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Stalking in condominio: non basta essere condomini per ottenere il risarcimento

Stalking in condominio: non basta essere condomini per ottenere il risarcimento
Il condominio in quanto tale può essere considerato persona offesa del reato di stalking? La risposta della Cassazione
Una delle applicazioni più frequenti del c.d. stalking - ovvero la fattispecie che, nel nostro codice penale (art. 612 bis), viene denominata “Atti persecutori” - è quella che si verifica in ambito condominiale: laddove la forzata condivisione di spazi e regole comuni genera non di rado attriti e la pacifica “convivenza” tra i vari abitanti dell’edificio può essere turbata da comportamenti ripetuti e vessatori, tali da integrare il delitto in esame.
L’aspetto che si vuole approfondire in questo breve contributo riguarda la possibilità di configurare il delitto di cui all’art. 612-bis c.p. nei confronti dell’intero condominio, considerato in quanto tale.
Di tale specifico argomento si è occupata una recente sentenza della V Sezione penale della Corte di Cassazione, la n. 20386 del 1° aprile 2025.
Ma procediamo con ordine.
Due uomini erano stati condannati sia in primo che - dalla Corte di Appello di Roma - in secondo grado per il delitto di atti persecutori, previsto e punito dall'art. 612-bis c.p., commesso proprio in ambito condominiale.
Avverso la sentenza di appello gli imputati ricorrevano alla Suprema Corte sulla base di diversi motivi.
Nell’analizzare questi ultimi, gli Ermellini hanno riconosciuto meritevole di accoglimento proprio l'assunto difensivo secondo cui la sentenza impugnata, in sostanza, avrebbe condannato i due uomini “quali responsabili del delitto di atti persecutori nei confronti di tutte le numerose parte civili costituite”, senza che fosse emersa in giudizio la relativa prova nei confronti di alcune di esse.
In proposito, la Corte illustra la (contraddittoria) tesi dell’accusa, in base alla quale “le condotte dei ricorrenti avrebbero configurato veri e propri atti persecutori non già nei confronti di singoli condomini bensì del condominio complessivamente inteso, salva la puntualizzazione, nel medesimo capo di imputazione, che le condotte stesse si riferivano a quattordici condomini e ai loro familiari”.
A seguito di ciò - prosegue la S.C. - in entrambi i gradi del processo di merito il reato contestato è stato ritenuto accertato nei confronti di tutti i condomini (in numero di ventiquattro) che si erano costituiti parte civile, con conseguente condanna degli imputati al risarcimento del danno nei confronti di tutti costoro.
Ciò premesso, quale iter logico - giuridico ha seguito la Cassazione per arrivare alla propria decisione?
In primo luogo, la Corte ricorda il consolidato orientamento, più volte espresso dalle sue Sezioni Unite civili, secondo cui “il condominio è un ente di gestione sfornito di personalità giuridica distinta da quella dei suoi componenti (v., da ultimo, Sez. U civ., n. 10934 del 18/04/2019, Rv. 653787). Invero, il condominio negli edifici si risolve semplicemente nella "proprietà comune" di alcune parti degli stessi, poste a servizio di altre e a queste ultime legate da un rapporto necessario e perpetuo di accessorietà e di complementarietà a senso unico. Così configurato, il condominio è una comunione meramente strumentale rispetto all'esercizio dei singoli diritti di proprietà esclusiva sui diversi appartamenti: i quali, dal canto loro, seguono "un proprio destino individuale e autonomo", al di fuori della disciplina speciale del condominio e in armonia con la definizione generale della proprietà come diritto di godere e disporre della cosa in modo pieno ed esclusivo ai sensi dell'art. 832 cod. civ. (Sez. 2 civ., n. 29251 del 13/11/2024, Rv. 673521)”.
A questo punto, la domanda che il Collegio si pone è “se, sul versante penalistico, la natura del condominio quale ente di gestione privo di una personalità giuridica autonoma distinta da quella dei condomini spieghi efficacia, con peculiare riguardo - per quel che rileva in questa sede - al delitto di cui all'art. 612-bis cod. pen.”.
Ora, osserva la Corte, se - da un lato - le condotte integranti atti persecutori possono riferirsi anche all'utilizzo di beni condominiali o a condotte che interessano l'intero stabile, dall’altro ciò non comporta, di per sé, che esse siano suscettibili di determinare, nei confronti di ciascun condomino, uno o più degli eventi indicati dalla norma incriminatrice ai fini della configurabilità del reato medesimo.
Infatti - prosegue la pronuncia in commento - “il delitto di atti persecutori è un reato abituale di evento, che differisce da quelli di molestie e di minacce, che pure ne possono rappresentare un elemento costitutivo, per la produzione di un evento di "danno" consistente nell'alterazione delle proprie abitudini di vita (che, tuttavia, non è integrata dalla percezione di transitori disagi e fastidi nelle occupazioni di vita della persona offesa, ma deve consistere in una costrizione qualitativamente apprezzabile delle sue abitudini quotidiane: Sez. 5, n. 1541 del 17/11/2020, dep. 2021, L., Rv. 280491) o in un perdurante e grave stato di ansia o di paura, o, in alternativa, di un evento di "pericolo", consistente nel fondato timore per l'incolumità propria o di un prossimo congiunto o di persona al medesimo legata da relazione affettiva (ex alis, Sez. 3, n. 9222 del 16/01/2015, G., Rv. 262517)”.
Pertanto, conclude la S.C., “deve [...] essere affermato il principio per il quale il delitto di atti persecutori si può configurare nei riguardi di un intero condominio - laddove si voglia, beninteso, utilizzare la relativa espressione per ragioni di carattere descrittivo, in quanto il condominio non è un ente dotato di personalità giuridica distinta da quella dei singoli condomini che ne fanno parte - soltanto qualora i fatti costitutivi dello stesso, tanto sul piano oggettivo, anche in relazione agli eventi del reato, quanto su quello soggettivo, si realizzino nei confronti di ciascuno dei condomini, rispetto ai quali detti fatti devono essere oggetto di puntuale accertamento da parte del giudice di merito, e ciò anche nell'ipotesi in cui tra le condotte persecutorie ascritte alcune siano correlate all'utilizzo di parti comuni dello stabile condominiale”.
Tra l’altro, aggiunge nel finale la Corte, anche nell'ipotesi in cui la condotta persecutoria si riferisca all'uso di beni condominiali, il delitto di stalking non deve configurarsi necessariamente nei confronti di condomini, intesi come soggetti che - quali proprietari di immobili o parti di essi situati nel condominio - sono titolari pro quota di diritti di proprietà sui beni comuni, potendo la condotta persecutoria evidentemente riverberarsi su un qualsivoglia soggetto che si trovi, per effetto della stessa, a subire uno degli eventi alternativamente previsti dalla norma incriminatrice.
Dunque, in base al principio di diritto sopra enunciato, la Corte ha annullato con la formula “perché il fatto non sussiste” la sentenza di condanna impugnata, nella misura in cui ha ritenuto configurato, a carico degli imputati, il delitto di atti persecutori anche rispetto alle altre parti civili costituite, “solo per la ragione che le preoccupazioni erano diffuse all'interno del condominio”, senza quindi quel rigoroso accertamento di cui sopra si è detto.
Da ciò è conseguita, ovviamente, la revoca altresì delle corrispondenti statuizioni civili della sentenza cassata, emesse in favore di parti civili diverse da quelle rispetto a cui erano state effettivamente accertate le condotte persecutorie.


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