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Articolo 582 Codice Penale

(R.D. 19 ottobre 1930, n. 1398)

[Aggiornato al 23/02/2024]

Lesione personale

Dispositivo dell'art. 582 Codice Penale

Chiunque cagiona ad alcuno una lesione personale(1), dalla quale deriva una malattia nel corpo o nella mente(2), è punito, a querela della persona offesa, con la reclusione da sei mesi a tre anni [c. nav. 1151](3).

Si procede tuttavia d'ufficio se ricorre taluna delle circostanze aggravanti previste negli articoli 61, numero 11-octies), 583 e 585, ad eccezione di quelle indicate nel primo comma, numero 1), e nel secondo comma dell'articolo 577. Si procede altresì d'ufficio se la malattia ha una durata superiore a venti giorni quando il fatto è commesso contro persona incapace, per età o per infermità(4)(5).

Note

(1) Si tratta di un reato a forma libera, quindi che può essere commesso con qualsiasi tipo di condotta, anche omissiva se sussiste in capo all'agente un obbligo giuridico di impedire l'evento.
(2) La malattia rappresenta l'evento del reato, che permette di distinguere la fattispecie in esame dal reato di percosse previsto dall'art. 581.
(3) Comma modificato dall'art. 1, L. 23 marzo 2016, n. 41 con decorrenza dal 25 marzo 2016.
(4) Tale ipotesi viene definita di lesione personale lievissima.
(5) Tale disposizione è stata modificata dal D. Lgs. 10 ottobre 2022 n. 10 (c.d. "Riforma Cartabia").

Ratio Legis

La disposizione in esame trova la propria nell'esigenza di tutelare l'incolumità individuale, che qui viene pregiudicata effettivamente, non solo messa in pericolo come nel caso delle percosse (art. 581).

Spiegazione dell'art. 582 Codice Penale

Il bene giuridico oggetto di tutela è l'integrità fisica e mentale della persona colpita.

La norma disciplina al primo comma le lesioni personali lievi, qualora la malattia sia giudicata guaribile tra i 21 ed i 40 giorni, mentre al comma due si puniscono invece la lesioni personali lievissime, qualora la malattia non superi i 20 giorni di durata.

Quanto al concetto di malattia, la giurisprudenza tradizionale la identificava con qualsiasi alterazione anatomica o funzionale dell'organismo, anche se localizzata, di lieve entità e non influente sulle condizioni organiche generali.

La giurisprudenza moderna, invece, al fine di restringere una nozione così estesa di malattia, la identifica invece come una perturbazione funzionale, qualificandola come un processo patologico, acuto o cronico, localizzato o diffuso, che implichi una sensibili menomazione funzionale dell'organismo.

Dal punto di vista soggettivo, non è richiesta la volontà di causare un particolare tipo di lesione, essendo sufficiente la volontà e consapevolezza di cagionare una violenta manomissione dell'altrui persona.
Tuttavia, al fine di armonizzare tale imputazione oggettiva del reato con i dettami costituzionali, si ritiene più coerente che la lesione sia perlomeno prevista e voluta come conseguenza della condotta.

Gli articoli 583 e 585 prevedono particolari circostanze aggravanti.

Per l'indirizzo prevalente in giurisprudenza trattasi di circostanze aggravanti speciali e non di figure autonome di reato, con conseguente applicabilità del giudizio di bilanciamento ex articolo 69.

///SPIEGAZIONE ESTESA

Il delitto di lesione personale punisce chi ponga volontariamente in essere un comportamento idoneo a provocare, nel soggetto passivo, una malattia nel corpo o nella mente.

L'art. 582 c.p., tuttavia, disciplina, al contempo, due tipologie di lesione personale: quella lieve e quella lievissima. Il comma 2 della norma in esame disciplina la cosiddetta lesione "lievissima", procedibile soltanto a querela di parte, e che si configura nel caso in cui dalla condotta criminosa sia derivata, ai danni del soggetto passivo, una malattia di durata non superiore ai venti giorni, in assenza, tuttavia, di una delle circostanze aggravanti indicate agli articoli 583 e 585 del Codice Penale, fatta eccezione per quelle indicate nel n. 1 e nell'ultima parte dell'art. 577 c.p.
Ai sensi del combinato disposto del comma 1 dell'art. 582 c.p. e del comma 1 dell'art. 583 c.p., qualora l'agente abbia cagionato una malattia di durata superiore a venti giorni ma inferiore a quaranta, si parla, invece, di lesione "lieve", la quale è procedibile d'ufficio.

La disciplina delle due ipotesi di lesione personale, fatta eccezione per la loro procedibilità, è, tuttavia, la medesima.

È un reato a forma libera, per cui la condotta tipica può consistere in qualsiasi atto, o nell'impiego di qualsiasi mezzo, lesivo dell'integrità personale altrui. Integrano la condotta di lesione personale, atti di violenza materiale o morale, come ad esempio le minacce da cui consegua una malattia a causa della paura, ma anche comportamenti non violenti, di commissione o di omissione, quali ad esempio la privazione del cibo, purché siano idonei a realizzare una lesione dell'altrui integrità personale.
Nel caso in cui, però, gli atti o i mezzi utilizzati, integrino di per sé un altro reato, si può avere un concorso di reati qualora si realizzi un'ipotesi di reato complesso ai sensi dell'art. 84 c.p.
In ogni caso, sia gli atti che i mezzi usati devono essere ingiusti, cioè non legittimi secondo l'ordinamento giuridico. Non è, quindi, ingiusta, ad esempio, l'offesa arrecata durante un regolare incontro di pugilato, oppure nello svolgimento di un intervento medico-chirurgico necessario.

Di regola, al di fuori dei casi punibili a querela di parte, il consenso della persona offesa non esclude, di per sé, la punibilità della condotta lesiva. Tuttavia, considerato che l'art. 5 c.c. vieta gli atti di disposizione del proprio corpo soltanto quando provochino una diminuzione permanente della propria integrità fisica, o quando siano, comunque, contrari alla legge, all'ordine pubblico o al buon costume, si deve ritenere che, entro tali limiti, il consenso dell'offeso sia da considerare valido.

Oggetto materiale del reato è la persona vivente verso cui sia diretta la condotta criminosa, considerata sia nel suo aspetto fisico che in quello psichico. Si deve, peraltro, trattare di una persona diversa dall'agente, in quanto l'autolesione non è penalmente perseguibile.
Il delitto in esame si considera configurabile anche prima della nascita, cioè nei confronti del concepito che abbia subito delle lesioni in seguito, ad esempio, ad interventi di amniocentesi o di villocentesi, a condizione, però, che la lesione sia poi riscontrabile nel soggetto nato.

Il delitto di lesione personale si considera consumato nel momento in cui si realizza l'evento tipico, costituito dall'insorgenza di una malattia nel corpo o nella mente della persona offesa, la quale sia causalmente collegata alla condotta criminosa.
Per gli effetti del diritto penale, "malattia" è l'alterazione organica o il disturbo funzionale che richieda cure, cautele o precauzioni per guarire o per evitare un eventuale pericolo. Non rappresenta, quindi, una malattia, ad esempio, un'ecchimosi che appaia soltanto sulla cute senza richiedere cure, riguardi o cautele, mentre si considera malattia un'escoriazione o un'abrasione. La malattia, inoltre, può essere sia nel corpo che nella mente. Si ha una malattia nel corpo quando c'è un'alterazione anatomica o funzionale dell'organismo, limitata o estesa alle sue condizioni generali, tale da richiedere cure, cautele o precauzioni. Rappresenta, invece, una malattia nella mente, sia l'alterazione psichica che tolga o scemi grandemente la capacità di intendere o di volere della vittima, sia quella che menomi, anche solo parzialmente, l'attività dell'intelligenza, della volontà o della memoria, così da richiedere cure, cautele o precauzioni.

Trattandosi di un reato di evento, è configurabile il tentativo di lesione personale in uno dei suoi possibili livelli di gravità, a seconda che, sulla base dei mezzi usati e di tutte le circostanze concrete, risulti che la condotta dell'agente fosse idonea e diretta in modo non equivoco a commettere l'uno o l'altro tipo di lesione.

Ai fini della sussistenza del delitto in esame è sufficiente che sussista, in capo all'agente, il dolo generico, quale coscienza e volontà di ledere l'integrità personale altrui. Qualora, quindi, egli sia mosso da un'altra intenzione, questa può comportare un mutamento nel titolo del reato. Se, ad esempio, intenzione fosse quella di uccidere, si tratterebbe di tentativo di omicidio doloso.

///FINE SPIEGAZIONE ESTESA

Relazione al D.Lgs. 150/2022

(Relazione illustrativa al decreto legislativo 10 ottobre 2022, n. 150: "Attuazione della legge 27 settembre 2021, n. 134, recante delega al Governo per l'efficienza del processo penale, nonché in materia di giustizia riparativa e disposizioni per la celere definizione dei procedimenti giudiziari")

1 
L’intervento mira ad ampliare il regime di procedibilità a querela del delitto di lesioni personali senza più condizionare tale regime alla durata della malattia non superiore ai venti giorni (c.d. lesioni lievissime).
Ne consegue che la procedibilità a querela viene estesa alle c.d. lesioni lievi (malattia compresa tra 21 e 40 giorni), mentre restano procedibili d’ufficio le lesioni gravi (comprensive dell’ipotesi in cui la malattia abbia durata superiore a 40 giorni) e le lesioni gravissime, di cui all’art. 583 c.p.


È fatta salva la procedibilità d’ufficio anche in tutte le altre ipotesi in cui attualmente essa è prevista in presenza di concorrenti circostanze aggravanti.
Secondo quanto stabilito dalla legge delega, si fa salva la procedibilità d’ufficio quando la malattia ha durata superiore a venti giorni e il fatto è commesso contro persona incapace per età o per infermità.


L’intervento, limitato a ipotesi che presentano un disvalore ridotto, incentiva condotte riparatorie o risarcitorie, che favoriscono la remissione della querela o l’estinzione del reato per condotte riparatorie, ai sensi dell’art. 162 ter c.p.
Trattandosi di una fattispecie di frequente contestazione, l’effetto deflattivo sul carico giudiziario si annuncia significativo, ancor più in considerazione del fatto che l’intervento di riforma comporta indirettamente un ampliamento della competenza del giudice di pace in virtù della disciplina di cui all’art. 4, co. 1, lett. a) d.lgs. 28 agosto 2000, n. 274, che attribuisce al giudice di pace la competenza per le lesioni personali perseguibili a querela di parte.

Massime relative all'art. 582 Codice Penale

Cass. pen. n. 10669/2023

In tema di lesioni personali lievi, divenute procedibili a querela per effetto dell'art. 2, comma 1, lett. b), d.lgs 10 ottobre 2022, n. 150, rientrando il delitto nella competenza per materia del giudice di pace, è illegale l'inflizione della pena della reclusione, anche nel caso in cui esso sia stato commesso prima dell'entrata in vigore della suddetta disposizione normativa o sia stato giudicato da un giudice diverso. (In motivazione, la Corte ha evidenziato un difetto di coordinamento tra l'art. 4, comma 1, lett. a), d.lgs. 28 agosto 2000, n. 274 e l'art. 582, comma secondo, cod. pen., in quanto il primo, che non è stato modificato, continua a riferirsi al secondo che, invece, non individua più ipotesi procedibili a querela).

Cass. pen. n. 18796/2023

In tema di lesioni personali, aggravate a norma dell'art. 585, comma primo, cod. pen., non si applica il trattamento sanzionatorio più lieve previsto dall'art. 52, comma 2, lett. b), d.lgs. 28 agosto 2000, n. 274, nei casi di cui all'art. 585, comma primo, cod. pen., nemmeno qualora le circostanze aggravanti siano state neutralizzate per effetto del riconoscimento di circostanze attenuanti, trattandosi di delitto che esula dalla competenza del giudice di pace.

Cass. pen. n. 12517/2023

In tema di lesioni personali di durata superiore a venti giorni e non eccedente i quaranta, divenute procedibili a querela per effetto dell'art. 2, comma 1, lett. b), d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150, sussiste la competenza per materia del giudice di pace, dovendo il mancato coordinamento di tale disposizione con quella di cui all'art. 4, comma 1, lett. a), d.lgs. 28 agosto 2000, n. 274, essere risolto attraverso l'interpretazione estensiva di tale ultima disposizione, conformemente alla volontà del legislatore riformatore di estendere la competenza della predetta autorità giudiziaria a tutti i casi di lesioni procedibili a querela.

Cass. pen. n. 37870/2022

In tema di lesioni personali, non rientra nella nozione di malattia la mera agitazione psicomotoria.

Cass. pen. n. 35274/2022

L'aggressione fisica collettiva, caratterizzata dalla reciproca consapevolezza della convergente, ancorché non simultanea, condotta dei correi, comporta che ciascuno di essi risponde del complesso delle lesioni riportate dalla vittima e, dunque, anche di quelle non causate in via diretta dall'azione materialmente posta in essere dal singolo.

Cass. pen. n. 36733/2022

In tema di lesioni personali volontarie, ricorre l'aggravante del fatto commesso con sostanze corrosive ove la sostanza si caratterizzi "ex se" per l'idoneità ad intaccare l'epidermide o altre parti del corpo, così da distruggere i tessuti. (Fattispecie in cui la Corte ha escluso l'aggravante in un caso in cui l'agente aveva versato caffè bollente sul viso della persona offesa).

Cass. pen. n. 33630/2022

E' configurabile la circostanza aggravante della connessione teleologica tra il reato di violenza sessuale e quello di lesioni personali, commesso contestualmente e in funzione strumentale alla prosecuzione e alla conclusione del primo, anche nel caso di plurime condotte a sfondo sessuale ritenute integranti un unico reato per la loro contiguità spazio-temporale.

Cass. pen. n. 22120/2022

In tema di lesioni personali volontarie, deve ritenersi legittimamente contestata in fatto e ritenuta in sentenza l'aggravante delle più persone riunite nel caso in cui il capo d'imputazione, pur non menzionando l'art. 585, primo comma, cod. pen., rappresenti la simultanea presenza di almeno due soggetti nel luogo e al momento di realizzazione della condotta violenta.

Cass. pen. n. 19262/2022

L'aggravante di cui all'art. 576, comma primo, n. 5-bis, cod. pen., è configurabile in relazione al delitto di lesioni personali volontarie anche quando lo stesso concorre con quello di resistenza a pubblico ufficiale, non essendo il relativo disvalore assorbito in quest'ultimo.

Cass. pen. n. 27386/2022

In tema di lesioni personali volontarie, l'aggravante delle più persone riunite non si identifica con il concorso di persone nel reato, sicchè, nel caso in cui l'imputazione si limiti a rappresentare la presenza di almeno due soggetti sul luogo e nel momento della realizzazione della condotta, non può ritenersi legittimamente contestata in fatto e ritenuta in sentenza anche siffatta aggravante, in quanto, onde ritenerne concretamente realizzati gli elementi costitutivi, è necessario che, a causa della pluralità degli aggressori e della loro simultanea presenza, si producano nella vittima effetti fisici e psicologici tali da eliminarne o ridurne la forza di reazione.

Cass. pen. n. 24173/2022

In tema di delitti contro la persona, per distinguere il reato di lesione personale da quello di tentato omicidio occorre avere riguardo sia al diverso atteggiamento psicologico dell'agente sia alla differente potenzialità dell'azione lesiva, desumibili dalla sede corporea attinta, dall'idoneità dell'arma impiegata, nonché dalle modalità dell'atto lesivo. (Fattispecie in cui la Corte ha ritenuto sussistente il delitto di tentato omicidio per avere l'agente colpito la vittima alla zona orbitale con un cacciavite, penetrato nell'encefalo in modo obliquo solo per il movimento difensivo di questa).

Cass. pen. n. 5234/2022

Il delitto di lesioni personali concorrente con quello di violenza sessuale non assorbe la circostanza aggravante di cui all'art. 609-ter, comma primo, n. 5-sexies, seconda parte, cod. pen. essendo la nozione di "malattia nel corpo o nella mente" del reato di lesioni meno ampia di quella di "pregiudizio grave" di cui a detta aggravante, contenendo quest'ultima un elemento specializzante costituito dall'età della parte lesa e potendo essa derivare da una condotta non necessariamente commessa con violenza fisica.

Cass. pen. n. 8950/2022

In tema di lesioni personali volontarie, non rientrano tra le lesioni gravi, che determinano l'indebolimento permanente di un senso o di un organo, quelle che abbiano cagionato un indebolimento della sola funzione estetica della cute. (Fattispecie relativa cicatrice in regione lombare, in cui la Corte ha escluso la sussistenza dell'aggravante, evidenziando che la cute può essere considerata "organo" solo relativamente alla funzione fisiologica di difesa, termoregolatoria e secretoria, svolta e che la cicatrice, considerata dal legislatore lesione gravissima, è solo quella che interessa il viso).

Cass. pen. n. 2608/2021

L'aggravante di cui all'art. 576, comma primo, n. 5-bis, cod. pen., consistente nell'aver commesso il fatto nei confronti di un ufficiale o agente di polizia giudiziaria o di pubblica sicurezza, nell'atto o a causa dell'adempimento delle funzioni o del servizio, è configurabile in relazione al delitto di lesioni personali volontarie anche quando lo stesso concorre con quello di resistenza a pubblico ufficiale. (In motivazione, la Corte ha precisato che l'aggravante in esame introduce un elemento specializzante, riferito alle condotte poste in essere contro una particolare categoria di pubblici ufficiali, il cui disvalore non è assorbito da quello della fattispecie incriminatrice di cui all'art. 337 cod. pen.).

Cass. pen. n. 15254/2021

In tema di valutazione della prova, è congruamente motivata la sentenza di condanna per il reato di lesioni personali che, a conforto delle dichiarazioni della persona offesa, valorizzi un certificato medico frutto di un accertamento diretto, e non di una mera riproduzione del narrato della persona offesa.

Cass. pen. n. 1363/2021

Non contrasta con il principio del "ne bis in idem" - non ricorrendo l'identità del fatto considerato in tutti i suoi elementi costitutivi - la condanna per il delitto di omicidio preterintenzionale nei confronti di un soggetto già condannato per lesioni personali con sentenza divenuta irrevocabile in relazione alla medesima condotta, ma il giudice del secondo procedimento, in ossequio al principio di detrazione, deve assicurare, mediante un meccanismo di compensazione, che le sanzioni complessivamente applicate siano proporzionate alla gravità dei reati considerati.

Cass. pen. n. 43614/2021

In tema di valutazione della prova, il reato di lesioni personali può essere dimostrato, per il principio del libero convincimento del giudice e per l'assenza di una gerarchia tra i mezzi di prova, sulla base delle sole dichiarazioni della persona offesa, di cui sia stata positivamente valutata l'attendibilità, anche in mancanza di un referto medico che attesti la "malattia" derivata dalla condotta lesiva. (Fattispecie relativa a lividi e graffi al collo ed al viso, nonché ematomi ai polsi).

Cass. pen. n. 11734/2021

La somministrazione di sostanza stupefacente ad un soggetto inconsapevole o non consenziente non configura il reato di cui all'art. 73, d.P.R. 09 ottobre 1990, n. 309, trattandosi di condotta non indicata tra quelle espressamente elencate dalla norma, né tale comportamento può ritenersi coincidente con l'offerta, che presuppone la manifestazione palese del prodotto al destinatario, o con la consegna, che richiede il coinvolgimento dell'"accipiens" nella ricezione del bene. (Nella specie, la Corte ha ritenuto tale condotta assorbita nell'aggravante di cui all'art. 577, comma primo, n. 2 cod. pen. in relazione agli artt. 582 e 585 cod. pen.).

Cass. pen. n. 9865/2021

In tema di rapina impropria, qualora la violenza, esercitata immediatamente dopo la sottrazione dei beni, cagioni lesioni personali o sia volta a determinare la morte della persona offesa, i corrispondenti reati di lesioni e di tentato omicidio concorrono con quello di rapina e si configura la circostanza aggravante del nesso teleologico ex art. 61, primo comma, n. 2, cod. pen., che non è assorbita nella rapina, laddove la violenza esercitata dall'agente sia esorbitante rispetto a quella idonea ad integrare detto reato.

Cass. pen. n. 8004/2021

In tema di aggravante della minorata difesa, il riferimento al luogo di privata dimora della persona offesa non realizza di per sé quelle condizioni ambientali il cui profittamento giustifica il maggior inasprimento sanzionatorio, dovendo essere sempre verificato, con un giudizio "ex ante" e in concreto, il contesto e le peculiari condizioni che abbiano agevolato la consumazione del reato. (Nella specie la Corte ha ritenuto sussistere l'aggravante in relazione al delitto di lesioni consumato in ambiente domestico). (Rigetta, CORTE APPELLO MILANO, 09/07/2020)

In tema di lesioni personali volontarie, il dolo consiste nella coscienza e volontà di procurare una malattia o quantomeno sensazioni dolorose nel soggetto passivo, per cui la responsabilità per tale delitto discende da ogni condotta volontaria idonea a determinare le lesioni, quando sia accompagnata da intenzionalità lesiva. (Fattispecie relativa al reato di lesioni personali aggravate dall'uso di un coltello, in cui la Corte ha precisato che a nulla rileva, in presenza dell'omogeneità dell'evento realizzato rispetto a quello voluto, la diversa regione corporea attinta rispetto a quella verso la quale l'azione era inizialmente diretta).

Cass. pen. n. 34345/2020

In tema di legittima difesa, lo stato di grave turbamento, che funge da presupposto, in alternativa alla minorata difesa, per l'applicazione della causa di non punibilità prevista dall'art. 55, comma secondo, cod. pen, come introdotto dalla legge 26 aprile 2019, n. 36, richiede che esso sia prodotto dalla situazione di pericolo in atto, rendendo, di conseguenza, irrilevanti stati d'animo che abbiano cause preesistenti o diverse e necessario, invece, da parte del giudice, un esame di tutti gli elementi della situazione di specie, per accertare se la concretezza e gravità del pericolo in atto possa avere ingenerato un turbamento così grave da rendere inesigibile quella razionale valutazione sull'eccesso di difesa che costituisce oggetto del rimprovero mosso a titolo di colpa. (Nella specie la Corte ha ritenuto esente da censure la sentenza di condanna dell'imputato che, intervenuto in una normale lite tra madre e figlio, aveva cagionato lesioni personali alla donna, essendosi escluso che da tale lite potesse essere derivato nel soggetto agente un turbamento nei termini richiesti dalla norma).

Cass. pen. n. 34504/2020

La circostanza aggravante del nesso teleologico è configurabile anche in ipotesi di concorso formale di reati, non richiedendo una alterità di condotte quanto piuttosto la specifica finalizzazione dell'un reato alla realizzazione dell'altro. (Fattispecie relativa all'applicazione della aggravante prevista dall'art. 567, comma primo, n. 5, cod. pen, per il reato di lesioni strumentalmente diretto a commettere quello di maltrattamenti in famiglia).

Cass. pen. n. 31008/2020

In tema di lesioni personali, l'ematoma rientra nella nozione di "malattia" in quanto consiste in un versamento ematico nei tessuti sottocutanei che comporta un'alterazione anatomica alla quale segue un naturale processo riabilitativo. (Conf. Sez. 1, n. 11000 del 1978, Rv. 139944). (Dichiara inammissibile, GIUDICE DI PACE AGRIGENTO, 24/09/2018)

Cass. pen. n. 25029/2020

Ai fini della configurabilità del delitto di lesioni personali, costituisce malattia la lesione cutanea consistente in un taglio (nella specie, un graffio), giacché anche una modesta soluzione di continuo dell'epidermide, con soffusione ematica, non può non comportare una sia pur minima, ma comunque apprezzabile, compromissione locale della funzione propria dell'epidermide che non è solo quella di carattere estetico-sensoriale ma anche e soprattutto quella di protezione dell'intero organismo, in ogni sua parte, da contatti potenzialmente nocivi con agenti esterni di qualsivoglia natura. (Dichiara inammissibile, TRIBUNALE VASTO, 31/01/2019)

Cass. pen. n. 13799/2020

In tema di riqualificazione "in melius" di un reato comportante la sua riconducibilità al novero di quelli attribuiti alla cognizione del giudice di pace, opera il principio della "perpetuatio competentiae", non trovando applicazione il disposto dell'art. 48 d.lgs. 28 agosto 2000, n. 274, qualora la competenza per materia del giudice superiore sia stata correttamente individuata, sulla base dell'imputazione, al momento dell'esercizio dell'azione penale e la riqualificazione derivi da una diversa valutazione di un elemento costitutivo del reato (quale, nella specie, la minore durata delle lesioni personali). (Annulla senza rinvio, CORTE APPELLO FIRENZE, 28/03/2019)

Cass. pen. n. 14168/2020

La circostanza aggravante del nesso teleologico, di cui all'art. 61, n. 2, cod. pen, è configurabile anche in ipotesi di concorso formale di reati, non richiedendo una alterità di condotte quanto piuttosto la specifica finalizzazione dell'un reato alla realizzazione dell'altro. (Fattispecie relativa all'applicazione della suddetta aggravante in un caso di condanna per il reato di lesioni personali, strumentalmente diretto a commettere quello di maltrattamenti in famiglia).

Cass. pen. n. 11002/2020

Il reato di lesioni personali, quando aggravato ai sensi dell'art. 576, comma primo, n. 5, cod. pen., perché commesso in occasione del delitto di maltrattamenti, è procedibile d'ufficio, anche nell'ipotesi di lesioni lievissime, per effetto del richiamo operato dall'art. 582, comma secondo, cod. pen. all'art. 585 e di questo al citato art. 576. (Annulla ai soli effetti civili, CORTE APPELLO BRESCIA, 28/03/2019)

Cass. pen. n. 44319/2019

In tema di circostanze, anche la gelosia può integrare l'aggravante prevista dall'art. 61, comma primo, n. 1, cod. pen., che giustifica un giudizio di maggiore riprovevolezza dell'azione e di più accentuata pericolosità dell'agente, per la futilità della spinta motivazionale che ha determinato a commettere il reato. (Fattispecie in cui la Corte ha ritenuto esente da censure la sentenza che aveva ritenuto tale aggravante in relazione ad un delitto di lesioni commesso con l'investimento della vittima, rilevando che la condotta risultava del tutto sproporzionata rispetto alla spinta criminosa, individuata nella mancata accettazione della fine di una relazione sentimentale e nell'istinto di conservare un controllo sul "partner").

Cass. pen. n. 33492/2019

Ai fini della configurabilità del delitto di lesioni personali, la nozione di malattia non comprende tutte le alterazioni di natura anatomica, che possono anche mancare, bensì solo quelle da cui deriva una limitazione funzionale o un significativo processo patologico o l'aggravamento di esso ovvero una compromissione delle funzioni dell'organismo, anche non definitiva, ma comunque significativa. (Fattispecie relativa ad aggressione consistita in una "tirata di capelli", nella quale la Corte ha annullato con rinvio la decisione di merito che si era limitata a dar conto del referto medico che riportava, quale conseguenza a carico della vittima, "dolore in regione occipitale guaribile in giorni due").

Cass. pen. n. 9727/2019

È configurabile il concorso formale tra il reato di violenza privata e quello di lesioni personali volontarie, non sussistendo tra le due fattispecie un rapporto di specialità ex art. 15 cod. pen. (In motivazione la Corte ha, altresì, richiamato l'art. 581, comma secondo, cod. pen., che esclude il concorso nel solo caso in cui la condotta violenta sia sussumibile nella fattispecie di percosse e non ove ricorrano più gravi fattispecie, come quella di lesioni personali).

Cass. pen. n. 40826/2017

L'aggravante dell'uso delle armi è configurabile con riguardo al delitto di lesioni personali tentato, poiché l'estensione al tentativo delle circostanze previste per il corrispondente delitto consumato deve essere verificato sulla base di una valutazione di compatibilità logico-giuridica, tenuto conto della tipologia dell'aggravante contestata che, nella specie, connota la pericolosità della condotta, a prescinde dal verificarsi dell'evento.

Cass. pen. n. 22685/2017

In tema di lesioni gravissime, la valutazione circa la sussistenza dell'aggravante dello sfregio permanente, inteso come turbamento irreversibile dell'armonia e dell'euritmia delle linee del viso, compete al giudice di merito, chiamato ad esprimere un giudizio che non richiede speciali competenze tecniche, perché ancorato al punto di vista di un osservatore comune, di gusto normale e di media sensibilità, e pertanto tale giudizio non risulta sindacabile in sede di legittimità.

Cass. pen. n. 46787/2013

In tema di lesioni personali, integrano la malattia di cui all'art. 582 c.p. gli effetti derivanti dal getto sul viso di gas urticante consistenti non soltanto in una irritazione cutanea prolungata, ma anche in fenomeni di nausea e conati di vomito accompagnati da senso di soffocamento, in quanto produttivi di alterazioni funzionali dell'organismo.

Cass. pen. n. 30139/2011

In tema di tentativo, l'idoneità degli atti non va valutata con riferimento al criterio probabilistico di realizzazione dell'intento delittuoso, infatti l'idoneità altro non è che la possibilità che alla condotta consegua lo scopo che l'agente si propone. Pertanto, ferire intenzionalmente la vittima con una siringa contenente sangue infetto, perché prelevato da soggetto affetto da malattia infettiva, e propagabile attraverso contatto ematico, costituisce atto idoneo a cagionare il reato di lesioni, benché l'eventualità che siffatto evento si realizzi sia molto bassa.

Cass. pen. n. 35075/2010

Integra l'elemento psicologico del delitto di lesioni volontarie anche il dolo eventuale, ossia la mera accettazione del rischio che la manomissione fisica della persona altrui possa determinare effetti lesivi.

Cass. pen. n. 21799/2010

Integra il reato di lesione personale dolosa la condotta del medico che sottoponga, con esito infausto, il paziente ad un trattamento chirurgico, al quale costui abbia espresso il proprio dissenso. (Fattispecie di intervento di chirurgia correttiva della vista con esito infausto, per il quale il consenso del paziente era stato carpito, prospettandogli una metodologia esecutiva non invasiva).

Cass. pen. n. 16271/2010

Ai fini della configurabilità del delitto di lesioni personali (art. 582 c.p.), costituisce malattia la lesione cutanea consistente in un taglio all'avambraccio guaribile in tre giorni, in quanto anche una modesta soluzione di continuo dell'epidermide, con soffusione ematica, non può non comportare una sia pur minima, ma comunque apprezzabile compromissione locale della funzione propria dell'epidermide che non è solo quella di carattere estetico-sensoriale ma anche e soprattutto quella di protezione dell'intero organismo, in ogni sua parte, da contatti potenzialmente nocivi con agenti esterni di qualsivoglia natura.

Cass. pen. n. 10986/2010

L'ecchimosi, consistente in una infiltrazione di sangue nel tessuto sottocutaneo, ed il trauma contusivo, che determina una, sia pur limitata, alterazione funzionale dell'organismo, sono riconducibili alla nozione di malattia ed integrano pertanto il reato di lesione personale.

Cass. pen. n. 2081/2009

Ai fini della configurabilità del delitto di lesioni personali l'ematoma è riconducibile alla nozione di "malattia".

Cass. pen. n. 15420/2008

Ricorre il delitto di lesioni, e non già quello meno grave di percosse, sia in caso di contusione escoriata che di cervicoalgia, rientrando entrambe nella nozione di «malattia » in quanto l'una consiste nella lesione sia pure superficiale del tessuto cutaneo e quindi nella patologica alterazione dell'organismo, e l'altra comporta una pur limitata alterazione funzionale del rachide cervicale non esaurendosi in una semplice sensazione di dolore.

Cass. pen. n. 10734/2008

Non ricorre la causa di giustificazione non codificata dell'esercizio di attività sportiva allorché un calciatore colpisca l'avversario fratturandogli il setto nasale nel momento in cui l'arbitro assegni un calcio di punizione, in quanto, in tale fase, non essendo ammesso il gioco attivo di squadra, ancorché singoli giocatori possano trovarsi in movimento per organizzare il « tiro» il gioco deve ritenersi fermo e, pertanto, l'azione antidoverosa non può risultare funzionale all'attività agonistica in atto ma si palesa come una mera aggressione del tutto indipendente dalla dinamica del gioco.

Cass. pen. n. 2433/2006

L'ecchimosi — infiltrazione di sangue nel tessuto sottocutaneo — costituisce malattia e configura pertanto una lesione personale.

Cass. pen. n. 19473/2005

In tema di lesioni personali cagionate durante una competizione sportiva che implichi l'uso della forza fisica e il contrasto anche duro tra avversari, l'area del rischio consentito è delimitata dal rispetto delle regole tecniche del gioco, la violazione delle quali, peraltro, va valutata in concreto, con riferimento all'elemento psicologico dell'agente il cui comportamento può essere - pur nel travalicamento di quelle regole - la colposa, involontaria evoluzione dell'azione fisica legittimamente esplicata o, al contrario, la consapevole e dolosa intenzione di ledere l'avversario approfittando della circostanza del gioco.

Cass. pen. n. 28367/2004

La diversa obiettività giuridica del reato di maltrattamenti in famiglia e di quello di lesioni personali volontarie esclude l'assorbimento del secondo nel primo, rendendoli concorrenti tra loro.

Cass. pen. n. 26446/2002

In tema di attività medico-chirurgica, allo stato attuale della legislazione (non avendo ancora trovato attuazione la delega di cui all'art. 3 della legge 28 marzo 2001 n. 145, con la quale è stata ratificata la Convenzione di Oviedo del 4 aprile 1997 sui diritti dell'uomo e sulla biomedica), deve ritenersi che il medico sia sempre legittimato ad effettuare il trattamento terapeutico giudicato necessario per la salvaguardia della salute del paziente affidato alle sue cure, anche in mancanza di esplicito consenso, dovendosi invece ritenere insuperabile l'espresso, libero e consapevole rifiuto eventualmente manifestato dal medesimo paziente. In tale ultima ipotesi, qualora il medico effettui ugualmente il trattamento rifiutato, potrà profilarsi a suo carico il reato di violenza privata ma non mai - ove il trattamento comporti lesioni chirurgiche ed il paziente venga successivamente a morte - il diverso e più grave reato di omicidio preterintenzionale, non potendosi ritenere che le lesioni chirurgiche, strumentali all'intervento terapeutico, possano rientrare nelle previsioni di cui all'art. 582 c.p.

Cass. pen. n. 28132/2001

È da escludere la configurabilità dell'omicidio preterintenzionale (in luogo dell'omicidio colposo), a carico del medico-chirurgo il quale, pur in assenza di oggettive ragioni di urgenza e travalicando i limiti del previo consenso prestato dal paziente, effettui un intervento chirurgico demolitorio da lui erroneamente ritenuto necessario e dalla cui maldestra esecuzione derivi la morte del paziente medesimo. Non può dirsi, infatti, in detta ipotesi, che fosse presente nell'agente l'elemento soggettivo del delitto di lesioni volontarie, per la cui sussistenza (trattandosi di fatto commesso nell'esercizio di attività medico chirurgica), occorre che il sanitario agisca essendo conscio che il suo intervento produrrà una non necessaria menomazione dell'integrità fisica o psichica del paziente.

Il delitto di lesioni volontarie derivanti da esercizio di attività medico-chirurgica è da escludere non solo quando il paziente abbia espresso un valido consenso, contenuto entro i limiti segnati dall'art. 5 c.c., ma anche quando il detto consenso non sia necessario, come può verificarsi in presenza di ragioni di urgenza terapeutica o in altre ipotesi previste dalla legge, le quali possono rendere configurabili cause di giustificazione diverse dal consenso dell'avente diritto, quali lo stato di necessità o l'adempimento di un dovere.

Cass. pen. n. 2765/2000

L'esercizio di attività sportiva costituisce una causa di giustificazione, non codificata, in base alla quale per il soddisfacimento dell'interesse generale della collettività a che venga svolta attività sportiva per il potenziamento fisico della popolazione, come tale tutelato dallo Stato, è consentita l'assunzione del rischio della lesione di un interesse individuale relativo alla integrità fisica. Tale esimente presuppone in ogni caso che non sia travalicato il dovere di lealtà sportiva nel senso che devono essere rispettate le norme che disciplinano ciascuna attività e che l'atleta non deve esporre l'avversario ad un rischio superiore a quello consentito in quella determinata pratica ed accettato dal partecipante medio. In particolare, l'esercizio di attività sportiva nella forma di un incontro di esibizione-allenamento è caratterizzata da una minore carica agonistica rispetto alle competizioni vere e proprie e richiede pertanto da parte dei contendenti particolare cautela e prudenza per evitare il pregiudizio fisico dell'avversario e quindi un maggior controllo dell'ardore agonistico, della forza e velocità dei colpi, sempre in relazione alla capacità di esperienza dell'avversario e ai mezzi di protezione in concreto utilizzati. (Fattispecie relativa a lesioni personali colpose cagionate da un «calcio circolare» con cui un atleta colpiva l'avversario durante un incontro di allenamento di karate, nella quale la Suprema Corte ha rinviato al giudice di merito per l'accertamento della ricorrenza di tali condizioni).

Cass. pen. n. 1951/2000

Premesso che l'esercizio di attività sportiva, entro i limiti di quello che può essere definito «rischio consentito», si configura come causa di giustificazione non codificata rispetto ai fatti lesivi dell'integrità personale cui esso abbia dato luogo, deve escludersi che detta causa di giustificazione possa operare quando si violino volontariamente le regole del gioco, venendo così meno ai doveri di lealtà verso l'avversario (nel qual caso si risponderà a titolo di colpa, ove il mancato rispetto delle regole del gioco sia determinato soltanto dall'ansia del risultato), ovvero quando la gara rappresenti soltanto l'occasione della condotta volta a cagionare l'evento lesivo, come pure quando tale condotta non sia immediatamente rivolta all'azione di gioco, ma sia piuttosto diretta ad intimorire l'antagonista oppure a «punirlo» per un precedente fallo da lui commesso (ipotesi tutte, queste, nelle quali si risponderà, invece, a titolo di dolo). (Nella specie, in applicazione di tali principi, la S.C. ha ritenuto che correttamente fosse stato configurato il reato di lesioni personali volontarie a carico di un giocatore di pallacanestro il quale, in fase di c.d. «gioco fermo» — aspettandosi la rimessa in campo della palla — aveva colpito volontariamente con un pugno alla mascella un giocatore della squadra avversaria).

Cass. pen. n. 689/2000

La remissione tacita extraprocessuale della querela può configurarsi solamente quando il querelante abbia compiuto fatti incompatibili con la volontà di chiedere l'accertamento della responsabilità penale del colpevole in ordine a fatti penalmente rilevanti, che hanno formato oggetto dell'istanza di punizione. Tali fatti devono essere univoci sì da potersi desumere con chiarezza la indicata incompatibilità. Il carattere della univocità non è riscontrabile, in relazione a querela presentata da un coniuge nei confronti dell'altro, per i reati di lesioni personali e ingiurie, nella rinuncia «ai reciproci addebiti» nel corso della causa civile per separazione dei coniugi, in quanto la rinuncia stessa è diretta soltanto a non insistere nell'accertamento della colpa ai fini del giudizio civile.

Cass. pen. n. 167/1997

Il delitto di resistenza a pubblico ufficiale assorbe soltanto quel minimo di violenza che si concreta nelle percosse e non già quegli atti, che, esorbitando da tali limiti, siano causa di lesioni personali. In questa ultima ipotesi, l'ulteriore delitto di lesione, stante il suo carattere autonomo, concorre con quello di resistenza a pubblico ufficiale, con l'effetto che, se l'atto di violenza, con il quale l'agente ha prodotto consapevolmente le lesioni, non sia fine a sè stesso, ma venga posto in essere allo scopo di resistere al pubblico ufficiale, si realizza il presupposto per la sussistenza dell'aggravante della connessione teleologica.

Cass. pen. n. 10643/1996

Il concetto clinico di malattia richiede il concorso del requisito essenziale di una riduzione apprezzabile di funzionalità, a cui può anche non corrispondere una lesione anatomica, e di quello di un fatto morboso in evoluzione, a breve o lunga scadenza, verso un esito che potrà essere la guarigione perfetta, l'adattamento a nuove condizioni di vita oppure la morte. Ne deriva che non costituiscono malattia, e quindi non possono integrare il reato di lesioni personali, le alterazioni anatomiche, a cui non si accompagni una riduzione apprezzabile della funzionalità. (Nella fattispecie, in cui gli imputati, medici chirurghi, erano stati assolti dal delitto p. e p. dall'art. 590 c.p. perché il fatto non è previsto dalla legge come reato, la persona offesa aveva subito un intervento chirurgico al seno da cui era derivata l'asimmetricità delle mammelle e dei capezzoli. Tali conseguenze, per i giudici dell'appello, costituivano una lesione vale a dire un'alterazione peggiorativa della preesistente condizione anatomica in cui tali asimmetrie non erano presenti, ma non integravano l'evento malattia previsto dall'art. 590 c.p., potendo esclusivamente dare luogo a responsabilità con correlativo diritto al risarcimento del danno nella competente sede civile. La Corte di cassazione, nell'affermare il principio sopra menzionato, ha osservato che, se anche il danno lamentato consisteva nell'indebolimento permanente della funzione estetica di una parte della cute, l'evento era penalmente irrilevante, poiché l'unico inestetismo cutaneo permanente di rilevanza penale è la lesione gravissima che riguarda il viso.

Cass. pen. n. 8907/1996

Il dolo eventuale di lesioni è configurabile in tutti i casi nei quali un soggetto privi della libertà un'altra persona, poiché egli accetta il rischio che quest'ultima, per sottrarsi al suo stato, possa riportare danno. (Nella specie, relativa a rigetto di ricorso gli imputati, in concorso tra loro, non arrestando la corsa del taxi in movimento, a bordo del quale ritenevano, per fine di libidine e contro la sua volontà, una donna cagionavano alla stessa, gettatasi dall'auto, autolesioni personali).

Cass. pen. n. 6773/1996

Per la sussistenza del dolo nel delitto di lesioni personali, non è necessario che la volontà dell'agente sia diretta alla produzione di conseguenze lesive, essendo sufficiente l'intenzione di infliggere all'altrui persona una violenza fisica; basta, quindi, il dolo generico che deve reputarsi sussistente — sia pure nella forma eventuale — anche in ipotesi di azione commessa ioci causa allorché l'agente abbia previsto come probabile (e quindi ne abbia accettata la verificazione concreta) l'evento lesivo.

Cass. pen. n. 1357/1996

La premeditazione va esclusa quando l'occasionalità del momento di consumazione del reato appaia preponderante, tale cioè da neutralizzare la sintomaticità della causale e della scelta del tempo, del luogo e dei mezzi di esecuzione. (Fattispecie di lesioni volontarie gravi, nella quale la determinazione delittuosa è insorta in maniera repentina ed estemporanea, a seguito del casuale incrociarsi di notte delle autovetture dell'aggressore e della vittima, tra i quali esistevano ragioni di contrasto, nonché del successivo arresto e scatenarsi dell'aggressione).

Cass. pen. n. 202/1995

In materia di lesioni personali, quando vi è volontà di sottoporre la persona a una violenza fisica, l'intenzione scherzosa non incide sulla volontarietà del gesto e le lesioni conseguenti non possono essere ritenute colpose.

Cass. pen. n. 5589/1993

In relazione ad un'attività sportiva, come il gioco del calcetto, al cui contenuto regolamentare è estranea la violenza fisica, l'illecito sportivo è configurabile quando la condotta lesiva, quale il diretto controllo e il tiro del pallone, il tentativo di impossessarsene e di contenderlo all'avversario e la corsa per introdursi nell'azione, in attesa di ricevere il pallone in possesso di altri giocatori, si inserisca finalisticamente nel contesto dell'attività agonistica. L'illecito sportivo non si raffigura, invece, quando lo svolgimento della gara è solo l'occasione dell'azione volta a cagionare lesioni, sorretta dalla volontà di compiere un atto di violenza fisica, in realtà avulso dalle esigenze di svolgimento della gara stessa. (Fattispecie nella quale le lesioni sono state prodotte con un calcio sferrato da un giocatore mentre veniva effettuata una rimessa in campo da un avversario, e cioè in una fase in cui il gioco non era in via di svolgimento).

Cass. pen. n. 839/1993

In base al principio della verità naturale, il giudice, ai fini dell'accertamento dei fatti, può attingere la prova in qualsiasi modo che non sia specificamente precluso, sicché ben può — prescindendo dalla perizia medico legale — ricorrere alla utilizzazione di altre fonti di prova a sostegno del suo convincimento. La perizia, infatti, non può essere considerata come esclusivo mezzo di prova per l'accertamento di fatti lesivi quando possa prescindersi dal ricorso ad indagini richiedenti particolari cognizioni tecniche. (Nella specie la S.C. ha ritenuto che un graffio, una scalfittura sono eventi lesivi rilevabili anche da chi non possegga particolari cognizioni scientifiche e la loro descrizione, fatta anche da un profano, è sufficiente per il giudice come fondamento di un giudizio di responsabilità quando l'imputazione abbia ad oggetto il reato di lesioni lievi, di cui al capoverso dell'art. 582 c.p.).

Cass. pen. n. 6524/1992

Ai fini dell'applicabilità dell'amnistia di cui al D.P.R. 12 aprile 1990, n. 75, l'art. 4 lett. d) di tale decreto prescrive che si deve tener conto della circostanza attenuante ex art. 98 c.p. nonché, nei reati «contro il patrimonio», delle circostanze attenuanti di cui all'art. 62 nn. 4 e 6 stesso codice. Pertanto, nel caso di reato «contro la persona» — nella specie lesioni aggravate ex artt. 582, 576 primo comma n. 1 e 61 n. 2 c.p. — non è possibile tener conto dell'attenuante concessa ex art. 62 n. 6 e, conseguentemente, applicare l'amnistia.

Cass. pen. n. 5639/1992

Il chirurgo che, in assenza di necessità ed urgenza terapeutiche, sottopone il paziente ad un intervento operatorio di più grave entità rispetto a quello meno cruento e comunque di più lieve entità del quale lo abbia informato preventivamente e che solo sia stato da quegli consentito, commette il reato di lesioni volontarie, irrilevante essendo sotto il profilo psichico la finalità pur sempre curativa della sua condotta, sicché egli risponde del reato di omicidio preterintenzionale se da quelle lesioni derivi la morte. (Nella fattispecie la parte offesa era stata sottoposta ad intervento chirurgico di amputazione totale addominoperineale di retto, anziché a quello preventivo di asportazione transanale di un adenoma villoso benigno in completa assenza di necessità ed urgenza terapeutiche che giustificassero un tale tipo di intervento e soprattutto senza preventivamente notiziare la paziente o i suoi familiari che non erano stati interpellati in proposito né minimamente informati dall'entità e dei concreti rischi del più grave atto operatorio eseguito, sul quale non vi era stata espressa alcuna forma di consenso).

Cass. pen. n. 5544/1992

Il delitto di cui all'art. 582 c.p. può essere commesso con qualunque mezzo idoneo e, quindi, anche introducendo nelle vene di altra persona sostanze stupefacenti mediante iniezione, in quanto lo stupefacente stesso, così iniettato, provoca un'alterazione dello stato fisico e psichico. Ne consegue che deve rispondere di omicidio preterintenzionale e non già di omicidio colposo colui che inietti ad una persona per via endovena dell'eroina cagionandone la morte, a nulla, peraltro, rilevando il consenso a farsi iniettare la droga.

Cass. pen. n. 10258/1988

Nei reati la cui procedibilità a querela di parte dipende dal mancato raggiungimento di determinati limiti nella progressione dell'evento e/o dell'assenza di particolari circostanze, il tentativo — in mancanza di specifica normativa — non può che adeguarsi alle regole che disciplinano la procedibilità dell'omologo reato consumato e, quindi, a tal fine si deve tenere conto della eventuale già intervenuta realizzazione di quelle specifiche circostanze e dell'evento che si sarebbe prevedibilmente verificato ove fosse andata a termine l'azione dell'autore, con riferimento al caso concreto, cioè considerando non solo la condotta del medesimo autore ma anche i mezzi impiegati ed ogni altra circostanza di tempo, di luogo e di persona che avrebbero potuto concretamente, secondo il criterio dell'id quod plerunque accidit, avere una incidenza sulla misura o sulla specie dell'evento. Pertanto, nel delitto di lesioni volontarie, che è perseguibile a querela di parte ove il termine di guarigione non superi i venti giorni ed ove non ricorrano le circostanze indicate nell'art. 582 cpv. c.p., la procedibilità del tentativo rimane condizionata alla proposizione della querela della persona offesa solo se, con giudizio fondato sulle prevedibili conseguenze, in concreto valutate, e tenuto conto dei mezzi adoperati nonché di ogni altra utile circostanza, sia da ritenere che ove fosse stato raggiunto l'effetto mirato dell'agente, ne sarebbero conseguite lesioni di durata non superiore a venti giorni e sempreché non sia stata realizzata alcuna delle circostanze aggravanti previste dal citato capoverso dell'art. 582 c.p. Ove un concreto prognostico superi i 20 giorni, il delitto tentato è perseguibile di ufficio. Nei casi incerti, il principio per cui in dubio pro reo rende il tentativo di lesioni, delle quali non è possibile ipotizzare in concreto prognosi sui termini di guarigione, reato procedibile a querela.

Cass. pen. n. 3329/1988

In ordine al reato di lesioni volontarie il dolo consiste nella cosciente volontà del fatto e, inoltre, nella volontà dell'evento giuridico e cioè dell'offesa dell'interesse tutelato dalla norma, e poiché tale risultato si considera voluto non solo quando si sia concretato nel punto di mira dell'attività del soggetto, ma anche quando è stato previsto, e nel tempo stesso accettato per la eventualità del suo verificarsi, il dolo del delitto in esame sussiste tutte le volte che l'agente ha previsto che il suo comportamento avrebbe potuto determinare un'offesa alla integrità personale del soggetto passivo ed ha agito al fine o a costo di cagionarla.

Cass. pen. n. 1950/1988

Ai fini della diversa definizione del fatto materiale nel reato di tentata lesione personale e in quello di tentato omicidio - così come avviene in genere per tutti i casi di reato progressivo - deve aversi riguardo sia al diverso atteggiamento psicologico dell'agente, sia alla differente potenzialità dell'azione lesiva. Nel primo reato l'azione esaurisce la sua carica offensiva nell'evento prodotto, mentre nel secondo vi si aggiunge un quid pluris che, andando al di là dell'evento realizzato, tende ed è idoneo a causarne uno più grave in danno dello stesso bene giuridico o di un bene giuridico superiore, riguardanti il medesimo soggetto passivo, non riuscendo tuttavia a cagionarlo per ragioni estranee alla volontà dell'agente.

Cass. pen. n. 1367/1987

L'azione violenta diretta a ledere l'integrità fisica della vittima non comporta la lesione della sua sfera psichica, annullandone la capacità di autodeterminazione. Diversamente, l'inevitabile costrizione a subire l'azione violenta insita nella consumazione del reato di lesioni volontarie comporterebbe necessariamente e sempre la configurazione, oltre che del reato di cui all'art. 582 c.p., anche di quella del reato di violenza privata, pur se l'azione aggressiva non fosse rivolta contro la sfera della libertà psichica dell'aggredito.

Non sussiste l'ipotesi delittuosa di sequestro di persona quando la materialità del fatto si esaurisca nell'estrinsecazione del comportamento violento, integrante lesioni personali, poste in essere dall'imputato. Infatti, anche se una durata minima della privazione della libertà di movimento non esclude la configurabilità del reato di sequestro di persona, il concetto stesso di questo delitto implica pur sempre una durata apprezzabile che va al di là della subitaneità, della fulmineità di un singolo atto.

Cass. pen. n. 12936/1986

Il delitto di lesioni personali volontarie non può ritenersi assorbito in quello di maltrattamenti in famiglia, trattandosi di illeciti che concorrono materialmente tra loro per la diversa obiettività giuridica.

Cass. pen. n. 12867/1986

Cagionare una lesione non ha necessariamente un significato circoscritto all'azione di picchiare, colpire, ma ha un'accezione più lata e comprensiva di qualsiasi violenta manomissione fisica dell'altrui persona. Conseguentemente anche un urto o una spinta intenzionale, che determini una caduta con effetti lesivi, integrano il reato di cui all'art. 582 c.p.

Cass. pen. n. 7388/1985

I reati di percosse e di lesioni personali volontarie hanno in comune l'elemento soggettivo, che consiste nella volontà di colpire taluno con violenza fisica. L'unica differenza tra i due reati va ravvisata nelle conseguenze che la violenza produce. Infatti, il primo è caratterizzato dalla condizione negativa, per cui la violenza non abbia cagionato, al di fuori di un'eventuale sensazione dolosa, effetti patologici costituenti malattia e cioè non si siano prodotte alterazione organiche o funzionali sia pure di modesta entità. Pertanto, nel caso in cui, a seguito delle percosse subite, la vittima riporta un trauma contusivo, che determini un'alterazione delle normali funzioni fisiologiche dell'organismo della parte lesa, da richiedere un processo terapeutico con specifici mezzi di cura e appropriate prescrizioni mediche, si configura il delitto di lesioni volontarie.

Cass. pen. n. 9448/1983

Nel reato di lesioni personali volontarie la sussistenza del dolo non può essere negata quante volte l'autore del reato abbia previsto che il suo comportamento avrebbe potuto determinare un pregiudizio all'integrità personale del soggetto passivo ed abbia ciò nonostante agito anche a costo di cagionarlo. Deve escludersi qualsiasi differenza tra il dolo delle percosse e il dolo delle lesioni personali volontarie, distinguendosi i due reati solo per l'elemento oggettivo e cioè per la presenza di una malattia nella fattispecie delle lesioni.

Cass. pen. n. 11781/1982

Nel delitto di lesioni personali volontarie l'elemento psicologico consiste nella volontà consapevole di attentare all'incolumità fisica altrui. E poiché l'atto di violenza fisica può avere, secondo le circostanze, effetti più o meno gravi, quando si accerti tale volontà l'agente risponde a titolo di dolo e non di colpa delle conseguenze lesive che ne derivano, le quali ricollegandosi all'iniziale atto di violenza, ne rappresentano un normale e prevedibile sviluppo. (Fattispecie in tema di lesioni personali conseguenti a un pugno. La Cassazione ha ritenuto esatta la tesi del giudice di merito secondo cui è irrilevante che l'agente non volesse in realtà cagionare alla persona offesa le lesioni da questa subite, essendo estranea al nostro ordinamento giuridico la figura delle lesioni preterintenzionali).

Cass. pen. n. 969/1970

Nel caso di delitto tentato di lesione personale bisogna far riferimento al comma primo dell'art. 582 c.p. che disciplina l'ipotesi tipica del delitto di lesioni consumato, non potendo trovare applicazione il disposto del capoverso della suddetta norma, per difetto dei presupposti ivi richiesti. Ne consegue che il tentativo di lesione personale è perseguibile di ufficio.

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relative all'articolo 582 Codice Penale

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O. V. chiede
venerdì 26/08/2022 - Puglia
“Buongiorno avrei bisogno di una consulenza, sono vittima di un errore da parte di un fisioterapista osteopata. Tre anni fa mi sono rivolta a lui per un una seduta di fisioterapia (dimostrabile dalla fattura che mi ha rilasciato), senza una prescrizione medica mi ha eseguito delle manipolazioni e manovre, da allora la mia vita è cambiata drasticamente, ho riportato danni gravi e permanenti tanto da avere oggi un aggravamento dell’invalidità che prima era del 35% oggi è del 55%. Ho intrapreso un’ azione legale civile per un risarcimento danni e il medico legale ha riconosciuto un danno biologico del 30 %. Prima di cominciare la seduta non sono stata messa al corrente del tipo di trattamento che stava eseguendo e in che tratti del mio corpo l’avrebbe eseguiti. Leggendo in internet ho visto che si potrebbe intraprendere un’azione penale per il reato di esercizio abusivo della professione in quanto ha eseguito dei trattamenti in assenza di prescrizione medica. Le volevo chiedere se posso intraprendere un’azione penale nonostante sia in corso un’azione civile e se sono ancora nei tempi prima che vada in prescrizione. Se ho delle possibilità di vincere la causa. E se è un reato aver eseguito un trattamento senza mettermi al corrente di che tipo di trattamento stesse andando ad eseguire e senza spiegarmi i possibili rischi.”
Consulenza legale i 04/09/2022
Prima di rispondere al parere, va subito chiarito che il comportamento del fisioterapista non è in alcun modo inquadrabile nel reato di esercizio abusivo della professione.
In tale fattispecie, prevista e punita dall’ art. 348 del c.p., invero, incorre solo chi esegue una professione assoggettata a particolari iscrizioni in albi etc., senza aver mai conseguito l’abilitazione.

A nulla rileva, dunque, l’assenza della prescrizione medica giacché, nel caso di specie, sembra intendersi che il fisioterapista fosse almeno in regola con i requisiti formali per lo svolgimento della professione.

Ciò detto, va risposto al quesito del se può costituire reato eseguire un trattamento medico senza aver acquisito il preventivo consenso del paziente, previa un’esauriente esposizione della tipologia di terapia e dei rischi alla stessa connessi.
E’, questo, un tema molto complicato che è stato oggetto di numerosi precedenti della Cassazione Penale.

Senza entrare nel dettaglio di questioni giuridiche complesse, che avrebbero l’unico effetto di confondere ulteriormente uno contesto già di per sé enormemente articolato, possiamo immaginare due scenari:

1. il primo è quello in cui il fisioterapista non abbia adeguatamente informato il paziente (che, pertanto, non ha potuto prestare il consenso al trattamento) ma abbia agito rispettando ossequiosamente le leges artis (ovvero le prescrizioni di buona pratica clinica previste dalla scienza medica per quel determinato trattamento). In tal caso, secondo le Sezioni Unite della Corte di Cassazione, il medico potrebbe rispondere del reato di lesioni colpose, previsto e punito dall’ art. 590 del c.p.;
2. il secondo caso (che sembra essere più aderente alla dinamica presa in esame) è quello in cui il fisioterapista non abbia adeguatamente informato il paziente (che, pertanto, non ha potuto prestare il consenso al trattamento) e abbia agito senza rispettare ossequiosamente le leges artis. In tale ultimo caso, sempre secondo le Sezioni Unite della Corte di Cassazione, la responsabilità sarà a titolo di lesioni dolose, secondo quanto previsto dall’ art. 582 del c.p..


Chiariti questi due particolari, occorre fare luce sul risarcimento.

E’ noto a tutti che, nel corso del processo penale, la persona offesa dal reato può, mediante la costituzione di parte civile, esercitare l’azione civile onde ottenere il risarcimento del danno conseguito a seguito della commissione del reato.

Va anche detto, però, che il codice di procedura penale, con l’ art. 75 del c.p.p., regola proprio i rapporti che intercorrono tra l’azione civile esercitata in sede civile e in sede penale.
In particolare il primo comma stabilisce che se il soggetto ha già esercitato l’azione in sede civile e poi si costituisce, per le medesime voci di danno, nel processo penale, allora tale costituzione determinerà la rinuncia all’azione civile, che proseguirà solo in sede penale.

Nel caso di specie, dunque, l’eventuale costituzione nel processo penale determinerà la rinuncia all’azione civile già proposta.
Ciò, ovviamente, soltanto nell’ipotesi in cui il petitum tra le due azioni sia lo stesso.
Facciamo un esempio.
Tizio esercita l’azione civile per ottenere il risarcimento del danno patrimoniale e del danno non patrimoniale sofferto a seguito del reato di lesioni. Se Tizio, dopo aver depositato denuncia - querela per lo stesso fatto si costituisce parte civile nel processo penale sempre per ottenere il risarcimento dei danni patrimoniali e non, allora rinuncerà implicitamente all’azione civile.

Al contrario, se Tizio nel processo civile si costituisce solo per i danni patrimoniali, allora nel processo penale potrà pure costituirsi parte civile, ma solo per ottenere il risarcimento dei danni non patrimoniali, che è una voce di danno diversa da quella oggetto di petitum nel contenzioso civile.