(massima n. 1)
Sebbene in materia contrattuale le caparre, le clausole penali ed altre simili, con le quali le parti abbiano determinato in via convenzionale anticipata la misura del ristoro economico dovuto all'altra in caso di recesso o inadempimento, non abbiano natura vessatoria, non rientrando tra quelle di cui all'art. 1341 c.c., e non necessitando, pertanto, di specifica approvazione, allorchè il rapporto sia intrattenuto tra professionista e consumatore, per effetto della disciplina introdotta dall'art. 1469-bis c.c., comma 3, n. 6, vigente ratione temporis (ora, art. 33, comma 2, lett. f, cod. cons.), ai sensi della L. 6 febbraio 1996, n. 52 - le cui disposizioni sarebbero in astratto applicabili al negozio di specie, concluso in data 9 settembre 1998 -, sussiste una presunzione di vessatorietà delle clausole che, in caso di inadempimento, prevedano il pagamento di una somma manifestamente eccessiva. Ai sensi dell'art. 1469-quinquies c.c., vigente ratione temporis, l'inefficacia delle clausole vessatorie opera soltanto a vantaggio del consumatore e può essere rilevata d'ufficio dal giudice.