Cassazione penale Sez. V sentenza n. 139 del 27 febbraio 1997

(1 massima)

(massima n. 1)

Il provvedimento di riesame di una misura cautelare è soggetto a censura di motivazione, al pari di ogni altro impugnabile per cassazione, nel limite obiettivo di cui all'art. 606 comma primo lett. e) c.p.p., per cui il vizio deve risultare dal suo tenore. In caso di richiesta generica di riesame, la motivazione che su un punto, quale le condizioni generali di cui all'art. 273 c.p.p., offre la soluzione delle questioni che obiettivamente si prospettano a stregua degli elementi espressamente considerati, risponde alla funzione economica del provvedimento, risolvendo implicitamente tutte le altre astrattamente proponibili sulla scorta di una diversa lettura degli atti. Pertanto, in sede di diritto non si può sostenere manchevolezza di motivazione in ordine alle questioni non espressamente risolte perché non specificamente devolute, dal momento che, per ritenerle decisive, è necessaria una verifica degli atti. Postulandola, non si richiede al giudice di diritto di censurare la motivazione, ma di completarla, o di operarne una sostitutiva, la qual cosa è inammissibile. Peraltro, quando le questioni in discorso non siano implicite, è possibile a norma dell'art. 294 c.p.p. un'ulteriore decisione di merito.

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