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Articolo 1341 Codice Civile

(R.D. 16 marzo 1942, n. 262)

[Aggiornato al 31/01/2024]

Condizioni generali di contratto

Dispositivo dell'art. 1341 Codice Civile

Le condizioni generali di contratto [1342, 1679, 2211] predisposte da uno dei contraenti(1) sono efficaci nei confronti dell'altro, se al momento della conclusione del contratto(2) questi le ha conosciute o avrebbe dovuto conoscerle usando l'ordinaria diligenza [1176, 1370].

In ogni caso non hanno effetto, se non sono specificamente approvate per iscritto, le condizioni che stabiliscono, a favore di colui che le ha predisposte, limitazioni di responsabilità [1229], facoltà di recedere dal contratto [1373] o di sospenderne l'esecuzione [1461], ovvero sanciscono a carico dell'altro contraente decadenze [2965], limitazioni alla facoltà di opporre eccezioni [1462], restrizioni alla libertà contrattuale nei rapporti coi terzi [1379, 1566, 2596], tacita proroga o rinnovazione del contratto [1597, 1899], clausole compromissorie [808 c.p.c.] o deroghe alla competenza dell'autorità giudiziaria [1370; 6, 28, 29, 30, 413 c.p.c.](3).

Note

(1) Le clausole generali di contratto vengono utilizzate soprattutto nella contrattazione di massa, in cui la proposta contrattuale (1326 c.c.) è rivolta ad un elevato numero di soggetti, come, ad esempio, nei contratti di telefonia o in quelli energetici.
(2) E' essenziale che la conoscenza o conoscibilità si realizzi alla conclusione del contratto e non dopo, come ad esempio quando viene emesso lo scontrino fiscale dopo che il servizio è stato pagato.
(3) Tale comma fa un elenco di clausole vessatorie, cioè svantaggiose per chi ne subisce gli effetti, che necessitano di sottoscrizione autonoma per consentire allo stipulante di porre particolare attenzione, ed in assenza della quale esse sono nulle (1418 ss. c.c.).
La disciplina in esame si differenzia da quella contenuta nel c.d. Codice del consumo, D. lgs. 6 settembre 2005, n. 206, poiché, sul piano oggettivo, essa si applica nell'ambito della contrattazione di massa e dei contratti conclusi con moduli o formulari (1342 c.c.) e, sul piano soggettivo, essa prescinde dalle qualità (di consumatore e professionista) delle parti.

Ratio Legis

Il primo comma della norma è volto ad agevolare i traffici giuridici: esso pone una presunzione di conoscenza delle condizioni generali di contratto che agevola il proponente, nell'ambito della contrattazione di massa, sul piano sostanziale e probatorio poichè gli consente di ritenere tali clausole note alla controparte se ricorrono le condizioni di cui alla norma e fa gravare su quest'ultima l'onere di provare il contrario.
Il secondo comma, al contrario, è posto a tutela del destinatario delle clausole che, di solito, non ha potere contrattuale e può solo scegliere se stipulare a quelle condizioni o non stipulare.

Brocardi

Diligentia
Relatio perfecta

Relazione al Libro delle Obbligazioni

(Relazione del Guardasigilli al Progetto Ministeriale - Libro delle Obbligazioni 1941)

169 La grande importanza assunta dai c.d. contratti per adesione mi ha spinto alla loro disciplina, per lo meno dal punto di vista del modo della loro formazione della loro interpretazione.
Ho inteso riferirmi soltanto ai casi di formazione del contratto sulla base di moduli o di formulari predisposti da una delle parti per regolare in modo uniforme i propri rapporti contrattuali con terzi relativamente a determinati oggetti (articolo 195). La fattispecie è diversa dell'adesione che fa partecipare un terzo ad un contratto già perfetto tra altre parti (come avviene nei contratti di cartello c.d. aperti); nell'articolo 195 si considera una manifestazione di volontà che tenda a costituire un rapporto su basi predisposte da una sola delle parti.
170 Mi sono domandato dapprima se fosse opportuno riconoscere questo meccanismo di formazione del contratto, che non ammette di fatto la determinazione bilaterale del contenuto del vincolo, e lo fa dettare anziché contrattare.
Ho creduto di dichiararne la legittimità (del resto ormai affermata sia nella pratica che nella dottrina) perché esso consente uniformità fra le operazioni dello stesso tipo, e così risponde ai bisogni di una ordinata organizzazione tecnica e finanziaria, rende possibili le previsioni dei rischi, la riduzione dei medesimi e una disciplinata formazione dei prezzi. Data, poi, la rapidità che oggi richiede la conclusione di affari di massa non riuscirebbe sicuro l'apprezzamento dell'utilità di ciascuno se dovesse sempre imporsi la discussione del contratto.
Si sono elevate delle voci contro un sistema del genere perché si è denunciato il pericolo di sopraffazione o di oppressione dei legittimi interessi dell'aderente; ed è vero che, in alcuni casi, il sistema dell'adesione ha dato luogo a gravissimi inconvenienti. Da ciò la necessità di considerare cautele specifiche per evitare abusi.
172 Occorreva provvedere, però, all'ipotesi in cui un contratto rinvii alle condizioni generali prestabilite da uno dei contraenti senza richiamarne il contenuto specifico e con dichiarazione di conoscerle.
Per questa ipotesi l'art. 196 applica il criterio dell'approvazione espressa e distinta delle clausole indicate nell'art. 195; tale approvazione può avvenire o in calce allo stampato contenente le indicazioni generali di contratto o nel contesto del contratto che rinvia alle condizioni generali. La sola firma posta in calce alle condizioni generali non soddisfa alle esigenze della norma progettata.

Relazione al Codice Civile

(Relazione del Ministro Guardasigilli Dino Grandi al Codice Civile del 4 aprile 1942)

171 Moduli densi e complessi di clausole rendono difficile e laborioso il cogliere la varia importanza e gravità di ciascuna di esse, stampate in caratteri uniformi e minuti. Già la giurisprudenza ha spesso rimproverato ad alcune imprese, attribuendo loro il proposito di usare questo metodo per far sì che sfuggano all'attenzione dell'altra parte le clausole c.d. surrettizie o quelle che comunque importino gravi oneri.
Il bisogno in cui versa una parte di concludere celermente il contratto, deve, perciò, contemperarsi con il diritto dell'altra di conoscere le clausole che nell'economia del rapporto hanno una importanza rilevante, come sono quelle che stabiliscono limitazioni di responsabilità a favore di chi ha predisposto il modulo, dispensano quest'ultimo da adempimenti stabiliti per la conservazione di diritti, sanciscono a carico dell'altro contraente decadenze, prevedono limitazioni all'esercizio dei diritti derivanti dal contratto (c.d. clausola del «solve et repete»), impongono limitazioni alla libertà contrattuale nei rapporti con i terzi (c. d. clausole di concorrenza), stabiliscono la durata del contratto, convengono la tacita proroga, preordinano la rinnovazione delle stesso, o prevedono clausole compromissorie e deroghe alla competenza dell'autorità giudiziaria.
Queste clausole, che l'art. 195 elenca in modo da consentire una interpretazione estensiva ma non l'analogia, devono essere portate a conoscenza diretta dell'aderente come minima indispensabile per garantire la par condicio contrahentium; prova dell'uso di questa cautela è l'approvazione di esse da parte dell'aderente. Approvazione che deve essere fatta per iscritto, espressamente e distintamente per ciascuna clausola, perché solo attraverso un accorgimento del genere si raggiunge l'effetto di mettere l'aderente nella condizione di meditare sulle gravi conseguenze cui egli si sottopone concludendo il contratto alle condizioni predisposte ,dall'altra parte; egli deve, cioè, essere posto in grado di apprezzare la convenienza di tali clausole speciali.
Questo quanto alla formazione. Quanto all'interpretazione è parso opportuno consolidare il principio accolto dalla pratica, secondo cui, nel contrasto tra clausole manoscritte e clausole stampate, devono prevalere le prime.

Massime relative all'art. 1341 Codice Civile

Cass. civ. n. 6307/2023

In tema di condizioni generali di contratto, la clausola apposta a un contratto di durata, che ne preveda il divieto di rinnovazione tacita alla scadenza, non può considerarsi vessatoria, dal momento che non determina un vantaggio unilaterale a favore del predisponente, avendo ad oggetto un contegno riferibile ad entrambe le parti.

Cass. civ. n. 18550/2021

In materia contrattuale le caparre, le clausole penali ed altre simili, con le quali le parti abbiano determinato in via convenzionale anticipata la misura del ristoro economico dovuto all'altra in caso di recesso o inadempimento, non avendo natura vessatoria, non rientrano tra quelle di cui all'art. 1341 c.c. e non necessitano, pertanto, di specifica approvazione.

Cass. civ. n. 497/2021

In tema di contratti del consumatore, la clausola di deroga alla competenza del giudice ordinario, per non essere considerata vessatoria, deve essere il frutto di una trattativa caratterizzata dai requisiti della serietà (ossia svolta mediante l'adozione di un comportamento obiettivamente idoneo a raggiungere il risultato di una composizione dei contrapposti interessi delle parti), della effettività (rispettosa dell'autonomia privata delle parti, non solo nel senso di libertà di concludere il contratto ma anche nel suo significato di libertà e concreta possibilità di determinarne il contenuto) e della individualità (dovendo riguardare tutte le clausole, o elementi di clausola, costituenti il contenuto dell'accordo, prese in considerazione sia singolarmente, oltre che nel significato desumibile dal complessivo tenore del contratto). (Il principio è stato enunciato dalla S.C. in una fattispecie in cui la clausola compromissoria non conteneva alcun elemento utile a dimostrare che il consumatore avesse effettivamente esercitato un potere negoziale in modo non solo formale, che avesse avuto una qualche possibilità di modificare il contenuto del contratto o in che termine fosse stata contrattata la deroga alla competenza del giudice ordinario, non essendo sufficiente che le singole clausole fossero state lette e che ne fosse stato discusso e chiarito il contenuto).

Cass. civ. n. 27320/2020

In tema di condizioni generali di contratto, essendo la specifica approvazione per iscritto delle clausole vessatorie, e tra queste della clausola compromissoria, ai sensi dell'art. 1341, comma 2, c.c., requisito per l'opponibilità delle clausole medesime al contraente aderente, quest'ultimo è il solo legittimato a farne valere l'eventuale mancanza nel contratto di locazione, e non anche, quindi, l'usufruttuario dell'immobile, avente causa dal proprietario predisponente il contratto.

In tema di condizioni generali di contratto, essendo la specifica approvazione per iscritto delle clausole vessatorie, e tra queste della clausola compromissoria, ai sensi dell'art. 1341, comma 2, c.c., requisito per l'opponibilità delle clausole medesime al contraente aderente, quest'ultimo è il solo legittimato a farne valere l'eventuale mancanza nel contratto di locazione, e non anche, quindi, l'usufruttuario dell'immobile, avente causa dal proprietario predisponente il contratto.

Cass. civ. n. 24468/2020

Nei contratti conclusi mediante moduli o formulari predisposti da una delle parti, al fine di stabilire se una clausola ad essi aggiunta abbia o meno portata derogativa di una delle condizioni generali, resta irrilevante che la stessa debba trovare comunque richiamo in una delle predette condizioni occorrendo, invece, accertare l'intento dei contraenti mediante un esame globale della convenzione per riscontrare se il patto aggiunto sia in contrasto con quanto predisposto o adempia ad una funzione integratrice o specificatrice (Conf. Cass., Sez. 3, Sentenza n. 4643 del 27 aprile 1995, Rv. 492025-01).

Cass. civ. n. 23194/2020

Quando i contraenti fanno riferimento, con una clausola, alla disciplina fissata in un distinto documento al fine dell'integrazione della regolamentazione negoziale, le previsioni di quella disciplina si intendono conosciute e approvate "per relationem", assumendo pertanto il valore di clausole concordate senza necessità di una specifica approvazione per iscritto ai sensi dell'art. 1341 c.c..

Cass. civ. n. 20461/2020

In tema di condizioni generali di contratto, perché sussista l'obbligo della specifica approvazione per iscritto di cui all'art. 1341, comma 2, c.c., non basta che uno dei contraenti abbia predisposto l'intero contenuto del contratto in modo che l'altra parte non possa che accettarlo o rifiutarlo nella sua interezza, ma è altresì necessario che lo schema sia stato predisposto e le condizioni generali siano state fissate, per servire ad una serie indefinita di rapporti, sia dal punto di vista sostanziale, perché confezionate da un contraente che esplichi attività contrattuale all'indirizzo di una pluralità indifferenziata di soggetti, sia dal punto di vista formale, in quanto predeterminate nel contenuto a mezzo di moduli o formulari utilizzabili in serie. Ne consegue che non necessitano di una specifica approvazione scritta le clausole contrattuali elaborate in previsione e con riferimento ad un singolo, specifico negozio da uno dei contraenti, cui l'altro possa richiedere di apportare le necessarie modifiche dopo averne liberamente apprezzato il contenuto.

Cass. civ. n. 15253/2020

Le clausole inserite in un contratto stipulato per atto pubblico, ancorché si conformino alle condizioni poste da uno dei contraenti, non possono considerarsi come predisposte dal contraente medesimo ai sensi dell'art. 1341 c.c. e, pertanto, pur se vessatorie, non necessitano di specifica approvazione; è efficace, pertanto, la clausola di deroga alla competenza territoriale che, pur se contenuta in un documento separato ed unilateralmente predisposto, sia stata oggetto di un esplicito richiamo in contratto e sottoscritta dall'altro contraente, che abbia dichiarato di averne preso visione e di approvarne il contenuto, avendo, in tal caso, il valore, per effetto di una "relatio perfecta", delle clausole concordate.

Cass. civ. n. 9738/2020

La necessità dell'approvazione scritta delle clausole vessatorie è esclusa solo se la conclusione del contratto sia stata preceduta da una trattativa che abbia avuto ad oggetto specificamente le clausole che necessiterebbero altrimenti di un'autonoma sottoscrizione, mentre la sottoscrizione resta indispensabile per le clausole a contenuto vessatorio alle quali la parte abbia aderito senza alcuna discussione. (Nella specie, la S.C., riformando la pronuncia di merito, ha confermato il principio, rilevando che le parti avevano negoziato esclusivamente talune modificazioni del prezzo e le modalità ed i termini di fatturazione, ma non la deroga del foro, oggetto della clausola vessatoria).

Cass. civ. n. 8268/2020

Nel contratto tra consumatore e professionista predisposto unilateralmente da quest'ultimo l'efficacia della clausola convenzionale di deroga alla competenza territoriale del foro del consumatore è subordinata non solo alla specifica approvazione per iscritto prevista dall'art. 1341 c.c., ma anche - a norma dell'art. 34, comma 4, d.lgs. n. 206 del 2005 - allo svolgimento di una trattativa individuale con il consumatore sulla clausola stessa, la cui prova è posta a carico del professionista dal comma 5 del citato art. 34. (In applicazione di tale principio, la S.C., pronunciando su un'istanza di regolamento di competenza, ha dichiarato la competenza del foro del consumatore considerando inefficace la clausola derogatoria della competenza territoriale contenuta in un contratto assicurativo, la quale, anche se specificamente approvata per iscritto, non risultava essere stata oggetto di trattativa individuale).

Cass. civ. n. 4190/2020

Nel contratto di agenzia, il patto aggiunto di carattere vessatorio non necessita di specifica approvazione per iscritto, ai sensi degli artt. 1341 e 1342 c.c., perchè il regolamento negoziale non è riferito ad una platea indifferenziata di soggetti, ma solo agli agenti (nella specie i promotori finanziari di una banca), né lo stesso risulta predisposto a mezzo di moduli e formulari.

Cass. civ. n. 16439/2019

E' efficace una clausola di elezione convenzionale del foro esclusivo pattuita attraverso il richiamo esplicito alla disciplina fissata in un distinto documento unilateralmente predisposto, ove il rinvio sia effettuato dalle parti contraenti sulla premessa della piena conoscenza di tale documento, e la clausola sia specificamente sottoscritta dall'altro contraente, che abbia dichiarato di averne preso visione e di approvarne il contenuto, attribuendosi, in tal modo, alle previsioni di quella disciplina il valore di clausole concordate.

Cass. civ. n. 15598/2019

Nel contratto di assicurazione sono da considerare clausole limitative della responsabilità, agli effetti dell'art. 1341 c.c. (con conseguente necessità di specifica approvazione preventiva per iscritto), quelle che limitano le conseguenze della colpa o dell'inadempimento o che escludono il rischio garantito, mentre attengono all'oggetto del contratto - e non sono, perciò, assoggettate al regime previsto dalla suddetta norma - le clausole che riguardano il contenuto ed i limiti della garanzia assicurativa e, pertanto, specificano il rischio garantito. (Nella specie - polizza stipulata da un'impresa edile in funzione della responsabilità civile verso terzi attinente all'esercizio della propria attività imprenditoriale -, la S.C. ha cassato la sentenza di merito che aveva ritenuto la non vessatorietà della clausola volta ad escludere la copertura assicurativa per i danni cagionati da agenti atmosferici, senza verificare se la disposizione negoziale fosse conosciuta o conoscibile dall'assicurato e da questi consapevolmente accettata, nonostante l'assicuratore non avesse adempiuto all'obbligo formale di redazione "con caratteri di particolare evidenza" del testo della clausola medesima, come previsto dall'art 166, comma 2, d.lgs. n. 209 del 2005).

Cass. civ. n. 19154/2018

Le previsioni contenute nel regolamento comunale adottato ai sensi degli artt. 1 e 15 del r.d. n. 2578 del 1925, integrative del contratto di somministrazione di acqua potabile concluso dal Comune con un soggetto privato, hanno natura negoziale, enucleando le condizioni generali del contratto di utenza pubblica e caratterizzandolo (anche) in termini di contratto per adesione, ex art. 1341, comma 1, c.c.: esse sono, pertanto, soggette alla verifica di vessatorietà da parte del G.O. ed alla disciplina dettata dall'art. 1341, comma 2, c.c..

Cass. civ. n. 6753/2018

Possono qualificarsi come contratti "per adesione", rispetto ai quali sussiste l'esigenza della specifica approvazione scritta delle clausole vessatorie, soltanto quelle strutture negoziali destinate a regolare una serie indefinita di rapporti, tanto dal punto di vista sostanziale (se, cioè, predisposte da un contraente che esplichi attività contrattuale all'indirizzo di una pluralità indifferenziata di soggetti), quanto dal punto di vista formale (ove, cioè, predeterminate nel contenuto a mezzo di moduli o formulari utilizzabili in serie), mentre esulano da tale categoria i contratti predisposti da uno dei due contraenti in previsione e con riferimento ad una singola, specifica vicenda negoziale, rispetto ai quali l'altro contraente può, del tutto legittimamente, richiedere ed apportare le necessarie modifiche dopo averne liberamente apprezzato il contenuto, nonché, a maggior ragione, quelli in cui il negozio sia stato concluso a seguito e per effetto di trattative tra le parti.

Cass. civ. n. 15237/2017

Le clausole inserite in un contratto stipulato per atto pubblico, ancorché si conformino alle condizioni poste da uno dei contraenti, non possono considerarsi come "predisposte" dal contraente medesimo ai sensi dell'art. 1341 c.c. e, pertanto, pur se vessatorie, non necessitano di specifica approvazione.

Cass. civ. n. 20606/2016

L'esigenza di specificità e separatezza imposta dall'art. 1341 c.c. non è soddisfatta mediante il richiamo cumulativo numerico e la sottoscrizione indiscriminata di tutte o di gran parte delle condizioni generali di contratto, solo alcune delle quali siano vessatorie, atteso che la norma richiede, oltre alla sottoscrizione separata, la scelta di una tecnica redazionale idonea a suscitare l'attenzione del contraente debole sul significato delle clausole, a lui sfavorevoli, comprese tra quelle specificamente approvate.

Cass. civ. n. 22984/2015

Nel caso di condizioni generali di contratto, l'obbligo della specifica approvazione per iscritto a norma dell'art. 1341 c.c. della clausola vessatoria è rispettato anche nel caso di richiamo numerico a clausole, onerose e non, purché non cumulativo, salvo che quest'ultimo non sia accompagnato da un'indicazione, benché sommaria, del loro contenuto, ovvero che non sia prevista dalla legge una forma scritta per la valida stipula del contratto.

Cass. civ. n. 7605/2015

Un contratto è qualificabile "per adesione" secondo il disposto dell'art. 1341 cod. civ. - e come tale soggetto, per l'efficacia delle clausole cosiddette vessatorie, alla specifica approvazione per iscritto - solo quando sia destinato a regolare una serie indefinita di rapporti e sia stato predisposto unilateralmente da un contraente. Ne consegue che tale ipotesi non ricorre quando risulta che il negozio è stato concluso mediante trattative intercorse tra le parti.

Cass. civ. n. 12708/2014

Nel caso di contratto per il quale non sia prescritta la forma scritta, l'obbligo della specifica approvazione per iscritto, di cui all'art. 1341 cod. civ., rimane limitato alla sola clausola vessatoria, senza necessità di trascrizione integrale del contenuto della clausola, essendo sufficiente il richiamo, mediante numero o titolo, alla clausola stessa, in quanto in tal modo si permette al sottoscrittore di conoscerne il contenuto.

Cass. civ. n. 17073/2013

La mera predisposizione, da parte di uno dei contraenti, del contenuto contrattuale è del tutto insufficiente a giustificare l'automatica applicazione al regolamento contrattuale della tutela apprestata negli artt. 1341 e 1342 c.c., occorrendo, in aggiunta, che tale regolamento risulti predisposto per essere adottato per una serie indefinita di rapporti, sicché la conclusione del contratto, da parte del contraente diverso dal predisponente, risulti avvenuta senza alcuna possibilità di incidere sul contenuto del contratto, potendo egli soltanto scegliere se stipulare o meno.

Cass. civ. n. 14570/2012

In tema di condizioni generali di contratto, essendo la specifica approvazione per iscritto delle clausole cosiddette vessatorie (nella specie: clausola compromissoria), ai sensi dell'art. 1341, secondo comma, c.c., requisito per l'opponibilità delle clausole medesime al contraente aderente, quest'ultimo è il solo legittimato a farne valere l'eventuale mancanza, sicché la nullità di una clausola onerosa senza specifica approvazione scritta dell'aderente non può essere invocata dal predisponente.

Cass. civ. n. 9492/2012

Il richiamo in blocco di tutte le condizioni generali di contratto o di gran parte di esse, comprese quelle prive di carattere vessatorio, e la sottoscrizione indiscriminata delle stesse, sia pure apposta sotto la loro elencazione secondo il numero d'ordine, non determina la validità ed efficacia, ai sensi dell'art. 1341, secondo comma, c.c., di quelle onerose, non potendosi ritenere che in tal caso sia garantita l'attenzione del contraente debole verso la clausola a lui sfavorevole compresa fra quelle richiamate.

Cass. civ. n. 8372/2010

Lo statuto e l'atto costitutivo di un'associazione costituiscono espressione di autonomia negoziale e sono regolati dai principi generali del negozio giuridico, salve le deroghe imposte dai particolari caratteri propri del contratto di associazione. Ne consegue che non può configurarsi, nei rapporti associativi, la presenza di un contraente più debole, meritevole della particolare tutela prevista per le clausole vessatorie, presupponendo, al contrario, la partecipazione ad un'associazione una comunanza di interessi e di risorse, finalizzati al raggiungimento degli scopi previsti dall'atto costitutivo, in funzione dei quali sono utilizzati tutti i mezzi disponibili.

Cass. civ. n. 6802/2010

La disciplina di tutela del consumatore posta dagli artt. 33 e ss. del d.l.vo 6 settembre 2005, n. 206 (c.d. Codice del consumo) prescinde dal tipo contrattuale prescelto dalle parti e dalla natura della prestazione oggetto del contratto, trovando applicazione sia in caso di predisposizione di moduli o formulari in vista dell'utilizzazione per una serie indefinita di rapporti, che di contratto singolarmente predisposto. Infatti, detta disciplina è volta a garantire il consumatore dalla unilaterale predisposizione e sostanziale imposizione del contenuto contrattuale da parte del professionista, quale possibile fonte di abuso sostanziantesi nella preclusione per il consumatore della possibilità di esplicare la propria autonomia contrattuale, con la conseguenza che la vessatorietà della clausola può ben attenere anche al rapporto contrattuale che sia stato singolarmente ed individualmente negoziato per lo specifico affare (come nella specie, concernente un contratto di appalto privato di lavori di ristrutturazione di un immobile), risultando, quindi, categoria diversa dall'onerosità ex art. 1341, secondo comma, c.c., con cui concorre unicamente nell'ipotesi, per l'appunto, di contratti unilateralmente predisposti da un contraente in base a moduli o formulari in vista dell'utilizzazione per una serie indefinita di rapporti.

Cass. civ. n. 16394/2009

La mancata specifica approvazione per iscritto delle clausole onerose del contratto indicate nell'art. 1341 c.c. ne comporta la nullità, eccepibile da chiunque vi abbia interesse e rilevabile d'ufficio in ogni stato e grado del procedimento, ivi compresa la fase di legittimità dinanzi alla Corte di cassazione, semprechè i presupposti di fatto della detta nullità (carattere vessatorio della clausola ed inesistenza della prescritta approvazione specifica) risultino già acquisiti agli atti del processo.

Cass. civ. n. 5346/2009

Una clausola aggiunta alle condizioni generali di contratto non ha, per ciò solo, natura vessatoria, e di conseguenza può essere ritenuta nulla per mancanza della doppia sottoscrizione, ai sensi dell'ars. 1341 cod. civ., soltanto ove il giudice motivi in modo adeguato circa le ragioni per cui ne ha ritenuto la vessatorietà.

Cass. civ. n. 5733/2008

L'esigenza di specificità e separatezza imposta dall'art. 1341 c.c. non può ritenersi soddisfatta mediante il richiamo cumulativo numerico e la distinta sottoscrizione di gran parte delle condizioni generali di contratto, effettuato con modalità tali da rendere difficoltosa la selezione e la conoscenza di quelle a contenuto vessatorio, in quanto la norma richiede non solo la sottoscrizione separata ma anche la scelta di una tecnica redazionale idonea a suscitare l'attenzione del sottoscrittore sul significato delle clausole specificamente approvate. (Nella fattispecie, erano state sottoposte a sottoscrizione separata diciannove delle ventinove clausole negoziali, contenute nel contratto, non tutte vessatorie, con rinvio al retro del modulo per la lettura del significato di ciascuna di esse e senza la specificazione sintetica del loro contenuto accanto alla indicazione, meramente numerica, realizzata mediante un fittissimo elenco di cifre).

Cass. civ. n. 19949/2007

In materia di appalto di opera pubblica, la disciplina delle clausole contrattuali vessatorie prevista dall'art. 1341, secondo comma, c.c., che si applica quando l'amministrazione appaltante predisponga unilateralmente la singola clausola, non è operante allorché i contraenti richiamino nella sua interezza il capitolato generale d'appalto come parte integrante del contratto, ricorrendo, in siffatta ipotesi, non la figura del contratto di adesione (con la conseguente soggezione a specifica approvazione per iscritto delle clausole onerose), bensì del contratto a relazione perfetta, in cui il riferimento al capitolato deve essere considerato come il risultato di una scelta concordata, diretta all'assunzione di uno schema al quale le parti si riportano con una formula denotante, sia pure in modo sintetico, l'effettiva conoscenza ed accettazione di tutte le clausole ivi contenute.

Cass. civ. n. 11876/2007

Nella clausola di un contratto di assicurazione contro gli infortuni, che preveda una perizia contrattuale (con il deferimento ad un collegio di esperti degli accertamenti da espletare in base a regole tecniche e con l'impegno di accettarne le conclusioni come diretta espressione della volontà dei contraenti), è insita la temporanea rinunzia alla tutela giurisdizionale dei diritti nascenti dal rapporto contrattuale, nel senso che, prima e durante il corso della procedura contrattualmente prevista, le parti stesse non possono proporre davanti al giudice le azioni derivanti dal suddetto rapporto. Tale clausola non ha, peraltro, carattere compromissorio o, comunque, derogativo della competenza del giudice ordinario, e non rientra, pertanto, fra quelle da approvarsi specificamente per iscritto a norma degli art. 1341 e 1342 c.c. (Nella specie, la S.C. ha confermato l'impugnata sentenza di merito con la quale, in virtù di una clausola contemplante la necessità di ricorrere ad una perizia contrattuale, era stata ritenuta la temporanea improponibilità della domanda nella sede giudiziaria ordinaria di tutte le azioni derivanti dal dedotto contratto di assicurazione stipulato anteriormente all'entrata in vigore degli artt. 1469 bis e seguenti c.c., introdotti per effetto dell'art. 25 della legge irretroattiva n. 52 del 1996, e quindi sia della domanda dell'assicurato al pagamento dell'indennizzo che di quella di risarcimento del danno per inadempimento a detto obbligo di adempimento, senza che potesse assumere, al riguardo, alcun rilievo la qualificazione della domanda al fine di superare la ravvisata temporanea preclusione dell'azione giudiziaria, derivante dal mancato espletamento della perizia convenzionalmente pattuita).

Cass. civ. n. 4436/2007

In tema di giudizio di equità, non rientra fra principi informatori della materia, ai quali è tenuto ad uniformarsi il giudice di pace a seguito della pronuncia n. 206 del 2004 della Corte costituzionale, la normativa dettata dal codice civile in materia di protezione del contraente più debole (art. 1341 c.c.).

Cass. civ. n. 10942/2006

In tema di contratti per adesione le caratteristiche che deve avere l'approvazione aggiuntiva della clausola vessatoria rispetto a quella del contratto sono la «specificità» e la «separatezza» che si relazionano alla sottoscrizione del contratto e vanno apprezzate in rapporto ad essa. Ne consegue che rispetta tali caratteristiche un modulo nel quale sono riportate le condizioni generali e fra queste una clausola determinativa di un foro esclusivo, seguite immediatamente dalla sottoscrizione dopo la dicitura «firma» collocata all'interno di una sorta di riquadro ed all'inizio di esso e seguita, sempre all'interno del riquadro, da indicazioni a stampa delle generalità e dell'indirizzo del sottoscrittore, corrispondentemente riempite, seguite a loro volta da una dicitura concernente l'approvazione specifica delle clausole vessatorie con indicazione del loro contenuto e fra queste di quella sul foro con l'indicazione «foro competente esclusivo» alle quali segue la seconda sottoscrizione. Infatti, la circostanza che l'approvazione sia compresa nell'ambito del suddetto riquadro non esclude la specificità dell'approvazione, tenuto conto che non incide affatto sulla riferibilità della sottoscrizione all'approvazione e non svolge nemmeno alcun rilievo contrario al richiamo dell'attenzione del sottoscrittore alla percezione del significato della clausola vessatoria, specie in ragione del fatto che le diciture relative alla generalità siano — come nella specie — ben distinte da quelle concernenti le clausole vessatorie e scritte con caratteri del tutto diversi.

Cass. civ. n. 6314/2006

Affinché una clausola contrattuale possa considerarsi vessatoria, e come tale efficace solo se specificamente approvata per iscritto, non è sufficiente indicare che essa comporti l'alterazione del sinallagma contrattuale, ma è necessario specificare a quale ipotesi di vessatorietà tale clausola, inserita in condizioni generali di contratto, sia riconducibile. In particolare, per le clausole che prevedono la facoltà di recesso, è necessario ai fini della loro vessatorietà che essa sia prevista a favore del solo predisponente, mentre la facoltà di recesso concessa ad entrambe le parti non necessita di approvazione specifica ex art. 1341 c.c.

Ai fini dell'applicabilità della disciplina dettata dall'art. 1341, secondo comma, c.c., in merito alle clausole vessatorie contenute in condizioni generali di contratto, si ha contratto concluso a mezzo di moduli o formulari predisposti dal datore di lavoro (nella specie, un'azienda di credito) anche in caso di utilizzo da parte del datore di un documento informatico o file unilateralmente predisposto e destinato ad essere utilizzato per un numero indeterminato di rapporti, assimilabile al formulario in quanto documento-base destinato a fungere da modello per la riproduzione in un numero indeterminato di esemplari.

Cass. civ. n. 4452/2006

In tema di clausole vessatorie, si configura richiamo cumulativo, che non soddisfa il requisito della specificità della sottoscrizione delle clausole vessatorie richiamate, non solo quando esso sia riferito a tutte le condizioni generali di contratto, ma anche quando, prima della sottoscrizione, siano indistintamente richiamate più clausole del contratto per adesione, di cui solo una sia vessatoria, dovendosi ritenere, per identità di ratio che neppure in tal caso è garantita l'attenzione del contraente debole verso la clausola a lui sfavorevole compresa fra le altre richiamate, resa non facilmente conoscibile dal predisponente proprio perché confusa tra quelle. Le clausole vessatorie devono, infatti, essere tenute distinte dalle altre condizioni generali di contratto e dalle clausole che tali non sono ed essere indicate specificamente in maniera idonea (quanto meno col numero o la lettera che le contraddistingue o con la riassuntiva enunciazione del loro contenuto) a suscitare l'attenzione del sottoscrittore.

Cass. civ. n. 2277/2006

La clausola di un contratto di assicurazione, con la quale le parti conferiscono ad una o più persone il potere di effettuare una perizia contrattuale con accertamento sostitutivo della loro volontà e per esse vincolante, non ha carattere compromissorio o, comunque, derogativo della competenza del giudice ordinario, per cui non rientra fra quelle da approvarsi specificamente per iscritto a norma degli artt. 1341 e 1342 c.c.

Cass. civ. n. 19212/2005

La predisposizione, da parte di uno dei contraenti, di condizioni generali di contratto è un fatto costitutivo della pretesa di chi ha interesse a far valere l'inefficacia di una clausola vessatoria in mancanza di specifica approvazione per iscritto, onde quest'ultimo deve provare la ricorrenza di quella particolare fattispecie contrattuale, e la mancanza di tale prova è circostanza rilevabile d'ufficio, al di là della contestazione della controparte, in quanto attinente alla titolarità del diritto di adire il giudice per far valere, in mancanza dei presupposti, l'inefficacia di quella clausola.

Cass. civ. n. 23560/2004

La specifica approvazione di una clausola vessatoria o onerosa, ai sensi dell'art. 1341 c.c., da parte del cd. contraente debole, non esige necessariamente che avvenga mediante l'apposizione della firma in calce alla dichiarazione di accettazione, potendo questa essere apposta anche a margine, purché il giudice, in ragione della mancanza dello spazio sufficiente per l'apposizione della firma in calce alla dichiarazione, o per rilievi di tipo diverso, abbia la certezza in ordine alla riferibilità del contenuto della dichiarazione al soggetto che ha apposto la firma.

Cass. civ. n. 1637/2002

L'esigenza della specifica approvazione scritta delle clausole particolarmente onerose per il contraente in adesione, è rispettata quando a tali clausole sia data autonoma e separata collocazione nel testo delle condizioni generali del contratto, e quando le clausole stesse siano seguite da una distinta sottoscrizione del contraente in adesione. Pertanto a tale fine non è sufficiente che la singola clausola risulti evidenziata nel contesto del contratto quando la sottoscrizione sia stata unica, e non rileva, in contrario, la collocazione della clausola immediatamente prima della sottoscrizione o la sua stampa in caratteri tipografici evidenziati.

Cass. civ. n. 12203/2001

In materia di opera pubblica, la clausola del capitolato, che attribuisca a carico dell'appaltatore — in conformità di quanto stabilito dagli artt. 26 e 30 del capitolato generale di appalto del Ministero dei lavori pubblici approvato con il D.P.R. 16 luglio 1962, n. 1063 — decadenze conseguenti alla mancata iscrizione di corrispondenti riserve nel verbale di ripresa dei lavori, è efficace ancorché non approvata specificamente per iscritto, in quanto, ai fini dell'applicabilità dell'art. 1341, secondo comma, c.c. ai contratti di appalto di opera pubblica, è necessario che l'amministrazione appaltante predisponga unilateralmente la singola clausola contrattuale vessatoria, mentre detta norma non è operante allorché i contraenti richiamino nella sua interezza il capitolato generale d'appalto come parte integrante del contratto, in siffatta ipotesi ricorrendo la figura, non del contratto di adesione (con la conseguente soggezione a specifica approvazione per iscritto delle clausole onerose), bensì del contratto a relazione perfetta, nel quale il riferimento al capitolato deve essere considerato come il risultato di una scelta concordata, diretta all'assunzione di uno schema al quale le parti si riportano con una formula denotante, sia pure in modo sintetico, l'effettiva conoscenza ed accettazione di tutte le clausole ivi contenute.

Cass. civ. n. 569/2000

La mancata approvazione per iscritto delle clausole onerose indicate nell'art. 1341 c.c. ne comporta la nullità, eccepibile da chiunque vi abbia interesse e rilevabile d'ufficio in ogni stato e grado del procedimento, ivi compresa la fase di legittimità dinanzi alla Corte di cassazione, sempreché i presupposti di fatto della detta nullità (carattere vessatorio della clausola ed inesistenza della prescritta approvazione specifica) risultino già acquisiti agli atti del processo.

Cass. civ. n. 6644/1999

Un contratto è qualificabile «per adesione», secondo il disposto dell'art. 1341 primo comma c.c., e come tale soggetto, per l'efficacia delle clausole cosiddette onerose, alla specifica approvazione per iscritto contemplata dal secondo comma di detta norma, solo quando, anche alla stregua del contenuto dei relativi patti, risulti predisposto unilateralmente da un contraente, in base a moduli o formulari, e non anche in ipotesi diverse, ed in particolare quando il negozio sia stato concluso a seguito e per effetto di trattative svoltesi tra le parti.

Cass. civ. n. 3669/1999

Alle firme apposte — senza alcuna puntualizzazione al riguardo — dalle parti su ciascuno dei fogli separati dei quali sia composto un unico documento recante un contratto non può attribuirsi il significato e l'effetto di un'approvazione specifica delle singole clausole negoziali riportate sul foglio stesso, quale richiesta ai fini del secondo comma dell'art. 1341 c.c., atteso che da una parte tale firma ha solo il significato di attestare l'appartenenza del foglio e delle pattuizioni in esse riportate al complesso del documento e quindi dell'atto in esso contenuto e che d'altra parte mancano il richiamo individuante le singole clausole vessatorie e l'espressa dichiarazione di specifica approvazione delle stesse.

Cass. civ. n. 5860/1998

Non sussiste il requisito della specifica approvazione — a pena di nullità rilevabile d'ufficio — della deroga convenzionale alla competenza territoriale a favore di un foro esclusivo se la sottoscrizione apposta sul modulo prestampato richiama genericamente gli artt. 1341, 1342 c.c. per tutte le condizioni generali di contratto, senza distinzione tra vessatorie e non, perché in tal modo non è adeguatamente richiamata l'attenzione del contraente debole sull'onerosità della clausola per lo sbilanciamento del sinallagma contrattuale a favore del predisponente, e pertanto l'accettazione può non esser consapevole.

Cass. civ. n. 2849/1998

A norma dell'art. 1341, secondo comma c.c., affinché sia configurabile l'approvazione specifica delle clausole vessatorie, occorre che ciascuna delle clausole da approvare sia chiaramente individuata e richiamata in modo che si abbia la certezza che l'obbligato sia stato posto in grado di fermare la sua attenzione sul contenuto di ogni clausola richiamata. Non risponde alla suddetta esigenza la generica dichiarazione di aver preso conoscenza delle clausole contrattuali e di approvarle tutte.

Cass. civ. n. 2152/1998

Pur se una clausola, predisposta unilateralmente, non è a carico soltanto dell'altro contraente, avendo effetto per entrambe le parti — nella specie tacita proroga o rinnovo del contratto in difetto di tempestiva disdetta — non perciò è sottratta alla necessità di specifica approvazione per iscritto, ai sensi dell'art. 1341 c.c., perché comunque colui che la propone ha preventivamente valutato i vantaggi derivantegli dalla accettazione di essa, a differenza del contraente per adesione, che perciò è necessario vi ponga particolare attenzione.

Cass. civ. n. 8824/1996

In tema di appalto di opera pubblica, la clausola del capitolato particolare (o speciale), che attribuisca all'amministrazione committente (nella specie, un comune) la facoltà di ordinare «a seconda delle esigenze» la sospensione dei lavori senza che l'impresa appaltatrice possa formulare riserve, è efficace ancorché non approvata specificatamente per iscritto, in quanto l'obbligo dell'indicata approvazione non è configurabile in ordine alle condizioni che, sebbene predisposte da uno dei contraenti, non si riferiscono ad una serie indefinita di contratti e non possono, quindi, comprendersi tra le condizioni «generali» contemplate dall'art. 1341 del codice civile, risultando, invece contenute nel predetto capitolato, integrativo del contratto in concreto concluso e redatto in occasione della stipulazione di questo.

Cass. civ. n. 6976/1995

La specifica approvazione scritta richiesta dall'art. 1341 c.c. per le clausole contrattuali onerose deve essere effettuata mediante una sottoscrizione separata e distinta da quella in calce alle condizioni generali del contratto predisposto dall'altra parte, senza che sia necessario, peraltro, che la distinta sottoscrizione segua una letterale enunciazione della clausola stessa, essendo sufficiente che tale sottoscrizione sia apposta dopo un'indicazione idonea a suscitare l'attenzione del sottoscrittore, quale quella che richiama il numero o il contenuto delle singole clausole onerose, e dovendo, altresì, ritenersi assolto l'obbligo imposto dall'art. 1341, secondo comma, c.c. anche quando le dette clausole siano individuate, nella dichiarazione di accettazione autonomamente sottoscritta, mediante il riferimento al numero d'ordine e all'oggetto di ciascuna clausola.

Cass. civ. n. 5024/1994

La specifica approvazione per iscritto delle clausole onerose a norma degli artt. 1341 e 1342 c.c. non è necessaria nel caso in cui dette clausole riproducano il contenuto di un uso normativo ossia di uno di quegli usi che costituiscono fonte sussidiaria del diritto, ma non anche in quello in cui corrispondano al contenuto di un uso di fatto o contrattuale, al quale fa riferimento l'art. 1340 c.c., di una pratica generalmente seguita da una determinata cerchia o categoria di contraenti o in un limitato e specifico settore negoziale (principio affermato con riferimento alla clausola inserita in un contratto di vendita di beni mobili del prezzo minimo di rivendita).

Cass. civ. n. 12183/1991

Ai fini della specifica approvazione per iscritto delle clausole c.d. vessatorie, l'esigenza della norma di cui al cpv. dell'art. 1341 c.c. non può ritenersi soddisfatta quando l'ulteriore sottoscrizione del testo contrattuale, già in precedenza sottoscritto, si riferisce non solo alle clausole onerose ma ad altre pattuizioni modificative od integrative del testo contrattuale in precedenza sottoscritto, atteso che in tal caso, il riferimento dell'ulteriore sottoscrizione alle clausole onerose si rivela inidoneo a garantire la specifica valutazione delle clausole stesse, non potendo la consapevolezza dell'onerosità delle clausole trarsi da elementi diversi da quello della specifica approvazione per iscritto richiesto dalla norma, onde la irrilevanza sia dell'avvenuta cancellazione di taluna delle clausole stesse, sia della contiguità della sottoscrizione alla stessa clausola di approvazione.

Cass. civ. n. 11213/1991

La specifica approvazione per iscritto delle clausole cosiddette vessatorie (nella specie: deroga alla competenza territoriale) ai sensi dell'art. 1341, secondo comma, c.c. è requisito per l'opponibilità delle clausole medesime al contraente aderente (che è il solo legittimato a farne valere la mancanza), ma non anche per la loro efficacia nei confronti della stessa parte che le ha predisposte.

Cass. civ. n. 7763/1991

Con riguardo al concorso a pronostici del «totocalcio», che integra un contratto di natura privatistica (natura compatibile con l'approvazione ministeriale prevista per le attività di gioco riservate al Coni), le clausole fissate nell'apposito regolamento, ancorché di tipo vessatorio, quale quella che stabilisce un termine di decadenza per proporre eventuali reclami, sono vincolanti nei confronti del giocatore, pur senza la specifica approvazione per iscritto contemplata dall'art. 1341 c.c., atteso che questa trova equipollente nella grande pubblicità e diffusione del regolamento stesso, predisposte proprio al fine di richiamare l'attenzione dei partecipanti al gioco su tutte le condizioni ad esso inerenti.

Cass. civ. n. 4638/1991

Ai fini della predisposizione del contratto e dell'approvazione specifica per iscritto delle clausole cosiddette vessatorie, di cui all'art. 1341 comma secondo c.c., non ha rilievo la potenzialità economica delle parti, neppure intesa nel senso della disponibilità esclusiva del bene oggetto del contratto, bensì soltanto la determinazione unilaterale della clausola; non è pertanto richiesta la specifica approvazione per iscritto delle clausole anzidette (nella specie clausole di deroga della competenza territoriale), quando il contratto sia stato specificamente formato con l'intervento delle parti.

Cass. civ. n. 9998/1990

Il requisito della specifica approvazione scritta che, ai sensi dell'art. 1341 c.c., condiziona la efficacia della clausola di deroga alla competenza territoriale, può dirsi soddisfatto anche attraverso la sottoscrizione — distinta da quella di approvazione delle condizioni generali del contratto — apposta dopo il richiamo, che può essere espresso nella sola forma numerica e/o di titolo, alla clausola in questione, in quanto tale richiamo permette al sottoscrittore di conoscere il contenuto della clausola e non fa dubitare che la stessa sia stata adeguatamente sottoposta al suo esame, anche se è riferito anche ad altre clausole onerose ed indicate separatamente attraverso riferimenti analoghi.

Cass. civ. n. 6043/1988

In tema di appalto di opere pubbliche, gli interessi (qualiticati come "moratori" dal secondo e terzo comma dell'art. 35 del D.P.R. n. 1063 del 1962, nonché dall'art. 4 della legge n. 741 del 1981) dovuti all'appaltatore per il ritardo nei pagamenti comprendono anche il risarcimento del maggior danno di cui all'art. 1224, secondo comma, c.c. ed, in quanto tali, costituiscono espressione della responsabilità contrattuale della P.A. appaltante (la cui colpa nel ritardo costituisce presupposto per la nascita dell'obbligo della corresponsione dei menzionati interessi), sicché, la clausola predisposta da quest'ultima e non oggetto di specifica contrattazione, con la quale l'appaltatore rinunzi al diritto agli interessi in caso di ritardato pagamento, costituisce condizione generale di contratto limitativa della responsabilità dell'amministrazione e, come tale, soggetta alla disciplina dell'art. 1341 c.c.

Cass. civ. n. 9357/1987

Perché siano soddisfatte le esigenze di tutela del contraente in adesione la legge richiede che questi sia stato posto in condizione di conoscere le condizioni generali di contratto predisposte «usando l'ordinaria diligenza» (art. 1341, comma primo, c.c.) e — per quanto concerne le clausole di cui al secondo comma — che le abbia «approvate per iscritto». Ma a tal fine non occorre né che una distinta sottoscrizione segua la letterale enunciazione delle singole clausole, bastando la loro inequivoca individuazione attraverso idonee indicazioni (come quella del numero da cui sono contraddistinte) né che la clausola derogativa della competenza, in particolare, risulti posta in particolare evidenza mediante l'uso di diverso caratteri tipografico o altro speciale accorgimento, essendo sufficiente la precisa indicazione della clausola a richiamare l'attenzione del contraente che ne sottoscrive l'accettazione apponendovi una firma autonoma, distinta da quella inerente alle vere e proprie pattuizioni contrattuali.

Cass. civ. n. 7925/1987

Con riguardo alle clausole onerose indicate nell'art. 1341, secondo comma, c.c., è irrilevante una mera loro conoscenza da parte «dell'altro contraente», che non si concreti in una approvazione specifica per iscritto, non potendo lo stato soggettivo di quella parte surrogare l'assenza del requisito imposto imperativamente. Conseguentemente, costituendo la specifica approvazione scritta un requisito formale ad substantiam, lo stesso rigore formale è richiesto – a norma dell'art. 1399 c.c. – nel caso di contratto concluso dal rappresentante senza poteri (falsus procurator) anche nella ratifica delle suddette clausole, che vi siano inserite, atteso che quest'ultima deve avvenire con l'osservanza delle forme prescritte per la conclusione del contratto e, quindi, a fortiori, delle singole pattuizioni di cui esso consta.

Cass. civ. n. 2724/1987

In materia di condizioni generali di contratto predisposte da uno dei contraenti e di pattuizioni concluse mediante moduli e formulari, la necessità di specifica approvazione per iscritto delle clausole onerose ai sensi dell'art. 1341, secondo comma, c.c. sussiste anche riguardo ai contratti stipulati dalla pubblica amministrazione, quando questa utilizzi la propria autonomia negoziale ed il rapporto giuridico venga instaurato non in base ad un provvedimento amministrativo, bensì per una manifestazione di volontà dei contraenti.

Cass. civ. n. 22/1987

Il giudizio sul carattere vessatorio di una clausola del contratto può essere dato soltanto interpretandola nel contesto dell'interpretazione complessiva del contratto, per stabilirne il significato e la portata. Trattasi, conseguentemente, di giudizio che non può essere compiuto per la prima volta in sede di legittimità.

Cass. civ. n. 3407/1986

Il requisito della specifica approvazione per iscritto delle clausole onerose, previsto dal secondo comma dell'art. 1341 c.c., è necessario anche quando dette clausole sono predisposte dal contraente più debole, in quanto tale norma, oltre a tutelare quest'ultimo, impedendo che sia sopraffatto dalla parte che si trova in posizione di supremazia, mira anche e soprattutto a garantire che le clausole onerose costituiscano l'oggetto di una vera e propria contrattazione tra le parti.

La mancanza del requisito della specifica approvazione per iscritto delle clausole onerose indicate nell'art. 1341, secondo comma c.c. determina la nullità assoluta delle stesse, eccepibile anche dalla parte che tali clausole abbia predisposto.

Cass. civ. n. 230/1986

I contratti cosiddetti per adesione, con riguardo ai quali l'art. 1341 comma secondo, c.c. impone la specifica approvazione per iscritto delle clausole vessatorie od onerose, sono quelli destinati a regolare una serie indefinita di rapporti, sia da un punto di vista sostanziale, ove predisposti da un contraente esplicante attività negoziale verso vari soggetti, sia anche da un punto di vista meramente formale, ove preordinati a mezzo di moduli o formulari utilizzabili in serie. Non vale, pertanto, a configurare l'ipotesi sub art. 1341, il fatto che il contenuto del contratto sia stato formulato da una sola delle parti negoziali in modo che l'altra debba accettarlo o ricusarlo in blocco senza concorre alla sua formazione, quando lo schema e le condizioni predisposte non siano destinate a servire ad una serie indefinita di contratti.

Cass. civ. n. 4179/1985

Con riguardo alle cosiddette clausole onerose, quale quella che, in deroga ai criteri legali, indichi in via esclusiva un foro territorialmente competente, il requisito della specifica approvazione per iscritto, ai sensi ed agli effetti dell'art. 1341 secondo comma c.c., non può ritenersi soddisfatto da un'unica sottoscrizione, che venga apposta dal contraente «per adesione» ad un foglio predisposto a stampa e contenente anche clausole non onerose, senza un espresso richiamo di detto patto derogatorio, difettando in tale ipotesi uno stretto collegamento fra il patto medesimo e la firma, idoneo ad evidenziare che esso sia stato singolarmente preso in esame del sottoscrittore.

Cass. civ. n. 178/1982

Poiché gli artt. 1341 e 1342 c.c., che disciplinano le condizioni generali del contratto predisposte da uno dei contraenti e le pattuizioni concluse mediante moduli e formulari, in quanto preordinati alla tutela del contraente più debole, non sono applicabili ai contratti stipulati dalla pubblica amministrazione, il cui operato è istituzionalmente ispirato a finalità di interesse generale e di imparzialità e giustizia, è perfettamente valida ed efficace tra le parti, pur in difetto di specifica approvazione per iscritto, la clausola del capitolato generale per gli appalti dipendenti dal ministero dei lavori pubblici approvato con il decreto ministeriale 28 maggio 1895, richiamata nel capitolato particolare ed in contratto, secondo la quale tutte le controversie tra pubblica amministrazione ed appaltatore sono devolute alla decisione di un collegio arbitrale; ciò, tanto più se il contratto sia stato stipulato a seguito di trattativa privata, con conseguente accentuazione della posizione di parità dei contraenti in sede di redazione del regolamento di interessi.

Cass. civ. n. 3989/1977

La specifica approvazione per iscritto, richiesta per l'efficacia di una clausola vessatoria od onerosa inserita in condizioni generali di contratto (art. 1341 secondo comma c.c.), non è necessaria ove la clausola medesima (nella specie, clausola compromissoria), ancorché contenuta in contratto predisposto da una delle parti, risulti il frutto di particolari trattative con l'altra parte, e, quindi, non sia stata oggetto di approvazione per mera adesione.

Cass. civ. n. 4501/1976

La specifica approvazione per iscritto delle cosiddette condizioni vessatorie di contratto incluse in moduli e formulari predisposti per disciplinare in modo uniforme determinati rapporti contrattuali (art. 1342 c.c.) deve avvenire con sottoscrizione autonoma, separata, specifica e distinta rispetto a quella relativa alle altre clausole del contratto. Questa esigenza non è soddisfatta allorché; nel modulo predisposto, sottoscritta una generica stipulazione del contratto, venga apposta altra firma in calce a separata formulazione a stampa delle numerose clausole del contratto, la quale si concluda con dichiarazione — anch'essa predisposta, sia pure con caratteri tipografici più grossi - di accettazione delle condizioni particolarmente onerose contenute nella formulazione medesima.

Cass. civ. n. 1450/1976

Al fine di potersi ritenere specificamente approvata per iscritto una clausola vessatoria (nella specie: clausola derogatoria della competenza territoriale) è necessaria una sottoscrizione distinta da quella con cui si accetta il contratto nel suo complesso, che faccia seguito alla loro puntuale identificazione; non è sufficiente, a tal fine, che la singola clausola vessatoria risulti evidenziata nel contesto del contratto, perché essa possa ritenersi riconosciuta ed accettata dalla controparte, e pertanto l'approvazione è esclusa quando la sottoscrizione sia stata unica, senza che rilevi la collocazione della clausola immediatamente prima della sottoscrizione o la sua stampa in caratteri tipografici evidenziati.

Cass. civ. n. 275/1976

La questione della inefficacia di una clausola contrattuale che si dica vessatoria e che non sia stata specificamente approvata per iscritto a norma dell'art. 1341 c.c. si pone, rispetto alla domanda basata sull'applicazione della clausola, come deduzione difensiva priva del valore di eccezione in senso tecnico, proponibile cioè solo dalla parte interessata: spetta infatti al giudice, a prescindere dalla sollecitazione delle parti, verificare la fondatezza della domanda proposta in giudizio e quindi anche i presupposti e le condizioni richiesti dalla legge per la validità e l'efficacia della clausola contrattuale, in base alla quale la domanda è fatta valere, senza cadere con ciò nel vizio di ultrapetizione, anche se la determinazione del regolamento formale che la clausola deve osservare, in relazione al suo contenuto e alla sua qualificazione nell'ordinamento giuridico, contrasti con le opinioni espresse dalle parti.

Cass. civ. n. 1789/1975

Qualora fra le condizioni generali del contratto siano inserite più clausole onerose, fra le quali rientra la deroga convenzionale alla competenza per territorio, per assolvere l'obbligo imposto dal secondo comma dell'art. 1341 c.c. è sufficiente un'unica dichiarazione, autonomamente sottoscritta, che identifichi le clausole medesime con indicazioni idonee, non richiedendosi una distinta specifica approvazione scritta per ogni singola clausola.

Cass. civ. n. 1784/1975

Il preteso carattere vessatorio di una clausola contrattuale e la mancata sua specifica approvazione per iscritto non possono essere dedotti per la prima volta nel ricorso per cassazione, poiché nel giudizio di legittimità non è consentita la proposizione di nuovi temi di contestazione, salve le questioni rilevabili d'ufficio ed i nuovi profili di diritto fondati sugli elementi di fatto già dedotti.

Cass. civ. n. 1575/1974

La trattativa che abbia preceduto la conclusione del contratto intanto rende superflua l'approvazione scritta delle clausole onerose o vessatorie in quanto abbia avuto per oggetto non il contratto nel suo complesso, ma quella determinata clausola che viene in discussione; diversamente l'esigenza, che costituisce la ratio dell'art. 1341 c.c., di assicurare, rispetto alle cosiddette clausole onerose o vessatorie, una contrattualità effettiva e non soltanto formale tra la parte predisponente e la parte aderente (e che è soddisfatta dall'approvazione specifica delle singole clausole o dalla previa trattativa sulle stesse) verrebbe ad essere il più delle volte frustrata ed elusa, in quanto anche quando il contraente più debole presta la sua adesione alle condizioni predisposte dall'altro contraente non può non esservi stata una previa trattativa tra le parti.

Cass. civ. n. 1000/1972

Anche quando in un contratto stilato su schemi precostituiti da una parte si rinvenga qualche elemento (ad esempio una clausola particolare) che risale all'iniziativa o alla collaborazione della controparte, tale modificazione non vale ad escludere che trattasi pur sempre di un contratto per adesione.

Cass. civ. n. 2555/1971

La interpretazione estensiva dell'art. 1341 c.c. — non incompatibile, a differenza dell'interpretazione analogica, con il carattere tassativo della norma — sviluppata attraverso l'approfondimento della ratio di questa, che consiste nella salvaguardia del contraente per adesione da situazioni di particolare sfavore, consente di allargare l'elencazione codificata alla inclusione di ipotesi che, non espressamente indicate, sono però accomunate da una medesima ratio a quelle specificamente contemplate, tanto da non potersi ritenere estranee al pensiero del legislatore.

Cass. civ. n. 516/1971

L'approvazione specifica di una delle clausole considerate dall'art. 1341 c.c., non deve essere necessariamente incorporata nel contratto stesso che contiene la clausola, ma può essere contenuta in un separato documento, pure predisposto dalla controparte, sempreché ne risulti sicuramente individuata la singola clausola cui l'approvazione si riferisce: il che basta a garantire che l'attenzione del contraente sia stata particolarmente sollecitata sulla clausola onerosa e che questa sia stata consapevolmente accettata.

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M. G. chiede
mercoledì 08/03/2023 - Lombardia
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Buongiorno,
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Dopo solo un paio di giorni l' auto è stata fatta visionare e provare, in mia presenza, ad un potenziale compratore straniero.

Dopo la visita e la prova in strada quest' ultimo ha riscontrato la presenza di macchie d'olio in vicinanza del motore, ma nonostante questo vorrebbe procedere ugualmente all'acquisto. Tali macchie non erano state evidenziate in precedenza dall' intermediario e neppure io me ne ero mai accorto prima, si sono riscontrate solo durante la successiva visita del Cliente.
Tecnicamente non ho idea se si tratti effettivamente di un problema della vettura oppure se non è nulla di grave, ma SOPRATTUTTO non ho più fiducia nell' intermediario e nel comportamento "anomalo" del compratore che mi è stato proposto e nella situazione in generale.

Questo e altri comportamenti a mio avviso "strani e frettolosi" sia dell' intermediario che del compratore avvenuti sia prima che dopo la presa visione della vettura, mi hanno indotto ad assumere un atteggiamento molto prudente, dato che truffe / raggiri possono sempre presentarsi ( e a priori riconoscerle e differenziarle dai comportamenti onesti è molto difficile ), pertanto io ora non intendo vendere più l' auto per evitare qualsiasi tipo di problema legato a garanzie o quant' altro che potesse accadere dopo la vendita...
Forse la mia è eccessiva prudenza, ma mi voglio fidare del mio istinto e venderò ad un Concessionario sicuramente ad un prezzo più basso, ma almeno sarà una compravendita "tranquilla".

Alla luce di quanto esposto, come posso uscire da subito da questa compravendita, con delle motivazioni valide e tali che non mi facciano incorrere nel pagamento obbligatorio della provvigione all' intermediario?
Dato che il mio obiettivo primario è quello di chiudere qualsiasi contatto con queste persone della cui "onestà" non mi fido e possibilmente senza dover pagare l'intermediazione, posso tra l'altro rifiutarmi di far visionare ulteriormente l' auto da queste persone e/o da officine di loro fiducia e/o rifiutare qualsiasi altra loro proposta, così da chiudere definitivamente ogni contatto con loro?
Ringrazio per la collaborazione, resto a disposizione per ogni chiarimento necessario e rimango in attesa di un Vs. sollecito riscontro.

Distinti saluti”
Consulenza legale i 22/03/2023
La situazione oggetto di approfondimento nel presente quesito è piuttosto complessa.
Effettivamente, dall'attenta analisi del contratto di intermediazione di vendita dell’autovettura, emerge come vi sia una specifica clausola (art. 11) che consente al venditore di recedere dal contratto solo a determinate condizioni.
In particolare, il recesso è libero se non vi siano ancora stati contatti con potenziali acquirenti dell’autovettura; viceversa, il recesso è condizionato al pagamento di “un importo pari alla provvigione spettante all’intermediario” per il caso in cui il venditore intenda esercitare il diritto di recesso a trattative in corso, come nel caso di specie.
Formalmente, quindi, esiste in tal senso un vincolo per il venditore ad esercitare il recesso allorquando sia stato individuato un acquirente, a maggior ragione se le trattative sono già iniziate.
Non solo; il successivo art. 15 (clausola penale) prevede il pagamento dell’importo, pari all'intera provvigione spettante all’intermediario, oltreché per il caso di recesso in corso di trattative, anche per il caso in cui il “venditore rifiuti di accettare una proposta conforme al presente incarico”.
Tutto il contratto in esame, per il vero, contiene diverse clausole che sono senz’altro da considerarsi “vessatorie” poiché realizzano un forte squilibrio tra gli obblighi e diritti reciproci delle parti contrattuali.

Con l’espressione “clausole vessatorie” si fa riferimento a clausole inserite all’interno di un regolamento contrattuale, che per il loro contenuto comportano uno squilibrio di diritti e obblighi a danno di una parte e a favore di un’altra. In sostanza, la clausola “vessa” un contraente a beneficio dell’altro. Basti pensare, ad esempio, alla clausola che escluda per una parte (e mantenga per l’altra) la facoltà di chiedere la risoluzione per inadempimento o il diritto al risarcimento del danno. Proprio una clausola di questo tipo è inserita nel regolamento contrattuale che occupa (cfr. art. 15 “clausola risolutiva espressa", che riserva per l'appunto la facoltà di svincolarsi automaticamente e di diritto dal contratto solamente per l’intermediario, e non per il venditore).

Venendo al quesito posto, è necessario osservare che, in linea teorica, non sarebbe possibile svincolarsi da tale contratto senza pagare l’importo pari alla provvigione, proprio perché diverse clausole si esprimono in tal senso, né il venditore ha presentato dei gravi elementi che possano offrire prova di un serio inadempimento dell’intermediario. Se l’intermediario si fosse rivelato inadempiente, infatti, sarebbe stato semmai possibile avanzare una domanda di risoluzione per inadempimento del contratto, “aggirando” così il dovere di corrispondere l’importo chiesto per il recesso. La volontà di recedere pare sia più che altro dettata da alcuni sospetti o, in ogni caso, dal venir meno della fiducia nei confronti dell'intermediario, circostanze le quali, tuttavia, per giustificare una richiesta di risoluzione, dovrebbero concretizzarsi in un effettivo inadempimento, fatto che non pare essere emerso nel caso di specie, anche alla luce della circostanza per cui la “missione” affidata all’intermediario è stata effettivamente raggiunta.

A questo punto, se la volontà di sciogliersi dal contratto permane nonostante tutto, l’unico modo per evitare di dover corrispondere l’importo contrattualmente previsto per il recesso è proprio quello di tentare di contestare la validità stessa della clausola che prevede il recesso, così come prevista nel regolamento contrattuale, utilizzando poi questa contestazione come strumento di trattativa al fine di ottenere lo scioglimento dal contratto di intermediazione di vendita, e non tanto il recesso, che sarebbe a quel punto da considerarsi espunto dal regolamento contrattuale (ricordiamo, a tal proposito, che la facoltà di recesso deve essere espressamente pattuita dalle parti, e non è mai automatica). Il discorso si amplierebbe ulteriormente - con riferimento al diritto di recesso - nel caso in cui il contratto non fosse stato stipulato in presenza tra le parti, ma fuori dei locali commerciali, con conseguente applicazione degli articoli 49 e 53 del Codice del consumo.

La clausola in oggetto (art. 11 del contratto), nel prevedere per il recesso il pagamento di un importo manifestamente eccessivo (non una parte della provvigione, ma la sua totalità, come se quindi l’affare fosse stato concluso) si presenta come “clausola vessatoria”. Come anticipato, peraltro, tale clausola non è la sola a poter essere considerata vessatoria. Lo sono sicuramente anche l’art. 12 e l'art. 15, per i motivi anticipati, dal momento in cui tali clausole sono gravemente penalizzanti per il consumatore e assai agevolative per l’intermediario.
Non a caso, l’intermediario stesso ha posto queste clausole, assieme a molte altre, tra le clausole che necessitavano, al momento della stipulazione del contratto, della cosiddetta "doppia sottoscrizione”.
Ai sensi del’art. 1341 del c.c., infatti, per poter essere considerate valide, tali clausole "vessatorie" devono essere esplicitamente approvate per iscritto, in maniera distinta rispetto all’approvazione del contratto nel suo complesso.

Formalmente, il venditore ha sottoscritto esplicitamente le clausole indicate come vessatorie; nel contratto è infatti possibile vedere una seconda firma, oltre alla prima, proprio per le clausole vessatorie.
Tuttavia, la giurisprudenza viene in soccorso della parte debole del contratto, affermando che non è sufficiente il mero richiamo cumulativo o in blocco, a clausole vessatorie e non, che si esaurisca nella mera indicazione del numero senza indicarne, nemmeno sommariamente, il contenuto (Cass. Ord. 12708/2014; Cass. 18525/2007; Cass. Ord. 5733/2008; Cass. Ord.9492/2012).

Nel caso che occupa, siamo di fronte senza dubbio ad un “richiamo in blocco” di tutte le clausole vessatorie, realizzato mediante il mero richiamo al numero e non attraverso una - anche sommaria - descrizione delle clausole stesse. In tal modo, non si può ritenere che l’attenzione del venditore sia stata effettivamente posta su tali svantaggiose clausole contrattuali. Pertanto, le stesse possono essere considerate inefficaci ai sensi e per gli effetti di cui al secondo comma dell'art. 1341 del c.c., e questo può essere fatto valere nei confronti dell’intermediario. Sarà necessario, a tal fine, inviare una comunicazione formale all’intermediario, denunciando l’inefficacia e quindi l’invalidità delle clausole vessatorie contenute nel contratto, con conseguente volontà di risolvere il contratto.

Il consiglio, in casi come questi, è quello di rivolgersi ad un legale di fiducia, che sappia adottare le scelte strategiche più convenienti, anche in merito alla valutazione delle strategie da adottare in merito alla precisa domanda da porre all'intermediario (risoluzione del contratto per mutuo dissenso o per inadempimento ex art. 1453 del c.c., dichiarazione della nullità dell’intero contratto ex art. 1419 del c.c., o altro) e possa considerare di instaurare un’eventuale trattativa con la controparte.

L. O. chiede
martedì 14/12/2021 - Lazio
“Il codice di riferimento della consulenza è Q202129561…..
Avvocati, vorrei sapere se le parole sotto riportate sono contro legge.
Preliminare di compravendita immobile con riserva della proprietà sito in______, Foglio______particella_____sub____cat____ tra: _________ E _______________
================le parti concordano quanto segue: ====================
1) euro ______ al concedente alla firma del presente con l’assegno di c/c ………………………… Salvo buon fine.
2) euro ________ alla firma atto notarile con assegno circolare bancario intestato al concedente;
3) euro 1,100,00 mensili per ……….. (…………..) mesi da versare sul codice Iban _________ intestato__________il giorno …………. di ogni mese.
4) il conduttore il 17 Giugno e il 17 Dicembre di ogni anno verserà al venditore, tramite bonifico come per le rate, euro-------- per rimborso Imu;
5) “In caso d'inadempimento del venditore, l'acquirente rinuncia sin d'ora ad adire le vie legali, per ottenere il risarcimento dell'eventuale danno, conseguenza immediata e diretta del suddetto inadempimento”.
6) “Le parti concordano che in caso d'inadempimento dell'acquirente, il venditore non sarà tenuto a restituire le rate riscosse che saranno interamente trattenute a titolo di penale.
Poiché l'acquirente, al momento dell'acquisto, ha versato la caparra confirmatoria pari a euro 30.000,00 in caso d'inadempimento dell'acquirente, il venditore, oltre a trattenere il suddetto importo a titolo di penale, avrà diritto di trattenere anche la caparra confirmatoria, fermo restando l'eventuale ulteriore risarcimento danni”.
………………………………………………………………………………………………………
• Dite: La prima, che prevede una rinuncia - da parte del solo acquirente - ad “adire le vie legali” è - almeno in astratto – “”””una tipica clausola vessatoria””””. Perché? Nel momento in cui il notaio accetta la vendita vuol dire che l’immobile è vendibile e il venditore non può avere inadempienze.
• Dite: La caratteristica fondamentale di questo tipo di clausole è che, per poter essere efficaci, devono essere “specificamente approvate per iscritto”: in altre parole, per la loro approvazione non basta la semplice firma apposta in fondo al contratto, ma devono essere firmate nuovamente a parte (indicandole specificamente). Domanda: più precisamente?
• Sintesi: apprtamento mq 100, totale acquisto 150.000,00 potreste scrivere voi le esatte parole per evitare il ricorso al giudice da parte del compratore? Anche andando oltre le vostre richieste economiche.”
Consulenza legale i 21/12/2021
Il presente quesito costituisce un chiarimento rispetto ad una precedente consulenza: pertanto, si richiama quanto già spiegato in quella sede.
Ciò premesso, rispetto ai chiarimenti specificamente formulati nel quesito odierno, la clausola che prevede una preventiva rinuncia, da parte del compratore, ad adire le vie legali nei confronti del venditore è una clausola vessatoria in quanto rientra tra quelle previste dal secondo comma dell’art. 1341 c.c.: come abbiamo già chiarito nella nostra precedente risposta, si tratta di una clausola che prevede una limitazione di responsabilità.
Al riguardo, va precisato che il notaio non “accetta” la vendita: egli provvede semmai a redigere l’atto, ma non ha certo il potere di eliminare l’invalidità di alcune clausole, se contrarie alla legge.
Abbiamo anche spiegato che la disciplina sulle clausole vessatorie si applica quando le clausole stesse sono state predisposte da una sola parte: ora, non sappiamo se nel nostro caso le clausole siano state predisposte dal futuro venditore (si nota, effettivamente, uno squilibrio a favore di quest’ultimo), o se siano invece frutto di una libera contrattazione tra le parti.
Ad ogni modo, è opportuno che una simile clausola venga specificamente approvata per iscritto.
Cosa significa “specifica approvazione per iscritto”? Anche questo è stato spiegato nella precedente consulenza. Cercheremo di essere ancora più chiari.
Le clausole ritenute vessatorie devono essere riportate espressamente anche in fondo al contratto, con una dicitura di questo tipo: “Ai sensi degli articoli 1341 e 1342 c.c., il contraente dichiara di aver preso attenta visione e di approvare specificamente le seguenti clausole”. Le clausole vanno indicate specificamente, mediante il numero e il titolo del relativo articolo (si può anche riportarne il contenuto). Attenzione: non è valida ed efficace l’approvazione riferita a tutte le clausole del contratto. Devono essere distintamente indicate le singole clausole ritenute vessatorie.
L’approvazione delle clausole vessatorie va a sua volta firmata dai contraenti (quanto meno dal contraente “debole”); non basta dunque la firma posta in calce al contratto. Ecco perché parliamo di doppia firma.
Sul cumulo tra penale e caparra confirmatoria si rimanda a quanto già detto nella precedente consulenza.

L.M. chiede
lunedì 08/11/2021 - Emilia-Romagna
“Buonasera staff di Brocardi.
vi contatto in quanto sto avendo un problema con una Università telematica con cui mi sono iscritto circa in Settembre del 2020.

Dopo circa 2 mesi dalla iscrizione, ho abbandonato gli studi, in quanto non più interessato al corso di studi.

Così, ho lasciato che il tempo passasse, pensando che l'Università, dopo che io non pagavo tutte le rette di studi per l'anno in corso, mi avrebbe congelato il servizio, pensando da parte mia che questo bastasse per effettivamente chiudere il contratto di studi con l'Università, quando invece avrei dovuto compilare il modulo di "rinuncia agli studi".
Ammetto che questa è stata una mia svista per negligenza, quando avrei potuto far un po' più di attenzione al contratto dello studente.

In data Novembre 2021 mi trovo ancora iscritto all'Università, in quanto, avendo saldato tutto il primo anno, non riesco a recedere il contratto in quanto io risulto iscritto al secondo anno (iscrizione che si è rinnovata automaticamente il 1 di Agosto 2021) e devo per forza saldare anche tutto il secondo anno prima di poter rinunciare agli studi. Questa mi sembra una follia!

Ormai ho saldato tutto il primo anno dato che in ottobre 2021 circa l'Università ha iniziato a mandarmi solleciti di pagamento a cui si aggiungevano more da pagare se avessi tardato, e quindi i 1500 euro del primo anno sono saldati, ma io non avrei nessuna intenzione invece di saldare anche i 3200 euro (3000 anno scolastico +200 circa di tassa regionale) prima di poter essere autorizzato a mandare il modulo di rinuncia agli studi.

Nonostante sia stata in parte una mia svista, sono tanti soldi e allo stesso tempo mi risulta un po' strano che già a novembre 2021 per poter abbandonare gli studi io debba per forza pagare tutto l'anno scolastico 2021/2022, a quattro mesi dall'inizio del loro anno scolastico, per di più per un servizio di cui non sto usufruendo.

Vi allegherò contratto e qualche mail per chiarezza, e vi chiedo se c'è un modo per non far fronte al pagamento di questo anno scolastico per poter abbandonare l'Università.

(Per tutti questi mesi sinceramente, non ho dato tanto peso all'impegno contrattuale che avevo preso con l'Università, ma il dubbio e il timore mi è iniziato a sorgere dal momento in cui ho pensato che ci possano essere conseguenze gravi nei miei confronti in caso di insoluti nei confronti dell'Università, e anche qui chiedo a voi a che cosa si può andare in contro, parlando anche di cause civili o penali, nel caso come nel mio esempio io continui a non pagare le rette universitarie e ad accumulare solleciti di pagamento e more varie.)
Vi chiedo anche questo perché effettivamente nonostante io abbia chiesto a varie persone quali potrebbero essere le conseguenze, non ho ricevuto risposte soddisfacenti e tuttora non sono al corrente di che cosa andrei incontro in questo caso.

In anticipo, vi ringrazio per la Vostra pazienza e la Vostra disponibilità, e in attesa di un Vostro responso,
Cordiali saluti”
Consulenza legale i 17/11/2021
Per rispondere al quesito in esame, occorre in primo luogo focalizzare la nostra attenzione sull’art. 9 del contratto sottoscritto con l’università.
Alla lettera a) è infatti stabilito espressamente che: “La durata del contratto è pari alla durata legale del corso di laurea”.
Ciò implica appunto che di anno in anno il rinnovo è automatico per tutta la durata del corso di studi (e anche “nel caso in cui lo studente risulti ripetente o fuori corso, il contratto si prorogherà tacitamente di anno in anno per ciascun anno accademico in più rispetto alla durata legale del corso di laurea”, come specificato alla successiva lettera b).
Il predetto art. 9 dispone altresì che lo studente (per evitare detto rinnovo) entro il 30 luglio, possa unilateralmente rescindere il contratto inoltrando specifica istanza di “Rinuncia agli Studi” mediante raccomandata A/R indirizzata alla Segreteria Studenti.
Come specificato alle lettere f e g, inoltre, anche presentando l’istanza “lo studente non è esonerato dal pagamento della retta, o delle quote residue, per l’anno accademico a cui risulta iscritto.” E “il termine ultimo per presentare l’istanza di “Rinuncia agli studi”per l’anno accademico in corso è il 30 luglio: oltre tale termine lo studente verrà iscritto all’anno accademico successivo”.

Ciò posto, il contratto in esame non rientra nella tipologia del contratto del consumatore e, pertanto, non si può far riferimento al codice del consumo. Tuttavia, l’art. 9 è sicuramente una clausola vessatoria, ed occorre dunque verificare se siano stati soddisfatti i requisiti di cui all’art. 1341 del codice civile. Tale norma prevede infatti che le clausole vessatorie (tra cui quelle che stabiliscono limitazioni alla facoltà di recedere dal contratto) “non hanno effetto, se non sono specificamente approvate per iscritto”.
Sul punto, la Corte di Cassazione con sentenza n. 20606/2016 ha chiarito che: “l'esigenza di specificità e separatezza imposta dall'art. 1341 c.c. non è soddisfatta mediante il richiamo cumulativo numerico e la sottoscrizione indiscriminata di tutte o di gran parte delle condizioni generali di contratto, solo alcune delle quali siano vessatorie, atteso che la norma richiede, oltre alla sottoscrizione separata, la scelta di una tecnica redazionale idonea a suscitare l'attenzione del contraente debole sul significato delle clausole, a lui sfavorevoli, comprese tra quelle specificamente approvate.“

Nella presente vicenda, vediamo che nel contratto è prevista la doppia firma per specifici articoli per cui possiamo ritenere soddisfatto tale requisito non essendovi un generico richiamo cumulativo numerico ma, appunto, una precisa indicazione soltanto di alcune clausole specificatamente approvate.

Tutto ciò premesso, nel caso in esame leggiamo che nessuna comunicazione di rinuncia agli studi è stata mai trasmessa all’università in quanto ci si è limitati a lasciare che “il tempo passasse, pensando che l'Università, dopo che io non pagassi tutte le rette di studi per l'anno in corso, mi avrebbe congelato il servizio”.
Purtroppo, tale negligenza va a favore dell’Università non essendo stato rispettato il termine del 30 luglio per il recesso unilaterale del contratto.
Tale termine è chiaramente ed espressamente indicato nel contratto e, per giunta, l’articolo dove esso è menzionato rientra tra quelli specificatamente approvati per iscritto, in conformità all’art. 1341 c.c.
Di conseguenza, legittimamente si è rinnovato il contratto, maturando anche la relativa retta annuale dovuta di euro 3.000 (anche essa espressamente indicata nel contratto).
Del resto, la SUA scelta di non usufruire del servizio non è causata da un qualche inadempimento dell’università.

La retta è quindi comunque dovuta.

Quindi, in risposta al quesito, dobbiamo purtroppo ribadire che l’importo richiesto deve essere pagato.
In mancanza di ciò, le conseguenze sono che l’università può azionare nei Suoi confronti una causa civile di recupero credito (anche tramite decreto ingiuntivo) per la retta non pagata.
Inoltre, per evitare che Le addebitino anche gli anni successivi, dovrà provvedere ad inviare la rinuncia formale agli studi nei termini e modi indicati nel contratto.

M.R.M. chiede
venerdì 02/07/2021 - Liguria
“Buongiorno, vorrei un parere sulla liceità di alcune parti di un modulo di consenso informato relativo a prestazione veterinaria, che ho sottoscritto, in particolare per quanto riguarda il passaggio in cui si parla dei costi, che inizia con: PRENDO ATTO che il costo della suddetta procedura... Al riguardo preciso che la prestazione ha già avuto inizio con una TAC di centraggio, le prestazioni successive relative ad applicazioni di radioterapia non sono state ancora iniziate per motivi di salute del paziente e non so per questo motivo se potrò farle. La mia domanda:- è lecito chiedere il pagamento anticipato per intero all' inizio del percorso terapeutico e dire che in ogni caso la somma versata non verrà restituita per ripensamento o interruzione del piano terapeutico anche per complicazioni legate alla salute del paziente. Un altro medico veterinario a cui ho mostrato il modulo è rimasto perplesso e mi ha detto che non ci sarebbero motivazioni pratiche per una clausola del genere. E' come se prenotassi una qualsiasi prestazione veterinaria e poi non potendola effettuare la annullassi per tempo, in questi casi mai viene comunque richiesto il pagamento.”
Consulenza legale i 06/07/2021
In primo luogo, il codice deontologico veterinario non indica particolari obblighi in ambito di di costi o pagamenti in quanto all’art. 29 è solo specificato che: “Il Medico Veterinario, all’atto dell’assunzione di responsabilità contrattuale, è tenuto ad informare chiaramente il cliente della situazione clinica e delle soluzioni terapeutiche esistenti, al fine di coinvolgerlo nel processo decisionale. Deve precisare i rischi prevedibili, i costi presunti ed i benefici dei differenti ed alternativi percorsi diagnostici e terapeutici, nonché le ipotizzabili conseguenze delle scelte possibili.“
A ciò si aggiunga l’art. 47 del codice del consumo il quale prevede che le sue disposizioni non si applicano ai contratti “di assistenza sanitaria, per i servizi prestati da professionisti sanitari a pazienti, al fine di valutare, mantenere o ristabilire il loro stato di salute, ivi compresa la prescrizione, la somministrazione e la fornitura di medicinali e dispositivi medici, sia essa fornita o meno attraverso le strutture di assistenza sanitaria”.
Dunque anche il cd. diritto di ripensamento previsto dal codice del consumo non può essere invocato in tali tipi di contratti di assistenza sanitaria (compresi ovviamente quelli in ambito veterinario).

Ciò premesso, anche escludendo la tutela del codice del consumo, è comunque applicabile quanto previsto all’art. 1341 del codice civile in tema di clausole vessatorie il quale prevede che tali clausole quando predisposte da uno solo dei contraenti (il veterinario, nel nostro caso) non hanno effetto, se non sono specificamente approvate per iscritto quando, tra l’altro, sanciscono a carico dell'altro contraente “limitazioni alla facoltà di opporre eccezioni“.

Nella presente vicenda, la clausola in questione (la circostanza che la somma versata prima dell’intervento non possa in alcun modo essere restituita) riteniamo possa essere considerata una clausola vessatoria in tal senso.
Del resto, la Corte di Cassazione con sentenza n.14038 del 2013 ha evidenziato che è ammissibile una interpretazione estensiva di tale clausole.
Tra l’altro, nel documento che ci è stato trasmesso non vi è stata una specifica approvazione per iscritto della clausola, come invece previsto dal testè citato art. 1341 c.c.
Inoltre, sempre la Corte di Cassazione con la sentenza n.19265/2012 ha evidenziato che in applicazione dell’art. 2237 del codice civile deve escludersi “il diritto dei sanitari al mancato guadagno, e comunque ad ogni compenso, non avendo eseguito l'intervento chirurgico programmato.”
Nel caso che ci occupa, oltretutto, l’intervento potrebbe non essere eseguito non per un mero ripensamento ma proprio per le condizioni di salute dell’animale: trattenere l’intero importo versato in tal caso, riteniamo che costituirebbe anche un indebito arricchimento del veterinario.

Alla luce di quanto precede ed in risposta al quesito possiamo dunque affermare che una tale clausola appare vessatoria e priva di efficacia in mancanza di una apposita approvazione per iscritto (la sottoscrizione apposta è genericamente riferita a tutto il contratto).
In ogni caso, anche al di fuori della tutela dell’art. 1341 c.c., trattandosi di prestazione d’opera professionale, in forza dell’art. 2237 del codice civile il professionista, in caso di recesso del cliente, ha diritto soltanto al rimborso delle spese sostenute ed al pagamento del compenso per l’opera svolta (e non per un intervento che non è stato eseguito).
Quindi chi ha posto il quesito potrà legittimamente richiedere il rimborso dell’eventuale somma versata laddove poi l’intervento non venga eseguito dovendo pagare solo quanto effettivamente è stato compiuto dal professionista (la TAC di centraggio).

Marco L. A. chiede
venerdì 21/02/2020 - Lombardia
“Buongiorno, scaduto il mandato di una prima, ho affidato un incarico di mediazione immobiliare, per la vendita di un immobile a una seconda agenzia, firmando anche una clausola inserita a penna, dove si diceva che nel caso avessi venduto la casa a un cliente presentato dalla prima agenzia, avrei dovuto comunque riconoscere una provvigione ridotta del 50% sul 3% convenuto.
Dopo soli tre mesi, con di mezzo le feste Natalizie, è andata così : in mancanza di altre ho accettato un' offerta da uno di quei nominativi che erano stati forniti alla seconda agenzia in una apposita lista. Fatta salva la mia dabbenaggine nel firmare una clausola così vessatoria, mi trovo a dover pagare la stessa cifra alla prima e alla seconda agenzia (richiesta con causale 'penale per recesso anticipato'), avendo lavorato quest'ultima un decimo della prima.
Tanto più avendo richiesto una riduzione dell'importo che mi è stata rifiutata.
Attendo istruzioni per fornire copia dei documenti.
Grazie e cordiali saluti.”
Consulenza legale i 02/03/2020
Per dare risposta al quesito è necessario individuare la natura della clausola aggiunta, a penna, in calce al contratto sottoscritto con la seconda agenzia immobiliare.
A parere di chi scrive, si tratta effettivamente di una clausola penale, ai sensi e per gli effetti dell’art. 1382 del c.c., che la definisce come “la clausola con cui si conviene che, in caso di inadempimento o di ritardo nell'adempimento, uno dei contraenti è tenuto a una determinata prestazione”.
L’effetto peculiare di questo tipo di patto è quello di limitare il risarcimento alla prestazione promessa, se non è stata convenuta la risarcibilità del danno ulteriore. Inoltre, precisa la norma, la penale è dovuta indipendentemente dalla prova del danno.
Nel nostro caso l’inadempimento, da parte del proprietario dell’immobile da vendere, consiste nella violazione dell’accordo di esclusiva contenuto al punto 9) del contratto, che peraltro è stato oggetto di specifica approvazione per iscritto, così come il successivo punto 10) che prevede la misura della penale in caso di violazione del patto di esclusiva, fissandola nella percentuale del novanta per cento della provvigione.
Anzi, la clausola aggiunta a penna addirittura riduce l’importo della penale al cinquanta per cento, limitatamente ai casi in cui l’acquisto sia concluso, sempre in violazione del patto di esclusiva, con uno degli aspiranti acquirenti presentati dall’agenzia immobiliare precedentemente incaricata, cosa che poi è appunto avvenuta.
Ora, inquadrata la clausola in esame come clausola penale, dal punto di vista della disciplina contenuta nel codice civile, e precisamente nel secondo comma dell’art. 1341 del c.c., l’opinione prevalente esclude che la penale costituisca “clausola vessatoria” (si veda in proposito Cass. Civ., Sez. III, 20744/2004: “la clausola penale, espressamente prevista dagli artt. 1382 c.c. e ss., non è riconducibile ad alcuna delle ipotesi di clausole vessatorie tassativamente previste dall'art. 1341 c.c.)”.
Pertanto non si pone neppure il problema di stabilire se la clausola di cui si tratta possa o meno considerarsi specificamente approvata per iscritto, come richiesto dal secondo comma dell’art. 1341 c.c.
Rimane da esaminare la questione dell’eventuale applicabilità della speciale disciplina delle clausole vessatorie nei contratti conclusi tra professionista e consumatore, prevista dall’art. 33 del D. Lgs. 206/2005 (Codice del consumo).
Si tratta di una disciplina applicabile, almeno astrattamente, al nostro caso, in cui il proprietario dell’immobile agisce al di fuori dell’attività professionale eventualmente svolta, secondo la definizione contenuta nello stesso Codice del consumo.
Tuttavia, l’art. 33 del D. Lgs. 206/2005, dopo aver stabilito che, nel contratto concluso tra il consumatore ed il professionista, si considerano vessatorie le clausole che, malgrado la buona fede, determinano a carico del consumatore un significativo squilibrio dei diritti e degli obblighi derivanti dal contratto, elenca al secondo comma le clausole che si presumono vessatorie fino a prova contraria.
Ora, la lettera f) del secondo comma prevede che la clausola penale è considerata vessatoria fino a prova contraria solo quando sia di “importo manifestamente eccessivo”.
Non pare che, nel nostro caso, la clausola aggiunta in calce - che peraltro, come già sottolineato, riduce dal novanta al cinquanta per cento, limitatamente ai nominativi compresi nell’elenco, l’ammontare della penale per l’ipotesi di violazione del patto di esclusiva - possa considerarsi vessatoria ai sensi dell’art. 33 del Codice del consumo.
Inoltre, va anche considerato che, per l’art. 34 del medesimo Codice, nel contratto concluso mediante sottoscrizione di moduli o formulari predisposti per disciplinare in maniera uniforme determinati rapporti contrattuali, il professionista può provare che le clausole o gli elementi di clausola - anche ove unilateralmente predisposti - siano stati oggetto di specifica trattativa con il consumatore.

ELDA C. chiede
martedì 26/11/2019 - Liguria
“HO CONTRATTO UN MUTUO CON UNA SOCIETA' DI PERSONE (SAS) NELL ANNO 2009.
TALE ATTO DI MUTUO CONTIENE UNA CLAUSOLA CHE PREVEDE UNA MAGGIORAZIONE DEL TASSO DI 2 PUNTI PERCENTUALI SE VIENE CAMBIATO IL CONTO PER ADDEBITO DELLA RATA. PUO' ESSERE CONSIDERATA VESSATORIA ?
DESIDERO APRIRE UN SX NEI CONFRONTI DEL NOTAIO POICHE' TALI CLAUSOLE HANNO RESO DI PER SE IMPOSSIBILE LA SURROGA
GRAZIE”
Consulenza legale i 30/11/2019
Il quesito prospettato, per una sua compiuta risposta, impone di fare alcuni brevi cenni sulle clausole vessatorie ex art. 1341 del c.c., alle lettura integrale del quale si rimanda.

Il primo comma del sopracitato art. 1341 c.c. si occupa, come si può leggere nel testo della norma, di tutte quelle condizioni generali che vengono predisposte unilateralmente da uno dei contraenti; in tali casi, la norma richiede, ai fini dell’efficacia delle condizioni generali, la conoscenza o conoscibilità da parte dell’altro contraente di dette condizioni.

Il secondo comma del medesimo art. 1341 c.c., invece, si occupa della clausole vessatorie, che il codice si preoccupa di elencare tassativamente; in relazione a dette clausole, il medesimo secondo comma richiede la loro approvazione specifica da parte del contraente contro cui vengono predisposte.
Ciò premesso, si può, ora, procedere con la risposta al quesito formulato.

Tra le clausole vessatorie, di cui il secondo comma dell’art. 1341 c.c., come sopra detto, fornisce un elenco tassativo, vi sono anche quelle che “sanciscono a carico dell'altro contraente … restrizioni alla libertà contrattuale nei rapporti coi terzi”.

Ebbene, la clausola, menzionata nel quesito, potrebbe essere ricondotta tra quelle che comportano una limitazione nell’autonomia contrattuale da parte del contraente, atteso che la modifica del conto corrente d’appoggio del mutuo comporterebbe una maggiorazione del tasso di interesse applicato alla rata di detto mutuo, con ciò di fatto incidendo sulla libertà contrattuale del contraente.

Se così fosse, detta clausola potrebbe essere astrattamente vessatoria ai sensi dell’art. 1341, secondo comma, c.c e, pertanto, per la sua efficacia, sarebbe richiesta una approvazione specifica da parte del contraente contro cui è stata predisposta.

Tuttavia, si deve evidenziare come la giurisprudenza di legittimità non ritenga necessaria l’approvazione specifica per siffatte clausole, laddove esse si trovino inserite in atti pubblici, come nel caso di specie: “Le clausole inserite in un contratto stipulato per atto pubblico, ancorché si conformino alle condizioni poste da uno dei contraenti, non possono considerarsi come "predisposte" dal contraente medesimo ai sensi dell'art. 1341 c.c. e, pertanto, pur se vessatorie, non necessitano di specifica approvazione” (Cass. civ. Sez. II, 20/06/2017, n. 15237).

Alla luce dell’orientamento espresso dalla Corte di Cassazione, non sembra potersi ritenere che la mancata approvazione specifica di dette clausole, seppur vessatorie, possa comportare, come conseguenza, la loro inefficacia e, di conseguenza, aprire la strada per eventuali azioni contro la Banca.

Parimenti difficile risulta sostenere la responsabilità del notaio rogante, il quale deve effettuare solo un controllo di legittimità sostanziale dei contenuti delle clausole predisposte, ma non ha alcun onere di evidenziare quali clausole comportino uno squilibrio contrattuale.

ALFREDO C. chiede
domenica 28/07/2019 - Lazio
“Una società è stata convocata da un Banca presso cui aveva un affidamento per comunicargli la cessazione del rapporto con il rientro della somma risultante debitrice a quel momento. La società comunicava che gli era impossibile e chiedeva una rateazione dell'importo.
La Banca accettava ma gli imponeva di sottoscrivere un atto di moratoria . Una della clausole essenziali per poter accettare la rateazione è la seguente:
" di rinunciare fin d'ora irrevocabilmente e nel modo più pieno ad opporre eccezioni in ordine alla piena validità ed efficacia giuridiche dei contratti9, titoli e rapporti dai quali trae origine la suddetta esposizione".
Senza farci leggere tutte clausole, purtroppo la società ha firmato l'atto. E' possibile impugnare il predetto atto considerando anche la clausola vessatoria che ha imposto firmare.
Grazie”
Consulenza legale i 20/08/2019
Alla luce dell’esame della documentazione fornita, quello che nel quesito viene definito “atto di moratoria” è in realtà, più precisamente, un atto di ricognizione di debito, o riconoscimento del debito, ex art. 1988 del c.c., in cui contestualmente si prevede il pagamento rateale della somma che il debitore ha ammesso di dover pagare.
Infatti l’art. 1988 c.c., il quale disciplina sia la ricognizione di debito che la promessa di pagamento, stabilisce che questi due atti dispensano colui a favore del quale sono fatti dall'onere di provare il rapporto fondamentale: pertanto l'esistenza di questo si presume fino a prova contraria.

Come ha spiegato la giurisprudenza, “la ricognizione di debito non costituisce autonoma fonte di obbligazione, ma ha solo effetto confermativo di un preesistente rapporto fondamentale, determinando, ex art. 1988 c.c., un'astrazione meramente processuale della "causa debendi", da cui deriva una semplice "relevatio ab onere probandi" che dispensa il destinatario della dichiarazione dall'onere di provare quel rapporto, che si presume fino a prova contraria, ma dalla cui esistenza o validità non può prescindersi sotto il profilo sostanziale, venendo, così, meno ogni effetto vincolante della ricognizione stessa ove rimanga giudizialmente provato che il rapporto suddetto non è mai sorto, o è invalido, o si è estinto, ovvero che esista una condizione o un altro elemento ad esso attinente che possa comunque incidere sull'obbligazione derivante dal riconoscimento” (così Cass. Civ., Sez. I, sentenza n. 20689/2016).
Pertanto il riconoscimento del debito non comporta, di per sé, la rinuncia a far valere eventuali cause di invalidità del rapporto sottostante.

Rimane a questo punto da verificare la validità della clausola, inserita nell’atto in oggetto, che appunto prevede espressamente la rinuncia del debitore “ad opporre eccezioni in ordine alla piena validità ed efficacia giuridiche dei contratti, titoli e rapporti dai quali trae origine la suddetta esposizione”.
A prima vista, una simile clausola sembrerebbe rientrare nell’ambito delle cosiddette clausole vessatorie, previste dal secondo comma dell’art. 1341 c.c.: in particolare, si tratterebbe di una clausola che sancisce “limitazioni alla facoltà di opporre eccezioni”. La caratteristica delle clausole vessatorie è che esse, per essere efficaci, necessitano di una specifica approvazione per iscritto.
Tuttavia, la disciplina delle clausole vessatorie è collocata, appunto, all’interno dell’art. 1341 del c.c., dedicato alle condizioni generali di contratto, cioè a quegli schemi contrattuali, predisposti unilateralmente da un contraente, e destinati a regolamentare una serie indefinita di rapporti (si pensi alle condizioni generali di contratto predisposte, per esempio, dai gestori telefonici, o anche dalle stesse banche): non si tratta chiaramente del nostro caso.

Come ha precisato con estrema chiarezza la giurisprudenza, “possono qualificarsi come contratti "per adesione", rispetto ai quali sussiste l'esigenza della specifica approvazione scritta delle clausole vessatorie, soltanto quelle strutture negoziali destinate a regolare una serie indefinita di rapporti, tanto dal punto di vista sostanziale (se, cioè, predisposte da un contraente che esplichi attività contrattuale all'indirizzo di una pluralità indifferenziata di soggetti), quanto dal punto di vista formale (ove, cioè, predeterminate nel contenuto a mezzo di moduli o formulari utilizzabili in serie), mentre esulano da tale categoria i contratti predisposti da uno dei due contraenti in previsione e con riferimento ad una singola, specifica vicenda negoziale, rispetto ai quali l'altro contraente può, del tutto legittimamente, richiedere ed apportare le necessarie modifiche dopo averne liberamente apprezzato il contenuto, nonché, a maggior ragione, quelli in cui il negozio sia stato concluso a seguito e per effetto di trattative tra le parti” (Cass. Civ., Sez. II, sentenza n. 6753/2018).
Ora, nel caso in esame siamo di fronte ad un testo contrattuale che, anche se predisposto dalla banca, è destinato a regolamentare una specifica vicenda contrattuale. Quindi siamo fuori dal campo di applicazione dell'art. 1341, comma 2 c.c.
Non è neppure possibile, ovviamente, invocare la particolare disciplina delle clausole vessatorie contenuta nel c.d. Codice del Consumo (D. Lgs. 206/2005), dal momento che il contraente svantaggiato dalla clausola in esame non è un consumatore (secondo la definizione legislativa, per consumatore si intende “la persona fisica che agisce per scopi estranei all'attività imprenditoriale, commerciale, artigianale o professionale eventualmente svolta”).
Non è possibile, pertanto, contestare la validità della clausola in questione.

Michele P. chiede
lunedì 19/02/2018 - Puglia
“Salve, sono abbonato dal 2014 alla Stagione Lirica e di Balletto del Teatro P. di B.
Vorrei sapere da quale articolo del codice civile è disciplinato questo tipo di contratto (abbonamento a stagione teatrale), in relazione anche al diritto di prelazione riconosciuto agli abbonati di anno in anno dallo stesso Teatro per il rinnovo di ogni abbonamento. Questo diritto di prelazione è garantito e riconosciuto nel nostro ordinamento, oppure è una concessione del Teatro ai propri abbonati e come tale può essere revocato senza conseguenze?
Grazie
Cordiali saluti”
Consulenza legale i 20/02/2018
Un teatro è un luogo aperto al pubblico. Si tratta cioè di un luogo di proprietà privata cui si può accedere secondo le condizioni fissate dal proprietario.
Il biglietto è infatti un titolo di accesso per poter usufruire degli spettacoli previsti nel teatro.
Parimenti, anche l’abbonamento è un titolo di accesso con la differenza che in tal caso il titolo è valido non per un singolo evento ma per più eventi che si svolgono in un determinato arco di tempo.

Ciò premesso, non vi è alcun articolo del codice civile che disciplini il “contratto di abbonamento a stagione teatrale” in quanto giuridicamente non esiste tale tipo di contratto.
La disciplina relativa all’abbonamento agli spettacoli è contenuta infatti nelle singole condizioni generali di vendita dei biglietti.
Sul punto, l’articolo del codice civile cui far riferimento è semmai l’art. 1341 relativo, appunto, alle condizioni generali di contratto.

Quanto al diritto di prelazione, sempre con riferimento alla vendita di biglietti per il teatro, esso non è previsto e/o garantito dal nostro ordinamento. Non si tratta infatti di un diritto di prelazione legale come avviene, ad esempio, in ambito successorio o nelle locazioni.
Nel presente caso, si può parlare semmai di prelazione volontaria che ha come fonte l'accordo delle parti.
Vi è cioè l’impegno da parte di una delle parti a concedere all’altra un diritto di prelazione. Ciò rientra nel più ampio principio di libertà contrattuale consacrato nell’art. 1322 del codice civile.
Ciò posto, non si può tuttavia affermare che tale diritto possa “essere revocato senza conseguenze”.
Nelle condizioni generali di vendita degli abbonamenti, deve esserci infatti una clausola che disciplina tale aspetto e ad essa occorre far riferimento. Qualora non sia in Suo possesso, suggeriamo di richiedere una copia di dette condizioni generali al teatro.

ALFONSO M. chiede
venerdì 16/02/2018 - Sicilia
“La polizza globali fabbricati stipulata anni orsono dal mio condominio espone un valore assicurato di € 6.500.000 ( valore non reale) con un massimale di € 1.000.000 sia in caso di incendio che per responsabilità civile verso terzi.
Premetto che nella polizza vengono indicati due premi separati per i due settori rispettivamente “A” e “B” e che in base all’art.1182 c.c. si tratterebbe di due assicurazioni e conseguentemente per il settore “B” non si può parlare di sottoassicurazione-
A tergo della polizza sono state sottoscritte ai sensi degli art.1341 e 1342 le clausole in particolare per il settore “A” incendio la clausola proporzionale mentre nel settore “B” responsabilità civile la stessa clausola non viene indicata.
Però nell’allegato alla polizza ( formulario per disciplinare i rapporti contrattuali) sempre nel settore “A” l’articolo “assicurazione parziale” a chiusura recita “ il presente articolo è applicabile anche per il settore “B” responsabilità civile.
Il formulario non risulta tra l’altro sottoscritto
A mio avviso tale clausola, sottoscritta nella polizza soltanto per l’assicurazione incendio, non può considerarsi valida anche per la responsabilità civile verso terzi poiché indirettamente richiamata e in considerazione che la finalità onerosa risulta elusa “ mediante una tecnica redazionale non idonea a suscitare l’attenzione del sottoscrittore in quanto insufficiente a porre in specifica e chiara evidenza la clausola oggetto di approvazione”( Cassazione – sentenza 5733/2008).
Indipendentemente dalle diverse sentente di inapplicabilità dell’art.1907 c.c. per l’assicurazione di responsabilità civile vs/ terzi ( Consulenza legale precedentemente fornitami) gradirei conoscere il vs/ parere in proposito”
Consulenza legale i 02/03/2018
Nel caso in esame il contraente della polizza dichiara, ai sensi degli artt. 1341 e 1342 c.c., di approvare una serie di voci che vengono poi indicate come clausole costituenti le condizioni generali di contratto.

Per condizioni generali di contratto si intendono quelle clausole che un soggetto, definito predisponente, utilizza al fine di dare una regolamentazione uniforme ai suoi rapporti contrattuali.

Si tratta di clausole predisposte da un imprenditore al fine di regolare in maniera uniforme i rapporti con la propria clientela.

L’art. 1341, 1° comma del codice civile stabilisce che “ Le condizioni generali di contratto predisposte da uno dei contraenti sono efficaci nei confronti dell’altro, se al momento della conclusione del contratto questi le ha conosciute o avrebbe dovuto conoscerle usando l’ordinaria diligenza”.

Il 2° comma dell’art. 1341 c.c. prevede poi che “ non hanno effetto se non sono specificatamente approvate per iscritto le condizioni che stabiliscono a favore di colui che le ha predisposte, limitazioni di responsabilità, facoltà di recedere dal contratto o di sospenderne l’esecuzione, ovvero sanciscono a carico dell’altro contraente decadenze, limitazioni alla facoltà di opporre eccezioni..”.

Il citato articolo, dunque, disciplina il regime giuridico delle condizioni generali di contratto, subordinando l’efficacia delle stesse al rispetto di due condizioni fondamentali.

In primo luogo, le condizioni generali di contratto predisposte da una parte vincolano l’aderente solo se al momento della conclusione del contratto sono da lui conosciute o conoscibili mediante l’ordinaria diligenza, cioè senza compiere particolari sforzi.

Le clausole, pertanto, devono essere redatte in modo chiaro e comprensibile a pena di inefficacia e/o nullità. In caso di dubbio sul senso di una clausola prevarrà l’interpretazione più favorevole al consumatore.

Il 2° comma dell’art. 1341 c.c. disciplina le c.d. clausole vessatorie, ossia clausole che determinano un significativo squilibrio dei diritti e degli obblighi derivanti dal contratto.

Per essere vincolanti nei confronti del contraente debole, le clausole dovranno essere approvate per iscritto da quest’ultimo.

In materia di condizioni generali di contratto, la Cassazione ha più volte ribadito che l’esigenza della specifica approvazione per iscritto di una clausola onerosa o vessatoria, postula una sottoscrizione autonoma e separata rispetto a quella che si riferisce agli altri patti contrattuali, e che tale esigenza non può ritenersi soddisfatta nel caso in cui vi sia un’unica firma in calce al modulo ovvero vi siano due forme ma la seconda si limiti ad approvare genericamente e globalmente tutte le clausole previste nel contratto ai sensi degli art. 1341 e 1342 c.c.

Più specificamente la Cassazione ha affermato che non sussiste il requisito della specifica approvazione se la sottoscrizione apposta ad un modulo prestampato richiami genericamente gli artt. 1341 e 1342 c.c. per tutte le condizioni generali di contratto perché in tal modo non vengono segnalate all’attenzione del soggetto cd. debole le clausole idonee a sbilanciare il sinallagma contrattuale.

Occorre, pertanto, un’apposita sottoscrizione avente ad oggetto la medesima clausola con la conseguenza che non può ritenersi idonea la sola firma apposta in calce al modulo a stampa predisposto dall’altro contraente.

L’approvazione della stessa dovrà avvenire attraverso sottoscrizione specifica e separata, senza che sia necessario che alla sottoscrizione stessa segua una letterale enunciazione della clausola.

Nell’ipotesi in cui il consumatore/aderente decida di accettare più clausole vessatorie dovrà manifestare tale volontà, attraverso apposita dichiarazione scritta ove vengano richiamate espressamente tutte le clausole. (Cfr. Cass. n. 11594/2010, n. 11361/2010, n. 5733/2008, n. 22984/2015).

Alla luce dei principi richiamati, nel caso in esame, la clausola proporzionale può essere considerata come vessatoria in quanto idonea a sbilanciare il sinallagma contrattuale e, pertanto, necessita di una specifica approvazione scritta, distinta da quella di approvazione delle clausole generali di contratto contenute nel formulario che, peraltro, da come ci viene riferito, non è stato neppure sottoscritto.

Pertanto, poiché espressamente sottoscritta solo per l’assicurazione incendi e non anche per la responsabilità civile verso terzi, si deve ritenere che la detta clausola operi solo per l’assicurazione incendi e non anche per l’altra in merito alla quale non viene espressamente richiamata.

Precisiamo, tuttavia, che il presente parere è stato reso sulla base di quanto esposto nella richiesta di consulenza e dalle poche informazioni ricavate dall’esame della documentazione a causa della incompletezza della stessa. Sarebbe stato opportuno esaminare il testo completo delle condizioni generali di polizza.


Jacopo G. chiede
mercoledì 27/12/2017 - Lazio
“Ho firmato un contratto con la società ...omissis... SPA (all'epoca denominata ...omissis... SPA) i data 24 luglio 2017, per la fornitura del servizio di posizionamento su google al costo di 448 euro mensili x 36 mesi + acconto di 1000 euro. Oggi sto valutando la possibilità di recedere dal contratto e ritirare il mandato sdd presso il mio conto corrente. Guardando il contratto che ho firmato, il punto A5 "specifica trattazione ed approvazione delle clausole onerose/vessatorie" recita così:

"il cliente dichiara di aver attentamente esaminato, di conoscere ed accettare integralmente senza riserve...la sez. C (condizioni particolari di contratto) in ogni sua articolazione (prodotto/servizio di posizionamento, C1, C2, Sito internet - clausola penale, C3) per ciascuna tipologia di prodotto/servizio, la Sez. D (condizioni generali di contratto) e specificatamente: D2 (corrispettivo del prodotto/servizio e termini di pagamento - solve et repete - decadenza del beneficio del termine - eccezione d'inadempimento - rinuncia al beneficio della preventiva escussione del debitore principale), D3 (validità del contratto e rinnovo tacito - clausola penale)...D5 (garanzie ed obblighi del cliente - clausola penale), D6 (cessione del contratto e del credito), D8 (clausola risolutiva espressa - clausola penale)".

Io ho firmato questo articolo A5 di accettazione delle predette clausole, ma non ho mai avuto visione delle stesse. La copia del contratto in mio possesso termina all'Art. B4, e chiedendo una copia alla società mi mandano la stessa copia che ho io omettendo quindi gli articoli C e D che però io ho accettato firmando l'art. A5. Va da sè che sulle pagine dove sono presenti gli art. C e D, che ripeto non ho mai visto, non c'è nessuna mia firma.

Ci sono gli estremi per una risoluzione e per interrompere i pagamenti?”
Consulenza legale i 02/01/2018
Per rispondere al quesito bisogna preliminarmente analizzare l'istituto in generale.


Le clausole vessatorie sono quelle clausole contrattuali disciplinate dagli articoli 1341 e art. 1342 del c.c. del Codice Civile, che, generalmente, impongono limitazioni di responsabilità o facoltà di recedere dal contratto o di sospenderne l'esecuzione a favore del contraente "più forte", di solito a scapito del contraente cosiddetto "più debole", a carico del quale sanciscono decadenze, limitazioni della facoltà di sollevare eccezioni, restrizioni alla libertà contrattuale nei rapporti con i terzi, tacita proroga o rinnovazione del contratto, deroghe alla competenza dell'autorità giudiziaria. Il legislatore ha disposto che tali specifiche clausole, se non sono specificamente approvate per iscritto, sono [def ref=inefficacia]inefficaci[def/]. L'elenco contenuto nell'art. 1341 comma 2 c.c. è tassativo e tali disposizioni, ai sensi dell'art. 1342 comma 2 c.c., si applicano anche ai contratti conclusi mediante l'impiego di moduli o formulari.


Una volta chiarito che le clausole vessatorie non hanno alcun effetto se non vengono approvate specificamente per iscritto, la giurisprudenza si è interrogata sulla ammissibilità di approvazione mediante sottoscrizione operata in blocco, o mediante un richiamo generico alle condizioni generali di contratto ad un insieme di clausole miste, vessatorie e non.


La Corte di Cassazione, con una nota sentenza del 2012, la numero 2970, ha sostenuto che il richiamo in blocco di tutte le condizioni generali di contratto o di gran parte di esse, comprese quelle prive di carattere vessatorio, e la loro sottoscrizione indiscriminata, "non ne determina la validità ed efficacia, non potendosi ritenere che con tale modalità sia garantita l'attenzione del contraente debole verso la clausola a lui sfavorevole compresa tra le altre richiamate". La giurisprudenza, quindi, esclude la liceità di una sommaria ed elusiva sottoscrizione di clausole che contengano un generico richiamo alle condizioni generali di contratto o a gran parte di esse, rendendo difficoltosa la selezione e la conoscenza delle clausole a contenuto realmente vessatorio, dal momento che è necessaria non solo la sottoscrizione separata, ma anche la scelta di una tecnica redazionale idonea a suscitare l'attenzione del sottoscrittore sul significato delle clausole specificamente approvate (Tribunale, Reggio Emilia, ordinanza 30/10/2014; Cass. 5733/2008).


Può sostenersi, quindi, che un generico richiamo alle condizioni generali di contratto o a gran parte di esse, anche mediante la cosiddetta sottoscrizione in blocco, ed effettuato con modalità tali da rendere difficoltosa la percezione delle stesse, escluda l'assolvimento dell'obbligo di garanzia, di cui ai citati articoli del Codice Civile, nonché la stessa efficacia delle clausole vessatorie, nei confronti del contraente debole, le cui attenzione ed approvazione devono confluire soprattutto su quelle clausole, per lui più onerose, che pregiudicano, o limitano fortemente, i suoi diritti o obblighi. Resta, comunque, a carico del contraente forte l’onere di provare l'effettiva conoscenza da parte del contraente debole e la precisa prestazione del consenso in ordine alla specifica clausola nell’ambito della stipula del contratto.


In conclusione, appare dunque che anche nel caso in esame i requisiti di specificità e separatezza dell'approvazione delle clausole vessatorie imposti dall'art. 1341 c.c. siano stati elusi da una tecnica redazionale non idonea a suscitare l’attenzione del sottoscrittore, in quanto insufficiente a porre in specifica e chiara evidenza le clausole oggetto di approvazione.


Si evidenzia, tuttavia, che la mancata approvazione delle clausole vessatorie comporta la loro inefficacia nei confronti del contraente, e quindi l'applicazione, in loro sostituzione, della disciplina generale dei contratti, e non la risoluzione dell'intero contratto, venendo rese inefficaci le sole clausole non specificamente approvate. Pertanto, per la risoluzione del contratto o per il recesso di una parte dallo stesso, si seguiranno le regole generali, o quelle non vessatorie contenute nel contratto sottoscritto, sottolineando che il recesso di una parte da un impegno negoziale non è garantito in generale, ma è un'eccezione concessa dalla legge, caso per caso, al principio dell'obbligatorietà per le parti dell'accordo concluso. Pertanto le possibilità di applicare i detti istituti andranno verificate nel caso concreto, non essendone scontata l'ammissibilità.


Alfonso V. chiede
venerdì 28/04/2017 - Puglia
“Buongiorno,
in allegato alla mail che sto per inviare all'indirizzo dai voi indicato il contratto che mi lega ad un gestore di slot machines.
Vorrei sapere se la clausola al punto 12 così come scritta (nella forma e nella sostanza) è valida a tutti gli effetti e mi da quindi la possibilità di recedere in qualsiasi momento in deroga a quanto stabilito al punto 5”
Consulenza legale i 07/05/2017
Si osserva innanzitutto, prima di ogni altra cosa, come la circostanza per cui la clausola in questione sia stata apposta manualmente al contratto in aggiunta all’articolo 12 rubricato “annotazioni” (lasciato, peraltro, appositamente vuoto per consentire, appunto, delle aggiunte da parte dei contraenti) sia del tutto ininfluente sotto il profilo della minor o maggior garanzia di validità della clausola stessa.
Se una clausola, infatti, è del tutto lecita nel contenuto, se è stata apposta – come pare di capire sia avvenuto anche nel caso in esame – su entrambi gli originali del contratto sottoscritto dalle parti ed infine sia stata firmata da entrambe queste ultime, non c’è alcuna ragione di temere che sia invalida, quantomeno formalmente.

Per quanto riguarda il contenuto della medesima, si tratta di pattuizione ugualmente del tutto legittima: il diritto di recesso, infatti, e più precisamente il recesso unilaterale dal contratto, ai sensi dell’art. 1373 cod.civ., lungi dal costituire una facoltà normale per i contraenti, presuppone che essa sia specificamente attribuita per legge o per clausola contrattuale. In entrambi i casi può essere subordinato alla presenza di determinati presupposti (es.: rimborsi, indennizzi, termine di preavviso), ma comunque le disposizioni relative al recesso sono liberamente derogabili dalle parti.

Il diritto di recesso non è predeterminato, per legge, nella durata (salvo casi eccezionali, come ad esempio nella disciplina delle locazioni di immobili urbani), per cui nel caso in esame un preavviso di trenta giorni è consentito.

La validità della clausola, infine, trova fondamento altresì nella doppia sottoscrizione: una prima volta in calce al contratto ed una seconda volta – sotto le firme – nella parte dove vengono espressamente ed analiticamente richiamate le varie clausole cosiddette “vessatorie”.

Capita, in effetti, molto spesso che le condizioni generali di un contratto siano predisposte da uno solo dei contraenti, generalmente quello economicamente più forte, e che siano magari contenute in appositi formulari già redatti, che l'altra parte si limita a sottoscrivere.

La disciplina sulle condizioni generali di contratto predisposte da uno dei contraenti stabilisce che tali condizioni sono efficaci nei confronti dell'altro, solo se al momento della conclusione del contratto questi le ha conosciute o avrebbe dovuto conoscerle usando l'ordinaria diligenza: “In ogni caso non hanno effetto, se non sono specificamente approvate per iscritto, le condizioni che stabiliscono, a favore di colui che le ha predisposte, limitazioni di responsabilità, facoltà di recedere dal contratto o di sospenderne l’esecuzione, ovvero sanciscono a carico dell’altro contraente decadenze, limitazioni alla facoltà di opporre eccezioni, restrizioni alla libertà contrattuale nei rapporti coi terzi, tacita proroga o rinnovazione del contratto, clausole compromissorie o deroghe alla competenza dell’autorità giudiziaria” (art. 1341 c.c.).

Ebbene, quello di cui alla fattispecie in esame parrebbe proprio, in effetti, un contratto “standard” predisposto dalla società concedente i macchinari e sul contenuto del quale non c’è stato, per l’altra parte grande margine di contrattazione.
Ad avviso di chi scrive, dunque, è legittima (e comunque opportuna e prudente) in questa caso l’applicazione della disciplina sopra richiamata sulle clausole vessatorie.

La giurisprudenza consolidata ritiene che, affinché sia integrato il requisito della “specifica approvazione” di cui parla la norma, sia necessario e sufficiente il richiamo delle clausole in questione in calce al contratto, richiamo per esteso o comunque comprensivo dell’oggetto o del titolo della clausola stessa, con un’ulteriore sottoscrizione dei contraenti oltre a quella già apposta in precedenza.

Il che è proprio quanto è stato fatto nel caso di specie, in cui la clausola n. 12 è stata espressamente richiamata in calce e sottoscritta una seconda volta da entrambi i contraenti.

Volendo essere ancora più precisi (qualora, si intende, ciò sia ancora possibile) si potrebbe suggerire l’aggiunta – sia nel corpo del contratto, alla clausola 12, sia in calce, laddove si richiamano le clausole vessatorie – accanto alla dicitura “annotazioni” altresì “diritto di recesso” (in modo che in entrambi i punti del contratto appaia: “annotazioni: diritto di recesso”).
In tal modo si espliciterà ulteriormente il contenuto della clausola anche nel titolo della medesima.
In ogni caso, per rispondere al quesito, la clausola è legittima e l’utilizzatore potrà tranquillamente avvalersene in deroga al punto 5 del contratto.

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