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Articolo 1135 Codice Civile

(R.D. 16 marzo 1942, n. 262)

[Aggiornato al 07/03/2024]

Attribuzioni dell'assemblea dei condomini

Dispositivo dell'art. 1135 Codice Civile

(1)Oltre quanto è stabilito dagli articoli precedenti, l'assemblea dei condomini provvede:

  1. 1) alla conferma dell'amministratore e all'eventuale sua retribuzione;
  2. 2) all'approvazione del preventivo delle spese occorrenti durante l'anno e alla relativa ripartizione tra i condomini;
  3. 3) all'approvazione del rendiconto annuale dell'amministratore e all'impiego del residuo attivo della gestione(2);
  4. 4) alle opere di manutenzione straordinaria e alle innovazioni, costituendo obbligatoriamente un fondo speciale di importo pari all'ammontare dei lavori(3); se i lavori devono essere eseguiti in base a un contratto che ne prevede il pagamento graduale in funzione del loro progressivo stato di avanzamento, il fondo può essere costituito in relazione ai singoli pagamenti dovuti;

L'amministratore non può ordinare lavori di manutenzione straordinaria, salvo che rivestano carattere urgente, ma in questo caso deve riferirne nella prima assemblea(4).

L'assemblea può autorizzare l'amministratore a partecipare e collaborare a progetti, programmi e iniziative territoriali promossi dalle istituzioni locali o da soggetti privati qualificati, anche mediante opere di risanamento di parti comuni degli immobili nonché di demolizione, ricostruzione e messa in sicurezza statica, al fine di favorire il recupero del patrimonio edilizio esistente, la vivibilità urbana, la sicurezza e la sostenibilità ambientale della zona in cui il condominio è ubicato(5).

Note

(1) Articolo così modificato con L. 11 dicembre 2012, n. 220, in vigore dal 17 giugno 2013.
La modifica principale riguarda l'istituzione dell'obbligatorietà del fondo speciale per le opere di manutenzione straordinaria, che prima era facoltativo.
(2) Il residuo è una piccola frazione residuale della gestione, in relazione alla quale l'assemblea ha piena discrezionalità di utilizzo.
(3) Si tratta di un fondo "vincolato" ad una specifica destinazione, di cui l'amministratore non può disporre in modo difforme.
Lo scopo dell'obbligatorietà è, nelle intenzioni del legislatore, quello di garantire all'assemblea di poter sostenere la realizzazione di opere di manutenzione straordinaria e/o di innovazioni, anche se i primi commentatori della norma hanno lamentato che essa potrebbe portare ad una decrescita delle deliberazioni di opere straordinarie per mancanza di fondi.
(4) In generale, sull'amministratore grava il dovere di attivarsi a tutela dei diritti inerenti le parti comuni dell'edificio (art. 1130 del c.c.), a prescindere da specifica autorizzazione dei condomini ed a prescindere che si versi nei caso di atti cautelativi ed urgenti.
(5) L'intento è quello di restituire vigore all'art. 15 della legge del 17 febbraio 1992 n. 179 (Norme per l'edilizia residenziale pubblica).

Spiegazione dell'art. 1135 Codice Civile

Attribuzioni dell'assemblea dei condomini

L'articolo elenca alcune delle attribuzioni dell'assemblea dei condomini, alla quale compete la somma dei poteri, poiché costituisce l'organo direttamente interessato del condominio. Se ne ha la riprova anche nell'articolo precedente, che ammette il ricorso all'assemblea da parte del singolo pure contro i provvedimenti presi dall'amministratore nell'ambito dei suoi poteri.

L'assemblea provvede:
1) alla conferma dell'amministratore, anche se nominato dall'Autorità giudiziaria, alla fine dell'anno di gestione, ed alla sua retribuzione, nel caso in cui non sia stato stabilito che egli debba prestare gratuitamente la sua opera: data la nuova formula dell' art. 1129 del c.c., è da presumere la prestazione a titolo oneroso e non a titolo gratuito;
2) all'approvazione del preventivo delle spese occorrenti durante l'anno ed alla relativa ripartizione fra i condomini. L'approvazione e la ripartizione sono limitate all'anno cui si riferiscono e l'amministratore non può, quindi, in base alle medesime, esigere quote anticipate relative agli anni successivi;
3) all'approvazione del rendiconto annuale dell'amministratore o dei rendiconti in genere e all'impiego dei sopravanzi di gestione;
4) alle opere di manutenzione straordinaria, costituendo obbligatoriamente un fondo speciale.

All'amministratore, ai sensi dell'art. 1129, n. 3, non compete che la manutenzione ordinaria. Eccezionalmente può ordinare lavori di manutenzione straordinaria, quando questi rivestano carattere urgente, ma in questo caso deve riferirne alla prima assemblea.

Relazione al Codice Civile

(Relazione del Ministro Guardasigilli Dino Grandi al Codice Civile del 4 aprile 1942)

532 Le attribuzioni dell'assemblea e la validità delle deliberazioni da essa adottate ricevono (art. 1135 del c.c. e art. 1136 del c.c.) una disciplina sostanzialmente conforme a quella che dettava il R. decreto-legge 5 gennaio 1934 (articoli 23 e 24). Per altro, riguardo alla costituzione dell'assemblea e alla validità delle deliberazioni, ho apportato alcuni ritocchi alle disposizioni dell'art. 24 del citato decreto-legge e ho stabilito che l'assemblea non può deliberare se tutti i condomini non sono stati invitati alla riunione. Contro le deliberazioni contrarie alla legge o al regolamento di condominio ciascun condomino può ricorrere all'autorità giudiziaria nel termine di trenta giorni, che decorre dalla data della deliberazione per i dissenzienti e dalla data di comunicazione per gli assenti; ma il ricorso, in conformità di quanto è disposto in tema di comunione in generale (art. 1109 del c.c.), non sospende l'esecuzione del provvedimento, salvo che la sospensione sia ordinata dall'autorità giudiziaria (art. 1137 del c.c.). Circa i regolamenti di condominio, senza variare la maggioranza qualificata richiesta per la loro approvazione dall'art. 28, primo comma, del decreto-legge più volte citato, e assoggettandone l'impugnazione alle norme stabilite, in tema di comunione in generale, per gli altri regolamenti di comunione, ho creduto opportuno renderne obbligatoria la formazione quando il numero dei condomini è superiore a dieci (art. 1138 del c.c.). La pubblicità di tali regolamenti è assicurata dalla trascrizione di essi in apposito registro, da tenersi, come si precisa nelle disposizioni di attuazione del codice, dall'associazione professionale dei proprietari di fabbricati. In questo registro devono anche essere annotate, perciò i terzi ne abbiano conoscenza, la nomina e la cessazione per qualunque causa dell'amministratore dall'ufficio (art. 1129, ultimo, comma).

Massime relative all'art. 1135 Codice Civile

Cass. civ. n. 23128/2021

L'assemblea del condominio, al limitato fine di provvedere alle esigenze di ordinaria gestione delle cose e dei servizi comuni, può deliberare validamente a maggioranza una ripartizione provvisoria dei contributi tra i condomini, a titolo di acconto salvo conguaglio, solo in mancanza di tabelle millesimali applicabili in relazione alla specifica spesa effettuata.

Cass. civ. n. 9839/2021

In tema di condominio degli edifici, l'azione di annullamento delle delibere assembleari costituisce la regola generale, ai sensi dell'art. 1137 c.c., come modificato dall'art. 15 della l. n. 220 del 2012, mentre la categoria della nullità ha un'estensione residuale ed è rinvenibile nelle seguenti ipotesi: mancanza originaria degli elementi costitutivi essenziali, impossibilità dell'oggetto in senso materiale o giuridico - quest'ultima da valutarsi in relazione al "difetto assoluto di attribuzioni" -, contenuto illecito, ossia contrario a "norme imperative" o all'"ordine pubblico" o al "buon costume". Pertanto, sono nulle le deliberazioni con le quali, a maggioranza, siano stabiliti o modificati i generali criteri di ripartizione delle spese previsti dalla legge o dalla convenzione, da valere per il futuro, trattandosi di materia che esula dalle attribuzioni dell'assemblea previste dall'art. 1135, nn. 2) e 3), c.c., mentre sono meramente annullabili le deliberazioni aventi ad oggetto la ripartizione in concreto tra i condomini delle spese relative alla gestione delle parti e dei servizi comuni adottate in violazione dei criteri generali previsti dalla legge o dalla convenzione stessi, trattandosi di deliberazioni assunte nell'esercizio di dette attribuzioni assembleari, cosicché la relativa impugnazione va proposta nel termine di decadenza previsto dall'art. 1137, comma 2, c.c..

Cass. civ. n. 2636/2021

L'assemblea del condominio ha il potere di decidere le modalità concrete di utilizzazione dei beni comuni, nonché di modificare quelle in atto, anche revocando una o precedenti delibere, benché non impugnate da alcuno dei partecipanti e stabilendone liberamente gli effetti, sulla base di una rivalutazione - il cui sindacato è precluso al giudice di merito, se non nei limiti dell'eccesso di potere - dei dati ed apprezzamenti obiettivamente rivolti alla realizzazione degli interessi comuni ed alla buona gestione dell'amministrazione, non producendosi alcun autonomo diritto acquisito in capo ai condomini, ovvero ai terzi, soltanto per effetto ed in sede di esecuzione della precedente delibera. (Nella specie, la S.C. ha cassato la sentenza di merito, che aveva ritenuto illegittima la revoca di precedenti delibere autorizzative all'installazione di un ascensore, per il sol fatto di essere quelle divenute inoppugnabili, senza verificare, al contrario, se la revoca fosse conforme a legge o al regolamento, per non esser stati rispettati i limiti previsti dagli artt. 1120 e 1121 c.c. quanto all'installazione dell'impianto).

Cass. civ. n. 20006/2020

Il rendiconto consuntivo per successivi periodi di gestione che, nel prospetto dei conti individuali per singolo condomino, riporti tutte le somme dovute al condominio, comprensive delle morosità relative alle annualità precedenti, una volta approvato dall'assemblea costituisce idoneo titolo del credito complessivo nei confronti di quel singolo partecipante.

Cass. civ. n. 20612/2017

La delibera condominiale che accerti, a maggioranza, l'ambito dei beni comuni e l'estensione delle proprietà esclusive, in deroga all'articolo 1117 c.c., è nulla, perché inidonea a comportare l'acquisto a titolo derivativo di tali diritti, non essendo sufficiente, all'uopo, un atto meramente ricognitivo ed occorrendo, al contrario, l’accordo di tutti i comproprietari espresso in forma scritta.

Cass. civ. n. 20136/2017

L'iniziativa contrattuale dell'amministratore che, senza previa approvazione o successiva ratifica dell'assemblea, disponga l'esecuzione di lavori di manutenzione straordinaria dell'edificio condominiale e conferisca altresì ad un professionista legale l'incarico di assistenza per la redazione del relativo contratto di appalto, non determina l'insorgenza di alcun obbligo di contribuzione dei condomini al riguardo, non trovando applicazione il principio secondo cui l'atto compiuto, benché irregolarmente, dall'organo di una società resta valido nei confronti dei terzi che abbiano ragionevolmente fatto affidamento sull'operato e sui poteri dello stesso, giacché i poteri dell'amministratore del condominio e dell'assemblea sono delineati con precisione dagli artt. 1130 e 1135 c.c., che limitano le attribuzioni del primo all'ordinaria amministrazione, mentre riservano alla seconda le decisioni in materia di amministrazione straordinaria; né il terzo può invocare l'eventuale carattere urgente della prestazione commissionatagli dall'amministratore, valendo tale presupposto a fondare, ex art. 1135, ultimo comma, c.c., il diritto dell'amministratore al rimborso selle spese nell'ambito interno al rapporto di mandato. (Nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza di merito, che aveva ritenuto inopponibile al condominio il contratto con cui l'amministratore aveva autonomamente conferito ad un legale il compito di assistenza nella redazione di un contratto di appalto per lavori di manutenzione straordinaria, dell'importo di oltre duecentomila euro, determinati da un'ordinanza comunale impositiva di lavori urgenti alla facciata dell'edificio).

Cass. civ. n. 19651/2017

La delibera condominiale che, a maggioranza ed in deroga al criterio legale del consumo effettivamente registrato o del valore millesimale delle singole unità immobiliari servite, ripartisca in parti uguali tra queste ultime le spese di esercizio dell'impianto di riscaldamento centralizzato è, indipendentemente dal precedente criterio di riparto adottato nel condominio, nulla per impossibilità dell'oggetto, giacché tale statuizione, incidendo sulla misura degli obblighi dei singoli condomini fissata dalla legge o per contratto, eccede le attribuzioni dell'assemblea e pertanto richiede, per la propria approvazione, l'accordo unanime di tutti i condomini, quale espressione della loro autonomia negoziale.

Cass. civ. n. 8521/2017

Nessuna norma codicistica detta, in tema di approvazione dei bilanci consuntivi del condominio, il principio dell'osservanza di una rigorosa sequenza temporale nell'esame dei vari rendiconti presentati dall'amministratore e relativi ai singoli periodi di esercizio in essi considerati, con la conseguenza che va ritenuta legittima la delibera assembleare che (in assenza di un esplicito divieto pattiziamente convenuto al momento della formazione del regolamento contrattuale) approvi il bilancio consuntivo senza prendere in esame la situazione finanziaria relativa al periodo precedente, atteso che i criteri di semplicità e snellezza che presiedono alle vicende dell'amministrazione condominiale consentono, senza concreti pregiudizi per la collettività dei comproprietari, finanche la possibilità di regolarizzazione successiva delle eventuali omissioni nell'approvazione dei rendiconti.

Cass. civ. n. 2807/2017

In tema di condominio, qualora l'amministratore, avvalendosi dei poteri di cui all'art. 1135, comma 2, c.c., abbia disposto, in assenza di previa delibera assembleare, lavori di straordinaria amministrazione, la relativa obbligazione è riferibile al condominio ove l'amministratore ne abbia speso il nome e quei lavori siano caratterizzati dall'urgenza, mentre, in mancanza di quest'ultimo requisito, non è configurabile alcun diritto di rivalsa o regresso del condominio medesimo, atteso che il relativo rapporto obbligatorio non gli è riferibile, trattandosi di atto posto in essere dell'amministratore al di fuori delle sue attribuzioni.

Cass. civ. n. 454/2017

Nel condominio di edifici, l'erogazione delle spese di manutenzione ordinaria e di quelle relative ai servizi comuni essenziali non richiede la preventiva approvazione dell'assemblea, trattandosi di esborsi cui l'amministratore provvede in base ai suoi poteri e non come esecutore delle delibere dell'assemblea; la loro approvazione è, invece, richiesta in sede di consuntivo, giacché solo con questo si accertano le spese e si approva lo stato di ripartizione definitivo, che legittima l'amministratore ad agire contro i condomini morosi per il recupero delle quote poste a loro carico.

Cass. civ. n. 7459/2015

Nell'ambito di un condominio, la trasformazione, in tutto o in parte, di un bene comune in bene esclusivo di una sola parte dei condomini, mediante esclusione di alcuni di essi dalla percezione dei frutti, può essere validamente deliberata soltanto all'unanimità, ossia mediante una decisione che abbia valore contrattuale, dovendosi, in difetto, dichiarare la nullità della deliberazione assunta a maggioranza. (Nella specie, l'assemblea aveva deliberato, a maggioranza, che il canone relativo all'alloggio ex portineria, bene di proprietà comune "pro-indiviso" di tutti i condomini, fosse accreditato al solo gruppo di condomini cui era originariamente destinato il servizio di portineria).

Cass. civ. n. 6573/2015

In tema di condominio negli edifici, la delibera assembleare che adibisce l'area cortiliva a parcheggio e assegna i singoli posti auto non determina la divisione del bene comune, limitandosi a renderne più ordinato e razionale l'uso paritario, sicché essa non richiede il consenso di tutti i condomini, né attribuisce agli assegnatari il possesso esclusivo della porzione loro assegnata.

Cass. civ. n. 5657/2015

In tema di condominio, non rientra nei poteri dell'assemblea la deliberazione che determini a maggioranza l'ambito dei beni comuni e delle proprietà esclusive, potendo ciascun condomino interessato far valere la conseguente nullità senza essere tenuto all'osservanza del termine di decadenza di cui all'art. 1137 cod. civ.

Cass. civ. n. 1439/2014

In tema di condominio negli edifici, la deliberazione con cui l'assemblea, in mancanza di tabelle millesimali, adotti un criterio provvisorio di ripartizione delle spese tra i condomini, nell'esercizio delle attribuzioni di cui all'art. 1135, nn. 2) e 3), cod. civ., non è nulla, ma solo annullabile, non incidendo comunque sui criteri generali dettati dall'art. 1123 cod. civ., con la conseguenza che la relativa impugnazione va proposta nel termine di decadenza di trenta giorni previsto dall'art. 1137 cod. civ.

Cass. civ. n. 821/2014

In tema di condominio negli edifici, ai sensi dell'art. 1135 cod. civ., l'assemblea può deliberare a maggioranza su tutto ciò che riguarda le spese d'interesse comune e, quindi, anche sulle transazioni che a tali spese afferiscano, essendo necessario il consenso unanime dei condomini, ai sensi dell'art. 1108, terzo comma, cod. civ., solo quando la transazione abbia ad oggetto i diritti reali comuni.

Cass. civ. n. 22634/2013

In tema di condominio negli edifici, è nulla - e non soggetta, quindi, al termine di impugnazione di cui all'art. 1137 c.c. - la delibera assembleare che addebiti le spese di riscaldamento ai condomini proprietari di locali (nella specie, sottotetti), cui non sia comune, né siano serviti dall'impianto di riscaldamento, trattandosi di delibera che inerisce ai diritti individuali di tali condomini e non alla mera determinazione quantitativa del riparto delle spese.

Cass. civ. n. 21742/2013

In tema di condominio negli edifici, la sospensione giudiziale di una deliberazione assembleare impugnata non impedisce all'assemblea di adottare sul medesimo punto, sanati eventuali vizi, una nuova deliberazione, esecutiva "ex lege" ove il condomino interessato non si attivi per conseguirne a sua volta la sospensione.

Cass. civ. n. 144/2012

Le attribuzioni dell'assemblea condominiale riguardano l'intera gestione delle cose, dei servizi e degli impianti comuni, che avviene in modo dinamico e che non potrebbe essere soddisfatta dal modello della autonomia negoziale, in quanto la volontà contraria di un solo partecipante sarebbe sufficiente ad impedire ogni decisione. Rientra dunque nei poteri dell'assemblea quello di disciplinare beni e servizi comuni, al fine della migliore e più razionale utilizzazione, anche quando la sistemazione più funzionale del servizio comporta la dismissione o il trasferimento di tali beni. L'assemblea con deliberazione a maggioranza ha quindi il potere di modificare sostituire o eventualmente sopprimere un servizio anche laddove esso sia istituito e disciplinato dal regolamento condominiale se rimane nei limiti della disciplina delle modalità di svolgimento e quindi non incida sui diritti dei singoli condomini. Ne deriva che la volontà collettiva, regolarmente espressa in assemblea, volta ad escludere l'uso dell'antenna centralizzata per le ricezione di canali televisivi (destinata a servire tutte o più unità immobiliari di proprietà esclusiva e richiedente una attività di impianto a gestione comune), non si pone come contraria al diritto dei singoli condomini sul bene comune.

Cass. civ. n. 18192/2009

A differenza di quanto previsto dall'art. 1134 c.c. - che consente il rimborso al condomino delle spese sostenute senza autorizzazione soltanto in caso di urgenza - l'art. 1135 c.c. non contiene analogo divieto di rimborso delle spese non urgenti sostenute dall'amministratore nell'interesse comune; ne consegue che l'assemblea di condominio può ratificare le spese ordinarie e straordinarie effettuate dall'amministratore senza preventiva autorizzazione, anche se prive dei connotati di indifferibilità ed urgenza, purché non voluttuarie o gravose, e, di conseguenza, approvarle, surrogando in tal modo la mancanza di una preventiva di delibera di esecuzione.

La delibera dell'assemblea di condominio che ratifichi una spesa assolutamente priva di inerenza alla gestione condominiale è nulla, e non già semplicemente annullabile, senza che possa aver rilievo in senso contrario il fatto che la spesa sia modesta in rapporto all'elevato numero di condomini e all'entità complessiva del rendiconto. (Nella specie, si trattava di spese relative al telefono privato dell'amministratore ed all'acquisto di una licenza di "software" compiuta in proprio dall'amministratore).

Cass. civ. n. 10816/2009

In tema di condominio negli edifici, è annullabile, ma non affetta da nullità, la delibera con la quale un numero insufficiente di condomini adotti una modifica delle modalità di pagamento delle spese condominiali, qualora detto provvedimento non modifichi nella sostanza il piano di riparto delle spese stesse ma si limiti a determinarne le modalità di pagamento. (Nella specie, era stato previsto che i pagamenti fossero convogliati su conto corrente bancario).

Cass. civ. n. 16641/2007

In tema di condominio negli edifici, qualora una delibera condominiale attivamente determini un illecito edilizio consentendo ai condomini, attraverso l'autorizzazione, come nella specie, al collegamento ai servizi primari comuni (acqua, luce, gas, scarichi fognari, ecc.), la trasformazione dei rispettivi locali sottotetto, viceversa destinati a lavanderia — stenditoio, in vani abitabili, in contrasto con lo strumento urbanistico in vigore ed in assenza di concessione edilizia, per ottenerne quindi il condono edilizio altrimenti non fruibile, simile delibera ha sostanzialmente un contenuto (ossia un fine) illecito e, come tale, è affetta da nullità assoluta per illiceità dell'oggetto. Peraltro, una tale delibera non può considerarsi valida neppure per effetto del successivo condono edilizio, perché, in base ai principi che regolano la successione delle leggi nel tempo, la sua illiceità (e conseguente nullità) va verificata con riferimento alle norme edilizie in vigore al momento della sua approvazione.

Cass. civ. n. 6915/2007

Le attribuzioni dell'assemblea condominiale riguardano l'intera gestione delle cose, dei servizi e degli impianti comuni, che avviene in modo dinamico e che non potrebbe essere soddisfatta dal modello della autonomia negoziale, in quanto la volontà contraria di un solo partecipante sarebbe sufficiente ad impedire ogni decisione. Rientra dunque nei poteri dell'assemblea quello di disciplinare beni e servizi comuni, al fine della migliore e più razionale utilizzazione, anche quando la sistemazione più funzionale del servizio comporta la dismissione o il trasferimento dei beni comuni. L'assemblea con deliberazione a maggioranza ha quindi il potere di modificare sostituire o eventualmente sopprimere un servizio anche laddove esso sia istituito e disciplinato dal regolamento condominiale se rimane nei limiti della disciplina delle modalità di svolgimento e quindi non incida sui diritti dei singoli condomini. In particolare l'assemblea può deliberare di modificare il servizio di autoclave spostandone l'ubicazione precedente che comportava una posizione di servitù attiva anche se la nuova ubicazione determina una situazione di fatto da cui deriva la mancanza di utilità della servitù.

Cass. civ. n. 1626/2007

In tema di condominio degli edifici, è nulla per impossibilità dell'oggetto la delibera condominiale che pregiudichi la sicurezza del fabbricato mediante la copertura di spazi comuni, aventi la connaturata destinazione all'aerazione delle unità immobiliari dei singoli condomini che su di esso prospettano, senza l'adozione di misure sostitutive atte ad assicurare un ricambio d'aria adeguato alle necessità anche potenziali di dette unità. (Nella specie, relativa alla richiesta avanzata nel 1991, da parte di nuovi condomini, di demolizione di una tettoia del cortile comune realizzata nel 1963, che impediva la circolazione dell'aria e limitava la possibilità degli istanti di installare una caldaia per riscaldamento autonomo nel loro balcone di proprietà esclusiva, la S.C. nel cassare la sentenza d'appello che aveva respinto la domanda, ha precisato che restava ferma l'osservanza, quanto alla possibilità di installazione della caldaia a gas, della disciplina dettata dall'art. 890 c.c. e dalla L. 6 dicembre 1971 n. 1083, in dipendenza della pericolosità e potenziale nocività dell'impianto ).

In tema di condominio degli edifici, l'esecuzione di un'opera contrastante con le norme imperative in materia di edilizia di cui agli artt. 31 e 41 legge 17 agosto 1942, n 1150 e agli artt. 10 e 13 legge 6 agosto 1967 n. 765, penalmente sanzionata con previsione di responsabilità a carico sia del committente che del suo autore, comporta, in quanto contraria all'ordine pubblico, la nullità per illiceità dell'oggetto della delibera dell'assemblea che l'abbia disposta. (Omissis).

Cass. civ. n. 17101/2006

È affetta da nullità (la quale può essere fatta valere dallo stesso condomino che abbia partecipato all'assemblea ed ancorché abbia espresso voto favorevole, e risulta sottratta al termine di impugnazione previsto dall'art. 1137 c.c. ) la delibera dell'assemblea condominiale con la quale, senza il consenso di tutti i condomini, si modifichino i criteri legali (art. 1123 c.c. ) o di regolamento contrattuale di riparto delle spese necessarie per la prestazione di servizi nell'interesse comune. Ciò, perché eventuali deroghe, venendo a incidere sui diritti individuali del singolo condomino attraverso un mutamento del valore della parte di edificio di sua esclusiva proprietà, possono conseguire soltanto da una convenzione cui egli aderisca.

Cass. civ. n. 16228/2006

Poiché, in materia di condominio degli edifici, il diritto di ciascun condomino sulle parti di proprietà comune può trovare limitazioni soltanto in forza del titolo di acquisto o di convenzioni, la delibera assembleare che, nel destinare un'area comune a parcheggio di autovetture, ne disciplini l'uso escludendo uno dei condomini, è nulla se il relativo verbale non è sottoscritto da tutti i condomini, atteso che la relativa determinazione, modificando il regolamento condominiale, produce vincoli di natura reale su beni immobili ed è, pertanto, soggetta all'onere della forma scritta ad substantiam.

Cass. civ. n. 4501/2006

Le delibere assembleari del condominio devono essere interpretate secondo i canoni ermeneutici stabiliti dagli artt. 1362 e seguenti c.c., privilegiando, innanzitutto, l'elemento letterale, e quindi, nel caso in cui esso si appalesi insufficiente, gli altri criteri interpretativi sussidiari indicati dalla legge, tra cui quelli della valutazione del comportamento delle parti e della conservazione degli effetti dell'atto, che impone all'interprete di attribuire alle espressioni letterali usate un qualche effetto giuridicamente rilevante anziché nessun effetto o un significato meramente programmatico.

Cass. civ. n. 8505/2005

In mancanza di tabelle millesimali, l'assemblea ha il potere di deliberare a maggioranza una ripartizione provvisoria dei contributi a titolo di acconto e salvo conguaglio.

Cass. civ. n. 4806/2005

In tema di delibere assembleari condominiali, la delibera, assunta nell'esercizio delle attribuzioni assembleari previste dall'art. 1135, numeri 2) e 3), c.c., relativa alla ripartizione in concreto tra condomini delle spese relative a lavori straordinari ritenuti afferenti a beni comuni (posti auto e vano ascensore) e alla tassa di occupazione di suolo pubblico, ove adottata in violazione dei criteri già stabiliti, deve considerarsi annullabile, non incidendo sui criteri generali da adottare nel rispetto dell'art. 1123 c.c., e la relativa impugnazione va pertanto proposta nel termine di decadenza (trenta giorni) previsto dall'art. 1137, ultimo comma, c.c.

Cass. civ. n. 3264/2005

In tema di condominio, il criterio per la identificazione delle quote di partecipazione ad esso, derivando dal rapporto fra il valore dell'intero edificio e quello relativo alla proprietà singolo, esiste prima ed indipendentemente dalla formazione delle tabelle millesimali, la cui esistenza, pertanto, non costituisce requisito di validità delle delibere assembleari.

Cass. civ. n. 9463/2004

In tema di condominio negli edifici, i poteri dell'assemblea sono circoscritti alle materie — che si compendiano nel concetto di gestione — definite dall'art. 1135 c.c. e dagli specifici articoli precedenti. Ne consegue che l'assemblea non ha una competenza generalizzata in materia di spese per le parti comuni, né può deliberare e ripartire tra i condomini i tributi dovuti dai singoli per l'acquisto di beni destinati al servizio comune, anche se detti beni appartengono in comune a tutti i condomini.

Cass. civ. n. 12298/2003

In tema di condominio di edifici, l'apposizione di targhe e tende nel prospetto dell'edificio condominiale costituisce espressione del diritto di comproprietà dei condomini su detta parte comune, corrispondendo alla normale destinazione di questa; ne consegue che l'esercizio di tale facoltà non può essere assoggettato a divieto o subordinato al consenso dell'amministratore condominiale.

Cass. civ. n. 15460/2002

I condomini possono deliberare l'uso indiretto della cosa comune, con la maggioranza legalmente prescritta, quando non sia possibile l'uso diretto della stessa per tutti i partecipanti al condominio, proporzionalmente alla loro quota, promiscuamente ovvero con sistema di turni temporali o frazionamento degli spazi.

Cass. civ. n. 13631/2001

In mancanza di diversa convenzione adottata all'unanimità, espressione dell'autonomia contrattuale, la ripartizione delle spese condominiali deve necessariamente avvenire secondo i criteri di proporzionalità, fissati nell'art. 1123 c.c., e, pertanto, non è consentito all'assemblea condominiale, deliberando a maggioranza, di ripartire tra condomini non morosi il debito delle quote condominiali dei condomini morosi; invece, nell'ipotesi di effettiva, improrogabile urgenza di trarre aliunde somme — come nel caso di aggressione in executivis da parte di creditore del condominio, in danno di parti comuni dell'edificio — può ritenersi consentita una deliberazione assembleare, la quale tenda a sopperire all'inadempimento del condomino moroso con la costituzione di un fondo — cassa ad hoc, tendente ad evitare danni ben più gravi nei confronti dei condomini tutti, esposti dal vincolo di solidarietà passiva; conseguentemente sorge in capo al condominio e non ai singoli condomini morosi l'obbligazione di restituire ai condomini solventi le somme a tale titolo percepite, dopo aver identificato gli insolventi e recuperato dagli stessi quanto dovuto per le quote insolute e per i maggiori oneri.

Cass. civ. n. 2301/2001

Le delibere delle assemblee di condominio aventi ad oggetto la ripartizione delle spese comuni, con le quali si deroga una tantum ai criteri legali di ripartizione delle spese medesime, ove adottate senza il consenso unanime dei condomini, sono nulle. (Nella specie, si trattava di una delibera assunta a maggioranza, relativa alla ripartizione tra i condomini in parti uguali, e non in base ai millesimi, della spesa relativa all'adeguamento dell'impianto elettrico alla normativa, in tema di sicurezza ed alla automazione del portone).

Cass. civ. n. 16067/2000

La deliberazione dell'assemblea di un condominio che, applicando erroneamente l'art. 1126 c.c. abbia addebitato a carico di un condomino una quota delle spese di riparazione della terrazza a livello del piano sovrastante, sovrastata a sua volta da altre terrazze sulla prosecuzione in altezza dell'edificio (destinata come tale non tanto ad assolvere a una funzione di copertura dei piani sottostanti, quanto e soprattutto a dare un affaccio ed ulteriori comodità all'appartamento cui è collegata) è nulla per indebita invasione della sfera di proprietà del singolo condomino con la conseguenza che l'impugnazione della delibera non è soggetta al termine di decadenza di cui all'art. 1137 ultimo comma c.c.

Cass. civ. n. 15010/2000

La delibera con cui il condominio approva il preventivo o il rendiconto per le spese, ordinarie e straordinarie, deve, a pena di invalidità per contrarietà alle norme che disciplinano i diritti e gli obblighi dei partecipanti al condominio, distinguere analiticamente quelle occorrenti per l'uso da quelle occorrenti per la conservazione delle parti comuni. In tal modo è altresì possibile, se tra i partecipanti vi sono usufruttuari — il cui diritto non solo di partecipazione, ma anche di voto alla relativa assemblea, è riconosciuto perché gode degli impianti, delle cose e dei servizi comuni — ripartire tra i medesimi e i nudi proprietari dette spese in base alla natura delle stesse, secondo i criteri stabiliti dagli artt. 1004 e 1005 c.c., con una mera operazione esecutiva.

Cass. civ. n. 11526/1999

Nessuna norma codicistica detta, in tema di approvazione dei bilanci consuntivi del condominio, il principio dell'osservanza di una rigorosa sequenza temporale nell'esame dei vari rendiconti presentati dall'amministratore e relativi ai singoli periodi di esercizio in essi considerati, con la conseguenza che va ritenuta legittima la delibera assembleare che (in assenza di un esplicito divieto pattiziamente convenuto al momento della formazione del regolamento contrattuale) approvi il bilancio consuntivo senza prendere in esame la situazione finanziaria relativa al periodo precedente, atteso che i criteri di semplicità e snellezza che presiedono alle vicende dell'amministrazione condominiale consentono, senza concreti pregiudizi per la collettività dei comproprietari, finanche la possibilità di regolarizzazione successiva delle eventuali omissioni nell'approvazione dei rendiconti.

Cass. civ. n. 13116/1997

Sono affette da nullità assoluta, rilevabile in ogni tempo, la delibera dell'assemblea di un condominio di esecuzione di opere, nell'interesse comune, anche sulle proprietà esclusive dei condomini senza il loro consenso — e pur se i lavori sono urgenti e necessari, perché, se vi è contestazione, è il giudice che deve decidere — e la conseguente delibera di ripartizione delle spese derivatene.

Cass. civ. n. 8167/1997

Appartiene al potere discrezionale dell'assemblea e non pregiudica né l'interesse dei condomini alla corretta gestione del condominio, né il loro diritto patrimoniale all'accredito della proporzionale somma — perché compensata dal corrispondente minor addebito, in anticipo o a conguaglio — l'istituzione di un fondo-cassa per le spese di ordinaria manutenzione e conservazione dei beni comuni, e la relativa delibera è formalmente regolare, anche se tale istituzione non è indicata tra gli argomenti da trattare, se è desumibile dal rendiconto — depositato prima dell'assemblea convocata per la sua approvazione — in cui l'accantonamento di un'entrata condominiale (nella specie canone dell'appartamento dell'ex portiere) è destinato alle spese di ordinaria manutenzione.

Cass. civ. n. 5163/1997

Non può essere legittimamente ricompresa, tra le attribuzioni dell'assemblea condominiale, la autorizzazione concessa all'amministratore a nominarsi un difensore che lo assista in un processo penale (sia pur scaturente da vicende riguardanti le parti comuni dell'edificio), ovvero la assunzione delle relative spese da parte dei condomini, pur con esonero di quelli dissenzienti, dovendosi tale delibera (che esorbita dalle attribuzioni che definiscono la competenza dell'organo collegiale) ritenersi affetta da nullità assoluta, per impossibilità dell'oggetto, e risultando estranea alla rappresentanza del condominio ogni vicenda di responsabilità penale, attesane la natura personale, ai sensi dell'art. 27, comma primo, Cost.

Cass. civ. n. 8657/1996

All'assemblea dei condomini, nell'ambito delle attribuzioni concernenti la gestione delle cose, degli impianti e dei servizi comuni previste dall'art. 1135 n. 2 c.c., deve riconoscersi la competenza a modificare, in via provvisoria, tabelle millesimali concernenti il servizio di riscaldamento e di riscuotere i relativi contributi a titolo di acconto e salvo conguaglio, qualora, in seguito alle modifiche apportate da un condomino all'impianto di riscaldamento all'interno del proprio appartamento, le tabelle originarie non corrispondano alla nuova estensione degli elementi radianti.

Cass. civ. n. 8531/1996

La carenza, nell'impianto comune di riscaldamento, dei requisiti tecnici prescritti dalla legge per la sicurezza delle persone e delle cose e per limitare l'inquinamento prodotto dalla combustione non impedisce all'assemblea di deliberare sulle relative spese di esercizio (art. 1135 c.c.), perché tale deliberazione non attiene all'attivazione dell'impianto, che rientra tra i compiti propri dell'amministratore (art. 1130 c.c.).

Cass. civ. n. 7706/1996

Il disposto degli artt. 1129 (nomina annuale dell'amministratore), 1135, n. 2 (preventivo annuale di spesa), 1135, n. 3 (rendiconto annuale delle spese e delle entrate) del c.c. configura una dimensione annuale della gestione condominiale, sicché è nulla la deliberazione condominiale che, nell'assenza di un'unanime determinazione, vincoli il patrimonio dei singoli condomini ad una previsione pluriennale di spese, oltre quella annuale, ed alla quale si commisuri l'obbligo della contribuzione. (Nella specie, la S.C., in applicazione dell'enunciato principio di diritto, ha confermato la sentenza del merito che aveva dichiarato la nullità della deliberazione condominiale con la quale era stato così approvato a maggioranza: «continuare a versare le quote relative al fondo di riserva per l'anno 1988 e per i prossimi cinque anni, pari ad una quota condominiale trimestrale per ogni anno, che dovrà essere versata entro il 30 maggio di ogni anno»).

Cass. civ. n. 5334/1996

È affetta da nullità e non da mera annullabilità, ed è quindi impugnabile in ogni tempo da chiunque vi abbia interesse la delibera dell'assemblea condominiale che ponga le spese di lite in proporzione della sua quota, a carico del condomino pur avendo questi ritualmente manifestato il proprio dissenso rispetto alla lite medesima deliberata dall'assemblea.

Cass. civ. n. 2133/1995

L'assemblea del condominio in un edificio, in sede di approvazione del consuntivo di lavori eseguiti su parti comuni del fabbricato e di ripartizione della relativa spesa, ben può riconoscere a posteriori opportunamente e vantaggiosamente realizzati detti lavori, ancorché non previamente deliberati ovvero, a suo tempo, non deliberati validamente, ed approvarne la relativa spesa, restando, in tal caso, la preventiva formale deliberazione dell'opera utilmente surrogata dall'approvazione del consuntivo della spesa e della conseguente ripartizione del relativo importo fra i condomini.

Cass. civ. n. 7603/1994

L'assemblea condominiale non può assumere decisioni che riguardino i singoli condomini nell'ambito dei beni di loro proprietà esclusiva, salvo che non si riflettano sull'adeguato uso delle cose comuni; ne consegue che nel caso in cui i balconi, che appartengono in modo esclusivo al proprietario dell'appartamento di cui fanno parte, presentino nella facciata esterna elementi decorativi, o anche semplicemente cromatici, che si armonizzano con la facciata del fabbricato dal quale sporgono, per i lavori di restauro o di manutenzione straordinaria della facciata, decisi con la prescritta maggioranza, legittimamente viene incluso nei lavori comuni il contemporaneo rifacimento della facciata esterna dei detti balconi, essendo il decoro estetico dell'edificio condominiale un bene comune, della cui tutela è competente l'assemblea.

Cass. civ. n. 6119/1994

Poiché il diritto di ciascun condomino investe la cosa comune nella sua interezza sia pure con il limite del concorrente diritto degli altri condomini, anche un solo condomino può promuovere le azioni reali a difesa della proprietà comune senza che sia necessario integrare il contraddittorio nei confronti di tutti i partecipanti alla comunione. Pertanto tali azioni possono essere deliberate anche a maggioranza dall'assemblea dei condomini la quale può conferire all'amministratore o ad altri il potere di agire nel comune interesse.

Cass. civ. n. 4831/1994

Nel condominio degli edifici anche le spese di manutenzione ordinaria e quelle fisse relative ai servizi comuni essenziali richiedono la preventiva approvazione dell'assemblea dei condomini essendo questa espressamente richiesta dall'art. 1135 n. 2 c.c. per tutte le spese occorrenti durante l'anno e non solo per le spese di straordinaria manutenzione alle quali si riferisce il citato art. 1135 n. 5. È pertanto annullabile la delibera dell'assemblea che autorizza l'amministratore ad aumentare i contributi previsti dal preventivo di spese approvato.

Cass. civ. n. 3946/1994

È affetta da nullità - e quindi sottratta al termine di impugnazione previsto dall'art. 1137 c.c. - la deliberazione dell'assemblea condominiale che incida sui diritti individuali di un condomino, come quella che ponga a suo totale carico le spese del legale del condominio per una procedura iniziata contro di lui, in mancanza di una sentenza che ne sancisca la soccombenza, e detta nullità, a norma dell'art. 1421 c.c., può essere fatta valere dallo stesso condomino che abbia partecipato all'assemblea ancorché abbia espresso voto favorevole alla deliberazione, ove con tale voto non si esprima l'assunzione o il riconoscimento di una sua obbligazione.

Cass. civ. n. 9311/1993

In tema di condominio di edifici, i partecipanti con voto unanime possono sottoporre a limitazioni, nell'ambito dell'autonomia negoziale, l'esercizio dei poteri e delle facoltà che normalmente caratterizzano il contenuto del diritto di proprietà sulle cose comuni, vertendosi in materia disponibile, con la conseguenza che con regolamento contrattuale possono vietare l'apposizione di insegne, targhe e simili sui muri perimetrali comuni, ovvero subordinarla al consenso dell'amministrazione.

Cass. civ. n. 9130/1993

In tema di condominio di edifici, è nulla (e non soltanto annullabile) la deliberazione dell'assemblea presa a maggioranza che approvi una utilizzazione particolare da parte di un singolo condomino di un bene comune, qualora tale diversa utilizzazione - senza che sia dato distinguere tra parti principali e secondarie dell'edificio condominiale - rechi pregiudizievoli invadenze nell'ambito dei coesistenti diritti altrui, quali asservimenti, immissioni, o molestie lesivi del diritto degli altri condomini alle cose e servizi comuni o su quelle di proprietà esclusiva di ognuno di essi. (Nella specie la Suprema Corte ha annullato la decisione di merito che aveva ritenuto la validità della deliberazione presa a maggioranza che aveva autorizzato un condomino ad appoggiare sul muro perimetrale comune una canna fumaria destinata a smaltire le esalazioni prodotte dal forno di un esercizio commerciale ubicato a piano terra, collocata nella parte terminale a breve distanza dalle finestre di altro condomino).

Cass. civ. n. 5125/1993

In tema di ripartizione delle spese condominiali le attribuzioni dell'assemblea ex art.1135 c.c. sono circoscritte alla verificazione ed all'applicazione in concreto dei criteri stabiliti dalla legge, che non comprendono il potere di introdurre deroghe ai criteri medesimi, atteso che tali deroghe venendo ad incidere sul diritto individuale del singolo condomino di concorrere nelle spese per le cose comuni dell'edificio condominiale in misura non superiore a quelle dovute per legge, possono conseguire soltanto ad una convenzione cui egli aderisca. Pertanto è nulla e non meramente annullabile, anche se presa all'unanimità, la delibera che modifichi il criterio legale di ripartizione delle spese di riparazione del lastrico solare stabilito dall'art. 1126 c.c., senza che i condomini abbiano manifestato l'espressa volontà di stipulare un negozio dispositivo dei loro diritti in tal senso, con la conseguenza che detta nullità può essere fatta valere, a norma dell'art. 1421 c.c., anche dal condomino che abbia partecipato all'assemblea esprimendo voto conforme alla deliberazione stessa, purché alleghi e dimostri di avervi interesse per derivare dalla deliberazione assembleare un apprezzabile suo pregiudizio, non operando nel campo del diritto sostanziale la regola propria della materia processuale secondo cui chi ha concorso a dare causa alla nullità non può farla valere.

Cass. civ. n. 4631/1993

In tema di condominio degli edifici, la delibera istitutiva di un servizio di vigilanza armata, per la tutela dell'incolumità dei partecipanti, è rivolta a perseguire finalità estranee alla conservazione e gestione delle cose comuni, e, quindi, non è riconducibile nelle attribuzioni dell'assemblea (art. 1135 c.c.). Ne deriva che tale delibera, ancorché presa a maggioranza, non opera nei confronti dei condomini assenti all'assemblea e non può essere fatta valere per una ripartizione della relativa spesa anche a loro carico.

Cass. civ. n. 1213/1993

Riguardo alle delibere dell'assemblea di condominio aventi ad oggetto la ripartizione delle spese comuni, occorre distinguere quelle con le quali sono stabiliti i criteri di ripartizione ai sensi dell'art. 1123 c.c. ovvero sono modificati i criteri fissati in precedenza, per le quali è necessario, a pena di radicale nullità, il consenso unanime dei condomini, da quelle con le quali, nell'esercizio delle attribuzioni assembleari previste dall'art. 1135 nn. 2 e 3 c.c., vengono in concreto ripartite le spese medesime, atteso che soltanto queste ultime, ove adottate in violazione dei criteri già stabiliti, devono considerarsi annullabili e la relativa impugnazione va proposta nel termine di decadenza, di trenta giorni previsto dall'art. 1137, ultimo comma, c.c.

Cass. civ. n. 9157/1991

In tema di condominio di edifici, i poteri dell'assemblea, i quali sono fissati tassativamente dal codice (art. 1135 c.c.), non possono invadere la sfera di proprietà dei singoli condomini, sia in ordine alle cose comuni che a quelle esclusive, tranne che una siffatta invasione sia stata da loro specificamente accettata o nei singoli atti di acquisto o mediante approvazione del regolamento di condominio che la preveda. Pertanto non è consentito alla maggioranza dei condomini deliberare una diversa collocazione delle tubazioni comuni dell'impianto di riscaldamento in un locale di proprietà esclusiva, con pregiudizio di tale proprietà, senza il consenso del proprietario del locale stesso.

Cass. civ. n. 3858/1989

La deliberazione dell'assemblea condominiale, con la quale venga autorizzato l'uso di un bene comune in modo incompatibile con l'utilizzazione ed il godimento di parti dell'edificio di proprietà di un singolo condomino, è illegittima indipendentemente dalla circostanza che, per ragioni contingenti e transitorie, il bene di proprietà individuale ed esclusiva non sia attualmente utilizzato secondo la sua naturale destinazione. (In base al suddetto principio la Suprema Corte ha ritenuto corretta la decisione del giudice di merito che aveva dichiarato la illegittimità di una delibera con la quale era stata decisa l'utilizzazione come parcheggio di un'area condominiale sotto il profilo che detto uso avrebbe ostacolato l'accesso ad alcuni locali di proprietà individuale destinati ad essere utilizzati come autorimesse, a nulla rilevando che detto uso non fosse attuale perla necessità di realizzare alcuni lavori di rifinitura e di adattamento dell'immobile).

Cass. civ. n. 5709/1987

Nel condominio di edifici allorquando una deliberazione dell'assemblea condominiale, la quale sancisce un determinato uso della cosa comune, venga adottata con il voto unanime dei partecipanti al condominio, l'atto conserva la sua validità anche se abbia, in ipotesi, a limitare il godimento di alcuno dei condomini.

Cass. civ. n. 5068/1986

Nel condominio di edifici l'erogazione delle spese di manutenzione ordinaria e quelle relative ai servizi comuni essenziali non richiede la preventiva approvazione dell'assemblea dei condomini, in quanto trattasi di esborsi (contributi, utenze, premi assicurativi, spese per il riscaldamento ecc.) dovuti a scadenze fisse e ai quali l'amministratore provvede in base ai suoi poteri e non come esecutore delle delibere dell'assemblea. L'approvazione di dette spese è, invece, richiesta in sede di consuntivo, giacché solo con questo si accertano le spese e si approva lo stato di ripartizione definitivo che legittima l'amministratore ad agire contro i condomini morosi per il recupero delle quote poste a suo carico.

Cass. civ. n. 4437/1985

L'assemblea condominiale — atteso il carattere meramente esemplificativo delle attribuzioni riconosciutele dall'art. 1135 c.c. — può deliberare, quale organo destinato ad esprimere la volontà collettiva dei partecipanti, qualunque provvedimento, anche non previsto dalla legge o dal regolamento di condominio, sempreché non si tratti di provvedimenti volti a perseguire una finalità extracondominiale. Ne consegue che le deliberazioni dell'assemblea dei condomini non sono impugnabili per difetto di competenza bensì restano soggette all'impugnazione a norma dell'art. 1137 c.c. soltanto per contrarietà alla legge o al regolamento di condominio, nella quale contrarietà confluisce ogni possibile deviazione del potere decisionale verso la realizzazione di fini estranei alla comunità condominiale.

Cass. civ. n. 1057/1985

In tema di riparto di spese condominiali, qualora non si possa fare riferimento a una tabella valida e vincolante per tutti i condomini, spetta al giudice statuire se la pretesa del condominio nei confronti dei singoli partecipanti alla comunione sia conforme ai criteri di ripartizione che, con riguardo al valore delle singole quote di proprietà, sono sanciti dalla legge in subiecta materia, determinando egli stesso il valore dei piani o porzioni di piano espresso in millesimi. Pertanto, non essendo prevista dalla legge la possibilità di adozione dei criteri provvisori di distribuzione delle spese condominiali, deve escludersi che, in mancanza di tabelle millesimali validamente approvate da tutti i condomini, l'assemblea possa adottare a maggioranza e in via temporanea, un criterio di ripartizione delle spese condominiali che consenta il versamento dei contributi a titolo di acconto e salvo conguaglio da operare successivamente alla approvazione delle tabelle millesimali.

Cass. civ. n. 805/1985

La deliberazione dell'assemblea di un condominio di edificio, la quale, a fronte di opere edilizie eseguite dal singolo condomino con pregiudizio del decoro architettonico del fabbricato, dia incarico all'amministratore di sollecitare l'intervento dell'autorità amministrativa, od eventualmente del giudice penale, non esorbita dai poteri e dalle attribuzioni dell'assemblea e dell'amministratore medesimi in tema di difesa e conservazione delle parti comuni dell'edificio, implicando tali poteri la facoltà di ricorrere non soltanto all'azione civile, ma ad ogni altro mezzo di tutela consentito dall'ordinamento.

Cass. civ. n. 1791/1977

L'assemblea del condominio di un edificio ha il potere di disciplinare, e, eventualmente, nel concorso di giustificate ragioni ed interessi comuni, di ridurre l'uso della cosa comune da parte dei singoli partecipanti, ma non anche quello di sopprimere totalmente l'uso medesimo, ancorché limitatamente a determinati periodi di tempo. (Nella specie, premesso il principio di cui sopra, la S.C. ha ritenuto correttamente affermata dai giudici del merito la nullità, e, quindi, l'impugnabilità oltre il termine stabilito dall'art. 1137 terzo comma c.c., della delibera con la quale era stata decisa l'assoluta chiusura di un cancello di accesso al cortile, in determinate ore del giorno).

Cass. civ. n. 621/1977

Tira le destinazioni accessorie del cortile condominiale, la cui funzione principale è quella di dare aria e luce alle varie unità immobiliari, rientra quella di consentire ai condomini l'accesso a piedi o con veicoli alle loro proprietà, di cui il cortile costituisce un accessorio, nonché la sosta anche temporanea dei veicoli stessi. Deve pertanto ritenersi nulla, in quanto lesiva del diritto di comproprietà, la deliberazione approvata a maggioranza dall'assemblea dei condomini, la quale modificando il regolamento di condominio, interdica ad un condomino la sosta dei veicoli dinanzi alla porta del suo fondaco — che si apre nel cortile comune — al fine di effettuare le operazioni di carico e di scarico delle merci, qualora risulti che l'uso della cosa comune da parte di quel condomino non abbia mutato la destinazione normale della stessa, né abbia compreso il pari diritto degli altri condomini.

Cass. civ. n. 227/1977

Rientra nei poteri attribuiti dall'art. 1135 c.c. all'assemblea condominiale l'adozione di una deliberazione intesa all'adesione del condominio ad un'associazione (nella specie: associazione della proprietà edilizia) la quale — per i servizi prestati e per l'opera di coordinamento realizzata a vantaggio della categoria — consenta ai singoli condomini un miglior godimento delle parti comuni dell'edificio. Poiché tale adesione riguarda il condominio inteso come organizzazione di gruppo normativamente tipizzata - e solo in via indiretta e mediata riflette effetti sui vari condomini, quali facenti parte del gruppo, la deliberazione assembleare suddetta non incide sulla sfera di libertà dei condomini uti singoli, garantita dall'art. 18 della Costituzione.

Cass. civ. n. 132/1976

La deliberazione con la quale l'assemblea di un condominio di edificio, alla stregua del regolamento condominiale, accerti eccesso od abnormità nell'uso dei beni comuni da parte di un singolo condomino (nella specie, per deposito di materiali nel cortile e nell'androne), ed applichi, nei confronti di quest'ultimo, la sanzione pecuniaria prevista, non comporta una lesione dei diritti del condomino medesimo sulle cose e servizi comuni, ma attiene esclusivamente alla disciplina dell'uso di quelle cose e servizi; detta delibera, pertanto, non è affetta da nullità, deducibile in ogni momento con azione di accertamento, ma è solo impugnabile ai sensi e nei termini perentori di cui all'art. 1137 c.c.

Cass. civ. n. 3936/1975

L'obbligo dell'amministratore del condominio di sottoporre, alla fine di ciascun anno, il conto della sua gestione all'approvazione dell'assemblea dei condomini può essere assolto senza l'osservanza di particolari formalità, essendo a tal fine sufficiente - quanto meno nel caso in cui il conto di riferisce a condomini di modeste proporzioni - che esso, anche se non redatto in rigorosa forma contabile, contenga gli elementi essenziali occorrenti per rendere intelligibili, ai singoli condomini, le modalità di impiego dei fondi anticipati dai medesimi per la gestione del condominio, con enunciazione delle spese, suddivise per categorie e ripartite tra i condomini in proporzione delle rispettive quote. E' prerogativa dell'assemblea dei condomini di procedere ad interpretazione del regolamento di condominio, correttiva di altra precedentemente adottata, ed essa può essere censurata solo quando la diversa interpretazione non sia giuridicamente corretta, e ciò sia alla stregua dei principi di ermeneutica che avrebbero dovuto essere osservati in subiecta materia per identificare l'esatta portata dei criteri stabiliti nel regolamento, sia in relazione ai risultati che siano derivati dalla loro concreta applicazione, in quanto non consentiti da norme legislative inderogabili.

L'omessa trascrizione, nel verbale dell'assemblea condominiale, del rendiconto presentato dall'amministratore non comporta l'invalidità della deliberazione che ha approvato tale atto, in quanto, nel mentre siffatta trascrizione non è richiesta dalle norme sul condominio di edifici, non sono applicabili a quest'ultimo le diverse disposizioni che regolano la redazione e l'approvazione dei bilanci delle società.

Cass. civ. n. 3463/1975

Le spese impreviste e straordinarie, rispondono all'esigenza della gestione condominiale e rientrano nel più ampio ambito oggettivo delle spese occorrenti per il godimento e la conservazione delle parti comuni dell'edificio. È pertanto consentito all'assemblea dei condomini di approvare uno stanziamento a titolo di fondo per dette spese, mentre secondo l'ordine del giorno, era chiamata a deliberare sullo stanziamento di un fondo per spese relative ai lavori di manutenzione del fabbricato condominiale.

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Consulenze legali
relative all'articolo 1135 Codice Civile

Seguono tutti i quesiti posti dagli utenti del sito che hanno ricevuto una risposta da parte della redazione giuridica di Brocardi.it usufruendo del servizio di consulenza legale. Si precisa che l'elenco non è completo, poiché non risultano pubblicati i pareri legali resi a tutti quei clienti che, per varie ragioni, hanno espressamente richiesto la riservatezza.

U. P. chiede
giovedì 14/03/2024
“Buongiorno,
sono proprietario di un fondo commerciale in un condominio molto grande, costituito in parte da appartamenti e, minor misura, da fondi commerciali. All’interno di questo condominio è presente un’area destinata a parcheggio, ampia ma insufficiente per le necessità di tutti; all’interno di questa i posti non sono assegnati.
Storicamente l’accesso a quest’area era regolato nella misura di tre permessi per ciascun appartamento e di due per i fondi commerciali. Sulla base di questo ho affittato il fondo di mia proprietà e nel contratto, che è tuttora in vigore, erano previsti i due permessi di accesso.
Di recente l’assemblea condominiale, a maggioranza ma non all’unanimità, ha deliberato una stretta su questi permessi, che passeranno a due per gli appartamenti e a uno soltanto per i fondi commerciali.
La ditta locataria del mio fondo ha la necessità di avere i due permessi, e li reclama come da contratto. L’amministratore, interpellato, ha risposto picche a qualsiasi tentativo di soluzione del problema. È legittimo tutto questo? Quali alternative ci possono essere?
Grazie, cordiali saluti

Consulenza legale i 20/03/2024
Purtroppo, l’assemblea ha agito in maniera legittima e nell’ambito delle prerogative a lei conferitele dagli artt. 1130 e 1135 del c.c.
In questo senso l’orientamento della giurisprudenza è molto chiaro e assolutamente costante. Proprio in merito all’utilizzo di posti auto condominiali la Cassazione Sez. II con sentenza n. 12485 del 19.07.2012 ha statuito che: "… se la natura di un bene immobile oggetto di comunione non ne permette un simultaneo godimento da parte di tutti i comproprietari (come, per esempio, nel caso descritto n.d.r.), l'uso comune può realizzarsi o in maniera indiretta oppure mediante avvicendamento. Pertanto, l'assemblea, alla quale spetta il potere di disciplinare i beni e servizi comuni, al fine della migliore e più razionale utilizzazione, ben può stabilire, con deliberazione a maggioranza, il godimento turnario della cosa comune nel caso in cui, come nella fattispecie in esame, non sia possibile l'uso simultaneo da parte di tutti i condomini, a causa del numero insufficiente dei posti auto condominiali".

Nel caso specifico, a fronte del fatto che l’area di parcheggio condominiale per ragioni di spazio non è in grado di garantire a tutti i condomini un simultaneo uso del bene, ben può l’assemblea a colpi di maggioranza deliberare regole per un suo uso turnario, il quale può avvenire anche con lo strumento dei permessi. Ovviamente nulla vieta che l’assise possa anche modificare le regole adottate in un primo momento, stabilendo nuove modalità di utilizzo più permissive o più restrittive.
Non possono essere opposte all'assemblea il fatto che un proprietario abbia assunto determinati obblighi contrattuali con il suo inquilino a proposito dell’utilizzo dell’area di parcheggio: ciò è assolutamente irrilevante per il condominio e i suoi organi, che rimangono liberi di adottare le decisioni che ritengono più opportune in merito.


Cliente chiede
venerdì 26/01/2024
“Salve vorrei dei chiarimenti per tre punti:
1) Il giorno 27.10.2022 al punto quattro dell’ordine del giorno (varie ed eventuali) è stato così riportato: l’assemblea invita l’amministratore ad indire una assemblea straordinaria al fine di individuare il professionista a cui affidare l’incarico per la redazione di un capitolato per il rifacimento delle facciate. Tutti i condomini sono invitati a individuare un professionista di loro gradimento che fornisca un preventivo.
Successivamente In data 19.05.2023 è stata indetta una nuova l’assemblea ordinaria e straordinaria con il seguente ordine del giorno:
- Deliberazione di esecuzione lavori facciate , terrazze, scale e androne del fabbricato e illustrazione del capitolato;
- Deliberazione sulle modalità di pagamento ed inizio dello stesso nonchè sui tempi delle opere.
L’amministratore ha allegato alla convocazione, un capitolato redatto da un professionista di sua fiducia , che ha presenziato anche alla convocazione. Nessun altro condomino ha presentato proposte di alcun tipo in quanto non richieste nella convocazione, ed è stato approvato (con delle riserve che una commissione di condomini dovrà sciogliere) quello presentato dall’amministratore. Si fa presente inoltre che per il momento non è stato costituito un fondo speciale. E’ regolare quello che ha fatto l’amministratore ? Io ho comunque contestato la decisione scrivendolo sul verbale.
2) Abbiamo fatto dei lavori straordinari nel condominio tra cui la messa in sicurezza degli intonaci di due facciate. La spesa comunque è notevole. Possiamo scaricarla?
3) Abbiamo affittato dal 2007 l’appartamento condominiale con un contratto che prevede l’adeguamento in caso di inflazione, ma a tutt’oggi dopo 15 anni l’affitto è aumentato solo del 0,4%. L’assemblea in questi anni ha comunque approvato la cifra riportata nel consuntivo spese. Dobbiamo rivalerci nei confronti dell’amministratore per il mancato guadagno?.

Si rimane in attesa di un cenno di riscontro . Cordiali saluti”
Consulenza legale i 05/02/2024
Punto n. 1)
Sulla base di quanto descritto il comportamento dell’Amministratore non presenta allo stato attuale particolari criticità.
Innanzitutto, rientra nelle prerogative dell’amministratore quello di raccogliere preventivi di ditte di sua fiducia per l’esecuzione dei lavori in condominio. Nulla vieta che anche i proprietari procedano ad individuare e a proporre in assemblea ditte di loro gradimento, ma a quanto pare, nonostante quanto deciso il giorno 27.10, nessun condomino si è preso la briga di procedere in questo senso, lasciando all’amministratore l’onere di occuparsi della cosa. Nella successiva riunione del 19.05. 2023 quindi si è proceduto ad esaminare l’unico preventivo presente elaborato dalla ditta individuata dall’ amministratore.
A quanto pare, in quella seconda riunione l’assemblea non ha preceduto a conferire immediatamente il mandato alla impresa individuata: una commissione di condomini dovrà “sciogliere alcune riserve” sul preventivo presentato.

Ovviamente una sottocommissione di condomini non ha alcun potere di approvare il preventivo dei lavori in sostituzione della assemblea: se così fosse, quanto deciso sarebbe gravemente nullo e privo di valore. Le decisioni prese dalla sottocommissione dovranno quindi essere ratificate dalla assemblea generale in una apposita riunione convocata ad hoc dall’ amministratore secondo le norme di legge. In questa terza riunione, che con ogni probabilità conferirà l’incarico definitivo alla impresa, l’assemblea dovrà anche deliberare sulle modalità di pagamento dei lavori e, ai sensi del n.4) dell’art. 1135 del c.c., sulla costituzione di un fondo speciale di un importo pari all’ammontare dei lavori. La costituzione di detto fondo speciale è condizione di validità della delibera da adottarsi, in mancanza del quale quanto deciso sarebbe nullo.
Allo stato attuale non si è verificata alcuna nullità a proposito della costituzione del fondo speciale previsto dalla legge in quanto l’assemblea con le due riunioni precedenti non pare aver preso una decisione definitiva e vincolante.

Punto n. 2)
Per rispondere al secondo quesito si specifica che per alcuni interventi effettuati sulle parti comuni di edifici condominiali, spetta la detrazione pari al 50% delle spese sostenute entro il 31.12.2024 con un limite massimo di spesa di euro 96.000,00 da ripartirsi in 10 anni. Non è più esistente per le spese sostenute nel 2023 e nel 2024 la possibilità di avvalersi del “bonus facciate”. Sulle opere effettuate sulle parti comuni dei condomini le detrazioni spettano a ogni singolo condomino in base alla quota millesimale di proprietà, salvo sia disposto diversamente a norma dell’art. 1123 e seguenti del c.c. Si potrà usufruire del beneficio fiscale con riferimento all’anno di effettuazione del bonifico da parte dell’amministratore del condominio; a tal proposito lo stesso amministratore deve rilasciare una certificazione dalla quale deve risultare l’ammontare delle spese sostenute nell’anno di riferimento e la quota parte imputabile a ciascun condomino.

Ai sensi dell’art. 16 bis del TUIR 1 comma lett. a), gli interventi sulle parti comuni che godono della detrazione fiscale sono quelli indicati alle lettere a), b), c) e d) dell’art. 3 DPR 680/2001 e cioè quelli di manutenzione ordinaria, straordinaria, restauro e risanamento conservativo e ristrutturazione edilizia. In generale per quanto riguarda gli interventi sulle parti condominiali sono lavori che godono di agevolazione fiscale quelli effettuati sui muri esterni (che siano in riferimento al rifacimento della facciata/parete esterna, che siano in riferimento a intonaci e tinteggiatura esterna, che siano in riferimento alla riparazione o rifacimento dei muri esterni di contenimento) purchè gli stessi siano effettuati con materiali e colori uguali a quelli preesistenti. Pertanto, nella misura in cui il lavoro di messa in sicurezza degli intonaci sia stato effettuato mantenendo materiali e colori preesistenti, si ritiene si tratti di un intervento agevolabile.

Punto n. 3)
Diversamente dal punto n.1, in questo caso le censure sull’ operato dell’amministratore appaiono più severe.
Il n.3) dell’art 1130 del c.c. prevede che uno dei doveri attinenti allo svolgimento dell’ufficio di amministratore di condominio sia quello di curare la riscossione dei contributi; il successivo n.4) del medesimo articolo precisa, inoltre, come l’amministratore debba compiere tutti gli atti conservativi relativi alle parti comuni dell’edificio. Dalla semplice lettura di tali due norme se ne ricava come l’amministratore sia obbligato a curare la corretta riscossione di tutti i crediti vantati dal condominio, anche quelli, come nel caso descritto, derivati da contratti locazione aventi ad oggetto parti comuni dell’edificio. Tali crediti, infatti, non sono altro che frutti civili prodotti dai cespiti condominiali messi a reddito a seguito di una decisione adottata dai proprietari in sede assembleare.

Ovviamente affinché tale obbligo possa considerarsi puntualmente adempiuto da parte del professionista, è necessario che egli si accerti che il canone di locazione venga regolarmente e puntualmente corrisposto nelle casse condominiali nella misura e con le modalità contrattualmente pattuite, come è parimenti necessario che l’amministratore solleciti all’ inquilino l’adeguamento istat del canone di locazione, se le clausole contrattuali lo prevedono.

Se quindi si verifica un inadempimento parziale nel pagamento del canone l’amministratore è obbligato ad attivarsi per tutelare le ragioni del condominio da lui amministrato, anche dando specifico mandato ad un legale, tra l’altro senza che per fare ciò sia obbligato a procurarsi una preventiva autorizzazione della assemblea.
Se l’amministratore ha omesso di pretendere l’aggiornamento istat al conduttore dell’appartamento comune facendo decadere il condominio dal diritto di poterlo pretendere egli sta compiendo un inadempimento dei doveri riconducibili al suo ufficio che possono giustificarne la revoca (anche per mezzo di intervento del giudice) ed eventualmente un risarcimento del danno per la perdita patrimoniale subita.

Sotto questo ultimo aspetto, tuttavia, si avrebbe bisogno di ulteriori elementi per capire se questo ipotetico contenzioso possa reggere il vaglio di un giudice e in quali termini possa essere proposto.
Se ad esempio l’amministratore si è accordato con l’inquilino per non procedere all’aumento ISTAT e di questo accordo è stata resa edotta l’assemblea che lo ha di fatto approvato con l’approvazione del rendiconto, difficilmente potranno essere mosse all’amministratore delle censure relativamente al mancato incasso del canone per gli anni più remoti.


S. M. chiede
mercoledì 05/07/2023
“L'assemblea di condominio aveva deliberato nel 2020 dei lavori di rifacimento della pavimentazione dell'area parcheggio. L'amministratore di condominio aveva inviato i bollettini a tutti i condomini per raccogliere i fondi necessari (circa 1.500 euro procapite, stando ai preventivi dell'epoca) secondo la ripartizione millesimale.
Per vari motivi non ufficialmente collegati al reperimento di tali fondi dai condomini (quindi contratti non stipulati, progetto carente, ecc.) i lavori di rifacimento di cui sopra non sono mai stati avviati. Ad oggi, di fatto, non esiste ancora un contratto con una ditta esecutrice.
Essendo i fondi da me versati (1.500 euro circa) infruttiferi ed improduttivi, ho chiesto all'Amministratore nel corso degli ultimi mesi (da settembre dello scorso anno ad oggi) di attingere alla quota da me versata per far fronte alle quote mensili condominiali.
Nel caso i lavori di rifacimento della pavimentazione dell'area parcheggio dovessero avviarsi, ci si troverebbe comunque di fronte alla necessita' di richiedere nuovi preventivi e, in virtu' del fatto che i prezzi delle materie prime sono aumentati, probabilmente i fondi da accantonarsi sarebbero diversi da quelli stabiliti nel 2020.

In relazione alla mia richiesta di attingere a quanto da me versato per i lavori del parcheggio per far fronte alle quote mensili ordinarie condominiali, solo oggi l'amministratore mi scrive:
non essendo stato deliberato in Assemblea, non è possibile utilizzare le quote del lavoro parcheggio per saldare il suo debito di rate scadute che ad oggi ammonta ad euro 900,00. Pertanto se non salderà entro 10 giorni mi vedo costretto ad un recupero coattivo del debito.

Ho quattro domande:
- trova riscontro normativo l'affermazione dell'amministratore, ovvero che "non è possibile utilizzare le quote del lavoro parcheggio per saldare le rate condominiali"?
- trova riscontro normativo l'affermazione dell'amministratore, ovvero che e' necessaria una delibera condominiale per utilizzare la propria parte di fondi accantonati per un'attivita' per la quale l'assemblea aveva dato mandato all'amministratore e che non e' mai stata eseguita? Probabilmente serve una delibera assembleare per destinare TUTTI i fondi accantonati per i lavori dell’area parcheggio, non le mie quote.
- il fatto che SOLO OGGI l'amministratore mi scriva in merito alle rate che sto richiedendo di compensare dal 19/09/2022 ha valore? Cioe', il fatto che non sia possibile utilizzare quanto me versato (i miei soldi) per il rifacimento della pavimentazione dell'area parcheggio mi viene comunicato solo oggi, sebbene le mie richieste siano state inoltrate mensilmente da quasi un anno (da settembre 2022, appunto).
- Se le vostre risposte alle mie domande di cui sopra mi danno ragione (quindi io possa compensare altri costi condominiali ordinari con i fondi accantonati da 3 anni e a tutt’oggi improduttivi), mi potreste suggerire una risposta articolata e con i giusti riferimenti per rispondere all’amministratore?”
Consulenza legale i 13/07/2023
Le argomentazioni dell’amministratore sono purtroppo fondate.

E’ da sempre prassi comune nei condomini istituire fondi speciali per diverse finalità. Per fondo speciale si intende la raccolta di ulteriori soldi rispetto a quelli preventivati nella gestione ordinaria per destinarli a specifici obbiettivi, come ad esempio il pagamento del tfr dei dipendenti del condominio, eventuali morosità, e soprattutto lavori straordinari.
La riforma del condominio ha recepito tale prassi, in particolare per quanto riguarda il fondo per la realizzazione di interventi straordinari. Il n.4) dell’art. 1135 del c.c. prevede infatti che l’assemblea è competente a deliberare lavori straordinari sulle parti comuni dell’edificio, costituendo nel contempo obbligatoriamente un fondo speciale pari all’ammontare dei lavori.

Come ha chiarito la Corte di Cassazione,Sez.II, con la sentenza n. 7067 del 07.07.99: "Appartiene al potere discrezionale dell'assemblea dei condomini, alla quale spetta, ex art. 1135 c.c., comma 3, di provvedere all'approvazione del rendiconto annuale dell'amministratore e all'impiego del residuo attivo di gestione, l'istituzione di un fondo-cassa per le spese di ordinaria amministrazione e conservazione dei beni comuni… Tale fondo, costituito dai versamenti dei singoli condomini, è autonomo per il semplice fatto che è destinato ad un fine specifico: la gestione del condominio. Ciò impedisce ai singoli condomini di poter rivendicare le quote versate: ma essi sono comunque tutelati dall'assemblea che ne deciderà la sorte".

Del tutto correttamente quindi l’amministratore non può arbitrariamente sciogliere il fondo, anche solo parzialmente, e pagare il saldo passivo previsto nella gestione ordinaria ed imputabile all’ autore del quesito prelevando i soldi presenti nel fondo. Solo l’assemblea nell’ambito dei suoi poteri ex art.1135 del c.c. può decidere le sorti dei denari confluiti nel fondo speciale per lavori straordinari. Anzi, l’amministratore è chiamato a dare esecuzione alle delibere della assemblea, potendo egli destinare le sostanze presenti nel fondo solo alla specifica finalità prevista dalla delibera assembleare che lo istituisce.

Piuttosto appare illegittimo che l’assemblea non sia stata ancora investita del problema di che cosa fare di questi soldi, nonostante il fatto che i lavori non abbiano ancora avuto inizio.
Da questo punto di vista sarebbe quindi opportuno sollecitare l’amministratore a convocare una riunione specifica, anche eventualmente ricorrendo ad una richiesta formale sottoscritta da due condomini così come previsto dal 1° co. dell’art. 66 delle disp. att. c.c.

I proprietari riuniti in assemblea devono necessariamente prendere una decisione sul destino dei soldi racchiusi nel fondo: o, infatti, si rinnova la volontà di portare avanti la ristrutturazione dell’area parcheggio anche magari rivolgendosi ad altre ditte appaltatrici e rimpinguando, se del caso, il fondo cassa se insufficiente, oppure si decide di procrastinare ad altro momento l’intervento. In questo ultimo caso, però, si dovrà necessariamente disporre lo scioglimento del fondo e la restituzione dei soldi ai rispettivi condomini, con possibile compensazione di posizioni debitorie risultanti nella gestione ordinaria.

Ovviamente se l’assemblea non dovesse adottare una decisione chiara in tal senso (quindi o effettuare i lavori o rinunciare e sciogliere quindi il fondo) vi sarebbero gli estremi per impugnare la delibera innanzi al giudice e chiedere quindi la restituzione di quanto versato.


C. F. chiede
lunedì 07/11/2022 - Campania
“Siccome, nel mese di agosto 2022, l'assemblea del mio condominio ha approvato i lavori per accedere al superbonus 110 ed è stato deciso di procedere solo con la cessione del credito ( senza prendere in considerazione lo sconto in fattura) cortesemente volevo sapere se ci sono i presupposti per impugnare tale delibera perché io sono intenzionato a chiedere lo sconto in fattura e non la cessione del credito.
Preciso che io ho chiesto di non eseguire interventi trainati sulle mie parti private e quindi dovrò partecipare solo per la mia quota relativa agli interventi trainanti sulle parti comuni. Inoltre dall'approvazione della citata delibera e dalla notifica, della stessa delibera, nei miei confronti sono trascorsi più di trenta giorni e che io non ho espresso il mio voto perché ero assente.
L'eventuale impugnazione quindi sarà solo per motivi di NULLITÀ.
L'assemblea mi può obbligare a procedere con la cessione del credito?
Cordiali saluti.”
Consulenza legale i 10/11/2022

Uno dei principi caposaldo del diritto condominiale dice che l’assemblea è competente a deliberare ex art 1135 del c.c. solo su questioni attinenti alle parti comuni dell’edificio, non potendo in alcun modo incidere sui diritti soggettivi rientranti nella sfera giuridica dei singoli proprietari.
Nel caso specifico, la assemblea del condominio di cui fa parte l’autore del quesito è sicuramente competente nel deliberare la realizzazione di determinati lavori sulle parti comuni dell’edificio per un determinato importo e ad individuare la ditta appaltatrice che eseguirà i lavori. Tuttavia l’assemblea non può decidere a colpi di maggioranza con quali modalità un determinato proprietario potrà usufruire di una determinata agevolazione fiscale (il bonus 110%) a cui il condominio nel suo complesso del tutto legittimamente ha deciso di aderire: tale questione, infatti, è un diritto soggettivo del singolo proprietario ed è solo lui che può compiere le scelte conseguenti, non certo l’assemblea a maggioranza.

Questo aspetto è tenuto ben presente anche dalla stessa Agenzia delle Entrate la quale con la circolare n. 24 dell’08.08.2020 ha chiarito: "In particolare, per interventi sulle parti comuni degli edifici, non è necessario che il condominio nel suo insieme opti per lo sconto in fattura o per la cessione del credito corrispondente alla detrazione spettante. Infatti, alcuni condomini potranno scegliere di sostenere le spese relative agli interventi e beneficiare così della detrazione, mentre altri potranno optare per lo sconto in fattura o per la cessione del credito".

Entra quindi in gioco il ruolo dell’amministratore di condominio il quale ai sensi del n. 5 dell’art. 1130 del c.c. è tenuto a compiere tutti gli adempimenti fiscali, anche attinenti alle varie agevolazioni edilizie previste dall’ordinamento.
In forza di tale obbligo dovrà essere quindi l’amministratore a raccogliere le scelte dei singoli condomini tra lo sconto in fattura o la cessione del credito. Sarà l’amministratore a gestire il totale della quota parte di detrazione cedibile a terzi su volontà espressa dei condomini e richiedere ai fornitori di acquistare il credito concedendone il relativo sconto in fattura per la somma equivalente alla detrazione di quei condomini che prediligono lo sconto immediato.

La delibera data in visione quindi è perfettamente legittima e non necessita di alcuna impugnazione, in quanto ciò che viene stabilito in merito alla fruizione del bonus 110% è del tutto irrilevante per chi non era presente alla riunione, potendo al massimo avere un significato, comunque allo stato attuale non ancora vincolante, per chi era presente alla riunione del 20.08. Invece, è importante verificare che l’amministratore compia diligentemente il suo dovere e permetta a ciascun proprietario di compiere la scelta che ritiene più consona in merito alla modalità di fruizione del bonus fiscale.
E' quindi opportuno rivolgersi direttamente all’amministratore per mezzo di comunicazione scritta a facendo a lui presente il desiderio di usufruire del bonus 110% attraverso lo sconto in fattura e quindi verificare direttamente sotto questo aspetto le sue intenzioni.



M. N. chiede
mercoledì 08/06/2022 - Lazio
“PROMEMORIA

nell'ambito dei lavori relativi al bonus facciate l'assemblea condominiale in data 26/5/21 ha autorizzato un'offerta da parte di XXX srl pari ad € 620.091,37. tale documento tra l'altro prevede le seguenti figure professionali e i seguenti compensi :
Responsabile dei lavori: € 20.590,94, comprensivi di oneri fiscali ;
Direttore dei Lavori : € 23.834,31, comprensivi di oneri fiscali e contributivi;
Responsabile Sicurezza: € 23.834,31, comprensivi di oneri fiscali e contributivi;
Commercialista : € 10.295,47, comprensivi di oneri fiscali.

A chiusura della seduta, l'amministratore ha proposto di concedere un compenso di 10.000,00 € al Direttore Tecnico (figura non prevista nell'offerta appena deliberata) di cui 1.000,00 € a carico del condominio e 9.000,00 a valere sul bonus facciate; la proposta è stata approvata a maggioranza. Peccato che, come vedremo più avanti, tale ruolo non è contemplato tra quelli per cui è prevista la detrazione fiscale.

Il relativo contratto, sottoscritto dal condominio nella persona dell'Amministratore (che assume anche il ruolo di Responsabile dei Lavori) e dalla predetta società il 21 sett. '21 in luogo dei 620,091,37 €, come sopra autorizzati in assemblea, riporta la cifra di 630.091,37 € modificando come segue le cifre dei compensi previsti per i professionisti:

Responsabile dei Lavori: € 30.590,94 comprensivi di oneri fiscali;
Derettore dei Lavori : € 19.747,05 comprensivi di oneri fiscali e contributivi;
Responsabile Sicurezza : € 19.747,05 comprensivi di oneri fiscali e contributivi;
Commercialista : non menzionato.

Al riguardo, nell'articolo 7 e seguenti del contratto, questi ultimi imprti vengono indicati come compensi professionali già deliberati. In realtà l'unica delibera assunta sull'argomento è quella su menzionata del 26/5. quindi queste variazioni a mio avviso non trovano alcuna giustificazione e supporto e non dovrebbero essere operative.


Ora, a prescindere dalle differenze negli importi, che saranno oggetto di ulteriori successive verifiche e che comunque lasciano intravedere una certa superficialità amministrativa, il dubbio per il quale vi scrivo è riferito al pagamento effettuato a favore del direttore tecnico. Infatti questo pagamento non trova riscontro nè sull'offerta né tantomeno sul contratto e, effettuato per interposta persona, elude la regola che tale figura professionele non è contemplata nell'ambito di questo bunus fiscale.
Personalmente ho già contestato all'amministrazione condominiale e alla XXX queste incongruenze e i miei dubbi con PEC del 26/5/22 (cfr. all.), ottenendo questa risposta:

“ai fini di una verifica fiscale, il nostro condominio ha tutta la documentazione necessaria; le fatture pagate con bonifico parlante corrispondono agli importi indicati nel contratto e nella delibera assembleare.
L'unica differenza riguarda il compenso del direttore tecnico, fatturato al sottoscritto proprio per avere la certezza di non incorrere in alcun tipo di problema in caso di controlli e al solo fine di favorire voi condomini, essendo il responsabile dei lavori una figura contemplata tra quelle per le quali è prevista la detrazione fiscale “( ndr: mentre quella del direttore tecnico no!).

Ora, i miei dubbi sulla correttezza del citato pagamento con tale dichiarazione, trovano non solo conferma, ma fanno nascere anche il sospetto che vadano oltre e sconfinino in qualcosa di più grave.”
Consulenza legale i 14/06/2022
Da un punto di vista condominiale i fatti da lei descritti presentano criticità non tanto nell’incarico conferito al direttore tecnico, quanto nel fatto che l’amministratore non rispettando i limiti di mandato prescritti da una specifica delibera assembleare abbia sottoscritto un contratto di appalto con importi superiori rispetto a quelli puntualmente prescritti dalla delibera medesima.

Il n.4) dell’art. 1135 del c.c. attribuisce espressamente alla assemblea il compito di approvare lavori di manutenzione straordinaria delle parti comuni e ovviamente in tale ambito essa può approvare tutti i contratti che ritiene utili, opportuni e necessari: l’unica condizione è che l’assemblea venga convocata nel rispetto delle norme di legge e si raggiungano i quorum costitutivi e deliberativi previsti dall’art. art. 1136 del c.c. del c.c. Tali ultimi aspetti paiono essere stati rispettati nel caso specifico.

Invece, il primo compito che l’art.1130 del c.c. attribuisce all’amministratore di condominio è quello di eseguire e dare attuazione alle decisioni dell’assemblea, norma che in questo caso è stata rispettata solo in parte.

Per quanto ci è dato capire l’assemblea di condominio nell’ambito dei poteri che gli sono propri, ha deciso di concludere con una specifica figura professionale (il Direttore Tecnico) un contratto d’opera per uno specifico importo: tale decisione poi è stata regolarmente approvata e l’amministratore, sotto questo aspetto, ha dato attuazione a quanto deciso dalla assise in maniera puntuale. Non è assolutamente vietato affiancare al general contractor la figura del Direttore Tecnico.

Il fatto che la figura del Direttore Tecnico non sia prevista dalla normativa fiscale è del tutto ininfluente da un punto di vista condominiale: ovviamente il costo di questa figura professionale non potrà essere coperta dal bonus fiscale e i relativi costi dovranno essere sopportati in toto dai proprietari. Sotto questo aspetto, quindi, non vi è nulla di rilevante neppure da un punto di vista penale.

Come si è accennato poco sopra, il vero problema nasce dal fatto che l’amministratore, contravvenendo a specifiche istruzioni dei proprietari, ha sottoscritto con l’impresa un contratto con un importo superiore a quello previsto dalla delibera assembleare che lo autorizzava a firmarlo, vincolando, quindi, il condominio ad un accordo che i proprietari di fatto non volevano, o comunque non volevano per l’importo poi concordato.

Tale condotta integra la violazione, oltre che del n. 1) dell’art.1130 del c.c. anche delle norme sul mandato ed in particolare dell’art.1711 del c.c. secondo il quale il mandatario, ovvero nel caso di specie l’amministratore, non può eccedere i limiti fissati dal mandato e inoltre prevede che l’atto compiuto dal mandatario che esorbita i predetti limiti rimane a carico del mandatario medesimo.
Tutto questo potrà tuttavia essere evitato se l’assemblea di condominio, che nel caso specifico è il mandante, opportunamente convocata a norma di legge, approva con le maggioranze di cui all’art. 1136del c.c. una ratifica dell’operato dell’amministratore. Detta ratifica potrà essere approvata nello specifico con la maggioranza degli intervenuti che rappresentino almeno la metà del valore dell’edificio.

Se per qualsiasi motivo l’operato dell’amministratore non venisse ratificato vi sarebbero gli estremi per revocarlo per giusta causa, anche ricorrendo alla autorità giudiziaria, oltre alla possibilità che il condominio possa richiedere al professionista il risarcimento dei danni subiti.


Maurizio P. chiede
venerdì 11/03/2022 - Veneto
“Durante le attività per l'ottenimento del bonus 110%, con general contrattor che assumerà il totale credito d'imposta, sono emersi i diversi costi legati alle attività preliminari e di sistemazione edilizia che non assommano a poco denaro.
Uno degli 11 proprietari dichiara di non poter assolvere alla propria parte di contribuzione per carenza di lavoro e difficoltà economiche mentre un secondo, da poco erede, si rifiuta di parlare con l'Amministratore e non partecipa agli incontri. Contro quest'ultimo, moroso anche per le spese condominiali, è iniziata dall'Amministrazione la procedura tendente ad un pignoramento cautelare dell'appartamento, ma siamo ancora alle fasi interlocutorie iniziali.
A fronte di questa situazione l'Assemblea si è divisa sulle modalità di copertura delle quote che non verranno versate, e la maggioranza ha deciso di caricare sui nove proprietari rimasti tutta la parte mancante degli importi dovuti, giustificandosi con l'articolo 1104 del CC.
La domanda è: Ma può un'assemblea deliberare, e a maggioranza, sull'assunzione da parte di altri condomini di spese ed oneri non direttamente riconducibili ad essi, poiché i due appartamenti non sono certamente cosa comune, importi per i quali non esistono modalità certe e sicure di successiva riscossione, e oltretutto per lavori di innovazione e non di mantenimento o su situazione già verificatasi?”
Consulenza legale i 17/03/2022
La costituzione di fondi spesa, istituiti solitamente per la realizzazione di importanti interventi edili o per la presenza di morosità nel pagamento degli oneri condominiali è una prassi abbastanza frequente anche se non del tutto pacifica in giurisprudenza. Il n. 4) dell’art. 1135 del c.c. riconosce espressamente la validità del fondo spese condominiali per la realizzazione di importanti interventi sulle parti comuni e obbliga espressamente alla sua istituzione. Fuori da tale previsione la legittimità della istituzione di un fondo spesa, ad esempio per coprire un buco di cassa dovuto a morosità, deve considerarsi lecito: a patto che rispetti determinati e stingenti parametri.

Analizzando la numerosa giurisprudenza sul punto (si cita tra le tante Cass. Civ.,Sez.II, n.17035 del 11.08.2016), si può dire che l’istituzione di un fondo cassa può ritenersi lecito, al di là della espressa previsione del n. 4) dell’art. 1135 del c.c., nel momento in cui sia evidente la situazione passiva in cui versano i conti del condominio a seguito del mancato pagamento di alcuni proprietari, oppure quando l’edificio versi in una situazione di degrado tale da necessitare l’istituzione di un fondo per far fronte alla ordinaria e straordinaria amministrazione dello stabile.

Per quanto ci è dato sapere nel caso specifico manca proprio tale ultimo importante aspetto, in quanto seppur vi sia la presenza di una morosità non sono ancora iniziate le attività di recupero credito e non vi è la presenza di una situazione di grave passività tale per cui si possa giustificare la decisione assunta.

Allo stato dei fatti, una delibera così come è stata congeniata non fa altro che accollare su una parte dei proprietari il pagamento di determinate spese condominiali, e ciò viene fatto su decisione unilaterale di una parte dei condomini.

Per tale motivo si ritiene che vi siano gli estremi per considerare nulla la delibera assunta e procedere alla sua contestazione prima davanti ad un organismo di mediazione e poi in seconda battuta davanti alla autorità giudiziaria.

Per completezza è giusto dire che una delibera dal contenuto identico a quella adottata potrebbe essere valida se venisse adottata con il consenso unanime di tutti condomini, o almeno di quella parte dei condomini non coinvolti da episodi di morosità.

E’ parimenti valida la delibera la quale, a fronte del fatto di aver deliberato determinati lavori di manutenzione straordinaria, istituisca il fondo spese previsto dal n. 4) dell’art. 1135 del c.c. In questo caso l’istituzione del fondo potrà essere deliberato non all’unanimità ma con le maggioranze previste dall’art. 1136 del c.c., ma ovviamente l’importo dei lavori dovrà essere suddiviso, ai sensi degli artt. 1123 e ss. del c.c. tra tutti i condomini, siano essi morosi oppure in regola con i pagamenti.

L. R. M. chiede
martedì 05/10/2021 - Trentino-Alto Adige
“L'assemblea negli anni scorsi aveva deliberato un fondo di riseva in considerazione di lavori futuri di ristrutturazione che ora ammonta già a 70.000 euro. Io ho chiesto che non vengano accantoati altre somme perché il fondo è già alto (siamo solo 24 condomini). Io sono contraria vorrei oppormi, evitando ulteriori accantonamenti, è fattibile opporsi anche negando approvazione del bilancio preventivo dove è inserita questa voce? Avevo chiesto all'amministratore di mettere il punto all'ordine del giorno e non lo ha fatto inserendo 3000 euro a preventivo.

Il condominio vorrebbe inoltre istituire un nuovo fondo per esecuzione lavori senza aver firmato i relativi contratti e eventualmente restituendo le somme se non si svolgono i lavori. Poiché chi lo chiede ha fatto un duro ostruzionismo finora e abbiamo già perso il 90% ho espresso per raccomandata all'amministratore la mia contrarietà. É legittima la sua costituzione senza contratto firmato e il mio voto contrario?”
Consulenza legale i 11/10/2021
L’ istituzione di fondi di spesa speciali è da sempre una prassi molto comune in ambito condominiale. La loro istituzione era sicuramente ammissibile prima della riforma del condominio del 2012 e lo è ancora di più con l’attuale normativa vigente, in cui vengono normativamente disciplinati.

Il n.4) dell’art.1135 del c.c. prevede infatti che l’assemblea di condominio possa deliberare lavori straordinari a condizione che contestualmente venga appunto istituito un fondo dell’importo pari alla spesa che si dovrà sostenere. L’ obbiettivo di tale norma è quello di garantire alle future ditte appaltatrici la necessaria provvista per il pagamento dei loro compensi, e pertanto il fondo deve già sussistere nel momento in cui l’amministratore darà incarico all’ impresa. La giurisprudenza ha precisato, tra l’altro, che per l’istituzione del fondo spese a scopo di ristrutturazione dell’edificio non è necessario che i lavori siano già deliberati, ma che essi siano quantomeno individuabili in relazione allo stato dello stabile (si veda Cass.Civ, Sez.II, n.17035 dell’11.08.2016).

Ciò però non vuol dire che la situazione descritta non presenti delle criticità.

Innanzitutto, l’unico organo deputato a decidere circa l’istituzione del fondo e delle sue sorti (prolungamento o scioglimento) è l’assemblea, non certo l’amministratore, il quale è chiamato solo a dare attuazione a quanto deciso dall'assise. In assenza, quindi, di una specifica delibera da parte dell'assemblea, l’amministratore non può decidere di suo arbitrio di inserire nel bilancio preventivo delle voci di spesa da destinare ad un fondo la cui istituzione non è stata espressamente promulgata con apposita delibera assembleare. In secondo luogo, stante il fatto che un fondo spese per lavori straordinari è già stato istituito e tra l’altro per assai considerevole importo, non ha alcun senso istituirne un secondo: il requisito richiesto dal n.4) dell’art.1135 del c.c., infatti, si è già realizzato. Sotto questi aspetti, quindi, potrebbe essere spendibile una eventuale opposizione alla delibera di approvazione bilancio. Ovviamente per un parere più specifico sarebbe necessario esaminare il verbale della riunione condominiale e soprattutto verificare se si è ancora nei termini per poter radicare il contenzioso.

N.T. chiede
sabato 24/07/2021 - Veneto
“Se l'assemblea approva a maggioranza (1/3 valore immobile) il Superbonus 110%, chi vota contro o si astiene ha diritto ugualmente alle agevolazioni?”
Consulenza legale i 28/07/2021
Il 1° co. dell’art.1137 del c.c. introduce un principio molto importante nel diritto condominiale: le delibere assunte dalla assemblea di condominio a norma di legge sono obbligatorie per tutti i condomini, anche per chi si è astenuto o ha espresso voto contrario.

Pertanto, tali condomini, essendo obbligati a sottostare alla volontà della maggioranza, avranno diritto a godere dei bonus fiscali e a richiedere la loro applicazione in sede di dichiarazione dei redditi.

D.P. chiede
domenica 18/07/2021 - Lombardia
“Legittimità della delibera su ripartizione delle spese: quale maggioranza occorre?
Nel complesso condominiale in Toscana, costituito prevalentemente da seconde case, in una delle prime assemblee condominiali, a maggio del 2008, fu deciso (“precisato” nel verbale all. foglio1) di suddividere le spese di gestione della piscina in parti uguali tra i 10 condomini “all’unanimità”: il verbale riporta che erano presenti 9 condomini, di cui due deleghe, e l’argomento “ripartizione spese piscina” non era scritto all’odg della convocazione dell’assemblea.
Quando i deleganti si accorsero delle decisioni prese erano passati 4 mesi ed in occasione della successiva assemblea (presenti 10 su 10 condomini), a settembre del 2008, espressero la loro contrarietà ma con la connivenza dell’amm.re condominiale, non fu possibile rimettere in discussione l’argomento col pretesto che la delibera era stata presa “all’unanimità” ed erano trascorsi 30 giorni (foglio2 A e B).
Si vuole sapere:
- se tale decisione era legittima
- quale maggioranza occorre per deliberare la ripartizione delle spese condominiali
- se è necessaria la delega scritta di eventuali comproprietari nel caso di un appartamento posseduto in comproprietà da più di un condomino”
Consulenza legale i 23/07/2021
Recentemente le Sezioni Unite della Corte di Cassazione con la pronuncia n.9839 del 14.04.2021 hanno precisato che devono considerarsi nulle tutte quelle delibere assembleari per mezzo delle quali a colpi di maggioranze siano stabiliti e modificati per i futuri rendiconti, i generali criteri di ripartizione degli oneri condominiali previsti dalla legge o dal regolamento. I giudici precisano infatti che questo tipo di decisione non rientra tra i poteri della assemblea ai sensi dell’art.1135 del c.c. Come è noto, una delibera nulla può essere impugnata da chiunque vi abbia interesse anche oltre il termine di 30 giorni indicato dall’art. 1137 del c.c. Tale tipo di decisione tuttavia, non deve considerarsi invalida in senso assoluto, in quanto è assolutamente legittima e vincolante se adottata con il consenso unanime di tutti i partecipanti al condominio.

Applicando tale importante principio a quanto deciso nella riunione del 17.05.2008, si deve necessariamente concludere che la parte inerente alla suddivisione delle spese attinenti alla piscina comune è da considerarsi radicalmente nulla: infatti, solo 9 condomini sui 10 totali hanno prestato il loro consenso affinché la suddivisione di tali oneri condominiali sia effettuata in parti uguali, quindi in deroga a quanto dispone il regolamento di condominio vigente.

Se l’assemblea si fosse fermata qui, sicuramente ci sentiremmo di consigliare di instaurare sul punto un contenzioso con gli altri proprietari, ma purtroppo vi è la successiva riunione del 27.09.2008, in cui l’assise ritorna sull’argomento: questa volta, viene approvata la suddivisione delle spese inerenti alla piscina in parti uguali all’unanimità da tutti i partecipanti al condominio (1000 millesimi). In tale riunione viene quindi sanata l’irregolarità precedente.

Venendo a trattare l’ultima domanda nel caso in cui in condominio vi sia un appartamento posseduto da più soggetti, il co. 2° dell’art. 67 disp.att. del c.c. dispone che in assemblea i comproprietari hanno diritto ad un solo rappresentante e quindi ad un solo voto. Visto il contesto famigliare, il rappresentante può essere scelto senza formalità tra i componenti della famiglia senza il rilascio di specifica delega.




Rachela M. chiede
venerdì 02/07/2021 - Lombardia
“Buongiorno.
Nell’immobile del condominio, nel quale sono proprietario di un appartamento, vogliono eseguire lavori di contenimento termico (cappotto) sulle facciate Est e Ovest, poiché le facciate Nord e Sud sono confinanti e unite con altri immobili. Gli appartamenti della facciata esposta Est possiedono ampi balconi e la riduzione della larghezza degli stessi non ne compromette la vivibilità. Mentre gli appartamenti della facciata Ovest, dove è situato il mio appartamento, possiedono balconi della larghezza di ottantadue centimetri (82Cm) e la messa in opera del cappotto (che occupa circa dieci centimetri) comprometterà la vivibilità del balcone, inoltre sui balconi è presente un armadio/sgabuzzino, costruito in muratura in contemporanea alla costruzione dell’immobile, la cui porta ha l’apertura a filo facciata e che sarà compromessa dalla presenza del cappotto.
La messa in opera del cappotto incide negativamente sull’utilizzo del balcone e quindi sul valore dell’appartamento deprezzandolo in maniera consistente.
Visto quanto sopra la domanda è la seguente: posso oppormi alla messa in opera del cappotto relativamente alla facciata del mio appartamento e del mio balcone?”
Consulenza legale i 05/07/2021
Stante la situazione descritta una eventuale opposizione è più che fondata.
Ai sensi dell’art. 1135 del c.c., l’assemblea di condominio ha il potere di deliberare lavori straordinari e innovazioni che vanno incidere solo ed esclusivamente sulle parti comuni dell’edificio.

In parole più semplici, l’assise non ha di certo il potere di “entrare” nelle proprietà privata dei singoli condomini e decidere a colpi di maggioranza la modifica strutturale di una singola unità abitativa in proprietà esclusiva. Si tenga presente in questo senso che per giurisprudenza oramai granitica e costante il balcone aggettante deve considerarsi pertinenza dell’appartamento a cui accede e pertanto esso è una parte dell’edificio in proprietà esclusiva al singolo condomino.

Per questo motivo si può concludere che se l’assemblea deliberasse i lavori nei termini descritti, quanto deciso sarebbe radicalmente nullo e impugnabile in ogni tempo da chiunque vi abbia interesse anche oltre i rigidi termini impugnatori previsti dall’art. 1137 del c.c.: per assurdo, quindi, si potrebbe ricorrere alla autorità giudiziaria anche dopo diversi anni dalla conclusione dei lavori!

L’ unico modo per ovviare a tale gravissima irregolarità sarebbe quello di raccogliere l’espresso consenso alla realizzazione dei lavori da parte di tutti i singoli proprietari dei balconi coinvolti, ma non pare proprio che chi ci scrive sia disponibile in tal senso.


Sergio C. chiede
mercoledì 04/11/2020 - Toscana
“Oggetto:FONDO SPECIALE x LAVORI STRAORDINARI - art.1135 c.4 C.C.//Assemblea ordinaria dell'08.08.2020/odg:....3)Lavori di manutenzione straordinari facciata e terrazzi delibera del 04.01.2020: a)-comunicazione rinuncia della ditta X; b-riesame preventivi in possesso dell'amministrazione e delibera di assegnazione appalto a nuova ditta.//Non si riesamina alcun preventivo. Si delibera all'unanimità l'assegnazione dei lavori straordinari alla nuova ditta Y. Nella delibera non si cita la costituzione del fondo speciale. Si scrive: "Si farà una nuova riunione dove verrà presentata la ripartizione dei lavori in base al preventivo della ditta Y tenendo conto dei versamenti dei condomini. Approvato all'unanimità". La copia di questo verbale arriva ai condomini con raccomandata il 30.09.2020. In questo verbale si constata un aumento di spesa di € 11.225,00 rispetto al preventivo della ditta rinunciataria. Senza alcuna comunicazione scritta, il 19 di ottobre 2020 si dà inizio ai lavori. Nell'assemblea del 04.01.2020 era stato deliberato l'inizio del primo step dei lavori al 13 gen.2020. L'amministratore non ha mai fatto firmare alla ditta assegnataria il contratto di appalto. I condomini nel frattempo avevano versato la prima e la seconda rata. La comunicazione della rinuncia i condomini la apprendono soltanto l'08.08.2020
1. la costituzione del fondo speciale doveva essere citato espressamente nel verbale dell'assemblea dell'08.08.2020?
2. a seguito di questo aumento di 11.225,00 euro possono i condomini non pagare le rate richieste con una ripartizione allegata al verbale, senza un'ulteriore assemblea, come si dice nel verbale?
3. l'amministratore, senza la imperativa costituzione del Fondo Speciale, può attivare le procedure di cui all'art.63 delle disposizioni d attuazione del C.C. e "chiedere un decreto ingiuntivo" o "pignorare" un condomino che non paga? (Tribunale di Modena-i sez.civ.n.763_16.05.209--Trib.Latina n.359_08.02.208--Trib.Udine 17.01.208--Trib.Roma 10.06.2017--Trib.Milano sez.VI n.6132_30.05.2017--...)
4. la delibera dell'08.08.2020 è stata assunta ai sensi e per gli effetti dell'art.1136, 2o e 5o comma del C.C.?
5. i condomini possono richiedere una revisione della delibera dell'appalto in quanto esiste un preventivo in possesso dell'amministrazione della stessa seconda ditta Y, presentato nell'assemblea del 04.01.2020, che risulta inferiore di € 11.225,00 rispetto a quello approvato l'08.08.2020? e dato che in corso di assemblea non è stato operato alcun riesame dei preventivi in possesso dell'amministrazione?
A disposizioni per ogni ulteriore e qualsiasi chiarimento, ove ritenuto necessario, si porgono distinti saluti.
Sergio C.”
Consulenza legale i 09/11/2020
Con il termine fondo speciale il nostro codice civile fa riferimento a particolari contributi condominiali che vengono destinati dalla assemblea al raggiungimento di determinati scopi e che, ovviamente, l’amministratore può impiegare solo ed esclusivamente per il raggiungimento di tali obbiettivi.
La prassi nei condomini ha conosciuto il sorgere di diversi fondi speciali, da quello per le emergenze a quello da utilizzarsi in caso di insolvibilità da parte da alcuni condomini, e , fino alla riforma del 2012, l’ opportunità della loro costituzione era lasciata alla discrezionalità dei proprietari riuniti in assemblea.

La situazione muta in maniera considerevole con la riforma apportata dalla L. n.220/2012 la quale introduce il nuovo art. 1135, ed in particolare il suo n. 4). Tale norma introduce una novità molto importante, poiché ci dice che nel momento in cui l’assise delibera l’esecuzione di innovazioni o opere di manutenzione straordinaria, essa ha anche il contestuale obbligo di deliberare l’istituzione di un fondo speciale pari all’ importo dei lavori che si andranno ad eseguire. L’istituzione del fondo, quindi, se per altre finalità rimane una semplice facoltà dei condomini, diventa un obbligo nel momento in cui i proprietari decidano la realizzazione di opere importanti nel loro condominio.

Ciò va ad incidere in maniera molto significativa sulla operatività della assemblea e sul lavoro dell’amministratore, in quanto per evitare di incorrere in contestazioni o impugnazioni di quanto deciso, si dovrà mettere all’ordine del giorno dell’assise non solo la discussione sulla opportunità o meno dell’esecuzione dell’opera, ma anche la istituzione del fondo, il quale dovrà comunque essere pienamente operativo prima dell’inizio dei lavori. Infatti, ciò che il legislatore si è prefissato come obbiettivo con tale riforma è quello di fare in modo che la provvista per i lavori sia raccolta prima che gli stessi abbiano inizio. Se l’opera dovrà eseguirsi a stato di avanzamento, il fondo potrà essere costituito in relazione ai singoli pagamenti dovuti.


Tale importante novità legislativa è relativamente recente e per tale motivo non si sono ancora trovate pronunce di legittimità che affrontano ed interpretano il nuovo art.1135 del c.c., ma iniziano ad esserci sull’argomento copiose pronunce dei giudici di merito, anche opportunamente citate dall’autore del quesito.
Innanzitutto la prima cosa da chiedersi è a cosa si va incontro nel momento in cui l’assemblea omette di istituire il fondo speciale, violando apertamente quanto dispone il n.4) dell’art.1135 del c.c.: in entrambi i verbali di assemblea dati in visione, infatti, non vi è traccia di alcuna determinazione in tale senso.
Sotto questo aspetto vi è da registrare un contrasto tra i giudici di merito, in quanto un orientamento dice che nel caso in cui non venga deliberato il fondo speciale, la delibera che si pronuncia sui lavori deve considerarsi semplicemente annullabile (si veda in tal senso Tribunale di Torre Annunziata sentenza del 2.12.2019); un altro orientamento invece, ritiene che la delibera sia radicalmente nulla(in questo senso Tribunale di Modena n. 763 del 16.05.2019).

La questione ha innegabilmente degli importanti risvolti pratici per il caso descritto, in quanto se si propendesse per la semplice annullabilità, per contestare i due verbali dati in visione, ai sensi dell’art.1137 del c.c., si doveva impugnare le delibere innanzi alla autorità giudiziaria entro 30 gg. decorrenti o dalla data della riunione, o dalla data in cui i verbali sono stati comunicati; se invece si propende per la seconda soluzione, la totale nullità, si è ancora ampiamente in tempo per proporre le contestazioni del caso in mediazione prima e innanzi al giudice dopo.
Personalmente chi scrive propende per la seconda soluzione, non fosse altro perché l’istituzione del fondo speciale è stata prevista dal legislatore non per tutelare gli interessi dei condomini, ma in particolare per tutelare gli interessi dei fornitori e delle imprese che vengono a contatto con il condominio, creando una riserva di denaro a cui possono attingere per ottenere il pagamento del dovuto: per tale motivo, il n. 4) dell’art. 1135 del c.c. deve considerarsi norma inderogabile. Come tale una decisione assembleare che non prevede espressamente l’istituzione del fondo speciale deve considerarsi radicalmente nulla.

Lo stesso discorso fatto finora, vale anche nel caso in cui il costo dei lavori preventivati aumenti dopo il loro inizio: anche in questo caso l’assemblea dovrà deliberare un conseguente aumento del fondo speciale pari all’aumento del costo dei lavori comunicato dalla ditta appaltatrice. Se così non fosse verrebbe totalmente vanificata la funzione del n.n4) dell’art.1135 del c.c., che come abbiamo visto è quello di dare una garanzia ai fornitori del condominio.

Considerare nulla la delibera che non prevede l’istituzione del fondo speciale ha anche una ulteriore conseguenza importante che è quello di considerare non dovuto il pagamento dei contributi da essa previsti per finanziare l’esecuzione dei lavori, poiché il rapporto creditorio non è sorretto da un idoneo titolo giustificativo. Da ciò deriva inevitabilmente che l’amministratore, o meglio l’avvocato del condominio, non potrà porre a fondamento della richiesta di emissione di un provvedimento di ingiunzione nei confronti dei singoli condomini una delibera condominiale radicalmente nulla, risultando precluse, quindi, l’esercizio delle attività di cui all’art. 63 disp.att del c.c. (in questo senso si veda in maniera molto chiara G.d.P. di Taranto n.983 del 18.03.2016).

Stante quanto detto finora, è assolutamente consigliabile sollecitare l’amministratore affinché lo stesso proceda ad una repentina convocazione dell’assemblea, in modo tale che l’assise proceda a riconfermare l’incarico alla ditta appaltatrice, ad istituire il fondo speciale e ad approvare il piano di riparto che ne consegue. Si precisa che nel caso in cui l’amministratore sia restio ad ottemperare ai suoi doveri professionali, l’assemblea potrà essere convocata anche dai singoli condomini seguendo le procedure di cui all’art. 66 disp. att. del c.c.
Da un punto di vista condominiale, in seno alla riunione così convocata i proprietari potranno decidere anche di dare incarico ad un'altra ditta appaltatrice, ma una tale decisione dovrà essere ponderata con estrema attenzione! Se, infatti, l’amministratore si è già vincolato con l’attuale impresa, che tra l’altro per quanto ci è dato capire sta già eseguendo i lavori, una revoca del suo incarico potrebbe esporre il condominio ad azioni legali intentate dalla ditta appaltatrice.
In conclusione, è giusto precisare che sullo sfondo della vicenda descritta rimane la responsabilità dell’amministratore che ignorando un preciso obbligo di legge ha fatto approvare alla assemblea di condominio l’esecuzione di ingenti lavori senza l’istituzione del fondo speciale di cui al n.4) dell’art.1135 del c.c.

Daniela C. chiede
martedì 28/07/2020 - Lazio
“dal 2017 l'amministratore di condominio ha istituito € 1.000,00 per "fondo di riserva" e € 1.000,00 per fondo di accantonamento le voci non sono state inserite nell'o.d.g. ma nella nota esplicativa allegata alla convocazione, al punto "Bilancio preventivo" ha scritto che il primo fondo (cito) potrà essere utilizzato per far fronte a necessità di carattere eccezionale o al fine di sanare eventuali squilibri tra bilancio di previsione e le spese effettive, il secondo fondo avrà la funzione di ammortizzare la presunta perdita di valore dei beni e servizi condominiali mediante l'accantonamento di somme che non potranno essere utilizzate dallo scrivente se non dopo regolare deliberazione assembleare e che sarà, in ogni caso distinto dal predetto fondo di riserva.
quando ho chiesto la quota a spettante di dette somme distinta dalla rata condominiale mi ha risposto che il bilancio è unico. inoltre ha impugnato delle decisioni dell'assemblea e alla mia richiesta di un regolamento di condominio mi ha fornito un regolamento del 1970 dove sono cambiati i condomini e chi come me ha acquistato solo l'appartamento senza il garage ed inoltre ai tempi del regolamento c'era il riscaldamento centralizzato. può fare tutto questo?”
Consulenza legale i 12/08/2020
I fondi di accantonamento, fondi speciali, fondi di riserva o fondi cassa costituiscono riserve di denaro di cui il condominio si viene a dotare per mettere a disposizione dell'amministratore la liquidità necessaria a soddisfare con immediatezza determinate esigenze di spesa.
L'istituzione del fondo può discendere da un obbligo di legge o essere il frutto della libera scelta della compagine condominiale.
I fondi ex lege sono previsti dall'art. 1135, comma 1, nn. 3 e 4 c.c., che disciplinano rispettivamente il residuo attivo di gestione e l'accantonamento per gli interventi di straordinaria manutenzione e/o innovativi.
A ciò si può aggiungere il fondo per il trattamento di fine rapporto ex art. 2120 c.c. in favore del dipendente del condominio.

Per quanto riguarda i lavori straordinari, il fondo cassa è obbligatorio e l’amministratore è tenuto a creare un apposito stanziamento, nel bilancio del condominio, raccogliendo in anticipo le somme dai proprietari di appartamento necessarie a pagare l’impresa di costruzioni.
Perché il fondo speciale sia vincolante per tutti i condomini è necessario che esso sia regolarmente approvato dall’assemblea e che risulti specificata, all’interno della delibera, la finalità per la quale viene istituito il fondo.

La giurisprudenza si è, inoltre, pronunciata su ulteriori tipologie di fondo spese, ovvero il fondo per le spese di ordinaria manutenzione e quello per sopperire alle morosità di alcuni condomini: entrambi sarebbero ammissibili ancorché votati a maggioranza dell'assemblea condominiale.
Se, invece, l’accantonamento fosse deciso all’unanimità, potrebbero essere istituiti fondi per le più disparate esigenze.
Da quanto sopra, si deduce che, in ogni caso, l’istituzione dei vari fondi debba essere deliberata dall’assemblea dei condomini e non può essere un’iniziativa individuale dell’amministratore.
Dalle informazioni trasmesse non è dato sapere se effettivamente l’istituzione dei fondi sia stata approvata dall’assemblea, anche se non inserita nell’ordine del giorno, oppure no.
Se semplicemente non inserita nell’ordine del giorno, ma approvata dall’assemblea, la deliberazione sarebbe annullabile nel termine, ormai spirato nel caso di specie, di 30 giorni, ai sensi del disposto dell'art. 1137 cod. civ.

Con riferimento alla richiesta di conoscere il dettaglio della rata condominiale, non sembra ci siano inadempienze da parte dell’amministratore, dal momento che le quote di accantonamento vengono indicate nel bilancio preventivo, ma poi le quote mensili dei singoli condomini vengono calcolate sul totale i base ai millesimi.

Per quanto riguarda il regolamento condominiale, la legge non individua un soggetto particolare a cui spetta redigere il regolamento, limitandosi solo a stabilire che tale documento è obbligatorio in presenza di almeno 11 condomini (art. 1138 c.c.).
Solitamente, la ditta costruttrice, dopo aver completato il palazzo, delega un professionista affinché scriva il regolamento di condominio. L’atto viene poi fatto accettare dai singoli acquirenti degli appartamenti al momento del rogito notarile. In pratica, il regolamento viene allegato o menzionato nel contratto di compravendita: il compratore dichiara di averne preso visione e di accettarlo in tutto e per tutto. In questo modo si realizza il consenso di tutti i condomini sul medesimo testo e il regolamento si può dire approvato all’unanimità.
Questo è quello che viene comunemente definito regolamento contrattuale proprio per richiamare il contratto di compravendita a cui esso è collegato e che si perfeziona con il consenso dei firmatari.
Più raramente il regolamento di condominio viene votato dall’assemblea in un momento successivo alla costituzione dell’edificio. In tal caso si parla di «regolamento assembleare». Per la sua validità è sufficiente che sia votato con la maggioranza degli intervenuti e almeno la metà del valore dell’edificio.
Secondo l’art. 1138, comma 2, c.c. “ciascun condomino può prendere l'iniziativa per la formazione del regolamento di condominio o per la revisione di quello esistente”.
Per modificare il regolamento di condominio, o una sola delle sue clausole, è necessaria la stessa maggioranza usata per la sua approvazione. Vien da sé che:
  • per modificare una parte o tutto il regolamento contrattuale è necessaria l’unanimità;
  • per modificare una parte o tutto il regolamento assembleare è sufficiente la maggioranza degli intervenuti in assemblea che costituiscano almeno 500 millesimi dell’edificio. Si tenga tuttavia presente che, a volte, anche il regolamento assembleare viene approvato con l’unanimità. In tal caso anche la sua modifica dovrà avvenire con il consenso di tutti i condomini.
Per quanto riguarda l’impugnazione della delibera assembleare da parte dell’amministratore di condominio, si ricorda innanzitutto che l'impugnazione di una delibera dell'assemblea di condominio è atto proprio dei condòmini. Quindi solamente se l'amministratore è anche condomino gli si potrà riconoscere il potere di agire impugnando, ferma restando l'esistenza di un effettivo interesse a farlo.
Soltanto se le deliberazioni impugnate fossero viziate da nullità, si potrebbe ritenere che, ai sensi dell’art. 1421 c.c. (norma generale in relazione alla nullità degli atti, anche se dettata con riferimento ai contratti), possano essere impugnate da chiunque vi abbia interesse.
Pertanto, tale considerazione potrebbe essere fatta valere anche in relazione all'amministratore di condominio rispetto alle delibere assembleari nulle.


CLAUDIO M. chiede
sabato 25/07/2020 - Emilia-Romagna
- Sono proprietario da circa un anno, di un appartamento residenziale, da ristrutturare completamente, di mq. 70 circa, posto al 1° piano di un palazzotto di 4 piani di sole n. 8 unità immobiliari, datato circa 200 anni fa o forse più, sito nel centro storico antico della città di Parma.
- Essendosi verificata alcuni mesi fa l' opportunità di locarlo, si è reso necessario ed indispensabile procedere alla sua completa ristrutturazione. Nel corso dell' intervento sulle pareti interne, togliendo il vecchio intonaco ammalorato e vetusto di parecchie decine di anni posato a suo tempo su tutte le pareti verticali perimetrali e divisorie , intonaco composto per lo più da fango, vecchia calce, polvere di residui di cantiere ed avendo inevitabilmente messo a nudo le pareti, è emersa una situazione a dir poco disastrosa e pericolante, sia a causa di vari/voltini architrave delle n. 4 finestre su strada nonché di altri mancanti, altri ancora all'interno rabberciati negli anni alla bell' e meglio, i supporti sotto le travi portanti, addirittura mancanti, oltre ad un muro maestro portante, divisorio dei vari ambienti costruito a suo tempo e composto da ciottoli di fiume, sassi ed altro materiale di risulta, che presenta una gravissima situazione di sfaldamento, per cui togliendo un ciottolo o un sasso, si avrebbe inevitabilmente il crollo della parete stessa con grave pericolo per le persone residenti e per la staticità dell' intero condominio; una leggera scossa tellurica, sarebbe sicuramente letale con grave danno per la struttura dell' edificio e grave rischio per i condomini residenti od altri.
- Tutti i professionisti e Tecnici da me interpellati si sono espressi per la assoluta pericolosità ed improrogabile urgenza e necessità di intervento.
TUTTO CIO' PREMESSO, LA SITUAZIONE E' LA SEGUENTE:
- a seguito di varie insistenze con vari condomini, inizialmente in via informale e più recentemente in via ufficiale, in assemblea condominiale, presente pure l' amministratore del condominio, i condomini si sono rifiutati di aderire alla mia richiesta, asserendo che trattandosi di un problema venuto alla luce all' interno di una unità privata per effetto del mio intervento, (stonacatura dei muri), non sarebbe di loro competenza bensì del proprietario dell' appartamento.
- Personalmente ho sostenuto il contrario e cioè che dovendo urgentemente intervenire su parti condominiali, quale voltini architrave portanti, muro maestro portante, ecc. essendo a mio parere tutto ciò strutturale e quindi esclusivamente condominiale, ho chiesto che tutti gli oneri per gli indispensabili interventi vengano posti a esclusivo carico del condominio.
- Chiedo quindi un parere legale per conoscere a chi debbano essere effettivamente essere attribuiti tali costi per la sistemazione definitiva di quanto sovra esposto, chiedo inoltre di conoscere gli obblighi della amministrazione condominiale che pure è a conoscenza di tale grave situazione e se è tenuta o meno a intervenire anche autonomamente senza il consenso dei condomini nonché la sua eventuale responsabilità in caso di mancato intervento.
- Per quanto ovvio tutti gli altri interventi relativi al rifacimento del nuovo intonaco, dei tinteggi e quant'altro, resteranno a mia cura e spese.
in fede,
Claudio M.”
Consulenza legale i 29/07/2020
Dal momento che i muri maestri hanno la funzione di sostenere e racchiudere l'edificio, integrandone la struttura portante al fine di garantirne la sicurezza e la stabilità, essi costituiscono parte comune dell’edifico ai sensi dell’art. 1117 c.c.
Secondo la giurisprudenza, i muri maestri "costituiscono parte organica ed essenziale dell'intero immobile il quale, senza la delimitazione da essi operata, sarebbe uno "scheletro vuoto", privo di qualsiasi utilità" (Cass. n. 2773/1992; n. 776/1982; Cass. n. 1186/1971).
Dottrina e giurisprudenza, inoltre, hanno sempre affermato che anche la facciata di un edificio "rientra nella categoria dei muri maestri e al pari di questi costituisce una delle strutture essenziali ai fini dell'esistenza stessa dello stabile unitariamente considerato" (Cass. n. 945/1998).
Lo stesso articolo 1117, n. 1, c.c. annovera sia i muri maestri che la facciata che i pilastri e le travi portanti di un edificio tra le parti comuni.

I muri perimetrali dell’edificio in condominio, pur non avendo la funzione di muri portanti, vanno intesi come muri maestri al fine della presunzione legale di comunione ex art. 1117 c.c.,poiché determinano la "consistenza volumetrica dell'edificio unitariamente considerato proteggendolo dagli agenti atmosferici e termici,ne delimitano la superficie coperta e ne delineano la sagoma architettonica"(Cass. n. 4978/2007).

Tutte le parti comuni dell’edificio sono soggette alla ripartizione delle spese necessarie per la loro manutenzione e il loro godimento comune secondo i criteri stabiliti dall'art. 1123, comma 1, c.c.
Secondo tale disposizione, “le spese necessarie per la conservazione e per il godimento delle parti comuni dell'edificio, per la prestazione dei servizi nell'interesse comune e per le innovazioni deliberate dalla maggioranza sono sostenute dai condomini in misura proporzionale al valore della proprietà di ciascuno, salvo diversa convenzione”.
Secondo la giurisprudenza, “nel caso in cui un muro portante appartenga in proprietà esclusiva ad uno solo dei partecipanti al condominio, essendo esso comunque indispensabile per l’esistenza dell’edificio, con la proprietà esclusiva del singolo concorre una comunione di godimento in favore di tutti coloro i quali, nell’edificio, sono titolari della proprietà solitaria dei piani o delle porzioni di piano, con la conseguenza che tutti i condomini - i quali ricavano una utilità dalla cosa, necessaria per l’esistenza e per la protezione dei loro immobili - sono tenuti a contribuire alle spese per la conservazione del muro in questione in proporzione alle rispettive quote, secondo il principio generale enunciato dall’art. 1123 primo comma c.c.” (Cass. civ., sez. II, 15 febbraio 1996, n. 1154).

La giurisprudenza, peraltro, ha ritenuto che, ai fini della corretta ripartizione delle spese tra i condomini di un edificio, riguardanti, nel caso di specie, la costruzione di pilastri di acciaio, necessari per sostenere il prolungamento di un solaio comune solo ai condomini di un piano, “non è rilevante la titolarità del diritto di proprietà ma la funzione della parte dell’edificio bisognosa di interventi di ristrutturazione, con conseguente applicazione del criterio generale stabilito dal 1° comma dell’art. 1123, secondo il quale tutti i condomini sono tenuti al pagamento pro quota, quando i pilastri siano elementi strutturali portanti l’intero stabile” (Cass. 3470/2008).

Pertanto, nel caso di specie, se effettivamente i muri che necessitano di ristrutturazione presentano le caratteristiche predette, la spesa sarà da dividere pro quota tra tutti i condomini ai sensi dell’art. 1123 comma 1, c.c.

L’art. 1130 c.c., rubricato “Attribuzioni dell’amministratore” affida, tra l’altro, all’amministratore il compito di compiere gli atti conservativi dei diritti inerenti alle parti comuni dell'edificio (art. 1130, lettera d)).

L’art. 1135, comma 1, n. 4, c.c. affida, per contro, all’assemblea l’attribuzione di provvedere alle opere di manutenzione straordinaria e alle innovazioni.

Pertanto, i contratti conclusi dall'amministratore nell'esercizio delle sue funzioni ed inerenti alla manutenzione dell’edificio o all’uso normale delle cose comuni, sono vincolanti per tutti i condomini in forza dell’art. 1131 c.c., nel senso che giustificano il loro obbligo di contribuire alle spese.
Laddove si verta, invece, in ipotesi di spese che, seppure dirette alla migliore utilizzazione di cose comuni o imposte da sopravvenienze normative, comportino per la loro particolarità e consistenza un onere economico rilevante, superiore a quello normalmente inerente alla gestione, l’iniziativa contrattuale dello stesso amministratore, senza la preventiva deliberazione dell’assemblea, non è sufficiente a fondare l’obbligo dei singoli condomini.

Infatti, l’art. 1135, comma 2, c.c. prevede che “l’amministratore non può ordinare lavori di manutenzione straordinaria, salvo che rivestano carattere di urgenza, ma in questo caso deve riferirne nella prima assemblea”.
Sono straordinarie, ad esempio, le spese relative ad interventi di rilievo sui muri portanti o sul solaio dell'edificio, la sostituzione dell'autoclave o degli ascensori, al rifacimento integrale degli impianti.
Se l'assemblea non dovesse ratificare la spesa, l'amministratore ha facoltà di ricorrere in giudizio per fare accertare il carattere di urgenza della spesa sostenuta. In caso di soccombenza, egli rimarrà personalmente obbligato con l'impresa e non potrà ottenere il rimborso dai condomini.

Si precisa che l’amministratore ha il “potere”, e non il “dovere” di disporre immediatamente le riparazioni straordinarie urgenti, sicché egli non incorre in alcuna responsabilità se non vi provveda, purché dia avviso ai condomini della necessità di curare la conservazione delle cose comuni.

È peraltro presente un orientamento della giurisprudenza penale, in tema di omissione di lavori in edifici o costruzioni che minacciano rovina (art. 677 c.p.) secondo cui l'amministratore del condominio riveste una specifica posizione di garanzia, ex art. 40, comma 2, , cod. pen., in virtù della quale su costui ricade l'obbligo di rimuovere ogni situazione di pericolo che discenda dalla rovina di parti comuni, attraverso atti di manutenzione ordinaria e straordinaria, predisponendo, nei tempi necessari alla loro concreta realizzazione, le cautele più idonee a prevenire la specifica situazione di pericolo (così Cass. pen. Sez. 4, 23 novembre 2015, n. 46385, Cass. pen. Sez. 4, 6 settembre 2012, n. 34147; Cass. pen. Sez. 4, 13 ottobre 2009, n. 39959). Per rispondere in sede penale del mancato impedimento di un evento è, necessario, in forza dell’art. 40, comma 2, cod. pen., l'esistenza di un obbligo giuridico di attivarsi allo scopo, obbligo che in astratto certamente può nascere anche dal diritto privato, dal rapporto di rappresentanza intercorrente fra il condominio e l'amministratore. Perché si delinei una posizione di garanzia, che comporti la responsabilità omissiva nella causazione di un fatto illecito, l’obbligo deve gravare su una o più persone specificamente individuate e queste ultime devono essere dotate di poteri atti ad impedire la lesione del bene garantito, ovvero devono essi attribuiti mezzi idonei a sollecitare gli interventi necessari ad evitare che l'evento dannoso sia cagionato.

Lo stesso dovere dell'amministratore, ai sensi dell'art. 1130 n. 2 c.c., di controllare e disciplinare il godimento delle parti comuni è finalizzato soltanto ad assicurarne l'uso da parte dei singoli condomini in condizioni di parità. L’amministratore - in difetto di esplicite limitazioni stabilite nel regolamento di condominio - non può nemmeno legittimamente interdire l’uso delle cose comuni, adducendo particolari ragioni connesse, ad esempio, alla sicurezza dei condomini o dei terzi o alla salvaguardia della conservazione delle stesse parti comuni, perché così lede il contenuto del diritto che su di esse compete a ciascun condomino: una simile condotta integra, anzi, una molestia possessoria addebitabile all’amministratore, anche se adottata nel convincimento di agire nel legittimo esercizio delle attribuzioni a lui devolute dall'art. 1130 n. 2 c.c. (Cass. 6 febbraio 1982, n. 686).

Secondo un diverso orientamento (Cassazione n. 14465/2014), la responsabilità ricade sui singoli proprietari dell’immobile che non provvedano ai lavori necessari per rimuovere il pericolo per le persone derivante dallo stato di degrado dell'immobile.
Non basta allegare di aver più volte diffidato il condominio ad intervenire: per la Cassazione non è sufficiente intimare e diffidare ma occorre fare di più.
La responsabilità dei proprietari-condomini discende dal loro non essersi attivati per eliminare il pericolo, non essendo a ciò sufficiente inviare lettere di diffida al condominio ma restare poi inerti se questo non si attiva per rimuovere la situazione di pericolo: ricorda infatti la Cassazione che "nel caso di mancata formazione della volontà assembleare che consenta all'amministratore di adoperarsi, sussiste a carico del singolo condomino l'obbligo giuridico di rimuovere la situazione pericolosa, indipendentemente dall'attribuibilità al medesimo dell'origine della stessa."(Cass. n. 6596/2008;; Cass. n. 15759/2001).
Secondo la Suprema Corte, in caso di "paralisi deliberativa dell'ente condominiale l'ordinamento prevede specifici strumenti, anche di volontaria giurisdizione, atti a superare gli eventuali ostacoli frapposti alla formazione assembleare finalizzata all'esecuzione dei lavori necessari a rimuovere la situazione di pericolo" (Cass. Pen. sent. n. 14465/2014).
Ai sensi dell’art. 1105, comma 4, c.c. “se non si prendono i provvedimenti necessari per l’amministrazione della cosa comune o non si forma una maggioranza, ovvero se la deliberazione adottata non viene eseguita, ciascun partecipante può ricorrere all’autorità giudiziaria. Questa provvede in camera di consiglio e può anche nominare un amministratore”.

La responsabilità per il reato di cui all’art. 677 c.p. viene meno solo con la rimozione del pericolo e l'inerzia del condominio non costituisce un impedimento insormontabile, una "causa di forza maggiore" che da sé esonera da responsabilità i proprietari.

Quindi i condomini non potranno limitarsi a segnalare l'esistenza di pericoli da crollo o rovina dell'edificio condominiale e non basterà loro nemmeno sollecitare ed intimare all'amministratore (o in sua assenza al condominio) di intervenire prontamente per eliminare il pericolo: essi, in presenza di una situazione rientrante nello schema dell'art. 677 c. p., sono tenuti a promuovere azione nei confronti del condomino e far sì che l'autorità giudiziaria si sostituisca all'inerte amministratore (se esistente) per rimuovere di fatto le situazioni di pericolo e far venir così meno il presupposto di fatto che integra il reato.

In caso contrario non potranno dirsi esenti da responsabilità e risponderanno di questo reato nonché dei danni che ne dovessero derivare.


Emilio M. chiede
giovedì 21/03/2019 - Friuli-Venezia
“Un amministratore di condominio pretende di costituire un fondo ex art. 1135 prima di firmare il contratto di appalto, richiedendo l'intera cifra preventivata pari a 81 mila euro. Poiché però - in assenza di contratto - non si sa se il pagamento sarà effettuato per stato di avanzamento dei lavori, mi sembra che la richiesta dell'amministratore di costituire un fondo totale non sia corretta e che sia necessario avere un contratto di appalto per poter costituire legittimamente il fondo. La mia opposizione è giustificata?”
Consulenza legale i 26/03/2019
La pretesa avanzata dall’autore del quesito è infondata alla luce della riforma condominiale apportata dalla L. n.220/2012.
Il n. 4) dell’art. 1135 impone, una volta che l’assemblea deliberi opere di manutenzione straordinaria o innovazioni, la costituzione di un fondo speciale di importo pari al valore dei lavori da eseguirsi.
La finalità della norma è chiara: garantire la presenza di una provvista monetaria adeguata una volta che i lavori abbiano inizio.
Vi è però in tutto questo un innegabile risvolto della medaglia, in quanto la presenza di una situazione di morosità nel pagamento delle spese condominiali all’interno della compagine condominiale potrebbe portare ad un blocco dei lavori.

Per mitigare in parte tali problematiche il legislatore è intervenuto con il d.l. n. 145 del 23.12.2013 (convertito poi con L. n.9 del 21.02.2014), il quale ha aggiunto un ulteriore periodo al n. 4) dell’art.1135 che stabilisce: "se i lavori devono essere eseguiti in base a un contratto che ne prevede il pagamento graduale in funzione del loro progressivo stato di avanzamento, il fondo può essere costituito in relazione ai singoli pagamenti dovuti”.
Tuttavia tale ultima parte della norma in commento opera solo se vi è già la presenza di un contratto di appalto a stato di avanzamento, e ad ogni modo esso non introduce un obbligo ma una semplice facoltà, ben potendo l’assemblea, anche in questo caso, disporre che il fondo sia costituito per l’intero importo dei lavori da eseguirsi.

Uno degli aspetti che non vengono assolutamente chiariti dal n. 4) dell’art.1135 del c.c., è se l’importo dei lavori straordinari deve essere interamente versato prima di dare inizio alla esecuzione dell’opera, oppure è sufficiente la semplice istituzione contabile del fondo straordinario con la delibera assembleare che dispone i lavori e conseguentemente porre in capo ai condomini l’obbligo di corrispondere le rate straordinarie. Questo aspetto non è di poco conto in quanto, vista la lacuna normativa, viene lasciato alla sensibilità dell’ amministratore scegliere se dare inizio ai lavori prima che tutte le rate per i lavori straordinari siano state versate, oppure, più prudenzialmente, attendere che l’intero importo dei lavori sia disponibile nelle casse condominiali.

In attesa che tali profili problematici siano meglio chiariti dalla giurisprudenza, è sicuramente condivisibile l’atteggiamento adottato dall’amministratore di condominio di attendere che tutti fondi siano stati raccolti prima di dare incarico al direttore dei lavori e alla impresa che dovrà eseguirli. Si tenga anche conto che la delibera che dispone la costituzione del fondo non autorizza espressamente l’amministratore a dare inizio ai lavori prima dell’intero versamento delle rate condominiali da parte di tutti i proprietari.
Si consiglia quindi all’autore del quesito di provvedere al pagamento delle rate straordinarie scadute per non procrastinare ulteriormente l’inizio dei lavori di ristrutturazione della copertura dell’edificio.

Prima di concludere è opportuno sottolineare, però, che se l’amministratore da un lato è legittimato a pretendere il pagamento delle rate straordinarie prima dell’inizio dei lavori, dall’altro non è certo esente da responsabilità.
Il professionista è, infatti, tenuto ad assicurarsi che il fondo ex art. 1135 n. 4) del c.c. sia destinato alla finalità per le quali è stato creato e non venga distratto su altri obbiettivi; inoltre egli deve fare tutto quello che è necessario per dare un celere inizio ai lavori una volta che i fondi sono stati raccolti. Se questo non si verifica, a parere di chi scrive, è chiaro che siamo di fronte ad una grave irregolarità che potrebbe portare alla revoca anche giudiziaria dell’amministratore ai sensi del co. 11 dell’art. 1129 del c.c.


RICCARDO D. L. chiede
domenica 23/12/2018 - Lazio
“GRADIREI SAPERE SE È GIURIDICAMENTE CORRETTO SECONDO LA ATTUALE NORMATIVA SUL CONDOMINIO il prolungamento dell' orario di riscaldamento senza una delibera assembleare che deroghi rispetto a quanto già stabilito
in una precedente assemblea ed i base ad una sola raccolta di firme dei condomini ancorché maggioritarie.
grazie.”
Consulenza legale i 28/12/2018
L’assemblea è l’organo fondamentale del condominio, attraverso la quale i singoli proprietari prendono le decisioni fondamentali per la vita condominiale.
Proprio per la sua importanza il codice civile prevede una normativa specifica agli artt. 1135 e ss. del c.c., che va a disciplinare, tra le altre cose: le modalità di convocazione della riunione, le modalità di svolgimento della stessa, le maggioranze previste affinché la assemblea possa validamente deliberare, le maggioranze con le quali le varie decisioni del consesso devono essere adottate e, infine, le modalità con le quali tali decisioni possono essere contestate innanzi alla autorità giudiziaria.
La normativa che è stata appena accennata, sarebbe facilmente aggirabile se si consentisse ai condomini, fuori dall’organo assembleare, di modificare le modalità di fruizione di un servizio comune, come il riscaldamento centrale dello stabile, attraverso una semplice petizione a cui hanno aderito solo una parte dei partecipanti al condominio, anche se maggioritari.

Un documento adottato con tali modalità non solo non può considerarsi vincolante per i condomini ad esso contrari, ma lo stesso amministratore non può e non deve darvi attuazione: egli infatti, ex. art. 1130 n.1) del c.c., è tenuto a dare esecuzione solo alle delibere adottate secondo la normativa prevista dalla legge.
L’amministratore coscienzioso, tuttavia, di fronte ad una petizione come quella descritta, è opportuno che eserciti i suoi poteri di convocazione della assemblea previsti dall’ art.66 disp.att. del c.c. e mettere all’ordine del giorno della riunione la ratifica di quanto deciso dai condomini per mezzo della petizione. L’assemblea, sempre ai sensi dell’art 66 disp.att del c.c., potrebbe anche essere convocata, sempre dall’amministratore, anche su richiesta di almeno due condomini favorevoli a quanto deciso per mezzo della petizione, che rappresentino almeno 1/6 del valore dell’edificio.
Se l’assemblea condominiale, per mezzo delle maggioranze prescritte dall’art 1136 del c.c. (per la modifica degli orari di fruizione dell’impianto centralizzato di riscaldamento: maggioranza degli intervenuti che rappresentano almeno 1/3 del valore dell’edificio), facesse proprio quanto deciso dai condomini attraverso la petizione, ecco che la modifica alla fruizione del servizio diventerebbe giuridicamente vincolante per tutta la compagine condominiale.
E‘ il caso di sottolineare che quanto appena detto rimane valido anche se l’assemblea abbia già deliberato in passato su un determinato argomento: il consesso condominiale può ritornare sulle proprie decisioni in qualsiasi momento e deliberare nuovamente su qualsiasi argomento rilevante per la vita condominiale.

Il ragionamento finora fatto muterebbe se la petizione, invece che sottoscritta a maggioranza, avesse trovato adesione da parte di tutta la compagine condominiale e fosse stata quindi firmata da tutti i proprietari.
In questo caso, infatti, tra i condomini si perfeziona un vero e proprio contratto ex. art. 1321 e ss. del c.c. avente ad oggetto la modalità di fruizione di un determinato servizio comune: trovando, quindi, applicazione l’art. 1327 del c.c., la petizione diventa vincolate per tutti i partecipanti al condominio.
L’amministratore, a parere di chi scrive, sarebbe, in questo caso, tenuto a dare esecuzione alla petizione: esso, infatti, è prima di tutto un mandatario dei singoli condomini ex artt.[n1703cc]] e ss. del c.c., chiamato dalla legge a gestire in loro nome e per conto i servizi comuni. In attuazione del suo mandato, quindi, l’organo amministrativo sarebbe obbligato a dare esecuzione ad un contratto che vincola l’intera compagine condominiale e che disciplina le modalità di fruizione di un servizio comune.

Ma il contratto che si è così formato sarebbe vincolante per un successivo proprietario che acquistasse nel futuro una unità abitativa? L’art 1327 del c.c. dispone che il contratto ha valore di legge solo tra le parti che lo hanno sottoscritto: pertanto esso non può vincolare per il futuro un nuovo condomino. Per rendere efficace l’accordo anche nei confronti di futuri e nuovi condomini è sempre necessario il passaggio assembleare, ove il consesso condominiale ratifichi quanto deciso dai condomini per mezzo dell’accordo raggiunto in sede extra assembleare.

Antonio S. chiede
giovedì 08/06/2017 - Campania
“Salve Avrei bisogno di fac-simile per una lettera di invito a partecipare a lavori di consolidamento strutturale dell immobile acquistato , al proprietario del piano superiore che fa orecchie da mercante per poi citarlo in giudizio se non adempie al pagamento. Saluti”
Consulenza legale i 09/06/2017
In ordine al suo quesito, riteniamo opportuno precisare che gli interventi di manutenzione straordinaria da eseguirsi su di un edificio condominiale devono essere deliberati dall'assemblea di condominio, la quale dovrà provvedere, altresì, alla costituzione di un "fondo speciale", di importo pari all'ammontare dei lavori (art. 1135, n. 4, c.c.).

La disposizione sopracitata precisa, inoltre, che l'amministratore di condominio potrà ordinare l'esecuzione dei lavori solo laddove gli stessi rivestano carattere di urgenza, ma in questo caso dovrà riferire alla prima assemblea.

Ciò premesso, qualora i lavori in questione siano stati regolarmente deliberati e lei rivesta la qualità di amministratore del Condominio in questione, potrà inviare al condomino la seguente comunicazione:

"Scrivo la presente in qualità di amministratore del Condominio .., sito a .., in via .., per ricordarLe che l'assemblea, in data .., ha deliberato l'esecuzione dei lavori di consolidamento strutturale del fabbricato, aventi ad oggetto, in particolare, ...
Le spese necessarie all'esecuzione delle opere in questione sono state quantificate nell'importo complessivo di Euro .., da ripartirsi tra i singoli condomini in ragione delle rispettive quote di proprietà.

Ciò premesso, La invito a provvedere, entro e non oltre 8 giorni dal ricevimento della presente, a versare la quota di spesa di Sua competenza, pari a complessivi Euro ..., con l'avvertimento che, in mancanza, mi vedrò costretto a rivolgermi ai competenti organi giurisdizionali, al fine di tutelare le ragioni del Condominio.

Cordiali saluti.
L'amministratore



Francesco Z. chiede
giovedì 13/04/2017 - Toscana
“Tizio ha venduto a Caio un appartamento in fabbricato condominiale dotato di ascensore.
Prima della vendita la società che si occupa della manutenzione dell'ascensore aveva ingiunto a Tizio una riparazione straordinaria, pena il mancato collaudo dell'impianto al successivo controllo.
Successivamente alla vendita, Caio ha ingiunto all'amministratore di far eseguire il lavoro straordinario, stante la pericolosità dell'ascensore.
L'amministratore ha provveduto immediatamente, in assenza di delibera condominiale, ma in forza dell'ingiunzione del manutentore e della richiesta di Caio.
La spesa dovrà essere a carico di Tizio (il precedente proprietario) o di Caio (il nuovo acquirente)?”
Consulenza legale i 21/04/2017
La giurisprudenza concorda nel ritenere che in caso di lavori di straordinaria manutenzione – qualora non siano intervenuti diversi accordi tra le parti interessate - l’individuazione del soggetto a carico del quale debbano essere poste le spese relative dipende dal momento in cui l’intervento viene formalmente e definitivamente deliberato, con impegno di spesa per il condominio:

- “In caso di vendita di una unità immobiliare in condominio, nel quale siano stati deliberati lavori di straordinaria manutenzione, ristrutturazione o innovazioni sulle parti comuni, qualora venditore e compratore non si siano diversamente accordati in ordine alla ripartizione delle spese, i relativi costi devono essere posti a carico si colui che era proprietario dell'immobile al momento della delibera assembleare che abbia disposto l'esecuzione dei detti interventi. La delibera giuridicamente rilevante al fine di individuare il soggetto tenuto a sopportare gli oneri di un intervento straordinario, tuttavia, è solo quella con la quale tali interventi siano effettivamente approvati in via definitiva, con la previsione della commissione del relativo appalto e la individuazione dell'inerente piano di riparto dei corrispondenti oneri, non assumendo rilievo l'adozione di una precedente delibera assembleare meramente preparatoria o interlocutoria, che non sia propriamente impegnativa per il condominio e che non assuma, perciò, carattere vincolante e definitivo per l'approvazione dei predetti interventi. La delibera in parola ha, invero, valore costitutivo della relativa obbligazione, sicché ove le spese in questione siano state deliberate antecedentemente alla stipulazione del contratto di vendita, ne risponde il venditore, a nulla rilevando che le opere siano state, in tutto o in parte, seguite successivamente, e l'acquirente ha diritto di rivalersi, nei confronti del medesimo, di quanto pagato al condominio per tali spese, in forza del principio di solidarietà passiva di cui all'art. 63 disp. att. c.c. (nella specie la delibera in tal senso rilevante è stata adottata successivamente alla stipula del contratto di compravendita)” (Tribunale Milano, sez. lav., 12/01/2016, n. 27);

- “In relazione alle spese relative agli interventi di straordinaria amministrazione, l'insorgenza dell'obbligo in capo ai singoli condomini deve considerarsi quale conseguenza diretta della correlata delibera assembleare (avente valore costitutivo e, quindi, direttamente impegnativa per i condomini rivestenti tale qualità all'atto della sua adozione) con la quale siano disposti i predetti interventi, evidenziandosi che la delibera giuridicamente rilevante a tal fine è solo quella con la quale tali interventi siano effettivamente approvati in via definitiva, con la previsione della commissione del relativo appalto e l'individuazione dell'inerente piano di riparto dei corrispondenti oneri, non sortendo alcuna incidenza al riguardo l'adozione di una precedente delibera assembleare meramente preparatoria od interlocutoria, che non sia propriamente impegnativa per il condominio e che non assuma, perciò, carattere vincolante e definitivo per l'approvazione dei predetti interventi. Pertanto, qualora sia intervenuta la vendita di un immobile facente parte del complesso immobiliare antecedentemente all'approvazione della seconda delibera pienamente efficace e - per l'appunto - definitiva, l'obbligo di corrispondere i relativi oneri condominiali incomberà sull'acquirente, non producendo alcuna influenza al riguardo l'adozione di una delibera precedente, meramente programmatica e preparatoria di quella finale e definitiva, che risulti anteriore alla conclusione della predetta vendita” (Cassazione civile, sez. II, 02/05/2013, n. 10235);

- “In caso di compravendita di immobile sito in condominio, la ripartizione degli oneri tra venditore ed acquirente avviene distinguendo la contribuzione ordinaria da quella straordinaria. La prima viene ripartita in ragione del momento in cui l'opera è eseguita, la seconda con riferimento ai condomini che hanno preso parte o potevano partecipare all'assemblea che ha deliberato gli interventi.” (Cassazione civile, sez. II, 02/05/2013, n. 10235).

Non rilevano, dunque, né il momento dell’esecuzione dell’intervento né quello della decisione sul medesimo, quand’anche formalizzata dall’amministratore, quanto piuttosto il momento in cui l’assemblea abbia assunto, con delibera, l’impegno di spesa.

Alla luce pertanto dei principi sopra enunciati, oltre che della dinamica dei fatti, si può affermare che nel caso al nostro esame l’onere della spesa manutentiva straordinaria dell’ascensore ricade su Caio.
L’intervento è stato solamente raccomandato prima della vendita ma nessuno si è mosso, tantomeno l’amministratore per convocare l’assemblea ed approvare il lavoro; solamente dopo la vendita – grazie alle insistenze di Caio – l’amministratore è intervenuto, anche per ragioni di urgenza, e il lavoro è stato eseguito.

In effetti, per legge, l’amministratore può intervenire per ragioni di urgenza anche senza previa delibera assembleare: tuttavia, la regola rimane quella per cui ogni decisione sul condominio è di competenza dell’assemblea, la quale, anche in un caso come questo, deve essere relazionata tempestivamente ex post sull’intervento, in modo da poter valutare la bontà dell’operato dell’amministratore (se l’urgenza non c’era, quest’ultimo dovrò farsi carico personalmente delle spese affrontate).
E’ mancata, dunque, prima della vendita una decisione rappresentativa della volontà dei condomini (un’assemblea alla quale potessero partecipare o l’alienante o l’acquirente) avente ad oggetto l’esecuzione del lavoro e l’assunzione di un impegno di spesa.

Va specificato che è certamente vero che, come si diceva, esisteva un’urgenza che ha spinto l’amministratore a decidere per l’intervento diretto ed anticipato, in attesa di convocazione dell’assemblea e che quindi – a rigore – il caso di specie esula da quello tipico di cui alle sentenze citate perché non esiste una delibera assembleare cui far riferimento.
Tuttavia, è altrettanto vero, lo si ribadisce, che prima della compravendita, come si è già osservato, esisteva solamente una raccomandazione della ditta di manutenzione degli ascensori a Tizio, per cui la questione non era ancora stata portata all’attenzione del condominio, neppure nella persona dell’amministratore: l’intervento, in buona sostanza, si è mantenuto, prima della vendita, sul piano della “previsione di intervento”, della mera ipotesi da farsi rientrare nell’ordine del giorno di una futura assemblea (benché questione di indubbia urgenza).

Massimo O. chiede
sabato 19/12/2015 - Campania
“Bilancio consuntivo e relativo riparto non coincidono; risulta versamento alterato in più che non copre alcuna spesa. Un nuovo amministratore non ritiene opportuno rivedere ogni singola posizione e pretende il versamento del saldo contabile di ogni condomino così come presentata dal suo predecessore. Non avendo l'assemblea intenzione di intervenire giuridicamente, il sottoscritto vorrebbe, versare quanto segnato a saldo ma rifarsi sul precedente amministratore per risarcimento danno, circa euro 3000,00.
Quale il Vostro suggerimento o consiglio? Trattasi di duplice contabilità iniziata dal 2001 al 2010. Trattasi di riparti falsati anno per anno. Grazie.”
Consulenza legale i 28/12/2015
La situazione descritta appare la seguente: il riparto delle spese condominiali non coincide con il rendiconto consuntivo perché prevede il versamento di somme che vanno a determinare un totale maggiore rispetto a quest'ultimo (es: 4 unità abitative di uguali millesimi, bilancio di 2000 €: la ripartizione sarebbe di € 500 ciascuno; invece il riparto pone a carico di ogni unità € 600).

Il bilancio consuntivo (definito dall'art. 1130 bis del c.c. "rendiconto") è l'atto con cui l'amministratore rende il conto della gestione del condominio. Sulla base di esso e delle tabelle millesimali viene redatto lo stato di ripartizione (o più semplicemente "riparto"), con il quale le spese sono suddivise tra i condomini. Sia il rendiconto che lo stato di ripartizione vengono predisposti dall'amministratore ma devono essere approvati dall'assemblea dei condomini (art. 1135 del c.c.). Pertanto lo strumento per farne valere l'illegittimità è quello dell'impugnazione della delibera assembleare, ex art. 1137 del c.c..

Ai sensi di tale disposizione e dell'elaborazione di dottrina e giurisprudenza, si distinguono due ipotesi: delibere annullabili, perché contrarie a legge o al regolamento di condominio, che vanno impugnate nel termine perentorio di 30 giorni (dalla delibera per astenuti o dissenzienti, dalla comunicazione per gli assenti); delibere nulle, la cui impugnazione è sempre ammissibile (non ci sono termini di decadenza) ed anche da parte di chi ha votato a favore. In tali casi il vizio è di gravità tale da impedire il "consolidarsi" della situazione. Nello specifico, si ritengono nulle le delibere "con oggetto impossibile o illecito (contrario all'ordine pubblico, alla morale o al buon costume)", "con oggetto che non rientra nella competenza dell'assemblea", "che incidono sui diritti individuali sulle cose o servizi comuni o sulla proprietà esclusiva di ognuno dei condomini", e "le delibere comunque invalide in relazione all'oggetto". Sono invece annullabili le delibere "con vizi relativi alla regolare costituzione dell'assemblea, quelle adottate con maggioranza inferiore a quella prescritta dalla legge o dal regolamento condominiale, quelle affette da vizi formali, in violazione di prescrizioni legali, convenzionali, regolamentari, attinenti al procedimento di convocazione o di informazione dell'assemblea, quelle genericamente affette da irregolarità' nel procedimento di convocazione, quelle che violano norme che richiedono qualificate maggioranze in relazione all'oggetto" (Cass. S.U. 4806/2005).

In relazione alle delibere con oggetto la ripartizione di spese comuni la Cassazione ha statuito che quelle che stabiliscono o modificano i criteri di ripartizione di cui all'art. 1123 del c.c. devono essere adottate all'unanimità a pena di nullità; invece quelle con cui si ripartiscono le spese, che sono esercizio di un potere assembleare ex art. 1135 n. 2 o 3, se adottate in violazione dei criteri già stabiliti sono annullabili (Cass. 8010/2012, Cass. 6714/2010, Cass. 747/2009).
Nel caso sottoposto il riparto non corrisponde al rendiconto, perché prevede l'addebito di somme in eccesso. Dunque la situazione non è esattamente riconducibile ad alcuna delle due ultime ipotesi citate anche se, in senso lato, si può dire che le delibere non rispettano i criteri già stabiliti (perché non corrispondono ai millesimi). In ogni caso, il vizio che si profila sembra ascrivibile ad un errore nel calcolo, perché il riparto (che è un'operazione di calcolo: il saldo del rendiconto è diviso in base alle tabelle millesimali) porta ad una somma che non coincide con quella del rendiconto, ma è superiore. Pertanto, sembra doversi concludere che, in questi termini, non vi è un vizio di gravità tale da giustificare la nullità bensì, al più, l'annullabilità, che si sarebbe dovuta far valere impugnando le delibere di ogni esercizio indicato (2000-2010) entro il menzionato termine di 30 giorni.
Di conseguenza, a meno che non si rientri ancora nei termini suddetti, nemmeno la delibera relativa alla ripartizione del rendiconto dell'ultimo anno sarà impugnabile. In tal caso il condomino non potrà fare altro che versare la somma richiesta, essendo la delibera obbligatoria per tutti i condomini ex art. 1137 co. 1 c.c..

Quanto ad una responsabilità dell'amministratore, la giurisprudenza ritiene che il suo incarico sia inquadrabile nel contratto di mandato (art. 1704 ss c.c.). Egli è perciò tenuto ad agire con la relativa diligenza, ex art. 1710 del c.c. potendo altrimenti essere chiamato a rispondere del danno prodotto. Nel caso di specie, il riparto è stato approvato dall'assemblea, ma ciò non toglie che l'amministratore dovesse comunque agire con la dovuta diligenza nel predisporlo e che, in mancanza (cioè in caso di colpa ed ancor più di dolo), possa essere chiamato a rispondere di un eventuale danno, del quale comunque dovrà essere data la prova. Peraltro, considerata l'approvazione dell'assemblea, è da ritenersi che possa esservi quantomeno un concorso di questa nella causazione del danno ex art. 1227 del c.c.. Il diritto al risarcimento da illecito contrattuale si prescrive in 10 anni (art. 2946 del c.c.).
Infine, considerando in modo più approfondito la condotta dell'amministratore, si potrà anche verificare se questi possa aver commesso fatti penalmente rilevanti e, anche sotto questo profilo, valutare la sussistenza dell'obbligo di risarcimento del danno. In caso di illecito extracontrattuale la prescrizione del diritto al risarcimento è di 5 anni ma se il fatto integra reato e questo prevede una prescrizione più lunga, questa si applica anche all'azione civile (art. 2947 del c.c.).

In conclusione, il richiedente potrà impugnare la delibera condominiale di approvazione di un riparto errato se questa è annullabile e se non sono trascorsi i termini di legge, purché sia stato assente, dissenziente o astenuto. Potrà invece impugnarla in qualsiasi tempo se la delibera è nulla. Se l'amministratore non ha adempiuto al suo mandato con la dovuta diligenza potrà essere chiamato a rispondere dei danni causati dalla sua condotta; nonché, sempre in base a quest'ultima, di eventuali reati.

Sabino B. chiede
giovedì 02/04/2015 - Lazio
“Buongiorno, vi contatto per chiedervi un parere riguardante alcune opere che devono essere realizzate nel condominio in cui abito.
Premetto che il condominio ha 10 appartamenti, le cui spese ed i voti in assemblea sono stati ripartiti ed assegnati fino ad oggi utilizzando una tabella millesimale, eccetto le spese per l’ascensore che sono ripartite con specifica tabella (a cui non partecipano tutti i condomini).
Riguardo che opere che devono essere realizzate si è aperto ora un dibattito, infatti si tratta di posti auto da costruire tramite edificazione di una struttura in cemento armato su terreno condominiale: Ottenute le autorizzazioni si è aperto il dibattito riguardo la ripartizione delle spese di costruzione e le future spese di gestione dell’area.
Considerato che l’area e i posti auto che verrebbero realizzati sarebbero disponibili a tutti i condomini in maniera esattamente identica, con il medesimo godimento per tutti, vi chiedo cortesemente un parere riguardo la ripartizione delle spese per l’edificazione dell’opera.
La delibera di approvazione del preventivo dei lavori della ditta infatti verrebbe effettuata, probabilmente all’unanimità, ma con diritti di voto legati ai millesimi attualmente esistenti ed alcuni condomini potrebbero richiedere la ripartizione dei costi di costruzione con il medesimo criterio/tabella. Vorrei cortesemente sapere se esiste un obbligo o una facoltà per i condomini di deliberare la ripartizione delle spese di costruzione della nuova opera in parti uguali e non sulla base dei millesimi esistenti, prevedendo un futuro godimento in tempi/modi uguali ed una futura tabella millesimale che prevede parti uguali per la manutenzione della nuova opera.
Si può derogare alla regola del voto all’unanimità in considerazione del godimento paritario per “imporre” la ripartizione in parti uguali?

Se la ripartizione delle spese di costruzione (e di manutenzione) in parti uguali non fosse possibile o approvata è possibile imporre il godimento dei nuovi posti auto in base ai millesimi "attuali" quindi con godimento maggiorato nei modi/tempi, ad es. in termini di giorni annui per chi ha contribuito maggiormente?
Grazie Mille per la disponibilità”
Consulenza legale i 08/04/2015
L'art. 1123 del c.c. stabilisce che a dover essere sostenute dai condomini in misura proporzionale al valore della proprietà di ciascuno sono le spese necessarie per la conservazione e per il godimento delle parti comuni dell'edificio, per la prestazione dei servizi nell'interesse comune e per le innovazioni deliberate dalla maggioranza.

Nel caso in esame, si è decisa la costruzione di una nuova struttura su terreno condominiale, da adibire a posti auto per i condomini.
E' necessario distinguere due ipotesi:
1. i condomini intendono costruire una struttura che venga usata indistintamente da tutti (quindi, ciascun posto auto può essere utilizzato da ogni condomino, se lo trova libero in quel momento);
2. i condomini vogliono che a ciascuno sia assegnato un posto auto specifico.

Nel primo caso, ai sensi del richiamato art. 1123, trattandosi di opera che configura certamente una innovazione del bene comune (l'appezzamento di terreno condominiale subirà una trasformazione tale da alterare l’originaria destinazione del bene e da incidere in modo rilevante sull’interesse di tutti i condomini), le spese di costruzione e le successive spese di conservazione e godimento della struttura dovranno essere ripartire in base alla tabella millesimale di proprietà, ai sensi del primo comma dell'art. 1123 sopra richiamato.
I condomini possono decidere per una diversa ripartizione solo all'unanimità, perché ne hanno certamente facoltà: non consta, però, che esista un "obbligo" di ripartire le spese di una specifica opera in modo diverso da quanto stabilito per legge dall'art. 1123.
Nel caso specifico, sembrerebbe opportuno che le spese di futuro godimento della nuova opera debbano essere sostenute in modo paritario, se l'utilizzo stesso sarà paritario: ma è l'unanimità dei condomini a doverlo deliberare.
Il secondo comma dell'art. 1123 stabilisce una deroga al primo comma solo laddove si tratti di cose destinate a servire i condomini "in misura diversa", prevedendo che le spese sono in tal caso ripartite in proporzione dell'uso che ciascuno può farne: ma la norma non dice che se tutti i condomini fanno un pari uso del bene comune, la spesa debba essere divisa in parti uguali.
Quanto alle spese di costruzione, la suddivisione in base al criterio della proprietà millesimale è giustificata dal fatto che ciascun condomino diverrà proprietario del nuovo bene in proporzione, quindi, ad esempio, il suo voto potrà avere maggiore rilevanza in caso di delibere che riguardino quella specifica parte comune.

Il secondo caso sopra menzionato contempla una ipotesi diversa, in cui i condomini andrebbero a suddividere la proprietà condivisa in tante e più piccole proprietà esclusive, magari mantenendo comune l'ingresso all'area e alcune strutture: in tal caso, le spese potranno certamente essere suddivise in parti uguali, ma si renderebbe necessario formalizzare la suddivisione della cosa comune tra i condomini.

Circa l'ultima domanda proposta nel quesito, il fatto che le spese della nuova costruzione vengano ripartite in base ai millesimi non consente automaticamente di sostenere che chi ha pagato di più possa fare un uso più intenso del bene comune. Quanto all'uso della cosa condominiale, si deve fare applicazione dell'art. 1102 del c.c., che consente l'utilizzazione della cosa comune da parte del singolo condomino con modalità particolari e diverse rispetto alla sua normale destinazione, purché nel rispetto delle concorrenti utilizzazioni, attuali o potenziali, degli altri condomini; anche l'uso più intenso della cosa da parte di un condomino è consentita, purché non sia alterato il rapporto di equilibrio tra tutti i comproprietari, dovendosi a tal fine avere riguardo all'uso potenziale in relazione ai diritti di ciascuno.

Simone R. chiede
giovedì 06/11/2014 - Veneto
“Buongiorno
sul condominio dove opero è stato deciso dall'assemblea ad inizio agosto 2014 di effettuare la tinteggiatura del vano scale delle parti comuni (è stato decisa anche l'impresa che farà i lavori), l'amministratore ha provveduto a suddividere i costi dei proprietari in base ai millesimi di proprietà e ci ha inviato ad ognuno la propria quota di competenza che doveva essere versata entro lo scorso settembre 2014.
Come da accordi alcuni proprietari ed io abbiamo versato la quota delle spese straordinarie e ho chiesto all'amministratore quando indicativamente inizieranno i lavori concordati.
L'amministratore ha risposto che ha utilizzato i soldi accantonati per la manutenzione straordinaria per pagare le spese ordinarie in quanto alcuni condomini/proprietari sono morosi con il pagamento della propria quota per le spese ordinarie.
E' legale l'operazione di pagare le spese ordinarie (pulizia scale, bollette elettriche ecc.) con i soldi accantonati per le spese straordinarie perché ci sono condomini e/o proprietari che non hanno pagato la propria quota?
Vi ringrazio anticipatamente per la consulenza
Cordiali saluti”
Consulenza legale i 12/11/2014
Nella mente del legislatore, il fondo speciale, o fondo cassa, previsto per l'accantonamento di somme da utilizzare in opere straordinarie nel condominio, ha natura vincolata: da un lato, l'assemblea non potrebbe decidere l'istituzione di tale fondo senza una specifica e attuale destinazione; dall'altro, l'amministratore non potrebbe disporre delle somme confluite nel fondo in modo non conforme alla loro precisa destinazione.
Scopo del fondo è quello creare una provvista di denaro sufficiente per garantire all'assemblea di poter sostenere la realizzazione di opere di manutenzione straordinaria, ma anche quello di fornire una certa garanzia ai soggetti che dovranno effettuare le opere (imprese edili, etc.). Inoltre, prevedendo un fondo separato, si forza l'amministratore a gestire separatamente le partite dare-avere relative all'opera eccedente l'ordinaria manutenzione, risultando così più trasparente anche la gestione del denaro comune.

Va da sé, quindi, che secondo la corretta interpretazione della norma, la specialità del fondo consiste proprio nel fatto che lo stesso non può essere altrimenti utilizzato, se non per la destinazione decisa dai condomini.
Solo con decisione all'unanimità l'assemblea potrebbe derogare a tale natura del fondo, e attribuirgli altre modalità di utilizzo (es. utilizzo per spese correnti ordinarie, in caso di mancata esecuzione dell'opera; etc.).

Quindi, non è regolare il comportamento tenuto dall'amministratore nel caso di specie: egli non avrebbe potuto usare l'accantonamento per "coprire" i buchi lasciati dai condomini morosi.
Quali i rimedi?
Purtroppo, la legge non sancisce che i pagamenti effettuati per scopi diversi da quello deciso dall'assemblea siano inefficaci. Per raggiungere tale scopo sarebbe stato necessario istituire un vero e proprio trust, per far sì che le risorse così raccolte siano effettivamente destinate alle opere deliberate e, di conseguenza, la loro destinazione sia opponibile ai creditori che a diverso titolo abbiano fornito al condominio prestazioni o servizi. In caso di istituzione di un trust (occorrerà una delibera autorizzativa in tal senso, che si dovrebbe assumere con gli stessi quorum necessari per approvare il singolo intervento), l’amministratore, in qualità di rappresentante del condominio, dichiarerà se stesso trustee del fondo speciale.

I pagamenti di bollette e utenze varie effettuati dall'amministratore nei confronti di terzi, quindi, è stato validamente eseguito: ai terzi non si può chiedere la restituzione delle somme.
Tuttavia, è evidente che l'amministratore si è reso responsabile di un grave inadempimento al suo mandato, che consiste nel dare esecuzione alla volontà del condominio.
Il rapporto tra condominio e amministratore viene generalmente ricondotto nell'ambito del contratto di mandato (artt. 1703 ss. c.c.), in forza del quale quest'ultimo acquista un preciso potere esecutivo e di rappresentanza conferito dall'organo assembleare del condominio, titolare di potere deliberativo.
Le attribuzioni dell'amministratore di condominio sono espressamente previste dal nostro ordinamento ed elencate all'art. 1130 del c.c.. Nell'espletamento delle sue funzioni, il mandatario, e quindi l'amministratore, deve agire con la diligenza del buon padre di famiglia (art. 1176 del c.c.): la violazione di tale obbligo di diligenza comporta la responsabilità dell'amministratore e la sua condanna al risarcimento del danno.
Inoltre, il comportamento dell'amministratore può essere motivo di sua revoca: ai sensi dell'art. 1129 del c.c., come riformulato dalla riforma del 2012, costituisce grave irregolarità da parte dell'amministratore la mancata esecuzione di deliberazioni dell'assemblea.

Angela chiede
mercoledì 30/04/2014 - Lazio
“Salve, avrei da porre il seguente quesito. Abito in un attico, unico appartamento posto al quinto piano, mentre ai sottostanti piani vi sono due appartamenti di superficie coperta pressoché analoga al mio, avendo io in più due ampie terrazze. Per ciò che concerne il riparto delle spese previste dalle tabelle millesimali relative alle scale ed all'ascensore, fermo restando il disposto dell'art. 1124 del c.c., non mi sembra equa la previsione in capo a me di circa un quarto delle spese globali, atteso che debbo accollarmi quelle dell'intero piano che invece per i piani sottostanti vengono divise per due. La questione credo potrebbe essere risolta, con una ripartizione convenzionale (basata sull'art. 1123 c.c., ovviamente se i condomini all'unanimità - bontà loro - decidessero di applicare al mio appartamento un coefficiente di riduzione in occasione del rifacimento delle tabelle millesimali (che proprio in questi giorni stiamo rivedendo). Visto che il caso è abbastanza singolare e che la legge non contempla la soluzione, vorrei sapere se sul tema vi sono pronunce giurisprudenziali cui fare riferimento per convincere l'assemblea ad applicare tale coefficiente di riduzione ed evitare di impugnare davanti al giudice civile una delibera assembleare che approvi tali tabelle in maniera per me sfavorevole. Grazie”
Consulenza legale i 06/05/2014
L'art. 1124 del c.c., nella sua nuova formulazione introdotta con l. 11 dicembre 2012 n. 220, recita: "Le scale e gli ascensori sono mantenuti e sostituiti dai proprietari delle unità immobiliari a cui servono. La spesa relativa è ripartita tra essi, per metà in ragione del valore delle singole unità immobiliari e per l'altra metà esclusivamente in misura proporzionale all'altezza di ciascun piano dal suolo".

Con la novella del 2012, il Legislatore, recependo di fatto l’orientamento espresso da numerose sentenze di merito e di legittimità, ha esteso il criterio di riparto delle spese dettato originariamente solo per le scale, anche alle spese inerenti gli ascensori.
Il criterio di ripartizione di cui all'art. 1124 c.c. deroga ai generali criteri di cui all'art. 1123 del c.c., in quanto prevede una compartecipazione alle spese proporzionata anche all'altezza del piano dal suolo. A sua volta, l'art. 1124 c.c. può essere derogato dalla volontà unanime del condomini.

La riforma ha modificato l'espressione "per metà in ragione del valore dei singoli piani o porzioni di piano", sostituendola con "per metà in ragione del valore delle singole unità immobiliari". La sostituzione terminologica cerca di adeguare la normativa all'evoluzione delle tecniche edilizie in quanto, al giorno d'oggi, sono sempre più diffusi condomini che si sviluppano in orizzontale. In buona sostanza, comunque, la norma, quando parla di "valore", si riferisce ai millesimi di proprietà (art. 68 disp. att. del codice civile).

La suddivisione prevista dall'art. 1124 è in vigore sin dal 1942: sebbene venne prevista dal legislatore dell'epoca al fine di diminuire l'aggravio di spese posto in capo ai proprietari degli ultimi piani (v. Relazione del Guardiasigilli al codice civile nell'art. 1124), di fatto lo rese ancora maggiore, non comprendendo che, se il riferimento al valore veniva dimezzato, il secondo addendo dell'operazione, che fa riferimento all'altezza del piano, implicava un aumento della spesa a carico proprio dei soggetti presuntivamente tutelati.
Ciò risulta perfettamente comprensibile quando si pensi che il coefficiente per la parte dell'importo (50%) proporzionale all'altezza è convenzionalmente pari a 0 per il piano terra, 1 per il primo piano e così via (o meglio, il piano "0" è il piano di "fondo" da cui parte l'ascensore, che potrebbe essere anche un seminterrato). Sommati i piani (supponendo un edificio di tre piani, 1+2+3=6) si ottiene il coefficiente da applicare per il calcolo delle quote per piani (... €:6x1 = ... € quota primo piano; ... €:6x2 = ... € quota secondo piano; etc.). Chiaramente, se l'ultimo piano - che è anche quello per cui matematicamente la quota risulterà più elevata - è occupato da un solo condomino, sarà quest'ultimo a dover sopportare integralmente la quota.

Questa suddivisione è prevista per legge, quindi l'eventuale tabella millesimale che utilizzi i criteri del codice civile è valida. Tuttavia, è fatto noto che l’art. 1124 risulta equo soltanto per gli edifici suddivisi in piani di consistenza omogenea.

A tal fine, spesso i professionisti incaricati di redigere le tabelle per le spese inerenti scale ed ascensori utilizzano criteri più equi e proporzionati all'uso differenziato del bene (tre appartamenti sullo stesso piano fanno un uso più intenso dell'ascensore rispetto al singolo condomino che occupa un intero piano).

La giurisprudenza di merito si è talvolta espressa sul punto, accogliendo il principio in base al quale la suddivisione delle spese per l'ascensore deve essere rispettosa del principio di proporzionata ripartizione anche in base all'uso.
Ad esempio, si registra una recente sentenza della Corte d'appello di Roma, IV sezione che, facendo seguito a pronuncia del 4.3.2009 in cui accoglieva l'appello e incaricava un CTU di revisionare le tabelle millesimali di un condominio di 5 piani, dispone l'applicazione della ripartizione formulata dal consulente tecnico e la condivide pienamente, "atteso che questa ripartisce la spesa per l’esercizio dell’ascensore sulla base dell’effettivo uso dello stesso e della relativa usura dell’impianto elettrico, che negli ascensori notoriamente è molto elevata, poiché le correnti di spunto nella fase di avvio sono notoriamente rilevanti". Il caso era quello di un condominio in cui vi erano due appartamenti al quinto piano dell’immobile e una struttura alberghiera occupante gli altri piani dello stesso edificio. Il giudice ha affermato come costituisca fatto notorio che l'uso di un impianto di ascensore che viene fatto da parte degli ospiti di camere di albergo o di foresteria, è molto più intenso di quello di chi abita in un immobile adibito ad abitazione privata e, in virtù dell'art. 69 disp. att. del codice civile, poiché le tabelle millesimali di quell'edificio erano state redatte prima della nascita dell'albergo, le stesse dovevano essere modificate in ragione del diverso uso dell'ascensore. L’art. 69 disp. att. c.c. autorizza la revisione delle tabelle per la ripartizione delle spese dei servizi comuni qualora si verifichino mutamenti delle condizioni anche solo di una parte dell’edificio, ovvero innovazioni di vasta portata, che non abbiano carattere casuale o estemporaneo.

La pronuncia non è strettamente riferibile al caso proposto nel quesito, ma può contribuire a sostenere il principio per cui la ripartizione delle spese relative a scale e ascensore debba tenere in debito conto anche l'utilizzo che il singolo condomino fa della parte comune. Cogliendo l'occasione della redazione di nuove tabelle millesimali, si potrà tentare di convincere i condomini che, per equità e buon senso, l'art. 1124 c.c. non può essere applicato pedissequamente.

Beatrice G. chiede
mercoledì 23/03/2011 - Emilia-Romagna

Buongiorno,
vorrei sapere se l'amministratore di condominio ha un termine, previsto dalla legge, per presentare il consuntivo delle spese dell'anno precedente. In pratica,il consuntivo 2010 quando deve essere sottoposto al condominio nel 2011?
Grazie
Cordialmente
Beatrice Gabellini”

Consulenza legale i 15/04/2011

A norma dell’art. 1130 del c.c. che disciplina le attribuzioni dell’amministratore di condominio, egli, alla fine di ciascun anno, deve rendere il conto della sua gestione. Qualora, per due anni, non renda il conto della sua gestione può essere revocato a norma dell’art. 1129 del c.c..
Non è però stabilito dalla legge un termine preciso entro cui è tenuto a rendere il conto.

Si tenga inoltre presente che secondo una pronuncia della Cass. civile, n. 15159 del 2001 "In tema di condominio negli edifici, ciascun condomino ha la facoltà di ottenere dall'amministratore l'esibizione dei documenti contabili non soltanto in sede di rendiconto annuale e di approvazione del bilancio da parte dell'assemblea (art. 1135 del c.c.), ma anche al di fuori di tale sede, senza la necessità di specificare la ragione per la quale egli intende prendere visione o estrarre copia dei documenti medesimi, sempre che l'esercizio di tale potere non intralci l'attività amministrativa e non sia contrario ai principi di correttezza, ed i relativi costi siano assunti dai condomini istanti".

Giulia chiede
venerdì 26/11/2010
“Buongiorno,
è possibile individuare con più precisione cosa si intende per "lavori di carattere urgente"?
Nel mio caso specifico, l'Amministratore sostiene di poter effettuare senza alcuna delibera dell'assemblea i lavori di rifacimento dell'impianto idrico e fognario (e conseguente rifacimento della pavimentazione del cortile condominiale) a causa di alcune perdite d'acqua nel sottosuolo. Faccio presente che si tratta di un problema che si protrae da circa un anno e che la proposta di rifare l'intero impianto è stata esposta da noi condomini durante l'ultima assemblea ordinaria proprio per evitare continui singoli interventi ogni qualvolta si verificasse una perdita, specificando che la decisione sarebbe stata subordinata alla valutazione dei costi da sostenere tramite la richiesta di preventivi.
Convocata l'assemblea straordinaria proprio per discutere di tale preventivo siamo stati informati che tale assemblea era stata convocata solo per "gentilezza nei nostri confronti" dal momento che trattandosi a suo dire di un lavoro a carattere di urgenza avrebbe potuto eseguirlo senza la nostra approvazione.
Grazie per l'attenzione e la delucidazioni a riguardo.”
Consulenza legale i 28/12/2010

Il concetto di "urgenza" richiamato all'art. 1135 del c.c. è il medesimo elaborato dalla giurisprudenza in relazione all'art. 1134 del c.c., disposizione che riguarda il diritto al rimborso delle spese per interventi effettuati dal singolo condomino sulle parti comuni nel caso di necessità.
Vanno considerate "urgenti" le spese relative ad opere che appaiano, secondo il criterio del buon padre di famiglia, indifferibili allo scopo di evitare un possibile anche se non certo nocumento alla cosa comune (Cass. 6400/1984).
L'impossibilità di differire la spesa consiste nella necessità di provvedere all'opera cui la spesa si riferisce, senza potere avvertire tempestivamente l'assemblea dei condomini (cfr. Cass. 7181/1997; Trib. Monza 24 maggio 2006).

Nel caso di specie, avendo i condomini già sollevato il problema e convocato ulteriore assemblea proprio al fine di valutare preventivi di spesa per l'opera di sistemazione idrica e fognaria, l’amministratore non appare trovarsi in una situazione di obiettiva impossibilità a fare decidere l’assemblea (competente in via generale sulle opere di straordinaria manutenzione, ai sensi del primo comma dell'art. 1135 c.c.), la quale di fatto aveva sul punto già deliberato il proprio assenso ai lavori. Risulterebbe quindi arbitraria la decisione dell'amministratore di scegliere autonomamente la ditta appaltatrice delle opere.


Roberto M. chiede
martedì 28/09/2010

“Gradirei conoscere quali sono le funzioni e le responsabilità del Presidente di una assemblea.
Grazie per l'assistenza.”

Consulenza legale i 27/12/2010

Il presidente dell'assemblea condominiale è nominato per prassi (l'art. 1136 del c.c. non ne fa menzione e la mancata nomina costituisce comunque un’irregolarità formale che non inficia la validità della deliberazione, v. Cass. 15 luglio 1980, n.4615: ciò a meno che non sia il regolamento condominiale a prevedere l'obbligo di nomina del presidente). Egli è chiamato ad accertare la regolarità della presenza dei condomini, "dirigere" la discussione, controllare l'esito delle votazioni e proclamarne il risultato.

Di fatto, i suoi poteri sono molto limitati.

Si ritiene che possa decidere in ordine alla riproduzione o meno del verbale delle dichiarazioni dei singoli condomini.

Recentemente, la Corte di Cassazione, con sentenza n. 24132 del 13 novembre 2009, si è così espressa circa i poteri del presidente: "il presidente, pur in mancanza di una espressa disposizione del regolamento condominiale, che lo abiliti in tal senso, può stabilire la durata di ciascun intervento, purché la relativa misura sia tale da assicurare ad ogni condomino la possibilità di esprimere le proprie ragioni su tutti i punti posti in discussione”.


A. S. chiede
martedì 11/07/2023
“Buongiorno,
desidero chiedere un Vs parere sul seguente quesito:
siamo un condominio composto da 28 condomini in cui vi sono canne fumarie nate per accogliere caldaie a camera aperta!
Ad oggi un solo condomino ha avuto la necessità di sostituire la vecchia caldaia e lo ha fatto attraverso lo scarico in facciata (dopo aver chiesto l’ok all’amministratore!).

Per tale motivo, diversi condomini stanno pensando di adeguare le canne fumarie alle nuove caldaie a condensazione.
Almeno quattro condomini (tra cui il sottoscritto) non siamo d’accordo nell’essere obbligati a questa importante spesa, la quale riguarderebbe non solo il rifacimento delle canne fumarie ma anche la sostituzione della ns caldaia a camera aperta ancora funzionante e a norma per gli scarichi (abbiamo ricevuto anche l’ispezione del tecnico del comune!).

Chiedo un Vs cortese parere (con riferimenti di legge/sentenze) su quest’ultimo punto, ovvero se la legge tutela il/i condomini “dissenzienti”, esonerandoli da tale obbligo (anche se votato a maggioranza) in quanto, viceversa, si potrebbe determinare una violazione dell’utilizzo di un bene (caldaia) all’interno della proprietà esclusiva.

Chiedo, altresì, nel caso in cui la maggioranza intendesse dar corso a tali lavori, quale sarebbe la probabilità di successo (e i costi) di una ns decisione di andare in giudizio.

Grazie e saluti”
Consulenza legale i 17/07/2023
Il n.3) dell’art.1117 del c.c. ci dice che devono considerarsi condominiali le opere, le installazioni, i manufatti di qualunque genere destinati all'uso comune come, ad esempio, gli impianti per la distribuzione del gas. La natura condominiale cessa tuttavia nel momento in cui l’impianto arriva al punto di diramazione per poi immettersi nelle singole unità immobiliari in proprietà esclusiva, o in caso di impianti unitari, fino al punto di utenza. L’impianto, quindi, dal punto di diramazione (o di utenza), cessa di essere condominiale per divenire di proprietà esclusiva del singolo condomino.

Un ulteriore principio assolutamente granitico del nostro diritto condominiale riguarda l’ambito di competenza della assemblea. Tale organo collegiale è infatti competente a deliberare a colpi di maggioranza solo interventi straordinari ed innovazioni che riguardano le parti comuni dell’edificio. In altre parole, l’assemblea a colpi di maggioranza non può certo costringere il singolo proprietario a compiere interventi all’interno del proprio appartamento, i quali potranno essere effettuati solo con il suo consenso.

Il caso che è stato prospettato è sicuramente un tipico caso di scuola del diritto condominiale ed è un tipico esempio dei principi che sono stati sopra richiamati.
La canna fumaria è un bene sicuramente condominiale, e certamente l’assemblea ai sensi del n. 4) dell’art. 1135 del c.c. è competente a deliberare opere di ristrutturazione su tale impianto, previa contestuale istituzione di un fondo spese pari all’importo dei lavori che dovranno realizzarsi. Tali lavori potranno essere deliberati con le maggioranze di cui al 2° e 4° comma dell’art. 1136 del c.c., ovvero maggioranza degli intervenuti che rappresentino almeno la metà del valore dell’edificio: 500 millesimi. Se durante la riunione condominiale si raggiungerà tale quorum deliberativo e la decisione della assemblea verrà adottata nel rispetto delle altre norme di legge, essa, ai sensi del 1° co. dell’ art. 1137 del c.c., diverrà obbligatoria per tutti i condomini, anche quindi per la minoranza dissenziente che vi dovrà sottostare.

Tuttavia, per i principi che si sono detti sopra, l’assemblea non può certo obbligare il gruppo di condomini dissenzienti a cambiare la propria caldaia in quanto questa, essendo all’ interno della abitazione privata (o sul punto di diramazione dell’impianto), è una parte in proprietà esclusiva e solo il singolo proprietario può decidere se, come e quando effettuare un intervento manutentivo su di esso.
Per tale motivo, se a livello tecnico la sostituzione della caldaia interna all’appartamento diviene una condizione indispensabile per addivenire alla ristrutturazione della canna fumaria, negare del tutto legittimamente il proprio consenso a tale sostituzione porterà con ogni probabilità al blocco dei lavori, al di là di quanto deliberato dall'assemblea. Per i medesimi motivi l’assemblea non può deliberare ristrutturazioni che comportino l’obbligo di andare a sostituire impianti e manufatti presenti all’ interno delle singole abitazioni e quindi una delibera di questo tipo potrebbe essere oggetto di impugnazione entro i termini di legge.

Si precisa che quanto detto è valido se gli impianti attualmente installati nello stabile sono in regola con le vigenti normative in materia di sicurezza, salute pubblica ed efficientamento energetico e la loro sostituzione non sia resa obbligatoria proprio per rispettare la predetta normativa.
In questa sede non è possibile quantificare i costi legali per procedere all'impugnazione della delibera assembleare a cui si è fatto riferimento. Si può dire che le spese legali varieranno se la vicenda si chiuderà già in fase precontenziosa all’interno di un procedimento di mediazione (tentativo obbligatorio visto la materia condominiale), oppure si dovrà procedere a radicare un giudizio innanzi al giudice competente.


A. B. chiede
lunedì 23/01/2023 - Campania
“Oggetto: problematiche relative al superbonus e accollo dei condomini favorevoli delle spese del condomino dissenziente

Salve,

In una precedente consulenza (Q202232177) avevo già accennato ad una situazione condominiale ingarbugliata.
Il condominio intende partecipare al superbonus con delibera assembleare del 15 ottobre di cui vi allego verbale ed allegati.
Noi abbiamo espresso (unico) voto contrario a verbale ai lavori del superbonus. Vogliamo essere tutelati da eventuali problemi per la non corretta fruizione del bonus e non dover pagare nel caso in cui l'agenzia delle entrate non conceda alla fine dei lavori il beneficio della detrazione.

I lavori riguardano sia una parte condominiale trainante inclusa di cappotto, sia parti trainate negli appartamenti inclusi sostituzione caldaie e infissi. Il condominio è orientato per lo sconto in fattura. L'amministratore ha firmato il contratto con il general contractor. Non sappiamo ad ora se il general contractor ha firmato con la banca la cessione del credito, o se è in attesa di risposta. Siamo in attesa di altra assemblea per progettazione esecutiva dei lavori.
L'amministratore afferma, il 18 novembre, di aver inoltrato la CILAS. Ma essendoci noi dichiarati sempre contrari non abbiamo mai firmato niente, nessuna carta per il superbonus, nessuna autorizzazione ad usare i nostri dati nè ad agire per noi, nè è stata fatta l'ape ante l'ape post che riguarda il nostro il nostro appartamento. Che informazioni potrebbe contenere la CILAS riguardo a noi anche in merito alle parti trainate a cui saremmo comunque vincolati dalla delibera assembleare?? In quale modo la CILAS ci vincola? Se non ci sono dati riguardanti il nostro appartamento potremmo essere fuori dal beneficio della detrazione fiscale e vincolati a pagare di tasca nostra i lavori comuni??


L'agenzia delle entrate ha chiarito con Risposta n. 620/2021 che in caso di condomini dissenziati, quelli favorevoli possano accollarsi le spese ed i benefici fiscali dei condomini dissenziati. Nel nostro caso l' amministratore insiste nel dire che NON ci sono spese di nessun tipo, quindi come posso chiedere e quali sono i passi corretti per fare in modo che i condomini favorevoli si accollano la nostra parte ed escluderci da tutti gli effetti fiscali e formali del superbonus? Come scrivere l'ordine del giorno corretto dell'assemblea in cui chiedere questa cosa? Che maggioranze ci vogliono per la sua accettazione? E' sufficiente che solo una parte dei condomini accetti?

Nella assemblea del 15 ottobre non è stato deliberato il fondo speciale obbligatorio per lavori straordinari, ciò inficia il superbonus? In che misura? Con che conseguenze? L' amministratore afferma che non ci sarà nessun tipo di spesa o esborso, eppure un condomino ha uno studio medico nel condominio, quindi non ha diritto alla detrazione e quindi è necessario che ci sia il fondo speciale almeno per far transitare le sue spese. L'amministratore è ancora in tempo per fare il fondo speciale? Fino a quando?

Che tipo di controlli ci possono essere per il singolo condomino in caso di superbonus da parte dell'agenzia delle entrate o di altri enti? IMU, TARI, etc?”
Consulenza legale i 08/02/2023
Come è noto il comma 9 bis dell’art. 119 del DL Rilancio introduce una disciplina particolarmente favorevole per giungere alla approvazione dei lavori condominiali per cui si dovrà richiedere l’accesso al bonus 110%: essa dispone che le delibere assembleari avente ad oggetto l’approvazione degli interventi agevolabili e i relativi finanziamenti sono adottate con la maggioranza degli intervenuti alla riunione che rappresentano 1/3 del valore dell’edificio (333 millesimi). In pratica grazie alla norma citata si ha la possibilità di approvare la realizzazione di lavori, anche estremamente invasivi per le parti comuni e per importi sicuramente molto rilevanti con le stesse maggioranze che solitamente sarebbero richieste per confermare i fornitori che normalmente sarebbero necessari per assicurare la semplice manutenzione ordinaria dello stabile.

Ben consapevole che l’applicazione di tale agevolazione fiscale avrebbe portato diversi conflitti tra i proprietari in condominio, il legislatore, oltre a prevedere le maggioranze semplificate di cui si è detto sopra ha anche introdotto una particolare disciplina tesa a superare le resistenze di quei proprietari diffidenti ad accedere alla agevolazione. L’ultima parte sempre del comma 9 bis dell’art. 119 del DL Rilancio introduce la possibilità per l’assemblea di deliberare che l’importo dell’intervento che sarà oggetto di agevolazione venga accollato ad un solo gruppo di condomini o a anche addirittura a un solo proprietario: in questo caso, l’intervento potrà essere sempre approvato con le agili maggioranze che si sono già indicate, ma a condizione però che i condomini al quale verranno imputate per intero le spese dell’intervento rientrino tra quei proprietari che hanno espresso il loro voto favorevole in assemblea. Come ha chiarito l’Agenzia delle Entrate con l’interpello citato nel quesito, il ricorso a tale strada comporta che in caso di non corretta fruizione della agevolazione ne dovrà rispondere solo quel gruppo di condomini che si sono accollati le spese di realizzazione dei lavori e che quindi hanno potuto usufruire del bonus 110%.

A parte gli aspetti citati, la normativa che regola il bonus 110%, non va a derogare alle norme del codice civile riguardanti l’approvazione dei lavori straordinari in condominio ed in particolare a quanto dispone il n. 4) dell’art.1135 del c.c.
Tale articolo attribuisce alla assemblea dei condomini il potere di deliberare la realizzazione di lavori straordinari che coinvolgeranno le parti comuni dell’edificio, ma la norma precisa anche che contestualmente a tale decisione l’assemblea dovrà costituire obbligatoriamente un fondo speciale da inserire a bilancio dell’ importo pari ai lavori da eseguire, o, se i lavori dovranno realizzarsi a stato di avanzamento, dell’ importo dei singoli pagamenti dovuti.

I lavori per cui si chiede l’agevolazione 110% sono interventi particolarmente invasivi e quindi rientrano sicuramente nell’ambito applicativo del n. 4) dell’art. 1135 del c.c.: per tale motivo anche se si prevede di richiedere l’accesso al superbonus e in linea teorica si prevede di sborsare una cifra ben inferiore rispetto a quella messa a bilancio, l’assemblea nel momento in cui delibererà i lavori da realizzarsi dovrà comunque prevedere anche la costituzione del fondo spese. Ovviamente essendo il fondo di cui sopra funzionale alla realizzazione di lavori agevolabili, la sua costituzione potrà essere approvata con le già dette maggioranze più agevoli previste dal comma 9 bis dell’art. 119 del DL Rilancio, e nel caso in cui si delibererà che solo ad una parte dei proprietari verrà accollato l’importo dei lavori agevolabili, l’ammontare del fondo dovrà essere ad esclusivo carico di quel gruppo di condomini e non della intera compagine condominiale.

E’ ovvio che se l’iter per l’ottenimento del superbonus andrà a buon fine i soldi rientranti nel fondo dovranno essere restituiti ai proprietari, in quanto debiti che il condominio ha nei loro confronti, ma, è anche possibile, per qualche motivo, il caso inverso, ovvero che il procedimento per l’ottenimento del beneficio fiscale si interrompa o non vada a buon fine. In questo caso i fornitori che hanno prestato la loro opera per realizzare i lavori devono comunque essere pagati, con la necessità quindi di ricorrere alle somme accantonate nel fondo ex n. 4) dell’art.1135 del c.c.

La giurisprudenza di merito con diverse pronunce (Trib. Milano sentenza n.1029 del 13.12.2021; Tribunale Modena n.763 del 16.05.2019; G.d.P Taranto n.983 del 18.03.2016) ha chiarito che deve considerarsi nulla per violazione di norma di legge imperativa la delibera condominiale che decide la realizzazione di lavori straordinari in condominio senza contestualmente prevedere la istituzione del fondo speciale prescritto come obbligatorio dal n. 4 dell’art. 1135 del c.c.

Se nel caso specifico non si dovesse raggiungere in assemblea ad un accordo tra i proprietari in forza del quale solo una parte dei condomini si accolleranno onori ed oneri dell’accesso al bonus 110%, si potrebbe, con l’ausilio di un legale, far leva sulla mancata istituzione del fondo speciale per impugnare la delibera e in definitiva provare a bloccare i lavori.

Per quanto riguarda l’aspetto della Cilas, essa è una istanza che ha mero valore amministrativo e la sua presentazione non va ad inficiare o a modificare le considerazioni che si sono fatte finora: essa rappresenta quindi una mera esecuzione di decisioni assembleari già adottate e comunque impugnabili se non vi è stata l’istituzione di un fondo spese o non si provvederà ad istituirlo. Ad ogni modo la Cilas è materia che attiene ad un tecnico edile e si rinvia quindi a questa figura per ogni più approfondita integrazione.

Per valutare eventuali profili fiscali, derivanti dall’esecuzione di interventi agevolativi, occorre effettuare preliminari premesse.
Da un punto di vista fiscale, la responsabilità per eventuali controlli da parte dell’Agenzia delle Entrate, aventi a oggetto la corretta fruizione del beneficio fiscale, è sempre a titolo personale.
Ciò significa che, allorquando dovesse emergere qualche eventuale irregolarità nell’esecuzione degli interventi, tale anche da determinare la perdita del beneficio, la conseguente responsabilità è imputabile esclusivamente al proprietario della singola proprietà immobiliare che ha beneficiato dell’agevolazione fiscale.
Ne consegue che in caso di controlli da parte dell’Agenzia ciascun proprietario risponderà personalmente dinanzi all’Amministrazione Finanziaria con riferimento al beneficio fruito.
Analoghe considerazioni devono effettuarsi con riferimento alle imposte dovute dai soggetti passivi IMU, TARI ecc.
Tali imposte, peraltro, si fondano su presupposti impositivi diversi rispetto alle agevolazioni fiscali che rappresentano detrazioni dall’imposta sui redditi.


F. C. chiede
giovedì 15/12/2022 - Puglia
“PREMESSO CHE
in qualità di condomini, ai sensi dell’art 66 disp att cc, è stata chiesta all’amministratore di un condominio la convocazione di assemblea chiedendo altresì di inserire all’ordine del giorno i seguenti punti:
1. approvazione bilancio consuntivo 2019/preventivo 2020
2. approvazione bilancio consuntivo 2020/preventivo 2021
3. approvazione bilancio consuntivo 2021/preventivo 2022
4. revoca o riconferma dell’amministratore in carica / nomina del nuovo amministratore;
5. varie ed eventuali,
essendo passati i previsti 10 gg senza avere alcun riscontro si vorrebbe procedere alla convocazione in autonomia alla convocazione e allo svolgimento dell’assemblea.
Alla luce di quanto sopra si chiede se:
1. l’assemblea da convocarsi da parte dei condomini deve essere, formalmente, denominata ordinaria o straordinaria?
2. la convocazione deve essere notificata anche all’amministratore?
3. considerando che, probabilmente, i bilanci non verranno approvati, si può ugualmente procedere alla revoca del vecchio amministratore e nomina di nuovo?
4. nel caso si possa procedere a nomina di nuovo amministratore come ci si comporta con riguardo ai bilanci rimasti in sospeso?

Ringraziando con anticipo e porgo Distinti saluti

Consulenza legale i 23/12/2022
In caso di inerzia da parte dell’amministratore di Condominio nella convocazione dell’assemblea richiesta dai condomini, questi hanno la possibilità di provvedere direttamente, convocandola nel rispetto delle prescrizioni contenute nell’art. 66 disp. att. c.c. a pena di annullabilità ai sensi dell’art. 1137 del c.c..
Dovranno indicare nell’Ordine del Giorno tutti i punti che verranno sottoposti a votazione da parte dell’assemblea.

Per quanto riguarda il tipo di denominazione da dare alla assemblea, il riferimento è l’art. 66 disp. att. c.c. che stabilisce che l’assemblea convocata annualmente per le deliberazioni contenute nell’art. 1135 del c.c. è di tipo ordinario.
È lo stesso art. 66 disp. att. c.c. che riporta, al secondo comma, la possibilità per i condomini di convocare su propria iniziativa sia l’assemblea ordinaria che la straordinaria.

L’assemblea ordinaria delibera su atti che riguardano la normale gestione e la conservazione del bene comune.
Nello specifico, quindi, l’approvazione dei bilanci annuali e la revoca e nomina dell’amministratore, fanno parte delle ordinarie azioni di gestione di un Condominio come espressamente indicate nell’art. 1135 c.c.

La legge non prescrive nulla in relazione alla necessità di trasmettere la convocazione anche all’amministratore, che non ha alcun poter decisionale all’interno del Condominio poiché svolge solo un ruolo di rappresentanza.
Le deliberazioni approvate in sua mancanza, quindi, non saranno in alcun modo viziate.

Si rileva che fa parte dei poteri dell’assemblea ordinaria nominare e revocare l’amministratore ai sensi dell’art. 1135 c.c. con la maggioranza prevista dall’1136 comma 2 del c.c. .
Non ci sono quindi preclusioni alla possibilità di nominare un nuovo amministratore anche in mancanza dell’approvazione del bilancio, essendo due diversi argomenti all’ordine del giorno, autonomi tra loro.

Il Codice civile in materia di Condominio nulla indica in relazione alla situazione di stallo nella gestione del bene comune da parte dei condomini.
L’art. 1139 del c.c. rinvia alle norme generali sulla comunione, art. 1101 del c.c. e seguenti, per tutto quanto non espressamente disciplinato.
La norma di riferimento qui applicabile è, quindi, l’1105 comma 4 del c.c. che statuisce la possibilità per ciascun partecipante di adire l’Autorità Giudiziaria in caso di impossibilità da parte dell’assemblea di prendere i provvedimenti necessari, di formare una maggioranza o di eseguire una deliberazione.
Poiché l’oggetto del giudizio è la gestione del bene comune e non i diritti soggettivi del condomino, non è possibile rivolgersi al giudice in sede contenziosa bensì come volontaria giurisdizione (Cass. civ. n. 18038/2020).
I provvedimenti così emanati sono sempre suscettibili di essere revocati o modificati e sono reclamabili davanti alla Corte d’Appello.

In conclusione, nel caso di specie, i condomini possono convocare l’assemblea ordinaria senza doverlo preventivamente comunicare all’amministratore inerte, revocarlo e nominarne uno nuovo.
Possono approvare i bilanci consuntivi per gli anni precedenti e il preventivo della nuova gestione.
In caso di impossibilità ad approvare uno dei punti all’Ordine del Giorno, ciascun condomino può adire l’Autorità Giudiziaria perché emetta i provvedimenti di volontaria giurisdizione, necessari per la gestione e il godimento del bene comune.


G. B. chiede
domenica 02/10/2022 - Emilia-Romagna
“Buongiorno . Sono propietario dal 2007 di un magazzino / deposito di 85 Mq altezza 3,30 Mt posto al piano terra di un condominio con 17 unita immobiliari su cui grava una servitù di passaggio legata alle condutture pricipali in ferro del riscaldamento che sono posizionate all'jnterno su 3 lati e poste ad una altezza di 3 metri . nell'arco di circa 10 anni ho posizionato sotto e sopra alle condutture per sfruttare al meglio gli spazi a disposizione scaffalature , ripiani, materiali e masserizie private e legate alla mia attivita' artigianale al solo scopo di deposito ( la sede legale della mia attivita' è a un altro indirizzo). In data 28-04-2022 l'assenblea condominiale ha deliberato con la maggioranza dei presenti e il mio no, di porre in atto gli inerventi legati al 110 % . Nel capitolato e progetto di fattibilità è previsto di coibentare gli intradossi dei box auto e dei magazzini esistenti (NON OBBLIGATORIO SI VEDA DELIBERA ASSENBLEARE PRECEDENTE) compreso il mio con 12 cm di isolante essendo ambienti non riscaldati e di sostituire le condutture legate alla servitù di passaggio.Questo intervento porterà un notevole onere economico e temporale per lo smontaggio e spostamento di scaffalature e materiali che inciderà negativamente anche sulla mia attività professionale.
In data 05-05-2022 in un incontro presso il magazzino alla presenza mia, di architetto progettista, geometra impresa esecutrice, amministratore condominio, altro responsabile ditta esecutrice, mi viene proposto verbalmente a titolo di risarcimento,da parte dell'architetto la sostituzione dei serramenti e la posa di un cappotto di soli 7 cm per limitare la perdita di volumetria, a carico della ditta esecutrice .Premesso che: in data 20-07-2022 la banca ha autorizzato la cessione del credito alla ditta esecutrice la quale ha iniziato in data 05-09-2022 i lavori per la posa del ponteggio e altre attività inerenti i lavori ed il cantiere, alla data 02-10-2022 il mio magazzino risulta ancora pieno al 98% per motivi personali nonostante i solleciti da parte dell'amministratore a vuotarlo, i lavori per la sostituzione delle condutture avverranno il prossimo anno per evidenti motivi stagionali, questi lavori comportano una notevole perdita di volumetria al mio locale dovuta alla posa del materiale isolante
DOMANDO QUANTO SEGUE :
-- Nel caso che la ditta esecutrice non ottemperi ( molto probabile visto l'andamento della cosa) alla proposta dell' architetto esistono i pressuposti per una istanza di risarcimento o indennizzo da effettuare a carico del condominio per i costi e i disagi eventualmente da me sostenuti per liberare i locali ?
-- Spetta al condominio farsi carico dello smontaggio e spostamento di scaffalature e materiali vista la presenza della servitù di passaggio legata alle condutture del riscaldamento che vanno sostituite ?
-- Posso chiedere un contributo al propietario dell'appartamento sopra al magazzino visto che a lui vanno tutti i vantaggi e a me tutti gli oneri ?
-- Posso rifiutarmi di far posare l'isolante ,considerando che nella delibera assenbleare precedente è stato scritto che non è obbligatoria la posa di isolante nei sottotetti ,box auto e magazzini . l'architetto ha detto che senza l'autorizzazione dei propietari non possono accedere ai box privati e sottotetti ?
Grato per una esaustiva risposta porgo Cordiali Saluti”
Consulenza legale i 07/10/2022
E’ fuori di dubbio che il magazzino di cui è proprietario l’autore del quesito è gravato di una servitù a favore delle altre proprietà del condominio di cui le tubature costituiscono l’evidente mezzo di esercizio.
Posto l’esistenza di tale peso, tecnicamente possiamo considerare il magazzino come il fondo servente di tale rapporto di servitù, laddove le unità immobiliari che si avvantaggiano e beneficiano del passaggio delle acque necessarie al loro riscaldamento sono da considerarsi fondi dominanti.

Dato questo per assodato, l’art. 1069 del c.c. ci dice che è il proprietario del fondo dominante il soggetto tenuto ad eseguire sul fondo servente tutte le opere necessarie alla conservazione della servitù: di contro, ovviamente, il proprietario del fondo servente è obbligato ad acconsentire l’accesso al suo fondo affinché dette opere necessarie vengano eseguite.

In questo senso quindi l’art.1069 del c.c. costituisce una limitazione al diritto di proprietà del proprietario del fondo servente, il quale se non vi fosse la servitù potrebbe del tutto legittimamente impedire l’accesso al suo fondo a chicchessia.

Proprio per tale motivo la giurisprudenza ha precisato che il proprietario del fondo servente è obbligato ad acconsentire l’accesso alla sua proprietà da parte del proprietario del fondo dominante solo quando quest’ultimo ha la necessità di realizzare opere indispensabili alla conservazione della servitù, e non quando le opere che si vogliono realizzare sono prive di tale indispensabile requisito (Cass.Civ.,Sez.II n.492 del 17.01.1995).

Ora nel caso specifico non pare proprio che le opere che intendono fare gli altri condomini sulle tubature rivestano quel carattere di indispensabilità e necessarietà richiesto dalla giurisprudenza: le tubature infatti, per quanto si è capito, funzionano benissimo anche senza la necessità dell’intervento che il condominio si prefigge di realizzare.

Diverso sarebbe il caso se le tubature, ad esempio, fossero rotte e si verificassero delle perdite di liquido: in questo caso l’intervento riveste il carattere di necessarietà e il proprietario del magazzino avrebbe l’obbligo di far accedere al suo interno l’impresa incaricata di porre rimedio al guasto.

Sotto questo aspetto quindi la richiesta di sgombero dei locali avanzata dall’amministratore di condominio è del tutto illegittima: al contrario, vi sarebbero tutti i presupposti da parte dell’autore del quesito per negare l’accesso alla impresa che dovrà eseguire i lavori sui tubi adducendo la non indispensabilità dell’intervento.

Più o meno alle medesime conclusioni si giunge in merito all’altra questione posta nel quesito: ovvero se sussiste un obbligo di far accedere gli addetti della impresa edile per procedere alla posa dell’isolante nelle aree private del magazzino.

L’assemblea di condominio ex art. 1135 n.4) del c.c. ha il potere di deliberare a maggioranza la realizzazione di lavori ed interventi solo nelle parti comuni dell’edificio, non certo nelle parti in proprietà individuali, come ad esempio il magazzino dell’autore del quesito: questo è un principio assolutamente granitico del diritto condominiale. Per eseguire dei lavori all’interno delle singole unità immobiliari in proprietà esclusiva è necessario il consenso del singolo condomino al di là di qualsiasi decisione assunta durante una riunione di condominio. Per tale motivo è assolutamente possibile rifiutare la posa dell’isolante all’interno dei locali del magazzino.

Si può quindi concludere dicendo che vi sono tutti i presupposti per contestare legittimamente le richieste avanzante dal condominio e spingersi fino a negare l’accesso ai locali per l’esecuzione di lavori coinvolgenti sia le tubature che la copertura dei muri.
Ovviamente le argomentazioni illustrate potrebbero essere anche validamente utilizzate nell’ambito di un ipotetico contenzioso giudiziario coltivato dal condominio.

Poi, in una trattativa stragiudiziale vi potrebbero essere dei margini per subordinare la concessione di accedere ai locali al pagamento da parte del condominio di una somma di denaro che tenga conto delle spese sostenute per sgomberare i locali e del mancato guadagno della impresa artigiana. È molto improbabile però che l’impresa costruttrice dei lavori possa essere coinvolta nel contenzioso descritto fino a spingerla a vincolarsi espressamente con l’autore del quesito per la realizzazione di una qualche tipologia di intervento.

Ovviamente è altamente consigliabile che il contenzioso descritto sia affrontato non in solitudine ma con l’ausilio di un legale fin dalle battute iniziali.



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