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Articolo 612 bis Codice Penale

(R.D. 19 ottobre 1930, n. 1398)

[Aggiornato al 23/02/2024]

Atti persecutori

Dispositivo dell'art. 612 bis Codice Penale

(1)Salvo che il fatto costituisca più grave reato(2), è punito con la reclusione da un anno a sei anni e sei mesi chiunque, con condotte reiterate, minaccia o molesta taluno in modo da cagionare un perdurante e grave stato di ansia o di paura ovvero da ingenerare un fondato timore per l'incolumità propria o di un prossimo congiunto o di persona al medesimo legata da relazione affettiva ovvero da costringere lo stesso ad alterare le proprie abitudini di vita(3)(4).

La pena è aumentata se il fatto è commesso dal coniuge, anche separato o divorziato, o da persona che è o è stata legata da relazione affettiva alla persona offesa ovvero se il fatto è commesso attraverso strumenti informatici o telematici(5).

La pena è aumentata fino alla metà se il fatto è commesso a danno di un minore, di una donna in stato di gravidanza o di una persona con disabilità di cui all'articolo 3 della legge 5 febbraio 1992, n. 104, ovvero con armi o da persona travisata.

Il delitto è punito a querela della persona offesa. Il termine per la proposizione della querela è di sei mesi. La remissione della querela può essere soltanto processuale. La querela è comunque irrevocabile se il fatto è stato commesso mediante minacce reiterate nei modi di cui all'articolo 612, secondo comma. Si procede tuttavia d'ufficio se il fatto è commesso nei confronti di un minore o di una persona con disabilità di cui all'articolo 3 della legge 5 febbraio 1992, n. 104, nonché quando il fatto è connesso con altro delitto per il quale si deve procedere d'ufficio(6).

Note

(1) Tale articolo è stato introdotto con D.L. 23 febbraio 2009 n. 11, convertito in l. 23 aprile 2009 n. 38.
(2) La clausola di salvezza attribuisce a tale delitto valenza generica e sussidiaria rispetto ai reati di minaccia (612) e molestia (660).
(3) Si tratta di un reato abituale caratterizzato dalla reiterazione delle minacce o molestie, protratte per un certo lasso di tempo in modo seriale e comportanti tre differenti eventi tra loro alternativi che devono essere in rapporto di immediata causalità con la condotta di aggressione.
(4) Il presente comma è stato così modificato dall’art. 1 bis, comma 1, del D.L. 1° luglio 2013, n. 78, convertito dalla l. 9 agosto 2013, n. 94.
Tale comma è stato successivamente modificato dall'art. 9 comma 3 della L. 19 luglio 2019 n. 69.
(5) Tale comma è stato così modificato dall’art. 1, comma 3, lett. a), del D.L. 14 agosto 2013, n. 93 convertito dalla L. 15 ottobre 2013, n. 119.
(6) L'ultimo comma è stato così modificato dall’art. 1, comma 3, lett. b), del D.L. 14 agosto 2013, n. 93 convertito dalla l. 15 ottobre 2013, n. 119.

Ratio Legis

Il legislatore ha inserito tale norma nel codice penale al fine di fornire tutela penale alle ipotesi in cui le condotte di minaccia o molestia si presentino in modo reiterato, per questo particolarmente lesive della libertà psichica e morale del soggetto.

Spiegazione dell'art. 612 bis Codice Penale

Bene giuridico oggetto di tutela è la libertà personale e morale della persona.

Si tratta di un reato abituale, per la cui configurazione è infatti necessaria una reiterazione delle condotte di minaccia o violenza per almeno una volta, purché gli episodi siano legati da un contesto unitario

Le condotte suindicate devono necessariamente causare almeno uno dei seguenti eventi alternativi:

  • il perdurante e grave stato di ansia o paure della vittima;

  • il fondato timore per la propria incolumità o per quella di persona legata affettivamente;

  • la costrizione ad alterare le proprie abitudini di vita.

Per rispettare il principio di necessaria offensività del fatto concreto, è stato chiarito che è indispensabile la ripetizione di minacce e molestie, in modo da causare un disagio, senza che sia però necessario l'instaurarsi di un processo patologico. Trattasi ad ogni modo di reato di danno e di evento essendo richiesto l'insorgere di un'alterazione nell'equilibrio mentale della vittima.

Non rappresentando un duplicato del delitto di lesioni personali (art. 582, si rifiuta un'accezione strettamente medico-legale del grave stato d'ansia e del timore, ma è sufficiente che detti eventi siano accertati attraverso un'accurata osservazione di segni ed indizi comportamentali, desumibili dal raffronto tra la situazione pregressa e quella successiva alla condotta offensiva.

Massime relative all'art. 612 bis Codice Penale

Cass. pen. n. 39688/2023

In tema di reati contro la persona, il delitto di omicidio commesso da chi abbia perpetrato atti persecutori nei confronti della stessa persona offesa assorbe, ai sensi dell'art. 84, comma primo, cod. pen., il delitto di cui all'art. 612-bis cod. pen. solo nel caso in cui, in relazione al reato più grave, sia stata contestata la circostanza aggravante di cui all'art. 576, comma primo, n. 5.1, cod. pen., e vi sia stato, in ragione di essa, un effettivo aumento della pena, non verificandosi, altrimenti, la duplicazione di sanzioni che la disciplina del reato complesso intende evitare.

Cass. pen. n. 21641/2023

In tema di atti persecutori, ai fini della configurabilità della circostanza aggravante di cui all'art. 612-bis, comma secondo, cod. pen., la "relazione affettiva" tra autore del reato e persona offesa, pur se non intesa necessariamente soltanto come "stabile condivisione della vita comune", postula quantomeno la sussistenza, da verificarsi in concreto, di un legame connotato da un rapporto di fiducia, tale da ingenerare nella vittima aspettative di tutela e protezione, costituendo l'abuso o l'approfittamento di tale legame il fondamento della "ratio" di aggravamento della disposizione in esame.

Cass. pen. n. 12757/2023

In tema di atti persecutori, ricorre l'aggravante dell'uso di arma anche nel caso di una pistola scacciacani, in quanto qualsiasi oggetto che abbia, all'apparenza, le caratteristiche intrinseche di un'arma può provocare nel soggetto passivo un effetto intimidatorio più intenso.

Cass. pen. n. 15734/2023

Integra il delitto di atti persecutori la condotta di chi cagiona lesioni personali volontarie a danno della persona offesa, trattandosi di una modalità di consumazione del reato che rientra nella nozione di molestia, in quanto concretizza un'indebita ingerenza o interferenza, immediata o mediata, nella vita privata e di relazione della vittima, attraverso la creazione di un clima intimidatorio e ostile idoneo a comprometterne la serenità e la libertà psichica.

Cass. pen. n. 12498/2022

In tema di atti persecutori, il termine di prescrizione, per la natura abituale del reato, decorre, in caso di contestazione "aperta", dal momento in cui cessa il compimento dell'ultimo degli atti della sequenza criminosa integrativa dell'abitualità, ove emerga dalle risultanze processuali.

Cass. pen. n. 37136/2022

Il reato di atti persecutori concorre con quello di riduzione in servitù nel caso in cui le condotte siano state poste in essere in diversi segmenti temporali, in quanto l'operatività della clausola di sussidiarietà di cui all'art. 612-bis cod. pen. postula l'unità naturalistica del fatto.

Cass. pen. n. 25248/2022

In tema di atti persecutori, rientrano nella nozione di molestie anche le condotte che, pur non essendo direttamente rivolte alla persona offesa, comportino subdole interferenze nella sua vita privata.

Cass. pen. n. 15883/2022

In tema di rapporti fra il delitto di maltrattamenti in famiglia e quello di atti persecutori, il divieto di interpretazione analogica delle norme incriminatrici impone di intendere i concetti di "famiglia" e di "convivenza" di cui all'art. 572 cod. pen. nell'accezione più ristretta, di una comunità connotata da una radicata e stabile relazione affettiva interpersonale e da una duratura comunanza di affetti implicante reciproche aspettative di mutua solidarietà ed affetti, fondata sul rapporto di coniugio o di parentela o, comunque, su una stabile condivisione dell'abitazione, ancorché non necessariamente continuativa, sicché non è configurabile il reato di maltrattamenti in famiglia, bensì l'ipotesi aggravata di atti persecutori di cui all'art. 612-bis, comma secondo, cod. pen. in presenza di condotte vessatorie poste in essere da parte di uno dei conviventi "more uxorio" ai danni dell'altro dopo la cessazione della convivenza.

Cass. pen. n. 9663/2022

Ai fini della configurabilità, nell'ambito delle relazioni interpersonali non qualificate, del reato di maltrattamenti in famiglia - e non, invece, dell'ipotesi aggravata di atti persecutori - i concetti di "famiglia" e di "convivenza" vanno intesi nell'accezione più ristretta, presupponente una comunità connotata da una radicata e stabile relazione affettiva interpersonale e da una duratura comunanza d'affetti che non solo implichi reciproche aspettative di mutua solidarietà ed assistenza, ma sia fondata sul rapporto di coniugio o di parentela o, comunque, su una stabile condivisione dell'abitazione, ancorché non necessariamente continua.

Cass. pen. n. 9403/2022

In tema di atti persecutori, ai fini dell'irrevocabilità della querela ex art. 612-bis, comma quarto, cod. pen., non è necessario che la gravità delle minacce sia oggetto, nell'imputazione, di specifica contestazione, non costituendo una circostanza aggravante, ma una modalità della condotta, incidente sulla revocabilità della querela.

Cass. pen. n. 2443/2021

In tema di atti persecutori posti in essere nei confronti di più soggetti passivi, si configura una pluralità di reati, eventualmente unificati dalla continuazione, atteso che le condotte determinano differenti eventi e offendono distinte vittime.

Cass. pen. n. 45095/2021

Non è configurabile il reato di maltrattamenti in famiglia, bensì l'ipotesi aggravata del reato di atti persecutori, in presenza di condotte illecite poste in essere da parte di uno dei conviventi "more uxorio" ai danni dell'altro dopo la cessazione della convivenza.

Cass. pen. n. 1813/2021

Integra il delitto di atti persecutori l'opera di reiterata delegittimazione della persona offesa realizzata dal soggetto attivo attraverso una serie protratta di condotte diffamatorie e moleste (nella specie, realizzate mediante attività di "volantinaggio", una video-intervista divulgata su "you-tube", la pubblicazione di un libro dal titolo "Toghe corrotte" e di numerosi "post" diffamatori su "social network" riguardanti un magistrato) che, lungi dall'integrare un mero esercizio delle facoltà connesse alla tutela giudiziaria dei propri diritti, configurano uno stillicidio persecutorio ai danni della persona offesa, costringendola ad alterare le proprie abitudini di vita e sottoponendola ad uno stato di ansia e di turbamento determinato dalla costante paura di essere vittima di attività denigratoria.

Cass. pen. n. 30525/2021

Il delitto di atti persecutori è configurabile anche quando le condotte di violenza o minaccia integranti la "reiterazione" criminosa siano intervallate da un prolungato lasso temporale. (Fattispecie relativa ad esternazioni diffamatorie e di minaccia ai danni della vittima poste in essere a distanza di molti mesi l'una dall'altra). (Rigetta, CORTE APPELLO TORINO, 09/03/2018)

Cass. pen. n. 17552/2021

In tema di atti persecutori, l'evento tipico della alterazione o cambiamento delle abitudini di vita della persona offesa può essere anche transitorio, ma non occasionale. (Fattispecie in cui la Corte ha ritenuto configurabile il reato in un caso in cui la vittima era stata costretta a trasferirsi per alcuni giorni nell'abitazione di un amico, per il timore ingeneratole dal comportamento intimidatorio dell'imputato, che le aveva incendiato l'autovettura).

Cass. pen. n. 8919/2021

Integra il delitto di atti persecutori la reiterata ed assillante comunicazione di messaggi di contenuto persecutorio, ingiurioso o minatorio, oggettivamente irridenti ed enfatizzanti la patologia della persona offesa, diretta a plurimi destinatari ad essa legati da un rapporto qualificato di vicinanza, ove l'agente agisca nella ragionevole convinzione che la vittima ne venga informata e nella consapevolezza, della idoneità del proprio comportamento abituale a produrre uno degli eventi alternativamente previsti dalla norma incriminatrice.

Cass. pen. n. 15625/2021

Il criterio distintivo tra il reato di atti persecutori e quello di cui all'art. 660 cod. pen. consiste nel diverso atteggiarsi delle conseguenze della condotta che, in entrambi i casi, può estrinsecarsi in varie forme di molestie, sicchè si configura il delitto di cui all'art. 612-bis cod. pen. solo qualora le condotte molestatrici siano idonee a cagionare nella vittima un perdurante e grave stato di ansia ovvero l'alterazione delle proprie abitudini di vita, mentre sussiste il reato di cui all'art. 660 cod. pen. ove le molestie si limitino ad infastidire la vittima del reato. (Fattispecie in cui la Corte ha ritenuto esente da censure la sentenza che aveva ritenuto integrato il reato di atti persecutori in un caso di condotta di reiterata ed ossessiva molestia della persona offesa, mediante appostamenti sul luogo di lavoro e nei pressi dell'abitazione, urla ed aggressioni verbali seguite all'insistente suonare al citofono ed al campanello, telefonate invadenti, minacce e tentativi di contatti fisici, tali da cagionare un grave stato d'ansia e paura nella vittima e costringerla a limitare le uscite e a farsi costantemente accompagnare da qualcuno).

Cass. pen. n. 8050/2021

In tema di atti persecutori, l'evento, consistente nell'alterazione delle abitudini di vita o nel grave stato di ansia o paura indotto nella persona offesa, deve essere il risultato della condotta illecita valutata nel suo complesso, nell'ambito della quale possono assumere rilievo anche comportamenti solo indirettamente rivolti contro la persona offesa. (Fattispecie in cui la Corte ha ritenuto che fossero state legittimamente valutate non solo le minacce o molestie rivolte alla persona offesa dall'imputato, dopo l'interruzione di una relazione extraconiugale, ma anche le minacce e le denunce calunniose proposte nei confronti del marito e del padre della persona offesa, in quanto si inserivano nell'unitaria condotta persecutoria). (Dichiara inammissibile, CORTE APPELLO PALERMO, 28/11/2019)

Cass. pen. n. 1541/2020

In tema di atti persecutori, l'alterazione o il cambiamento delle abitudini di vita, che costituisce uno dei possibili eventi alternativi contemplati dalla fattispecie criminosa di cui all'art. 612-bis cod. pen., non è integrato dalla percezione di transitori disagi e fastidi nelle occupazioni di vita della persona offesa, ma deve consistere in una costrizione qualitativamente apprezzabile delle sue abitudini quotidiane.

Cass. pen. n. 1172/2020

Integra il delitto di atti persecutori la condotta di chi rivolga alla vittima ingiurie quando, per la loro consistenza, ripetitività e incidenza, siano tali da determinare, in sinergia con le altre forme di illecito di cui all'art. 612-bis cod. pen., uno degli eventi ivi alternativamente previsti.

Cass. pen. n. 45376/2019

Al delitto di atti persecutori di cui all'art. 612-bis cod. pen., che ha natura di reato abituale, e cioè a condotta plurima, non si applica il principio, proprio dei reati permanenti, secondo il quale, nell'ipotesi di contestazione aperta, il giudizio di penale responsabilità dell'imputato può estendersi, senza necessità di modifica dell'imputazione originaria, agli sviluppi della fattispecie emersi dall'istruttoria dibattimentale; ne consegue che le condotte persecutorie diverse e ulteriori rispetto a quelle descritte nell'imputazione devono formare oggetto di specifica contestazione, sia quando servono a perfezionare o ad integrare l'imputazione originaria, sia - e a maggior ragione - quando costituiscono una serie autonoma, unificabile alla precedente con il vincolo della continuazione. (In applicazione del principio, la Corte ha escluso che la contestazione in sede cautelare di determinate condotte persecutorie, commesse dall'indagato nell'anno 2018, fosse preclusa dalla condanna di primo grado, riportata dal medesimo, nel 2019, per il delitto omogeneo in danno della stessa vittima, contestato con la formula "dal 2016 ad oggi").

Cass. pen. n. 27615/2019

L'aggravante prevista dall'art. 612-bis, comma secondo, cod. pen., ha natura oggettiva, fondandosi sulla constatazione della sussistenza di un legame affettivo preesistente o attuale tra l'autore del reato e la vittima, e corrisponde alla "ratio" di punire più severamente l'aggressione proveniente dalla persona in cui la vittima ripone aspettative di tutela e protezione. (In applicazione del principio, la Corte ha ritenuto irrilevante il movente della condotta, consistente, nel caso di specie, nella volontà del ricorrente di ottenere la restituzione dell'immobile da lui acquistato, con intestazione alla vittima e da questa abitato).

Cass. pen. n. 26049/2019

Integra l'elemento materiale del delitto di atti persecutori la condotta di chi reiteratamente pubblica sui "social network" foto o messaggi aventi contenuto denigratorio della persona offesa – con riferimenti alla sfera della sua libertà sentimentale e sessuale – in violazione del suo diritto alla riservatezza.

Cass. pen. n. 22475/2019

E' configurabile il concorso tra il delitto di violenza privata e quello di atti persecutori, non sussistendo tra di essi un rapporto strutturale di specialità unilaterale ai sensi dell'art. 15 cod. pen., dal momento che il delitto di cui all'art. 612-bis cod. pen., diversamente dal primo, non richiede necessariamente l'esercizio della violenza e contempla un evento - l'alterazione delle abitudini di vita della vittima - di ampiezza molto maggiore rispetto alla costrizione della vittima ad uno specifico comportamento, che basta ad integrare il delitto previsto dall'art. 610 cod. pen. (In motivazione, la Corte ha precisato che neppure impiegando il criterio della "specialità reciproca per specificazione" potrebbe pervenirsi all'assorbimento del delitto di violenza privata in quello di atti persecutori, sussistendo al più tra le due fattispecie astratte, in ragione di quanto detto, un rapporto di "specialità reciproca per aggiunta").

Cass. pen. n. 33842/2018

Integrano il delitto di atti persecutori di cui all'art. 612-bis cod. pen. anche due sole condotte di minacce, molestie o lesioni, pur se commesse in un breve arco di tempo, idonee a costituire la "reiterazione" richiesta dalla norma incriminatrice, non essendo invece necessario che gli atti persecutori si manifestino in una prolungata sequenza temporale.

Cass. pen. n. 18139/2018

In tema di misure cautelari personali, la Corte ha ritenuto legittima l'ordinanza che, oltre a disporre il divieto di avvicinamento all'abitazione e al luogo di lavoro della vittima, ha imposto l'obbligo di mantenere una certa distanza dalla stessa nel caso di incontro occasionale.

Cass. pen. n. 11920/2018

In tema di atti persecutori, ai fini della configurabilità della circostanza aggravante di cui all'art. 612-bis, comma secondo, cod. pen. per "relazione affettiva" non s'intende necessariamente la sola stabile condivisione della vita comune, ma anche il legame connotato da un reciproco rapporto di fiducia, tale da ingenerare nella vittima aspettative di tutela e protezione.

Cass. pen. n. 10111/2018

In tema di atti persecutori, ai fini dell'individuazione del cambiamento delle abitudini di vita, che costituisce uno dei tre possibili eventi alternativi contemplati dalla fattispecie criminosa di cui all'art. 612 bis cod. pen., occorre considerare il significato e le conseguenze emotive della costrizione sulle abitudini di vita cui la vittima sente di essere costretta e non la valutazione, puramente quantitativa, delle variazioni apportate. (In applicazione del principio, la Corte ha annullato la sentenza impugnata che aveva escluso rilevanza penale ai cambiamenti di vita imposti alla vittima, costretta, prima di uscire, ad ispezionare preventivamente dallo spioncino lo spazio comune condominiale antistante l'abitazione per evitare incontri con l'imputata e a controllare la cassetta delle lettere per proteggere il figlio minore dagli scritti osceni ivi inseriti, sempre dall'imputata.

Cass. pen. n. 3087/2018

Le condotte vessatorie poste in essere ai danni del coniuge non più convivente, a seguito di separazione legale o di fatto, integrano il reato di maltrattamenti in famiglia e non quello di atti persecutori, in quanto i vincoli nascenti dal coniugio o dalla filiazione permangono integri anche a seguito del venir meno della convivenza. (In motivazione, la Corte ha precisato che il reato previsto dall'art. 612-bis cod. pen. è configurabile solo nel caso di divorzio tra i coniugi, ovvero di cessazione della relazione di fatto).

Cass. pen. n. 57704/2017

Ai fini della configurabilità del reato di atti persecutori, non è necessario che la vittima prospetti espressamente e descriva con esattezza uno o più degli eventi alternativi del delitto, potendo la prova di essi desumersi dal complesso degli elementi fattuali altrimenti acquisiti e dalla condotta stessa dell'agente. (Fattispecie in cui la Corte ha ritenuto che il grave stato d'ansia provocato alla vittima dall'imputato si ricavasse inequivocabilmente dal complesso probatorio risultante ai giudici, al di là della descrizione di esso fornita dalla persona offesa).

Cass. pen. n. 55807/2017

In tema di reato di stalking, la connessione che lo rende procedibile d'ufficio, ai sensi dell'ultimo comma dell'art. 612-bis cod. pen., è non solo quella in senso processuale, di cui all'art. 12 cod. proc. pen, ma anche quella in senso materiale, che si verifica ogniqualvolta l'indagine sul reato procedibile d'ufficio comporti necessariamente l'accertamento di quello punibile a querela, in presenza delle condizioni di collegamento probatorio di cui all'art. 371 cod. proc. pen., purché le indagini sul reato procedibile d'ufficio siano state effettivamente avviate e sebbene all'esito del giudizio i relativi fatti siano stati diversamente qualificati. (Fattispecie in tema di reato di lesioni aggravate, poi riqualificato nel reato di minaccia aggravata e, infine, ritenuto assorbito in quello di "stalking").

Cass. pen. n. 28623/2017

Ai fini della rituale contestazione del delitto di "stalking" non si richiede che il capo di imputazione rechi la precisa indicazione del luogo e della data di ogni singolo episodio nel quale si sia concretato il compimento di atti persecutori, essendo sufficiente a consentire un'adeguata difesa la descrizione in sequenza dei comportamenti tenuti, la loro collocazione temporale di massima e le conseguenze per la persona offesa.

Cass. pen. n. 26891/2017

È legittimo il sequestro preventivo dell'automezzo utilizzato reiteratamente per commettere il reato di atti persecutori con la finalità di produrre uno degli eventi previsti dall'art. 612 bis cod. pen. (Fattispecie in cui l'indagato aveva reiteratamente utilizzato l'autovettura, oggetto di sequestro, per impedire l'accesso all'esercizio commerciale della persona offesa, intralciandone l'attività e provocandole un perdurante stato d'ansia).

Cass. pen. n. 22210/2017

Nel delitto previsto dall'art. 612 bis cod. pen., che è reato abituale e si consuma al compimento dell'ultimo degli atti della sequenza criminosa integrativa della abitualità del reato, il termine finale di consumazione, in mancanza di una specifica contestazione, coincide con quello della pronuncia della sentenza di primo grado che cristallizza l'accertamento processuale, cosicché non si configura violazione del principio del "ne bis in idem" in caso di nuova condanna per fatti successivi alla data della prima pronuncia.

Cass. pen. n. 18646/2017

Ai fini della integrazione del reato di atti persecutori (art. 612 bis cod. pen.) non si richiede l'accertamento di uno stato patologico ma è sufficiente che gli atti ritenuti persecutori - e nella specie costituiti da minacce, pedinamenti e insulti alla persona offesa, inviati con messaggi telefonici o, comunque, espressi nel corso di incontri imposti - abbiano un effetto destabilizzante della serenità e dell'equilibrio psicologico della vittima, considerato che la fattispecie incriminatrice di cui all'art. 612 bis cod. pen. non costituisce una duplicazione del reato di lesioni (art. 582 cod. pen.), il cui evento è configurabile sia come malattia fisica che come malattia mentale e psicologica.

Cass. pen. n. 7404/2017

Nei procedimenti per reati commessi con violenza alla persona (nella specie, "stalking"), è ammesso il ricorso per cassazione della persona offesa avverso l'ordinanza con cui si dispone la revoca o la sostituzione della misura cautelare coercitiva in atto, al fine di far valere la violazione del disposto di cui all'art. 299, comma 4-bis, cod. proc. pen. e la mancata declaratoria di inammissibilità dell'istanza di modifica cautelare di cui sia stata omessa la notifica. (In motivazione, la Corte ha chiarito che, invece, non possono ritenersi esperibili dalla persona offesa i rimedi del ricorso "per saltum", le cui ipotesi sono tassativamente previste, e dell'appello ex art. 310 cod. proc. pen., quest'ultimo riservato espressamente alle parti processuali ivi indicate).

Cass. pen. n. 48268/2016

È configurabile il delitto di atti persecutori (cosiddetto reato di "stalking") nella ipotesi in cui, pur essendo la condotta persecutoria iniziata in epoca anteriore all'entrata in vigore della norma incriminatrice, si accerti la commissione reiterata, anche dopo l'entrata in vigore del D.L. 23 febbraio 2009, n. 11, conv. in l. 23 aprile 2009, n. 38, di atti di aggressione e di molestia idonei a creare nella vittima lo "status" di persona lesa nella propria libertà morale, in quanto condizionata da costante stato di ansia e di paura.

Cass. pen. n. 20696/2016

Il delitto di atti persecutori, avendo oggetto giuridico diverso, può concorrere con quello di esercizio arbitrario delle proprie ragioni, in cui restano assorbiti solo quei fatti che, pur costituendo astrattamente di per sè reato, rappresentino elementi costitutivi o circostanze aggravanti di esso e non anche quelli che eccedano tali limiti, dando vita a responsabilità autonoma e concorrente.

Cass. pen. n. 20065/2015

Il carattere del delitto di atti persecutori, quale reato abituale a reiterazione necessaria delle condotte, rileva anche ai fini della procedibilità, con la conseguenza che, nell'ipotesi in cui il presupposto della reiterazione venga integrato da condotte poste in essere oltre i sei mesi previsti dalla norma rispetto alla prima o alle precedenti condotte, la querela estende la sua efficacia anche a tali pregresse condotte, indipendentemente dal decorso del termine di sei mesi per la sua proposizione, previsto dal quarto comma dell'art. 612 bis c.p..

Cass. pen. n. 18211/2015

La previsione di cui all'art. 612 bis tutela i luoghi in cui si svolgano atti afferenti alla vita privata - ivi compresa quella lavorativa - delle persone; ai fini della sua operatività è, pertanto, necessario che nel luogo di commissione del furto possa essere concretamente prefigurata la presenza di qualcuno intento, anche in via occasionale, alle predette attività. (In applicazione del principio la S.C. ha censurato la decisione del giudice di merito che ha ritenuto integrato il delitto di cui all'art. 612 bis c.p. nei confronti dell'imputato per avere commesso un furto all'interno di uno stabilimento industriale, durante la chiusura notturna, senza accertare concretamente che le caratteristiche dell'attività ivi normalmente svolta o, comunque, la consuetudine o le esigenze del ciclo produttivo richiedessero che taluno si trattenesse durante la chiusura notturna).

Cass. pen. n. 17082/2015

Ai fini della proposizione della querela per il delitto di atti persecutori, il termine inizia a decorrere dalla consumazione del reato, che coincide alternativamente con "l'evento di danno" consistente nella alterazione delle proprie abitudini di vita o in un perdurante stato di ansia o di paura, ovvero con "l'evento di pericolo" consistente nel fondato timore per l'incolumità propria o di un prossimo congiunto.

Cass. pen. n. 9222/2015

Il delitto di atti persecutori è reato abituale che differisce dai reati di molestie e di minacce, che pure ne possono rappresentare un elemento costitutivo, per la produzione di un evento di "danno" consistente nell'alterazione delle proprie abitudini di vita o in un perdurante e grave stato di ansia o di paura, o, in alternativa, di un evento di "pericolo", consistente nel fondato timore per l'incolumità propria o di un prossimo congiunto o di persona al medesimo legata da relazione affettiva.

Cass. pen. n. 51718/2014

Nel delitto previsto dell'art. 612 bis cod. pen., che ha natura abituale, l'evento deve essere il risultato della condotta persecutoria nel suo complesso, anche se può manifestarsi solo a seguito della consumazione dell'ennesimo atto persecutorio, in quanto dalla reiterazione degli atti deriva nella vittima un progressivo accumulo di disagio che, solo alla fine della sequenza, degenera in uno stato di prostrazione psicologica in grado di manifestarsi in una delle forme previste dalla norma incriminatrice.

Cass. pen. n. 46179/2013

In tema di atti persecutori, la prova del nesso causale tra la condotta minatoria o molesta e l'insorgenza degli eventi di danno alternativamente contemplati dall'art. 612 bis cod. pen. (perdurante e grave stato di ansia o di paura; fondato timore per l'incolumità propria o di un prossimo congiunto; alterazione delle abitudini di vita), non può limitarsi alla dimostrazione dell'esistenza dell'evento, né collocarsi sul piano dell'astratta idoneità della condotta a cagionare l'evento, ma deve essere concreta e specifica, dovendosi tener conto della condotta posta in essere dalla vittima e dei mutamenti che sono derivati a quest'ultima nelle abitudini e negli stili di vita. (Fattispecie in cui la Corte ha ritenuto che la pressione ossessiva esercitata dall'imputato su una donna che aveva manifestato l'intenzione di interrompere la relazione sentimentale e la ravvisata invasione della sua sfera privata non includessero "in re ipsa" la determinazione di un perdurante e grave stato di ansia o di paura, potendo cagionare altri e diversi stati psicologici, come per esempio una forte irritazione).

Cass. pen. n. 25889/2013

Il reato di violenza privata è speciale rispetto al reato di atti persecutori di cui all'art. 612 bis c.p. in considerazione dell'elemento specializzante dato dallo scopo di costringere altri a fare, tollerare od omettere qualcosa, impedendone la libera determinazione con una condotta immediatamente produttiva di una situazione idonea ad incidere sulla libertà psichica del soggetto passivo.

Cass. pen. n. 20993/2013

Ai fini della sussistenza dell’elemento soggettivo del reato di atti persecutori (art. 612 bis c.p.), è necessario e sufficiente il dolo generico, costituito dalla volontà di porre in essere taluna delle condotte minacciose o moleste descritte nella norma con la consapevolezza della sua idoneità a produrre taluno degli eventi parimenti descritti nella stessa norma, senza che ciò comporti, peraltro, la necessità di una rappresentazione anticipata del risultato finale, essendo al contrario sufficiente la costante consapevolezza, nello sviluppo progressivo della situazione, dei precedenti attacchi e dell’apporto che ciascuno di essi arreca alla lesione dell’interesse protetto.

Il delitto di atti persecutori è reato abituale di evento, per la cui sussistenza, sotto il profilo dell'elemento soggettivo, è sufficiente il dolo generico, il quale è integrato dalla volontà di porre in essere le condotte di minaccia e molestia nella consapevolezza della idoneità delle medesime alla produzione di uno degli eventi alternativamente previsti dalla norma incriminatrice.

In tema di atti persecutori, quali previsti dall’art. 612 bis c.p., premesso che ciascuna delle condotte indicate nella norma incriminatrice è idonea a rendere configurabile il reato, devesi, in particolare, ritenere, con riguardo all’ipotesi che essa consista nella costrizione della persona offesa a modificare le proprie abitudini di vita, che ciò si verifica ogni qual volta si sia in presenza di un mutamento significativo e protratto per un apprezzabile lasso di tempo dell’ordinaria gestione della vita quotidiana, quale può riconoscersi, ad esempio, nell’avvertita necessità, da parte della vittima, di utilizzare per i propri spostamenti percorsi diversi da quelli abituali, ovvero di modificare gli orari per lo svolgimento di determinate attività, come pure di cessarle del tutto, ovvero ancora di staccare gli apparecchi telefonici nelle ore notturne.

Cass. pen. n. 10388/2013

Si configura il delitto di atti persecutori (cosiddetto reato di "stalking") nella ipotesi in cui, pur essendosi la condotta persecutoria instaurata in epoca anteriore all'entrata in vigore della norma incriminatrice, si accerti, anche dopo l'entrata in vigore del D.L. 23 febbraio 2009, n. 11, conv. in l. 23 aprile 2009, n. 38, la reiterazione di atti di aggressione e di molestia idonei a creare nella vittima lo "status" di persona lesa nella propria libertà morale in quanto condizionata da costante stato di ansia e di paura.

Cass. pen. n. 29872/2011

Il delitto di atti persecutori cosiddetto "stalking" (art. 612 bis c.p.) è un reato che prevede eventi alternativi, la realizzazione di ciascuno dei quali è idonea ad integrarlo; pertanto, ai fini della sua configurazione non è essenziale il mutamento delle abitudini di vita della persona offesa, essendo sufficiente che la condotta incriminata abbia indotto nella vittima uno stato di ansia e di timore per la propria incolumità.

Cass. pen. n. 20895/2011

Integra il delitto di atti persecutori (art. 612 bis c.p.), la condotta di colui che compie atti molesti ai danni di più persone, costituendo per ciascuna motivo di ansia, non richiedendosi, ai fini della reiterazione della condotta prevista dalla norma incriminatrice, che gli atti molesti siano diretti necessariamente ad una sola persona, quando questi ultimi, arrecando offesa a diverse persone di genere femminile abitanti nello stesso edificio, provocano turbamento a tutte le altre.

Cass. pen. n. 16864/2011

Ai fini della integrazione del reato di atti persecutori (art. 612 bis c.p.) non si richiede l'accertamento di uno stato patologico ma è sufficiente che gli atti ritenuti persecutori - e nella specie costituiti da minacce e insulti alla persona offesa, inviati con messaggi telefonici o via internet o, comunque, espressi nel corso di incontri imposti - abbiano un effetto destabilizzante della serenità e dell'equilibrio psicologico della vittima, considerato che la fattispecie incriminatrice di cui all'art. 612 bis c.p. non costituisce una duplicazione del reato di lesioni (art. 582 c.p.), il cui evento è configurabile sia come malattia fisica che come malattia mentale e psicologica.

Cass. pen. n. 10221/2011

Non integra il delitto di calunnia la persona offesa del reato di atti persecutori che, non avendo presentato la querela, nel sollecitare l'ammonimento dell'autore del reato ai sensi dell'art. 8 L. n. 38 del 2009 renda dichiarazioni eventualmente non veritiere a suo carico, atteso che in tal caso non si determina il pericolo di instaurazione di un procedimento penale non gravando sull'autorità di polizia che riceve tali dichiarazioni l'obbligo di trasmetterle a quella giudiziaria.

Cass. pen. n. 9117/2011

Il delitto di atti persecutori ha natura di reato abituale. (In applicazione del principio la Corte ha attribuito la competenza del reato in oggetto, posto inizialmente in essere quando il soggetto attivo era ancora minorenne e proseguito una volta diventato questi maggiorenne, al giudice ordinario).

Cass. pen. n. 8832/2011

Un grave e perdurante stato di turbamento emotivo è idoneo ad integrare l'evento del delitto di atti persecutori, per la cui sussistenza è sufficiente che gli atti abbiano avuto un effetto destabilizzante della serenità e dell'equilibrio psicologico della vittima.

Cass. pen. n. 32404/2010

Integra l'elemento materiale del delitto di atti persecutori il reiterato invio alla persona offesa di "sms" e di messaggi di posta elettronica o postati sui cosiddetti "social network" (ad esempio "facebook"), nonché la divulgazione attraverso questi ultimi di filmati ritraenti rapporti sessuali intrattenuti dall'autore del reato con la medesima.

Cass. pen. n. 17698/2010

Il delitto di atti persecutori è reato ad evento di danno e si distingue sotto tale profilo dal reato di minacce, che è reato di pericolo.

La reciprocità dei comportamenti molesti non esclude la configurabilità del delitto di atti persecutori, incombendo, in tale ipotesi, sul giudice un più accurato onere di motivazione in ordine alla sussistenza dell'evento di danno, ossia dello stato d'ansia o di paura della presunta persona offesa, del suo effettivo timore per l'incolumità propria o di persone ad essa vicine o della necessità del mutamento delle abitudini di vita (Fattispecie relativa a provvedimento "de libertate").

Cass. pen. n. 11945/2010

Il perdurante e grave stato di ansia o di paura, costituente uno dei tre possibili eventi del delitto di atti persecutori, è configurabile in presenza del destabilizzante turbamento psicologico di una minore determinato da reiterate condotte dell'indagato consistite nel rivolgere apprezzamenti mandandole dei baci, nell'invitarla a salire a bordo del proprio veicolo e nell'indirizzarle sguardi insistenti e minacciosi.

Cass. pen. n. 6417/2010

Integrano il delitto di atti persecutori, di cui all'art. 612 bis c.p., anche due sole condotte di minaccia o di molestia, come tali idonee a costituire la reiterazione richiesta dalla norma incriminatrice.

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Consulenze legali
relative all'articolo 612 bis Codice Penale

Seguono tutti i quesiti posti dagli utenti del sito che hanno ricevuto una risposta da parte della redazione giuridica di Brocardi.it usufruendo del servizio di consulenza legale. Si precisa che l'elenco non è completo, poiché non risultano pubblicati i pareri legali resi a tutti quei clienti che, per varie ragioni, hanno espressamente richiesto la riservatezza.

C. A. chiede
mercoledì 17/05/2023
“Buongiorno,
Nove mesi fa ho scoperto per caso che il mio compagno con cui vivo da 23 anni aveva avviato una relazione con una donna sposata e con figli.
Dopo un mese in cui sono stata lontana da casa, ci sono ritornata per le pressioni e le promesse (mai mantenute) fatte da lui.
Questa relazione non è mai stata interrotta e il 15/03/2023 ho scritto a lei chiedendole un incontro, inoltre, se non voleva incontrarmi le chiedevo di farmi sapere quali fossero le sue intenzioni con il mio compagno. In assenza di intenzioni serie le chiedevo di farsi da parte perché la sua presenza comprometteva la continuità del rapporto con il mio compagno. Il mio compagno ha 70 anni e lei 47. Più volte lei ha detto al mio compagno di non voler lasciare il marito anche se ha rapporti difficili con lui. A seguito di questo primo messaggio non ho mai ricevuto una risposta. Il 3/4 le scrissi un breve sms in cui le chiedevo di nuovo di farsi da parte. Anche qui non ho ricevuto alcuna risposta e il mio compagno mi accusò di stalking nei confronti di lei. Premesso che la mia dignità e il mio equilibrio psichico sono stati messi a dura prova in questi mesi, la mia domanda è capire se la mia condotta si configura come reato di stalking (o altro). Ho, infatti, intenzioni di scriverle di nuovo e dirle che sono disposta a raccontare tutto al marito se lei non si tira indietro. Inoltre, la violenza psicologica a cui sono sottoposta io grazie al comportamento disumano dentro casa da parte del mio compagno ( nel quale intravedo un profilo narcisistico) può essere considerata reato? Se sì quale. Grazie”
Consulenza legale i 21/05/2023
Analizziamo prima i profili afferenti alla persona tradita.

Lo stalking è un reato molto particolare che si configura laddove il soggetto ponga in essere diverse condotte di minaccia o di molestia tali da ingenerare un profondo stato d’ansia nella persona offesa dal reato, che giunge a fare in modo che questa tema per la sua incolumità e/o cambi le proprie abitudini di vita.

Gli atti persecutori, quindi, presuppongono prima di tutto che il soggetto agente ponga in essere più condotte di molestia o minaccia e, secondo la giurisprudenza prevalente, il numero minimo deve essere di 2.

Queste, comunque, non bastano. L’attività persecutoria deve essere in grado, infatti, di ingenerare nella persona offesa una certa psicosi che la induca a temere per la propria incolumità e/o la costringa, per questo, a cambiare le proprie abitudini.
Sono, questi, eventi piuttosto difficili da provare in modo concreto (anche in considerazione del fatto che attengono al foro interno della vittima) e in relazione ai quali, quindi, la giurisprudenza esige un regime probatorio molto accanito, tanto da un punto di vista medico che fattuale.

Tracciato questo breve panorama del reato, non sembra che lo stesso possa ritenersi configurato nel caso di specie.

Vero è che i messaggi inviati sono due (quindi in numero sufficiente a generare il reato), ma non pare che i messaggi predetti abbiano determinato un qualsiasi grave turbamento nella persona offesa. D’altra parte tale eventualità sarebbe stata anche di difficile verificazione atteso che il tenore degli sms sembra essere abbastanza neutro.

E’ importante, tuttavia, che la condotta non continui oltre. Laddove infatti dovesse essere spedito il messaggio accennato nella richiesta di parere, allora potrebbero sussistere i presupposti di cui all’ art. 612 bis del c.p.. Si tratterebbe infatti di una terza condotta, peraltro contenente una minaccia neanche tanto velata e che, pertanto, potrebbe essere sufficiente a ingenerare nella persona offesa uno stato d’ansia e di timore che condurrebbe alla configurazione del reato in parola.

Quanto, invece, alla posizione del “traditore”, valga quanto segue.

Dalla richiesta del parere non si intende bene quali condotte questi abbia posto in essere. Tuttavia, nella maggior parte dei casi, il reato che rileva è quello di maltrattamenti, di cui all’ art. 572 del c.p..
Ci troviamo difronte ad un reato abituale, che quindi presuppone, per il suo perfezionamento, la commissione di più condotte diluite nel tempo che, in buona sostanza, siano in grado di gettare la persona offesa in uno stato di umiliazione, sudditanza e oppressione che, pur potendo non avere risvolti clinici rilevanti, debba possedere connotati tangibili e concreti.

Antonio E. chiede
lunedì 16/07/2018 - Campania
“Il sottoscritto è un insegnante 61 enne che vive, da solo, in un bilocale popolare, con madre ultracentenaria, demente e invalida grave e che è costretto a stare molto tempo in congedo e a casa per motivi assistenziali.
Circa 10 anni fa, quindi prima del 2009, sono improvvisamente iniziati forti rumori al piano superiore, trascinamenti, tacchi, bòtte, oggetti che cadono, rumori dal suo bagno che ha spostato sulla nostra stanza da letto. Inoltre ogni notte alle 3.00, puntualmente venivo svegliato dai tacchi della figlia che ritornava da lavoro. Nonostante abbia protestato per bene novanta volte, (ricordo bene!), non è migliorato mai niente e dopo un mese ho incominciato ad avere gravi disturbi del sonno, migliorati un poco da uso di ansiolitici e uso di doppia protezione auricolare, cioè tappi e cuffie professionali insieme.
Poco dopo decisi di andare a dormire altrove e questo per alcuni anni...
Da quel tempo detti rumori non sono mai cessati, qualche pausa, poi in forme diverse cioè periodi di trascinamento, periodo di tacchi ... periodi misti.
Sono migliorati, ma per pochi mesi, solo i rumori nel bagno dopo 10 anni, avendo spiegato al vicino, cosa che lui già sentiva, cioè che facciamo spesso nottate e abbiamo bisogno di recuperare il pomeriggio, di cui possiedo registrazione vocale fatta in casa nostra, mia madre presente.
Questa volta, da qualche mese una forma nuova di rumore e particolarmente molesta, cioè forti e lunghi trascinamenti di tavola, e poltrona, non sedie, vanno dalle 14.00, ora di ritorno della moglie da lavoro alle 0.30 circa, impediscono il recupero sonno pomeridiano e sono accompagnati da rumori di tacchi nel bagno e nella ns. stanza da letto. Ognuna di queste ondate nuove mi ripropone lo stato di ansia e devo usare ansiolitici per dormire, inoltre uso spesso anche le protezioni auricolari, non riesco a studiare, a sentire il telegiornale e sono preoccupato che mi ritorni la insonnia grave, anche 1 mg di EN, con grave danno per me e mia madre. Questi trascinamenti si sentono anche nella stanza a fianco, dove dormiamo, nonostante usi la doppia protezione auricolare, quindi non riesco a recuperare sonno il pomeriggio, come era mia abitudine, infatti mia madre demente mi fa dormire poche ore la notte e il molestatore lo sente e lo sa già da me, vedi registrazione, quindi non mi sento bene. Faccio presente infatti anche che le benzo, fanno dormire di notte, ma anche il giorno provocando stordimento, amnesie e quindi provocano un cambiamento della forma della vita.
Inoltre spesso per qualche ora, sempre dopo le 16.00, viene la figlia, che va in giro con tacchi, con la figlia di 6-7 anni che trascina sedie e rumori vari, incontrollata dai parenti tutti presenti
In questo periodo vengo spesso anche svegliati da trascinamenti e bòtte che avvengono intorno alle 6.20 esatte, ora risveglio della o anche prima per il risveglio del marito, come da registrazioni.
Posso documentare
- registrazione conversazione con il disturbatore Fatta in presenza di mia madre
- certificato medico psichiatrico ASL attestante stato ansia, che ho sempre e solo riferito a rumori soprastanti, per mostrare che il nesso causale è con i rumori e non con la attività di care-giving che è solo molto faticosa. Inoltre quando andavo a dormire altrove, mia madre non era ancora demente, altrimenti non la avrei potuta lasciare da sola, lo è diventata improvvisamente il 2010 (trattasi di demenza vascolare che è improvvisa, contrariamente al Alzheimer che è progressiva)
- testimonianza amico che andavo a dormire altrove.
- registrazioni giorno per giorno, con data e ora dei singoli rumori, che vi invito fortemente a dare un ascolto sul sito seguente, per rendersi conto che sono lunghi e forti trascinamenti di pesante tavola e poltrona.....................(da inviare)
- foto di protezioni auricolari di cui faccio ampio uso
questi forti e improvvisi trascinamenti avvengono in cucina ,sulla nostra testa, mentre mangiamo, mentre sono a studiare al computer, mentre combatto contro l'agitazione da demenza di mia madre ,agitazione fatta di grida, allucinazioni, volere andare via , mentre stiamo andando a dormire intorno a mezzanotte.
La mia ricerca ,da inesperto, e le note in calce mi fanno pensare che si possa ravvisare uno stalking condominiale e forse anche aggravato , per il danno indiretto arrecato a un disabile grave per la presenza di tutti i tre eventi del 612 bis oltre a inferire con un soggetto indebolito cioè il sottoscritto.

Vorrei sapere il vs parere o se ravvisate altri reati

Grazie

NOTE

1 Lo stalking non è necessario il dolo intenzionale ma è sufficiente quello generico , cioè consapevolezza e volontà del singolo atto intrusivo senza nemmeno volere uno dei tre eventi tipici (stato ansia, cambiamento vita e timore per se o i suoi)del 612 bis (Cass. pen., sez. V, sentenza 4 luglio 2014, n. 29205) cfr sito da inviare link
Infatti vi è stalking anche per sesso rumoroso.

2 non occorre certificare lo stato di ansia addirittura ai fini della misura cautelare
Cassazione penale, sez. V, sentenza 07/11/2011 n° 40105
cfr da inviare link al sito

3 questi rumori li sente sicuramente la signora sotto di me ,parente di malavitosi vicini e quindi potrebbero essere commissionati e verificati dal clan

4 La Cass. pen dice che anche se lo stalking è iniziato prima del 2009 , anno del 602 bis, poi ampliato dalla Corte Costituzionale nel 2011 allo stalking condominiale, se gli atti persecutori continuano ancora lo stalked a maggior ragione merita tutela penale perché indebolito”
Consulenza legale i 16/07/2018
Ai fini di dare una risposta al parere va premesso quanto segue.

Ogni reato del nostro ordinamento nasce per “punire” un determinato fatto che, secondo il legislatore, è meritevole di tutela penale.
Ciò tuttavia non vuol dire che quel particolare reato rimanga sempre fedele a se stesso e, dunque, risulti integrato soltanto quando si verifichi il fatto per cui era stato “creato”. L’applicazione giurisprudenziale e l’analisi dottrinale consentono spesso e volentieri di applicare un particolare reato a fatti che, originariamente, neanche erano stati considerati.

Così è successo allo stalking.
Il reato di atti persecutori nacque con il decreto legge 23 febbraio 2009, n. 11 (Misure urgenti in materia di sicurezza pubblica e di contrasto alla violenza sessuale, nonché in tema di atti persecutori), convertito con modificazioni nella legge 23 aprile 2009, n. 38.
L’esigenza sottesa era dunque quella di contrastare il fenomeno degli abusi sessuali e creare un reato “spia” che consentisse alla persona offesa di avere un’arma in più contro il suo persecutore.
Col tempo però l’interpretazione dello stalking si è allargata fino a ricomprendere fatti e condotte che originariamente erano ben distanti dalla condotta che si voleva censurare con la riforma.
Così non solo è nato lo stalking giudiziario ma anche quello condominiale.

Quanto a quest’ultimo, in giurisprudenza esiste più di un precedente che riconosce la sussistenza del reato in seguito al verificarsi di condotte sconvenienti poste in essere nell’ambito della realtà condominiale.
Di seguito alcuni esempi:

Cass. pen. Sez. V Sent., 22-01-2018, n. 10111 (rv. 272594)
In tema di atti persecutori, ai fini dell'individuazione del cambiamento delle abitudini di vita, che costituisce uno dei tre possibili eventi alternativi contemplati dalla fattispecie criminosa di cui all'art. 612 bis cod. pen., occorre considerare il significato e le conseguenze emotive della costrizione sulle abitudini di vita cui la vittima sente di essere costretta e non la valutazione, puramente quantitativa, delle variazioni apportate. (In applicazione del principio, la Corte ha annullato la sentenza impugnata che aveva escluso rilevanza penale ai cambiamenti di vita imposti alla vittima, costretta, prima di uscire, ad ispezionare preventivamente dallo spioncino lo spazio comune condominiale antistante l'abitazione per evitare incontri con l'imputata e a controllare la cassetta delle lettere per proteggere il figlio minore dagli scritti osceni ivi inseriti, sempre dall'imputata. (Annulla con rinvio, App. Brescia, 25/01/2016)

Trib. Torino Sez. III, 18-05-2016

Ai fini della configurabilità del reato di stalking, la condotta molesta posta in essere dall'agente deve provocare, come conseguenza diretta, uno degli "eventi" previsti dall'art. 612-bis c.p., ovvero "un perdurante e grave stato di ansia o di paura", l'aver ingenerato "un fondato timore per l'incolumità propria o di un prossimo congiunto o di persona al medesimo legata da relazione affettiva" e aver costretto la vittima ad "alterare le proprie abitudini di vita. Conseguentemente, risponde penalmente per l'anzidetto reato, il condomino che sottoponga a perduranti ed umilianti condotte minacciose e denigratorie una coppia omosessuale trasferitasi all'interno dello stesso condominio.”

Stando così le cose, è possibile senz’altro affermare che la reiterata condotta posta in essere dai signori di cui alla richiesta di parere sia astrattamente idonea a integrare il reato di atti persecutori di cui all’art. 612 bis cp.

Ne sussistono in effetti tutti gli elementi:
  • Il continuo e reiterato spostamento dei mobili, il calpestio incessante dei tacchi della ragazza e l’insieme degli altri rumori molesti ripetuti in modo costante ben potrebbero integrare l’elemento delle molestie reiterate;
  • Allo stesso modo, è indubbio che i patimenti subiti dall’inquilino dell’appartamento sottostante siano idonei ad integrare almeno l’elemento dell’alterazione delle abitudini di vita che si richiede ai fini della sussistenza della norma.
Il problema va individuato tuttavia nel dolo (diritto penale) della fattispecie.

E’ ben vero infatti che ai fini della sussistenza del reato non è necessario che il soggetto voglia cagionare il perdurante stato d’ansia e/o il pericolo per la propria o altrui incolumità e/o la modifica delle abitudini di vita del soggetto offeso; tantomeno occorre che le condotte siano poste in essere in via “preordinata” (C., Sez. V, 24.9.2015, n. 43085) ben potendo integrare il reato anche la commissione di più atti molesti ogni qualvolta se ne presenti l’occasione. Tuttavia è indispensabile ai fini della sussistenza del reato che il soggetto agente, nel porre in essere le attività moleste, voglia effettivamente cagionare disturbo forte al soggetto che le subisce. Riassumendo in termini “semplici” ciò che dice la giurisprudenza sul dolo del reato (e la querelle sul tema è stata lunga è complessa), possiamo affermare che il dolo dello stalking si ha ogni qualvolta il soggetto effettivamente pone in essere una serie continuata di condotte sconvenienti e moleste con l’effettiva volontà di recare disturbo al soggetto passivo essendo di converso indifferente che al contempo voglia concretamente arrecare il perdurante stato d’ansia e/o il pericolo per la propria o altrui incolumità e/o la modifica delle abitudini di vita del soggetto offeso.

Ritornando al caso di specie, il dolo potrebbe essere una scappatoia per gli inquilini del piano di sopra. E’ vero infatti che i rumori dagli stessi posti in essere fossero assolutamente inaccettabili e ben oltre i normali rumori che possono essere uditi nell’ambito di un condominio, ma questi potrebbero sempre dire che si è trattato di condotte si esagerate, ma fatte con leggerezza ed il cui intento non era di certo quello di ledere la tranquillità del condomino sottostante.

In sintesi possiamo affermare che:
  • dai fatti narrati è verosimile dedurre la sussistenza del reato di stalking condominiale non ravvisandosi altre fattispecie;
  • che una scappatoia possibile del soggetto agente potrebbe essere quella di dire che le condotte sono state poste in essere con leggerezza e non già per arrecare effettivamente disturbo al condomino dell’appartamento sottostante.
Stando così le cose, la via giudiziaria migliore da percorrere sarebbe la seguente:
  • intimare prima con atto scritto ai soggetti di cessare la loro attività molesta entro e non oltre 15 gg facendo ben presente i disagi causati e le precedenti diffide orali già effettuate;
  • qualora non si dovesse avere alcun beneficio, si potrebbe depositare una querela presso la Procura competente evidenziando in modo specifico:
  1. le condotte poste in essere e le prove delle stesse (registrazioni e altro);
  2. che gli inquilini sono stati più volte diffidati dal ripetere le condotte sia in via orale che scritta evidenziando al contempo la malafede nel continuare imperterriti come prima;
  3. che le condotte poste in essere hanno causato grossi danni alla persona offesa di cui si posseggono prove (da allegare, esempio certificati medici) e/o che comunque si è in grado di provare (testimonianza amico).

Anonimo chiede
domenica 08/07/2018 - Trentino-Alto Adige
“Buona sera,
sono (omissis) della provincia di (omissis).
Ho firmato una separazione consensuale con mia moglie nel 2014, separazione simulata per garantire un reddito familiare al bisogno. Dopo 4 mesi dalla firma, la moglie ha cominciato a richiederne gli effetti. Il matrimoinio durava da 20 anni. Scopro che aveva (ed ha) un amante da 5 anni, anch'egli con separazione e ora divorzio promosso dallo stesso legale di mia moglie. Impugno l'atto di separazione per dolo e vizio del consenso. E'tuttora sub iudice.
Mia moglie , seguita nelle operazioni dall'amante, ha ottenuto un ammonimento per stalking al sottoscritto, testimone chiave era lui!, l'amante.
Mantengo direttamente i 4 figli, in quanto nell'atto c'era scritto solo 400 euro per tutti al mese: non voglio perdere la costanza, autonomia ed autorità coi figli.
Denuncio per falso dinanzi al Questore moglie e amante. Archiviata, nonostante prove schiaccianti. E' rimasta la diffamazione dove sono PO.
Seguono varie denunce tutte collegate all'atto di separazione non attuato dal sottoscritto.
Non mi dilungo. Ho prove di innocenza totale, prove di rapporto extraconiugale della moglie prima della firma della separazioni; registrazioni vocali di testimoni e tanto altro. Il mio avvocato vuole subire e mai attaccare.

Io vorrei: denunciare la moglie per Stalking giudiziario, castello accusatorio inventato ad hoc, sottrazione di minori; vorrei attaccare l'amante accusandolo di aver supportato mia moglie in tutto ed anche nella sottrazione di minori, Trib civile.
Potrei scrivere mille pagine, ma il concetto credo sia chiaro. Mia moglie tuttora nega la relazione extraconiungale, che prosegue. io NON ho deciso nulla dell'atto di separazione. Sono truffato, non separato. Ho impiegato 18 mesi di indagini per capire cosa c'era sotto.
Attendo un vostro parere, grazie”
Consulenza legale i 16/07/2018
Il reato di atti persecutori di cui all’art. 612 bis del codice penale è molto complesso. Ai fini della sua integrazione occorre infatti che sussistano numerosi elementi.

In primo luogo occorre che il soggetto attivo ponga in essere condotte reiterate di minaccia o molestia. Per minaccia si intende la prospettazione di un male futuro e prossimo, la cui verificazione dipende dalla volontà dell'agente, per molestia, ogni attività che alteri dolorosamente o fastidiosamente l'equilibrio psico-fisico normale di un individuo.
E’ importante poi che detta condotta cagioni nel soggetto passivo un “perdurante e grave stato di ansia o di paura nella vittima, oppure un fondato timore per l'incolumità propria, di un prossimo congiunto o di persona legata alla vittima da una relazione affettiva, oppure l'alterazione delle abitudini di vita della persona offesa”.

Nelle prime pronunce giurisprudenziali il «perdurante e grave stato d'ansia o di paura» viene inteso non come uno stato patologico clinicamente accertato, bensì come uno stato d'animo della persona offesa, caratterizzato da sentimenti di esasperazione e di profonda prostrazione, concretamente accertabili e non transitori (T. Milano 17.4.2009). Analogamente, si è ritenuto che è sufficiente che gli atti ritenuti persecutori abbiano un effetto destabilizzante della serenità e dell'equilibrio psicologico della vittima (C., Sez. V, 17.2.2017, n. 18646; C., Sez. V, 22.9.2011, n. 42953; C., Sez. V, 10.1.2011; C., Sez. V, 1.12.2010; C., Sez. V, 12.1.2010).
Quanto al fondato timore per l'incolumità della vittima, di un prossimo congiunto o di una persona a lei (cioè alla vittima) legata da una relazione affettiva, anche qui occorre accertare la concretezza e l'oggettività della situazione di paura vissuta dalla vittima.
Infine, la reiterata condotta minacciosa o molesta dello stalker può produrre l'alterazione delle abitudini di vita della vittima, cioè il mutamento delle sue azioni quotidiane (eliminato il riferimento alle "scelte" di vita del soggetto passivo, contenuto nell'originario d.D.L. C-1440).

Quanto invece all’elemento psicologico, Il delitto è punibile a titolo di dolo (diritto penale) generico ed è integrato dalla volontà di porre in essere le condotte di minaccia e molestia nella consapevolezza della idoneità delle medesime alla produzione di uno degli eventi alternativamente previsti dalla norma incriminatrice (C., Sez. V, 12.10-24.11.2016, n. 50057; C., Sez. V, 10.4.2015, n. 42566; C., Sez. V, 19.2.2014, n. 18999; C., Sez. V, 27.11.2012-15.5.2013, n. 20993).

Ritornando al caso di specie, va subito detto che, almeno astrattamente, la denuncia per stalking sarebbe possibile.

L’ultimissima giurisprudenza ha infatti sostenuto che lo stalking giudiziario può esistere nella misura in cui un determinato soggetto ponga in essere numerose azioni giudiziarie contro il medesimo soggetto, e che queste azioni siano talmente pretestuose da cagionare uno degli eventi richiesti dalla norma (stato d’ansia o paura, timore per la propria incolumità o quella di un prossimo congiunto o alterazione delle abitudini di vita).

Si diceva appunto astrattamente in quanto la sussistenza del reato non può prescindere dalla concreta valutazione delle azioni giudiziarie intentate. In tutti i casi infatti il Tribunale di turno ha ritenuto sussistente il reato di stalking giudiziario solo allorché le iniziative giudiziarie intentate si rivelavano totalmente assurde e/o infondate. Ad esempio il Tribunale di Milano ha condannato per stalking giudiziario una coppia di soggetti in quanto questi avevano denunciato il loro vicino addirittura per tentato omicidio per immissione nel loro terrazzo di nubi tossiche solo perché questi aveva fumato nel proprio giardino uno spinello!

Ritornando al caso di specie, non sembra consigliabile una denuncia per stalking. Ciò perché da quanto narrato sembra che tra le parti vi sia un acceso contenzioso giudiziario che, sebbene possa essere ritenuto infondato da ambo le parti, non sembra poter essere inquadrato come “assurdo” e/o ritenuto talmente infondato dal procuratore di turno da iniziare concretamente le indagini. Ciò peraltro esporrebbe il querelante al concreto pericolo di una controquerela per calunnia (art. 368 c.p.) resa ancor più probabile dai tesissimi rapporti in essere. A conferma di quanto detto v’è peraltro la fondamentale circostanza che la ex coniuge del denunciando ha già ottenuto un ammonimento per stalking nei confronti dell’ ex marito.
Sembra poi anche difficilmente sussistente l’evento del reato. Stando sempre alla narrazione dei fatti non sembra infatti che l’ipotetico denunciante abbia subito gli effetti tipici del reato che abbiamo enunciato prima e senza i quali il reato non può ritenersi integrato.

Quanto invece all’art. 2055 cc. è evidente che, nel caso il reato fosse integrato, si potrebbe in effetti far valere ai fini civilistici – ovvero risarcitori – una responsabilità solidale in capo a moglie ed amante.
L’art. 2055 c.c. stabilisce infatti che se l’evento dannoso – nel caso di specie il reato – è imputabile a più persone (come sarebbe nel caso in esame qualora si dimostrasse lo stalking, a danno del marito, da parte della moglie con l’aiuto e la partecipazione dell’amante) tutte sono obbligate in solido (ovvero per l’intero) al risarcimento del danno, con presunzione di uguaglianza nelle colpe, salvo prova contraria.

Massimo S. chiede
mercoledì 07/06/2017 - Lazio
“Innanzitutto complimenti per il sito e i servizi erogati. Venendo al mio problema : ho in corso una querela per atti persecutori dopo aver lasciato una donna infedele. La cosa che mi appare tuttavia assurda è questa e riguarda la querela stessa. In pratica :

1) Il giorno 22 febbraio 2016 la querelante mi invia la seguente mail " Non riesco neanche ad immaginare una vita senza di te perché non posso perdere l'uomo che amo. Tua per sempre"

2) Il giorno 3 marzo 2016 lascio la querelante

3) Il giorno 4 marzo 2016 ricevo il seguente sms dalla querelante " la morte come ultimo atto di libertà". Mi attivo con forze dell'ordine che intervengono

4) Il giorno 5 marzo 2016 la querelante viene dimessa dal servizio psichiatrico

5) Il giorno 16 marzo 2016 la querelante presenta una querela per "atti persecutori" in assenza di qualsiasi episodio riferibile a tale condotta.

A me pare sinceramente allucinante anche perché hanno cercato a posteriori di utilizzare qualsiasi fatto anche il più normale. Sono pertanto a chiedervi un parere tantopiù che il PM ha accolto tale tesi e mi ha rinviato a giudizio. A breve dovrò andare dal GIP. Ovviamente ho attivato tutte le procedure del caso ma tenevo molto ad un vs parere che utilizzerei come spunto anche nelle dichiarazioni che potrò fare in seguito. PS provvederò al pagamento con bonifico bancario. Grazie per l'attenzione e confido in un rapido riscontro.


Consulenza legale i 21/06/2017
Il quesito riferisce l’assenza di qualsivoglia condotta riferibile al delitto di atti persecutori.

Lo scrivente non ha ovviamente elementi per contraddire tale tesi, si ritiene però necessario esaminare gli atti contenuti nelle indagini preliminari poter approntare la migliore strategia difensiva.

La Cassazione ha stabilito che “non occorre una lunga sequela di azioni delittuose per ritenere integrato il reato di stalking, è sufficiente che esse siano di numero e consistenza tali da ingenerare nella vittima il fondato timore di subire offesa alla propria integrità fisica o morale” (Cassazione Penale n. 27798 del 04/04/2013).

Sempre la Suprema Corte, inoltre, ha stabilito che “la fattispecie criminosa di atti persecutori (stalking) di cui all'art. art. 612 bis del c.p. c.p. tutela il singolo cittadino da comportamenti che ne condizionino pesantemente la vita e la tranquillità personale, procurando ansie, preoccupazioni e paure, con il fine di garantire alla personalità individuale l'isolamento da influenze perturbatrici” (Cassazione Penale n. 25889 del 20/03/2013).

È idoneo a integrare l'evento del reato di atti persecutori (cosiddetto stalkìng; art. art. 612 bis del c.p. c.p.) un grave e perdurante stato di turbamento emotivo, essendo a tal fine sufficiente che gli atti abbiano avuto un effetto destabilizzante della serenità e dell'equilibrio psicologico della vittima, non essendo richiesto l'accertamento di uno stato patologico, considerato che la fattispecie incriminatrice di cui all'art. 612 bis c.p. non costituì che una duplicazione del reato di lesioni (art. art. 582 del c.p. c.p.), il cui evento è configurabile sia come malattia fisica che come malattia mentale e psicologico” (Cassazione Penale n. 18819 del 14/11/2012).

In sintesi lo stalking si configura quando la condotta dell’indagato/imputato genera in alternativa:
1) un perdurante e grave stato di ansia o di paura;
2) un fondato timore per l'incolumita' propria o di un prossimo congiunto o di persona al medesimo legata da relazione affettiva ovvero da costringere lo stesso ad alterare le proprie abitudini di vita.

Le condotte punite possono essere varie e, prese singolarmente, anche lievi (minacce, offese, messaggi petulanti e ripetuti, appostamenti, pedinamenti, lesioni solo per fare degli esempi).

Trattandosi di delitto, deve anche sussistere l’elemento del dolo, vale a dire che il soggetto deve avere la coscienza e volontà di causare lo stato di prostrazione sopraccitato.

Nel caso di specie, la creazione di un falso profilo mail e i conseguenti messaggi diretti alla ex compagna non paiono rappresentare un profilo di penale responsabilità per quanto attiene al delitto di stalking, mentre i messaggi inviati a parenti ed amici possono rappresentare un elemento critico.

Dando per scontato che, come affermato, tali messaggi non contenessero minacce o insulti, in astratto non è possibile escludere che le valutazioni etico morali esplicitate a terzi, se poi riferite alla persona offesa, potrebbero aver determinato quello stato di prostrazione psicofisica punito dalla norma.

Sotto il profilo pratico, il consiglio è quello di esaminare il contenuto di questi messaggi e, se conosciuta, della denuncia querela col proprio difensore per valutare se, ed eventualmente quali, dichiarazioni rendere.


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