Cassazione civile Sez. Unite sentenza n. 4806 del 7 marzo 2005

(2 massime)

(massima n. 1)

In tema di condominio negli edifici, debbono qualificarsi nulle le delibere dell'assemblea condominiale prive degli elementi essenziali, le delibere con oggetto impossibile o illecito (contrario all'ordine pubblico, alla morale o al buon costume), le delibere con oggetto che non rientra nella competenza dell'assemblea, le delibere che incidono sui diritti individuali sulle cose o servizi comuni o sulla proprietā esclusiva di ognuno dei condomini, le delibere comunque invalide in relazione all'oggetto; debbono, invece, qualificarsi annullabili le delibere con vizi relativi alla regolare costituzione dell'assemblea, quelle adottate con maggioranza inferiore a quella prescritta dalla legge o dal regolamento condominiale, quelle affette da vizi formali, in violazione di prescrizioni legali, convenzionali, regolamentari, attinenti al procedimento di convocazione o di informazione dell'assemblea, quelle genericamente affette da irregolaritā nel procedimento di convocazione, quelle che violano norme richiedenti qualificate maggioranze in relazione all'oggetto. Ne consegue che la mancata comunicazione, a taluno dei condomini, dell'avviso di convocazione dell'assemblea condominiale comporta, non la nullitā, ma l'annullabilitā della delibera condominiale, la quale, ove non impugnata nel termine di trenta giorni previsto dall'art. 1137, terzo comma, c.c. (decorrente, per i condomini assenti, dalla comunicazione, e, per i condomini dissenzienti, dalla sua approvazione), č valida ed efficace nei confronti di tutti i partecipanti al condominio.

(massima n. 2)

In tema di delibere assembleari condominiali, la delibera, assunta nell'esercizio delle attribuzioni assembleari previste dall'art. 1135, numeri 2) e 3), c.c., relativa alla ripartizione in concreto tra condomini delle spese relative a lavori straordinari ritenuti afferenti a beni comuni (posti auto e vano ascensore) e alla tassa di occupazione di suolo pubblico, ove adottata in violazione dei criteri giā stabiliti, deve considerarsi annullabile, non incidendo sui criteri generali da adottare nel rispetto dell'art. 1123 c.c., e la relativa impugnazione va pertanto proposta nel termine di decadenza (trenta giorni) previsto dall'art. 1137, ultimo comma, c.c.

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