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Articolo 1444 Codice Civile

(R.D. 16 marzo 1942, n. 262)

[Aggiornato al 31/01/2024]

Convalida

Dispositivo dell'art. 1444 Codice Civile

Il contratto annullabile può essere convalidato(1) dal contraente al quale spetta l'azione di annullamento, mediante un atto che contenga la menzione del contratto e del motivo di annullabilità, e la dichiarazione che s'intende convalidarlo(2).

Il contratto è pure convalidato, se il contraente al quale spettava l'azione di annullamento vi ha dato volontariamente esecuzione conoscendo il motivo di annullabilità(3).

La convalida non ha effetto, se chi l'esegue non è in condizione di concludere validamente il contratto(4).

Note

(1) La convalida è un negozio mediante il quale la parte che sarebbe legittimata ad esperire l'azione di annullamento sceglie di non farlo. Essa si distingue dalla ratifica, atto unilaterale con cui il falsamente rappresentato fa propri gli effetti del negozio concluso dal falso rappresentante (v. 1399 c.c.).
(2) In tal caso la convalida si definisce espressa.
(3) In tal caso la convalida si definisce tacita e si sostanzia in un contegno omissivo del soggetto.
(4) I presupposti affinché possa operare la convalida sono: che essa provenga da chi sia nella posizione di concludere validamente il contratto per cui, ad esempio, non può giungere dalla parte verso cui persista ancora la violenza (v. 1434, 1435, 1436 c.c.); che la parte che intende convalidare il contratto sia consapevole del vizio, per cui, ad esempio, anche se il soggetto dichiara l'intenzione di convalidare il contratto concluso per errore (v. 1428, 1429, 1430, 1431 c.c.), ma non ha ancora scoperto l'errore, la convalida non è ammissibile.

Ratio Legis

Il legislatore consente la convalida se il negozio è solo annullabile atteso che il vizio è meno grave di quello che sussiste in caso di nullità (v. 1418 ss. c.c.) e, quindi, è ammissibile che esso possa produrre degli effetti.

Spiegazione dell'art. 1444 Codice Civile

Nozione del negozio di convalida

Oltre che per prescrizione dell'azione, la annullabilità del negozio può sanarsi mediante un successivo atto del titolare del diritto all'annullamento, chiamato nel codice abrogato e nella dottrina relativa conferma o ratifica, e nel nuovo codice convalida. L'innovazione terminologica è discutibile; se era indubbiamente opportuno abbandonare il termine di ratifica, che veniva usato anche a proposito di due altri distinti istituti, la ratifica della gestione rappresentativa e la ratifica del rappresentante legale (detta quest'ultima da taluni anche ratifica-accettazione), non era però necessario creare un termine nuovo, che per di più non è univoco (v. retro), mentre vi era già l'altra espressione, tradizionale ed univoca, di conferma. A parte questa innovazione terminologica, la disciplina della convalida nel nuovo codice non diverge sostanzialmente, salvo punti particolari, dalla disciplina del codice del codice abrogato.

La convalida del negozio annullabile può essere definita una manifestazione di volontà del titolare del diritto all'annullamento che rende definitivi gli effetti prodotti dal negozio annullabile, eliminando la facoltà di agire per l'annullamento dei medesimi.

Da questa definizione si ricava innanzitutto che la convalida è un negozio giuridico. Ciò significa che l'eliminazione della facoltà di agire per l’annullamento va riportata ad un atto di libera volontà del titolare della facoltà medesima. Questa volontà può essere espressamente manifestata, e allora si ha la convalida espressa oppure può risultare da un comportamento concludente, ed allora si ha la convalida presunta, o, come si dice comunemente, la convalida tacita.

Con l'affermazione che la convalida è un negozio giuridico si viene ad escludere che possa ricondursi alla figura della convalida la sana­toria per prescrizione dell'azione. Questa opinione è stata sostenuta in epoca meno recente da diversi autori, per i quali l'inerzia del titolare della facoltà di chiedere l’annullamento per tutto il periodo necessario per 1a prescrizione estintiva costituirebbe una forma di convalida presunta. L'affermazione, che è contraria alla sistemazione legislativa e che, se vera, porterebbe logicamente ad attribuire la natura di negozio abdicativo a qualsiasi ipotesi di prescrizione, non è accettabile: nella sanatoria del negozio per prescrizione viene in considerazione esclusivamente il fatto oggettivo dell'inerzia del titolare indipendentemente da ogni elemento soggettivo, come risulta tra l'altro dalla irrilevanza degli ostacoli di fatto all'esercizio dell'azione. Alla equiparazione dei due istituti osta poi la diversità dell'effetto, che è l'estinzione della facoltà nel caso di prescrizione e l'eliminazione della costituzione di tale facoltà nella convalida.

Sue caratteristiche. La convalida è: a) un negozio patrimoniale; b) un negozio di natura abdicativa

Il negozio giuridico di convalida presenta una propria struttura, diversa da quella del negozio convalidato. Più precisamente, per limitarsi ad esaminarne le caratteristiche fondamentali, esso è:

a) un negozio patrimoniale;

b)un negozio di natura abdicativa. Questa affermazione corrisponde all'insegnamento della dominante dottrina, la quale configura la convalida come un atto di rinunzia alla facoltà di chiedere l'annullamento. A tale atto è attribuita efficacia retroattiva, il che non deve essere inteso nel senso che vengano riportati al passato effetti che solo ora il negozio produce, perché allora è facile rilevare, come hanno fatto diversi autori, l'inesattezza di questa affermazione (ratihabitio nihil dat novi), ma nel senso che anziché estinguere, come fa la prescrizione, la facoltà di agire per l'annullamento, la convalida elimina la costituzione di questa facoltà, per modo che gli effetti del negozio si debbono considerare come se mai fossero stati annullabili. Pertanto si dovrebbe parlare più esattamente di rinunzia eliminativa, per differenziare questo atto dalla rinunzia traslativa o estintiva, oppure, se si ritiene la retroattività estranea al concetto di rinunzia, semplicemente di negozio eliminativo.

L'art. #1309# del codice abrogato conteneva un inciso che faceva salvi, in caso di conferma, i diritti dei terzi. Questo inciso, derivato dal codice Napoleone (art. 1338) e che la dottrina costruiva come un limite al carattere retroattivo della conferma, non è stato, ed a ragione, riprodotto nel nuovo codice. Si deve tuttavia precisare che una simile limitazione non avrebbe nulla a che fare con il carattere retroattivo della conferma, come a torto viene ripetuto anche nella Relazione del Guardasigilli (n. 128); che i diritti acquistati dai terzi in base ad un atto di colui che aveva già disposto della res con un contratto annullabile, vengano fatti salvi o meno in caso di successiva conferma da parte del soggetto medesimo, è cosa che non amplia né limita il carattere retroattivo della conferma, consistente nel fatto che gli effetti prodotti si considerano come già ab origine definitivi. Di una vera limitazione alla retroattività della conferma si potrebbe parlare solo intendendo la retroattività nel senso che la conferma del negozio annullabile attribuisce al negozio sino dal momento della sua conclusione gli effetti che le parti intendevano produrre e che non si erano prodotti, il che è in contrasto con la nozione stessa di annullabilità e si armonizza invece con quella di nullità.

E’ evidente che la configurazione tradizionale della conferma come un atto di rinunzia può essere accolta solo in quanto si ammetta l'esistenza dei diritti potestativi, nei quali rientrerebbe il diritto all'annullamento, a cui si rinunzia; ove invece si aderisca all'opinione che nega la categoria dei c. d. diritti potestativi, si dovrà dare una diversa costruzione alla convalida, e precisamente costruirla come un negozio giuridico impeditivo, cioè un negozio che non opera nel campo delle vicende del rapporto giuridico, ma nel campo delle fattispecie, in quanto toglie il valore di fattispecie al successivo fatto della sentenza di annullamento.
Partendo da un diverso punto di vista si è voluto da altri criticare la configurazione tradizionale della convalida, in base all'osservazione che colui che ha manifestato, in modo esplicito o tacito, la sua volontà di convalidare il negozio annullabile intende essenzialmente rendere valido l'atto convalidato, eliminando la situazione di incertezza collegata alla possibilità di annullamento del negozio, mentre l'estinzione del diritto all'annullamento che ne deriva non sarebbe che una mera conseguenza, un risultato secondario di rilevanza processuale dell'atto di conferma. La conferma avrebbe pertanto una funzione principale, intrinseca e positiva, consistente nel sanare il vizio dell'atto, trasformando il negozio da negozio invalido in negozio valido, ed in via accessoria, data l'incompatibilità di questo effetto principale con la permanenza dell'azione di annullamento, la funzione di estinguere la facoltà di chiedere l'annullamento. A parte osservazioni particolari nei confronti di questa teoria, della quale è traccia anche nei lavori preparatori del nuovo codice, è da rilevare che, anche aderendo ad essa, resta sempre la possibilità di un negozio diretto in via esclusiva a rinunciare alla facoltà di agire per l'annullamento, il quale costituirebbe un mezzo autonomo di convalescenza del negozio annullabile, rivolto ad ottenere per via processuale quegli stessi effetti che la convalida in senso stretto conseguirebbe agendo direttamente sulla sostanza del negozio.

E’ infine appena necessario rilevare che non si può in alcun modo accogliere quella vecchia ed isolata teoria, la quale, confondendo nul­lità ed annullabilità, attribuisce alla convalida il carattere di atto di rinnovazione del contratto.

c) Un negozio, di regola, unilaterale e non recettizio

c) un negozio, di regola, unilaterale e non recettizio. E’ pertanto sufficiente la sola volontà del legittimato ad agire e non occorre che questa volontà sia indirizzata e notificata alla controparte. Fa eccezione il caso in cui la convalida fa parte di un contratto bilaterale (convalida dietro corrispettivo), nel qual caso la convalida assume natura contrattuale. La convalida può anche assumere eccezionalmente la struttura di atto unilaterale recettizio (infra, sub d);

d) un negozio, di regola, formale. Mentre il negozio convalidato può essere un negozio formale o meno, la convalida è, di regola, un negozio formale. Per quanto la convalida non debba avvenire nella stessa forma del contratto convalidato, se questo è un contratto formale, sembra tuttavia risultare dalla norma in esame, che parla di atto di convalida, che sia richiesta la forma scritta. In ogni caso poi la convalida è un negozio formale nel senso che la norma fissa il preciso contenuto della relativa dichiarazione, richiedendo che essa contenga la menzione del contratto annullabile (e cioè, secondo l’insegnamento dominante, gli elementi necessari per individuare il contratto convalidato, che possono in concreto, consistere anche nella semplice indicazione della data, in modo da non lasciare dubbio che chi conferma vuole confermare proprio quel contratto) e la menzione del motivo di annullabilità, nel che si deve ravvisare la necessità della conoscenza da parte del convalidante non solo del fatto che causa l'annullabilità, ma anche della conseguenza che la norma riconnette a questo fatto.

Alla regola del carattere formale della convalida si sottrae la c.d. convalida tacita, consistente nell'esecuzione volontaria del contratto annullabile da parte del soggetto a cui competeva l'azione di annullamento e che conosceva il motivo di annullabilità. Se si tratta di esecuzione di prestazione per cui è necessaria la cooperazione del creditore, allora la convalida, oltre che il carattere di negozio formale, perde anche quello di negozio non recettizio.

Dato che nella c.d. convalida tacita la volontà di eseguire il contratto e la volontà di convalidarlo non sono due aspetti dello stesso atto volitivo, come avviene invece, ad esempio, nel caso di revoca tacita del testamento per incompatibilità oggettiva delle disposizioni nei confronti della volontà del nuovo testamento e della revoca del vecchio, ma si tratta invece di due volontà distinte, dalla sussistenza di una delle quali si presume l'altra, è meglio parlare, anziché di convalida tacita, di convalida presunta. Chiarito ciò, ci si domanda se l'individuazione del fatto (esecuzione volontaria), che serve di base per l'illazione della sussistenza di una volontà di convalidare abbia un carattere tassativo o solo esemplificativo. Questa vecchia questione è risolta nel secondo senso dalla maggioranza della dottrina, la quale ravvisa la figura della convalida presunta in qualsiasi atto del titolare del diritto all'annullamento che sia incompatibile con la volontà di far annullare il contratto (ad esempio, domanda di dilazione del pagamento da parte del debitore, accettazione della prestazione da parte del creditore, novazione, alienazione o consumazione della cosa che ha formato oggetto del contratto, ricognizione documentale del medesimo).

La prima soluzione sembra tuttavia, preferibile, e questo non tanto per il fatto che il secondo comma dell'articolo in esame configuri un'eccezione al principio, in verità assai discutibile, secondo cui le rinunce non possono mai presumersi, quanto perché il codice, là dove, invece di procedere ad una individuazione specifica del fatto che serve di base all'illazione su cui si fonda la figura della dichiarazione presunta, intende limitarsi a fissare un criterio generale, non manca di sancirlo espressamente (v., ad esempio, gli articoli 476 e 2937 cod. civ.). Si aggiunga poi che l'assenza di una disposizione espressa in questo senso assume un particolare significato nel nuovo codice, date le gravi dispute sussistenti in proposito sotto l'impero del codice abrogato. Né in favore dell'opposta soluzione può argomentarsi dall'art. 768 cod. civ., trattandosi di una norma di carattere speciale, la quale se mai, data la minuzia con cui la norma precisa i fatti concludenti da cui si desume la conferma della divisione annullabile, conferma e non avversa la soluzione accolta.

L'art. #1309# del codice civile abrogato, sull'esempio del codice albertino, richiedeva che l'esecuzione del negozio annullabile fosse relativa alla maggior parte del medesimo; il nuovo codice, ritornando al sistema del codice Napoleone, non pone tale limitazione, rimettendo alla discrezione del giudice la valutazione del significato di una esecuzione anche parziale. L'innovazione è opportuna, perché — come è detto nei lavori preparatori, anche l’esecuzione di una parte minima, per l'importanza sostanziale che riveste, può esprimere la volontà di convalidare il contratto.

Il requisito della volontarietà dell’esecuzione

L'esecuzione del contratto, per dar luogo alla convalida presunta, deve avvenire volontariamente. Ci si domanda se questo avverbio, che corrisponde a quello «spontaneamente» usato nei confronti dell'esecuzione della obbligazione naturale (art. 2034 cod. civ.), debba essere inteso nel senso che non ha effetto esecuzione viziata da violenza o coazione o nel senso più ampio che il comportamento di colui che esegue il contratto annullabile non deve essere determinato dal comportamento altrui. La seconda interpretazione è preferibile. Chiarito ciò, occorre poi ancora precisare se qualsiasi comportamento del terzo è rilevante o se questo comportamento deve assumere la configurazione precisa della violenza o del dolo. Interpretando nel primo senso la norma, l'avverbio «volontariamente» si mostra inutile, data già la sussistenza delle norme di cui agli articoli 1434-1440 cod. civ. e all'ultimo comma dell'articolo in esame. Si deve pertanto ritenere che il comportamento del terzo è rilevante anche se non rientra esattamente nella fattispecie della violenza o del dolo, in particolare anche se si tratta di una minaccia di un male non notevole, o di un raggiro non proveniente dalla controparte e da questa non conosciuto. Resta invece dubbio se, in conformità di quanto è detto nei lavori preparatori a proposito dell'esecuzione dell'obbligazione naturale, anche la semplice istanza del creditore escluda la volontarietà.

e) Un negozio al quale non è applicabile l’istituto dell’annullabilità; f) un negozio irrevocabile

e) un negozio al quale non è applicabile l'istituto dell’annullabilità. Il negozio di convalida o produce effetti definitivi o non produce effetti; le normali cause di annullabilità assumono, nei confronti del negozio di convalida, il valore di cause di nullità.

Per quanto il tenore letterale dell'ultimo comma dell'art. 1444 cod. civ. si riferisca solo alle ipotesi di incapacità del soggetto o, al più, alle cause soggettive di annullabilità, in considerazione di quanto risulta dal requisito della volontarietà dell'esecuzione (v. retro, sub d) e soprattutto dell'identità della ratio,si deve ritenere la norma applicabile a tutte le ipotesi di annullabilità.

f) un negozio irrevocabile.

La convalida parziale

Delineate le linee fondamentali della convalida del negozio annullabile, resta da dire rapidamente di alcune questioni particolari che riguardano questo istituto.

Si discute se sia ammissibile una convalida parziale del contratto annullabile. Di convalida parziale si può parlare in due sensi, e cioè con riferimento al soggetto dell'atto di convalida, nel caso di più titolari dell'azione di annullamento e con riferimento all'oggetto dell'atto di convalida.

Nel primo senso è certa la possibilità di una convalida parziale, la quale non produrrà i suoi effetti, cioè l'attribuzione alle vicende di un carattere definitivo, che quando e se seguirà la convalida degli altri soggetti, restando nel frattempo esclusa la possibilità di un'annullamento ad opera del soggetto che ha effettuato la convalida. Praticamente, trattandosi di annullabilità assoluta, è ben difficile, per non dire impossibile, che tali effetti vengano raggiunti, dato il gran numero di soggetti che dovrebbero procedere alla convalida. Si tratta però esclusivamente, come si è detto, di un'impossibilità di fatto, che non incide sulla sanabilità in astratto dell'annullabilità.

Per quanto riguarda la questione della ammissibilità di una convalida parziale nel secondo senso, o, come suol dirsi comunemente, della divisibilità o indivisibilità della convalida, l'opinione negativa non è seguita dalla maggioranza della dottrina, la quale però suole porre alcune limitazioni all'ammissibilità di una tale convalida. Così, per non limitarci ad esporre che gli atteggiamenti principali della teoria positiva, il Sintenis subordina tale convalida al consenso dell'altra parte; il Bekker distingue tra negozi a titolo gratuito, per i quali ammette la divisibilità, e negozi a titolo oneroso; il Barassi fissa come criterio di massima il principio che la convalida non deve in alcun modo alterare la natura giuridica ed economica del contratto e fa due interessanti applicazioni pratiche di questo principio: dato un contratto in cui si tratta della vendita di un mulino e di un magazzino esistente nella città per il deposito o lo smercio della farina, non è ammissibile la convalida di una parte sola del contratto, in quanto l'utilità dell'oggetto di ognuno dei due negozi è in funzione dell'utilità dell'altro; se invece con un unico atto di compera acquisto da un gioielliere parecchi oggetti estranei l'uno all'altro, se a me piace limitare la convalida ad alcuni soli, non si vede perché non lo dovrei fare, a meno che - aggiunge - gli oggetti venduti non costituiscano una fornitura che nel suo insieme ha un valore, per esempio storico, assai più del valore dei singoli oggetti separati. Per il Macchia infine l'oggetto del negozio deve essere divisibile in parti non solo naturalmente, ma anche giuridicamente ed economicamente indipendenti tra di loro, in modo che la situazione che si viene a determinare per talune di esse non possa ripercuotersi sulle altre.

Escluse senz'altro l'opinione negativa, che non ha alcun fondamento ed è anzi contraria al principio della conservazione del negozio, e l'opinione positiva che richiede il consenso della controparte, nel qual caso non è dubbia la validità di un simile atto, che però non è più convalida di contratto annullabile, ma un nuovo e distinto contratto, mi sembra che la questione non sia stata bene impostata dagli altri sostenitori della tesi positiva. Invero la dottrina, nella soluzione di questo problema si fonda, esplicitamente o tacitamente, sul presupposto che la convalida parziale avrebbe l'effetto di convalidare il contratto per la parte a cui la convalida si riferisce e di annullarlo per la restante parte. Questo presupposto è inesatto; non solo chi convalida parzialmente un negozio può non volere anche l'annullamento immediato della parte residua, in quanto intende rimettere ad un tempo successivo la valutazione della convenienza o meno di detto annullamento, ma in ogni caso la convalida parziale non può produrre annullamento della parte non convalidata, dato che nel nostro ordinamento l'annullamento può avvenire solo per sentenza (v. retro, pag. 672). Quindi alla convalida parziale non può essere attribuita altra efficacia che quella di rendere definitivi soltanto alcuni o parte (con riferimento cioè al quantum della vicenda) degli effetti del negozio, lasciando impregiudicata l’annullabilità degli altri. Un altro appunto che può muoversi alla dottrina — e l'osservazione vale soprattutto nei confronti della dottrina del nuovo codice — è quello di non essersi preoccupata di ricercare una norma precisa che regoli un caso affine o una materia analoga sulla quale fondarsi per risolvere la lacuna in esame. Questa norma esiste nel nuovo codice ed è l’art. 1419 cod. civ.

Premesso ciò, si deve dire che una convalida parziale è di regola efficace, a meno che non si debba ritenere che l'altra parte non avrebbe concluso il contratto senza quella parte del medesimo che non forma oggetto della convalida (arg. ex art. 1419 cod. civ.). In quest'ultimo caso la convalida non è tuttavia nulla, data la possibilità che intervenga successivamente una convalida per la parte residua o l'annullabilità venga meno per prescrizione, ma inefficace in senso stretto. Se segue detta convalida, il primo atto produce i suoi effetti; diversamente le vicende rimangono annullabili ed il successivo annullamento, anche se limitato nel suo oggetto, toglie ogni efficacia al contratto.

Risolto in questo senso il problema della convalida parziale, ci si domanda se questa debba essere necessariamente espressa o possa essere anche presunta. I dubbi che potevano sorgere in proposito per il vecchio codice in relazione alla limitazione ivi contenuta per cui l'esecuzione doveva avere per oggetto la maggior parte del contratto (art. #1309#), non hanno più ragione di sussistere nel nuovo codice che tale limitazione non riproduce. Pertanto, qualora l'esecuzione di una parte del contratto non sia tale da far presumer la volontà di convalidare l'intero contratto, detta esecuzione potrà valere come convalida di quella sola parte del contratto a cui l'esecuzione si riferisce.

Un altro punto delicato è quello concernente la validità di una convalida precedente o contestuale al contratto annullabile. Una rinuncia generica a far valere tutte le cause di annullabilità che eventualmente inficino il contratto che si conclude o si concluderà, non sarebbe mai valida, difettando il requisito della scienza del vizio. Non sussistono invece fondate ragioni per negare la ammissibilità di una convalida specifica; si deve piuttosto rilevare che, dato il disposto dell'ultimo comma dell'art. 1444 cod. civ., è ben difficile — per non dire impossibile — prospettare un caso in cui tale convalida sarebbe in concreto valida.

Relazione al Libro delle Obbligazioni

(Relazione del Guardasigilli al Progetto Ministeriale - Libro delle Obbligazioni 1941)

282 Disciplinando la convalida (art. 303) ho precisato che essa può verificarsi solo ad opera del contraente al quale spetta l'azione di annullamento, e che l'esecuzione da cui si possa trarre la convalida non deve necessariamente essere totale, bastando che concerna la maggior parte del contratto.
Ho chiarito meglio il 2° comma dell'art. 231 del progetto del 1936, in modo da far intendere che il contraente che conferma deve essere in condizioni tali da poter concludere validamente il contratto invalido. Con questo ho voluto dar forma più generica al capoverso 1° dell'art. 1309 cod. civ. e indicare che devono essere cessate le eventuali cause soggettive di invalidità del contratto che si vuole confermare.
Ho soppresso il penultimo comma dell'art. 231 del progetto del 1936 per un doppio ordine di considerazioni. Anzitutto perché la rinunzia alla impugnativa dell'atto è l'effetto mediato della convalida, mentre, immediatamente, a seguito della convalida l'atto viene in considerazione come se non avesse alcun vizio, in modo che riduce il contratto nella situazione di efficacia che avrebbe avuto se il vizio non fosse mai esistito. In secondo luogo perché, essendo retroattivo l'effetto della convalida, non può essere compatibile la salvezza dei diritti dei terzi aventi causa dal titolare dell'azione di annullamento, ai quali si riferisce il comma soppresso. Il contratto annullabile era impugnabile, ma esisteva; perciò, se colui che potrebbe opporre l'annullabilità concede dei diritti in previsione dell'annullamento, in realtà dispone dei diritti degli altri.
Coloro che hanno acquistato diritti dal titolare dell'azione di annullamento non possono essere tutelati se non con l'azione di danni verso il titolare stesso che, convalidando l'atto, ha contravvenuto alla promessa, loro implicitamente o esplicitamente fatta, di far valere i vizi.

Relazione al Codice Civile

(Relazione del Ministro Guardasigilli Dino Grandi al Codice Civile del 4 aprile 1942)

655 Per la convalida si è rimessa alla discrezione del giudice la valutazione del significato di un'esecuzione parziale. Il codice del 1865 regolava il caso con un criterio formalistico, perché considerava efficace, oltre l'esecuzione totale, quella della maggior parte dell'obbligazione (art. 1309, secondo comma). Talvolta invece anche l'esecuzione di una parte minima, per l'importanza sostanziale che riveste, può contenere ed esprimere la volontà di convalidare il contratto (art. 1444 del c.c., secondo comma). E' stata soppressa la salvezza dei diritti dei terzi fatta nell'art. 1309, terzo comma, del codice abrogato; in conseguenza i diritti degli aventi causa dal titolare dell'azione di annullamento cadono per effetto della convalida. La ragione è che il contratto annullabile è efficace fino a quando non no sia pronunciato l'annullamento. Pertanto, l'acquisto, dal titolare dell'azione di annullamento, degli stessi diritti trasferiti ad altri in virtù del contratto annullabile, è subordinato all'annullamento di tale contratto, che faccia venir meno definitivamente la validità del trasferimento anteriore. Ora, convalidando il contratto, il contraente che ha alienato al terzo ha fatto cadere il presupposto cui era subordinata l'efficacia di questo nuovo trasferimento; donde l'inopponibilità di esso a colui a vantaggio del quale la convalida è intervenuta. Tale inopponibilità non pregiudica naturalmente la questione della responsabilità dell'autore della convalida verso il suo secondo avente causa, per l'impegno, implicitamente assunto e non mantenuto, di far valere l'invalidità.

Massime relative all'art. 1444 Codice Civile

Cass. civ. n. 2700/2019

L'esecuzione delle donazioni nulle, disciplinata dall'art. 799 c.c., analogamente a quanto è richiesto, in via generale, dall'art. 1444c.c. art. 1444 - Convalida c.c. per la convalida dei contratti annullabili, intanto impedisce ai coeredi o aventi causa del donante di fare valere la nullità, da qualunque causa dipendente, in quanto i medesimi, con atti o fatti di contenuto non equivoco, diano volontaria esecuzione alla domanda con la consapevolezza della causa della nullità stessa. (Cassa con rinvio, CORTE D'APPELLO PALERMO, 25/02/2014).

Cass. civ. n. 17392/2017

La conferma del testamento invalido (nella specie, per incapacità del testatore), ove avvenga mediante un atto formale, deve contenere i requisiti previsti dall'art. 1444 c.c. per la convalida dell'atto annullabile e, cioè, l'indicazione del negozio invalido, della causa d'invalidità, nonché la dichiarazione che si intende convalidarlo.

Cass. civ. n. 15268/2017

Il negozio affetto da annullabilità assoluta non è convalidabile giacché, da un lato, la convalida dovrebbe provenire da tutti i soggetti legittimati a far valere l'annullabilità e, dall'altro, la sanzione è finalizzata alla tutela di interessi di natura diversa e trascendenti da quelli meramente individuali dei contraenti.

Cass. civ. n. 5794/2017

L’intervenuta convalida tacita del contratto annullabile non è rilevabile d’ufficio, formando oggetto di un'eccezione di merito in senso stretto, in quanto la stessa consiste in una sostanziale rinunzia all’azione di annullamento subordinata alla duplice condizione della acquisita certezza della causa di invalidità del negozio e della volontà di non avvalersene, non ponendosi come l'effetto automatico di una previsione di legge, ma ricollegandosi ad una manifestazione di volontà della parte.

Cass. civ. n. 15393/2013

In tema di convalida di negozio annullabile, ove da quest'ultimo derivino effetti complessi, in parte favorevoli ed in parte svantaggiosi per ciascuna delle parti, l'iniziativa assunta da una di esse per la realizzazione del programma negoziale negli aspetti a sé favorevoli comporta la convalida dell'intero negozio solo se, in relazione alla rilevanza che detti profili assumono nell'assetto di interessi complessivamente concordato dalle parti, il comportamento tenuto dalla parte interessata all'annullamento risulti idoneo ad evidenziare la sua volontà di considerare il negozio vincolante anche negli aspetti residui, trovando applicazione il principio secondo il quale il vizio che colpisce una parte del contratto comporta la caducazione dell'intero negozio solo se risulta che le parti non lo avrebbero concluso senza quella parte di suo contenuto affetta da invalidità. (Nella specie, relativa a lodo arbitrale irrituale, la parte aveva chiesto, con decreto ingiuntivo, il pagamento delle somme liquidate a suo favore dagli arbitri, riservandosi, contestualmente, di impugnare la decisione arbitrale; la S.C., in applicazione dell'anzidetto principio, ha ritenuto che tali dichiarazioni di volontà non potessero essere considerate aprioristicamente incompatibili, cessando le sentenze impugnate).

Cass. civ. n. 18502/2012

La convalida tacita del contratto, di cui all'art. 1444, secondo comma, c.c., non è integrata dalla mera richiesta, formulata dalla parte che avrebbe titolo a domandare l'annullamento, di eliminazione della situazione costituente l'oggetto del vizio del suo consenso (nel caso di specie: errore essenziale e riconoscibile sulla libertà da vincoli dell'immobile locato, invece assoggettato ad espropriazione forzata in fattispecie nella quale il conduttore non avrebbe potuto opporre la locazione all'eventuale aggiudicatario).

Cass. civ. n. 621/2007

Riguardo ad atto di cessione volontaria nell'ambito del procedimento espropriativo, ritenuta dal giudice annullabile per mancanza di autorizzazione preventiva e di approvazione successiva dell'organo amministrativamente competente, non è configurabile la convalida, nel senso di volontaria esecuzione del contratto nella concreta conoscenza del fatto invalidante, nella circostanza che il legale rappresentante del Comune e il suo difensore abbiano relazionato in giudizio circa i tempi di corresponsione del pagamento del prezzo della cessione, per la quale erano stati erogati i fondi necessari alla copertura finanziaria.

Cass. civ. n. 272/2004

La rinunzia a far valere i vizi di volontà che affliggono un contratto non può intervenire in via anticipata e preventiva, ma presuppone, alla stregua dell'art. 1444 c.c., che il negozio viziato sia già venuto ad esistenza al momento della rinunzia, che questa sia formalizzata con autonomo atto contenente la menzione del contratto e dei motivo di annullabilità, e che l'intenzione di convalidare l'atto da parte del rinunziante sia espressamente manifestata. Ne consegue che non è neppure astrattamente configurabile una convalida preventiva e generalizzata rispetto a negozi futuri, i cui motivi di annullabilità non sono ancora venuti ad esistenza — e quindi non possono nemmeno essere conosciuti — al momento dell'accordo (principio affermato in tema di arbitrato libero, in sede di interpretazione della portata e della validità della clausola che prevedeva l'inappellabilità dell'eventuale futuro lodo).

Cass. civ. n. 601/1999

La convalida prevista dall'art. 1444 comma secondo c.c. presuppone che il contratto sia perfetto (pur se invalido); tale non è quello concluso soltanto da alcuni dei contitolari del diritto di cui si dispone, contratto che conseguentemente non produce effetti nei confronti degli altri contitolari.

Cass. civ. n. 2842/1996

La stipulazione di un contratto da parte del sindaco (nella specie, scrittura privata di cessione volontaria del fondo espropriando, in attuazione dell'art. 12 della legge n. 865 del 1971), non preceduta dalla delibera del consiglio comunale, ne comporta l'annullabilità, rilevabile esclusivamente da parte dell'amministrazione, e la possibilità di convalida ai sensi dell'art. 1444 codice civile.

Cass. civ. n. 6198/1984

Poiché i contratti conclusi da persone incapaci (nella specie: minori) non sono nulli, ma soltanto annullabili, essi producono effetti giuridici fino a quando non vengono annullati a istanza degli stessi incapaci o di coloro che per essi sono legittimati all'azione di annullamento, senza che a tal fine sia necessaria la convalida, che serve soltanto ad assicurare la definitiva validità del contratto, paralizzando l'azione di annullamento eventualmente esercitata prima che si compia il termine di prescrizione quinquennale previsto dall'art. 1442 c.c.

Cass. civ. n. 2029/1982

La convalida del negozio annullabile, consistendo in una sostanziale rinunzia all'azione di annullamento, è subordinata alla duplice condizione dell'acquisita certezza della causa di invalidità del negozio e della volontà di non avvalersene e, pertanto, può ritenersi implicita nella volontaria esecuzione del negozio annullabile, che di per sé è riferibile sia all'adempimento di un supposto obbligo giuridico, sia alla volontà di convalidare detto negozio, solo in quanto risulti inequivocabilmente raggiunta la prova della già acquisita certezza della causa di annullabilità del negozio stesso. 

Cass. civ. n. 5860/1981

A differenza del c.c. del 1865 (che regolava la convalida tacita del contratto annullabile con criterio formalistico, perché considerava efficace, oltre l'esecuzione totale, quella della maggior parte dell'obbligazione, art. 1309, secondo comma), l'art. 1444, secondo comma, c.c. vigente rimette alla discrezione del giudice la valutazione del significato di un'esecuzione parziale, anche di una parte minima, purché, per l'importanza sostanziale che riveste, contenga ed esprima la volontà di convalidare il contratto.

Cass. civ. n. 2726/1978

La convalida del contratto annullabile, per effetto di volontaria esecuzione da parte del contraente titolare dell'azione di annullamento, postula che questi abbia il potere di concludere validamente il contratto stesso (art. 1444 c.c.). Pertanto, l'annullabilità del contratto posto in essere dal comune, per mancanza di preventiva autorizzazione prefettizia, non può venir meno a seguito della sua esecuzione da parte del comune medesimo.

Cass. civ. n. 2738/1970

L'esecuzione volontaria, che dà luogo alla convalida tacita del contratto annullabile, ai sensi dell'art. 1444, secondo comma, c.c., consiste in un comportamento negoziale, il quale si risolve in un'attività che, tendendo a realizzare la situazione che si sarebbe dovuta determinare per effetto del negozio annullabile, presuppone per implicito una volontà incompatibile con quella di chiedere l'annullamento. Elemento rivelatore della volontà di convalidare il contratto può essere qualsiasi comportamento attinente all'esecuzione del contratto, cioè non soltanto quello di stretto adempimento proprio del soggetto passivo di un'obbligazione nascente dal contratto stesso, ma anche quello posto in essere dalla controparte di accettazione ed adesione alla prestazione dell'obbligato, o di un terzo che, per volontà delle parti, partecipi all'esecuzione del contratto. La convalida tacita può desumersi per implicito anche dall'esplicazione di attività non materiale da parte di uno dei partecipi al rapporto contrattuale affetto da annullabilità, o dall'acquisizione della stessa da parte di un altro contraente. E rimessa alla discrezione del giudice la valutazione del significato di un'esecuzione anche parziale, onde accertare se questa sia tale, per l'importanza sostanziale che riveste, da esprimere la volontà di convalidare il contratto.

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Consulenze legali
relative all'articolo 1444 Codice Civile

Seguono tutti i quesiti posti dagli utenti del sito che hanno ricevuto una risposta da parte della redazione giuridica di Brocardi.it usufruendo del servizio di consulenza legale. Si precisa che l'elenco non è completo, poiché non risultano pubblicati i pareri legali resi a tutti quei clienti che, per varie ragioni, hanno espressamente richiesto la riservatezza.

P. S. chiede
lunedì 08/05/2023
“In un'assemblea del 11-4, in seconda convocazione viene revocato il precedente amministratore, sig. Fero (nome di fantasia) non presente, per giusta causa, con la presenza di 504 millesimi (8 favorevoli e 1 astenuto) e 9 condomini su 18.
In un'assemblea del 18-4 in seconda convocazione (convocata prima del 11-4) l'amministratore revocato sostiene che, sulla base della giurisprudenza, la sua revoca non è valida. Procede quindi (senza revocare il nuovo amministratore) a farsi rinominare con la presenza di 504 millesimi (9 condomini su 18, tutti favorevoli). Solo uno di questi era presente nella precedente assemblea e si era, in quell'occasione, astenuto.
Supponendo che le convocazioni, le deleghe e tutto il resto sia regolare, lo scrivente ritiene che nonostante possibili interpretazioni della giurisprudenza che diano ragione all'amministratore revocato e rieletto, sig. Tizio, non sia di competenza dell'assemblea invalidare una delibera di nomina anche se potenzialmente annullabile. Lo scrivente ritiene che l'assemblea avrebbe comunque dovuto procedere alla revoca del nuovo amministratore nominato il 11-4 e poi alla rinomina del precedente revocato, sig. Tizio.”
Consulenza legale i 08/05/2023
Non si concorda con le conclusioni dell’autore del quesito. La giurisprudenza della Corte di Cassazione ha chiarito come sia perfettamente nei poteri della assemblea di condominio la possibilità di sanare una precedente delibera affetta da vizi che potrebbero inficiarne l’efficacia, eventualmente anche riconsiderando le decisioni prese in quella riunione.

Il dato normativo, per la verità molto solido, su cui poggia l’orientamento giurisprudenziale che si è citato risiede in prima battuta nel principio di sanabilità dell’atto annullabile previsto dall’art. 1444 del c.c. Tale norma prevede infatti che il contratto annullabile possa essere convalidatodal contraente a cui spetterebbe l’azione di annullamento. Tale principio poi è stato recepito anche nella normativa che disciplina l'assemblea delle società di capitali, la quale deve considerarsi anche applicabile in caso di vuoti normativi alla assemblea di condominio.

In particolare il comma 8° dell’ art. 2377 del c.c. prevede che: "L'annullamento della deliberazione non può aver luogo, se la deliberazione impugnata è sostituita con altra presa in conformità della legge e dello statuto".

Cass. Civ. 28 giugno 2004 n. 11961 ha stabilito che: “In tema di impugnazione delle delibere condominiali, ai sensi dell'art. 2377 c.c. - dettato in tema di società di capitali ma, per identità di ratio, applicabile anche in materia di condominio - la sostituzione della delibera impugnata con altra adottata dall'assemblea in conformità della legge, facendo venir meno la specifica situazione di contrasto fra le parti, determina la cessazione della materia del contendere". Più recentemente si può citare anche Cass. 23 settembre 2013 n. 21742:” la sospensione giudiziale di una deliberazione assembleare impugnata non impedisce all'assemblea di adottare sul medesimo punto, sanati eventuali vizi, una nuova deliberazione, esecutiva "ex lege" ove il condomino interessato non si attivi per conseguirne a sua volta la sospensione”.

In conclusione, quindi, è perfettamente legittimo che l’assemblea si attivi per invalidare una precedente delibera potenzialmente annullabile. E’ ovvio che rimane ferma tuttavia la tutela dell’amministratore che ha sostituito temporaneamente quello revocato poi riammesso nella carica, soprattutto sotto l’aspetto del compenso per l’attività comunque espletata.

Facendo sempre applicazione della disciplina della annullabilità dei contratti, l’ art. 1445 del c.c. prevede che l’annullabilità non pregiudica i diritti dei terzi in buona fede. Nella posizione del terzo in buona fede può certamente trovarsi il secondo amministratore che ha temporaneamente sostituito il primo se egli ignorava i vizi che affliggevano la iniziale delibera di revoca.

Johnny chiede
martedì 28/12/2010
“La convalida è un atto unilaterale di tipo recettizio o non recettizio?
Grazie”
Consulenza legale i 28/12/2010

La convalida è un negozio unilaterale non recettizio.