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Articolo 606 Codice di procedura penale

(D.P.R. 22 settembre 1988, n. 477)

[Aggiornato al 11/01/2024]

Casi di ricorso

Dispositivo dell'art. 606 Codice di procedura penale

1. Il ricorso per cassazione può essere proposto per i seguenti motivi(1):

  1. a) esercizio da parte del giudice di una potestà riservata dalla legge a organi legislativi o amministrativi ovvero non consentita ai pubblici poteri(2);
  2. b) inosservanza o erronea applicazione della legge penale o di altre norme giuridiche, di cui si deve tener conto nell'applicazione della legge penale(3);
  3. c) inosservanza delle norme processuali stabilite a pena di nullità [177-186], di inutilizzabilità [63, 103, 191, 195, 228 3, 240, 254 3, 267 2, 270, 350 6, 360 5, 403, 407 3, 526] (3), di inammissibilità [41, 46, 78, 84, 93, 393, 397, 410, 435, 461, 586, 591, 613, 634, 645] o di decadenza [21, 79, 80, 85, 86, 95, 175 3, 182, 458, 585, 646 4](4);
  4. d) mancata assunzione di una prova decisiva, quando la parte ne ha fatto richiesta anche nel corso dell'istruzione dibattimentale limitatamente ai casi previsti dall'articolo 495, comma 2(5);
  5. e) mancanza, contraddittorietà o manifesta illogicità della motivazione, quando il vizio risulta dal testo del provvedimento impugnato ovvero da altri atti del processo specificamente indicati nei motivi di gravame(6).

2. Il ricorso, oltre che nei casi e con gli effetti determinati da particolari disposizioni [428 3], può essere proposto contro le sentenze pronunciate in grado di appello o inappellabili [593](7).

2-bis. Contro le sentenze di appello pronunciate per reati di competenza del giudice di pace, il ricorso può essere proposto soltanto per i motivi di cui al comma 1, lettere a), b) e c)(8).

3. Il ricorso è inammissibile se è proposto per motivi diversi da quelli consentiti dalla legge o manifestamente infondati ovvero, fuori dei casi previsti dagli articoli 569 e 609 comma 2, per violazioni di legge non dedotte con i motivi di appello [611].

Note

(1) Si tratta di motivi tassativamente indicati ex lege.
(2) Tradizionale ipotesi di eccesso o straripamento di potere.
Errores in iudicando determinati da una mancata o inesatta applicazione della legge penale sostanziale o di altre norme giuridiche extrapenali cui fa riferimento la norma penale stessa.
(4) Ne consegue che non si può ricorre per cassazione deducendo l'inosservanza di norme processuali penali che diano luogo ad una semplice irregolarità.
(5) Tale lettera è stata così sostituita dall’art. 8, comma 1, lett. a) della l. 20 febbraio 2006, n. 46.
(6) Tale lettera è stata così sostituita dall’art. 8, comma 1, lett. b) della l. 20 febbraio 2006, n. 46.
(7) Si ricordi l'ipotesi di ricorso c.d. per saltum ex art. 569.
(8) Comma inserito dall'art. 5, D.Lgs. 06/02/2018, n. 11 con decorrenza dal 06/03/2018.

Ratio Legis

Il ricorso per Cassazione svolge la funzione di mezzo d'impugnazione ordinario per motivi di diritto avverso sentenze inappellabili o pronunciate in grado d'appello.

Spiegazione dell'art. 606 Codice di procedura penale

Tramite il ricorso per cassazione le parti che si ritengono lese dalla precedente sentenza (di appello oppure di primo grado in caso di ricorso per saltum di cui all'art. 569) chiedono alla cassazione l'annullamento per motivi di diritto della decisione pronunciata.

I motivi di diritto elencati dalla norma in commento, di natura tassativa, si riferiscono alternativamente ad errori supposti del giudice nell'applicazione delle norme di diritto sostanziale (c.d. errores in iudicando), oppure nell'applicazione di norme di diritto processuale (c.d. errores in procedendo). Il ricorso è infatti inammissibile se proposto oer motivi diversi o manifestamente infondati, ovvero per violazione di legge che non fosse già stata dedotta in appello.

I motivi di ricorso sono dunque i seguenti:

a) esercizio da parte del giudice di una potestà riservata dalla legge a organi legislativi o amministrativi ovvero non consentita ai pubblici poteri, la quale configura un'ipotesi in cui il giudice, ad esempio, crea una legge da applicare nel processo da lui retto, oppure annulla un atto amministrativo in violazione della L.A.C.;

b) inosservanza o erronea applicazione della legge penale o di altre norme giuridiche, di cui si deve tener conto nell'applicazione della legge penale. Classica ipotesi di error in iudicando, che si verifica quando la legge viene applicata in maniera errata, come ad esempio accade quando il giudice ritenga commesso il reato di falso in atto pubblico, mentre in realtà si trattava di una scrittura privata non avente lo stesso valore fidefaciente;

c) inosservanza delle norme processuali stabilite a pena di nullità, di inammissibilità o di decadenza. Trattasi di error in procedendo, configurabile quando il giudice erri nell'applicare una legge processuale, a meno che si determini una mera irregolarità;

d) mancata assunzione di una prova decisiva, quando la parte ne ha fatto richiesta anche nel corso dell'istruzione dibattimentale limitatamente ai casi previsti dall'articolo 495, comma 2. In sintesi, la parte o il pubblico ministero si dolgono del fatto che non gli è stata consentita la produzione della controprova in seguito della produzione di controparte della prova a sostegno delle proprie argomentazioni. La prova negata deve comunque risultare decisiva, escludendosi dunque motivi di ricorso meramente pretestuosi (anche perché, si ricorda, il giudice precedente ha già valutato la rilevanza dell'elemento probatorio poi non ammesso);

e) mancanza, contraddittorietà o manifesta illogicità della motivazione, quando il vizio risulta dal testo del provvedimento impugnato ovvero da altri atti del processo specificamente indicati nei motivi di gravame. Con tale motivo di ricorso (forse il più frequentemente utilizzato), il ricorrente vuole censurare la motivazione del precedente organo giudicante . Tuttavia il vizio di motivazione deve risultare dal testo del provvedimento impugnato o dagli atti.

Ai sensi del comma 2, il ricorso può essere proposto contro le sentenze d'appello e contro quelle inappellabili. Mentre le sentenze inappellabili sono impugnabili solo in cassazione (sentenze d'appello), contro quelle appellabili può essere proposto sia appello che ricorso per saltum direttamente in cassazione. Il nuovo comma 2 bis stabilisce che contro le sentenze del giudice di pace si può ricorrere in cassazione solo per i motivi di cui alle lett. a, b e c, e questo per limitare il numero di ricorsi che entrino troppo nel merito della questione, impedendosi dunque di riesaminare il procedimento dal punto di vista probatorio o motivazionale.

Massime relative all'art. 606 Codice di procedura penale

Cass. pen. n. 57403/2018

Il ricorso per cassazione è inammissibile quando l'interessato ometta di indicare a quale dei casi tipici disciplinati dall'art. 606 cod. proc. pen. intende ricondursi, in quanto tale mancanza, qualora la specificazione delle ragioni di diritto non sia puntuale e chiara, si traduce in genericità dei motivi.

Cass. pen. n. 38431/2018

In tema di motivi di ricorso per cassazione, a seguito della modifica apportata all'art. 606, comma primo, lett. e), cod. proc. pen. dall'art. 8, comma primo, della legge n. 46 del 2006, il legislatore ha esteso l'ambito della deducibilità del vizio di motivazione anche ad altri atti del processo specificamente indicati nei motivi di gravame, così introducendo il travisamento della prova quale ulteriore criterio di valutazione della contradditorietà estrinseca della motivazione il cui esame nel giudizio di legittimità deve riguardare uno o più specifici atti del giudizio, non il fatto nella sua interezza.

Cass. pen. n. 35659/2018

È inammissibile il motivo di ricorso per cassazione con il quale si eccepisce la inutilizzabilità delle informative di polizia giudiziaria, per decorrenza del termine di durata delle indagini preliminari, senza, tuttavia, individuare con precisione l'atto specifico, in esse contenuto, asseritamente inutilizzabile, non spettando alla Corte, in mancanza di specifiche deduzioni, di verificare se esistano cause di inutilizzabilità o di invalidità di atti del procedimento che, non apparendo manifeste, implichino la ricerca di evidenze processuali o di dati fattuali che è onere della parte interessata rappresentare adeguatamente.

Cass. pen. n. 19388/2018

È inammissibile il motivo di ricorso per cassazione con il quale si lamenti l'inesistenza della gravità indiziaria ritenuta dal giudice che ha emesso il decreto di autorizzazione delle intercettazioni telefoniche, poiché il sindacato del giudice di legittimità nell'esame delle questioni processuali comprende il potere di esaminare gli atti per verificare l'integrazione della violazione denunziata, ma non anche quello di interpretare in modo diverso, rispetto alla valutazione del giudice di merito, i fatti storici posti a base della questione, se non nei limiti del rilievo della mancanza o manifesta illogicità della motivazione.

Cass. pen. n. 10250/2018

È inammissibile, perchè generico, il ricorso straordinario per cassazione redatto mediante l'estrapolazione di singole parti di sentenze e provvedimenti cautelari, anche relativi a posizioni processuali diverse da quella dell'imputato, con la conseguenza che il ricorso così formato non si sostanzia in una ragionata censura del provvedimento impugnato, ma si risolve in una generalizzata critica, che non permette al giudice di percepire con esattezza l'oggetto delle censure e si pone come fonte strumentale di successivi altri ricorsi straordinari.

Cass. pen. n. 8188/2018

In tema di ricorso per cassazione, ai fini della configurabilità del vizio di travisamento della prova dichiarativa è necessario che la relativa deduzione abbia un oggetto definito e inopinabile, tale da evidenziare la palese e non controvertibile difformità tra il senso intrinseco della dichiarazione e quello tratto dal giudice, con conseguente esclusione della rilevanza di presunti errori da questi commessi nella valutazione del significato probatorio della dichiarazione medesima.

Cass. pen. n. 3820/2018

In tema di ricorso per cassazione, qualora concorrano due cause di inammissibilità, di cui l'una concernente ragioni formali e l'altra ragioni contenutistiche, la prima prevale sulla seconda, atteso che solo un ricorso formalmente valido può essere scrutinato sotto il profilo del contenuto. (Fattispecie relativa alla declaratoria di inammissibilità, per irrituale presentazione nella cancelleria del giudice "a quo", di un ricorso inammissibile anche in quanto deducente un motivo non previsto dalla legge).

Cass. pen. n. 2757/2018

È inammissibile il ricorso per cassazione proposto per violazione di prescrizioni dettate da circolari amministrative, trattandosi di norme interne che, in quanto espressione della supremazia gerarchica di un ufficio rispetto a quelli, sottordinati, spiegano effetto soltanto nell'ambito dell'amministrazione, senza incidere nella sfera giuridica di soggetti estranei.

Cass. pen. n. 1927/2018

In tema di motivi di ricorso per cassazione e "doppia conforme", il vizio di travisamento della prova che sia stato puntualmente denunciato al giudice di appello, il quale abbia confermato la sentenza di primo grado omettendo l'esame del vizio censurato, può essere dedotto con il ricorso per cassazione, ai sensi dell'art. 606, comma 1, lett. e), cod. proc. pen..

Cass. pen. n. 54281/2017

In tema di ricorso per cassazione, ai fini dell'osservanza del principio di specificità in relazione alla prospettazione di vizi di motivazione e di travisamento dei fatti, è necessario che esso contenga la compiuta rappresentazione e dimostrazione di un'evidenza - pretermessa o infedelmente rappresentata dal giudicante - di per sé dotata di univoca, oggettiva ed immediata valenza esplicativa, in quanto in grado di disarticolare il costrutto argomentativo del provvedimento impugnato per l'intrinseca incompatibilità degli enunciati.

Cass. pen. n. 39746/2017

La mancata effettuazione di un accertamento peritale (nella specie sulla capacità a testimoniare di un minore vittima di violenza sessuale) non può costituire motivo di ricorso per cassazione ai sensi dell'art.606, comma 1, lett. d), cod. proc. pen., in quanto la perizia non può farsi rientrare nel concetto di prova decisiva, trattandosi di un mezzo di prova "neutro", sottratto alla disponibilità delle parti e rimesso alla discrezionalità del giudice, laddove l'articolo citato, attraverso il richiamo all'art. 495, comma 2, cod.proc.pen., si riferisce esclusivamente alle prove a discarico che abbiano carattere di decisività.

Cass. pen. n. 19218/2017

È ammissibile il ricorso per cassazione proposto dalla parte civile contro la sentenza di appello dichiarativa della nullità della sentenza di primo grado per difetto di correlazione tra imputazione e decisione, anche nel caso in cui, per effetto della prescrizione del reato maturata nel frattempo, sia precluso l'esercizio dell'azione civile nel processo penale, dovendosi, comunque, riconoscere la sussistenza di un interesse della parte civile alla eliminazione della sentenza, al fine di ottenere in sede penale una sentenza di merito dichiarativa della prescrizione. (In motivazione la Corte ha precisato che, in tale caso, sussiste sia un interesse mediato e formale, da spendersi nel processo penale ai sensi dell'art. 623, comma primo, lett. c), cod. proc. pen., sia un interesse finale ad ottenere la pronuncia di merito da parte del giudice di appello).

Cass. pen. n. 19207/2017

In tema di esclusione della punibilità per la particolare tenuità del fatto, la questione dell'applicabilità dell'art. 131-bis cod. pen. non può essere dedotta per la prima volta in cassazione, ostandovi il disposto di cui all'art. 606, comma terzo, cod. proc. pen., se il predetto articolo era già in vigore alla data della deliberazione della sentenza impugnata, né sul giudice di merito grava, in difetto di una specifica richiesta, alcun obbligo di pronunciare comunque sulla relativa causa di esclusione della punibilità. (Fattispecie relativa ad esercizio in forma ambulante, senza titolo abilitativo, dell'attività di raccolta e trasporto di rifiuti speciali non pericolosi prodotti da terzi).

Cass. pen. n. 18975/2017

Nell'ambito dei motivi di ricorso per cassazione, con riferimento all'ipotesi di cd. "doppia conforme", pur quando il giudice dell'impugnazione abbia preso in considerazione, per rispondere alle critiche contenute nei motivi di gravame, atti a contenuto probatorio non esaminati dal primo giudice, sussiste comunque la preclusione alla deducibilità del vizio di travisamento della prova di cui all'art. 606, comma primo, lett. e), cod. proc. pen., in relazione a quelle parti della sentenza che abbiano esaminato e valutato in modo conforme elementi istruttori, suscettibili di autonoma considerazione, comuni al primo ed al secondo grado di giudizio.

Cass. pen. n. 16610/2017

Non possono essere dedotte con il ricorso per cassazione questioni sulle quali il giudice di appello abbia correttamente omesso di pronunciare, perchè non devolute alla sua cognizione. (Fattispecie relativa a contravvenzioni edilizie e urbanistiche, nella quale il motivo con cui si contestava la costituzione di parte civile del danneggiato perchè effettuata mediante richiamo all'imputazione e senza dedurre il diritto soggettivo leso, è stato ritenuto inammissibile dalla S.C., in quanto davanti al giudice di appello la costituzione era stata impugnata invocando l'esclusiva legittimazione del Comune titolare dell'interesse di natura pubblicistica leso dalla condotta criminosa).

Cass. pen. n. 11519/2017

In tema di ricorso per cassazione, l'adempimento dell'onere di autosufficienza relativo a tale specifico mezzo di impugnazione non può costituire lo strumento per introdurre nel giudizio di legittimità aspetti in fatto non dedotti tempestivamente davanti ai giudici del merito. (Nella fattispecie - relativa a ricorso per cassazione avverso l'ordinanza del tribunale del riesame che aveva escluso la sussistenza, in capo all'indagata, del delitto di intestazione fittizia di fondi ex art. 12 quinquies L. n. 356 del 1992, essendo i trasferimenti oggetto di contestazione intercorsi tra conti già in titolarità dell'intestatario fittizio - la S.C. ha escluso che il ricorrente potesse introdurre elementi di fatto, concernenti operazioni effettuate su detti conti prima del periodo contemplato dall'incolpazione, anche solo attraverso il richiamo di documenti indicati nel ricorso).

Cass. pen. n. 4672/2017

La mancata assunzione di una prova decisiva - quale motivo di impugnazione per cassazione - può essere dedotta solo in relazione ai mezzi di prova di cui sia stata chiesta l'ammissione a norma dell'art. 495, secondo comma, cod. proc. pen., sicché il motivo non potrà essere validamente invocato nel caso in cui il mezzo di prova sia stato sollecitato dalla parte attraverso l'invito al giudice di merito ad avvalersi dei poteri discrezionali di integrazione probatoria di cui all'art. 507 cod. proc. pen. e da questi sia stato ritenuto non necessario ai fini della decisione.

Cass. pen. n. 52517/2016

La perizia non rientra nella categoria della "prova decisiva" ed il relativo provvedimento di diniego non è censurabile ai sensi dell'art. 606, comma primo, lett. d), cod. proc. pen., in quanto costituisce il risultato di un giudizio di fatto che, se sorretto da adeguata motivazione, è insindacabile in cassazione.

Cass. pen. n. 47575/2016

Il vizio di cui all'art. 606, comma primo, lett. b) cod. proc. pen. riguarda l'erronea interpretazione della legge penale sostanziale (ossia, la sua inosservanza), ovvero l'erronea applicazione della stessa al caso concreto (e, dunque, l'erronea qualificazione giuridica del fatto o la sussunzione del caso concreto sotto fattispecie astratta), e va tenuto distinto dalla deduzione di un'erronea applicazione della legge in ragione di una carente o contraddittoria ricostruzione della fattispecie concreta, denunciabile sotto l'aspetto del vizio di motivazione.

Cass. pen. n. 44784/2015

Avverso il provvedimento con il quale il giudice dell'esecuzione delibera su una richiesta di ammissione al pagamento del credito in favore del terzo titolare di una garanzia reale su un bene oggetto di confisca di prevenzione, può essere proposto ricorso per cassazione non solo per violazione di legge, ma anche per tutti i motivi previsti dall'art. 606, comma primo, cod. proc. pen., compresi quelli relativi alla motivazione del provvedimento impugnato.

Cass. pen. n. 33040/2015

Nella sentenza di patteggiamento l'illegalità sopraggiunta della pena - concordata sulla base dei parametri edittali dettati per le cosiddette "droghe leggere" dall'art. 73 d.P.R. 309/1990 come modificato dalla legge n. 49 del 2006, in vigore al momento del fatto ma dichiarato successivamente incostituzionale con la sentenza n. 32 del 2014 - determina la nullità dell'accordo e la Corte di cassazione deve annullare senza rinvio la sentenza basata su tale accordo.

Cass. pen. n. 13809/2015

In tema di motivi di ricorso per cassazione, non sono deducibili censure attinenti a vizi della motivazione diversi dalla sua mancanza, dalla sua manifesta illogicità, dalla sua contraddittorietà (intrinseca o con atto probatorio ignorato quando esistente, o affermato quando mancante), su aspetti essenziali ad imporre diversa conclusione del processo; per cui sono inammissibili tutte le doglianze che "attaccano" la persuasività, l'inadeguatezza, la mancanza di rigore o di puntualità, la stessa illogicità quando non manifesta, così come quelle che sollecitano una differente comparazione dei significati probatori da attribuire alle diverse prove o evidenziano ragioni in fatto per giungere a conclusioni differenti sui punti dell'attendibilità, della credibilità, dello spessore della valenza probatoria del singolo elemento.

Cass. pen. n. 12406/2015

È inammissibile il motivo di ricorso che sottopone al giudice di legittimità atti processuali per verificare l'adeguatezza dell'apprezzamento probatorio ad essi relativo compiuto dal giudice di merito ed ottenerne una diversa valutazione, perché lo stesso costituisce censura non riconducibile alle tipologie di vizi della motivazione tassativamente indicate dalla legge.

Cass. pen. n. 3207/2015

Nell'ipotesi in cui con il ricorso per cassazione si lamenti l'inutilizzabilità di un elemento a carico, il motivo di impugnazione deve illustrare, a pena di inammissibilità per aspecificità, l'incidenza dell'eventuale eliminazione del predetto elemento ai fini della cosiddetta "prova di resistenza", in quanto gli elementi di prova acquisiti illegittimamente diventano irrilevanti ed ininfluenti se, nonostante la loro espunzione, le residue risultanze risultino sufficienti a giustificare l'identico convincimento. (Fattispecie in tema di dichiarazione indiziante resa a funzionario Inps nell'ambito di attività ispettiva, in assenza delle garanzie di difesa previste dal codice di rito).

Cass. pen. n. 2261/2015

La mancata applicazione dell'indulto in sede di giudizio di cognizione, nel caso in cui non sia negato all'imputato il diritto di goderne ma sia invece rinviato, implicitamente o esplicitamente, alla sede esecutiva ogni provvedimento al riguardo, non determina alcuna nullità, né alcuna conseguenza negativa per il condannato, che potrà adire il giudice dell'esecuzione per conseguire il beneficio.

Cass. pen. n. 51253/2014

È inammissibile il motivo di ricorso per cassazione che, deducendo una eccezione di illegittimità costituzionale, si limita ad indicare solo le disposizioni di legge ritenute illegittime e gli articoli della Costituzione che si assumono violati, poichè, a norma dell'art. 581, lett. c), cod. proc. pen., i motivi di impugnazione debbono contenere l'indicazione specifica delle ragioni di diritto e degli elementi di fatto che sorreggono ogni richiesta.

Cass. pen. n. 50946/2014

Qualora il ricorso per cassazione sia ammesso esclusivamente per violazione di legge, va esclusa la sindacabilità del vizio di manifesta illogicità mentre è possibile denunciare il vizio della motivazione apparente, atteso che in tal caso si prospetta la violazione dell'art. 125 c.p.p., che impone l'obbligo della motivazione dei provvedimenti giurisdizionali. (Fattispecie in cui la Corte ha ritenuto applicabile il principio indicato rispetto al provvedimento applicativo della misura di prevenzione della sorveglianza speciale di pubblica sicurezza con obbligo di soggiorno nel comune di residenza).

Cass. pen. n. 38143/2014

È inammissibile il ricorso per cassazione proposto al solo fine di far valere la prescrizione intervenuta tra la lettura del dispositivo e il deposito della motivazione della sentenza e che risulti privo di qualsiasi doglianza idonea a confrontarsi con le ragioni poste a fondamento del provvedimento impugnato, trattandosi di gravame proposto in violazione del criterio di specificità dei motivi enunciato dall'art. 581 cod. proc. pen. e che esula dai casi in relazione ai quali può essere presentato a norma dell'art. 606 cod. proc. pen.

Cass. pen. n. 33451/2014

Nel procedimento di prevenzione il ricorso per cassazione è ammesso soltanto per violazione di legge, secondo il disposto dell'art. 4 legge 27 dicembre 1956, n. 1423, richiamato dall'art. 3 ter, secondo comma, legge 31 maggio 1965, n. 575; ne consegue che, in tema di sindacato sulla motivazione, è esclusa dal novero dei vizi deducibili in sede di legittimità l'ipotesi dell'illogicità manifesta di cui all'art. 606, lett. e), cod. proc. pen., potendosi esclusivamente denunciare con il ricorso, poiché qualificabile come violazione dell'obbligo di provvedere con decreto motivato imposto al giudice d'appello dal nono comma del predetto art. 4 legge n.1423 del 56, il caso di motivazione inesistente o meramente apparente. (In motivazione la Corte ha ribadito che non può essere proposta come vizio di motivazione mancante o apparente la deduzione di sottovalutazione di argomenti difensivi che, in realtà, siano stati presi in considerazione dal giudice o comunque risultino assorbiti dalle argomentazioni poste a fondamento del provvedimento impugnato).

Cass. pen. n. 18432/2014

Non è rilevabile d'ufficio in sede di giudizio di legittimità l'eccezione relativa alla violazione dell'art. 6 della Convenzione Europea dei Diritti Umani, - così come interpretato dalla sentenza della Corte Europea dei Diritti Umani del 5 luglio 2011 nel caso Dan/Moldavia -, per avere la sentenza di appello riformato la sentenza di assoluzione di primo grado senza nuova escussione dei testi, trattandosi censura riconducibile, con adattamenti, alla nozione di "vizio di violazione di legge" di cui all'art. 606, comma primo, lett. c) c.p.p., deducibile esclusivamente con il ricorso per cassazione, mediante illustrazione delle ragioni di fatto e di diritto a suo sostegno, a norma dell'art. 581 c.p.p..

Cass. pen. n. 5615/2014

Nell'ambito dei motivi di ricorso per cassazione, il vizio di travisamento della prova, previsto dall'art. 606, comma primo, lett. e), cod. proc. pen. può essere dedotto, nel caso di cosiddetta "doppia conforme" nell'ipotesi in cui il giudice di appello, per rispondere alle critiche contenute nei motivi di gravame, abbia richiamato dati probatori non esaminati dal primo giudice. (Fattispecie in cui era stata disposta perizia collegiale in grado di appello).

Cass. pen. n. 3560/2014

È inammissibile il motivo di ricorso per cassazione riferito alla mancanza di motivazione in ordine ad una questione non proposta con la richiesta di riesame cautelare depositata con riserva di motivi, né con la memoria presentata all'udienza camerale, essendo precluso in sede di legittimità l'esame di questioni delle quali il giudice dell'impugnazione cautelare non era stato investito.

Cass. pen. n. 1255/2014

La Corte di Cassazione che rilevi la fondatezza del ricorso con cui si lamenti l'illegale assunzione di una prova non deve procedere all'automatico annullamento della sentenza ma, invece, effettuare la cd. "prova di resistenza" e cioè valutare se gli elementi di prova acquisiti illegittimamente abbiano avuto un peso reale sulla decisione del giudice di merito, mediante il controllo della struttura della motivazione, al fine di stabilire se la scelta di una certa soluzione sarebbe stata la stessa senza l'utilizzazione di quegli elementi, per la presenza di altre prove ritenute sufficienti. (Fattispecie in cui la Corte, pur rilevando l'illegittima utilizzazione di dichiarazioni rese in contrasto con l'art. 63 cod. proc. pen. non ha proceduto all'annullamento, in quanto gli altri elementi di prova raccolti in sede di merito consentivano di non tener conto della dichiarazione inutilizzabile).

Cass. pen. n. 44765/2013

Il vizio di travisamento della prova può essere dedotto con il ricorso per cassazione, nel caso di cosiddetta "doppia conforme", sia nell'ipotesi in cui il giudice di appello, per rispondere alle critiche contenute nei motivi di gravame, abbia richiamato dati probatori non esaminati dal primo giudice, sia quando entrambi i giudici del merito siano incorsi nel medesimo travisamento delle risultanze probatorie acquisite in forma di tale macroscopica o manifesta evidenza da imporre, in termini inequivocabili, il riscontro della non corrispondenza delle motivazioni di entrambe le sentenze di merito rispetto al compendio probatorio acquisito nel contraddittorio delle parti.

Cass. pen. n. 35668/2013

In sede di legittimità, il controllo sulla motivazione della sentenza di non luogo a procedere, ex art. 606, comma primo, lett. d) o lett. e), c.p.p., non può avere per oggetto gli elementi acquisiti dal P.M., ma solo la giustificazione adottata dal giudice nel valutarli, e quindi la riconoscibilità del criterio prognostico adottato per escludere che l'accusa sia sostenibile in giudizio.

Cass. pen. n. 19498/2013

In tema di intercettazioni, qualora venga contestata l'attribuzione delle voci degli interlocutori, compiuto dal giudice di merito, la perizia fonica e l'ascolto in contraddittorio delle registrazioni non possono ricondursi al concetto di prove decisive richieste a norma dell'art. 495, comma secondo, c.p.p. di cui all'art. 606, comma primo, lett. d), c.p.p., poiché tale disposizione riguarda il diritto dell'imputato all'ammissione delle prove da lui dedotte a discarico sui fatti oggetto della prova a carico, mentre sia la perizia che il riascolto dei nastri costituirebbero non prove a discarico contrapposte a quelle di accusa, ma semplici mezzi, in sé neutri, di verifica ed interpretazione delle prove vere e proprie, rappresentate esclusivamente dalle registrazioni delle conversazioni.

Cass. pen. n. 8521/2013

n tema di impugnazioni, allorché sia dedotto, mediante ricorso per cassazione, un "error in procedendo" ai sensi dell'art. 606, comma primo, lett. c) c.p.p., la Corte di cassazione è giudice anche del fatto e, per risolvere la relativa questione, può accedere all'esame diretto degli atti processuali.

Cass. pen. n. 4875/2013

A norma dell'art. 606, comma primo, lett. e), c.p.p. i vizi di legittimità del provvedimento sono sempre interni ad esso, con la conseguenza che non hanno alcun rilievo, sotto il profilo del vizio di motivazione o di qualsiasi altro tipizzato profilo di ricorso di legittimità ex art. 606 c.p.p., la disparità di trattamento o il contrasto di giudizi con altro caso più o meno analogo.

Cass. pen. n. 44992/2012

È inammissibile il ricorso per cassazione che, offrendo al giudice di legittimità frammenti probatori o indiziari, solleciti quest'ultimo ad una rivalutazione o ad una diretta interpretazione degli stessi, anziché al controllo sulle modalità con le quali tali elementi sono stati raccolti e sulla coerenza logica della interpretazione che ne è stata fornita.

Cass. pen. n. 43526/2012

La ricognizione personale non rientra nella categoria della prova decisiva di cui all'art. 606, comma primo, lett. d), c.p.p., perché è una prova aperta ad ogni esito e pertanto non le si può riconoscere preventivamente un'efficacia decisiva, ossia la capacità di contrastare le acquisizioni processuali contrarie, elidendone l'efficacia e provocando una decisione contraria.

Cass. pen. n. 42950/2012

Il giudice di legittimità può rilevare d'ufficio la prescrizione del reato maturata prima della pronunzia della sentenza impugnata e non rilevata dal giudice d'appello, pur se non dedotta con il ricorso e nonostante i motivi dello stesso vengano ritenuti inammissibili.

Cass. pen. n. 12464/2010

L'obbligo di motivazione dei provvedimenti giudiziari non può ritenersi assolto mediante il mero rinvio, anche se puntuale, agli atti del procedimento, quando questi ultimi non abbiano un contenuto essenzialmente descrittivo o ricostruttivo della realtà oggetto di condivisione, ma siano costituiti da documenti complessi e contenenti aspetti valutativi. (In motivazione la Corte ha ulteriormente affermato che il vizio di motivazione carente è ravvisabile, a maggior ragione, quando la decisione riformi o modifichi precedenti decisioni assunte dallo stesso organo o da altro organo giudiziario).

Cass. pen. n. 42860/2009

Non è sindacabile in sede di legittimità l'utilizzo, da parte del giudice di merito, a sostegno del suo convincimento, di massime di esperienza, a condizione che esse siano realmente tali, in quanto fondate sul richiamo all'«id quod plerumque accidit», e non si traducano invece in semplici congetture, insuscettibili, come tali, di verifica empirica e, quindi, di dimostrazione, fermo restando che all'indicazione della massima di esperienza deve comunque accompagnarsi l'esternazione del canone logico adoperato dal giudice, così da consentire alla parte il controllo proprio sulla logicità e coerenza della motivazione, di cui può riconoscersi la sussistenza quando gli elementi in essa valorizzati, ancorché possano risultare, isolatamente considerati, polidesignanti, assumano, nel loro insieme, carattere di univocità, siccome confluenti in una ricostruzione unitaria del fatto da dimostrare che precluda qualsiasi ricostruzione alternativa che possa avere carattere di verosimiglianza.

Cass. pen. n. 28570/2009

Qualora il giudice di merito abbia erroneamente omesso di dichiarare la già maturata prescrizione del reato, tale errore può essere validamente denunciato con ricorso per cassazione, per quanto quest'ultimo sia, sotto altri profili, inammissibile.

Cass. pen. n. 23868/2009

In tema di ricorso per cassazione, è onere della parte che eccepisce l'inutilizzabilità di atti processuali indicare, pena l'inammissibilità del ricorso per genericità del motivo, gli atti specificamente affetti dal vizio e chiarirne altresì la incidenza sul complessivo compendio indiziario già valutato, sì da potersene inferire la decisività in riferimento al provvedimento impugnato. (Fattispecie relativa ad atti asseritamente compiuti dopo la scadenza del termine di durata delle indagini preliminari).

Cass. pen. n. 19710/2009

Il vizio del travisamento della prova, per utilizzazione di un'informazione inesistente nel materiale processuale o per omessa valutazione di una prova decisiva, può essere dedotto con il ricorso per cassazione quando la decisione impugnata abbia riformato quella di primo grado, non potendo, nel caso di cosiddetta "doppia conforme", essere superato il limite costituito dal "devolutum" con recuperi in sede di legittimità, salvo il caso in cui il giudice d'appello, per rispondere alle critiche contenute nei motivi di gravame, abbia richiamato dati probatori non esaminati dal primo giudice.

Cass. pen. n. 14525/2009

In tema di patteggiamento, pur dovendosi ribadire il principio secondo cui può costituire motivo di ricorso per cassazione la errata qualificazione giuridica del fatto, devesi tuttavia rtienere che tale possibilità sia limitata ai soli casi di errore manifesto o di palese incongruità e che, inoltre, trattandosi di ricorso proposto dall'imputato, esso debba essere sostenuto da un riconoscibile, concreto interesse. (Nella specie, in applicazione di tale principio, la Corte ha rigettato il ricorso per cassazione proposto dall'imputato secondo cui il fatto a questi addebitato sarebbe stato erroneamente qualificato come furto aggravato da destrezza, osservando che, a parte la non assoluta insostenibilità di tale qualificazione, sarebbe stata comunque configurabile, in luogo di detta aggravante, quella del mezzo fraudolento).

Cass. pen. n. 9857/2009

L'ordinanza del G.i.p., che a norma dell'art. 263, comma quinto, c.p.p., provvede sull'opposizione degli interessati avverso il decreto del P.M. di rigetto della richiesta di restituzione delle "cose" in sequestro o di rilascio di copie autentiche di documenti, è ricorribile per cassazione per tutti i motivi indicati dall'art. 606, comma primo, c.p.p..

Cass. pen. n. 38947/2008

Nel procedimento di esecuzione non è deducibile il vizio di mancata assunzione di una prova decisiva ai sensi dell'art. 606 comma primo lett. d ) c.p.p., previsto soltanto per il giudizio dibattimentale e non anche per i procedimenti che si svolgono con il rito della camera di consiglio.

Cass. pen. n. 37173/2008

La mancata acquisizione di una prova può essere dedotta in sede di legittimità, a norma dell'art. 606, comma primo, lett. d ), c.p.p., quando si tratta di una «prova decisiva » ossia di un elemento probatorio suscettibile di determinare una decisione del tutto diversa da quella assunta, ma non quando i risultati che la parte si propone di ottenere possono condurre confrontati con le altre ragioni poste a sostegno della decisione solo ad una diversa valutazione degli elementi legittimamente acquisiti nell'ambito dell'istruttoria dibattimentale. (Fattispecie in cui, a fronte di una prova già acquisita mediante accertamento peritale, si è ritenuta priva del carattere di decisività la deduzione della testimonianza della persona offesa, al fine di metterla a confronto con l'imputato ).

Cass. pen. n. 35889/2008

In tema di ricorso per cassazione, il principio secondo cui non sono proponibili questioni coinvolgenti valutazioni mai prima sollevate, trova applicazione anche nel caso di ricorso avverso ordinanza del tribunale del riesame in tema di misura cautelare reale.

Cass. pen. n. 35346/2008

Sussiste il vizio di motivazione, sindacabile ai sensi dell'art. 606, comma primo, lett. e ), c.p.p., quando il giudice del gravame si limita a respingere i motivi d'impugnazione specificamente proposti dall'appellante e a richiamare la contestata motivazione del giudice di primo grado in termini apodittici o meramente ripetitivi, senza farsi carico di argomentare sull'inconsistenza ovvero sulla non pertinenza delle relative censure.

Cass. pen. n. 34643/2008

Non è configurabile il vizio di cui all'art. 606, lett. e ) c.p.p. in relazione alla contraddittorietà della motivazione rispetto a sentenza diversa da quella impugnata.

Cass. pen. n. 10332/2008

In tema di giudizio immediato disposto a seguito di opposizione al decreto penale di condanna, è abnorme, e come tale impugnabile mediante ricorso per cassazione, il provvedimento con il quale il giudice, a seguito della dichiarazione di apertura del dibattimento, ordina la restituzione degli atti al P.M. dopo aver disposto l'espunzione della querela dal fascicolo per il dibattimento ed il suo contestuale inserimento nel fascicolo del P.M.

Cass. pen. n. 35683/2007

Le modifiche apportate dall'art. 8 L. 20 febbraio 2006, n. 46 non hanno mutato la natura del giudizio di cassazione, che rimane un giudizio di legittimità. Ne consegue che gli « altri atti del processo specificamente indicati nei motivi di gravame» menzionati ora dall'art. 606, comma primo, lett. e), c.p.p., non possono che essere quelli concernenti fatti decisivi che, se convenientemente valutati anche in relazione all'intero contesto probatorio, avrebbero potuto determinare una soluzione diversa da quella adottata, rimanendo esclusa la possibilità che la verifica sulla correttezza e completezza della motivazione si tramuti in una nuova valutazione delle risultanze acquisite, da contrapporre a quella effettuata dal giudice di merito.

Cass. pen. n. 35375/2007

Il ricorso per cassazione può avere ad oggetto anche soltanto l'eccezione di illegittimità costituzionale della disposizione applicata dal giudice di merito perché implica comunque una censura di violazione di legge riferita all'impugnata sentenza, sempre che sussista la rilevanza della questione, nel senso che dall'invocata dichiarazione di illegittimità consegua una pronuncia favorevole per il ricorrente in termini di annullamento, in tutto o in parte, della sentenza. (Fattispecie nella quale il ricorso, con cui si eccepiva unicamente l'illegittimità costituzionale della normativa sul condono edilizio in relazione alla inapplicabilità alle ipotesi di demolizione del manufatto abusivo, è stato dichiarato inammissibile, versandosi in caso di opera comunque non condonabile).

Cass. pen. n. 20529/2007

Il ricorso dell'imputato contro il provvedimento di riesame da lui richiesto non può dedurre questione di motivazione su un punto specifico della motivazione dell'ordinanza, che ha disposto l'applicazione della misura confermata, se non l'abbia già proposta in sede di riesame. (Mass. redaz.). .

Cass. pen. n. 16632/2007

Il giudice non può trasmettere gli atti al pubblico ministero sul rilievo che il fatto è diverso da quello contestato e nello stesso tempo assolvere l'imputato da quest'ultimo perché il successivo giudizio incorrerebbe nella preclusione del giudicato: i due provvedimenti così contestualmente emessi realizzano ipotesi di atti abnormi, stante l'intera contraddizione degli stessi e dei loro effetti.

Cass. pen. n. 16532/2007

Il controllo della Corte di cassazione sui vizi di motivazione della sentenza di merito, sotto il profilo della manifesta illogicità, non può estendersi al sindacato sulla scelta delle massime di esperienza del quale il giudice abbia fatto uso nella ricostruzione del fatto, purché la valutazione delle risultanze processuali sia stata compiuta secondo corretti criteri di metodo e con l'osservanza dei canoni logici che presiedono alla forma del ragionamento, e la motivazione fornisca una spiegazione plausibile e logicamente corretta delle scelte operate. Ne consegue che la doglianza di illogicità può essere proposta quando il ragionamento non si fondi realmente su una massima di esperienza - cioè su un giudizio ipotetico a contenuto generale, indipendente dal caso concreto, fondato su ripetute esperienze ma autonomo da esse, e valevole per nuovi casi - e valorizzi piuttosto una congettura, cioè una ipotesi non fondata sullo id quod plerumque accidit insuscettibile di verifica empirica, od anche una pretesa regola generale che risulti priva, però, di qualunque e pur minima plausibilità. (In applicazione di tale principio, la Corte ha censurato l'assunto secondo cui costituisce massima di esperienza conforme al principio di saggezza popolare del «tentar non nuoce» che un avvocato generalmente solleciti i pubblici dipendenti delle cancellerie per ottenere notizie coperte dal segreto d'ufficio).

Cass. pen. n. 4675/2007

In tema di rinnovazione dell'istruzione dibattimentale nel giudizio di appello, solo nel caso di prove sopravvenute o scoperte dopo la sentenza di primo grado (art. 603, comma secondo, c.p.p.), la mancata assunzione può costituire violazione dell'art. 606, comma primo, lett. d), c.p.p., mentre, negli altri casi previsti (commi primo e terzo dell'art. 603), il vizio deducibile in sede di legittimità è quello attinente alla motivazione previsto dalla lett. e) del medesimo art. 606.

Cass. pen. n. 42369/2006

In tema di giudizio di cassazione, pur dopo la novella codicistica operata dalla L. n. 46 del 2006, che consente di denunciare i vizi di motivazione con riferimento ad «altri atti del processo» alla Corte di cassazione restano precluse la rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione impugnata e l'autonoma adozione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione e valutazione dei fatti, ritenuti maggiormente plausibili o dotati di una migliore capacità esplicativa, dovendosi essa limitare al controllo se la motivazione dei giudici del merito sia intrinsecamente razionale e capace di rappresentare e spiegare l'iter logico seguito.

Cass. pen. n. 42353/2006

In tema di motivi di ricorso per cassazione, la novella dell'art. 606, comma primo, lett. e) c.p.p., ad opera della L. n. 46 del 2006, consente la deduzione del vizio di travisamento della prova, per utilizzazione di un'informazione rilevante che non esiste nel processo o per omessa valutazione di una prova decisiva, che può essere fatto valere nell'ipotesi di doppia pronuncia conforme nel solo caso in cui il giudice di appello, al fine di rispondere alle censure contenute nell'atto di impugnazione, abbia richiamato atti a contenuto probatorio non esaminati dal primo giudice, ostandovi altrimenti il limite del devolutum che non può essere superato ipotizzando recuperi in sede di legittimità

Cass. pen. n. 39843/2006

La modifica dell'art. 606, comma primo, lett. e), c.p.p., operata dall'art. 8 della legge 20 febbraio 2006 n. 46, per la quale il vizio di motivazione può essere dedotto non solo quando risulti dal testo del provvedimento impugnato, ma altresì da altri atti del processo specificamente indicati, va interpretata come relativa soltanto agli atti dai quali derivi un obbligo di pronuncia che si assume violato dal giudice di merito.

Cass. pen. n. 39731/2006

Il nuovo testo dell'articolo 606, comma 1, lettera e), del c.p.p., come modificato dalla legge 20 febbraio 2006, n. 46, che ha «attratto» nell'area del vizio di motivazione la «contraddittorietà» della stessa, ha ampliato l'orizzonte conoscitivo cui il giudice di legittimità può riferirsi per operare la verifica circa la sussistenza del vizio, sì da ricomprendervi, oltre «il testo del provvedimento impugnato», anche «gli altri atti del processo specificamente indicati nei motivi di gravame», e consente ora il sindacato sul cosiddetto travisamento del fatto, che in precedenza era rimasto escluso dal sindacato di legittimità proprio perché presupponente verifiche comparative esorbitanti rispetto al testo del provvedimento impugnato. In questa prospettiva, proprio per consentire il sindacato del giudice di legittimità e, quindi, perché possa rilevarsi l'eventuale «contraddittorietà» della motivazione, occorre che siano dedotti in cassazione - indicando specificamente nei motivi di ricorso la genesi ex actis - i dati di fatto emergenti dagli atti processuali che il giudice di merito ha omesso di considerare, incorrendo in un errore di giudizio.

Cass. pen. n. 39413/2006

Una volta proposto ricorso per cassazione per mancanza o manifesta illogicità della motivazione della sentenza ai sensi dell'art. 606, comma primo, lett. e), c.p.p. nella sua versione antecedente alle modifiche introdotte con l'art. 8 L. 20 febbraio 2006 n. 46, i motivi già dedotti a sostegno di esso non possono essere fatti valere sic et simpliciter sotto forma di motivi nuovi, anche a supporto della pretesa contraddittorietà della stessa motivazione, mediante la mera elencazione, in relazione a ciascuna censura, degli atti processuali con cui contrasterebbe la decisione impugnata, in quanto dalla connotazione di specificità dell'indicazione gravante sul ricorrente discende per lui l'onere di rappresentare anche la decisività dell'informazione probatoria, e cioè la sua idoneità a minare dalle radici la struttura logica del ragionamento del giudice, sì che essa, ove considerata o correttamente apprezzata, ne avrebbe orientato il convincimento in tutt'altra direzione, giustificando soluzioni alternative a quella prescelta.

Cass. pen. n. 38788/2006

Nell'ambito dei motivi di ricorso per cassazione, i vizi di travisamento della prova, consistenti nell'utilizzazione di un'informazione rilevante ma inesistente e nell'omessa valutazione di una prova decisiva, introdotti dalla novella codicistica della L. n. 46 del 2006, possono essere fatti valere nel caso in cui la decisione impugnata sia difforme da quella di primo grado, perché in caso di c.d. «doppia conforme» il limite del «devolutum» non può essere valicato, salvo il caso in cui il giudice dell'impugnazione, per superare le critiche mosse al provvedimento di primo grado, abbia individuato atti a contenuto probatorio mai prima presi in esame, ovvero dei quali abbia dato una diversa lettura.

Cass. pen. n. 37270/2006

In tema di motivi del ricorso per cassazione, il vizio della manifesta illogicità, anche alla luce della novella codicistica introdotta con la L. n. 46 del 2006, deve risultare, per essere rilevante, dal testo del provvedimento impugnato, sicché grava sul ricorrente l'onere di dimostrare che l'iter argomentativo della decisione impugnata è assolutamente carente sul piano logico, a nulla peraltro rilevando eventuali altre letture del materiale probatorio, pur egualmente corrette sul piano logico.

Cass. pen. n. 37030/2006

In tema di motivi di ricorso per cassazione, la rilevazione del vizio della contraddittorietà della motivazione, introdotto dalla novella codicistica della L. n. 46 del 2006, onera il ricorrente della specifica indicazione dei dati di fatto, e degli atti processuali dai quali emergono, che il giudice del merito ha omesso di considerare.

Cass. pen. n. 37006/2006

In tema di motivi di ricorso per cassazione, la novella codicistica introdotta con la L. n. 46 del 2006, ammettendo l'indagine extratestuale per la rilevazione dell'illogicità e della contraddittorietà della motivazione, non ha modificato la natura del sindacato della Corte di cassazione, il cui controllo rimane limitato alla struttura del discorso giustificativo del provvedimento impugnato e non può comportare una diversa lettura del materiale probatorio, anche se plausibile, sicché, per la rilevazione dei vizi della motivazione, occorre che gli elementi probatori indicati in ricorso siano decisivi e dotati di una forza esplicativa tale da vanificare l'intero ragionamento del giudice del merito.

Cass. pen. n. 36773/2006

La novella dell'art. 606, comma primo, lett. e) c.p.p. ad opera dell'art. 8 L. n. 46 del 2006, con la previsione che il vizio della motivazione può essere dedotto quando risulti anche da altri atti del processo, non ha fatto venire meno il limite della testualità del vizio, che è diretta conseguenza dell'ambito di cognizione della Corte di cassazione, il cui controllo è limitato alla motivazione e non si estende alla giustificazione, sicché essa va letta con riguardo soltanto agli atti dai quali derivi un obbligo di pronuncia che si assuma violato dal giudice del merito, come ad esempio la richiesta di una circostanza attenuante o della sostituzione della pena detentiva. (La Corte precisa che il vizio derivante dal fatto che il giudice del merito si sia giovato di una prova inesistente o abbia erroneamente negato l'esistenza stessa di un atto probatorio, vizio di c.d. travisamento della prova, non attiene alla motivazione e può essere fatto valere nel giudizio di legittimità come error in procedendo a norma dell'art. 606, comma primo, lett. c) c.p.p., rispetto al quale la Corte è giudice anche del fatto, potendo così accedere al fascicolo delle prove).

Cass. pen. n. 36546/2006

In tema di motivi di ricorso per cassazione, pur dopo la novella codicistica introdotta con la L. n. 46 del 2006, non hanno rilevanza le censure che si limitino ad offrire una lettura alternativa delle risultanze probatorie, dal momento che il sindacato della Corte di cassazione si risolve pur sempre in un giudizio di mera legittimità.

Cass. pen. n. 35964/2006

A seguito della riforma dell'art. 606, comma primo, lett. e) c.p.p., il vizio di omessa motivazione può essere dedotto solo quando il giudice di merito ha ingiustificatamente negato l'ingresso nella sua decisione ad un elemento di prova, risultante dagli atti processuali, dotato di efficacia scardinante dell'impianto motivazionale, non invece quando il giudice di merito ha dato, coerentemente ed esaustivamente, una valutazione degli elementi di prova diversa da quella prospettata dal ricorrente. Parimenti, l'illogicità manifesta e la contraddittorietà della motivazione sussistono quando gli altri atti del processo, specificamente indicati nel gravame, inficiano radicalmente, dal punto di vista logico, l'intero apparato motivazionale e non invece quando sono stati coerentemente ed adeguatamente valutati nel provvedimento di merito, seppure in modo diverso rispetto alla tesi prospettata.

Cass. pen. n. 35495/2006

La valutazione dei precedenti penali basata su un certificato penale non aggiornato e non corrispondente alla situazione reale costituisce un'ipotesi di travisamento del fatto risultante da atti specificamente indicati nei motivi di gravame che rientra pertanto nella previsione di cui all'art. 606 comma primo lett. e) c.p.p., nel testo introdotto dalla legge n. 46 del 2006. (La Corte ha peraltro precisato che il certificato penale aggiornato non può essere considerato «nuovo documento» e la sua acquisizione rientra tra i poteri attribuiti al giudice anche nel giudizio di legittimità).

Cass. pen. n. 35194/2006

Nell'ambito dei motivi di ricorso per cassazione, il vizio di travisamento della prova, introdotto con la novella dell'art. 606, comma primo, lett. e), c.p.p. ad opera della L., n. 46 del 2006 e consistente nell'utilizzazione, ai fini della decisione, di un'informazione ritenuta decisiva e che invero non esiste agli atti del processo, e nell'omissione della valutazione di una prova parimenti decisiva, può essere fatto valere nel caso in cui l'impugnata decisione abbia riformato la sentenza di primo grado, perché in caso di c.d. doppia conforme il limite del devolutum non può essere valicato, salva l'ipotesi in cui il giudice dell'impugnazione, per superare le critiche mosse al provvedimento di primo grado, abbia individuato atti a contenuto probatorio mai prima presi in esame.

Cass. pen. n. 34698/2006

La novella dell'art. 606, comma primo lett. e), c.p.p. ad opera della L. n. 46 del 2006, che consente, per la deduzione dei vizi della motivazione, il riferimento anche ad altri atti del processo, pone a carico del ricorrente l'onere di specifica indicazione di tali atti, che si aggiunge all'onere di specifica indicazione nei motivi di impugnazione delle ragioni di diritto e degli elementi di fatto che sorreggono la richiesta.

Cass. pen. n. 33596/2006

Nell'ambito della novella introdotta con la L. n. 46 del 2006, che ha reso inappellabili le sentenze di proscioglimento, la disciplina transitoria della citata legge, che ne prevede l'applicazione ai procedimenti in corso, trova un limite nell'eventuale, precedente, definizione della fase processuale rilevante. (Fattispecie in cui, al momento dell'entrata in vigore della legge n. 46 del 2006, era già stato definito il giudizio di rinvio disposto per l'annullamento della sentenza di condanna in grado di appello pronunciata previa impugnazione, ad opera del procuratore generale, della sentenza di proscioglimento di primo grado).

Cass. pen. n. 32578/2006

Per dimostrare la sussistenza del vizio logico-giuridico di cui all'art. 606 lett. e) c.p.p., come novellato dall'art. 8 della legge 20 febbraio 2006 n. 46, occorre identificare l'atto processuale cui si fa riferimento, individuare l'elemento fattuale o il dato probatorio che emerge da tale atto e che risulta incompatibile con la ricostruzione adottata dalla sentenza impugnata, fornire la prova della verità dell'elemento fattuale o del dato probatorio invocato, indicare le ragioni per le quali l'atto compromette, in modo decisivo, la tenuta logica della motivazione, introducendo quei profili di radicale incompatibilità del provvedimento impugnato legittimanti l'accoglimento del ricorso.

Cass. pen. n. 31980/2006

La novella dell'art. 606, comma primo, lett. e) c.p.p., ad opera della legge n. 46 del 2006, nella parte in cui consente, per la deduzione dei vizi della motivazione, il riferimento anche a specifici atti del processo, non ha mutato la natura del giudizio di cassazione, che ha ad oggetto la verifica se il giudice del merito abbia trascurato di prendere in esame fatti decisivi ai fini del giudizio, e quindi fatti che, se convenientemente valutati, avrebbero potuto determinare una soluzione diversa, e se abbia svolto un concreto apprezzamento delle risultanze processuali, restando pur sempre escluse dall'ambito del controllo di legittimità non soltanto le deduzioni circa l'interpretazione e la specifica consistenza degli elementi di prova, ma anche le incongruenze logiche che non siano assolutamente incompatibili con le conclusioni adottate dal giudice del merito in altri passaggi argomentativi.

La novella dell'art. 606, comma primo, lett. e) c.p.p. ad opera della L. n. 46 del 2006, nella parte in cui consente, per la deduzione dei vizi della motivazione, il riferimento ad altri atti del processo, pone in capo al ricorrente l'onere di specifica indicazione degli atti ritenuti rilevanti, che può avvenire nelle forme più diverse, purché tali da non costringere la Corte di cassazione ad una lettura totale degli atti.

Cass. pen. n. 31978/2006

La novella dell'art. 606, comma primo, lett. e), c.p.p. ad opera dell'art. 8 legge n. 46 del 2006, nella parte in cui consente la deduzione del vizio di motivazione sulla base anche di «altri atti del processo specificamente indicati nei motivi di gravame», non ha mutato la natura del giudizio di cassazione, che rimane pur sempre un giudizio di legittimità, per cui il riferimento non può che essere agli atti concernenti fatti decisivi, che avrebbero potuto determinare una soluzione diversa da quella adottata, se convenientemente valutati in relazione all'intero contesto probatorio. (La Corte precisa che nel giudizio di legittimità rimane comunque esclusa la possibilità di una nuova valutazione delle risultanze acquisite, da contrapporre a quella effettuata dal giudice di merito).

Cass. pen. n. 30711/2006

La novella dell'art. 606, comma primo, lett. e) c.p.p. ad opera della L. n. 46 del 2006, nella parte in cui consente, per la deduzione dei vizi della motivazione, il riferimento ad altri atti del processo, non ha introdotto l'ulteriore ipotesi patologica del travisamento della prova, ma ha solamente ampliato il novero degli atti utilizzabili per il controllo della motivazione, ponendo a carico del ricorrente l'onere di specifica indicazione di tali atti e di illustrazione della necessità del loro esame ai fini della decisione, ovvero, per il caso in cui l'esame sia stato compiuto, della manifesta illogicità o contraddittorietà del risultato raggiunto.

Cass. pen. n. 30440/2006

La riforma dell'art. 606, primo comma, lett. e) c.p.p., con la previsione che il vizio di motivazione può essere dedotto con riferimento agli «altri atti del processo specificamente indicati» nei motivi di ricorso, attribuisce alla Cassazione il potere di verificare l'eventuale «travisamento della prova» che si configura quando il giudice del merito ha utilizzato una prova inesistente o quando ha presupposto come esistente una prova mai assunta.

Cass. pen. n. 30057/2006

A seguito della novella all'art. 606, comma primo lett. e), c.p.p., introdotta dall'art. 8 della L. n. 46 del 2006, in tema di vizio di motivazione deducibile in sede di legittimità, la previsione della contraddittorietà della motivazione, che si aggiunge alla mancanza o manifesta illogicità della stessa, può essere rilevata ancorché non manifesta, atteso che l'aggettivazione di «manifesta» risulta riferita alla sola illogicità.

Cass. pen. n. 29884/2006

Nell'ambito della riforma dei motivi di ricorso per cassazione, introdotta dalla legge n. 46 del 2006, allorché l'imputato abbia proposto ricorso per mancanza o manifesta illogicità della motivazione, stante il conseguente diritto di dedurre motivi nuovi entro trenta giorni dall'entrata in vigore della citata legge onde denunciare vizi di motivazione risultanti da atti processuali specificamente indicati, si determina l'obbligo per la Corte di cassazione di sospendere il processo dal 9 marzo 2006 all'8 aprile 2006, anche in mancanza di una espressa disposizione in tal senso, con conseguente sospensione del corso della prescrizione.

Cass. pen. n. 27518/2006

Il vizio della motivazione deducibile in cassazione ai sensi del testo novellato dell'art. 606 lett. e) c.p.p. può essere desunto non solo dal testo del provvedimento impugnato ma anche da altri atti del processo specificamente indicati, con la conseguenza che assume rilievo il travisamento della prova, da ritenersi configurato quando si introduce nella motivazione una informazione rilevante che non esiste nel processo o quando si omette la valutazione di una prova decisiva ai fini della pronuncia. (In motivazione la Corte ha specificato che, oltre alla necessità che, nel ricorso, vi sia la indicazione specifica degli atti contenenti la prova travisata, occorre che il dato travisato abbia il carattere della decisività in quanto è inibita alla Cassazione una rivalutazione complessiva delle prove).

Cass. pen. n. 27429/2006

Anche a seguito della modifica apportata all'art. 606 lett. e) c.p.p. dalla L. n. 46 del 2006, resta non deducibile nel giudizio di legittimità il «travisamento del fatto» poiché alla Cassazione sono tuttora precluse — in sede di controllo sulla motivazione — la rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione o l'autonoma adozione di diversi criteri di ricostruzione dei fatti.

Cass. pen. n. 25117/2006

La novella dell'art. 606. lett. e) c.p.p. ad opera dell'art. 8 legge n. 46 del 2006, con la previsione del riferimento agli «altri atti del processo specificamente indicati nei motivi di gravame» per la deduzione dei vizi della motivazione, ha eliminato la preclusione all'esame degli atti processuali e consente di verificare, fermo restando il divieto di rilettura e reinterpretazione nel merito dell'elemento di prova, la conformità allo specifico atto del processo, rilevante e decisivo, della rappresentazione che di esso dà la motivazione del provvedimento impugnato.

Cass. pen. n. 24443/2006

In tema di motivi di ricorso per cassazione, dopo la novella dell'art. 606 c.p.p. ad opera della L. n. 46 del 2006, la previsione della deduzione del vizio di motivazione, che risulti da atti del processo specificamente indicati, va intesa in riferimento esclusivo agli atti dai quali deriva un obbligo di pronuncia che si assume violato dal giudice del merito, come ad esempio la richiesta di una circostanza attenuante o della sostituzione della pena detentiva, giacché il divieto per la Corte di cassazione di accesso agli atti istruttori è la conseguenza di un limite posto alla sua cognizione, che non può dirsi osservato mediante la trascrizione in ricorso dei verbali di prova. (La Corte precisa che, per poter stabilire se una prova non considerata dal giudice del merito abbia effettivamente un significato probatorio pregnante, occorre comunque una valutazione di tutto il materiale probatorio disponibile che è rimessa esclusivamente al giudice del merito).

Cass. pen. n. 23781/2006

La deduzione del vizio di motivazione dopo la novella dell'art. 606, comma primo lett. e), c.p.p. ad opera della legge n. 46 del 2006, che ha introdotto la possibilità che sia denunciato il contrasto con «atti del processo specificamente indicati nei motivi di gravame» comporta l'onere di indicazione dell'atto da cui risulta il vizio denunciato, di individuazione dell'elemento di fatto o del dato di prova che dall'atto emerge e che è incompatibile con la ricostruzione operata dal provvedimento impugnato, di dimostrazione della corrispondenza al vero di tale elemento o dato, dell'indicazione delle ragioni per le quali tale dato, ignorato dal giudice, è decisivo per la tenuta logica della motivazione ed è capace di mettere in crisi, disarticolandolo, l'intero impianto argomentativo.

Cass. pen. n. 23757/2006

In tema di motivi di ricorso per cassazione, dopo la novella dell'art. 606 c.p.p. ad opera della L. n. 46 del 2006, la previsione della deduzione del vizio di motivazione, che risulti da atti del processo specificamente indicati, va intesa in riferimento esclusivo agli atti dai quali deriva un obbligo di pronuncia che si assume violato dal giudice del merito, come ad esempio la richiesta di una circostanza attenuante o della sostituzione della pena detentiva, giacchè il divieto per la Corte di cassazione di accesso agli atti istruttori è la conseguenza di un limite posto alla sua cognizione, che non può dirsi osservato mediante la trascrizione in ricorso dei verbali di prova. (La Corte precisa che, per poter stabilire se una prova non considerata dal giudice del merito abbia effettivamente un significato probatorio pregnante, occorre comunque una valutazione di tutto il materiale probatorio disponibile che è rimessa esclusivamente al giudice del merito).

Cass. pen. n. 23528/2006

Il controllo del giudice di legittimità sui vizi della motivazione, pur dopo la novella dell'art. 606, comma primo lett. e) c.p.p., ad opera della legge n. 46 del 2006, che ha introdotto il riferimento ad «altri atti del processo» specificamente indicati e rappresentati nei motivi di ricorso, attiene pur sempre alla coerenza strutturale della decisione, di cui saggia la oggettiva «tenuta» sotto il profilo logico-argomentativo e, per mezzo di esso, anche l'accettabilità da parte di un pubblico composto da lettori razionali del provvedimento e da osservatori disinteressati della vicenda processuale, restando preclusa la rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione o l'autonoma adozione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione e valutazione dei fatti.

Cass. pen. n. 23524/2006

La deduzione del vizio di motivazione alla luce del nuovo testo dell'art. 606, comma primo lett. e), c.p.p. come novellato dalla L. n. 46 del 2006, che fa riferimento alla possibilità che il ricorrente denunci il contrasto con «atti del processo specificamente indicati nei motivi di gravame» comporta l'onere per quest'ultimo di identificare l'atto processuale di riferimento, di individuare l'elemento fattuale o il dato probatorio che da tale atto emerge e che è incompatibile con la ricostruzione operata in sentenza, di dare la prova della verità dell'elemento fattuale o del dato probatorio invocato nonché dell'effettiva sussistenza dell'atto processuale su cui tale prova si fonda, di indicare le ragioni per cui l'atto inficia o compromette, in modo decisivo, la tenuta logica e l'interna coerenza della motivazione e immette profili di radicale incompatibilità all'interno dell'impianto argomentativo del provvedimento impugnato.

Cass. pen. n. 22257/2006

In tema di motivi di ricorso per cassazione, la previsione dell'art. 606, comma primo, lett. e) c.p.p., nel testo novellato ad opera dalla legge n. 46 del 2006, nel fare riferimento — ai fini della deduzione del vizio di motivazione — ad atti del processo che devono essere specificamente indicati dal ricorrente detta una previsione aggiuntiva ed ulteriore rispetto a quella contenuta nell'art. 581, comma primo, lett. c), per la quale nell'atto di impugnazione sono indicati i motivi con l'indicazione specifica delle ragioni di diritto e degli elementi di fatto che sorreggono ogni richiesta. Ne consegue che il ricorrente — accanto all'onere di formulare motivi di impugnazione specifici e conformi alla previsione dell'art. 581 c.p.p. — ha anche l'onere peculiare di inequivoca individuazione e specifica rappresentazione degli atti processuali che intende far valere, onere da assolvere nelle forme di volta in volta adeguate alla natura degli atti in considerazione (integrale esposizione e riproduzione nel testo del ricorso, allegazione in copia, precisa identificazione della collocazione dell'atto nel fascicolo del giudice, ecc.).

Cass. pen. n. 22256/2006

Il controllo del giudice di legittimità, pur dopo la novella dell'art. 606 c.p.p. ad opera della L. n. 46 del 2006, si dispiega, pur a fronte di una pluralità di deduzioni connesse a diversi atti del processo e di una correlata pluralità di motivi di ricorso, in una valutazione necessariamente unitaria e globale, che attiene alla reale «esistenza» della motivazione ed alla «resistenza» logica del ragionamento del giudice di merito, essendo preclusa al giudice di legittimità la rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione o l'autonoma adozione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione e valutazione dei fatti.

Cass. pen. n. 19848/2006

La novella dell'art. 606, comma primo lett. e), c.p.p. ad opera della L. n. 46 del 2006 consente che per la deduzione dei vizi della motivazione il ricorrente faccia riferimento come termine di comparazione anche ad atti del processo a contenuto probatorio, ed introduce così un nuovo vizio definibile come «travisamento della prova» per utilizzazione di un'informazione inesistente o per omissione della valutazione di una prova, entrambe le forme accomunate dalla necessità che il dato probatorio, travisato o omesso, abbia il carattere della decisività nell'ambito dell'apparato motivazionale sottoposto a critica.

Cass. pen. n. 19388/2006

La cognizione dei vizi della motivazione non consente alla Corte di cassazione una diversa lettura dei dati processuali o una diversa interpretazione delle prove e la novella dell'art. 606 c.p.p. ad opera della legge n. 46 del 2006, con la previsione che il vizio può essere dedotto quando risulti «da altri atti del processo specificamente indicati» non fa venire meno il limite della contestualità, espresso dalla necessità che il vizio risulti dal testo del provvedimento impugnato, e quindi va letta con riferimento esclusivo agli atti dai quali derivi un obbligo di pronuncia che si assuma violato dal giudice del merito, come ad esempio la richiesta di una circostanza attenuante o della sostituzione della pena detentiva. (La Corte precisa che il divieto di accesso agli atti istruttori è la conseguenza del limite posto all'ambito della cognizione del giudice di legittimità e non ha una funzione solo «logistica» sicché la selezione delle prove compiuta dal giudice del merito non può essere censurata neppure se il ricorso risulti effettivamente autosufficiente per mezzo della trascrizione al suo interno dei verbali di prova).

Cass. pen. n. 16354/2006

La nuova formulazione dell'art. 606, comma primo, lett. d), c.p.p., introdotta dall'art. 8 L. 20 febbraio 2006 n. 46, non ha avuto influenza sulla nozione di decisività della prova, per cui deve continuare a ritenersi che per «prova decisiva» sia da intendere unicamente quella che, non incidendo soltanto su aspetti secondari della motivazione (quali, ad esempio, quelli attinenti alla valutazione di testimonianze non costituenti fondamento della decisione) risulti determinante per un esito diverso del processo, nel senso che essa, confrontata con le argomentazioni contenute nella motivazione, si riveli tale da dimostrare che, ove fosse stata esperita, avrebbe sicuramente determinato una diversa pronuncia.

Cass. pen. n. 14054/2006

Nell'ambito della riforma dei motivi di ricorso per cassazione con la novella dell'art. 606, comma 1, lett. e), c.p.p., ad opera della L. n. 46 del 2006, la nuova previsione del motivo della contraddittorietà della motivazione e della deducibilità con il richiamo ad “altri atti del processo”, non accorda rilevanza al semplice contrasto di tali atti con particolari accertamenti e valutazioni del giudicante, o con la sua ricostruzione complessiva e finale dei fatti e delle responsabilità, né alla loro astratta idoneità a fornire una ricostruzione più persuasiva di quella contenuta nella sentenza, perché occorre pur sempre, per la sussistenza del vizio, che siano dotati di un'autonoma forza esplicativa e dimostrativa tale da disarticolare l'intero ragionamento della sentenza e da determinare al suo interno radicali incompatibilità.

Cass. pen. n. 6221/2006

La sentenza di appello confermativa della decisione di primo grado è viziata per carenza di motivazione, e si pone dunque fuori dal pur legittimo ambito del ricorso alla motivazione « per relationem» se si limita a riprodurre la decisione confermata dichiarando in termini apodittici e stereotipati di aderirvi, senza dare conto degli specifici motivi di impugnazione che censurino in modo puntuale le soluzioni adottate dal giudice di primo grado, e senza argomentare sull'inconsistenza o sulla non pertinenza di detti motivi.

Cass. pen. n. 33748/2005

L'appello del P.M. contro la sentenza di assoluzione emessa all'esito del dibattimento, salva l'esigenza di contenere la pronuncia nei limiti della originaria contestazione, ha effetto pienamente devolutivo, attribuendo al giudice ad quem gli ampi poteri decisori previsti dall'art. 597 comma secondo lett. b) c.p.p. Ne consegue che, da un lato, l'imputato è rimesso nella fase iniziale del giudizio e può riproporre, anche se respinte, tutte le istanze che attengono alla ricostruzione probatoria del fatto ed alla sua consistenza giuridica; dall'altro, il giudice dell'appello è legittimato a verificare tutte le risultanze processuali e a riconsiderare anche i punti della sentenza di primo grado che non abbiano formato oggetto di specifica critica, non essendo vincolato alle alternative decisorie prospettate nei motivi di appello e non potendo comunque sottrarsi all'onere di esprimere le proprie determinazioni in ordine ai rilievi dell'imputato.

Cass. pen. n. 31391/2005

Il principio, frutto di elaborazione giurisprudenziale, secondo cui, nelle questioni processuali, la Corte di cassazione è giudice anche del fatto, non comporta che, quando l'accertamento di un denunciato vizio in procedendo implichi o presupponga l'accertamento di elementi fattuali estranei al fatto o all'atto processuale isolatamente considerati, la Corte di cassazione, nella valutazione di tali elementi, quali risultanti dalla decisione di merito, non incontri gli stessi limiti che incontra allorché si tratti di valutare fatti dai quali dipenda l'applicazione di norme sostanziali. (Mass. redaz.).

Cass. pen. n. 13096/2005

L'annullamento in sede di legittimità della sentenza di applicazione della pena su richiesta delle parti, implicando l'esclusione della validità dell'accordo nei termini in cui le parti lo avevano raggiunto e il giudice lo aveva recepito nella sentenza emessa ex articolo 444 del c.p.p., comporta il venir meno della possibilità per il giudice di merito (cui gli atti vengono trasmessi a seguito di annullamento) di definire nuovamente con sentenza il procedimento sulla base di quel medesimo accordo, che non può più considerarsi giuridicamente esistente, non essendosi validamente perfezionata la procedura di legge a seguito dei vizi riscontrati dal giudice di legittimità. Infatti, tale annullamento è pronunciato «senza rinvio» e con semplice trasmissione degli atti al giudice a quo per l'ulteriore corso, potendosi verificare, in quella sede, o che l'accordo venga riproposto in termini diversi (per cui il giudice valuterà nuovamente se recepirlo o no), oppure che non venga riproposto, nel qual caso il procedimento dovrà proseguire con il rito ordinario. (Da queste premesse, la Corte ha annullato, senza rinvio, la sentenza del giudice di merito che, chiamato nuovamente a pronunciarsi a seguito di precedente annullamento senza rinvio da parte della Corte di cassazione di sentenza di «patteggiamento», aveva erroneamente inteso detto annullamento come pronunciato «con rinvio», ritenendo di potere e dovere semplicemente rivalutare la primigenia richiesta di applicazione di pena).

Cass. pen. n. 7610/2005

Nel giudizio di legittimità, non è deducibile il vizio di travisamento del fatto inteso come ipotesi di contrasto fra le argomentazioni del contesto motivazionale e gli atti processuali, sicché il controllo demandato alla Corte di cassazione non può esplicarsi in indagini extratestuali dirette a verificare se i risultati dell'interpretazione delle prove, costituenti i dati fondanti della decisione, siano effettivamente corrispondenti alle acquisizioni probatorie risultanti dagli atti del processo.

Cass. pen. n. 7576/2004

In tema di processo penale a carico di imputati minorenni, l'ordinanza con la quale il giudice dispone, ai sensi dell'art. 28 D.P.R. 448 del 1988, la sospensione del processo e la messa alla prova, senza la preventiva audizione delle parti e in mancanza della predisposizione del progetto di intervento, è affetta da una nullità di ordine generale per violazione del contraddittorio, nonché dal vizio di «eccesso di potere» di cui alla lett. a) dell'art. 606 c.p.p., avendo il giudice esercitato un potere — quello relativo alla predisposizione della relazione sull'imputato — riservato all'amministrazione. (Nella fattispecie la Corte, ha annullato senza rinvio l'ordinanza, ex art. 620 lett. c) c.p.p.).

Cass. pen. n. 8411/2004

Sono ricorribili per cassazione i provvedimenti del magistrato di sorveglianza resi su reclamo avverso atti dell'Amministrazione penitenziaria che incidono su diritti soggettivi dei detenuti. (Nella specie relativi a modalità di perquisizione personale).

Cass. pen. n. 465/2004

La Corte di cassazione non può fornire una diversa lettura degli elementi di fatto, posti a fondamento della decisione di merito. La valutazione di questi elementi è riservata in via esclusiva al giudice di merito e non rappresenta vizio di legittimità la semplice prospettazione, da parte del ricorrente, di una diversa valutazione delle prove acquisite, ritenuta più adeguata. Questo vale, in particolare, per la valutazione sull'attendibilità e sul valore delle prove poste a fondamento della decisione. Infatti, nel momento del controllo della motivazione, la Corte di cassazione non può stabilire se la decisione del giudice di merito propone la migliore ricostruzione dei fatti, né deve condividerne la giustificazione, ma deve limitarsi a verificare se questa giustificazione sia compatibile con il senso comune e con i limiti di una «plausibile opinabilità di apprezzamento». Ciò in quanto l'art. 606 comma 1, lett. e), c.p.p. non consente al giudice di legittimità una diversa lettura dei dati processuali o una diversa interpretazione delle prove, perché è estraneo al giudizio di cassazione il controllo sulla correttezza della motivazione in rapporto ai dati processuali. Piuttosto è consentito solo l'apprezzamento sulla logicità della motivazione, sulla base della lettura del testo del provvedimento impugnato.

Cass. pen. n. 47289/2003

L'illogicità della motivazione, censurabile a norma dell'art. 606, comma 1, lett. e) c.p.p., è quella evidente, cioè di spessore tale da risultare percepibile ictu oculi, in quanto l'indagine di legittimità sul discorso giustificativo della decisione ha un orizzonte circoscritto, dovendo il sindacato demandato alla Corte di cassazione limitarsi, per espressa volontà del legislatore, a riscontrare l'esistenza di un logico apparato argomentativo, senza possibilità di verifica della rispondenza della motivazione alle acquisizioni processuali.

Cass. pen. n. 46334/2003

Poiché ai sensi dell'art. 581 c.p.p. la dichiarazione di impugnazione ed i motivi a sostegno della stessa debbono coesistere nello stesso atto, non è ammissibile la proposizione della sola questione di illegittimità costituzionale con il ricorso in cassazione in quanto il giudice di legittimità non verrebbe contemporaneamente investito anche dell'impugnazione del capo o del punto della decisione regolati dalla norma di cui si contesta la legittimità costituzionale.

Cass. pen. n. 45723/2003

Non è manifestamente infondata, in riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione, la questione di legittimità costituzionale dell'art. 4, comma 11, della legge 27 dicembre 1956 n. 1423 (misure di prevenzione nei confronti di persone pericolose per la sicurezza e per la pubblica moralità), nella parte in cui, limitando alla sola violazione di legge il ricorso contro il decreto della corte d'appello confermativo dell'applicazione di una delle suddette norme, esclude la ricorribilità in cassazione per vizio di illogicità manifesta della motivazione, ai sensi dell'art. 606, comma 1, lett. e), c.p.p.

Cass. pen. n. 45276/2003

Nell'ipotesi di omesso esame, da parte del giudice, di risultanze probatorie acquisite e decisive, la condanna in secondo grado dell'imputato già prosciolto con formula ampiamente liberatoria nel precedente grado di giudizio non si sottrae al sindacato della Corte di cassazione per lo specifico profilo del vizio di mancanza della motivazione ex art. 606, comma 1, lett. e), c.p.p., purché l'imputato medesimo, per quanto carente di interesse all'appello, abbia comunque prospettato al giudice di tale grado, mediante memorie, atti, dichiarazioni verbalizzate, l'avvenuta acquisizione dibattimentale di altre e diverse prove, favorevoli e nel contempo decisive, pretermesse dal giudice di primo grado nell'economia di quel giudizio, oltre quelle apprezzate e utilizzate per fondare la decisione assolutoria. In detta evenienza al giudice di legittimità spetta verificare, senza possibilità di accesso agli atti, ma attraverso il raffronto tra la richiesta di valutazione della prova e il provvedimento impugnato che abbia omesso di dare ad essa risposta, se la prova, in tesi risolutiva, assunta sia effettivamente tale e se quindi la denunciata omissione sia idonea a inficiare la decisione di merito.

Cass. pen. n. 25080/2003

Qualora il ricorso per cassazione sia ammesso esclusivamente per violazione di legge, è comunque deducibile la mancanza o la mera apparenza della motivazione, atteso che in tal caso si prospetta la violazione della norma che impone l'obbligo della motivazione nei provvedimenti giurisdizionali. (In applicazione di tale principio la Corte ha ritenuto ammissibile il ricorso con il quale si denunciava la sostanziale inesistenza della motivazione di un'ordinanza di liquidazione del compenso a difensore di imputato ammesso al patrocinio dei non abbienti).

Cass. pen. n. 17844/2003

Per prova, la cui mancata assunzione può costituire motivo di ricorso per cassazione, deve intendersi solo quella che, confrontata con le regioni poste a sostegno della decisione, risulti determinante per una diversa conclusione del processo, e non anche quella insuscettibile di incidere sulla formazione del convincimento del giudice, in quanto costituente una diversa prospettazione valutativa nell'ambito della normale dialettica tra le differenti tesi processuali. (Nel caso di specie è stato escluso il carattere di decisività dell'omesso interrogatorio dell'imputato).

Cass. pen. n. 17629/2003

L'accertamento peritale, mezzo di prova neutro e, come tale, non classificabile né quale prova a carico né quale prova a discarico (art. 495, comma 2, c.p.p.) dell'accusato, non può essere ricondotto alla nozione di “prova decisiva” la cui mancata assunzione costituisce motivo di ricorso per cassazione ai sensi dell'art. 606 lett. d) c.p.p.

Cass. pen. n. 12893/2003

È inammissibile il ricorso straordinario per errore di fatto con il quale si deduca non un vizio determinato da inesatta percezione della realtà nella quale sia incorsa la Corte di cassazione in sua precedente decisione, bensì un preteso errore di valutazione di fatti esposti nella sentenza a suo tempo impugnata con ricorso ordinario ed esattamente percepiti, essendo sottratto questo tipo di errore, configurabile, al più, come vizio di motivazione della sentenza, alla possibilità di impugnativa mediante ricorso ex art. 625 bis c.p.p.

Cass. pen. n. 9008/2003

L'insussistenza dei gravi indizi di colpevolezza ex art. 273 c.p.p., e delle esigenze cautelari di cui all'art. 274 stesso codice è rilevabile in Cassazione soltanto se si traduce nella violazione di specifiche norme di legge od in mancanza e/o manifesta illogicità della motivazione, risultante dal testo del provvedimento impugnato (art. 606, lett. e, c.p.p.), sotto il profilo della congruità e completezza della valenza sintomatica attribuita alle premesse costituite dagli indizi ed alla coerenza intrinseca delle conseguenze che se ne traggono in ordine alla prognosi di probabilità della colpevolezza dell'indagato.

Cass. pen. n. 15124/2002

In tema di ricorso per cassazione, quando sia dedotta l'erroneità di una decisione sul fatto e quando tale decisione sia destinata alla applicazione di una norma sostanziale relativa alla responsabilità penale o civile dell'imputato, il controllo esercitato dalla Corte è limitato alla sola motivazione del provvedimento impugnato; se, viceversa, è censurata la applicazione di una norma processuale, non ha alcuna rilevanza, in sede di legittimità, il fatto che tale scelta sia stata, o non, correttamente motivata dal giudice di merito, atteso che, quando viene sottoposta al giudizio della Corte Suprema la correttezza di una decisione in rito, la Corte stessa è giudice dei presupposti della decisione, sulla quale esercita il proprio controllo, quale che sia il ragionamento esibito per giustificarla. Ne consegue che la decisione, in sede di legittimità, sulla integrazione probatoria, disposta nel corso del giudizio abbreviato, prescinde dall'esame della motivazione che tale opzione ha sorretto.

Cass. pen. n. 11292/2002

La mancanza totale o la mera apparenza della motivazione nelle ordinanze di riesame relative a misure cautelari reali, poiché configura una violazione della norma di cui all'art. 125 c.p.p. che prescrive la motivazione a pena di nullità, determina un vizio di legittimità del provvedimento, che può essere dedotto in cassazione ai sensi dell'art. 606 c.p.p., lett. c), senza venire a contrasto con la disposizione di cui all'art. 325 c.p.p. che limita il ricorso per cassazione alla sola violazione di legge e lo esclude per vizi motivazionali.

Cass. pen. n. 10163/2002

In tema di vizio della motivazione, la possibilità di procedere all'integrazione delle sentenze di primo e secondo grado, così da farle confluire in un prodotto unico cui il giudice di legittimità deve fare riferimento, richiede che le due decisioni abbiano utilizzato criteri omogenei e seguito un apparato logico argomentativo uniforme; in assenza di tali condizioni non è possibile integrare le argomentazioni della Corte di appello con quelle adottate dalla motivazione della sentenza di primo grado ed eventuali carenze della seconda decisione in ordine alle censure contenute nell'atto d'impugnazione non sono superabili mediante il richiamo agli argomenti adottati dalla prima sentenza.

Cass. pen. n. 9045/2002

La rinuncia alla impugnazione, in quanto unica causa di inammissibilità che si connota come sopravvenuta, non opera con riferimento ad un reato, il cui termine di prescrizione sia maturato anteriormente ad essa.

Cass. pen. n. 42792/2001

In tema di impugnazioni, allorché sia dedotto, mediante ricorso per cassazione, un error in procedendo ai sensi dell'art. 606, comma 1, lett. c) c.p.p., la corte di cassazione è giudice anche del fatto e, per risolvere la relativa questione, può accedere all'esame diretto degli atti processuali, che resta, invece, precluso dal riferimento al testo del provvedimento impugnato contenuto nella lett. e) del citato articolo, quando risulti denunziata la mancanza o la manifesta illogicità della motivazione. (In applicazione di tale principio, in una fattispecie relativa alla denuncia di inutilizzabilità in procedimento incidentale de libertate, di intercettazioni di comunicazioni tra presenti, la Corte ha provveduto all'esame diretto dei decreti autorizzativi del giudice per le indagini preliminari e di quelli esecutivi del pubblico ministero).

Cass. pen. n. 40767/2001

In tema di c.d. «patteggiamento in appello», l'imputato non può riproporre in sede di legittimità questioni, ancorché rilevabili d'ufficio, che abbiano formato oggetto di motivi di appello ai quali, con la richiesta e la successiva definizione del giudizio di appello a norma dell'art. 599, comma 4, c.p.p., ha rinunciato.

Cass. pen. n. 34536/2001

Il termine per proporre ricorso per cassazione avverso provvedimento abnorme decorre dal momento in cui l'interessato ne abbia avuto effettiva conoscenza e che, in difetto di prova contraria, va identificato in quello indicato dal ricorrente. (Fattispecie concernente ricorso del Procuratore Generale della Repubblica contro provvedimento, non comunicato, di diretta trasmissione in archivio, da parte del P.M., di atti ritenuti penalmente irrilevanti).

Cass. pen. n. 33542/2001

È inammissibile il ricorso per cassazione inteso unicamente a far valere la prescrizione maturata successivamente alla pronuncia della sentenza impugnata.

Cass. pen. n. 18735/2001

Nel ricorso per cassazione, avverso sentenza che applichi la pena nella misura patteggiata tra le parti, non è ammissibile proporre motivi concernenti la misura della pena, a meno che si versi in ipotesi di pena illegale. La richiesta di applicazione della pena e l'adesione alla pena proposta dall'altra parte integrano, infatti, un negozio di natura processuale che, una volta perfezionato con la ratifica del giudice che ne ha accertato la correttezza, non è revocabile unilateralmente, sicché la parte che vi ha dato origine, o vi ha aderito e che ha così rinunciato a far valere le proprie difese ed eccezioni, non è legittimata, in sede di ricorso per cassazione, a sostenere tesi concernenti la congruità della pena, in contrasto con l'impostazione dell'accordo al quale le parti processuali sono addivenute.

Cass. pen. n. 13792/1999

In tema di provvedimenti del giudice in ordine alla prova, il diritto dell'imputato all'ammissione delle prove a discarico, di cui all'art. 495, secondo comma, c.p.p., va coordinato con il potere attribuito al giudice del quarto comma del medesimo articolo di revocare l'ammissione di prove che risultino «superflue». Tale potere, esercitato dal giudice sulla base delle risultanze della istruttoria dibattimentale, è ben più ampio di quello che al medesimo è riconosciuto all'inizio del dibattimento, fase processuale caratterizzata dalla normale «verginità conoscitiva» dell'organo giudicante rispetto alla regiudicanda e pertanto regolata dal più restrittivo canone di cui all'art. 190, primo comma, c.p.p., richiamato dall'art. 495, primo comma, dello stesso codice, in base al quale, stante il diritto delle parti alla prova, il giudice può non ammettere le sole prove vietate dalla legge o quelle che «manifestamente» risultino superflue o irrilevanti. Ne consegue che la censura di mancata ammissione di una prova decisiva si risolve, una volta che il giudice abbia indicato in sentenza le ragioni della revoca della prova già ammessa, in una verifica della logicità e congruenza della relativa motivazione raffrontata al materiale probatorio raccolto e valutato.

Cass. pen. n. 7131/1999

Deve ritenersi fondata la censura di manifesta illogicità della motivazione della sentenza di condanna per il c.d. furto di cose di antichità e d'arte (art. 67 della legge 1 giugno 1939 n. 1089), laddove la sentenza ha tratto argomento per la colpevolezza dal fatto che l'imputato non ha fornito la prova della legittimità della provenienza di oggetti archeologici rinvenuti in suo possesso. Invero, se dal fatto che le disposizioni in materia, che accanto alla appartenenza allo Stato delle cose d'antichità e d'arte ritrovate prevedono un possesso privato di tali cose, si dovesse ricavare la clausola implicita che per i beni archeologici la proprietà privata è riconosciuta come tale solo se provata (e nella generalità dei casi di proprietà diffusa occorrerebbe provare che essa risale ad epoca anteriore al 1909), il sistema violerebbe l'art. 42 Cost., in quanto ablativo delle cose mobili di proprietà privata per la cui legittimazione richiederebbe una prova impossibile, ed altresì l'art. 24 Cost. perché, quando il possesso costituisce un addebito, la gravità dell'onere probatorio imposto renderebbe impossibile il diritto di difesa. Il sistema, pertanto, letto in aderenza ai precetti costituzionali, non consente che venga posta a carico del cittadino la prova della legittimità del possesso di oggetti archeologici, ma è l'accusa che deve dare la prova della illegittimità del possesso. (Nella specie la Corte ha rigettato il ricorso ritenendo la condanna fondata in modo autonomo su altre argomentazioni relative al fatto, chiuse con il rilievo che il ricorrente aveva omesso qualsiasi allegazione sulla legittimità del possesso, a fronte di vari elementi indizianti).

Cass. pen. n. 5693/1999

Il giudice di legittimità non può compiere scelte tra diverse ipotesi ricostruttive ma ben ha il potere di esaminare la motivazione della sentenza gravata per decidere se essa sia completa e corrispondente alle premesse fattuali acquisite in atti (cosiddetta giustificazione esterna), o debba invece considerarsi lacunosa e frammentaria per non aver vagliato tutti gli elementi decisivi a disposizione e che, se esaminati, avrebbero potuto avere concreta incidenza sul giudizio finale, ovvero se siano state date risposte esaustive alle obiezioni difensive delle parti. (Nella fattispecie viene censurata la sentenza di merito per la mancata considerazione di alcuni dati certi di evidente rilevanza, nonché delle ragioni addotte dalla difesa per la rinnovazione del dibattimento, e per la debolezza delle argomentazioni a sostegno dell'infondatezza di un'ipotesi ricostruttiva del fatto).

Cass. pen. n. 1088/1999

La specificità dell'art. 606, lett. e), c.p.p., dettato in tema di ricorso per cassazione al fine di definirne l'ammissibilità per ragioni connesse alla motivazione, esclude che tale norma possa essere dilatata per effetto delle regole processuali concernenti la motivazione, attraverso l'utilizzazione del vizio di violazione di legge di cui alla lett. c), dello stesso articolo. E ciò, sia perché la deducibilità per cassazione è ammessa solo per la violazione di norme processuali stabilita a pena di nullità, inutilizzabilità, inammissibilità o decadenza, sia perché la puntuale indicazione di cui al punto e), ricollega ai limiti in questo indicati ogni vizio motivazionale; sicché il concetto di mancanza di motivazione non può essere utilizzato sino a ricomprendere ogni omissione od errore che concernano l'analisi di determinati, specifici elementi probatori.

Cass. pen. n. 13528/1998

La specificità della disposizione di cui all'art. 606 lett. e) c.p.p., dettata in tema di ricorso per cassazione al fine di definire l'ammissibilità per ragioni connesse alla motivazione, esclude che la norma possa essere dilatata per effetto di regole processuali concernenti la motivazione stessa, utilizzando invece la diversa ipotesi di cui alla lett. c) dell'art. 606. L'espediente non è consentito, sia per i ristretti limiti nei quali la disposizione ora citata prevede la deducibilità per cassazione delle violazioni di norme processuali, (considerate solo se stabilite «a pena di nullità, di inutilizzabilità, di inammissibilità o di decadenza»), sia perché la puntuale indicazione contenuta nella lettera e), riferita al «testo del provvedimento impugnato», collega in via esclusiva e specifica al limite predetto qualsiasi vizio motivazionale. Né il mancato riferimento a dati probatori acquisiti può costituire motivo di ricorso sotto il profilo della omessa motivazione. Se è vero che tale vizio è ravvisabile non solo quando manca completamente la parte motiva della sentenza, ma anche qualora non sia stato considerato un argomento fondamentale per la decisione espressamente sottoposto all'analisi del giudice, il concetto di mancanza di motivazione non può essere tanto esteso da includere ogni omissione concernente l'analisi di determinati elementi probatori. Invero, un elemento probatorio estrapolato dal contesto in cui esso si inserisce, non posto a raffronto con il complesso probatorio, può acquisire un significato molto superiore a quello che gli è attribuibile in una valutazione completa del quadro delle prove acquisite. Ritenere il vizio di motivazione per la omessa menzione di un tale elemento nella sentenza comporterebbe il rischio di annullamento di decisioni logiche, e ben correlate alla sostanza degli elementi istruttori disponibili. Per ovviare ad un tale rischio, la Corte di legittimità dovrebbe valutare la portata dell'elemento additato dalla difesa nel contesto probatorio acquisito, con una sovrapposizione argomentativa che sconfinerebbe nei compiti riservati al giudice di merito.

In materia di ricorso per cassazione, perché sia ravvisabile la manifesta illogicità della motivazione considerata dall'art. 606 primo comma lett. e) c.p.p., la massima d'esperienza addotta dalla difesa, e contrastante con il procedimento argomentativo del giudice, deve essere inconfutabile, ovvia, e non rappresentare soltanto una ipotesi alternativa a quella ritenuta in sentenza, nella quale è stata accettata in quanto logica e conforme alle emergenze processuali relative alla ricostruzione del fatto.

Cass. pen. n. 13086/1998

Deve negarsi che l'accertamento peritale possa ricondursi al concetto di prova decisiva, la cui mancata assunzione costituisce motivo di ricorso per cassazione ai sensi dell'art. 606, comma primo lett. d) c.p.p. Infatti il ricorso o meno ad una perizia è attività sottratta al potere dispositivo delle parti ed è rimessa essenzialmente al potere discrezionale del giudice, la cui valutazione, se assistita da adeguata motivazione, è insindacabile in sede di legittimità.

Cass. pen. n. 3698/1998

La previsione di cui all'art. 606, comma 1, lett. e), c.p.p., in materia di vizio di motivazione, è da considerare specifica rispetto a quella di carattere generale di cui alla precedente lett. c) dello stesso articolo, concernente la violazione di norme processuali stabilite a pena di nullità, inutilizzabilità, inammissibilità o decadenza. Pertanto, anche quando il vizio di motivazione venga dedotto sotto il profilo della omessa valutazione di una prova, è soltanto alla prima di dette disposizioni che occorre far riferimento, non potendosi considerare giuridicamente corretto il richiamo che si voglia fare alla seconda, ponendola in relazione all'obbligo di motivazione della sentenza, previsto dall'art. 546, comma 1, lett. e), c.p.p. e sanzionato di nullità ai sensi del combinato disposto del successivo comma 3 e dell'art. 125, comma 3, stesso codice.

Cass. pen. n. 3148/1998

Sussiste il vizio di mancata ammissione di prova decisiva di cui all'art. 606 comma primo lett. d) c.p.p., allorquando l'elemento probatorio pretermesso di per sè abbia un contenuto tale da risolvere il thema decidendum; al riguardo, non può definirsi decisiva una prova abbisognevole di comparazione con altri elementi acquisiti in processo, non per negarne la efficacia dimostrativa, bensì per comportarne un confronto dialettico al fine di effettuare una ulteriore valutazione argomentativa per quanto oggetto del giudizio: in tal caso, infatti, viene meno il carattere di «decisività».

Cass. pen. n. 706/1998

Non costituisce vizio di manifesta illogicità della motivazione di un provvedimento giurisdizionale l'indicazione errata, nel testo del provvedimento, di una data di notificazione, in conseguenza di indubbio errore materiale che risulti dalla logica ricostruzione temporale della effettiva data dell'atto, implicando detto vizio una formazione della decisione del giudice, conseguente ad un iter argomentativo effetto di macroscopica violazione delle normali regole della logica giuridica, e non una mera indicazione di circostanza fattuale erroneamente risultante dal testo del provvedimento a cagione di un accertato, o immediatamente accertabile, errore materiale. (Nella fattispecie, oggetto del ricorso per cassazione era il provvedimento con il quale il Gip presso la pretura aveva dichiarato l'inammissibilità dell'opposizione, siccome tardiva, a decreto penale di condanna: nel provvedimento di declaratoria di inammissibilità la data di notificazione del decreto penale, opposto in data 24 dicembre 1996, risultava indicata come quella del 30 novembre 1997. Poiché il provvedimento di inammissibilità era stato emesso dal pretore in data 18 giugno 1997 — in riferimento al decreto penale di condanna emanato in data 4 settembre 1996 ed opposto il 24 dicembre 1996 — la Suprema Corte ha dichiarato inammissibile il ricorso ed ha enunciato il principio di cui in massima ritenendo evidente che la notificazione del decreto penale non poteva che essere stata effettuata in data 30 novembre 1996 e che l'indicazione della diversa data 30 novembre 1997, nel provvedimento del Gip oggetto del ricorso per cassazione, doveva pertanto ritenersi frutto di mero errore materiale).

Cass. pen. n. 11538/1997

Non può essere dedotto come vizio della sentenza, con ricorso per cassazione, ai sensi dell'art. 606, comma primo, lett. d) c.p.p. la mancata assunzione di una perizia richiesta dalla parte, stante la tradizionale considerazione della perizia quale mezzo di prova rientrante nel potere discrezionale di disposizione del giudice, come tale estranea al tipico contraddittorio tra le parti in tema di diritto alla prova e giustificata solo in caso di necessità di indagini postulanti specifiche competenze tecniche.

Cass. pen. n. 8189/1997

Il vizio della sentenza consistente nella mancata assunzione di una prova decisiva, di cui all'art. 606, comma 1, lett. d) c.p.p., si sostanzia in un error in procedendo, che rileva solo quando la prova richiesta e non ammessa, confrontata con le argomentazioni in motivazione addotte a sostegno della decisione, risulti decisiva, cioè tale che, se esperita, avrebbe potuto determinare una diversa statuizione. La valutazione in ordine alla decisività della prova va quindi compiuta in concreto, apprezzando se i fatti dalla parte indicati siano tali da potere inficiare le argomentazioni poste a base del convincimento del giudice.

Cass. pen. n. 6074/1997

Se l'art. 495, secondo comma, c.p.p., espressamente richiamato dall'art. 606, lett. d) dello stesso codice, sancisce il diritto dell'imputato all'ammissione delle prove da lui dedotte «a discarico» sui fatti costituenti oggetto della prova «a carico», il diritto alla controprova, tuttavia, non può avere ad oggetto l'espletamento di una perizia, mezzo di prova per sua natura neutro e, come tale, non classificabile né «a carico» né «a discarico» dell'accusato, oltreché sottratto al potere dispositivo delle parti e rimesso essenzialmente al potere discrezionale del giudice, la cui valutazione, se assistita da adeguata motivazione, è insindacabile in sede di legittimità; deve conseguentemente negarsi che l'accertamento peritale possa ricondursi al concetto di «prova decisiva» la cui mancata assunzione costituisce motivo di ricorso per cassazione ai sensi dell'art. 606, lett. d) c.p.p.

Cass. pen. n. 1629/1997

I vizi di legittimità del provvedimento, che fondano la possibilità di ricorrere contro lo stesso, sono sempre interni al provvedimento e al procedimento relativo. I vizi derivanti da incompatibilità o da disparità con provvedimenti conclusivi di altri procedimenti, invece, possono, se del caso, giustificare il rimedio straordinario della revisione di cui agli artt. 629 ss. c.p.p. (Nella specie la S.C. ha ritenuto che non ha alcun rilievo, sotto il profilo del vizio di motivazione o di qualsiasi altro tipizzato profilo di ricorso di legittimità ex art. 606 c.p.p., la disparità di trattamento con altro caso più o meno analogo deciso in altro processo incidentale o principale).

Cass. pen. n. 1982/1997

Le modifiche apportate dalla legge 8 agosto 1995 n. 335 all'art. 292 c.p.p., che hanno ampliato l'obbligo di motivazione delle ordinanze cautelari ed esteso la rilevabilità d'ufficio dei relativi vizi, non hanno inciso sulle modalità — disciplinate dall'art. 606, lett. e) c.p.p. — in cui l'accertamento delle nullità predette, comunque rilevabili, deve essere compiuto, e cioè sulla base dell'esame di quanto risulta dal testo del provvedimento impugnato; vero è, infatti, che l'art. 606, lett. c), c.p.p. non esclude la consultabilità degli atti del procedimento al fine di accertare l'inosservanza delle norme processuali stabilite a pena di nullità, ma l'ambito applicativo di tale disposizione è limitato — dalla norma successiva di cui alla lett. e) dello stesso articolo — ai soli vizi diversi dal difetto di motivazione, come si desume anche dall'art. 569, terzo comma, c.p.p. il quale, intendendo escludere la possibilità di dedurre con ricorso immediato per cassazione il vizio della motivazione, indica a tal fine solo le lettere d) ed e) dell'art. 606 c.p.p., così implicitamente confermando che nessun vizio motivazionale può essere ricondotto alla disciplina dell'art. 606, lett. c) c.p.p. (Alla stregua di tale principio la Corte ha rigettato il ricorso con il quale l'indagato sosteneva che il giudice di legittimità, ai fini del controllo sulla motivazione dell'ordinanza cautelare, avrebbe dovuto esaminare la documentazione prodotta dalla difesa in sede di riesame).

Cass. pen. n. 2638/1997

Cade in un grave vizio logico e viola le regole processuali il giudice d'appello che, nel giudizio di rinvio a seguito di annullamento da parte della cassazione, equipari le eccezioni ritenute assorbite dalla corte in sede di annullamento con rinvio (perché secondarie rispetto ad un macroscopico ed assorbente vizio logico della motivazione che ne aveva travolto la validità rendendo superfluo l'esame degli aspetti secondari), al rigetto delle medesime doglianze e, partendo da tale errato assunto, si esima in sede di rinvio dal prendere in considerazione e dal motivare adeguatamente sul loro rigetto.

Cass. pen. n. 139/1997

Il provvedimento di riesame di una misura cautelare è soggetto a censura di motivazione, al pari di ogni altro impugnabile per cassazione, nel limite obiettivo di cui all'art. 606 comma primo lett. e) c.p.p., per cui il vizio deve risultare dal suo tenore. In caso di richiesta generica di riesame, la motivazione che su un punto, quale le condizioni generali di cui all'art. 273 c.p.p., offre la soluzione delle questioni che obiettivamente si prospettano a stregua degli elementi espressamente considerati, risponde alla funzione economica del provvedimento, risolvendo implicitamente tutte le altre astrattamente proponibili sulla scorta di una diversa lettura degli atti. Pertanto, in sede di diritto non si può sostenere manchevolezza di motivazione in ordine alle questioni non espressamente risolte perché non specificamente devolute, dal momento che, per ritenerle decisive, è necessaria una verifica degli atti. Postulandola, non si richiede al giudice di diritto di censurare la motivazione, ma di completarla, o di operarne una sostitutiva, la qual cosa è inammissibile. Peraltro, quando le questioni in discorso non siano implicite, è possibile a norma dell'art. 294 c.p.p. un'ulteriore decisione di merito.

Cass. pen. n. 275/1997

Il diritto alla controprova riconosciuto all'imputato dall'art. 495 comma secondo c.p.p. non può avere ad oggetto l'espletamento di una perizia, mezzo di prova non classificabile né a carico né a discarico dell'accusato e rimesso essenzialmente al potere discrezionale del giudice, la cui valutazione, se assistita da adeguata motivazione è insindacabile in sede di legittimità. Conseguentemente deve negarsi che l'accertamento peritale possa ricondursi al concetto di prova decisiva, la cui mancata assunzione costituisce motivo di ricorso per cassazione ai sensi dell'art. 606 lett. d) c.p.p.

Cass. pen. n. 6553/1996

Qualora l'imputato con i motivi di appello richieda il riconoscimento di un'attenuante, nella specie quella di cui all'art. 73, comma 5, del D.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, con riferimento ad entrambi i reati a lui addebitati ed unificati sotto il vincolo della continuazione, incorre nel vizio di difetto di motivazione il giudice che dia una risposta alla richiesta con riguardo ad uno solo dei reati contestati e non anche all'altro, a nulla rilevando che quest'ultimo sia quello satellite, in quanto l'eventuale concessione dell'attenuante può influire sull'aumento della pena irrogata per la continuazione, comunque per l'ipotesi in cui divenga in seguito necessario sciogliere il cumulo giuridico tra le pene.

Cass. pen. n. 1434/1996

In sede di ricorso per cassazione sono rilevabili esclusivamente i vizi di motivazione che incidano sui requisiti minimi di esistenza e di logicità del discorso argomentativo svolto nel provvedimento e non sul contenuto della decisione. Il controllo di logicità deve rimanere all'interno del provvedimento impugnato e non è possibile procedere ad una nuova o diversa valutazione degli elementi indizianti o ad un diverso esame degli elementi materiali e fattuali delle vicende indagate e, nel ricorso nei procedimenti de libertate, ad una diversa valutazione dello spessore degli indizi e delle esigenze cautelari. Il vizio di motivazione peraltro è rilevabile esclusivamente ai sensi dell'art. 606 comma primo lett. e) e non anche ai sensi della precedente lett. c).

Cass. pen. n. 6155/1996

In tema di riesame dei provvedimenti applicativi di una misura cautelare, la mancata trasmissione al tribunale della libertà di uno o più atti tra quelli trasmessi al Gip con la richiesta di emissione della misura non determina automaticamente nessuna nullità processuale ed è irrilevante se la decisione del tribunale prescinde dal contenuto di quell'atto. A tale mancanza può darsi rilievo solo quando abbia in concreto influito sulla correttezza e sulla legittimità della decisione, non essendo ipotizzabile la presunzione che, in assenza di tali atti, si sia necessariamente verificato uno dei casi di cui all'art. 606 c.p.p.

Cass. pen. n. 10355/1995

L'inammissibilità del ricorso per manifesta infondatezza dei motivi configura una causa originaria di inammissibilità dell'impugnazione, e non sopravvenuta, sicché non è possibile invocare eventuali cause estintive dei reati.

Cass. pen. n. 3432/1995

L'imputato che proponga ricorso per cassazione dichiarato inammissibile per una delle cause indicate dall'art. 591 c.p.p. non va condannato al pagamento della sanzione pecuniaria comminata dall'art. 616 c.p.p. Questa, infatti, consegue, unicamente alla declaratoria di inammissibilità del ricorso per una delle cause previste dall'art. 606, comma 3, c.p.p.

Cass. pen. n. 1171/1995

Non è causa di inammissibilità del ricorso per cassazione il fatto che questo sia sostenuto solo dalla riproposizione di una questione di legittimità costituzionale.

Cass. pen. n. 3695/1994

Nel nuovo ordinamento processuale, l'indagine di legittimità sulla struttura razionale della motivazione e, cioè, sul modo di costruire il discorso giustificativo della decisione, deve essere orientata entro un orizzonte circoscritto. Il sindacato demandato alla Corte di cassazione, infatti, per espressa disposizione normativa, deve essere limitato soltanto a riscontrare l'esistenza di un logico apparato argomentativo sui vari punti della decisione impugnata, senza alcuna possibilità di spingersi a verificare l'adeguatezza delle argomentazioni di cui il giudice del merito si è servito per sostanziare il suo convincimento, o la loro rispondenza alle acquisizioni processuali. Il vizio logico della motivazione, nelle sue varie concrete espressioni — contraddittorietà, illogicità, omessa considerazione di circostanze decisive e, pur anche, travisamento di fatto — deve essere riscontrato tra le varie proposizioni inserite nella motivazione, senza alcuna possibilità di ricorrere al controllo delle risultanze processuali. Non vi è più spazio, cioè, per quell'operazione interpretativa, che, sotto l'egida delle precedenti norme regolatrici del processo penale, aveva reso possibile di scivolare dalla contraddittorietà, intesa come contrasto analitico tra varie proposizioni alla illogicità, concepita come contrasto tra le argomentazioni del contesto motivazionale e la realtà processuale, o, addirittura, la comune esperienza, od il comune modo di «sentire» un fatto. I due unici vizi di legittimità inerenti alla motivazione dei provvedimenti di merito, sono ora la mancanza — che vuol dire difetto assoluto — di argomentazioni su uno qualsiasi dei momenti applicativi della decisione e la illiceità evidente, risultante dallo stesso testo della motivazione. A tal fine è però indispensabile che il giudice di merito indichi con puntualità, chiarezza e completezza tutti gli elementi di fatto e di diritto sui quali fonda la propria decisione, per consentire all'interessato di formulare le più appropriate censure ed alla Corte di cassazione di esercitare la funzione di controllo, che le è propria.

Cass. pen. n. 6202/1994

Prova decisiva, la cui mancata assunzione può costituire il motivo di ricorso di cui all'art. 606, lett. d), c.p.p. secondo il tenore dell'art. 495 c.p.p. è quella che con giudizio ex ante appaia idonea a contrastare circostanze altrimenti acquisite, elidendone l'efficacia così da rendere possibile una diversa pronuncia.

Cass. pen. n. 4827/1994

La motivazione della sentenza di appello per relationem a quella impugnata è ammissibile quando sia possibile il controllo dell'iter argomentativo seguito per contrastare i rilievi formulati in sede di gravame.

Cass. pen. n. 4644/1994

A seguito dell'entrata in vigore del nuovo codice di procedura penale, è da escludere, anche in materia di libertà personale, la deducibilità con il ricorso per cassazione del vizio di travisamento del fatto e, quindi, di ragioni attinenti alla individuazione, alla cernita, alla valutazione dei fatti processuali. Il vizio di motivazione è circoscritto nel nuovo rito alla manifesta illogicità che risulti dal testo del provvedimento impugnato con la conseguenza che il potere dovere di cognizione della Corte di cassazione è limitato all'esame della struttura logica del documento con esclusione di verifiche degli atti del procedimento.

Cass. pen. n. 9093/1993

In virtù della nuova formula adottata nel codice del 1988 in tema di vizio di motivazione, alla Corte di cassazione, quando venga prospettata questa lamentela, è assolutamente inibito il riesame dell'incartamento processuale, L'indagine, anche con riferimento al travisamento, va condotta unicamente sul testo della sentenza impugnata. L'obbligo del giudice del merito di evidenziare con completezza ed in modo dettagliato il fatto è divenuto pertanto ancora più penetrante, poiché questa esposizione è l'unico mezzo consentito al giudice di legittimità per valutare la congruità e la logicità della motivazione e per evincere, con chiarezza ed in modo perfettamente aderente alla realtà degli accadimenti, le affermazioni di diritto, che regolano la fattispecie concreta.

Cass. pen. n. 1709/1993

Il difetto di motivazione, a norma dell'art. 606 lett. e) c.p.p., è valutabile in cassazione solo se consista in una mancanza o in una manifesta illogicità della motivazione stessa, purché il vizio risulti dal testo del provvedimento impugnato, il che significa che deve «mancare» del tutto la presa in considerazione del punto sottoposto all'analisi del giudice e che non può costituire vizio, comportante controllo di legittimità, la mera prospettazione di una diversa, e per il ricorrente più favorevole, valutazione delle risultanze processuali. Esula dai poteri della Cassazione quello di una «rilettura» degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione, la cui valutazione è, in via esclusiva, riservata al giudice del merito, potendo e dovendo invece la Corte accertare se quest'ultimo abbia dato adeguatamente conto, attraverso l'iter argomentativo seguito, delle ragioni che lo hanno condotto ad emettere la decisione.

Cass. pen. n. 7640/1993

L'art. 606, primo comma, lett. e) del nuovo codice di rito, nel prevedere come motivo di ricorso per cassazione la «mancanza o manifesta illogicità della motivazione» solo a condizione che il vizio risulti dal «testo del provvedimento impugnato», ha inteso stabilire un limite unicamente alla deducibilità del vizio stesso e non anche ai poteri di accertamento del giudice di legittimità, che vanno invece desunti dall'oggetto della pronuncia, da emettersi con l'osservanza degli artt. 620, 621 e 623 c.p.p., in base ai quali non solo non è escluso, ma, in alcuni casi, addirittura richiesto l'esame degli atti. Ne consegue che, costituendo il travisamento del fatto vizio di motivazione a mente del richiamato art. 606, primo comma, lett. e) c.p.p., e quindi causa di nullità della sentenza ai sensi degli artt. 546, terzo comma e 125, terzo comma, c.p.p., quando emerge dal testo del provvedimento impugnato consente, per il compiuto accertamento in sede di legittimità, l'esame degli atti.

Cass. pen. n. 830/1993

La denunzia di travisamento del fatto, prospettando l'alterata o l'omessa cognizione di elementi decisivi, è riconducibile nell'ambito della mancanza di motivazione, di cui all'art. 606, lett. e), prima ipotesi, per la violazione dell'art. 125 n. 3 c.p.p.

Cass. pen. n. 9373/1992

Nel caso in cui essendo stati proposti avverso la stessa sentenza appello da una delle parti e ricorso per cassazione dall'altra e non essendosi fatto luogo a conversione del ricorso in appello ai sensi dell'art. 580 c.p.p., si sia giudicato del solo appello proposto, deve ritenersi che l'esame parziale della res iudicanda da parte del giudice di appello, per aver trascurato del tutto l'esame di una delle impugnazioni proposte, realizzi solo e non tanto un error in procedendo, deducibile ai sensi dell'art. 606 lett. c) c.p.p., quanto un vero e proprio error in iudicando, deducibile ai sensi dell'art. 606 lett. b) e lett. e) stesso codice. Infatti la violazione di norme processuali che vengono ad incidere sulla valutazione del merito del giudizio, sia quanto alla qualificazione giuridica del reato, sia quanto alla ricostruzione del fatto, possono essere denunciate come violazioni sostanziali e non solo come violazioni del rito e non v'è dubbio che l'escludere dalla valutazione una rilevante parte della res iudicanda sottoposta all'esame del giudice realizza un errore del giudizio. (Nella specie mentre l'imputato aveva proposto appello il P.M. aveva presentato ricorso per cassazione avverso una sentenza pronunciata dal Gip a seguito di giudizio abbreviato ed il giudice di appello aveva celebrato il relativo giudizio avendo riguardo alla sola impugnazione dell'imputato; la Cassazione, enunciando il principio di cui in massima, ha annullato la sentenza, rinviando ad altra sezione della corte di appello e dichiarando convertito in appello il ricorso per cassazione a suo tempo proposto dal P.M., ed ha rilevato altresì che la mancata conversione, considerata sotto il profilo dell'error in procedendo verrebbe comunque ad incidere sull'iniziativa del P.M. nell'azione penale; iniziativa che va tutelata anche in sede di impugnazione ed è rilevante ai sensi dell'art. 179 c.p.p.).

Cass. pen. n. 7399/1992

La mancata acquisizione di una prova può essere dedotta in sede di legittimità a norma dell'art. 606. lett. d) c.p.p. quando si tratta di una prova decisiva, quando cioè la mancanza di tale elemento probatorio abbia inciso a tal punto da portare ad una motivazione basata su affermazioni apodittiche o congetturali. (Nella specie, relativa a rigetto di ricorso, la S.C. ha ritenuto esaurientemente acquisita la prova del fatto tramite le dichiarazioni testimoniali delle persone presenti, per cui nulla potevano aggiungere gli ufficiali di polizia giudiziaria successivamente intervenuti, nonché corretto, sotto il profilo del disposto dell'art. 495, comma quarto, c.p.p., il successivo provvedimento di revoca).

Cass. pen. n. 2653/1991

L'art. 606, comma primo, lett. a), c.p.p., considera, quale motivo di ricorso per cassazione, che giustifica l'annullamento senza rinvio della sentenza (art. 620 c.p.p.), l'esercizio da parte del giudice di merito di una potestà riservata dalla legge ad organi legislativi o amministrativi ovvero non consentita ai pubblici poteri. L'esercizio di una potestà riservata agli organi dell'amministrazione si realizza quando il giudice con il provvedimento impugnato abbia usurpato poteri amministrativi (ad esempio, annullando o revocando un atto amministrativo) e cioè abbia esercitato una potestà tipica spettante all'amministrazione. Non sussiste pertanto l'esercizio di una siffatta potestà allorché il giudice è chiamato a decidere sul comportamento, tenuto dagli organi della pubblica amministrazione o dai dipendenti di essa, in relazione al caso concreto e detto comportamento costituisca violazione di una norma penale, posta a tutela di interessi che il legislatore ha ritenuto meritevoli di tutela (fattispecie in cui è stata ritenuta la penale responsabilità di taluni dipendenti dell'Anas per aver costoro omesso di collocare i prescritti segnali di pericolo a seguito dell'intervenuta avaria di uno dei due semafori posti ai due capi di una galleria).

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ANONIMO .. chiede
sabato 09/12/2023
“Spett.le Brocardi.it

In primo grado, il giudice con una motivazione “apparente” in violazione dell’art. 125 comma 3 c.p.p. ha rigettato la richiesta dell’imputato ex art. 121 c.p.p. di ammissione a nuove prove decisive ai fini della pronuncia ex art. 507 c.p.p., e lo ha condannato.

In appello, l’imputato ex art. 604 comma 4, ha chiesto l’annullamento dell’ordinanza di rigetto dell’istanza ex art. 121 c.p.p. ex art. 507 c.p.p. e della consecutiva sentenza di primo grado, per la violazione della disposizione processuale che regola l’esercizio del potere istruttorio d’ufficio ex art. 507 c.p.p., a seguito della “mancata assunzione di una prova decisiva”.
Ulteriormente, ha dedotto la violazione dell’art. 125 comma 3 cod. proc. pen. e dell’art. 111 secondo comma Cost. nella parte in cui prevede la terzietà e imparzialità del giudice avanti al quale il processo deve svolgersi nel contraddittorio fra le parti, in condizione di parità.

Il Giudice di appello con una motivazione anche essa “apparente”, ha rigettato la suddetta eccezione confermando la sentenza di condanna.

La domanda è, con atto di ricorso alla Corte di Cassazione è corretto sollevare:
L’art. 606 c.p.p. lett. c) per l’inosservanza delle norme processuali stabilite a pena nullità per la gestione della fase istruttoria del dibattimento di primo grado.
L’art. 606 c.p.p. lett. b) inosservanza di quanto stabilito dall’art. 507 c.p.p.
L’art. 606 c.p.p. lett. e) per motivazione apparente della corte di appello che ha rigettato l’eccezione dell’imputato.

In forza di ciò, è corretto chiedere l’annullamento di entrambe le sentenze di primo e secondo grado con rinvio al tribunale di primo grado per un nuovo giudizio?

Differente quale è la corretta richiesta da proporre alla Corte di cassazione alla luce di quanto prospettato?

Va considerato che in ipotesi di richiesta di rinvio alla corte di appello, all’imputato verrebbe privato di un grado di giudizio, poiché l’origine delle denunciate violazioni derivano dalla contestata “ordinanza” di diniego immotivato, emessa dal Giudice primo grado per violazione di rito, di merito e del diritto di difesa avendo dimostrando alla corte di cassazione la “decisività” delle prova non ammessa ex art. 507 c.p.p.

Cordiali saluti”
Consulenza legale i 12/12/2023
Nell’ambito del ricorso in Cassazione possono essere dedotti i vizi emarginati dell’art. 606 c.p.p.

Ora, laddove la Cassazione dovesse accogliere uno o più motivi di appello, le sorti del processo sono comunque variabili a seconda delle tipologia di vizio ritenuto sussistente.

Generalmente la Corte annulla senza rinvio laddove il rinvio al giudice precedente sia assolutamente inutile, come ad esempio nel caso di reato prescritto o di fatto non costituente reato ( cfr. art. 620 del c.p.p. ).

Allo stesso modo, la Corte annulla con rinvio laddove, ritenuto sussistente uno o più vizi denunciati dal ricorrente, occorre che il giudice precedente riesamini la vicenda rimanendo fedele al principio di diritto sancito dalla Suprema Corte in sede di ricorso.

La domanda è: a chi rinvia la Corte? Generalmente la Suprema Corte rinvia al giudice dinanzi al quale si è verificato il vizio oggetto di censura.

Tornando al caso di specie, dalla richiesta di parere sembra evincersi che il ricorrente, in appello, muoveva doglianze rispetto a violazioni verificatesi in primo grado, regolarmente appellate e rigettate in sede di impugnazione.

E’ chiaro dunque che laddove dovessero essere accolti i motivi di ricorso emarginati nella richiesta di parere la Corte dovrà necessariamente procedere al rinvio al giudice di prime cure dinanzi al quale si sono verificati i vizi oggetto di censura nel caso di specie.

Dunque, chiedersi se la Corte di Cassazione deve annullare la sentenza di primo o di secondo grado è errato. La Corte annulla il provvedimento impugnato, che è quello susseguente all’appello e in cui vengono censurate circostanze che attengono anche al primo grado, cui eventualmente il giudice di legittimità rinvierà se ritenuto sussistenze il vizio denunciato e ivi verificatosi.

ANONIMO A. chiede
sabato 11/11/2023
“Spett.le Brocardi.it
In prospettiva di un ricorso presso la Corte di Cassazione Penale previsto nel 2024, sono a chiedere un parere a riguardo alla sottoscrizione digitale che il difensore deve apporre in ordine all’attestazione per conformità all'originale degli allegati al ricorso, alla luce delle nuove disposizioni in materia di processo telematico.

Nella fattispecie, tutti gli atti (atto di appello; motivi nuovi; conclusioni) sono stati depositati personalmente dal difensore e non telematicamente.

Gli allegati che dovranno essere inviati telematicamente unitamente al ricorso di cassazione sono:
a) dispositivo della sentenza di primo grado;
b) sentenza di primo grado impugnata alla Corte di Appello;
c) atto di appello dell’impugnazione della sentenza di primo grado;
d) sentenza della Corte di Appello impugnata;
e) motivi nuovi;
f) conclusioni;
g) n. 8 allegati travisati da entrambi i Giudici del merito;
h) n. 3 memorie difensive ex art. 121 c.p.p. depositate agli atti nel primo grado;
i) Procura speciale dell’imputato per il difensore.

Orbene, la domanda è, se tutti i suesposti documenti inviati in copia informatica per immagine, devono essere uno per uno sottoscritti digitalmente dal difensore per conformità all'originale ovvero con evidenziato in ogni atto l’autentica.

Diversamente è possibile dichiarare la conformità di tutti gli allegati con un'unica certificazione ?

Chiedo questo poiché visto la massiva e corposa documentazione da inviare, vi è il rischio di una potenziale svista per atti erroneamente non attestati dal difensore, e paradossalmente vederlo essere considerato privo di valore giuridico quindi inammissibile seppure decisivo ai fini della pronuncia quando comunque tali atti sono già in possesso del tribunale e della corte di appello, e sembra che non vi sia alcun rimedio per tale errore.

Ritengo troppo stringente la legge, in quanto non si tratta di documenti nuovi ma di documenti già in possesso dell’autorità giudiziaria che deve controllare comunque la corrispondenza degli atti inviati nel ricorso.

In buona sostanza si ritiene che sia sproporzionata l’inammissibilità di un documento che pur corrispondendo all’originale e decisivo, è inammissibile perché manca l’attestazione di autentica, atto per atto.

Diversamente il compito del difensore sarebbe facilitato da una unica attestazione cumulativa di conformità all’originale per tutti gli atti indicati nella certificazione stessa.

Si chiede se anche gli atti emessi dall’Autorità giudiziaria, (sentenza; ordinanza e verbali di udienza impugnati ecc.) debbano essere comunque oggetto di attestazione di conformità all’originale apposto dal difensore.

Cordialità.”
Consulenza legale i 16/11/2023
Per rispondere al parere, va prima di tutto meglio compreso il senso della Cassazione richiamata, ovvero la n. 24766 del 28 giugno 2022.

In questa sentenza, sebbene effettivamente si affermi l’inammissibilità del ricorso in quanto un allegato (in particolare la perizia disposta in appello) non era stato sottoscritto dal difensore, l’inammissibilità in parola viene riconnessa più che altro a un difetto di specificità dei motivi di ricorso che, allorché fanno leva su atti del processo, questi devono essere riportati nel ricorso e/o allegati per intero.

La sentenza in parola, comunque, è stata superata dalla riforma Cartabia la quale non menziona più, tra le cause di inammissibilità del ricorso, l’omessa sottoscrizione degli allegati (cfr. art. 87 bis, introdotto dalla legge 30 dicembre 2022, n. 199 nel decreto legislativo 10 ottobre 2022, n. 150).

Dunque il deposito telematico degli allegati potrà essere fatto anche senza sottoscrizione del difensore. Si badi bene, comunque, che il deposito degli allegati non può surrogare un difetto di specificità dei motivi di ricorso che sarà sempre causa di inammissibilità.

Anonimo chiede
mercoledì 18/01/2023 - Lazio
“Spett. le Brocardi.it
Sono a chiedere il seguente parere.

Il Giudice di primo grado ha condannato l’imputato di cui all’art. 4 d.lgs. 74/2000, alla reclusione e alla confisca ex art. 12 bis d.lgs. 74/2000, sulla base di un reato già prescritto prima dell’emissione della sentenza di primo grado oggetto di una palese svista del Giudice di prime cure nel conteggio del termine di estinzione del reato per prescrizione.

Il Giudice di appello, senza alcuna motivazione conferma la condanna del reato prescritto ignorando la contestazione.

L’imputato ricorre in Cassazione eccependo l’errore in cui sono incorsi entrambi i Giudici del merito, e il difetto di motivazione del giudice di appello.

La domanda è, come deve essere prospettata la domanda alla Corte di Cassazione?
Ovvero, va chiesta la declaratoria di estinzione del reato per prescrizione alla Corte di Cassazione ex art. 129 comma 2 c.p.p. con richiesta della valutazione dell’innocenza dell’imputato in relazione alla revoca della confisca, ( Sez. Unite, sent. n. 35490 del 28/05/2009);
o diversamente, va richiesto alla Cassazione, l’annullamento della sentenza impugnata affinché sia la Corte di Appello ad emettere la declaratoria di estinzione del reato contestato ex art. 129 c.p.p. con la richiesta della verifica degli effetti penali in ordine a quanto prescritto dal comma 2 dell’art. 129 cit., ai fini della revoca della confisca ?

Ulteriormente si vuole sapere come deve essere prospettata la richiesta alla Corte di Cassazione nella fattispecie sopra prospettata, ma nella unica diversità dettata dall’ipotesi in cui il reato si è prescritto dopo la sentenza di primo grado ma prima dell’emissione della sentenza di secondo grado, quale prescrizione erroneamente non rilevata dal Giudice di appello.

Cordialità.”
Consulenza legale i 24/01/2023
In realtà è indifferente il momento in cui la prescrizione è intervenuta.

Da tempo, ormai, la Cassazione ha avuto modo di specificare che la stessa può rilevare, in autonomia, e peraltro anche a prescindere di una specifica impugnazione, l’intervenuta prescrizione di un reato.

Ciò, naturalmente, a patto che il ricorso sia ammissibile.

Come noto, il giudizio in Cassazione può ottenere vari esiti e uno di questi è la declaratoria di inammissibilità. Ebbene, tale circostanza impedisce la rilevazione della prescrizione in quanto, in caso di dichiarata inammissibilità del ricorso, non si costituisce un valido rapporto processuale tra il ricorrente e la Corte e tale circostanza impedisce alla stessa di adottare qualsivoglia decisione.

Con ciò si intende dire, quindi, che non importa quando è effettivamente scattata la prescrizione, l’importante è che dinanzi alla Cassazione venga eccepita tale circostanza e che il ricorso a monte sia quantomeno ammissibile.
Sussistendo tali presupposti, la Suprema Corte adotterà il provvedimento di annullamento conseguente in autonomia, senza il rinvio alla Corte di merito.

Ciò, tuttavia, non determinerebbe l’adozione dei provvedimenti di revoca della confisca.

Nel caso di specie non è noto se ci si riferisce alla confisca diretta o per equivalente.
Laddove, come sembra più probabile (anche alla luce dei diversi pareri già emessi sulla medesima vicenda), di tratti di quella diretta, è d’obbligo ricordare la giurisprudenza maggioritaria, conforme nell’affermare la permanenza della confisca nei casi in cui, anche a prescrizione intervenuta, sia accertata la materialità del fatto.
Tale principio di diritto è stato affermato in numerose pronunce e corroborato anche dalla giurisprudenza comunitaria, la quale ha effettivamente ritenuto che il termine “condanna”, allorché si parli di confisca ordinaria, deve essere inteso nella sua materiale affermazione della sussistenza del fatto e non già in senso formale, intesa come “sentenza” di condanna.


Anonimo chiede
domenica 13/11/2022 - Lazio
“Spett.le Brocardi;
Il Giudice di primo grado condanna l’imputato.
L’imputato nell’atto di appello deduce l’omessa indicazione e valutazione di una prova decisiva ai fini della pronuncia, quale prova ritualmente acquisita al fascicolo per il dibattimento.

Il Giudice d’appello sul punto non si pronuncia, e condanna dunque l’imputato. (doppia conforme).

La domanda: è ammissibile il ricorso presso la Corte di cassazione ex art. 606 comma 1 lettera e)
denunciando l’omesso o il travisamento di una prova decisiva ritualmente acquisita al fascicolo per il dibattimento ignorata (scartata/pretermessa) dai Giudici di merito, eccepita con l’atto di appello ma non enunciata dai Giudici di merito nella sentenza ?
O diversamente, l'omesso esame/valutazione di una prova può essere dedotto in cassazione nei limiti di cui all'art. 606 lett. e) c.p.p. ma è necessario che la prova sia enunciata nella decisione, e trascurata nello sviluppo delle argomentazioni ? (Cass. pen. n. 8962/1997).

Nell’ipotesi in cui, il vizio di motivazione della prova decisiva ritualmente acquisita agli atti del processo non può essere dedotta in Cassazione, in quanto i Giudici di primo e secondo grado hanno posto silenzio su tale prova, dunque non l'hanno enunciata nella decisione, quale strategia difensiva è percorribile ?

Cordialità
Consulenza legale i 15/11/2022
La risposta è positiva.

Attraverso la disposizione di cui alla lettera e) dell’art. 606 del c.p.p. è possibile censurare, in sede di legittimità, qualsivoglia tipo di vizio che potrebbe annidarsi nella motivazione del provvedimento resa dal Tribunale e dalla Corte d’Appello.

E’ naturale, tuttavia, che la motivazione deve essere censurata secondo i crismi dell’articolo in parola e correttamente calata nel caso di specie.

Così, in termini generali, si parlerà di motivazione assente laddove il giudice non abbia affatto motivato su un determinato punto rilevante; di contraddizione laddove la motivazione cozzi con altro passaggio e/o con risultanze specifiche emerse nel dibattimento; di illogicità laddove la motivazione si intrinsecamente poco attendibile anche alla stregua della logica argomentativa seguita dal giudicante.

L’importante è, come anzidetto, che questi vizi siano correttamente e adeguatamente calati al caso oggetto di giudizio senza che, tuttavia, tale operazione sfoci in una rivisitazione del fatto non consentita in sede di legittimità.

Con specifico riferimento al caso di specie, dunque, va ben compreso quale sia il difetto della motivazione con particolare riferimento alla prova di cui si parla.
Se, infatti, partiamo dal presupposto che quella prova fosse decisiva ai fini della materia del contendere, allora si potrebbe parlare di contraddittorietà della motivazione nella misura in cui la stessa non incide sulla forza dimostrativa della prova predetta o di illogicità nella misura in cui la stessa prova va a inficiare la logica e la bontà delle argomentazioni deduttive del giudicante.

Si tratta, dunque, di una valutazione estremamente radicata al caso processuale la cui dinamica può mutare la natura del vizio di motivazione e le modalità attraverso le quali eccepire tale vizio.

Anonimo chiede
martedì 08/11/2022 - Lazio
“Spett.le Brocardi.it,
Nel corso del processo penale di primo grado, la difesa presenta al Giudice una richiesta di ammissione dei testi a prova contraria rispetto a quelli escussi dalla pubblica accusa ex artt. 468, comma 4 e 495 comma 2 del c.p.p. che viene rigettata dal medesimo.

Con specifico motivo di appello, il Giudice di secondo grado con una carente motivazione non dispone ex art. 603 comma 3 c.p.p. la rinnovazione dell’istruzione dibattimentale per l’acquisizione della suddetta prova testimoniale e disattende la richiesta di nullità della sentenza di primo grado.
Orbene, è corretto che il difensore come motivo di ricorso presso la Corte di Cassazione, deduca tale vizio ricorrendo all’ art. 606 comma 1 lettera d) ?

Ed ulteriormente è corretto dedurre come motivo di ricorso l’ulteriore vizio in riferimento del difetto di motivazione ex art. 606 comma 1 lettera e) visto esserci i presupposti?

O alla luce di quanto prospettato il difensore dovrà ricorrere ex art. 606 comma 1 lettera c)?

Cordialità
Consulenza legale i 10/11/2022
Il motivo di ricorso ai sensi dell’art. 606 c.p.p. lett. d non sembra essere corretto.

Sul punto, invero, la Cassazione è da tempo conforme nell’affermare che nel giudizio di appello le parti possano introdurre la prova ex art. art. 190 del c.p.p. e ex art. 495 del c.p.p., solo nel caso di prove sopravvenute o scoperte dopo la pronunzia di primo grado (art. 495 del c.p.p. comma 2), così come espressamente dispone l' art. 693 del c.p.p. comme 2. Ne consegue che, se non ricorre tale ipotesi (e dunque nella prospettiva dell'art. 603 del c.p.p. comma 1) la mancata assunzione della prova è censurabile in cassazione solo per mancanza o manifesta illogicità della motivazione (art. 606, lett. e) del provvedimento che rigetta la relativa richiesta, e non anche ai sensi dell'art. 606, lett. d (sul punto si veda, tra le tante, C., Sez. V, 21.12.2000-20.2.2001, in CED Cassazione, 218279).
Tale presa di posizione è dettata soprattutto dal fatto che nel giudizio d'appello la rinnovazione dell'istruzione dibattimentale è istituto eccezionale al quale può farsi ricorso solo quando il giudice ritenga di non poter decidere allo stato degli atti.

Nel caso di specie, dunque, atteso che non sembra si tratti di prova sopravvenuta (visto che la stessa era stata richiesta sin dal primo grado) sarebbe più corretto soffermarsi sull’illogicità/mancanza/contraddittorietà della motivazione del giudice dell’appello.

Peraltro, il riferimento alla lett. d sembra non essere corretto anche in relazione al concetto di “decisività della prova” che, secondo una corrente della Cassazione, è solo quella che scardinerebbe l’intero costrutto decisionale del primo e secondo grado e tale non può essere una prova che era già nota nelle fasi iniziali del giudizio.

Allo stesso modo non risulta percorribile la strada della lettera c) ovvero quello che per prassi viene definito error in procedendo concernente l'inosservanza o erronea applicazione di norme processuali. Si è subito evidenziato come la mancata osservanza di una norma processuale ha rilevanza in quanto sia stabilita a pena di nullità, inutilizzabilità, inammissibilità o decadenza, come espressamente disposto dall'art. 606, 1° co., lett. c (C., Sez. VI, 8.1-20.2.2004, in CP, 2005, 3896; C., Sez. I, 23.5.1993, Germanotta, in MCP, 1993, 132).
Nel caso di specie non ricorrendo alcuna ipotesi del genere è da escludere l’impugnazione ai sensi della lettera c).

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