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Patto di non concorrenza nel contratto di agenzia: puņ essere vessatorio?

Patto di non concorrenza nel contratto di agenzia: puņ essere vessatorio?
Per la Cassazione non è necessaria la specifica approvazione per iscritto da parte dell’agente del patto di non concorrenza.
È noto che l’agente, ai sensi dell’art. 1743 c.c., non può assumere l'incarico di trattare nella stessa zona e per lo stesso ramo gli affari di più imprese in concorrenza tra loro.
È altrettanto noto che di frequente preponente e agente siglanoun c.d. patto di non concorrenza per la fase successiva allo scioglimento del contratto. Esso, nello specifico, consiste in un accordo volto a garantire il preponente dalla possibilità che l'agente possa servirsi di quanto appreso dall'incarico svolto presso questi (tecniche di vendita, conoscenza dei prodotti, rapporto con la clientela ecc.) per svolgere l'attività in proprio o per conto di altri, arrecandogli un danno.
Tuttavia, poichè esso limita la libertà contrattuale dell'agente, l’art. 1751 bis c.c. impone specifiche cautele, quali la durata limitata, la forma scritta, la circoscrizione territoriale, il diritto ad una indennità per l'agente.

Tanto chiarito in via generale circa la disciplina la ratio del patto di non concorrenza, è necessario interrogarsi circa la necessità di specifica approvazione per iscritto ai sensi dell’art. 1341 c.c. di siffatta clausola.
E la risposta a tale quesito è stata di recente fornita dalla Corte di Cassazione con sentenza n. 1143 del 14 gennaio 2022, che ha dato continuità ad un orientamento già consolidato in giurisprudenza.

La Suprema Corte, sul punto, ha ricordato che il contratto di agenzia per sua natura è fondato sull’intuitus personae e, in quanto tale, si sostanzia in un regolamento negoziale che non è riferito a una platea indifferenziata di soggetti ma solo agli agenti. Non è pertinente, pertanto, la disciplina relativa ai contratti conclusi mediante la sottoscrizione di moduli e formulari: evidenziano, infatti, gli Ermellini che non possono ritenersi ‘per adesione’ i contratti predisposti da uno dei due contraenti in previsione e con riferimento a singole e specifiche vicende negoziali e comportino la possibilità di negoziazione del contenuto.

Per tale ragione, la Corte conclude – in conformità alle richiamate Cass., ord. n.. 17073/2013 e Cass., ord. 20461/2020 – che “non è sufficiente che uno dei contraenti abbia predisposto l’intero contenuto del regolamento (senza il concorso dell’altra parte) ma è necessario che le condizioni in esso fissate non possano che accettarsi (o rifiutarsi) nella loro interezza e, comunque, siano finalizzate a disciplinare una serie indefinita di rapporti”. Con riferimento al patto di non concorrenza negoziato tra agente e preponente, pertanto, non sussiste l’obbligo di specifica approvazione per iscritto di cui all’art. 1341 c.c.

La fattispecie sottoposta al vaglio della Corte, nello specifico, riguardava i rapporti contrattuali intercorsi tra un agente inserito nel settore della vendita di caffè e una famosa azienda di torrefazione. Nel contratto di agenzia da questi sottoscritto, in particolare, si prevedeva che, fermo il divieto di concorrenza nel corso del rapporto, anche per i due anni successivi l’agente, dietro il pagamento di un’indennità, non avrebbe potuto trattare in alcun modo affari comunque in concorrenza con i prodotti o con l’attività della preponente e che l’eventuale inosservanza di tale impegno avrebbe comportato l’applicazione di una penale pari al 30% delle complessive provvigioni maturate nel corso dell’ultimo anno del rapporto, salvo il diritto al risarcimento del maggior danno.
A seguito della cessazione del rapporto trentennale tra le parti, l’azienda preponente aveva rifiutato di corrispondere all’agente quanto dovuto a titolo di patto di non concorrenza per il biennio successivo, sicchè l’agente aveva adito il Tribunale.
Il Giudice di primo grado, tuttavia, aveva ritenuto sussistenti delle violazioni del patto di non concorrenza sicchè aveva condannato l’agente al pagamento di una penale.
L’agente aveva allora proposto appello dolendosi, per quanto qui di interesse, della nullità del patto di non concorrenza per mancanza di specifica approvazione per iscritto nonostante la sua natura di clausola vessatoria inserita in un testo contrattuale standard, cioè predisposto unicamente dalla preponente in modo identico (salvo per quanto riguarda la misura delle provvigioni) ad altri contratti da questa stipulati con altri agenti.
Avendo la Corte d’Appello ritenuto fondato tale profilo del gravame, il preponente aveva proposto ricorso in Cassazione, lamentando – sempre limitatamente a ciò che ora rileva – la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 1341 c.c. per una triplice ragione:
  1. la clausola non rientrava in uno schema di contratto con cui l’azienda regolava in modo uniforme un numero indefinito di casi poichè le condizioni dei vari contratti di agenzia che questa stipulava, fondati sull’intuitus personae, erano di volta in volta negoziate;
  2. la clausola non aveva carattere vessatorio in quanto era prevista una contropartita e comunque in quanto conforme alle condizioni di cui all’art. 751 bis c.c.;
  3. la clausola era tutt’altro che standard ma era stata oggetto di specifica trattativa tra le parti, essendo peraltro stata pattuita in corso di rapporto, quando tra le parti vi era già un contratto di agenzia.
Ritenendo fondati questi tre motivi di ricorso sulla scorta dei principi sopra esposti, la Suprema Corte ha dunque annullato la sentenza di secondo grado.


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