Brocardi.it - L'avvocato in un click! REDAZIONE

Infortunio sul lavoro: la colpa del datore di lavoro si presume

Lavoro - -
Infortunio sul lavoro: la colpa del datore di lavoro si presume
In caso di infortunio sul lavoro, il datore di lavoro va esente da responsabilità solo quando riesca a dimostrare di aver adottato tutte le misure necessarie ad evitare il danno
La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 14468 del 9 giugno 2017, si è occupata di un interessante caso in materia di infortuni sul lavoro.

Nel caso esaminato dalla Cassazione, la Corte d’appello di Brescia aveva confermato la sentenza con cui il Tribunale di Bergamo aveva rigettato la domanda proposta da un lavoratore, volta ad ottenere la condanna della società datrice di lavoro al risarcimento dei danni subiti a seguito di un infortunio sul lavoro.

Nello specifico, il lavoratore – operaio specializzato e destinato all’uso del trapano a colonna – mentre sostituiva un utensile sul trapano a colonna cui era preposto, veniva investito dall’utensile stesso, a causa dell’improvviso cedimento del braccio orizzontale che lo sosteneva, “con la conseguenza che la mano destra rimaneva schiacciata sul piano di lavoro ove si trovava una lastra in lavorazione”.

A seguito dell’infortunio, il lavoratore restava in malattia per un determinato periodo e, successivamente, veniva licenziato per “mancato superamento del patto di prova”, nonostante l’infortunio si fosse verificato solo dopo 46 giorni di lavoro.

Il Tribunale di Bergamo, pronunciatosi in primo grado, tuttavia, non aveva ritenuto di poter accogliere la domanda risarcitoria proposta dal lavoratore, evidenziando che il datore di lavoro non aveva tenuto nessuna condotta colposa e che la responsabilità dell’infortunio doveva ricondursi in capo al costruttore dello strumento o della ditta incaricata della manutenzione del macchinario.

La Corte d’appello di Brescia, come anticipato, aveva confermato la decisione di primo grado, mettendo in evidenza il profilo relativo alla “imprevedibilità dell’evento” che aveva visto coinvolto il lavoratore.

Osservava la Corte d’appello, infatti, che dagli accertamenti effettuati era emerso che il trapano era di costruzione abbastanza recente, era dotato di certificazione di conformità CE e appariva in buono stato di manutenzione.

Infatti, anche gli ispettori dell’ASL che avevano effettuati i rilievi a seguito dell’incidente avevano evidenziato che la caduta del braccio del macchinario era stata dovuto all’improvvisa rottura dei meccanismi di sollevamento/abbassamento del braccio e che tale evento non poteva dirsi ragionevolmente prevedibile.

Ritenendo la decisione ingiusta, il lavoratore decideva di rivolgersi alla Corte di Cassazione, nella speranza di ottenere l’annullamento della sentenza sfavorevole.

Osservava il ricorrente, infatti, che il datore di lavoro avrebbe dovuto dimostrare di aver adottato tutte le misure necessarie a salvaguardare la salute dei propri dipendenti, cosa che, invece, non era avvenuta nel caso di specie.

Precisava il lavoratore, in particolare, che il giudice avrebbe dovuto accertare “se il trapano fosse stato dotato delle necessarie misure di sicurezza, non essendo sufficiente che lo stesso fosse stato revisionato e marchiato CE”.

La Corte di Cassazione riteneva, in effetti, di dover dar ragione al lavoratore, accogliendo il relativo ricorso, in quanto fondato.

Precisava la Cassazione, infatti, che il lavoratore che agisca nei confronti del datore di lavoro per ottenere il risarcimento dei danni subiti a seguito di infortunio sul lavoro deve provare l’inadempimento del datore di lavoro e il nesso di causalità tra tale inadempimento e il danno subito.

Il lavoratore, invece, non è tenuto a dimostrare la colpa del datore di lavoro, dal momento che opera una presunzione di colpa dello stesso (art. 1218 c.c.), che può essere superata solo se il datore di lavoro dimostri di aver adottato, ai sensi dell’art. 2087 c.c., “tutte le cautele necessarie ad evitare il danno, in relazione alle specificità del caso ossia al tipo di operazione effettuata ed ai rischi intrinseci alla stessa, potendo al riguardo non risultare sufficiente la mera osservanza delle misure di protezione individuale imposte dalla legge”.

Nel caso di specie, invece, la Corte d’appello non aveva applicato questi principi, rigettando la domanda risarcitoria proposta dal lavoratore nonostante la società datrice di lavoro non avesse fornito la prova liberatoria sopra descritta.

Ciò considerato, la Corte di Cassazione annullava la sentenza impugnata, rinviando la causa alla Corte d’appello di Brescia, affinchè la medesima decidesse nuovamente sulla questione, tenendo conto dei principi sopra enunciati.


Notizie Correlate

Hai un dubbio o un problema su questo argomento?

Scrivi alla nostra redazione giuridica

e ricevi la tua risposta entro 5 giorni a soli 29,90 €

Nel caso si necessiti di allegare documentazione o altro materiale informativo relativo al quesito posto, basterà seguire le indicazioni che verranno fornite via email una volta effettuato il pagamento.