da un evento imprevisto ed imprevedibile secondo la diligenza qualificata in base alle conoscenze tecnico-scientifiche del momento; ne consegue che il giudice, al fine di escludere la responsabilità del medico nella suddetta ipotesi, non può limitarsi a rilevare l'accertata insorgenza di "complicanze intraoperatorie", ma deve, altresì, verificare la loro eventuale imprevedibilità ed inevitabilità, nonché l'insussistenza del nesso causale tra la tecnica operatoria prescelta e l'insorgenza delle predette complicanze, unitamente all'adeguatezza delle tecniche scelte dal chirurgo per porvi rimedio.
                                                        
                 
                            
                  Cass. civ. n. 24073/2017
                                      In tema di responsabilità contrattuale del medico nei confronti del paziente, ai fini del riparto dell'onere probatorio, l'attore deve limitarsi a provare l'esistenza del contratto (o il contatto sociale) e l'insorgenza o l'aggravamento della patologia ed allegare qualificate inadempienze, astrattamente idonee a provocare (quale causa o concausa efficiente) il danno lamentato, rimanendo, invece, a carico del debitore convenuto l'onere di dimostrare o che tale inadempimento non vi è stato, ovvero che, pur esistendo, esso non è stato eziologicamente rilevante.
                                          
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                                                          In tema di responsabilità medica, il giudice, verificata l'omissione di una condotta prescritta dal protocollo operatorio chirurgico, può ritenere la sussistenza della relazione eziologica in base a un criterio di prevedibilità oggettiva (desumibile da regole statistiche o leggi scientifiche), verificando se il comportamento omesso era o meno idoneo ad impedire l'evento dannoso.
                                                        
                 
                            
                  Cass. civ. n. 18392/2017
                                      In tema di responsabilità contrattuale della struttura sanitaria, incombe sul paziente che agisce per il risarcimento del danno l'onere di provare il nesso di causalità tra l'aggravamento della patologia (o l'insorgenza di una nuova malattia) e l'azione o l'omissione dei sanitari, mentre, ove il danneggiato abbia assolto a tale onere, spetta alla struttura dimostrare l'impossibilità della prestazione derivante da causa non imputabile, provando che l'inesatto adempimento è stato determinato da un impedimento imprevedibile ed inevitabile con l'ordinaria diligenza.
                                                        
                 
                            
                  Cass. civ. n. 16503/2017
                                      In materia di responsabilità per attività medico-chirurgica, l'acquisizione del consenso informato del paziente, da parte del sanitario, costituisce prestazione altra e diversa rispetto a quella avente ad oggetto l'intervento terapeutico, dal cui inadempimento deriva - secondo l’"id quod plerumque accidit" - un danno conseguenza costituito dalla sofferenza e dalla contrazione della libertà di disporre di se stesso, psichicamente e fisicamente, patite dal primo in ragione dello svolgimento sulla sua persona di interventi non assentiti, danno che non necessità di specifica prova, ferme restando la possibilità di contestazione della controparte e quella del paziente di allegare e provare fatti a sé ancor più favorevoli di cui intenda giovarsi a fini risarcitori.
                                                        
                 
                            
                  Cass. civ. n. 11213/2017
                                      La responsabilità del prestatore di opera intellettuale, nei confronti del proprio cliente, per negligente svolgimento dell'attività professionale presuppone la prova, da parte di costui, del danno e del nesso causale tra la condotta del professionista ed il pregiudizio del cliente, formando oggetto di un accertamento che non è sindacabile in sede di legittimità, se correttamente motivato.
                                                        
                 
                            
                  Cass. civ. n. 7410/2017
                                      In tema di responsabilità professionale dell’avvocato, quando il cliente abbia provato la conclusione del contratto di patrocinio, con il conferimento dell'incarico al legale per agire nei gradi di merito, non è necessario il rilascio di un ulteriore mandato per agire in sede di legittimità, la cui prova sia a carico del primo, sicché la sola circostanza che non sia stata conferita la prevista procura speciale non esclude la responsabilità del professionista per mancata proposizione tempestiva del relativo ricorso, gravando sull’avvocato l’onere di provare di aver sollecitato il cliente a fornire indicazioni circa la propria intenzione d’impugnare la sentenza sfavorevole di secondo grado, di averlo informato di questo esito e delle conseguenze dell’omessa impugnazione, nonché di non aver agito per fatto a sé non imputabile o per la sopravvenuta cessazione del rapporto contrattuale.
                                                        
                 
                            
                  Cass. civ. n. 3940/2016
                                      In tema di inadempimento contrattuale, il risarcimento riveste natura e svolge funzione sostitutiva della prestazione mancata e gli effetti della situazione pregiudizievole permangono sino a quando il danno sia risarcito, ossia fino alla data della sentenza se la riparazione sia stata richiesta al giudice, sicché il pregiudizio derivante dalla mancata acquisizione di un bene deve essere risarcito con la prestazione del suo equivalente in danaro, determinato con riferimento al momento in cui avviene la liquidazione e non a quello in cui si realizza la violazione contrattuale.
                                                        
                 
                            
                  Cass. civ. n. 3176/2016
                                      In tema di azione risarcitoria per responsabilità professionale, ai fini del momento iniziale di decorrenza del termine prescrizionale, si deve avere riguardo all'esistenza di un danno risarcibile ed al suo manifestarsi all'esterno come percepibile dal danneggiato alla stregua della diligenza da quest'ultimo esigibile ai sensi dell'art. 1176 c.c., secondo standards obiettivi e in relazione alla specifica attività del professionista, in base ad un accertamento di fatto rimesso al giudice del merito. (Nella specie, relativa alla responsabilità di un notaio per aver erroneamente asseverato l'inesistenza di pesi e vincoli sul bene immobile oggetto di una compravendita, la S.C. ha ritenuto che la sentenza impugnata, avendo ancorato il "dies a quo" di decorrenza della prescrizione alla mera stipula dell'atto, avesse pretermesso la doverosa indagine sul momento in cui si era prodotto e reso conoscibile il danno lamentato dagli acquirenti, i quali avevano subito la risoluzione di un successivo contratto di compravendita, dagli stessi concluso con terzi, in quanto l'immobile era risultato gravato da ipoteca).
                                                        
                 
                            
                  Cass. civ. n. 25767/2015
                                      In tema di responsabilità medica da nascita indesiderata, il genitore che agisce per il risarcimento del danno ha l'onere di provare che la madre avrebbe esercitato la facoltà d'interrompere la gravidanza - ricorrendone le condizioni di legge - ove fosse stata tempestivamente informata dell'anomalia fetale; quest'onere può essere assolto tramite "praesumptio hominis", in base a inferenze desumibili dagli elementi di prova, quali il ricorso al consulto medico proprio per conoscere lo stato di salute del nascituro, le precarie condizioni psico-fisiche della gestante o le sue pregresse manifestazioni di pensiero propense all'opzione abortiva, gravando sul medico la prova contraria, che la donna non si sarebbe determinata all'aborto per qualsivoglia ragione personale.
                                                        
                 
                            
                  Cass. civ. n. 21177/2015
                                      In tema di responsabilità per attività medico-chirurgica, l'attore deve provare l'esistenza del rapporto di cura, del danno e del nesso causale e solo allegare la colpa del medico, sul quale incombe l'onere di dimostrare che l'eventuale insuccesso dell'intervento, rispetto a quanto concordato o ragionevolmente attendibile, sia dipeso da causa a sé non imputabile. (Affermando il principio, la S.C. ha confermato la sentenza impugnata, che aveva escluso la responsabilità del medico per una vaccinazione inoculata per via intramuscolo, eseguita nel rispetto dei protocolli per la localizzazione e le modalità operative dell'iniezione, riconducendo l'evento dannoso al caso fortuito, consistente, nella specie, dall'andamento variabile e imprevedibile del nervo circonflesso).
                                                        
                 
                            
                  Cass. civ. n. 18497/2015
                                      Nel giudizio di risarcimento del danno conseguente ad attività medico chirurgica, il sanitario è gravato dall'onere di provare l'insussistenza di un nesso causale tra l'atto medico e l'esito peggiorativo dello stato di salute dell'infermo solo qualora non sia riuscito a dimostrare di avere correttamente eseguito la propria prestazione.
                                                        
                 
                            
                  Cass. civ. n. 13328/2015
                                      Nel giudizio di responsabilità medica, per superare la presunzione di cui all'art. 1218 c.c. non è sufficiente dimostrare che l'evento dannoso per il paziente costituisca una "complicanza", rilevabile nella statistica sanitaria, dovendosi ritenere tale nozione - indicativa nella letteratura medica di un evento, insorto nel corso dell'iter terapeutico, astrattamente prevedibile ma non evitabile - priva di rilievo sul piano giuridico, nel cui ambito il peggioramento delle condizioni del paziente può solo ricondursi ad un fatto o prevedibile ed evitabile, e dunque ascrivibile a colpa del medico, ovvero non prevedibile o non evitabile, sì da integrare gli estremi della causa non imputabile.
                                                        
                 
                            
                  Cass. civ. n. 8995/2015
                                      In materia di responsabilità contrattuale (nella specie, per attività medico-chirurgica), una volta accertato il nesso causale tra l'inadempimento e il danno lamentato, l'incertezza circa l'eventuale efficacia concausale di un fattore naturale non rende ammissibile, sul piano giuridico, l'operatività di un ragionamento probatorio "semplificato" che conduca ad un frazionamento della responsabilità, con conseguente ridimensionamento del "quantum" risarcitorio secondo criteri equitativi. (In applicazione di tale principio, la S.C. ha confermato la decisione con cui il giudice di merito, in relazione al danno cerebrale patito da un neonato, aveva posto l'obbligo risarcitorio interamente a carico della struttura sanitaria in cui egli era stato ricoverato immediatamente dopo il parto - avvenuto in altra struttura - e presso la quale aveva contratto un'infezione polmonare, e ciò sebbene le risultanze della consulenza tecnica d'ufficio non avessero escluso la possibilità che un contributo concausale al pregiudizio lamentato fosse derivato da una patologia sviluppata in occasione della nascita).
                                                        
                 
                            
                  Cass. civ. n. 8989/2015
                                      In materia di attività medico-chirurgica, allorché risulti accertata una condotta negligente che depone per la responsabilità del medico operante e, conseguentemente, della struttura sanitaria, spetta all'uno e all'altra, in applicazione del principio della "vicinanza della prova" (o di "riferibilità), provare che il risultato "anomalo" o "anormale", rispetto al convenuto esito dell'intervento, sia dipeso da un evento imprevedibile, non superabile con l'adeguata diligenza.
                                                        
                 
                            
                  Cass. civ. n. 22222/2014
                                      In tema di responsabilità civile derivante da attività medico-chirurgica, il paziente che agisce in giudizio deducendo l'inesatto adempimento dell'obbligazione sanitaria deve provare il contratto ed allegare l'inadempimento del professionista, restando a carico dell'obbligato l'onere di provare l'esatto adempimento, con la conseguenza che la distinzione fra prestazione di facile esecuzione e prestazione implicante la soluzione di problemi tecnici di particolare difficoltà non vale come criterio di ripartizione dell'onere della prova, ma rileva soltanto ai fini della valutazione del grado di diligenza e del corrispondente grado di colpa, spettando, al sanitario la prova della particolare difficoltà della prestazione, in conformità con il principio di generale "favor" per il creditore danneggiato cui l'ordinamento è informato. (Omissis).
                                                        
                 
                            
                  Cass. civ. n. 10702/2014
                                      Quando il creditore si è impegnato a cooperare col debitore affinché questi possa adempiere nei tempi e modi pattuiti, il debitore ha solo l'onere di provare l'esistenza del patto di cooperazione e il nesso causale tra la mancata cooperazione e il proprio inadempimento, mentre spetta al creditore, per liberarsi da responsabilità, dimostrare di aver fornito la cooperazione promessa.
                                                        
                 
                            
                  Cass. civ. n. 4876/2014
                                      Le obbligazioni, siano esse "di risultato" o "di mezzi", sono sempre finalizzata a riversare nella sfera giuridica del creditore una "utilitas" oggettivamente apprezzabile, fermo restando che, nel primo caso, il risultato stesso è in rapporto di causalità necessaria con l'attività del debitore, non dipendendo da alcun fattore ad essa estraneo, mentre nell'obbligazione "di mezzi" il risultato dipende, oltre che dal comportamento del debitore, da fattori ulteriori e concomitanti (come, nella specie, fattori agronomici non controllabili dall'appaltatore, impegnatosi solo alla corretta esecuzione di un trattamento antiossidante della frutta stoccata in celle frigorifere). Ne consegue che il debitore "di mezzi" prova l'esatto adempimento dimostrando di aver osservato le regole dell'arte e di essersi conformato ai protocolli dell'attività, mentre non ha l'onere di provare che il risultato è mancato per cause a lui non imputabili.
                                                        
                 
                            
                  Cass. civ. n. 25777/2013
                                      In materia di obbligazioni pecuniarie, l'impossibilità della prestazione deve consistere, ai fini dell'esonero da responsabilità del debitore, non in una mera difficoltà, ma in un impedimento obiettivo ed assoluto che non possa essere rimosso, non potendosi ravvisare nella mera impotenza economica derivante dall'inadempimento di un terzo nell'ambito di un diverso rapporto. (In applicazione di tale principio, la S.C. ha escluso che configuri l'impossibilità obiettiva ed assoluta di adempiere la maturata prescrizione del diritto della medesima parte ad ottenere, a sua volta, la ripetizione di importi corrisposti a terzi a titolo transattivo).
                                                        
                 
                            
                  Cass. civ. n. 20904/2013
                                      Allorquando la responsabilità medica venga invocata a titolo contrattuale, cioè sul presupposto che fra il paziente ed il medico e/o la struttura sanitaria sia intercorso un rapporto contrattuale (o da "contatto"), la distribuzione, "inter partes", dell'onere probatorio riguardo al nesso causale deve tenere conto della circostanza che la responsabilità è invocata in forza di un rapporto obbligatorio corrente fra le parti ed è dunque finalizzata a far valere un inadempimento oggettivo. Ne consegue che, per il paziente/danneggiato, l'onere probatorio in ordine alla ricorrenza del nesso di causalità materiale - quando l'impegno curativo sia stato assunto senza particolari limitazioni circa la sua funzionalizzazione a risolvere il problema che egli presentava - si sostanzia nella prova che l'esecuzione della prestazione si è inserita nella serie causale che ha condotto all'evento di danno, rappresentato o dalla persistenza della patologia per cui era stata richiesta la prestazione, o dal suo aggravamento, fino ad esiti finali costituiti dall'insorgenza di una nuova patologia o dal decesso del paziente.
                                                        
                 
                            
                  Cass. civ. n. 19220/2013
                                      È onere del medico provare, a fronte dell'allegazione di inadempimento da parte del paziente, l'adempimento dell'obbligazione di fornirgli un'informazione completa ed effettiva sul trattamento sanitario e sulle sue conseguenze, senza che sia dato presumere il rilascio del consenso informato sulla base delle qualità personali del paziente (nella specie, avvocato), potendo esse incidere unicamente sulle modalità dell'informazione, la quale deve sostanziarsi in spiegazioni dettagliate ed adeguate al livello culturale del paziente, con l'adozione di un linguaggio che tenga conto del suo particolare stato soggettivo e del grado delle conoscenze specifiche di cui dispone.
                                                        
                 
                            
                  Cass. civ. n. 11548/2013
                                      In materia di contratto d'opera intellettuale, nel caso in cui risulti provato l'inadempimento del professionista per negligente svolgimento della prestazione, il danno derivante da eventuali sue omissioni deve ritenersi sussistente, qualora, sulla scorta di criteri probabilistici, si accerti che senza quell'omissione il risultato sarebbe stato conseguito. (Nel caso di specie, in difetto di prova, anche presuntiva, dell'esistenza di elementi oggettivi e certi dai quale desumere, in termini di certezza o di elevata probabilità e non di mera potenzialità, l'esistenza di un pregiudizio economicamente valutabile, è stata rigettata la domanda volta a conseguire il risarcimento del danno da perdita di "chance" avanzata in relazione al comportamento omissvio di un professionista).
                                                        
                 
                            
                  Cass. civ. n. 4792/2013
                                      Nel giudizio avente ad oggetto il risarcimento del danno da attività medico - chirurgica, l'attore deve provare l'esistenza del contratto (o il contatto sociale) ed allegare l'insorgenza (o l'aggravamento) della patologia e l'inadempimento qualificato del debitore, astrattamente idoneo a provocare (quale causa o concausa efficiente) il danno lamentato, rimanendo a carico del medico convenuto dimostrare che tale inadempimento non vi è stato, ovvero che, pur esistendo, esso non è stato causa del danno. Ne consegue che se, all'esito del giudizio, permanga incertezza sull'esistenza del nesso causale tra condotta del medico e danno, tale incertezza ricade sul paziente e non sul medico.
                                                        
                 
                            
                  Cass. civ. n. 3657/2013
                                      L'azione di responsabilità contrattuale nei confronti di un professionista - nella specie, un notaio - che abbia violato i propri obblighi professionali può essere accolta, secondo le regole generali che governano la materia risarcitoria, se e nei limiti in cui un danno si sia effettivamente verificato, occorrendo a tale scopo valutare se il cliente avrebbe potuto conseguire, con ragionevole certezza, una situazione economicamente più vantaggiosa qualora il professionista avesse diligentemente adempiuto la propria prestazione. (Nel caso di specie, essendosi già irreversibilmente prodotto - al momento della stipula del rogito notarile - il danno costituito dal versamento del corrispettivo per l'acquisto di un immobile gravato da iscrizioni e trascrizioni pregiudizievoli, ed essendo lo stesso il risultato di una serie causale del tutto indipendente dalla condotta del notaio, si è ritenuto che, in caso di diligente adempimento da parte del professionista dell'incarico affidatogli, l'ignara acquirente avrebbe potuto risparmiare soltanto gli ulteriori esborsi connessi alla sottoscrizione del rogito).
                                                        
                 
                            
                  Cass. civ. n. 17143/2012
                                      Nei giudizi di risarcimento del danno causato da attività medica, l'attore ha l'onere di allegare e di provare l'esistenza del rapporto di cura, il danno ed il nesso causale, mentre ha l'onere di allegare (ma non di provare) la colpa del medico; quest'ultimo, invece, ha l'onere di provare che l'eventuale insuccesso dell'intervento, rispetto a quanto concordato o ragionevolmente attendibile, è dipeso da causa a sé non imputabile.
                                                        
                 
                            
                  Cass. civ. n. 6594/2012
                                      In materia di responsabilità contrattuale, perché l'impossibilità della prestazione (nella specie conseguente al sequestro penale dei conti correnti sui quali erano versate le somme necessarie a corrispondere il prezzo della vendita) costituisca causa di esonero del debitore da responsabilità, deve essere offerta la prova della non imputabilità, anche remota, di tale evento impeditivo, non essendo rilevante, in mancanza, la configurabilità o meno del "factum principis"
                                                        
                 
                            
                  Cass. civ. n. 15993/2011
                                      In tema di responsabilità contrattuale del medico nei confronti del paziente per danni derivanti dall'esercizio di attività di carattere sanitario, il paziente ha il solo onere di dedurre qualificate inadempienze, in tesi idonee a porsi come causa o concausa del danno, restando poi a carico del debitore convenuto l'onere di dimostrare o che nessun rimprovero di scarsa diligenza o di imperizia possa essergli mosso, o che, pur essendovi stato un suo inesatto adempimento, questo non abbia avuto alcuna incidenza causale sulla produzione del danno. (Nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza di merito che - nell'accogliere l'eccezione di inadempimento e la domanda risarcitoria avanzate da un paziente nei confronti di un sanitario con riguardo all'esecuzione di prestazioni di natura dentistica - aveva escluso che il dentista avesse usato la diligenza e la perizia necessarie nel progettare e nel realizzare gli impianti dentari oggetto di contratto, provocando al paziente lesioni permanenti).
                                                        
                 
                            
                  Cass. civ. n. 15659/2011
                                      In tema di prova dell'inadempimento di una obbligazione, il creditore che agisca per la risoluzione contrattuale, per il risarcimento del danno, ovvero per l'adempimento deve soltanto provare la fonte (negoziale o legale) del suo diritto ed il relativo termine di scadenza, limitandosi alla mera allegazione della circostanza dell'inadempimento della controparte, mentre il debitore convenuto è gravato dell'onere della prova del fatto estintivo dell'altrui pretesa, costituito dall'avvenuto adempimento, ed eguale criterio di riparto dell'onere della prova deve ritenersi applicabile al caso in cui il debitore convenuto per l'adempimento, la risoluzione o il risarcimento del danno si avvalga dell'eccezione di inadempimento ai sensi dell'art. 1460 cod. civ. (risultando, in tal caso, invertiti i ruoli delle parti in lite, poiché il debitore eccipiente si limiterà ad allegare l'altrui inadempimento, ed il creditore agente dovrà dimostrare il proprio adempimento, ovvero la non ancora intervenuta scadenza dell'obbligazione). Anche nel caso in cui sia dedotto non l'inadempimento dell'obbligazione, ma il suo inesatto adempimento, al creditore istante sarà sufficiente la mera allegazione dell'inesattezza dell'adempimento, gravando ancora una volta sul debitore l'onere di dimostrare l'avvenuto esatto adempimento, perché l'eccezione si fonda sull'allegazione dell'inadempimento di un'obbligazione, al quale il debitore di quest'ultima dovrà contrapporre la prova del fatto estintivo costituito dall'esatto adempimento.
                                                        
                 
                            
                  Cass. civ. n. 12274/2011
                                      La presunzione di colpa dalla quale, ai sensi dell'art. 1218 c.c., è gravato il medico nei confronti del paziente che ne invochi la responsabilità professionale, può essere superata dal sanitario dimostrando che l'insuccesso dell'intervento sia dipeso da un evento imprevedibile e non prevenibile con l'uso dell'ordinaria diligenza da lui esigibile. È, pertanto, correttamente motivata la sentenza di merito la quale abbia escluso la responsabilità dei sanitari nel caso di infezione intraoperatoria, (nella specie, intervenuta nel corso di parto cesareo trattato con la c.d. tecnica di Stark), quando sia stato accertato che l'intervento era indifferibile ed era stato correttamente eseguito.
                                                        
                 
                            
                  Cass. civ. n. 9714/2011
                                      In tema di obbligazioni, lo stato soggettivo di buona fede non è idoneo, di per sé, ad escludere l'imputabilità dell'inadempimento, incombendo sul debitore, a tal fine, l'onere di provare che l'inadempimento (o il ritardo nell'adempimento) siano stati determinati da impossibilità della prestazione derivata da causa oggettivamente non imputabile allo stesso, nel cui ambito è riconducibile l'impegno di cooperazione alla realizzazione dell'interesse della controparte a cui l'obbligato - in relazione alla natura del rapporto, alle qualità soggettive del debitore stesso e al complesso delle circostanze del caso concreto - è tenuto e non la sua mera condizione psicologica di buona fede. Ne consegue che ove il lavoratore, a giustificazione della mancata prestazione, invochi la rilevanza scriminante del putativo esercizio del diritto di sciopero, l'inadempimento è incolpevole solo se il convincimento dello stesso si sia accompagnato ad un comportamento idoneo ad integrare un impegno di cooperazione. (Nella specie, un dipendente postale si era rifiutato, in adesione ad una astensione collettiva, di consegnare parte della corrispondenza di altro collega assente, così realizzando una illegittima forma di sciopero delle mansioni; la S.C., nel rigettare il ricorso, in applicazione del principio di cui alla massima, ha escluso che potesse invocarsi l'esimente putativa essendo mancata ogni forma di cooperazione, tanto più che il lavoratore si era anche rifiutato di presentare all'audizione disposta dal datore di lavoro, dove avrebbe potuto rappresentare, prima di adire la sede giudiziaria, la propria condizione soggettiva di incolpevole affidamento).
                                                        
                 
                            
                  Cass. civ. n. 3847/2011
                                      In tema di responsabilità professionale del medico, qualora l'azione o l'omissione siano in se stesse concretamente idonee a determinare l'evento, il difetto di accertamento del fatto astrattamente idoneo ad escludere il nesso causale tra condotta ed evento non può essere invocato, benché sotto il profilo statistico quel fatto sia "più probabile che non", da chi quell'accertamento avrebbe potuto compiere e non l'abbia, invece, effettuato. (In applicazione di tale principio, la S.C. ha confermato la sentenza di merito che aveva ritenuto sussistere un nesso di causalità tra la condotta dei medici, i quali avevano ritardato l'esecuzione di un parto cesareo, e la grave asfissia del neonato, reputando irrilevante la pur elevata probabilità statistica che l'asfissia cerebrale potesse avere avuto origine fisiologica in base all'assunto per cui, per escludere con certezza il nesso di causalità tra l'evento e la condotta del sanitario, si sarebbe dovuto disporre di un tracciato cardiotocografico, che i medici stessi avevano però omesso di eseguire nell'imminenza del parto).
                                                        
                 
                            
                  Cass. civ. n. 16394/2010
                                      Il medico è tenuto al risarcimento del danno lamentato dal paziente non ogni qual volta si sia discostato dalle regole della buona pratica clinica od abbia omesso di informare adeguatamente il paziente stesso, ma soltanto allorché la violazione di tali obblighi sia stata la causa (o concausa) efficiente di un danno effettivo. Ciò vuol dire che, là dove il paziente alleghi la violazione delle "leges artis" da parte del medico, ha altresì l'onere di provare che da tale inadempimento è derivato un peggioramento delle proprie condizioni di salute altrimenti evitabile; là dove, per contro, alleghi la violazione dell'obbligo di informazione da parte del medico, ha l'onere di provare che, ove l'informazione fosse stata fornita, avrebbe rifiutato il trattamento sanitario. (Nella fattispecie la Corte ha confermato la sentenza di rigetto della domanda risarcitoria formulata dai genitori di un minore nato con alcune patologie congenite, dopo che la madre si era sottoposta ad un intervento di sterilizzazione, non ritenendo provato il difetto d'informazione della paziente in ordine alle possibilità alternative all'intervento e alle probabilità di gravidanze indesiderate).
                                          
                      –
                      
                                                          Tra gli obblighi di protezione che assume il medico nei confronti del paziente, per effetto del "contatto sociale" tra il primo ed il secondo, non rientra quello di garantire un determinato risultato della prestazione sanitaria, a meno che il paziente - sul quale incombe il relativo onere - non dimostri l'espressa assunzione della garanzia del risultato da parte del medico.
                                                        
                 
                            
                  Cass. civ. n. 11737/2010
                                      I lavoratori che abbiano prestato attività a carattere stagionale con contratto a tempo determinato (nella specie nel settore turistico), ai sensi dell'art. 23, comma secondo, della legge n. 56 del 1987 - la cui operatività è stata ripristinata, a seguito della dichiarazione d'illegittimità costituzionale dell'art. 10, commi 9 e 10, del d.l.vo n. 368 del 2001, fino all'entrata in vigore della legge n. 247 del 2007 - hanno diritto (ove abbiano manifestato tale la volontà nel termine previsto) ad essere preferiti nel caso in cui il datore di lavoro decida di procedere a nuove assunzioni. Pertanto, nel caso di assunzione di soggetti diversi, dall'inadempimento del datore di lavoro consegue, ai sensi dell'art. 1218 del c.c., il diritto al risarcimento del danno, commisurato alla retribuzione che sarebbe stata corrisposta al lavoratore ove fosse stato rispettato il diritto di prelazione, con onere a carico del datore di lavoro di provare i fatti riduttivi del diritto al risarcimento, ivi compresi quelli che il creditore avrebbe potuto evitare usando l'ordinaria diligenza.
                                                        
                 
                            
                  Cass. civ. n. 2847/2010
                                      La responsabilità professionale del medico - ove pure egli si limiti alla diagnosi ed all'illustrazione al paziente delle conseguenze della terapia o dell'intervento che ritenga di dover compiere, allo scopo di ottenerne il necessario consenso informato - ha natura contrattuale e non precontrattuale; ne consegue che, a fronte dell'allegazione, da parte del paziente, dell'inadempimento dell'obbligo di informazione, è il medico gravato dell'onere della prova di aver adempiuto tale obbligazione.
                                                        
                 
                            
                  Cass. civ. n. 1538/2010
                                      In tema di responsabilità professionale del medico, le omissioni nella tenuta della cartella clinica al medesimo imputabili rilevano sia ai fini della figura sintomatica dell'inesatto adempimento, per difetto di diligenza, in relazione alla previsione generale dell'art. 1176, secondo comma, c.c., sia come possibilità di fare ricorso alla prova presuntiva, poiché l'imperfetta compilazione della cartella non può, in linea di principio, tradursi in un danno nei confronti di colui il quale abbia diritto alla prestazione sanitaria.
                                                        
                 
                            
                  Cass. civ. n. 20806/2009
                                      In caso di prestazione professionale medico-chirurgica di "routine", spetta al professionista superare la presunzione che le complicanze siano state determinate da omessa o insufficiente diligenza professionale o da imperizia, dimostrando che siano state, invece, prodotte da un evento imprevisto ed imprevedibile secondo la diligenza qualificata in base alle conoscenze tecnico-scientifiche del momento. Ne consegue che il giudice, al fine di escludere la responsabilità del medico nella suddetta ipotesi, non può limitarsi a rilevare l'accertata insorgenza di "complicanze intraoperatorie", ma deve, altresì, verificare la loro eventuale imprevedibilità ed inevitabilità, nonché l'insussistenza del nesso causale tra la tecnica operatoria prescelta e l'insorgenza delle predette complicanze, unitamente all'adeguatezza delle tecniche scelte dal chirurgo per porvi rimedio.
                                                        
                 
                            
                  Cass. civ. n. 12354/2009
                                      In terna di responsabilità civile del professionista, il cliente è tenuto a provare non solo di aver sofferto un danno, ma anche che questo è stato causato dall'insufficiente o inadeguata attività del professionista; pertanto - poiché l'art. 1223 c.c. postula la dimostrazione dell'esistenza concreta di una danno, consistente in una diminuzione patrimoniale - la responsabilità dell'avvocato per la mancata comunicazione al cliente dell'avvenuto deposito di una pronuncia sfavorevole - con conseguente preclusione della possibilità di proporre impugnazione - può essere affermata solo se il cliente dimostri che l'impugnazione, ove proposta, avrebbe avuto concrete possibilità di essere accolta.
                                                        
                 
                            
                  Cass. civ. n. 10743/2009
                                      È configurabile il nesso causale tra il comportamento omissivo del medico ed il pregiudizio subito dal paziente qualora, attraverso un criterio necessariamente probabilistico, si ritenga che l'opera del medico, se correttamente e prontamente prestata, avrebbe avuto serie ed apprezzabili possibilità di evitare il danno verificatosi. L'onere della relativa prova grava sul danneggiato, indipendentemente dal grado di difficoltà dell'intervento medico-chirurgico.
                                                        
                 
                            
                  Cass. civ. n. 975/2009
                                      In tema di responsabilità civile nell'attività medico-chirurgica, ove sia dedotta una responsabilità contrattuale della struttura sanitaria e/o del medico per l'inesatto adempimento della prestazione sanitaria, il danneggiato deve fornire la prova del contratto (o del "contatto") e dell'aggravamento della situazione patologica (o dell'insorgenza di nuove patologie per effetto dell'intervento) e del relativo nesso di causalità con l'azione o l'omissione dei sanitari, restando a carico dell'obbligato - sia esso il sanitario o la struttura - la prova che la prestazione professionale sia stata eseguita in modo diligente e che quegli esiti siano stati determinati da un evento imprevisto e imprevedibile; tuttavia, l'insuccesso o il parziale successo di un intervento di routine, o, comunque, con alte probabilità di esito favorevole, implica di per sé la prova dell'anzidetto nesso di causalità, giacché tale nesso, in ambito civilistico, consiste anche nella relazione probabilistica concreta tra comportamento ed evento dannoso, secondo il criterio, ispirato alla regola della normalità causale, del "più probabile che non".
                                                        
                 
                            
                  Cass. civ. n. 24791/2008
                                      Il paziente che alleghi di aver patito un danno alla salute in conseguenza dell'attività professionale del medico, ovvero di non avere conseguito alcun miglioramento delle proprie condizioni di salute nonostante l'intervento del medico, deve provare unicamente l'esistenza del rapporto col sanitario e l'insuccesso dell'intervento, e ciò anche quando l'intervento sia stato di speciale difficoltà, in quanto l'esonero di responsabilità di cui all'art. 2236 cod. civ non incide sui criteri di riparto dell'onere della prova. Costituisce, invece, onere del medico, per evitare la condanna in sede risarcitoria, provare che l'insuccesso dell'intervento è dipeso da fattori indipendenti dalla propria volontà e tale prova va fornita dimostrando di aver osservato nell'esecuzione della prestazione sanitaria la diligenza normalmente esigibile da un medico in possesso del medesimo grado di specializzazione.
                                                        
                 
                            
                  Cass. civ. n. 15814/2008
                                      Nel vigente ordinamento il diritto al risarcimento del danno conseguente alla lesione di un diritto soggettivo non è riconosciuto con caratteristiche e finalità punitive ma in relazione all'effettivo pregiudizio subito dal titolare del diritto leso né il medesimo ordinamento consente l'arricchimento se non sussista una causa giustificatrice dello spostamento patrimoniale da un soggetto ad un altro; ne consegue che, pure nelle ipotesi di danno 
in re ipsa in cui la presunzione si riferisce solo all'
an debeatur (che presuppone soltanto l'accertamento di un fatto potenzialmente dannoso in base ad una valutazione anche di probabilità o di verosimiglianza secondo l'
id quod plerumque accidit) e non alla effettiva sussistenza del danno e alla sua entità materiale, permane la necessità della prova di un concreto pregiudizio economico ai fini della determinazione quantitativa e della liquidazione del danno per equivalente pecuniario.
                                                        
                 
                            
                  Cass. civ. n. 577/2008
                                      In tema di responsabilità contrattuale della struttura sanitaria e di responsabilità professionale da contatto sociale del medico, ai fini del riparto dell'onere probatorio l'attore, paziente danneggiato, deve limitarsi a provare l'esistenza del contratto (o il contatto sociale) e l'insorgenza o l'aggravamento della patologia ed allegare l'inadempimento del debitore, astrattamente idoneo a provocare il danno lamentato, rimanendo a carico del debitore dimostrare o che tale inadempimento non vi è stato ovvero che, pur esistendo, esso non è stato eziologicamente rilevante. (Nella specie la S.C. ha cassato la sentenza di merito che in relazione ad una domanda risarcitoria avanzata da un paziente nei confronti di una casa di cura privata per aver contratto l'epatite C asseritamente a causa di trasfusioni con sangue infetto praticate a seguito di un intervento chirurgico aveva posto a carico del paziente l'onere di provare che al momento del ricovero egli non fosse già affetto da epatite).
                                                        
                 
                            
                  Cass. civ. n. 21973/2007
                                      In relazione all'atto dell'autorità che costituisca impedimento della prestazione contrattuale, incidendo su un momento strumentale o finale della relativa esecuzione - cosiddetta 
factum principis deve escludersi, nel caso in cui si tratti di atto amministrativo illegittimo, che esso possa determinare l'esonero da responsabilità del debitore ove costui vi abbia dato causa colposamente e, segnatamente, non si sia diligentemente attivato in modo adeguato per ottenerne la revoca o l'annullamento.
                                                        
                 
                            
                  Cass. civ. n. 21140/2007
                                      In tema di responsabilità contrattuale spetta al danneggiato fornire la prova dell'esistenza del danno lamentato e della sua riconducibilità al fatto del debitore; l'art. 1218 c.c., che pone una presunzione di colpevolezza dell'inadempimento, infatti, non modifica l'onere della prova che incombe sulla parte che abbia agito per l'accertamento di tale inadempimento, allorché si tratti di accertare l'esistenza del danno. (Nella specie, la S.C. ha confermato la decisione di merito che, in una controversia in materia di cessione del credito, pur riconoscendo la sussistenza dell'inadempimento contrattuale, non aveva ritenuto provata dall'attore l'esistenza del danno).
                                                        
                 
                            
                  Cass. civ. n. 23918/2006
                                      In tema di responsabilità civile nell'attività medico chirurgica, il paziente che agisce in giudizio deducendo l'inesatto adempimento dell'obbligazione sanitaria deve provare il contratto e allegare l'inadempimento del professionista, restando a carico dell'obbligato l'onere di provare l'esatto adempimento, con la conseguenza che la distinzione tra prestazione di facile esecuzione e prestazione implicante la soluzione di problemi tecnici di particolare difficoltà rileva soltanto per la valutazione del grado di diligenza e del corrispondente grado di colpa, restando comunque a carico del sanitario la prova che la prestazione era di particolare difficoltà.
                                                        
                 
                            
                  Cass. civ. n. 17306/2006
                                      In tema di prova dell'inadempimento di una obbligazione intellettuale, grava sul professionista la dimostrazione dell'adempimento o dell'esatto adempimento della prestazione, sia sotto il profilo dell'obbligo di diligenza e perizia, sia della conformità quantitativa o qualitativa dei risultati che ne sono derivati, mentre sono a carico del committente l'onere di allegazione dell'inadempimento o dell'inesatto adempimento e la dimostrazione del pregiudizio subito ed il nesso causale tra tale pregiudizio e l'attività del professionista. (Nella specie, relativa a una richiesta di compenso per prestazione odontoiatrica, la S.C. ha cassato la sentenza di merito che, nell'accogliere la domanda del medico, aveva posto a carico del cliente soccombente la omessa dimostrazione dell'esistenza di ineliminabili vizi e difformità della protesi oggetto della prestazione e in particolare la mancata constatazione dei vizi mediante un accertamento peritale, considerando irrilevanti le testimonianze addotte per dimostrare le ulcerazioni e i gonfiori alle gengive causati al paziente dall'impianto della protesi).
                                                        
                 
                            
                  Cass. civ. n. 12382/2006
                                      In tema di azione di danni, il diritto al risarcimento nasce con il verificarsi di un pregiudizio effettivo e reale che incida nella sfera patrimoniale del contraente danneggiato, il quale deve provare la perdita economica subita.
                                                        
                 
                            
                  Cass. civ. n. 10493/2006
                                      Il termine di prescrizione del diritto al risarcimento del danno da responsabilità professionale inizia a decorrere non dal momento in cui la condotta del professionista determina l'evento dannoso, bensì da quello in cui la produzione del danno si manifesta all'esterno, divenendo oggettivamente percepibile e riconoscibile da chi ha interesse a farlo valere. (In applicazione del suindicato principio la S.C. ha ritenuto che, in un'ipotesi di responsabilità professionale per avere il proprio difensore in altra causa di risarcimento danni erroneamente evocato in giudizio soggetto diverso da colui che risultava essere il vero responsabile, correttamente il giudice del merito aveva considerato la prescrizione dell'azione nei confronti del suddetto legale iniziare a decorrere dalla notificazione della sentenza del definitivo accertamento giudiziale della carenza di legittimazione del soggetto in quell'altro processo convenuto, quale momento in cui il danno si era manifestato all'esterno nella sua oggettività, divenendo percepibile, conoscibile ed azionabile sul piano della domanda risarcitoria ).
                                                        
                 
                            
                  Cass. civ. n. 6537/2006
                                      La responsabilità del prestatore di opera intellettuale nei confronti del proprio cliente per negligente svolgimento dell'attività professionale presuppone la prova del danno e del nesso causale tra la condotta del professionista ed il danno del quale è chiesto il risarcimento. (Nella specie la S.C. ha confermato la sentenza di merito che aveva condannato un avvocato al risarcimento del danno, liquidato in via equitativa in nove milioni di lire, nei confronti di un cliente, relativamente alla detenzione di un mese e diciassette giorni da questi subita a seguito della mancata attivazione della procedura inerente alla rimessione in termini per propone gravame).
                                                        
                 
                            
                  Cass. civ. n. 5960/2005
                                      Sia nell'ipotesi di responsabilità extracontrattuale, sia in quella di responsabilità contrattuale, spetta al danneggiato fornire la prova dell'esistenza del danno lamentato e della sua riconducibilità al fatto del debitore. A tal fine l'art. 1218 c.c., che pone una presunzione di colpevolezza dell'inadempimento, non agevola la posizione del danneggiato in ordine alla prova dell'effettiva esistenza del danno derivante dall'inadempimento, onere che non è diverso da quello incombente su colui che faccia valere una responsabilità extracontrattuale. (Fattispecie relativa alla mancata comunicazione da parte di una banca ad uno dei coeredi dell'esistenza di depositi paterni estinti da altro coerede pochi giorni prima della morte del 
de cuius).
                                                        
                 
                            
                  Cass. civ. n. 2976/2005
                                      In tema di prova dell'inadempimento di un'obbligazione negativa, il creditore ha sempre l'onere di provare, oltre alla fonte (negoziale o legale) del suo diritto, anche l'inadempimento del debitore (fattispecie in tema di obbligo del conduttore di non usare la cosa locata per un uso diverso da quello in contratto).
                                                        
                 
                            
                  Cass. civ. n. 19133/2004
                                      In tema di responsabilità contrattuale del professionista medico, l'errore o l'omissione di diagnosi integrano di per sé l'inadempimento del professionista e, anche in presenza di un quadro clinico complesso per la gravità della patologia e le precarie condizioni di salute del paziente, la prova della mancanza di colpa per la morte del paziente deve essere fornita dal debitore della prestazione e dell'eventuale situazione di incertezza sulla stessa si deve giovare il creditore e non il debitore. (Nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza impugnata, che aveva fatto corretta applicazione del principio sulla ripartizione dell'onere probatorio, accertando che, se anche i sanitari avessero sottoposto una bambina nata prematura a visita oculistica che si imputava essere stata omessa ciò non avrebbe potuto scongiurarne la cecità e neppure sconsigliare il suo assoggettamento ad ossigenoterapia trattamento addotto quale concausa della cecità in quanto, qualora quest'ultima non fosse stata praticata, i danni avrebbero potuto essere più gravi, essendo a rischio la stessa vita della paziente).
                                                        
                 
                            
                  Cass. civ. n. 16530/2004
                                      In tema di risarcimento del danno da inadempimento, il creditore deve provare non solo l'inadempimento ma anche il pregiudizio subito, pure se solo fornendo elementi indiziari idonei a fondare presunzioni.
                                                        
                 
                            
                  Cass. civ. n. 12273/2004
                                      In tema di responsabilità professionale del medico-chirurgo, la lacunosa formazione della cartella clinica redatta dai medici del Pronto Soccorso ospedaliero non vale ad escludere per mancanza di prova l'omissione colposa della diagnosi da parte degli stessi, poiché il medico ha l'obbligo di controllare la completezza e l'esattezza del contenuto della cartella, la cui violazione configura difetto di diligenza ai sensi del secondo comma dell'art. 1176 c.c. ed inesatto adempimento della corrispondente prestazione medica. (Nella specie, la S.C. ha cassato la decisione della Corte di merito che aveva escluso la responsabilità dei medici del pronto soccorso che, suturato scorrettamente il nervo ulnare, meno visibile ed accessibile, non avevano accertato lo stato anatomico della altre formazioni nervose del plesso brachiale, omettendo di diagnosticare la lesione dei nervi mediano e mediano cutaneo).
                                                        
                 
                            
                  Cass. civ. n. 11488/2004
                                      In tema di responsabilità professionale del Medico-chirurgo, sussistendo un rapporto contrattuale (quand'anche fondato sul solo contatto sociale), in base alla regola di cui all'art. 1218 c.c. il paziente ha l'onere di allegare l'inesattezza dell'inadempimento, non la colpa né, tanto meno, la gravità di essa, dovendo il difetto di colpa o la non qualificabilità della stessa in termini di gravità (nel caso di cui all'art. 2236 c.c.) essere allegate e provate dal medico. (Nella specie, la S.C. ha ritenuto che il giudice di merito non avesse fatto corretta applicazione di tale principio, avendo rigettato la domanda di risarcimento danni nei confronti del medico ecografista per la nascita di un bambino malformato senza accertare se nel corso dell'ecografia gli arti erano stati diligentemente ricercati per verificarne eventuali malformazioni e senza considerare che l'incertezza del risultato di un'indagine non comporta che la stessa sia necessariamente da qualificare come particolarmente difficile, onde il fatto che l'ecografia non consenta di vedere sempre (e bene) gli arti non esclude la necessità di cercarli, o di consigliare la ripetizione dell'indagine, né qualifica quest'ultima come particolarmente difficile).
                                          
                      –
                      
                                                          La prova dell'incolpevolezza dell'inadempimento (ossia della impossibilità della prestazione per causa non imputabile al debitore) e della diligenza nell'adempimento è sempre riferibile alla sfera d'azione del debitore, in misura tanto più marcata quanto più l'esecuzione della prestazione consista nell'applicazione di regole tecniche, sconosciute al creditore in quanto estranee al bagaglio della comune esperienza e specificamente proprie di quello del debitore (nella specie specialista di una professione protetta).
                                                        
                 
                            
                  Cass. civ. n. 9645/2004
                                      In materia di obbligazioni pecuniarie, l'impossibilità della prestazione deve consistere, ai fini dell'esonero da responsabilità del debitore, non in una mera difficoltà, ma in un impedimento obiettivo e assoluto, tale da non poter essere rimosso, e deve far riferimento alla prestazione contrattuale in sé e per sé considerata, e non a comportamenti di soggetti terzi rispetto al rapporto; in particolare, l'esclusione della responsabilità dell'ente gestore di un corso di formazione professionale per il pagamento del docente del corso, ai sensi degli artt. 1218 e 1463 c.c., presuppone una impossibilità oggettiva e assoluta della prestazione retributiva, e non può fondarsi sulla mera impotenza economica derivante dall'inadempimento di un terzo ai suoi obblighi di finanziamento nei confronti dell'ente.
                                                        
                 
                            
                  Cass. civ. n. 9471/2004
                                      In tema di responsabilità professionale del medico-chirurgo, pur gravando sull'attore l'onere di allegare i profili concreti di colpa medica posti a fondamento della proposta azione risarcitoria, tale onere non si spinge fino alla necessità di enucleazione e indicazione di specifici e peculiari aspetti tecnici di responsabilità professionale, conosciuti e conoscibili soltanto agli esperti del settore, essendo sufficiente la contestazione dell'aspetto colposo dell'attività medica secondo quelle che si ritengono essere, in un dato momento storico, le cognizioni ordinarie di un non professionista che, espletando la professione di avvocato, conosca comunque (o debba conoscere) l'attuale stato dei profili di responsabilità del sanitario (omessa informazione sulle possibili conseguenze dell'intervento, adozione di tecniche non sperimentate in sede di protocolli ufficiali, mancata conoscenza dell'evoluzione della metodica interventistica, negligenza intesa oggi come violazione di regole sociali e non solo come mera disattenzione, imprudenza intesa oggi come violazione delle modalità imposte dalle regole sociali per l'espletamento di certe attività, ed imperizia intesa oggi come violazione delle regole tecniche di settori determinati della vita di relazione e non più solo come insufficiente attitudine all'esercizio di arti e professioni.
                                                        
                 
                            
                  Cass. civ. n. 7729/2004
                                      In tema di inadempimento di un'obbligazione contrattuale, la causa non imputabile che esclude la responsabilità del debitore, si ha quando l'inadempimento è determinato da un impedimento oggettivo e non dall'erronea convinzione del debitore di non dovere adempiere, non essendo sufficiente la buona fede circa la propria condotta, se questa non coincida con l'esaurimento di tutte le possibilità di adempiere secondo la normale diligenza. (Nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza impugnata secondo la quale l'impresa obbligatasi ad assumere i dipendenti esistenti nell'organico dell'impresa nel cui appalto era subentrata, risultanti da documentazione probante, doveva, usando la normale diligenza, accertare i dipendenti nel relativo organico attraverso la documentazione aziendale, e in particolare i libri aziendali e le buste paga, non rilevando che l'impresa precedente avesse comunicato i nominativi dei dipendenti omettendone uno invece risultante dalla documentazione predetta).
                                                        
                 
                            
                  Cass. civ. n. 3579/2004
                                      In tema di prova dell'inesatto adempimento di un'obbligazione avente per oggetto una somma di denaro, allorquando il creditore deduca che l'inesattezza è costituita dal ritardo nel pagamento in quanto effettuato oltre il termine stabilito dal contratto o dalla legge, è suo onere, allo scopo di conseguire per tale ritardo gli interessi moratori o il cosiddetto maggior danno da svalutazione monetaria (a norma degli artt. 1224, commi primo e secondo, c.c. e 429, comma terzo, c.p.c.), indicare non solo il giorno di scadenza dell'obbligazione, ma anche quello (successivo) in cui è stato eseguito il pagamento della somma capitale; ove tale onere venga osservato, compete al debitore dimostrare l'avvenuto, esatto adempimento.
                                                        
                 
                            
                  Cass. civ. n. 3294/2004
                                      L'art. 1218 c.c. pone espressamente a carico del debitore la prova che l'inadempimento è stato determinato da impossibilità della prestazione derivante da causa a lui non imputabile, prova che esige la dimostrazione dello specifico impedimento, che ha reso impossibile la prestazione. (Nella specie, in applicazione di tale principio, la S.C. ha confermato la decisione di merito che aveva condannato la Regione Puglia a rifondere all'ente gestore la spesa sostenuta per la corresponsione del compenso per l'attività di coordinatore — progettista svolta nell'ambito della formazione professionale, osservando che la spettanza in capo alla ricorrente dell'obbligo di finanziamento dei corsi di formazione, che trovava riscontro nella convenzione stipulata tra le parti, e prodotta nel giudizio di secondo grado, non dedotti fatti impeditivi della conoscenza da parte sua dell'attività concretamente svolta dal lavoratore, e della conseguente assunzione di impegni di finanziamento, fatti asseritamente consistenti nei mancati adempimenti da parte dello stesso ente relativi alla rendicontazione della quantità delle provvidenze finanziarie, nonché alla trasmissione degli organigrammi e dei successivi aggiornamenti).
                                                        
                 
                            
                  Cass. civ. n. 18995/2003
                                      L'azione di responsabilità contrattuale nei confronti del debitore presuppone la produzione del danno, non diversamente dall'azione di responsabilità extracontrattuale, ancorché l'inadempimento del debitore sussista prima ed a prescindere dall'effetto dannoso. Ne consegue che la prescrizione dell'azione di responsabilità contrattuale non può iniziare a decorrere prima del verificarsi del danno di cui si chiede il risarcimento.
                                                        
                 
                            
                  Cass. civ. n. 12477/2002
                                      In tema di inadempimento delle obbligazioni del contratto, a norma degli artt. 1218 e 1256 c.c., la colpa del contraente inadempiente si presume, e, pertanto, al fine di vincere la presunzione di colpa, quest'ultimo deve fornire gli elementi di prova e di giudizio idonei a dimostrare, oltre che il dato obiettivo della sopravvenuta impossibilità della prestazione, l'assenza di colpa, ossia di avere fatto tutto il possibile per adempiere l'obbligazione.
                                                        
                 
                            
                  Cass. civ. n. 3492/2002
                                      In tema di responsabilità civile nell'attività medico-chirurgica, una volta accertato il nesso eziologico tra l'evento dannoso e la prestazione sanitaria, poiché il danneggiato fa valere la responsabilità contrattuale del prestatore d'opera intellettuale e/o dell'ente contrattualmente tenuto alla prestazione, quando l'intervento chirurgico subito da cui è derivato un danno non è di difficile esecuzione, l'aggravamento della situazione patologica del paziente o l'insorgenza di nuove patologie eziologicamente ricollegabili ad esso comportano, a norma dell'art. 1218 c.c., una presunzione semplice in ordine all'inadeguata o negligente prestazione, spettando all'obbligato sia esso il sanitario o la struttura fornire la prova che la prestazione professionale sia stata eseguita in modo idoneo e che quegli esiti peggiorativi siano stati determinati da un evento imprevisto e imprevedibile, eventualmente in dipendenza di una particolare condizione fisica del paziente, non accertabile e non evitabile con l'ordinaria diligenza professionale.
                                                        
                 
                            
                  Cass. civ. n. 10261/2000
                                      In tema di inadempimento nelle obbligazioni, quando il creditore si sia contrattualmente impegnato a prestare la propria cooperazione al debitore affinché questi esegua la sua obbligazione nei tempi e nei modi pattuiti, sul debitore grava soltanto l'onere di provare la sussistenza del patto contenente il dovere di cooperazione, nonché il nesso di causalità tra tale dovere e il proprio inadempimento, spettando invece al creditore dimostrare di aver prestato la cooperazione pattiziamente promessa e condizionante il puntuale adempimento della controparte.
                                                        
                 
                            
                  Cass. civ. n. 7553/1999
                                      In tema di inadempimento nelle obbligazioni, l'onere della prova gravante sul creditore che chiede l'adempimento riguarda esclusivamente il fatto costitutivo del diritto fatto valere, ossia l'esistenza dell'obbligazione che si assume inadempiuta, tuttavia se, in ipotesi di obbligazioni corrispettive, la parte convenuta eccepisca l'inadempimento dell'attore alla propria obbligazione, quest'ultimo deve altresì provare di aver adempiuto all'obbligazione di cui l'altra parte è creditrice, prova che presuppone (e comprende) l'individuazione dell'obbligo da adempiere.
                                                        
                 
                            
                  Cass. civ. n. 722/1999
                                      Il cliente che chieda al proprio difensore il ristoro dei darmi che egli assume subiti a seguito della mancata impugnazione della sentenza di primo grado non può limitarsi a dedurre l'astratta possibilità della riforma in appello di tale pronuncia in senso a lui favorevole, ma deve dimostrare l'erroneità della pronuncia in questione oppure produrre nuovi documenti o altri mezzi di prova idonei a fornire la ragionevole certezza che il gravame, se proposto, sarebbe stato accolto.
                                                        
                 
                            
                  Cass. civ. n. 1629/1998
                                      Poiché la fonte del danno, derivato dall'adempimento tardivo dell'obbligazione pattuita, è il ritardo (art. 1218 c.c.), per ottenere il relativo risarcimento occorre provarlo, e perciò non è sufficiente provare il contratto.
                                                        
                 
                            
                  Cass. civ. n. 7604/1996
                                      La disposizione di cui all'art. 1218 codice civile pone a carico del debitore l'onere della prova di non aver potuto adempiere l'obbligazione o di non aver potuto eseguire esattamente e nel tempo previsto la prestazione dovuta per cause a lui non imputabili. La prova della non imputabilità dell'inadempimento — la quale non può consistere nella semplice difficoltà o nella sopravvenuta maggiore onerosità della prestazione — deve essere piena e completa e deve comprendere anche la dimostrazione della mancanza di colpa, sotto qualsiasi profilo, del debitore, dovendosi, in mancanza, presumere nel medesimo la sussistenza di tale elemento soggettivo.
                                                        
                 
                            
                  Cass. civ. n. 5005/1996
                                      In materia di responsabilità professionale del medico-chirurgo, una volta provato dal paziente che l'intervento richiesto era di facile o routinaria esecuzione, incombe al professionista l'onere di provare al fine di andare esente da responsabilità che l'insuccesso dell'operazione non è dipeso da un difetto di diligenza propria.
                                                        
                 
                            
                  Cass. civ. n. 4044/1994
                                      In materia di responsabilità del professionista, il cliente è tenuto a provare non solo di aver sofferto un danno, ma anche che questo è stato causato dalla insufficiente o inadeguata attività del professionista e cioè dalla difettosa prestazione professionale. In particolare, trattandosi dell'attività del difensore, l'affermazione della sua responsabilità implica l'indagine positivamente svolta sul sicuro e chiaro fondamento dell'azione che avrebbe dovuto essere proposta e diligentemente coltivata e, quindi, la certezza morale che gli effetti di una diversa attività del professionista medesimo sarebbero stati più vantaggiosi per il cliente, rimanendo, in ogni caso, a carico del professionista l'onere di dimostrare l'impossibilità a lui non imputabile della perfetta esecuzione della prestazione.
                                                        
                 
                            
                  Cass. civ. n. 2369/1994
                                      Il creditore che agisce per il pagamento di un suo credito è tenuto unicamente a fornire la prova del rapporto o del titolo dal quale deriva il suo diritto e non anche a provare il mancato pagamento, poiché il pagamento integra in fatto estintivo, la cui prova incombe al debitore che l'eccepisca; soltanto di fronte alla comprovata esistenza di un pagamento avente efficacia estintiva (cioè puntualmente eseguito con riferimento ad un determinato credito) l'onere della prova viene nuovamente a gravare sul creditore, il quale controdedica che il pagamento deve imputarsi ad un credito diverso, rappresentando l'onere del convenuto di provare il fatto estintivo, un 
prius logico rispetto all'onere di provare la diversa imputazione di pagamento, atteso che l'onere del creditore acquista la sua ragione d'essere soltanto dopo che il debitore abbia dato prova esauriente e completa del fatto estintivo.
                                                        
                 
                            
                  Cass. civ. n. 1500/1994
                                      Poiché l'art. 1218 c.c. pone espressamente a carico del debitore la prova che l'inadempimento è stato determinato da impossibilità della prestazione derivante da causa a lui non imputabile, la generica prova della sua diligenza non può essere sufficiente a dimostrare l'assenza di colpa del debitore in relazione all'inadempimento, atteso che la prova della mancanza di colpa esige la dimostrazione o dello specifico impedimento, che ha reso impossibile la prestazione o, quanto meno, la prova che, qualunque sia stata la causa, questa non possa essere imputabile al debitore.
                                                        
                 
                            
                  Cass. civ. n. 3724/1991
                                      Anche per le obbligazioni negative vige il principio della presunzione di colpa di cui all'art. 1218 c.c., superabile soltanto con la prova che l'inadempimento — che, ai sensi dell'art. 1222 c.c. si verifica per il fatto della violazione dell'obbligo di non fare — sia dipeso da causa non imputabile al debitore, intendendosi per tale, ove il fatto sia compiuto dal terzo, quella idonea ad escludere l'imputabilità al debitore medesimo della situazione che ha posto il terzo in condizioni di interferire nell'inosservanza dell'obbligo. (Nella specie, la S.C., sancendo il principio di cui in massima, ha confermato la sentenza del giudice del merito che aveva ritenuto causa di decadenza automatica dal beneficio della concessione di un contributo, erogato dalla Cassa del Mezzogiorno, l'inadempimento dell'obbligo, verso questa assunto dal beneficiario, di non mutare la destinazione alberghiera dell'immobile per la cui ristrutturazione il contributo stesso era stato erogato, essendosi il mutamento verificato ad opera di un terzo, aggiudicatario del bene, a seguito di espropriazione immobiliare subita dal detto beneficiario).
                                                        
                 
                            
                  Cass. civ. n. 1003/1986
                                      L'art. 1218 c.c., che addossa al debitore le conseguenze dell'inadempimento in mancanza della prova dell'impossibilità di adempimento dovuta a causa a lui non imputabile, esige, sul piano psicologico, la sussistenza almeno della colpa del debitore stesso, la quale può sussistere anche in caso di errore, allorquando tale soggetto non abbia usato la diligenza necessaria per evitarlo. Ogni valutazione al riguardo spetta al giudice del merito, il cui giudizio è incensurabile in sede di legittimità, se sostenuto da adeguata e corretta motivazione. (Nella specie, l'impugnata sentenza, confermata dalla S.C., aveva in particolare addebitato al lavoratore il notevole ritardo nella trasmissione, mediante una sua compagna di lavoro, della documentazione sanitaria concernente il ricovero ospedaliero del lavoratore stesso).
                                                        
                 
                            
                  Cass. civ. n. 809/1986
                                      Il dovere del creditore di cooperare, se necessario, in relazione alla natura della prestazione, all'adempimento del debitore, non costituisce vera e propria obbligazione del creditore nei confronti di quest'ultimo, ma si configura, invece, come un mero dovere strumentale rispetto all'adempimento stesso, senza che per esonerarsi dalle conseguenze della violazione del suddetto dovere il creditore possa invocare l'impossibilità sopravvenuta per causa a lui non imputabile a norma dell'art. 1218 c.c.
                                                        
                 
                            
                  Cass. civ. n. 3858/1985
                                      La responsabilità risarcitoria del debitore, a norma dell'art. 1218 c.c., per i danni derivanti dal ritardo nell'esecuzione della prestazione dovuta, se non viene meno per il solo fatto che il creditore abbia accettato senza riserve l'adempimento tardivo, resta esclusa quando da siffatta accettazione emerga la volontà del creditore medesimo di ritenere integralmente soddisfatto ogni suo interesse.
                                                        
                 
                            
                  Cass. civ. n. 3450/1984
                                      Ai sensi dell'art. 1218 c.c., la causa non imputabile, che esclude la responsabilità per inadempimento, si ha quando lo stesso, ovvero il ritardo, sia determinato da un impedimento oggettivo, e non dall'erronea convinzione del debitore di non dover adempiere, non essendo sufficiente la buona fede circa la propria condotta se questa non coincida con l'esaurimento di tutte le possibilità di adempiere secondo la normale diligenza.
                                                        
                 
                            
                  Cass. civ. n. 1622/1984
                                      L'indagine sulla natura, essenziale o meno, del termine o quella sull'importanza dell'inadempimento rilevano soltanto ai fini della risoluzione del contratto mentre non hanno alcuna influenza sulla domanda di adempimento e su quella di risarcimento dei danni per il ritardo, per le quali basta l'accertamento dell'inadempimento del termine stabilito per dare ad esse fondatezza in astratto, salva, quanto alla domanda di danni, la verifica in concreto se il ritardo abbia causato danni diretti e immediati.
                                                        
                 
                            
                  Cass. civ. n. 1024/1984
                                      Il debitore, che non possa eseguire la prestazione dovuta a causa del comportamento di un soggetto estraneo al rapporto obbligatorio, può invocare la conseguente impossibilità della prestazione come motivo di esclusione della sua responsabilità, soltanto se l'attività del terzo sia prevista come condizione, diversamente restando soggetto all'obbligo del risarcimento, salva la rivalsa nei confronti del terzo stesso, se quest'ultimo si era obbligato in base ad un autonomo rapporto. (Nella specie, i giudici del merito avevano ritenuto che la responsabilità risarcitoria dell'appaltatore, per inadempienza all'obbligo di effettuare alcune opere relative ad un fabbricato condominiale, non poteva essere esclusa per il fatto che tali opere erano state in concreto impedite per il mancato consenso di un soggetto proprietario esclusivo del suolo su cui parte di quelle opere dovevano essere eseguite e condomino dell'edificio, poiché detto soggetto, quale proprietario esclusivo dell'area era rimasto estraneo al rapporto di appalto, né il suo consenso era stato previsto come condizione dell'impegno dell'appaltatore: la Suprema Corte ha ritenuto corretta la statuizione, enunciando il principio di cui sopra).
                                                        
                 
                            
                  Cass. civ. n. 3979/1982
                                      In tema di inadempimento delle obbligazioni, se è vero che, a norma dell'art. 1218 c.c., la colpa del contraente inadempiente si presume, ove non sia provata l'impossibilità dell'adempimento della prestazione per causa a lui non imputabile, tuttavia quando ricorrano circostanze positivamente apprezzabili, idonee ad escludere, anche in relazione al comportamento delle parti nello svolgimento del rapporto, l'elemento soggettivo qualificante la condotta dell'obbligato, l'inadempimento deve essere ritenuto incolpevole.
                                                        
                 
                            
                  Cass. civ. n. 3900/1977
                                      Con riguardo ad obbligazione sottoposta a termine, l'inadempimento può sussistere anche prima del decorso del termine medesimo, ove il comportamento del debitore lasci sicuramente desumere, o comunque fondatamente presagire, la mancata esecuzione della prestazione nel tempo pattuito. (Nella specie, i giudici del merito avevano accolto una domanda di risoluzione di compravendita, per inadempimento del venditore all'obbligo di consegnare la cosa ritenendo irrilevante che il termine previsto per tale consegna non era ancora scaduto all'atto della proposizione della domanda stessa, in considerazione del fatto che il venditore già aveva arbitrariamente preteso di subordinare la sua prestazione a modifiche dei patti inerenti al pagamento del prezzo. La S.C., premesso il principio di cui sopra ha ritenuto corretta la statuizione).
                                                        
                 
                            
                  Cass. civ. n. 3820/1977
                                      Il debitore in tanto è tenuto a giustificare l'inadempimento che il creditore gli attribuisce chiedendo il risarcimento dei danni subiti, in quanto quest'ultimo, a sua volta, abbia preventivamente dimostrato l'inesatta esecuzione della prestazione stessa, e solo dopo tale dimostrazione al debitore incombe l'onere di fornire la prova dei fatti giustificativi dell'inadempimento.
                                                        
                 
                            
                  Cass. civ. n. 3700/1977
                                      Il risarcimento del danno è dovuto non per effetto del (solo) mero inadempimento, ma del pregiudizio patrimoniale da esso provocato. Se, pertanto, i predetti elementi perfezionativi della fattispecie si verificano a distanza di tempo, il risarcimento del danno è disciplinato dalla legge in vigore quando la fattispecie è completa nei suoi elementi, non dalle leggi vigenti nel tempo in cui ciascuno di essi venne in essere.
                                                        
                 
                            
                  Cass. civ. n. 2439/1976
                                      Esercitata dal professionista l'attività in relazione al caso concreto prospettatogli, e cosa eseguita la prestazione cui il professionista si era obbligato con la conclusione del contratto d'opera professionale, incombe al cliente, il quale assuma di avere subito un danno, l'onere di provare la difettosa o inadeguata prestazione professionale, l'esistenza del danno ed il rapporto di causalità tra la difettosa e inadeguata prestazione professionale e il danno, mentre incombe al professionista l'onere di provare l'impossibilità, a lui non imputabile della perfetta esecuzione della prestazione. Per quanto riguarda la difettosità o la inadeguatezza della prestazione professionale, il cliente ha l'onere di fornire la prova di sufficienti e idonei dati obiettivi, in base ai quali il giudice valuterà se, in relazione alla natura del caso concreto, fossero sufficienti una preparazione professionale media ed una diligenza media nell'esercizio dell'attività professionale, o se, invece fosse richiesto un impegno tecnico-professionale di livello superiore, implicando il caso concreto «la soluzione di problemi tecnici di speciale condotta» (art. 2236 c.c.), e se, quindi, la responsabilità del professionista sussista anche per colpa lieve o soltanto per colpa grave (oltre che per dolo). Per quanto riguarda l'onere probatorio a carico del professionista, questi è tenuto a provare (subordinatamente all'esito positivo della prova a carico del cliente) che la imperfetta esecuzione della prestazione è dovuta a forza maggiore o caso fortuito.