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Articolo 157 Codice Penale

(R.D. 19 ottobre 1930, n. 1398)

[Aggiornato al 04/04/2024]

Prescrizione. Tempo necessario a prescrivere

Dispositivo dell'art. 157 Codice Penale

(1)La prescrizione estingue il reato(2) decorso il tempo corrispondente al massimo della pena edittale stabilita dalla legge e comunque un tempo non inferiore a sei anni se si tratta di delitto e a quattro anni se si tratta di contravvenzione, ancorché puniti con la sola pena pecuniaria.

Per determinare il tempo necessario a prescrivere si ha riguardo alla pena stabilita dalla legge per il reato consumato o tentato [56], senza tener conto della diminuzione per le circostanze attenuanti e dell'aumento per le circostanze aggravanti, salvo che per le aggravanti per le quali la legge stabilisce una pena di specie diversa da quella ordinaria e per quelle ad effetto speciale, nel qual caso si tiene conto dell'aumento massimo di pena previsto per l'aggravante(3).

Non si applicano le disposizioni dell'articolo 69 e il tempo necessario a prescrivere è determinato a norma del secondo comma.

Quando per il reato la legge stabilisce congiuntamente o alternativamente la pena detentiva e la pena pecuniaria, per determinare il tempo necessario a prescrivere si ha riguardo soltanto alla pena detentiva.

Quando per il reato la legge stabilisce pene diverse da quella detentiva e da quella pecuniaria, si applica il termine di tre anni.

I termini di cui ai commi che precedono sono raddoppiati per i reati di cui agli articoli 375, terzo comma, 449 e 589, secondo e terzo comma, e 589 bis, nonché per i reati di cui all'articolo 51, commi 3-bis e 3-quater, del codice di procedura penale. I termini di cui ai commi che precedono sono altresì raddoppiati per i delitti di cui al titolo VI-bis del libro secondo, per il reato di cui all'articolo 572 e per i reati di cui alla sezione I del capo III del titolo XII del libro II e di cui agli articoli 609 bis, 609 quater, 609 quinquies e 609 octies, salvo che risulti la sussistenza delle circostanze attenuanti contemplate dal terzo comma dell'articolo 609 bis ovvero dal quarto comma dell'articolo 609 quater(4)(5).

La prescrizione è sempre espressamente rinunciabile dall'imputato.

La prescrizione non estingue i reati per i quali la legge prevede la pena dell'ergastolo, anche come effetto dell'applicazione di circostanze aggravanti.

Note

(1) La norma in esame è stata fortemente modificata attraverso la legge 5 dicembre 2005, n. 251 (art. 6, comma 1), la c.d. legge ex Cirielli che ha mutato profondamente il modo di calcolare la prescrizione. Fino al 2005 infatti la durata della prescrizione veniva calcolata in scaglioni, a seconda della fascia a cui apparteneva la pena massima dell’illecito contestato al reo (fissando, per es., la prescrizione in 10 anni, per i delitti puniti, nel massimo, con la pena della reclusione non inferiore a 5 anni). L'attuale configurazione della norma invece rimanda direttamente alla pena massima,fermo restando i limiti dell soglia minima di 6 anni per i delitti e di 4 per le contravvenzioni.
(2) La prescrizione è quell'istituto il cui effetto è quello di estinguere il reato, ad eccezione dei casi in cui è prevista la pena dell'ergastolo, qualora sia decorso un certo periodo di tempo dalla commissione del reato senza che sia intervenuta una sentenza irrevocabile di condanna.
(3) Si ricordi quindi che nel caso di reato circostanziato trova applicazione il criterio previsto dalla disposizione in esame e non le disposizioni generali relative al concorso di circostanze.
(4) Comma così modificato dall’art. 1, comma 1, lett.c-bis), D.L. 23 maggio 2008, n. 92, convertito, con modificazioni, dalla L. 24 luglio 2008, n. 125, dall’art. 4, comma 1, lett. a), L. 1° ottobre 2012, n. 172, dall’art. 1, comma 6, L. 22 maggio 2015, n. 68, a decorrere dal 29 maggio 2015, ai sensi di quanto disposto dall’art. 3, comma 1 della medesima L. 68/2015 e, successivamente, dall’art. 1, comma 3, lett. a), L. 23 marzo 2016, n. 41, a decorrere dal 25 marzo 2016, ai sensi di quanto disposto dall’art. 1, comma 8 della medesima L. 41/2016 e, successivamente, dall’art. 1, comma 4, L. 11 luglio 2016, n. 133.
(5) La Corte costituzionale, con sentenza 19-25 maggio 2014, n. 143 (Gazz. Uff. 4 giugno 2014, n. 24 - Prima serie speciale), ha dichiarato l’illegittimità costituzionale del presente comma nella parte in cui prevede che i termini di cui ai precedenti commi del presente articolo sono raddoppiati per il reato di incendio colposo (art. 449, in riferimento all'art. 423 c.p.).

Ratio Legis

L'istituto della prescrizione del reato trova la propria ratio nel cosiddetto principio di economia dei sistemi giudiziari, nonché nell'esigenza di garantire un effettivo diritto di difesa all'imputato. Per quanto attiene al primo aspetto, infatti, il passare del tempo spesso affievolisce l'interesse dello Stato a perseguire reati, per cui di conseguenza è sentita in misura minore l'esigenza di una tutela penale, nel pieno rispetto della concezione rieducativa della pena. Al contempo poi, in linea con quanto previsto in materia di equo processo dall'art. 6 della Convenzione europea dei diritti dell'uomo, viene considerata rilevante la durata non troppo eccessiva del processo, così che la prescrizione rappresenta lo strumento per evitare abusi da parte del sistema giudiziario.

Spiegazione dell'art. 157 Codice Penale

La prescrizione, probabilmente la più importante e frequente causa di estinzione del reato, fa cessare la pretesa punitiva dello Stato per il decorso del tempo prescritto dalla legge senza che sia intervenuta una sentenza irrevocabile di condanna.

La prescrizione è comunque sempre rinunciabile da parte dell'imputato, dato che quest'ultimo potrebbe avere interesse ad ottenere una sentenza assolutoria sei suoi confronti.

Per calcolare il tempo necessario a prescrivere un determinato reato si deve guardare al massimo della pena edittale stabilita per esso, tenendo comunque conto del fatto che i delitti non si prescrivono prima di sei anni e le contravvenzioni prima di quattro anni.

Quando vi siano circostanze attenuanti o circostanze aggravanti del reato (artt. 59 e ss.), di esse non si tiene conto ai fini del calcolo di cui sopra, tranne nel caso in cui vengano riconosciute circostanze aggravanti speciali o ad effetto speciale (art. 63), nel qual caso si tiene conto dell'aumento massimo di pena previsto per l'aggravante.

Inoltre, il quarto comma stabilisce che quando per il reato la legge preveda congiuntamente o alternativamente la pena detentiva e quella pecuniaria, si deve aver riguardo solamente alla pena detentiva ai fini del calcolo del tempo necessario a prescrivere.

Per quanto riguarda l'ergastolo, i reati che lo prevedono come pena non sono suscettibili di prescrizione, anche nel caso in cui il giudice lo disponga per effetto dell'applicazione di circostanze aggravanti.

Oltre all'ergastolo, vi sono determinati gravi delitti per il quali il legislatore ha previsto una maggiore estensione temporale della pretesa punitiva statale, raddoppiando il tempo necessario a prescrivere. Essi sono elencati al comma 6.

///SPIEGAZIONE ESTESA

La ratio dell’istituto della prescrizione viene generalmente individuato nel venir meno dell’interesse dello Stato alla punizione di reati dalla commissione dei quali sia trascorso un certo, significativo, lasso di tempo.
Unitamente a ciò, si ritiene che con il passaggio di un certo periodo di tempo, anche il reo abbia avuto modo di “risocializzare”, comprendendo gli effetti pregiudizievoli della condotta posta in essere, non rendendo più necessaria la pena, che è volta a perseguire una funzione rieducativa e di reinserimento sociale, ai sensi dell’art. 27 Cost..
Da un punto di vista più pratico, la prescrizione è anche uno strumento di garanzia per il privato il quale, entrato nel meccanismo del processo penale, è sicuro di non doverci comunque rimanere in eterno, senza ottenere prima o poi una conclusione della vertenza che lo riguarda.
Una importante riforma della prescrizione è stata attuata dal legislatore con la L. n. 251 del 5 dicembre 2005, che ha individuato il tempo necessario a prescrivere nella pena massima stabilita dalla legge per ogni singolo reato, discostandosi dal sistema precedente che distingueva i tempi di prescrizione dei vari reati sulla base di classi di reato individuate per fasce di pena.
La disciplina attualmente vigente prevede, quindi, che il tempo necessario a prescrivere corrisponda, per ciascun reato, alla pena massima stabilita per il reato stesso, consumato o tentato. Per alcuni reati ritenuti di particolare gravità, comunque, il termine di prescrizione è pari al doppio della pena edittale massima. In ogni caso, come previsione generale, è fissato un termine minimo di prescrizione in sei anni per i delitti e in quattro anni per le contravvenzioni.
La L. 251 del 2005, tra le altre cose, ha innovato in punto di prescrizione del reato continuato.
Infatti, prima della riforma legislativa, l'inscindibilità del reato continuato aveva condotto ad optare per una termine di prescrizione che decorresse dalla conclusione della continuazione, e quindi del medesimo disegno criminoso.
Con la legge 251 del 2005 si è tolto rilievo alla continuazione, prevedendo che la prescrizione decorra, anche nel caso di reato continuato, dal momento di consumazione di ciascun reato.
Tale modifica è parsa irragionevole ad una certa parte della giurisprudenza, la quale ha osservato che difficilmente i singoli reati potranno iniziare a prescriversi allorquando sia ancora in corso il “medesimo disegno criminoso”, che determina lo svolgimento di una attività unitaria e complessiva.
Per quanto riguarda il rapporto tra l’istituto della prescrizione e quello della successione delle leggi nel tempo, disciplinato dall’art. 2 del c.p., si ritiene che il giudice debba, nell’indagine relativa alla norma più favorevole, tenere conto anche della prescrizione. Quest’ultima, infatti, è istituto di diritto sostanziale e non processuale, soggetto quindi alla disciplina di cui all’art. 2 c.p.
Un’importante dibattito sorto in merito all’istituto della prescrizione è quello della sua natura sostanziale oppure processuale con riguardo alla normativa e alla giurisprudenza dell’Unione Europea.
Quest’ultima, infatti, esige che il termine di prescrizione, scelto liberamente dagli Stati, sia in ogni caso idoneo a tutelare gli interessi finanziari dell’Unione Europea.
Tale obiettivo potrebbe non essere raggiunto in presenza di un termine di prescrizione troppo breve.
Le misure adottate dagli Stati, infatti, devono essere dissuasive ed effettive, e volte ad evitare frodi e lesioni agli interessi finanziari dell’Unione e, in particolare, non meno repressive ed efficaci di quelle adottate per reprimere il crimine interno.
Con la nota “vicenda Taricco”, la corte di Giustizia dell'Unione Europea ha censurato l’art. 161 del c.p. nell’”ipotesi in cui detta normativa nazionale impedisca di infliggere sanzioni effettive e dissuasive in un numero considerevole di casi di frode grave che ledono gli interessi finanziari dell’Unione europea, o in cui preveda, per i casi di frode che ledono gli interessi finanziari dello Stato membro interessato, termini di prescrizione più lunghi di quelli previsti per i casi di frode che ledono gli interessi finanziari dell’Unione Europea”.
In tali casi, infatti, la normativa nazionale sulla prescrizione sarebbe idonea a pregiudicare gli obblighi imposti agli Stati membri.
Tali censure poste dall’Unione Europea hanno suscitato diversi dibattiti nella giurisprudenza interna, la quale ha innanzitutto ricondotto l’istituto della prescrizione ad istituto di natura sostanziale e non processuale, con tutte le conseguenze che ne derivano in ordine alla successione delle leggi penali nel tempo e alla prevedibilità della sanzione, ai sensi dell’art. 25 Cost..
Inoltre, ed è questo il punto cruciale del dibattito, sono state sollevate dalla giurisprudenza interna diverse critiche in merito al requisito della determinatezza assunto dall’ordinamento penale in base all’art. 325 del TFUE, con riguardo al potere del giudice di valutare quando la normativa nazionale osti “in un numero considerevole di casi” alla repressione di “gravi frodi”.
Entrambe le espressioni, infatti, contrastano apertamente con il requisito di tassatività e determinatezza, entrambi corollari del fondamentale principio di legalità, che deve possedere la normativa penale.
Al giudice sarebbe quindi rimesso un potere discrezionale eccessivamente vasto, di cui egli stesso non sarebbe in grado di ridurre la portata, non essendo a conoscenza di dati oggettivi che possano offrire indicazioni certe in merito alla “gravità” delle frodi o al numero di casi “considerevole".

///FINE SPIEGAZIONE ESTESA

Massime relative all'art. 157 Codice Penale

Cass. pen. n. 12498/2022

In tema di atti persecutori, il termine di prescrizione, per la natura abituale del reato, decorre, in caso di contestazione "aperta", dal momento in cui cessa il compimento dell'ultimo degli atti della sequenza criminosa integrativa dell'abitualità, ove emerga dalle risultanze processuali.

Cass. pen. n. 19415/2022

Nei confronti della sentenza resa all'esito di concordato in appello è proponibile il ricorso per cassazione con cui si deduca l'omessa dichiarazione di estinzione del reato per prescrizione maturata anteriormente alla pronuncia di tale sentenza.

Cass. pen. n. 37193/2022

In tema di giudizio di cassazione, il rilievo da parte della Corte della sopravvenuta estinzione del reato per prescrizione comporta necessariamente, ai fini dell'esame dei capi della sentenza impugnata riguardanti gli interessi civili, in ipotesi di responsabilità medica per omissione, l'annullamento di detta sentenza con rinvio al giudice civile competente per valore in grado di appello, essendo preclusa alla Corte di cassazione, per i limiti connessi al giudizio di legittimità, quanto all'accertamento del nesso di causalità, la valutazione, da effettuarsi secondo il criterio del "più probabile che non" a seguito della sentenza della Corte cost. n. 182 del 2021, del materiale probatorio raccolto.

Cass. pen. n. 26877/2022

In tema di prescrizione, ove il giudice ritenga di escludere la recidiva, pur legittimamente contestata, essa resta ininfluente ad ogni ulteriore effetto, anche ai fini del calcolo del tempo necessario a prescrivere.

Cass. pen. n. 24585/2022

Il delitto di diffamazione tramite inserimento di un video nel canale "You Tube" ha natura di reato istantaneo di evento, che si consuma nel momento in cui la frase o l'immagine lesiva diventano fruibili da parte di terzi mediante l'inserimento nel "web", con la conseguenza che da quel momento inizia a decorrere il termine di prescrizione del reato.

Cass. pen. n. 25962/2022

Il giudizio di equivalenza tra aggravanti e attenuanti non esclude la rilevanza dell'aggravante a effetto speciale inclusa tra le prime ai fini del computo del termine di prescrizione, in quanto deve ritenersi applicata anche quando produca, nel bilanciamento di cui all'art. 69 cod. pen., uno degli effetti che le sono propri, ossia paralizzare un'attenuante, impedendole di svolgere la sua funzione di concreta attenuazione della pena da irrogare.

Cass. pen. n. 6568/2022

All'esito del gravame proposto dalla parte civile avverso la sentenza di assoluzione, il giudice d'appello, anche qualora sia intervenuta la prescrizione del reato contestato, deve valutare la sussistenza dei presupposti per una dichiarazione di responsabilità limitata agli effetti civili e può condannare l'imputato al risarcimento del danno o alle restituzioni qualora reputi fondata l'impugnazione, in modo da escludere che possa persistere la sentenza di merito più favorevole all'imputato.

Cass. pen. n. 2891/2021

Nell'ipotesi di declaratoria di estinzione del reato per prescrizione, l'imputato può comunque essere condannato al pagamento delle spese in favore della parte civile, non essendo la prescrizione indice di soccombenza.

Cass. pen. n. 38618/2021

Ai fini della prescrizione del reato occorre tenere conto delle circostanze aggravanti ad effetto speciale, anche ove le stesse siano considerate subvalenti nel giudizio di bilanciamento con le concorrenti circostanze attenuanti, perché l'art. 157, comma 3, cod. pen. esclude espressamente che il giudizio di cui all'art. 69 cod. pen. abbia incidenza sulla determinazione della pena massima del reato.

Cass. pen. n. 43700/2021

La declaratoria di estinzione del reato per prescrizione prevale sulla esclusione della punibilità per particolare tenuità del fatto di cui all'art. 131-bis cod. pen., in quanto essa, estinguendo il reato, rappresenta un esito più favorevole per l'imputato, mentre la seconda lascia inalterato l'illecito penale nella sua materialità storica e giuridica.

Cass. pen. n. 42631/2021

Il delitto di attività organizzate per il traffico illecito di rifiuti, già previsto dall'art. 260 d.lgs. 3 aprile 2006, n. 152 ed attualmente sanzionato dall'art. 452-quaterdecies cod. pen., avendo natura di reato abituale proprio, si consuma con la cessazione di tali complessive attività, e non in corrispondenza di ogni singola condotta, sì che, ai fini della prescrizione, deve tenersi conto delle modifiche normative, anche in peius, nelle more intervenute. (Fattispecie in cui l'ultima attività illecita rilevante era stata posta in essere nell'anno 2011 e, quindi, successivamente all'entrata in vigore della legge 13 agosto 2010, n. 136, che, inserendo la fattispecie di cui all'art. 260 d.lgs. citato nel novero dei reati elencati dall'art. 51, comma 3-bis, cod. proc. pen., ha determinato il raddoppio del termine massimo di prescrizione da sette anni e sei mesi a quindici anni).

Cass. pen. n. 36376/2021

Nel caso di ricorso per cassazione avverso una sentenza di condanna relativa a più reati unificati dal vincolo della continuazione, l'intervenuta prescrizione di uno di essi deve essere dichiarata anche se i motivi di ricorso riferiti a tale reato siano inammissibili. (La Corte ha precisato che i reati unificati con il vincolo della continuazione, diversamente dai capi di imputazione autonomi, hanno sorte processuale comune, non potendosi il relativo capo ritenersi definitivo se la pena è ancora in discussione, poiché irrogata in relazione alla ritenuta continuazione).

Cass. pen. n. 19645/2021

Si può procedere alla confisca in assenza di condanna (nella specie, per intervenuta estinzione del reato a seguito di prescrizione) anche quando sia "per equivalente", sempre che rientri in una delle ipotesi previste dall'art. 322-ter cod. pen., giacché il richiamo contenuto nell'art. 578-bis cod. proc. pen. alla confisca di cui all'art. 322-ter cod. pen. non è limitato ai soli casi di confisca diretta di cui al primo comma dell'art. 322-ter medesimo. (In motivazione, la Suprema Corte ha sottolineato che la natura solo "parzialmente sanzionatoria" della confisca di valore - in quanto connotata piuttosto da una funzione ripristinatoria diretta al riallineamento degli squilibri patrimoniali generati dall'illecito - non implica la sua attrazione nell'area della sanzione penale in senso stretto).

La disposizione di cui all'art. 578-bis cod. proc. pen., introdotta dal d.lgs. 1 marzo 2018, n. 21, che ha disciplinato la possibilità di applicare, con una sentenza di proscioglimento per intervenuta prescrizione, la confisca cd. allargata prevista dall'art. 240-bis cod. pen., estesa, dalla legge 9 gennaio 2019, n. 3, a tutte le ipotesi di confisca di cui all'art. 322-ter cod. pen., costituisce una norma di natura processuale, come tale soggetta al principio "tempus regit actum", non introducendo nuovi casi di confisca, ma limitandosi a definire la cornice procedimentale entro cui può essere disposta la cd. ablazione senza condanna.

Cass. pen. n. 22781/2021

In caso di annullamento parziale della sentenza, qualora siano rimesse al giudice del rinvio questioni relative al riconoscimento di una circostanza aggravante per la quale la legge stabilisca una pena di specie diversa e/o ad effetto speciale, che condiziona ex art. 157, comma secondo, cod. pen. il tempo necessario a prescrivere il reato (nella specie, recidiva reiterata), il giudicato formatosi sull'accertamento del reato non impedisce la declaratoria di estinzione del reato stesso per prescrizione, maturata prima della pronuncia di annullamento.

Cass. pen. n. 20793/2021

La disposizione dell'art. 578-bis cod. proc. pen., che ha disciplinato la possibilità di mantenere la confisca con la sentenza di proscioglimento per intervenuta prescrizione del reato nel caso in cui sia accertata la responsabilità dell'imputato, è applicabile anche alla confisca tributaria ex art. 12-bis d.lgs. 10 marzo 2000, n. 74, ma, ove questa sia stata disposta per equivalente, non può essere mantenuta in relazione a fatti anteriori all'entrata in vigore del citato art. 578-bis cod. proc. pen., atteso il suo carattere afflittivo.

Cass. pen. n. 19150/2021

In tema di associazione finalizzata al traffico di stupefacenti, il reato di cui all'art. 74, comma 6, d.P.R. n. 309 del 1990, relativo alla commissione di fatti di lieve entità ex art. 73, comma 5, dello stesso decreto, non è soggetto al raddoppio dei termini di prescrizione, dovendosi escludere che l'indicazione dell'art. 74 cit. da parte dell'art. 51, comma 3-bis, cod. proc. pen., a sua volta richiamato dall'art. 157 cod. pen., implicante effetti derogatori "in peius", ricomprenda anche l'ipotesi di cui al comma 6, costituente fattispecie delittuosa autonoma - e non attenuata - rispetto a quella di cui al comma 1.

Cass. pen. n. 12093/2021

È inammissibile, perché carente del requisito della specificità dei motivi, il ricorso straordinario per cassazione, presentato ai sensi dell'art. 625-bis cod. proc. pen., che deduce l'omesso rilievo "ex officio" da parte del giudice di legittimità della prescrizione del reato, quando il ricorrente non fornisca compiuta rappresentazione della sequela procedimentale e non dimostri, alla luce della medesima, l'intervenuta maturazione del termine di legge. (In motivazione, la Corte ha precisato che l'accertamento della prescrizione non è frutto del mero computo aritmetico del relativo termine sul calendario, ma implica la risoluzione di plurime questioni di fatto e di diritto, la cui definizione deve presentarsi di chiara evidenza per configurare l'errore di percezione denunciato).

Cass. pen. n. 17598/2020

La dichiarazione di rinuncia alla prescrizione del reato diviene irrevocabile allorquando sia portata a conoscenza dell'autorità giudiziaria, in quanto, una volta scelta la via del giudizio sul merito a fronte della potenziale estinzione del reato, la rinuncia esplica i suoi effetti "hic et nunc", dando immediatamente luogo all'espletamento dell'attività processuale volta ad accertare la consistenza del tema di accusa.

Cass. pen. n. 2385/2020

Non sussiste incompatibilità tra il vizio totale di mente e l'aggravante soggettiva della recidiva, sicché, anche quando il reato è stato commesso da un soggetto non imputabile va considerato nella sua obiettività, scrutinando gli elementi utili per la qualificazione del dolo o della colpa e la determinazione dell'assetto circostanziale, trattandosi di accertamenti funzionali al giudizio di pericolosità sociale e a stabilire la durata minima della misura di sicurezza, ex art. 222 cod. pen.

Cass. pen. n. 52/2020

Nel caso di dichiarazione di estinzione del reato per prescrizione non è consentito disporre la confisca facoltativa diretta del profitto del reato, di cui all'art. 240, comma primo, cod. pen., che presuppone la pronuncia di un giudicato formale di condanna, non essendo ad essa estensibili, in ossequio al principio di legalità, le disposizioni relative ad altre tipologie di confisca, per le quali il contenuto della sentenza di proscioglimento per estinzione del reato, normativamente vincolato all'accertamento della responsabilità del suo autore, può tener luogo del giudicato di condanna.

Cass. pen. n. 36258/2020

Ai fini della prescrizione del reato, deve tenersi conto della recidiva ad effetto speciale ancorché sia ritenuta subvalente nel giudizio di bilanciamento con le concorrenti circostanze attenuanti, poiché l'art. 157, comma terzo, cod. pen. esclude espressamente che il giudizio di cui all'art. 69 cod. pen. abbia incidenza sulla determinazione della pena massima del reato.

Cass. pen. n. 23410/2020

Non viola il divieto di "reformatio in peius" la sentenza del giudice di appello che dia al fatto una definizione giuridica più grave da cui consegua una modifica sfavorevole dei termini di prescrizione. (Fattispecie in cui il giudice di appello aveva riformato la sentenza di condanna di primo grado riqualificando i fatti da delitti tentati a consumati, tornando alla imputazione originaria, rispetto alla quale, pertanto, ha sottolineato la Corte, l'imputato aveva avuto ampia possibilità di far valere le proprie ragioni).

Cass. pen. n. 13671/2020

In tema di violazione della disciplina delle accise sugli idrocarburi, il giudice di appello, nel pronunciare declaratoria di estinzione del reato previsto dall'art. 40 del d.lgs. 26 ottobre 1995, n. 504 per prescrizione, maturata prima della pronuncia della sentenza impugnata, non ha l'obbligo di revocare la confisca dei prodotti petroliferi e degli automezzi disposta ai sensi dell'art. 44 dello stesso d.lgs., sempre che sia integralmente ribadito, in via incidentale, l'accertamento già operato in primo grado in ordine alla sussistenza del reato ed alla sua attribuibilità all'imputato.

Cass. pen. n. 15238/2020

In tema di omicidio colposo commesso con violazione delle norme sulla circolazione stradale, sussiste un rapporto di continuità normativa tra la circostanza oggettiva ad effetto speciale prevista dall'art. 589 cod. pen., formalmente abrogata dalla legge 23 marzo 2016, n. 41, e l'autonoma fattispecie incriminatrice prevista dall'art. 589-bis cod. pen., in quanto la predetta circostanza aggravante è stata pedissequamente riprodotta quale elemento costitutivo della nuova fattispecie incriminatrice. (Fattispecie in cui la Corte ha ritenuto, in virtù della predetta continuità normativa, la correttezza del raddoppio del termine di prescrizione ai sensi dell'art. 157, comma sesto cod. pen. per il reato di omicidio colposo commesso sotto il vigore della previgente normativa).

Cass. pen. n. 15109/2020

Il decorso del termine di prescrizione prima della remissione della querela determina l'estinzione del reato per tale causa, prevalendo, nel concorso tra cause estintive del reato, quella intervenuta in precedenza.

Cass. pen. n. 18182/2020

Nel caso di annullamento, per difetto di motivazione rafforzata, della sentenza di appello che abbia condannato l'imputato in riforma della pronuncia assolutoria di primo grado, la declaratoria di estinzione del reato conseguente alla prescrizione nel frattempo maturata non prevale sul giudizio di assoluzione dell'imputato nel merito, non adeguatamente confutato. (In motivazione, la Corte ha precisato che quando, come nella specie, l'annullamento del capo della sentenza concernente l'azione civile derivi dalla fondatezza del ricorso dell'imputato agli effetti penali, deve essere disposto l'annullamento senza rinvio della pronuncia impugnata, con revoca delle statuizioni civili).

Cass. pen. n. 15758/2020

In tema di ricorso per cassazione, la sentenza d'appello pronunciata "de plano" in violazione del contradditorio tra le parti, che, in riforma della decisione di condanna di primo grado, dichiari l'estinzione del reato per prescrizione, va annullata senza rinvio, con trasmissione degli atti al giudice d'appello, allorché l'imputato rinunci alla prescrizione (nella specie, contenuta nella procura speciale conferita al difensore per il giudizio di legittimità) allegando, così, un interesse concreto ed attuale alla celebrazione del giudizio di appello da lui promosso.

Cass. pen. n. 13539/2020

In caso di declaratoria, all'esito del giudizio di impugnazione, di estinzione del reato di lottizzazione abusiva per intervenuta prescrizione, il giudice d'appello e la Corte di cassazione sono tenuti, in applicazione dell'art. 578-bis cod. proc. pen., a decidere sull'impugnazione agli effetti della confisca di cui all'art. 44, comma 2, del d.P.R. n. 380 del 2001. (In motivazione la Corte, confermando la confisca disposta nel giudizio di merito, ha precisato che deve riconoscersi al richiamo contenuto nella norma citata alla confisca "prevista da altre disposizioni di legge", formulato senza ulteriori specificazioni, una valenza di carattere generale, capace di ricomprendere anche le confische disposte da fonti normative poste al di fuori del codice penale).

Cass. pen. n. 11928/2020

L'omessa notifica del decreto di rinvio a giudizio al responsabile civile assente all'udienza preliminare, ancorché regolarmente citato, impedisce che egli acquisti la qualità di parte e che nei suoi confronti faccia stato l'accertamento contenuto nella sentenza. (Annulla in parte con rinvio, CORTE APPELLO PERUGIA, 23/05/2018).

Cass. pen. n. 11042/2020

È nulla, per violazione del contraddittorio, la sentenza predibattimentale con la quale la corte di appello dichiari l'estinzione del reato per prescrizione confermando la confisca disposta in primo grado, in quanto l'imputato ha diritto allo svolgimento dell'udienza dibattimentale di appello al fine di poter espletare compiutamente la propria attività difensiva anche su tale punto. (Annulla senza rinvio, CORTE APPELLO MESSINA, 20/07/2018).

Cass. pen. n. 14041/2020

In tema di reati contro la pubblica amministrazione, l'art.578-bis cod.proc.pen. consente la confisca per equivalente ex art.322-ter cod.pen., anche in caso di sentenza di prescrizione del reato, in quanto tale forma di ablazione, pur avendo un prevalente carattere afflittivo e sanzionatorio, persegue anche l'esigenza di privare l'autore del reato di un valore equivalente a quanto illecitamente conseguito dalla commissione del reato, sicché non presuppone necessariamente una pronuncia di condanna.

Cass. pen. n. 41992/2019

Nei rapporti di estradizione regolati dalla Convenzione europea del 13 dicembre 1957, l'avvenuta prescrizione del reato è causa ostativa all'accoglimento della domanda, secondo la legislazione della parte richiedente o della parte richiesta (ex art. 10 legge 30 gennaio 1963, n. 300), unicamente nell'ambito delle cd. estradizioni processuali, relative cioè all'esercizio dell'azione penale o comunque a un procedimento in corso di svolgimento, non ancora esaurito con sentenza definitiva, e non anche nell'ambito delle estradizioni avviate per finalità di esecuzione penale (cd. esecutive).

Cass. pen. n. 43255/2019

In tema di favoreggiamento e sfruttamento della prostituzione, il termine di prescrizione decorre dal compimento dell'ultimo atto antigiuridico, in quanto, attesa la natura eventualmente abituale dei reati, solo in questo momento cessa il pericolo di lesione dei beni tutelati dalla norma incriminatrice.

Cass. pen. n. 26868/2019

Ai fini della determinazione del tempo necessario a prescrivere, nei casi di delitti puniti, nel massimo, con la pena inferiore a sei anni di reclusione, ove sia contestata una circostanza ad effetto speciale, l'aumento per detta aggravante va operato sulla pena massima stabilita per il reato consumato o tentato e non sul termine dei sei anni previsto dall'art. 157, comma 1, cod. pen. (Fattispecie relativa al reato di cui all'art. 73, comma 5, d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, con contestata recidiva reiterata).

Cass. pen. n. 46744/2018

Il termine di prescrizione del delitto di appropriazione indebita, nel caso di mandato a vendere, comincia a decorrere dal momento in cui il mandatario rifiuta, senza alcuna giustificazione, di dar seguito alla richiesta del mandante di trasferimento del denaro ricevuto dal compratore, poiché è in questo momento che egli manifesta la volontà di detenere "uti dominus" il bene sul quale non ha più alcun diritto.

Cass. pen. n. 40150/2018

In tema di prescrizione, in relazione ai reati divenuti perseguibili a querela per effetto del d.lgs. 10 aprile 2018, n. 36, durante il tempo necessario all'espletamento della procedura di informativa alla persona offesa della facoltà di proporre querela, prevista dalla disciplina transitoria di cui all'art. 12, comma 2, del predetto decreto, non opera la sospensione del corso della prescrizione del reato, non potendo gravare sull'imputato l'impiego di un termine per consentire alla persona offesa di esprimersi, con la possibilità di far proseguire il processo pendente.

Cass. pen. n. 27582/2018

In tema di reati di favoreggiamento e sfruttamento della prostituzione, il termine di prescrizione decorre da ciascuna singola condotta di per sé idonea ad integrare il reato e non dall'ultima di queste. (In motivazione, la Corte ha precisato che per la consumazione del reato eventualmente abituale - quali sono le fattispecie in oggetto - è sufficiente il compimento della condotta tipica anche una sola volta, sicché la reiterazione della medesima condotta, sorretta da un'unitaria volizione delittuosa, dà luogo ad un unico reato, pur aggravandone il disvalore penale).

Cass. pen. n. 25532/2018

I reati attribuiti alla competenza del giudice di pace, commessi dopo l'entrata in vigore della legge 5 dicembre 2005, n. 251, sono sottoposti al termine ordinario di prescrizione di cui all'art. 157, comma primo, cod. pen., come novellato dalla legge citata (quattro anni per le contravvenzioni e di sei anni per i delitti), non essendo ad essi applicabile il minor termine previsto dal comma 5 della medesima disposizione.

Cass. pen. n. 3391/2018

La declaratoria di estinzione del reato per prescrizione non può essere pronunciata anche nei confronti del coimputato non impugnante in forza dell'effetto estensivo dell'impugnazione previsto dall'art. 587, comma 1, cod. proc. pen., se il giudicato di colpevolezza nei suoi confronti si è formato prima del verificarsi della predetta causa estintiva. (In motivazione la S.C. ha chiarito che l'opzione del coimputato impugnante di protrarre il procedimento configura una scelta processuale "esclusivamente personale" che rende perciò inoperante l'art. 587, comma 1, cod. proc. pen. con riguardo alla prescrizione).

Cass. pen. n. 9956/2018

Ai fini della prescrizione del delitto di "stalking", che è reato abituale, il termine decorre dal compimento dell'ultimo atto antigiuridico, coincidendo il momento della consumazione delittuosa con la cessazione dell'abitualità.

Cass. pen. n. 46467/2017

In tema di cause di estinzione del reato, il principio del "favor rei", in base al quale, nel dubbio sulla data di decorrenza del termine di prescrizione, il momento iniziale va fissato in modo che risulti più favorevole all'imputato, opera solo in caso di incertezza assoluta sulla data di commissione del reato o, comunque, sull'inizio del termine di prescrizione, ma non quando sia possibile eliminare tale incertezza, anche se attraverso deduzioni logiche, del tutto ammissibili.

Cass. pen. n. 22127/2017

Ai fini del calcolo dei termini di prescrizione ai sensi degli artt. 157, comma secondo, e 161, comma secondo, cod. pen., oltre che dell'aggravamento della pena edittale, la recidiva reiterata infraquinquennale è del tutto equiparata alla recidiva specifica, reiterata ed infraquinquennale, essendo sufficiente, per la determinazione dei predetti effetti, la presenza anche di due soli elementi specializzanti rispetto alla recidiva semplice.

Cass. pen. n. 14767/2017

In tema di ricettazione, l'ipotesi attenuata prevista dal secondo comma dell'art. 648 cod. pen. non costituisce una autonoma previsione incriminatrice, ma una circostanza attenuante speciale; ne consegue che, ai fini dell'applicazione della prescrizione, deve aversi riguardo alla pena stabilita dal primo comma del predetto articolo.

Cass. pen. n. 6369/2017

In tema di prescrizione dei reati colposi, è legittima, in quanto non viola il principio di legalità, la contestuale applicazione della disposizione di cui all'art. 157 cod. pen., nel testo previgente alla legge 5 dicembre 2005 n.251 (in quanto legge più favorevole al reo), e la disposizione dell'art. 4 della stessa legge, che ha abolito la previsione della recidiva nei reati colposi, attesa l'autonomia degli istituti della prescrizione e della recidiva.

Cass. pen. n. 53667/2016

In tema di frode in danno di enti previdenziali per ricezione indebita di emolumenti periodici, è configurabile il reato di truffa c.d. a consumazione prolungata quando le erogazioni pubbliche, a versamento rateizzato, siano riconducibili ad un originario ed unico comportamento fraudolento, mentre si configurano plurimi ed autonomi fatti di reato quando, per il conseguimento delle erogazioni successive alla prima, sia necessario il compimento di ulteriori attività fraudolente; ne consegue che, ai fini della prescrizione, nella prima ipotesi il relativo termine decorre dalla percezione dell'ultima rata di finanziamento, mentre nella seconda dalla consumazione dei singoli fatti illeciti.

Cass. pen. n. 48578/2016

Il termine di prescrizione del reato di omessa dichiarazione, di cui all'art. 5 D.Lgs. 10 marzo 2000, n. 74, decorre dal novantunesimo giorno successivo alla scadenza del termine ultimo stabilito dalla legge per la presentazione della dichiarazione annuale; termine che, con riferimento alla dichiarazione 2008 relativa al periodo di imposta 2007, deve essere individuato nel 30 settembre 2008, anziché nell'ordinario 31 luglio, per effetto della proroga disposta dall'art. 3 del D.L. n. 97 del 2008, convertito con modificazioni dalla L. n. 129 del 2008.

Cass. pen. n. 44335/2016

Nel reato di lesioni personali colpose provocate da responsabilità medica, la prescrizione inizia a decorrere dal momento dell'insorgenza della malattia "in fieri", anche se non ancora stabilizzata in termini di irreversibilità o di impedimento permanente.

Cass. pen. n. 35404/2016

Il raddoppio dei termini di prescrizione di cui all'art. 157, comma sesto, cod. pen., introdotto (anche) per il reato di cui all'art. 609-bis cod. pen. dall'art. 4, comma primo, legge 1 ottobre 2012, n. 172, non è applicabile a fatti di violenza sessuale arrestatisi sulla soglia del tentativo.

Cass. pen. n. 29869/2016

In tema di riciclaggio, ove più siano le condotte consumative del reato, attuate in un medesimo contesto fattuale e con riferimento ad un medesimo oggetto, si configura un unico reato a formazione progressiva e consumazione prolungata, che viene a cessare con l'ultima delle operazioni poste in essere. (Fattispecie in cui la Corte ha ritenuto immune da vizi la sentenza che aveva escluso che la decorrenza del termine di prescrizione dovesse essere valutata in relazione alle singole condotte di "sostituzione" del danaro provento di reato, attuate attraverso operazioni su conti correnti bancari).

Cass. pen. n. 29627/2016

In tema di contravvenzioni, la disciplina della prescrizione introdotta dalla L. 5 dicembre 2005, n. 251 non trova applicazione ai procedimenti od ai processi in corso alla data della sua entrata in vigore e relativi ai reati contravvenzionali, in quanto, per i predetti reati, i termini di prescrizione previsti dalla nuova disciplina sono sempre maggiori rispetto a quella previgente, sia per la prescrizione ordinaria che per quella massima

Cass. pen. n. 44826/2014

Il giudice di appello che, nel pronunciare declaratoria di estinzione del reato per prescrizione, accerti che la prescrizione del reato è maturata prima della sentenza di primo grado deve contestualmente revocare le statuizioni civili in essa contenute, con la conseguenza che è illegittima, in tal caso, la condanna dell'imputato al risarcimento dei danni in favore della parte civile.

Cass. pen. n. 45158/2013

In tema di prescrizione del reato, nell'ipotesi di imputazione plurima, il principio che impone l'applicazione integrale della disciplina più favorevole tra quella introdotta dalla legge 5 dicembre 2005, n. 251 e quella precedente trova applicazione con riferimento a ogni singolo fatto di reato, ben potendo darsi il caso che per un reato sia più favorevole il vecchio regime prescrizionale e per un altro, pur contestualmente contestato, sia più favorevole il nuovo.

In tema di prescrizione del reato, la Corte di cassazione può procedere all'immediata declaratoria dell'estinzione del reato solo in presenza di riferimenti temporali che siano di per sé sufficientemente univoci o di riferimenti temporali la cui incertezza sia insanabile; diversamente, si rende necessario l'annullamento con rinvio della sentenza impugnata, per consentire al giudice di merito una nuova valutazione sul punto.

Cass. pen. n. 34568/2013

La rinunzia alla impugnazione, in quanto unica causa di inammissibilità che si connota come sopravvenuta, non opera con riferimento ad un reato, il cui termine di prescrizione sia maturato anteriormente ad essa.

Cass. pen. n. 28290/2013

In materia di prescrizione, nel caso in cui tra un atto interruttivo ed il successivo non sia interamente decorso il termine ordinario di cui all'art. 157 cod. pen., la prescrizione non matura prima della decorrenza del termine massimo di cui al comma secondo dell'art. 161 cod.pen.

Cass. pen. n. 23944/2013

Il raddoppio dei termini prescrizionali previsto dall'art. 157, comma sesto, c.p. è applicabile esclusivamente alle ipotesi di omicidio colposo aggravato dalla violazione delle norme sulla circolazione stradale (art. 589, commi secondo e terzo, c.p.) o sulla prevenzione degli infortuni sul lavoro. (Fattispecie nella quale è stato ritenuto inapplicabile l'aumento dei termini di prescrizione all'ipotesi di concorso formale di più omicidi colposi).

Cass. pen. n. 7553/2013

In tema di prescrizione, nel caso di sospensione del procedimento a seguito di trasmissione degli atti alla Corte costituzionale per la risoluzione di una questione di legittimità costituzionale, la data di cessazione dell'effetto sospensivo e, pertanto, la data finale del periodo di sospensione del termine prescrizionale coincide con quella in cui gli atti sono restituiti al giudice remittente.

Cass. pen. n. 15933/2012

Ai fini dell'operatività delle disposizioni transitorie della nuova disciplina della prescrizione, la pronuncia della sentenza di primo grado, indipendentemente dall'esito di condanna o di assoluzione, determina la pendenza in grado d'appello del procedimento, ostativa all'applicazione retroattiva delle norme più favorevoli.

Cass. pen. n. 26826/2011

Non deve tenersi conto, ai fini del calcolo dei termini di prescrizione del reato, della circostanza aggravante di cui all'art. 7 D.L. n. 152 del 1991, conv. nella L. n. 203 del 1991, una volta riconosciuta all'imputato l'attenuante dell'art. 8, comma primo, del medesimo D.L. (Nella specie la Corte ha ritenuto che il riconoscimento dell'attenuante di cui all'art. 8 D.L. n. 152 del 1991 abbia come effetto l'elisione automatica della circostanza aggravante di cui all'art. 7 del medesimo D.L.)

Cass. pen. n. 20832/2011

La causa estintiva della prescrizione, una volta dichiarata con sentenza, non può essere oggetto di rinuncia nei gradi successivi. (In motivazione la Corte ha precisato che, ove ciò avvenisse, sarebbe violato il divieto di "reformatio in peius").

Cass. pen. n. 14248/2011

Non deve tenersi conto, ai fini del calcolo dei termini di prescrizione del reato, dell'aumento di pena collegato alla recidiva che non sia stata contestata.

Cass. pen. n. 12400/2011

È manifestamente infondata, in riferimento all'art. 117 Cost., la questione di legittimità costituzionale dell'art. 10, comma terzo, L. n. 251 del 2005, nella parte in cui esclude l'applicazione dei nuovi termini di prescrizione, se più brevi, ai processi già pendenti in grado di appello o avanti alla Corte di cassazione.

Cass. pen. n. 10725/2011

La disciplina della prescrizione del reato introdotta con la novella codicistica apportata con la L. n. 251 del 2005 non trova applicazione, seppure i termini di prescrizione risultino per i reati per cui si procede più brevi, nei processi in cui già prima dell'entrata in vigore della indicata legge di modifica era stata emessa la sentenza di primo grado, e ciò pur quando il processo sia successivamente regredito a seguito della dichiarazione di nullità della sentenza medesima.

Cass. pen. n. 45023/2010

La prescrizione maturata prima della sentenza di patteggiamento può essere fatta valere con ricorso per cassazione, in quanto la rinuncia alla prescrizione richiede una dichiarazione di volontà espressa e specifica che non ammette equipollenti. Ne deriva che la richiesta di applicazione di una pena concordata ai sensi dell'art. 444 del codice di rito, non costituisce ipotesi di rinuncia alla prescrizione non più revocabile.

Cass. pen. n. 43771/2010

In tema di prescrizione del reato, quando il giudice abbia escluso la circostanza aggravante facoltativa della recidiva qualificata (art. 99, comma quarto, c.p.), non ritenendola in concreto espressione di una maggiore colpevolezza o pericolosità sociale dell'imputato, la predetta circostanza deve ritenersi ininfluente anche ai fini del computo del tempo necessario a prescrivere il reato.

Cass. pen. n. 43343/2010

In tema di prescrizione, non è consentita l'applicazione simultanea di disposizioni introdotte dalla L. 5 dicembre 2005, n. 251 e di quelle precedenti, secondo il criterio della maggiore convenienza per l'imputato, occorrendo applicare integralmente l'una o l'altra disciplina. (Fattispecie in cui la S.C. ha ritenuto applicabili le nuove norme sulla prescrizione, in quanto la sentenza di condanna di primo grado era stata pronunciata dopo l'entrata in vigore della L. n. 251 del 2005).

Cass. pen. n. 33871/2010

Ai fini della determinazione del tempo necessario a prescrivere, deve aversi riguardo, in caso di concorso di circostanze aggravanti ad effetto speciale, all'aumento di pena così come determinato in forza dell'art. 63. comma quarto, c. p.. (In motivazione, la S.C. ha affermato che il principio di cui in massima trova applicazione anche nel vigore della disciplina introdotta dalla L. 5 dicembre 2005, n. 251).

Ai fini della determinazione del tempo necessario a prescrivere, l'aumento di pena per la circostanza aggravante è valutabile anche se la stessa sia stata oggetto di contestazione suppletiva dopo la decorrenza del termine di prescrizione previsto per il reato non aggravato, purché la contestazione abbia preceduto la pronuncia della sentenza.

Cass. pen. n. 26312/2010

La disciplina della prescrizione più favorevole in riferimento ai reati di usura commessi prima dell'entrata in vigore della L. n. 251 del 2005, la quale ha contestualmente modificato i termini di prescrizione dei reati in generale ed ha aumentato la pena detentiva edittale massima per il reato di usura portandola da sei a dieci anni, è quella contenuta nell'indicata novella. (La Corte ha escluso in motivazione che l'applicazione del nuovo più breve termine prescrizionale parametrato alla pregressa più lieve pena si risolva nella indebita creazione di una "tertia lex" ).

Cass. pen. n. 22357/2010

Non è manifestamente infondata, in riferimento all'art. 117 della Costituzione, la questione di legittimità costituzionale dell'art. 10, comma terzo, della legge n. 251 del 2005, nella parte in cui esclude l'applicazione dei nuovi termini di prescrizione, se più brevi, ai processi già pendenti in grado di appello o avanti alla Corte di cassazione.

Cass. pen. n. 21947/2010

La determinazione del termine di prescrizione del reato va effettuata secondo il calendario comune con decorrenza dal giorno successivo al verificarsi del fatto e senza tenere conto dei giorni effettivi di cui è composto l'anno o il mese.

Cass. pen. n. 20567/2010

Non rientra nei poteri del giudice dell'esecuzione la dichiarazione di estinzione per prescrizione del reato oggetto della sentenza definitiva di condanna, pur se la prescrizione sia maturata prima del passaggio in giudicato della sentenza, in ragione della immodificabilità, in sede esecutiva, del giudicato.

Cass. pen. n. 6306/2010

La prescrizione del reato maturata anteriormente alla rinuncia all'appello proposto dal solo P.M. avverso sentenza di condanna dell'imputato va dichiarata dalla Corte di cassazione, qualora non vi abbia provveduto il giudice di secondo grado che erroneamente abbia dichiarato inammissibile l'impugnazione, sempre che non emergano elementi certi per un proscioglimento dell'imputato nel merito.

Cass. pen. n. 3368/2010

In tema di prescrizione, ai fini dell'applicabilità retroattiva del termine prescrizionale più favorevole, di cui all'art. 10, comma terzo, L. 7 dicembre 2005, n. 251, è rilevante il "tempus commissi delicti" e non già la formale pendenza del procedimento penale, connessa alla data di iscrizione del reato nel registro previsto dall'art. 335 c.p.p.. (Nella fattispecie, il P.M. ricorrente aveva sostenuto che doveva essere applicato il più lungo periodo prescrizionale previsto dalla nuova normativa, in quanto, benchè il reato risultasse consumato nel gennaio 2005, alla data dell'entrata in vigore della L. 251 del 2005 non era stata effettuata la relativa iscrizione nel registro delle notizie di reato) della disciplina transitoria di cui all'art. 10, L. 7 dicembre 2005, n. 251.

Cass. pen. n. 48042/2009

In tema di prescrizione dei reati è consentita la simultanea applicazione della disciplina del termine di prescrizione anteriore alla L. 5 dicembre 2005, n. 251, se più favorevole all'imputato, e della disciplina relativa alla durata massima della sospensione del medesimo termine dettata dall'art. 159, comma primo, n. 3 c.p., come modificato dalla legge indicata, qualora all'entrata in vigore di quest'ultima il procedimento non risulti pendente in grado di appello non essendo stata pronunciata la sentenza di condanna di primo grado. (In motivazione la S.C. ha affermato che dal secondo e dal terzo comma dell'art. 10 L. n. 251 del 2005 deve trarsi l'implicazione che il criterio ispiratore della disciplina dell'istituto è quello del "favor rei", come è reso evidente dall'espresso richiamo all'art. 2 c.p.).

Cass. pen. n. 41964/2009

L'esclusione della prescrizione dei delitti per i quali la legge prevede la pena dell'ergastolo, quantunque oggetto di formalizzazione con L. 5 dicembre 2005 n. 251 (modifiche al c.p. e alla L. 26 luglio 1975 n. 354, in materia di attenuanti generiche, di recidiva, di giudizio di comparazione delle circostanze di reato per i recidivi, di usura e di prescrizione), è antecedente ad essa. Ne consegue che il reato punito con detta pena commesso prima dell'entrata in vigore della citata legge è imprescrittibile pur senza una specifica disposizione in tal senso. (Fattispecie concernente misura cautelare personale disposta in relazione a delitto di omicidio volontario aggravato, ritenuta dall'imputato illegittima per l'intervenuta prescrizione del reato).

Cass. pen. n. 13523/2009

In tema di prescrizione del reato, ai fini del meccanismo di calcolo delle circostanze attenuanti speciali, deve ritenersi che, a seguito della disciplina transitoria prevista dall'art. 10, comma terzo, L. 5 dicembre 2005, n. 251, nella parte in cui esclude per i processi già pendenti l'applicabilità dei termini che risultino più brevi per effetto delle nuove disposizioni, continui ad applicarsi ai medesimi anche la previgente disposizione di cui all'art. 157, comma secondo, c.p., con la conseguenza che alla diminuzione minima corrisponde il massimo della pena edittale autonomamente stabilita per questo tipo di attenuanti rispetto alla pena ordinaria del reato. (Fattispecie relativa all'attenuante di cui all'art. 73, comma quinto, D.P.R. n. 309 del 1990).

Cass. pen. n. 12374/2009

Gli effetti della rinuncia alla prescrizione non sono limitati alla fase processuale nella quale è intervenuta (nel caso di specie, il giudizio di primo grado).

Cass. pen. n. 7112/2009

In tema di prescrizione, ai fini dell'applicazione delle disposizioni transitorie previste dall'art. 10, comma terzo, della L. 5 dicembre 2005, n. 251, quando il giudizio di primo grado si sia concluso con una sentenza di assoluzione, il momento determinante per stabilire la pendenza del procedimento in appello va individuato nell'emissione del decreto di citazione per il giudizio ex art. 601 c.p.p..

Cass. pen. n. 47380/2008

Il reato di omicidio colposo plurimo non è configurabile come reato unico ma come concorso formale di più reati, unificati soltanto "quoad poenam", sicché il termine di prescrizione del reato va computato con riferimento a ciascun evento di morte o di lesioni, dal momento in cui ciascuno di essi si è verificato.

Cass. pen. n. 43372/2008

La sospensione del termine di prescrizione disposta dal giudice su accordo delle parti, ma fuori dai casi previsti dalla legge, è priva di effetti.

Cass. pen. n. 38558/2008

Il termine di prescrizione applicabile ai reati di guida in stato d'ebbrezza commessi prima dell'entrata in vigore della L. n. 251 del 2005 in relazione a fatti sussumibili nella più favorevole fattispecie incriminatrice di cui all'art. 186, comma secondo, lett. a ), c.s., ora in vigore, è in ogni caso quello previsto dall'art. 157 c.p., nel testo precedente alle modifiche introdotte dalla legge menzionata. (In motivazione la Corte ha precisato che l'applicazione della norma incriminatrice come modificata dal D.L. n. 117 del 2007 comporta anche l'applicazione dei più lunghi termini di prescrizione introdotti per le contravvenzioni punite con la sola pena pecuniaria dalla L. n. 251 del 2005 e dunque determina un risultato meno favorevole per l'imputato ).

Cass. pen. n. 33344/2008

La rinuncia alla prescrizione inequivocabilmente portata a conoscenza dell'organo procedente è irrevocabile.

Cass. pen. n. 31702/2008

La presenza del giudizio d'appello, rilevante, secondo la normativa transitoria dettata dall'art. 10, comma 3, L. n. 251 del 2005 (come interpretato dalla Corte costituzionale a seguito della declaratoria di incostituzionalità di cui alla sentenza n. 393 del 2006), ai fini dell'applicazione delle “vecchie” o delle “nuove” norme in tema di prescrizione, ha inizio nel momento della pronunzia della sentenza di primo grado, che coincide con il momento della lettura del dispositivo e non con quello, eventualmente successivo, del deposito della motivazione.

Cass. pen. n. 26101/2008

In tema di prescrizione, ai fini dell'applicazione delle disposizioni di cui all'art. 10, comma terzo, L. n. 251 del 2005, la pendenza del grado di appello, che rileva per escludere la retroattività delle norme sopravvenute più favorevoli, ha inizio nel momento in cui è proposto l'appello.

Cass. pen. n. 18382/2008

In tema di prescrizione del reato, il deposito dell'atto di appello segna il momento nel quale si determina la pendenza del giudizio di secondo grado, che rappresenta il discrimine temporale per l'applicazione dei termini prescrizionali più favorevoli all'imputato nei processi in corso alla data di entrata in vigore della legge 5 dicembre 2005, n. 251.

Cass. pen. n. 16701/2008

La norma transitoria di cui all'art. 10, comma terzo, della L. n. 251 del 2005, anche come integrata con la sentenza della Corte costituzionale n. 393 del 2006, esclude la retroattività della sopravvenuta più favorevole disciplina della prescrizione in tutti i giudizi di impugnazione, incluso quello di rinvio, che non consiste nella semplice rinnovazione del giudizio conclusosi con la sentenza annullata, ma rappresenta una fase a sé stante, condizionata dalla pronuncia della Corte di cassazione.

La norma transitoria di cui all'art. 10. comma terzo, della L. n. 251 del 2005, anche come integrata con la sentenza della Corte costituzionale n. 393 del 2006, esclude la retroattività della sopravvenuta più favorevole disciplina della prescrizione in tutti i giudizi di impugnazione, incluso quello di rinvio, che non consiste nella semplice rinnovazione del giudizio conclusosi con la sentenza annullata, ma rappresenta una fase a sé stante, condizionata dalla pronuncia della Corte di cassazione.

Cass. pen. n. 2126/2008

In tema di prescrizione dei reati contravvenzionali non è consentita la simultanea applicazione di disposizioni introdotte dalla L. 5 dicembre 2005 n. 251 (modifiche al c.p. in materia di attenuanti generiche, di recidiva, di giudizio di comparazione delle circostanze di reato per i recidivi di usura e di prescrizione) e di quelle precedenti, secondo il criterio della maggiore convenienza per l'imputato, occorrendo applicare integralmente l'una o l'altra disciplina in relazione alle previsioni della norma transitoria di cui all'art. 10, comma secondo, della legge citata. (Nella specie, il ricorrente pretendeva di applicare la disciplina previgente, quanto all'applicazione del termine di prescrizione ordinario e quella sopravvenuta quanto al computo dei periodi di sospensione del suo corso).

Cass. pen. n. 1574/2008

In tema di prescrizione, ai fini dell'applicazione delle norme transitorie previste dall'art. 10, comma terzo, L. n. 251 del 2005 la pendenza del grado d'appello ha inizio dopo la sentenza di primo grado, che deve ritenersi intervenuta all'atto della lettura del dispositivo.

Cass. pen. n. 41965/2007

In tema di prescrizione del reato, la sentenza della Corte costituzionale n. 393 del 2006 non comporta un'applicazione indistinta della previsione di cui all'art. 6 L. n. 251 del 2005, avendola limitata ai procedimenti pendenti in primo grado alla data di entrata in vigore della legge. (La Corte ha precisato che, con la pronuncia della sentenza, il giudizio di primo grado è definitivamente concluso e che la proposizione dell'atto di appello determina automaticamente la competenza del giudice di appello a conoscere del processo).

Cass. pen. n. 34915/2007

In tema di prescrizione, qualora sia stato contestato un reato di associazione per delinquere finalizzata alla commissione di delitti di contrabbando di tabacchi lavorati esteri, punibile ai sensi dell'art. 416 c.p., in quanto costituito da condotta posta in essere anteriormente all'entrata in vigore della L. 19 marzo 2001 n. 92 — introduttiva, con l'art. 1, comma primo, lett. a), della specifica figura di reato di cui all'art. 291 quater D.P.R. 23 gennaio 1973 n. 43 — deve tenersi conto, ai fini dell'individuazione, ai sensi dell'art. 10, comma secondo, L. 5 dicembre 2005 n. 251, di quale sia la disciplina più favorevole, anche del raddoppio dei termini previsto dall'art. 157, comma sesto, c.p., nel testo introdotto dall'art. 6 della cit. Legge n. 251 del 2005, per il caso di delitti compresi tra quelli di cui all'art. 51, commi terzo bis e terzo quater c.p.p., tra i quali è stato inserito il delitto di cui all'art. 291 quater D.P.R. n. 43 del 1973, fermo restando che la pena da assumere a base del computo dev'essere sempre quella, meno grave, prevista dalla norma incriminatrice vigente all'epoca del fatto. (Nella specie, in applicazione di tale principio, è stato ritenuto che fossero quindi più favorevoli i termini di prescrizione previsti dall'art. 157 c.p. nel testo previgente).

Cass. pen. n. 28539/2007

Il termine di prescrizione dei delitti di competenza del giudice di pace è quello ordinario e non quello di tre anni previsto dall'art. 157, comma quinto, c.p. in relazione ai reati per i quali la legge stabilisce pene diverse da quella detentiva e da quella pecuniaria, a nulla rilevando la circostanza che nel procedimento dinanzi al predetto giudice possano essere irrogate solo le pene pecuniarie vigenti, se esclusive, ovvero quelle paradetentive della permanenza domiciliare o del lavoro di pubblica utilità in sostituzione di quelle detentive, sole o congiunte a pene pecuniarie, in quanto le citate sanzioni paradetentive sono considerate per ogni effetto giuridico come pena detentiva della specie corrispondente a quella della pena originaria. (Fattispecie relativa a concorso dei reati di ingiuria e lesione personale)

Cass. pen. n. 18391/2007

La rinuncia alla prescrizione — esercitabile dall'imputato di persona ovvero con il ministero di un procuratore speciale, solo dopo la maturazione del relativo termine di legge — presuppone, ai sensi dell'art. 157 c.p., così come novellato dall'art. 6 della L. 5 dicembre 2005 n. 251, una dichiarazione di volontà espressa e specifica che non ammette equipollenti. Ne consegue che la richiesta di applicazione concordata della pena ai sensi dell'art. 444 c.p.p. non costituisce un'ipotesi tipica di rinuncia alla prescrizione non più revocabile.

L'art. 157 c.p., come modificato dall'art. 6 della legge n. 251 del 2004, prevede che la rinuncia alla prescrizione debba essere operata espressamente dall'imputato; ne consegue che è necessaria, per la sua efficacia, una dichiarazione di volontà espressa e pacifica che non ammette equipollenti, come ad esempio la proposizione della istanza di applicazione della pena.

Cass. pen. n. 17399/2007

È legittima la decisione con cui il giudice di pace applichi — in ordine al reato di lesioni personali volontarie (art. 582 c.p.) — il termine di prescrizione triennale di cui all'art. 157, comma quinto, c.p. (nel testo novellato dalla L. n. 251 del 2005), considerato che esso ne prevede l'applicabilità per il reato per il quale «la legge stabilisce pene diverse da quelle detentive» e che, ai sensi dell'art. 18 c.p., sono pene detentive l'ergastolo, la reclusione e l'arresto. Ne deriva che le pene della permanenza domiciliare e del lavoro di pubblica utilità (applicabili nella specie) non possono essere considerate pene detentive ai fini dell'applicazione dell'art. 157, comma quinto, c.p., ancorché l'art. 58 D.L.vo n. 274 del 2000 assegni ad esse tale valenza giuridica ad ogni altro effetto di legge, sia pure in contrasto con l'art. 53, comma secondo, del suddetto D.L.vo n. 274, in virtù del quale il condannato alla permanenza domiciliare non è considerato in stato di detenzione.

Cass. pen. n. 39086/2006

In materia di contravvenzioni, la nuova disciplina della prescrizione, introdotta con la L. 5 dicembre 2005 n. 251, è meno favorevole di quella previgente, con la conseguenza che essa non si applica ai procedimenti in corso.

Cass. pen. n. 19472/2006

In tema di prescrizione, l'onere di provare con precisione la data di commissione del reato non grava sull'imputato ma sull'accusa, con la conseguenza che in mancanza di prova certa sulla data di consumazione, in applicazione del principio del favor rei deve essere dichiarata l'estinzione del reato per prescrizione.

Cass. pen. n. 27449/2005

In ipotesi di subordinazione della sospensione condizionale della pena all'adempimento di un obbligo da parte del condannato, qualora questi non ottemperi all'obbligo il termine iniziale della prescrizione del reato coincide non con la data di scadenza del termine originariamente assegnato dal giudice per l'adempimento, ma con la data in cui il provvedimento di revoca del beneficio è divenuto definitivo.

Cass. pen. n. 23412/2005

La rinuncia alla prescrizione non rientra nel novero degli atti processuali che possono essere compiuti dal difensore a norma dell'art. 99 c.p.p., in quanto costituisce, dopo la sentenza della Corte costituzionale che ha dichiarato costituzionalmente illegittimo l'art. 157 nella parte in cui non prevedeva tale possibilità a favore dell'imputato, un diritto personalissimo dello stesso che è a lui personalmente ed esclusivamente riservato. (Fattispecie in cui la Corte di cassazione ha escluso altresì la possibilità che il silenzio dell'imputato, in presenza di una richiesta avanzata dal difensore, possa essere equiparato ad un comportamento concludente diretto a manifestare una positiva volontà alla rinuncia).

Cass. pen. n. 12380/2005

È inefficace la rinuncia alla prescrizione proveniente dal difensore non munito di apposita procura speciale, ancorché la relativa dichiarazione sia stata avanzata alla presenza dell'imputato.

Cass. pen. n. 6986/2005

Il reato di omesso pagamento della somma applicata a titolo di sanzione sostitutiva, dal giudice in sede di condanna su richiesta dell'imputato (art. 83 legge 24 novembre 1981, n. 689), ha natura omissiva e l'antigiuridicità della condotta permane fino a quando permane l'interesse dello Stato all'adempimento, con la conseguenza che non inizia a decorrere il termine di prescrizione fino a quando non si adempia all'ordine di pagamento.

Cass. pen. n. 42557/2004

L'estinzione per prescrizione di una contravvenzione (nella specie: art. 186 codice della strada) che commini oltre alla sanzione penale anche una sanzione amministrativa, non comporta anche l'estinzione di quest'ultima, atteso che l'accertamento del fatto-reato cui consegue la sanzione amministrativa deve ritenersi effettuato anche nel caso in cui il processo si concluda con declaratoria di prescrizione.

Cass. pen. n. 3900/2004

In tema di prescrizione del reato (art. 157 c.p.), il diritto di rinuncia può essere esercitato solamente dopo che la prescrizione sia maturata, in quanto solo da quel momento l'interessato può valutarne gli effetti. (Contrasto segnalato con relazione n. 50 del 1999).

Cass. pen. n. 49540/2003

In tema d'impedimento del difensore per concomitanza di altro impegno professionale, questi ha l'onere di prospettare, in modo tempestivo e motivato, le ragioni che gli impediscono di presenziare, nonché di fornire specifica ragione della impossibilità di avvalersi di un sostituto ai sensi dell'art. 102 c.p.p., sia nel processo a cui intende partecipare, sia in quello di cui chiede il rinvio; da parte sua il giudice deve valutare accuratamente le deduzioni documentate, bilanciando le esigenze di difesa dell'imputato con quelle dell'amministrazione della giustizia, accertando che l'impedimento non sia funzionale a manovre dilatorie (fattispecie in cui la Corte ha ritenuto motivato il diniego di rinvio dell'udienza per impedimento del difensore, oltre che per insufficiente giustificazione, anche in considerazione del fatto che il difensore aveva ottenuto in precedenza già due rinvii e che si trattava di reato prossimo alla prescrizione).

Cass. pen. n. 47437/2003

In tema di estinzione del reato, la declaratoria di falsità documentale, dovendo essere adeguatamente motivata, va emessa solo se le risultanze processuali siano tali da consentire di affermare che essa sia stata positivamente accertata, sulla base delle norme che regolano l'acquisizione e la valutazione della prova nel processo penale. Essa dunque non può essere fatta meccanicamente conseguire, quale inevitabile effetto della causa estintiva, la cui applicazione nulla sta a significare, né in ordine alla sussistenza del fatto, né in ordine alla colpevolezza dell'imputato. (Fattispecie in tema di prescrizione, nella quale la Suprema Corte ha annullato la statuizione di falsità documentale relativa ad una domanda di condono edilizio con riferimento ad imputati, per i quali era stata applicata, nella fase di merito, la causa estintiva).

Cass. pen. n. 34481/2003

L'ipotesi criminosa prevista dall'art. 368 c.p. (calunnia) si realizza anche quando il reato attribuito all'innocente è estinto per prescrizione al momento della denuncia.

Cass. pen. n. 25680/2003

Il termine di prescrizione deve essere computato in riferimento alla specifica e concreta configurazione finale che del fatto il giudice abbia ritenuto in sentenza, avuto riguardo alla qualificazione giuridica ed agli elementi circostanziali, e ciò anche in relazione alle fasi processuali precedenti, dovendosi in base ad esso stabilire, nella verifica di eventuale estinzione del reato, l'efficacia dei fatti interruttivi o sospensivi di volta in volta intervenuti.

Cass. pen. n. 23251/2003

L'estensione dell'impugnazione, ai sensi dell'art. 587 c.p.p., non preclude il formarsi ab initio del giudicato, con la conseguenza che l'operatività, in via di estensione, di una causa estintiva del reato derivante, come la prescrizione, dal decorso del tempo, presuppone che essa preesista alla proposizione del ricorso da parte dell'imputato non appellante, restando altrimenti preclusa la sua operatività dal passaggio in giudicato della decisione nei suoi confronti.

Cass. pen. n. 13710/2003

Il giudice che decide sulla richiesta di applicazione della pena ai sensi dell'art. 444 c.p.p., una volta escluso, sulla base degli atti, che debba essere pronunciato proscioglimento a norma dell'art. 129 c.p.p., non può successivamente dichiarare estinto per prescrizione il reato nella fase in cui valuti positivamente l'accordo concluso fra le parti in ordine al riconoscimento di attenuanti e al conseguente loro bilanciamento, accordo finalizzato alla determinazione della pena da infliggere in concreto e non già ad ottenere la dichiarazione di estinzione del reato per prescrizione a seguito dell'abbreviazione del relativo termine derivante dalla riduzione della pena edittale.

Cass. pen. n. 7307/2003

Ai fini della determinazione del tempo necessario per la prescrizione delle contravvenzioni attribuite alla cognizione del giudice di pace, punite con la pena pecuniaria o, in alternativa, con le sanzioni c.d. paradetentive, deve farsi riferimento all'art. 157 comma 1 n. 5) c.p., che per le contravvenzioni punite con la pena dell'arresto determina il termine prescrizionale in tre anni e ciò in forza della disposizione contenuta nell'art. 58, secondo cui per ogni effetto giuridico la pena dell'obbligo di permanenza domiciliare e il lavoro di pubblica utilità si considerano come pena detentiva della specie corrispondente a quella della pena originaria. (Nel caso di specie si trattava delle contravvenzioni di guida in stato di ebbrezza e di rifiuto di sottoporsi al controllo alcoolimetrico, previste dall'art. 186 commi 2 e 6 c.s.).

Cass. pen. n. 22648/2001

L'omessa citazione dell'imputato nel giudizio di appello nel quale sia stata dichiarata la prescrizione integra una nullità assoluta che, nonostante l'intervenuta estinzione del reato, prevale sull'obbligo di dichiarare immediatamente le cause di non punibilità ed impone l'annullamento con rinvio della sentenza impugnata.

Cass. pen. n. 13992/2001

In materia di inquinamento atmosferico, la fattispecie punita dall'art. 25, sesto comma, del D.P.R. n. 203 del 1988, per l'omessa richiesta di autorizzazione in caso di modificazione o trasferimento dell'impianto producente emissioni, è reato a condotta mista (omissivo-commissiva) i cui effetti permanenti, consistenti nella mancata conoscenza delle caratteristiche dell'impianto e/o della relativa sua ubicazione (c.d. informazione ambientale) da parte dell'autorità amministrativa, cessano o per ottemperanza tardiva dell'agente oppure per la conoscenza che l'amministrazione ne abbia comunque avuto. (Fattispecie in materia di applicazione della prescrizione del reato a seguito di cessazione degli effetti per la sopravvenuta conoscenza da parte della P.A.).

Cass. pen. n. 12369/2000

La prescrizione del reato, maturatasi nel corso del giudizio di secondo grado promosso da uno degli imputati, può operare, in virtù dell'effetto estensivo dell'impugnazione, anche a favore di altro imputato non appellante, solo a condizione che nei confronti di quest'ultimo la sentenza non fosse già divenuta esecutiva prima che il termine prescrizionale venisse a scadenza.

Cass. pen. n. 12048/2000

Nel caso in cui venga pronunciata sentenza di non doversi procedere per estinzione del reato, a norma dell'articolo 531 c.p.p., al giudice non è consentito inserire nel dispositivo alcuna indicazione assertiva della responsabilità penale dell'imputato essendovi incompatibilità logica fra l'affermazione di responsabilità e la statuizione di non doversi procedere; tuttavia, qualora alla declaratoria di estinzione del reato per prescrizione si giunga dopo la concessione di circostanze attenuanti, la sentenza di proscioglimento deve contenere in motivazione l'accertamento incidentale della responsabilità penale.

Cass. pen. n. 4146/2000

Quando con l'impugnazione si faccia questione unicamente della mancata applicazione di sanzioni amministrative accessorie al reato, gli aspetti penali della regiudicanda sono intangibili in quanto coperti dal giudicato ed è pertanto irrilevante l'eventuale prescrizione del reato maturata nel frattempo.

Cass. pen. n. 9031/2000

In tema di immediata declaratoria di una causa di non punibilità, l'accertamento della nullità del decreto di citazione a giudizio non è di ostacolo al riconoscimento degli effetti della prescrizione, nel frattempo maturata, atteso che la predetta nullità, se pur fosse dichiarata, farebbe semplicemente regredire il processo nella fase preliminare al giudizio di secondo grado, fase nella quale il giudice dovrebbe comunque prendere atto della estinzione del reato.

Cass. pen. n. 1217/2000

Le cause di estinzione del reato che possono essere dichiarate in sede esecutiva sono esclusivamente quelle che operano successivamente al passaggio in giudicato della condanna, sicché dal novero di esse va esclusa la prescrizione del reato i cui effetti estintivi operano soltanto in relazione al decorso del tempo durante la fase di cognizione, e anteriormente al passaggio in giudicato della sentenza, mentre l'eventuale compimento del termine prescrizionale dopo tale evento non può avere effetto.

Cass. pen. n. 5496/2000

Non rientra nei poteri del giudice dell'esecuzione penale quello di dichiarare estinti per prescrizione i reati in ordine ai quali sia intervenuta sentenza definitiva di condanna, anche se la prescrizione si fosse verificata prima del passaggio in giudicato della sentenza, nella pendenza del procedimento da essa definito. Ed invero, la decisione di condanna del giudice di merito passata in giudicato, non può essere suscettibile di alcuna modificazione in sede esecutiva, poiché ciò comporterebbe una inammissibile violazione del principio di intangibilità del giudicato penale.

Cass. pen. n. 1018/2000

In tema di prescrizione, pur in presenza di più atti interruttivi, perché possa ritenersi non verificata la estinzione del reato, è necessario, non solo che non sia superato il termine massimo previsto dall'ultima parte del terzo comma dell'art. 160 c.p. (vale a dire il termine ordinario, più la sua metà), ma anche che, tra un atto interruttivo ed un altro, non sia superato il termine ordinario previsto, nelle sue sei ipotesi, nel comma primo dell'art. 157 stesso codice. Conseguentemente, come è indubbio che il termine prescrizionale deve ritenersi spirato se, tra la data di commissione del reato ed il primo atto potenzialmente interruttivo, sia trascorso il termine ordinario, così è altrettanto evidente che il medesimo effetto si verifica nella ipotesi in cui, dopo il compimento di un atto interruttivo, non risulti compiuto nel procedimento, entro i termini temporali normativamente prefissati dall'art. 157 c.p., alcun altro atto idoneo a determinare la interruzione.

Cass. pen. n. 14109/1999

In tema di patteggiamento, nel caso in cui la scelta pattizia volta all'applicazione della pena su richiesta ricada anche su una ipotesi di reato la cui prescrizione sia maturata anteriormente alla scelta stessa, deve ravvisarsi da parte dell'imputato una dichiarazione legale tipica di rinuncia alla prescrizione, non più revocabile.

Cass. pen. n. 13300/1999

La rinuncia alla prescrizione è consentita solo dopo il maturarsi di tale causa estintiva; invero la rinuncia presuppone che il diritto il cui esercizio essa ha ad oggetto sia già maturato, dato che, solo da quel momento, l'interessato può realmente valutarne gli effetti. (Nella fattispecie, la Corte ha annullato con rinvio la sentenza con la quale il giudice di appello, in presenza della rinuncia alla prescrizione operata dall'imputato, aveva ugualmente dichiarato la estinzione del reato ai sensi degli artt. 157-160 c.p., ritenendo che la rinuncia alla prescrizione, intervenuta dopo lo spirare del termine previsto per il suo maturare, fosse ininfluente).

Cass. pen. n. 11945/1999

La finalità della richiesta di patteggiamento è quella di condurre alla applicazione della pena concordata; pertanto la indicazione, nell'accordo, di circostanze attenuanti ha come scopo unicamente la determinazione, in concreto, della pena e non certo quello di conseguire la estinzione del reato per prescrizione, nel qual caso il giudice deve non ratificare l'accordo delle parti.

Cass. pen. n. 7018/1999

Nel giudizio di legittimità non può essere dichiarata la prescrizione di un reato laddove in punto di responsabilità, ritenuta ed accertata, si sia determinato il giudicato prima del maturarsi del termine di prescrizione, sussistendo il limite del principio della formazione progressiva del giudicato, per cui la mancanza di impugnazione di quel capo della sentenza rende definitivo il relativo iter processuale sul punto.

Cass. pen. n. 4383/1999

In tema di assegno bancario, la tesi della emissione del titolo in una data diversa da quella che appare sullo stesso deve essere rigorosamente provata, in quanto, fino a dimostrazione del contrario, avrà vigore la prova derivante dal dato formale e documentale evidenziato dal titolo e dalla disciplina sostanziale del sistema di norme che regola la materia, sistema che, imponendo rigidi requisiti formali e vietando il patto di successivo riempimento, comporta la presunzione semplice della corrispondenza della data apposta sul titolo a quella di compilazione e di effettiva traditio. (Nella fattispecie, il ricorrente aveva eccepito la prescrizione, sostenendo che il titolo era stato emesso prima della data sullo stesso apposta e denunciando che, in sede di appello, si era omessa l'assunzione di prova decisiva sul punto. La Suprema Corte, sulla base dei principi sopra esposti e rilevando che la mancata rinnovazione del dibattimento in secondo grado era da addebitarsi all'inerzia del ricorrente, in ossequio al principio dispositivo che regola il processo accusatorio, ha rigettato il ricorso).

Cass. pen. n. 4704/1998

In tema di prescrizione del reato, il permanere dell'interesse dello Stato al perseguimento del reato resta giuridicamente rilevante solo entro le cadenze temporali indicate dal combinato disposto degli artt. 157 e 160 c.p. e pertanto si verifica la prescrizione qualora dopo un atto interruttivo non sia compiuto alcun atto del procedimento per il periodo fissato dall'art. 157 detto codice. (Fattispecie in cui è stato ritenuto prescritto il reato di falsa testimonianza commesso il 31 maggio 1991, per il quale era stata pronunciata sentenza di primo grado il 19 marzo 1992 ed emesso decreto di citazione a giudizio il 23 giugno 1997).

Cass. pen. n. 4307/1998

Per determinare il tempo della prescrizione il giudice non può non tenere conto del bilanciamento delle circostanze, onde nell'ipotesi in cui con la sentenza di annullamento venga confermato il reato-base ma rinviata al giudice di merito la valutazione sulle circostanze, non può dirsi che il fatto-reato nella sua interezza abbia ormai autorità di giudicato, stante la connessione essenziale tra il reato base e le circostanze. Pertanto, qualora il giudice del rinvio, investito sul punto dalla sentenza di annullamento, ritenga l'esistenza delle attenuanti o la loro prevalenza sulle aggravanti, e, per tale ragione, si concretizzi il tempo della prescrizione, è tenuto a dichiarare estinto il reato.

Cass. pen. n. 2809/1998

La regola secondo la quale l'inizio del termine di prescrizione del reato coincide con l'esaurimento del reato continuato è applicabile anche nell'ipotesi in cui il vincolo della continuazione, non enunciato nella formale contestazione, sia individuato successivamente nella sentenza, dal momento che, ai fini dell'estinzione per decorso del tempo, il reato continuato va considerato in modo unitario, sicché la prescrizione non può avere inizio finché sussiste ed è in corso la condotta determinata dall'unitario disegno criminoso.

Cass. pen. n. 2522/1998

In materia di malattia professionale eziologicamente connessa a fattori determinanti una evoluzione nel tempo, come nel caso di ipoacusia, il momento consumativo del reato non è quello in cui sarebbe venuto meno il comportamento del responsabile bensì quello dell'insorgenza della malattia prodotta dalle lesioni, sicché ai fini della prescrizione il dies commissi delicti deve essere retrodatato al momento in cui risulti comunque la malattia in fieri, anche se non stabilizzata.

Cass. pen. n. 11541/1997

È ammissibile il ricorso per cassazione proposto unicamente al fine di far valere la prescrizione del reato, intervenuta nel periodo intercorrente tra il deposito della sentenza di merito e la scadenza del termine per proporre ricorso per cassazione. Invero, fino a quando la sentenza non sia divenuta irrevocabile, il giudice, salvo eventuali preclusioni, deve sempre applicare la legge penale e, nella specie, l'art. 129 c.p.p. impone al giudice il dovere di dichiarare l'estinzione del reato in qualsiasi stato e grado del processo.

Cass. pen. n. 9553/1997

L'effetto estintivo della prescrizione che maturi nella pendenza del ricorso per cassazione produce i suoi effetti anche con riferimento agli imputati non ricorrenti indipendentemente dalla fondatezza dei motivi prospettati dal ricorrente, purché non di natura strettamente personale.

Cass. pen. n. 7739/1997

Al reato di porto di armi improprie senza giustificato motivo, ancorché punito in concreto con la sola ammenda in virtù del riconoscimento dell'attenuante della lieve entità del fatto di cui all'art. 4, terzo comma, L. 18 aprile 1975, n. 110, si applica il termine prescrizionale di tre anni previsto dall'art. 157, primo comma, n. 5 c.p. (In motivazione la Corte ha osservato che dovendosi ritenere la circostanza attenuante in parola di tipo «discrezionale» — per essere meramente facoltativa l'irrogazione della sola pena pecuniaria anche in presenza di un fatto ritenuto lieve — il riconoscimento della sua sussistenza è inidoneo ad influire sulla durata del termine utile per la prescrizione, dato che il reato rimane sempre astrattamente sanzionato anche con la pena detentiva, precludendo così il ricorso al termine di due anni fissato dalla legge per le contravvenzioni punite con la sola ammenda; ed ha altresì precisato che neppure può invocarsi il principio secondo il quale la durata della prescrizione deve essere determinata in relazione al reato ritenuto in sentenza, la cui operatività è esclusa dalla disposizione contenuta nell'ultimo comma dell'art. 157 c.p., in forza della quale «quando per il reato la legge stabilisce congiuntamente o alternativamente la pena detentiva e quella pecuniaria, per determinare il tempo necessario a prescrivere si ha riguardo soltanto alla pena detentiva»).

Cass. pen. n. 5354/1997

Ai fini dell'individuazione del termine di prescrizione di un reato occorre avere riguardo alla fattispecie criminosa nella sua concreta e specifica configurazione finale così come accertata e descritta dal giudice in sentenza a seguito dell'applicazione delle circostanze attenuanti e aggravanti; e ciò, nell'ipotesi di reati in continuazione, con riferimento a ciascuno di essi, sicché è indifferente, una volta concesse le attenuanti generiche, che esse siano state ritenute equivalenti alle aggravanti contestate in ordine ad altri reati, se per uno o per alcuni di essi non sia stata contestata o ritenuta aggravante alcuna: in tal caso, ed in relazione a questi, la pena edittale deve essere pertanto ridotta — ai sensi del secondo comma dell'art. 157 c.p. — nella misura minima di un giorno, e sulla base dell'esito di tale operazione deve essere apprezzato il termine per la prescrizione. (Fattispecie in cui, essendo stato contestato il delitto di partecipazione ad associazione per delinquere in continuazione con altri reati, solo essi aggravati, ed essendo state riconosciute le attenuanti generiche equivalenti alle aggravanti, la Corte ha ritenuto prescritto il reato associativo in quanto, non risultando esso aggravato, la riduzione di un giorno operata sulla pena edittale massima in virtù della concessione delle predette attenuanti aveva reso applicabile il più breve termine di estinzione del reato di cui all'art. 157, primo comma, n. 4 c.p.).

Cass. pen. n. 2626/1997

Anche nel giudizio speciale di cui all'art. 444 c.p.p. (cosiddetto patteggiamento) il tempo necessario per la prescrizione dei reati va determinato con riguardo alla pena stabilita per il reato ritenuto in sentenza ed in particolare tenendo conto delle attenuanti che hanno formato oggetto dell'accordo. Invero la verifica in ordine all'insussistenza dei presupposti per far luogo ad un proscioglimento è imposta al giudice dall'art. 444 comma secondo in virtù dell'esercizio del potere giurisdizionale attuato anche nel procedimento in questione. Né d'altro canto può rinviarsi, nella richiesta di applicazione della pena, alcuna forma negoziale né legale di rinuncia alla prescrizione.

Cass. pen. n. 604/1997

Il reato di cui all'art. 1164 c.n. (inosservanza di provvedimento di demolizione e sgombero di opere abusive), consistendo nell'inosservanza di una disposizione legislativa o regolamentare o di un provvedimento amministrativo, è reato omissivo permanente, la cui permanenza cessa quando il contravventore non è più in grado di ottemperare alla disposizione o al provvedimento. (Nella specie la S.C. ha ritenuto che la permanenza era cessata alla data in cui il sequestro preventivo era stato notificato all'imputato, poiché solo da questa data egli — perdendo anche la disponibilità materiale del bene — era giuridicamente impossibilitato ad ottemperare all'ingiunzione; che, invece, è infondato sostenere che la permanenza sia cessata dopo la scadenza dei trenta giorni stabiliti nell'ingiunzione, oltre i quali l'esecuzione poteva avvenire d'ufficio a spese dell'interessato, poiché la scadenza di questo termine ha solo l'effetto di facultare l'ufficio all'esecuzione diretta e di caricare sul contravventore le eventuali spese ulteriori, ma non espropria il contravventore della possibilità (ora concorrente) di provvedere personalmente, possibilità che invece resta esclusa dopo l'esecuzione di un sequestro sull'opera da demolire).

Cass. pen. n. 630/1996

La decisione che dichiari l'estinzione del reato per prescrizione — quantunque l'imputato sia deceduto — sul presupposto che la prescrizione si era verificata prima della morte, deve qualificarsi inesistente. E ciò in quanto, rivestendo la pronuncia di estinzione del reato per prescrizione carattere di accertamento costitutivo, si compia in tal modo un accertamento nei confronti di una persona non più in vita ed a fronte di un rapporto processuale ormai estinto.

Cass. pen. n. 11226/1994

Ai fini della produzione dell'effetto interruttivo della prescrizione del reato, è sufficiente che l'atto idoneo a determinarlo sia emesso, non occorrendone anche la notificazione. (Fattispecie relativa a decreto di citazione non notificato all'imputato perché questi era sconosciuto all'indirizzo risultante dagli atti).

Cass. pen. n. 8470/1994

L'estinzione del reato per prescrizione deve essere dichiarata anche nell'ipotesi in cui il relativo termine sia maturato nel periodo intercorrente tra l'emissione del decreto di citazione e la notifica all'imputato: il decreto di citazione a giudizio, infatti, per conseguire il suo effetto di diritto sostanziale quale atto idoneo ad interrompere il decorso del termine, deve essere notificato all'imputato. All'atto interruttivo deve riconoscersi invero natura recettizia, in quanto non esula dalle finalità dell'istituto della prescrizione l'esigenza di certezza dei rapporti giuridici, esigenze al cui appagamento è interessato anche ed in primo luogo l'imputato.

Cass. pen. n. 5333/1993

Poiché la prescrizione costituisce un'ipotesi di rinuncia dello Stato alla pretesa punitiva la sua operatività va verificata con riferimento all'azione penale esercitata per il reato che — nelle sue componenti essenziali ed accessorie — abbia ricevuto la qualifica definitiva; non, quindi — ove intervengano statuizioni innovative dell'accusa genetica, rilevanti ai fini del tempo necessario al maturarsi della prescrizione — con riguardo al fatto storico che ha determinato la formulazione dell'imputazione. E ciò anche considerando la funzione delle cause interruttive del decorso della prescrizione, connaturate alla logica stessa dell'istituto, quale manifestazione dell'interesse dello Stato alla punizione del reato, un interesse da rapportare necessariamente — condizionato come esso appare al disvalore del fatto — alla decisione ritenuta in sentenza. Ne deriva che il compimento del termine di prescrizione di un reato in data anteriore alla emissione del decreto di citazione a giudizio non può mai considerarsi un fatto sopravvenuto alla condanna, trattandosi di un evento ad essa anteriore che la decisione di merito si limita a verificare utilizzando gli strumenti più articolati e complessi propri della fase del giudizio, il cui epilogo si sostanzia, per il profilo riguardante la valutazione retrospettiva delle vicende cronologiche, in un atto di accertamento costitutivo. (In applicazione di tale principio, la Corte ha statuito che, nel caso in cui il giudice conceda le attenuanti generiche dichiarando la loro equivalenza con la contestata aggravante, i termini di prescrizione vanno stabiliti con riferimento al reato ritenuto in sentenza e non a quello originariamente contestato: un'operazione da utilizzare, non soltanto ai fini della individuazione della distanza cronologica concretamente esistente fra tempus commissi delicti e sentenza di condanna, ma anche allo scopo di verificare la susseguente efficacia di un atto interruttivo allorché l'imputazione originaria venga ad essere adottata — ed eventualmente ridotta quanto alla sua valenza antisociale — alle esigenze teologiche proprie della decisione di merito).

Corte cost. n. 275/1990

È costituzionalmente illegittimo, per contrasto con il principio di ragionevolezza ex art. 3 Cost., l'art. 157 c.p., nella parte in cui non prevede che la prescrizione del reato possa essere rinunciata dall'imputato.

Cass. pen. n. 5610/1988

In tema di determinazione del tempo necessario a prescrivere ai sensi dell'art. 157 c.p. deve tenersi conto dell'aumento di pena stabilito per la recidiva in quanto, il carattere facoltativo dell'aumento della pena stabilito nell'art. 9 della L. 7 giugno 1974, n. 220 che ha modificato l'art. 99 c.p. attiene soltanto ai poteri discrezionali del giudice di cognizione nell'apprezzamento complessivo del fatto sottoposto al suo esame. Tuttavia, non può tenersi conto dell'aumento di pena ai fini della prescrizione ove la circostanza non sia stata contestata anteriormente allo spirare del tempo necessario a prescrivere, calcolato secondo la originaria configurazione del fatto - reato; ciò in relazione alla natura costitutiva della contestazione dell'accusa. Pertanto, quando la prescrizione si è già verificata in relazione alla contestazione originaria, deve pronunciarsi l'estinzione del reato per tale causa non potendo valere la contestazione della recidiva, come di ogni altra circostanza aggravante, avvenuta successivamente alla scadenza del termine di prescrizione.

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Consulenze legali
relative all'articolo 157 Codice Penale

Seguono tutti i quesiti posti dagli utenti del sito che hanno ricevuto una risposta da parte della redazione giuridica di Brocardi.it usufruendo del servizio di consulenza legale. Si precisa che l'elenco non è completo, poiché non risultano pubblicati i pareri legali resi a tutti quei clienti che, per varie ragioni, hanno espressamente richiesto la riservatezza.

G. H. S. chiede
martedì 09/01/2024
“Un imputato, con sentenza del 04/04/2023, è stato condannato, a seguito di rinvio a giudizio del 12/04/2012 (preceduto da ordinanza di custodia cautelare emessa nel mese di agosto e interrogatorio davanti al GIP reso nello stesso anno), perché ritenuto responsabile dei delitti di cui agli artt. 640 bis c.p. (commesso in data 02/11/2007); 643 c.p. (commesso nel mese di giugno del 2007); 483 c.p. (commesso nel mese di marzo del 2006); 479 c.p. (commesso in data 06/04/2006) e 167 d. lgs. n. 196/2003 (commesso fino al mese di giugno del 2007).
Tenuto conto che in sentenza è stata riconosciuta la recidiva reiterata ed infraquinquennale per i delitti di cui agli art. 643, 640 bis, 167 d. lgs. n. 196/2003 c.p., e la recidiva reiterata, specifica ed infraquinquennale per i delitti di cui agli art. 483, 479 c.p. qual è la data di prescrizione dei singoli reati senza tenere conto dei periodi di sospensione della prescrizione?”
Consulenza legale i 07/02/2024
Il fulcro del parere richiesto attiene, in buona sostanza, agli effetti della recidiva sulla prescrizione.

La recidiva, come noto, rappresenta una circostanza aggravante di natura soggettiva che, secondo l’opinione giurisprudenziale più accreditata, sussegue a un giudizio di maggior gravità della condotta del reo che, dopo aver commesso un delitto, ne commette un altro.

Ora, è altresì noto che le circostanze aggravanti non hanno di solito effetto sulla prescrizione, “salvo che per le aggravanti per le quali la legge stabilisce una pena di specie diversa da quella ordinaria e per quelle ad effetto speciale, nel qual caso si tiene conto dell'aumento massimo di pena previsto per l'aggravante”.

Secondo l’ art. 157 c.p., dunque, le circostanze a effetto speciale (ovvero quelle che aumentano la pena oltre 1/3) hanno effetto sulla prescrizione. Il risultato cui si giunge è che laddove sia stato commesso un reato con una circostanza aggravante a effetto speciale il tempo di prescrizione sarà determinato da:
- la pena prevista nel massimo per quel reato (se si tratta di delitto che prevede la pena inferiore a anni 6 si partirà comunque da una pena massima di anni 6 come previsto dall’articolo 157, co. 1 c.p.);
- l’aumento per l’aggravante
- l’aumento di ¼, della metà o di 2/3 come previsto dall’ art. 161 del c.p. che stabilisce un termine massimo di prescrizione onde evitare che le diverse interruzioni possano determinare l’impossibilità del decorso della causa di estinzione del reato.

Dunque, per rispondere al parere occorre fare le operazioni matematiche dovute, tenendo conto delle prescrizioni del codice. Si procederà a un calcolo comunque orientativo in considerazione del fatto che non si conoscono le vicende sospensive e in considerazione della complessità dei calcoli in questione che esuberano i compiti della presente redazione, dovendo essere fatti dal difensore di fiducia anche sulla base degli atti processuali.

Ciò detto, in relazione ai reati per i quali è stata comminata la recidiva reiterata e infraquinquennale, il termine di prescrizione andrà aumentato di 2/3 ( art. 99 del c.p. comma 4) cui andrà aggiunto un ulteriore aumento di 2/3 dovuto all’applicazione dell’articolo 161.
Quindi:
- per l’art. 643 del c.p. la prescrizione decorrerà una volta passati 16 anni e 8 mesi circa dalla commissione del fatto;
- per l’art. 640 bis del c.p. la prescrizione decorrerà una volta passati circa 18 anni dalla commissione del fatto;
- per l’articolo 167 d. lgs. 196/03 la prescrizione decorrerà una volta passati 16 anni e 8 mesi circa dalla commissione del fatto.

Lo stesso dicasi per i reati rispetto ai quali è stata comminata la recidiva reiterata, specifica e infraquinquennale.

Quindi:

- per l’art. 483 del c.p. la prescrizione decorrerà una volta passati 16 anni e 8 mesi circa dalla commissione del fatto;
- per l’art. 479 del c.p. la prescrizione decorrerà una volta passati 16 anni e 8 mesi circa dalla commissione del fatto.

Si ripete in ogni caso che quello della prescrizione e della recidiva è un tema enormemente complesso che coinvolge altre questioni in parte arate dalla giurisprudenza e in parte ancora pendenti (si pensi, ad esempio, alla questione degli effetti diretti e indiretti della recidiva, al tema della recidiva “applicata” e alla questione della recidiva a effetti contenuti) e, conseguentemente, una corretta disamina della questione non può prescindere dal confronto col difensore di fiducia

Anonimo chiede
mercoledì 19/07/2023
“Buongiorno, sono stato indagato nel marzo del 2021 e successivamente imputato dall' ottobre 2021 per il reato di simulazione di reato e tentata truffa , commesso nel ottobre del 2016.
Il 19/6/2023 si è tenuta l'udienza preliminare presso il tribunale di XXX, dove il G.U.P. su richiesta del Pubblico ministero mi ha prosciolto per prescrizione del reato, seppur la prescrizione del reato realmente scada il 6/2024.
Il giudice ha emesso sentenza il 19/6/2023 accogliendo la richiesta del PM di prescrizione, il 10/7/2023 sono trascorsi i 15 giorni per depositare le motivazioni.
Desideravo sapere se da imputato posso ancora fare valere il diritto personalissimo di rifiuto della prescrizione, e se ciò fosse possibile , in che maniera debba procedere.
Vi ringrazio anticipatamente per l'attenzione restando in attesa di un vostro riscontro in merito.
Distinti saluti.”
Consulenza legale i 21/07/2023
La risposta è negativa.

Il caso è alquanto particolare. Di solito, infatti, prima che il giudice dichiari il reato estinto – e proceda dunque all’emissione della sentenza di proscioglimento – chiede sempre all’imputato se è sua intenzione rinunciare alla prescrizione. In caso di risposta negativa il giudice procede andando a sentenza.

Immaginando che ciò sia stato fatto anche nel caso di specie (se non è stato fatto il risultato comunque non cambia), non v’è possibilità, per l’imputato, di rinunciare ex post alla prescrizione.
Siamo infatti difronte a un diritto che viene sì assicurato all’imputato, ma che deve essere da questi esercitato prima che si addivenga a una sentenza.
E’, questo, un principio abbastanza ovvio proprio in considerazione del fatto che, dopo la sentenza che dichiara estinto il reato, l’imputato non avrebbe, in realtà, più nulla cui rinunciare proprio perché il fatto reato è estinto.
L’imputato, a quel punto, non avrebbe alcuna prescrizione cui rinunciare.

Sul punto si è pronunciata anche Cass. pen. Sez. V Sent., 10/04/2020, n. 11928 (rv. 278983-02) secondo cui “È tardiva ed inefficace la dichiarazione di rinuncia alla prescrizione del reato formulata dopo che sia stata pronunciata sentenza nel grado di giudizio in cui è maturata”.

Quanto, poi, all'ipotetico errore sul calcolo dei tempi di prescrizione, non possiamo pronunciarci non avendo contezza esatta del fascicolo processuale. Tuttavia sembra alquanto improbabile che tanto il giudice quanto il PM siano incorsi entrambi in un errore di calcolo così grossolano.

Anonimo chiede
domenica 22/01/2023 - Estero
“Vi spiego la mia situazione. Attorno al 2014 ho creato un profilo falso su un blog usando i dati nome, cognome, residenza di un altra persona ben precisa.
Non ho scritto nulla di offensivo. Questa persona ai tempi mi aveva o denunciato o querelato...quasi un anno dopo ci eravamo chiariti e la cosa sembrava essere finita li ma a dire di un suo conoscente aveva "parcheggiato la cosa".
Adesso a quanto pare questa persona per non ovvi motivi vuole riprendere in mano la causa. Specifico che io abito in Svizzera e lui in Italia, l'intestatario della linea internet da cui è partito il clone del profilo è un mio familiare ora deceduto.
Le mie domande sono:
1) questa persona può ancora mandare avanti la causa? (non capisco come l'abbia parcheggiata)
2) che cosa rischio a livello penale? i reati non sono ormai prescritti?
3) a livello civile può chiedere i danni o è prescritto? quanti euro potrebbe chiedere?
4) avete qualche altro suggerimento? ad esempio in causa posso dire che non c'ero io dietro a quel computer e quindi la colpa ricadrebbe su una persona deceduta?
5) in Svizzera sostituzione di persona non è un reato a se ancora. questo mi aiuta?”
Consulenza legale i 17/02/2023
Gentile cliente,
si risponde al quesito seguendo l’ordine progressivo delle domande poste.
1) Se è stata presentata-depositata una denuncia-querela Le sarebbe stato notificato almeno un avviso di garanzia con conseguente instaurazione di un procedimento penale, del quale avrebbe avuto notizia e contezza con carattere di certezza assoluta.
2) Atteso il tempo trascorso tra l’epoca dei fatti descritta (rif. attorno al 2014) e la data del quesito è verosimile che sia intervenuta la prescrizione del/dei reato/i medesimo/i.
Sulla base del combinato disposto degli art. 157 del c.p. e art. 161 del c.p. in generale e salvo eccezioni specifiche, la durata massima del tempo necessario a prescrivere un delitto è di sette anni e mezzo, ossia un massimo di sei anni con un aumento che non può essere superiore ad un quarto.
3) La prescrizione civile è regolata dall’art. 2943 del c.c. e ss., dei quali l’art. 2946 del c.c. stabilisce che il decorso ordinario della prescrizione è di dieci anni.
Tuttavia, in virtù del disposto del terzo comma dell’art. 2947 del c.c., qualora il fatto sia considerato dalla legge come reato e per il reato è stabilita una prescrizione più lunga, questa si applica anche all’azione civile.
Qualora il reato sia estinto per causa diversa dalla prescrizione o sia intervenuta sentenza irrevocabile nel giudizio penale, il diritto al risarcimento del danno si prescrive nei termini indicati nei primi due commi della disposizione di cui sopra, con decorrenza dalla data di estinzione del reato o dalla data in cui la sentenza è divenuta irrevocabile.
Non è possibile in questa sede quantificare un eventuale richiesta di risarcimento del danno da parte della presunta persona offesa.
4) Questa redazione consiglia di recarsi all’Ufficio del Registro Generale presso la Procura della Repubblica del luogo di residenza della presunta persona offesa al fine di conoscere se vi siano procedimenti attualmente pendenti a Suo carico oppure pregressi già definiti (ad esempio perché archiviati).
In relazione ai procedimenti pendenti può depositare, anche a mezzo di un legale di fiducia, un’istanza ai sensi dell’art. 335 del c.p.p.: Le verrà rilasciato un certificato che attesta l’avvenuta iscrizione nel registro degli indagati del nominativo richiesto.
5) Il reato ipotizzato astrattamente riconducibile sia all'art. 494 del c.p. sia all'art. 640 ter del c.p., terzo comma.
Quanto al primo: la fattispecie in questione difetta quanto meno della finalità di procurare a sé o altri un vantaggio o recare ad altri un danno.
Quanto al secondo: il delitto disciplina la c.d. frode informatica e, con particolare riguardo al comma terzo, punisce il fenomeno delle frodi realizzate attraverso l’accesso abusivo ad un sistema informatico mediante l’utilizzo indebito dell’identità digitale altrui.
Il testo originario della norma faceva riferimento alla "sostituzione dell'identità digitale", espressione ritenuta però ambigua, in quanto «formalmente evoca, piuttosto che l'indebito utilizzo dell'identità, la sua surrogazione con altra al fine di accedere ai dati raggiungibili con quella sostituita e cioè fattispecie diversa e ben più specifica di quella ipotizzata in precedenza, ma di dubbia rilevanza”. Successivamente la legge di conversione ha modificato la disposizione, facendo esplicito riferimento al furto e all'indebito utilizzo dell'altrui identità digitale, purché commessi in danno di uno o più soggetti.
Ma sul punto si sollevano dubbi circa la sussistenza dell’ “accesso abusivo ad un sistema informatico”- atteso quanto descritto nel quesito - quale elemento costitutivo del reato.
In ogni caso, come già detto nelle righe che precedono, assume un importante rilievo il profilo della prescrizione.
Infine non si comprende cosa si intenda per “non è un reato a se ancora”.
E’ comunque prematuro fornire una risposta all’ultimo quesito in questa sede, occorre prima comprendere se sia stata depositato un atto di denuncia-querela da parte della persona offesa e se sia stato instaurato un procedimento penale.

Anonimo chiede
venerdì 21/10/2022 - Piemonte
“Buongiorno,

vorrei chiedere un Vostro parere in merito alla possibilità di intraprendere un'azione legale nei confronti di una società sportiva della mia città.
L'illecito è avvenuto ai primi di Ottobre del 2013 (9 anni fa circa) in una palestra di una società sportiva pubblica quando al tempo ero un'atleta (maggiorenne).
Una sera, alla fine di una sessione di allenamento, un istruttore (in pratica un allenatore) della società sportiva - senza ragione alcuna - dinnanzi ai miei colleghi atleti/e (quindi in un contesto di pubblica collettività in un locale aperto al pubblico) si tirò giù i pantaloni e mi mise il deretano (sedere) in faccia, permanendo nella posizione per qualche minuto, facendolo orgogliosamente vedere a tutti i presenti.

Questo gesto mi ha causato seri problemi psicologici e psichiatrici, tant'è vero che incominciai a fare uso di sostanze stupefacenti illecite per cercare di dimenticare l'accaduto. L'utilizzo delle sostanze stupefacenti assieme al trauma psicologico causatomi, mi ha portato all'insorgenza di una malattia psichiatrica fortemente invalidante tant'è vero che sono in cura da Settembre 2017 presso specialisti medici privati e pubblici. Oltretutto, essendo il sottoscritto uno studente universitario, tutto ciò che ho descritto ha fortemente impattato in modo negativo nella mia carriera universitaria, andando a ledere il rendimento nello studio.

Per quanto riguarda l'aspetto giuridico, il comportamento sopra descritto credo sia ascrivibile al reato di Violenza Privata, con la possibilità di valutare delle aggravanti; credo, altresì, che ci sia anche una responsabilità civile contrattuale da parte del soggetto citato e della società, in quanto quest'ultima non ha mai denunciato alle forze dell'ordine l'accaduto ne tantomeno preso - a mio avviso - provvedimenti nei confronti dell'allenatore.

Sono consapevole che sto cercando di prendere provvedimenti in modo tardivo, essendo passati circa 9 anni, e mi piacerebbe sapere se esiste la possibilità di intraprendere azione civile o penale o entrambe nei confronti sia dell'allenatore che della società sportiva.

Aspetto Vostra cortese risposta”
Consulenza legale i 02/11/2022
Cominciamo prima dagli aspetti penali.

In primo luogo occorre capire se, pur in presenza di un fatto costituente reato, l’ azione penale potrebbe essere proseguita stante i profili attinenti alla procedibilità e alla prescrizione.

Cominciando dal reato di violenza privata, va detto che, pur ritenendolo sussistente, l’eventuale azione penale sarebbe improcedibile a causa della maturazione dei tempi di prescrizione.
La fattispecie in questione, invero, è punita con un massimo di 4 anni e, stante il disposto dell’ art. 157 del c.p., il tempo necessario per la maturazione della prescrizione è di 6 anni dal momento in cui il fatto è stato commesso.
Tale termine non cambia pur volendo ritenere sussistente la circostanza aggravante prevista dall’ultimo comma dell’ art. 610 del c.p. che richiama l’ art. 339 del c.p.. Si tratterebbe, infatti, di una circostanza ordinaria e, in quanto tale, da non tenere in considerazione per il decorso dei termini di prescrizione, come esplicitamente affermato dal secondo comma dell’art. 157 c.p.

Se venisse depositata una querela, dunque, il Pubblico Ministero nulla potrebbe fare a causa della maturazione dei termini di prescrizione.

Il medesimo problema di procedibilità sussisterebbe anche volendo immaginare che la condotta posta in essere possa essere inquadrata nell’alveo del reato di violenza sessuale ( ex art. 609 bis del c.p. ), anche aggravata ai sensi dell’ art. 609 ter del c.p..

In questi casi, invero, si tratterebbe di una fattispecie procedibile a querela di parte, da proporre entro un anno dai fatti, come espressamente affermato dall’ art. 609 septies del c.p..
Essendo, dunque, nel caso di specie la querela tardiva, la stessa verrebbe immediatamente archiviata dal Pubblico Ministero procedente.

Sul fronte penale, dunque, non sussistono i presupposti per un’azione concreta.

Passiamo ora al fronte civile.

A grandi linee va prima di tutto affermato che esistono due tipi di responsabilità, quella contrattuale e quella extracontrattuale.

La differenza tra le due è netta e tale diversità di riverbera anche sotto il profilo della prescrizione della relativa azione che, in caso di responsabilità contrattuale è di 10 anni, 5 anni se ci spostiamo sul fronte extracontrattuale.

Ora, per quanto attiene al caso di specie, francamente sembrano scarsamente sussistenti i profili di una responsabilità contrattuale, anche sulla base degli elementi a disposizione.
Tale responsabilità, invero, si ha solo nel caso in cui vi sia la non corretta esecuzione del programma contrattuale, escludendo che a tal riguardo possano rilevare fatti illeciti che esuberano del tutto l’ambito parametrato dall’esecuzione del contratto.

In tale ultimo caso, infatti, a rilevare è la responsabilità extracontrattuale, che copre qualsiasi tipo di condotta illecita che abbia, da un lato, offeso un diritto altrui e, dall’altro, cagionato un danno suscettibile poi di una valutazione economica ( art. 2043 del c.c. ).
Nel caso di specie, pertanto, è la responsabilità extracontrattuale a rilevare e, tuttavia, l’eventuale azione sarebbe comunque tardiva in considerazione del fatto che sono ampiamente decorsi i 5 anni dal momento in cui si è verificato il fatto.

Lo stesso discorso può farsi in relazione alla società sportiva.
Anche in questo caso, invero, non si ravvedono profili di responsabilità contrattuale e, pertanto, a rilevare potrebbe essere solo una responsabilità ex art. 2049 del c.c. che, tuttavia, resta di matrice extracontrattuale e, dunque, assoggettata al termine di prescrizione di 5 anni dal momento in cui il fatto si è verificato.

Sul fronte civile, quindi, l’unica speranza residua potrebbe essere quella di incardinare un’azione per responsabilità contrattuale la cui sussistenza, tuttavia, deve essere attentamente valutata a seguito di una profonda conoscenza del fatto e dei rapporti tra l’atleta, l’allenatore e la società sportiva.

Anonimo chiede
lunedì 15/08/2022 - Lazio
“Spett.le Brocardi.it
L’imputato viene condannato nel giudizio monocratico di primo grado, ma solamente nella stesura dell’atto di Appello si avvede che i due capi di imputazione per cui è stato condannato sono prescritti, e ciò lo si desume da un documento che non è mai transitato nel fascicolo per il dibattimento di primo grado, e non era presente nel fascicolo del Pubblico Ministero.

Il motivo per cui tale documento non è stato prodotto dalla difesa nel fascicolo per il dibattimento, è dettato dal fatto che tale prescrizione è sorta, per un capo di imputazione nel corso del processo, e per un secondo capo di imputazione dopo la sentenza di primo grado, ed ulteriormente, tale documento, seppure già in possesso dell’imputato, è stato casualmente scoperto dopo la sentenza di primo grado.

La domanda è, qual è la strategia difensiva da porre in essere nell’atto di appello alla luce di quanto prospettato al fine di far valere la prescrizione maturata?

Cordialità
Consulenza legale i 29/08/2022
Non esiste una risposta univoca al parere posto in considerazione che si tratta di un tema strategico che necessità la conoscenza approfondita della vicenda processuale.
E’ possibile, tuttavia, fornire alcuni spunti giuridici che possono meglio orientare la strategia.

In primo luogo va detto che è improprio affermare che, nel caso di specie, la prescrizione di uno o più reati emerga da “un documento”.
Il tempo necessario alla prescrizione lo si desume, infatti, attraverso diversi e spesso non agevoli calcoli, sulla base del tempo di consumazione del reato, considerate anche le eventuali sospensioni che possono essersi verificate nel corso del processo.

Allo stesso modo, è altresì difficile che la data di consumazione del reato possa emergere da un documento.
Tecnicamente, la consumazione del reato la si ha nel momento in cui il fatto è espressione di tutti gli elementi costitutivi della fattispecie, che è giunta al proprio apice di offensività.
Dunque, a meno che non si tratti di reati estremamente semplici e la cui consumazione assume una connotazione fenomenica facilmente verificabile dal punto di vista fattuale (esempio l’omicidio allorché il colpo di pistola abbia immediatamente cagionato la morte del soggetto attinto), spesso individuare la data di consumazione di un qualsiasi delitto può essere un’operazione assai complessa.
Operazione che, in caso di difformità di vedute tra accusa e difesa, deve essere oggetto di prova specifica nel corso del giudizio di primo grado, tanto attraverso le adduzioni documentali quanto attraverso l’esame dei testimoni.

Fermo restando, dunque, che non è così pacifico che un documento possa essere così eloquente sulla consumazione del reato (e sulla prescrizione conseguente), in caso contrario le soluzione potrebbe essere quella di procedere ad un deposito del documento predetto in appello, osservando le formalità e i limiti dell’ art. 603 del c.p.p..

Utente S. chiede
martedì 02/08/2022 - Lazio
“Nel quesito numero Q202128971 posto da un vostro lettore, leggo che in risposta asserite che il reato previsto dall’art. 609 bis commesso a marzo 2012 si prescrive in 15 anni (12 + ¼ = 15).

La pena massima prevista per quel reato era di 10 anni, non 12 come indicato nella risposta.

La cornice edittale della pena è stata aumentata dall'art. 13 comma 1 della L. 19 luglio 2019 n. 69, quindi ai tempi del fatto del suddetto quesito era ancora di 10 anni.

Si tratta di una svista in fase di risposta, o per il calcolo del tempo necessario a prescrivere si tiene conto delle leggi successive anche se peggiorative per il reo?

Non dovrebbe intervenire art 2 cp?

Grazie per i chiarimenti.

Cito il quesito dell’utente:

“reato commesso il 25 marzo 2012,
condanna ai sensi dell'art.609 cp con aggravante dell'art. 61, comma 1, numero 9 cp

Qual'è il termine di prescrizione?”

Vostra risposta:

“Dunque, nel caso di specie, la prescrizione per l’abuso sessuale sarà di “soli” 15 anni (12 + ¼ = 15).”
Consulenza legale i 29/08/2022
La notazione contenuta nel parere è corretta.
Si noti, tuttavia, che lo stesso veniva reso a seguito di specifiche indicazioni del richiedente – poi oggetto di diversi chiarimenti – il quale era interessato a comprendere i tempi di prescrizione attualmente vigenti del reato di cui all’ art. 609 bis del c.p. con specifico riferimento al raddoppio dei termini previsti dall’ art. 157 del c.p..

Ciò detto, è ormai principio consolidato che la prescrizione sia un istituto di natura sostanziale al quale, dunque, si applicano i principi previsti dall’ art. 2 del c.p..

Stando così le cose, laddove, in sede di riforma normativa, la pena prevista per un determinato reato aumenti, l’articolo 2 divieterebbe l’applicazione retroattiva di una riforma chiaramente peggiorativa.
In questo caso, comunque, l’applicazione dell’articolo 2 non è connessa alla natura sostanziale o processuale della prescrizione, atteso che l’aumento del tempo di detenzione è un tema che attinge al diritto sostanziale, con ciò rientrando senza margini di opinabilità nello spettro applicativo del predetto articolo 2 c.p.

Diverso – anche se, poi, le conclusioni sono le medesime – è il tema afferente all’applicazione retroattiva di una norma che, pur non attingendo in modo diretto alla connotazione del reato, modifichi in senso peggiorativo i termini di prescrizione.
Nonostante le iniziali – e parecchio risalenti – incertezze, come detto in precedenza, ad oggi è noto che la prescrizione sia un istituto di natura sostanziale le cui modifiche normative, quindi, senza dubbio alcuno rientrano nel campo applicativo dell’art. 2 cp.

Ciò vuol dire che se una riforma allunga o comunque applica tempi di prescrizione più lunghi rispetto a quelli vigenti al momento della commissione del fatto, la stessa non potrà essere applicata in virtù del principio di irretroattività.
Allo stesso modo, l’applicazione del principio di retroattività favorevole consentirà l’applicazione, anche a reati già commessi, di eventuali modifiche normative più favorevoli al reo.


Anonimo chiede
martedì 19/07/2022 - Lazio
“Buongiorno,
sto approfondendo alcuni argomenti di natura giurisprudenziale e vorrei gentilmente avere alcuni chiarimenti, principalmente riguardo le aggravanti ed il tempo necessario a prescrivere. Avrei due domande.

1)
Nella spiegazione dell’articolo 157 cp del sito Brocardi è riportato che per il calcolo del tempo necessario a prescrivere non si tiene conto delle aggravanti “tranne nel caso in cui vengano riconosciute circostanze aggravanti speciali o ad effetto speciale (art. 63), nel qual caso si tiene conto dell'aumento massimo di pena previsto per l'aggravante”.

Quindi si tiene conto anche delle “circostanze aggravanti speciali”?
Cosa si intende?

Sapevo che ad incidere sul tempo necessario a prescrivere erano ritenute solo questo tipo di aggravanti:
- circostanze ad efficacia speciale, ovvero quelle che determinano l'applicazione di una pena di specie diversa rispetto a quella prevista per il reato commesso
- circostanze ad effetto speciale, ovvero quelle che determinano un aumento o una diminuzione della pena di oltre un terzo.

Le “circostanze aggravanti speciali” (non ad effetto speciale), ovvero quelle previste solo per determinati tipi di reato, non dovrebbero incidere sui tempi necessari a prescrivere.

Potrete chiarirmi questo aspetto?

2)
Quando più aggravanti comuni (che singolarmente non causano un aumento superiore ad un terzo), per effetto del cumulo materiale arrivano ad apportare un aumento superiore ad un terzo della pena base, queste incidono ai fini del calcolo del tempo necessario a prescrivere?

Ad esempio, un reato punito con reclusione di 4 anni che presenta 2 aggravanti comuni verrà calcolato:

Pena base:
4 anni

Aumento di 1/3 prima aggravante comune:
4 anni + 1 anno e 4 mesi = 5 anni e 4 mesi

Aumento di 1/3 seconda aggravante comune:
5 anni e 4 mesi + 1 anno 7 mesi = 7 anni e 1 mese

La seconda aggravante, sebbene generi un incremento di un terzo, a conti fatti causa un aumento superiore ad 1 anno e 4 mesi, quindi matematicamente superiore ad un terzo della pena base.
In questo caso, la seconda aggravante comune viene calcolata per il tempo necessario a prescrivere?


Grazie per la gentile riposta ai miei due quesiti.”
Consulenza legale i 26/07/2022
Rispondiamo ai quesiti singolarmente.

Quanto al primo, è assolutamente corretto affermare che le circostanze specificamente previste per particolari tipologie di reato non incidono sui tempi della prescrizione, a meno che non prevedano una pena di specie diversa o un aumento superiore a un terzo.

Quanto, invece, alla ulteriore questione attinente al primo quesito, la stessa introduce una mera tematica terminologica.
Spesso, invero, le circostanze a effetto e efficacia speciale vengono definite semplicemente speciali, senza ulteriore precisazione.
Il commento dell’art. art. 157 del c.p., quindi, non afferma nulla di diverso da quanto correttamente ritenuto nel quesito e, segnatamente, che solo le circostanze che prevedono una pena superiore al terzo o di specie diversa sono in grado di insistere sui tempi di prescrizione.

Il secondo quesito, invece, è più articolato dal punto di vista giuridico.
Si chiede, infatti, se, sulla prescrizione, può insistere anche una circostanza semplice i cui effetti, a seguito del cumulo, possono produrre un aumento della pena oltre il terzo.

Ebbene, la risposta al quesito deve essere assolutamente negativa.

Le circostanze e la prescrizione, infatti, sono due istituti totalmente diversi. La prescrizione, in particolare, attiene al diritto sostanziale ed è, quindi, un istituto improntato al principio di legalità e determinatezza. L’ipotetica variazione del tempo necessario a prescrivere, dunque, deve essere assolutamente determinato e prevedibile da parte del reo e non può discendere da effetti legati al caso concreto.
Questa è la ragione per la quale anche laddove una circostanza, a seguito del cumulo, genera un aumento superiore al terzo, non può incidere sui tempi di prescrizione.
Diversamente ragionando, avremmo un regime di prescrizione a “geometria variabile” che dipende dal caso concreto, in aperta violazione ai principi di legalità e determinatezza.

Tale circostanza, peraltro, è stata anche recentissimamente ribadita dalla Suprema Corte a Sezioni Unite, allorché si è discusso dell’effetto, sulla prescrizione, della recidiva a effetti limitati di cui all’art. art. 99 del c.p., ultimo comma (cfr. Cass., sez. un., 23 giugno 2022, informazione provvisoria e la relativa ordinanza di rimessione, ovvero la 4439/2022).

G. S. chiede
lunedì 11/04/2022 - Friuli-Venezia
“Buon pomeriggio, a dicembre 2021 sono stato condannato in primo grado per concorso in lesioni lievi con una pena di tre mesi per un fatto risalente il 16 agosto 2014.
Nel gennaio 2021 ho presentato ricorso in appello presso il Tribunale di Trieste con l'intento di annullare la pena di tre mesi. Il PM ha presentato appello richiedendo un anno e sei mesi di pena.
La prima udienza di appello si è tenuta il 4 aprile 2022 e la prossima udienza dibattimentale è stata fissata per il 15 maggio 2022.
Volevo chiedere cortesemente quali sono i termine di prescrizione in considerazione della nuova riforma e sull'interruzione della prescrizione a causa della pandemia Covid.
Cordialmente”
Consulenza legale i 27/04/2022
Gentile cliente, occorre conoscere se vi siano stati periodi di sospensione durante il giudizio di primo grado, ad esempio legati a richieste di rinvio da parte del difensore, al fine di fornire una risposta completa e precisa.
Si può tuttavia osservare quanto segue.
All’interno del diritto penale la prescrizione è disciplinata dagli artt. 157 c.p. e ss.

L’art. 157 c.p. è rubricato “Prescrizione. Tempo necessario a prescrivere” e precede l’art. 158 c.p. che riguarda la decorrenza del termine della prescrizione.
L’art. 159 c.p. è invece relativo alla sospensione del corso della prescrizione. Un riferimento ai 60 giorni è rinvenibile al comma terzo del medesimo articolo in cui viene detto che “in caso di sospensione del processo per impedimento delle parti o dei difensori, l’udienza non può essere differita oltre il sessantesimo giorno successivo alla prevedibile cessazione dell’impedimento, dovendosi avere riguardo in caso contrario al tempo dell’impedimento aumentato di sessanta giorni […]”.
Questo articolo è perlatro molto importante, come detto sopra, per capire se vi siano stati periodi di sospensione della prescrizione durante lo svolgimento del procedimento penale.

Molto rilevante è l’articolo seguente, art. 160 c.p., che tratta dell’interruzione della prescrizione. In questo senso è verosimile che l’ultimo atto interruttivo sia stata proprio la sentenza penale di condanna pronunciata all’esito del primo grado di giudizio.

L’art. 161 c.p. concerne infine gli effetti della sospensione e della interruzione.

La sentenza penale di condanna, come detto poc’anzi, ha effetto interruttivo della prescrizione e la proposizione dell’impugnazione impone la seguente riflessione:
a) se dichiarata ammissibile la Corte entra nel merito e giudica anche sulla prescrizione;
b) se dichiarata inammissibile, tale pronuncia ha efficacia ex tunc alla data della sentenza di primo grado;

Per quanto concerne l’emergenza sanitaria legata alla diffusione del virus Covid-19, la giurisprudenza di legittimità, Cass. pen., sent. 9 novembre 2020, n. 31269, ha statuito che l’arco temporale di sospensione della prescrizione dovrebbe ritenersi comprensivo non solo per periodo 9 marzo 2020-11 maggio 2020 ma anche dell’ulteriore periodo 12 maggio 2020-30 giugno 2020.
Era stato infatti rimesso ai direttori degli uffici preposti il compito di adottare le misure tecniche organizzative necessarie quali il rinvio de plano delle udienze penali a data successiva il 30 giugno 2020, eccetto il disposto di cui all’art. 83, co. VII, lett. g).

Tuttavia la Corte Costituzione, con sent. n. 140/2021, ha ritenuto costituzionalmente illegittimo l’art. 83, comma 9 D.L. n. 18/2020 nella parte in cui prevede la sospensione del corso della prescrizione per il tempo in cui i procedimenti penali sono rinviati ai sensi del precedente comma 7, lett. g), e in ogni caso, non oltre il 30 giugno 2020.
La sospensione della prescrizione prevista nel caso in cui il capo dell'Ufficio giudiziario disponga un rinvio d'udienza, decisione rientrante nelle misure organizzative finalizzate a contrastare l'emergenza da Covid 19 e a contenerne i risvolti negativi sull'attività d'udienza, viola infatti il principio di legalità.
Il rinvio dell’udienza è infatti una mera misura organizzativa che il capo dell'ufficio giudiziario può adottare. Si tratta però di una facoltà che è delimitata molto genericamente dalla legge sia nei suoi presupposti che nelle finalità da perseguire, ponendosi quindi in contrasto con l'istituto della sospensione della prescrizione. Ciò infatti allungherebbe quelli che sono i tempi per conseguire l’estinzione del reato ed avendo ricadute importanti riguardo la punibilità del reato.




N. S. chiede
venerdì 07/01/2022 - Lazio
“Salve, sono stato vittima di bullismo in terzo superiore, quando avevo 16 anni e frequentavo il terzo superiore nell' anno scolastico 2012/2013, quindi ultimi comportamenti illeciti nel giugno 2013, ora ne ho quasi 26. I comportamenti di cui sono stato vittima rientrano nella fattispecie degli art. 612 bis e 610. Purtroppo ho aspettato troppo tempo per denunciare e i miei dubbi riguardano i tempi di prescrizione e comunque ho paura che anche se iniziassi un procedimento andrebbe in prescrizione il reato. Per quanto riguarda l'art. 612 bis ho calcolato 6 anni e mezzo di prescrizione più l'aumento della metà per reato a danno di minori, con partenza dei termini dal compimento del 18esimo anno di età, per il 610 invece non credo di essere più in tempo, ho fatto questi calcoli leggendo sui codici e documentandomi ma non ne sono sicuro. Gradirei quindi avere più delucidazioni da voi su questo e anche sul fatto se la recente riforma della prescrizione dopo il primo grado di giudizio mi possa aiutare comunque nonostante entrata in vigore successivamente alla commissione dei reati suddetti. Grazie e cordiali saluti.”
Consulenza legale i 10/01/2022
In osservanza al combinato risposto degli artt. 157 c.p. e 161 c.p., il tempo massimo di prescrizione è quello previsto dal limite massimo edittale di pena stabilita per il reato (se si tratta di delitto si parte, però, sempre e comunque da una pena minima di anni 6), aumentato di un quarto. Non si considerano le aggravanti, a meno che non si tratti di aggravanti a effetto speciale o a efficacia speciale.
Si noti, in ogni caso, che la prescrizione comincia a decorrere dalla data di commissione del reato, a nulla rilevando la maggiore o minore età della persona offesa dal reato al tempo della consumazione.
Ora, nel caso dell’articolo 610 c.p., la prescrizione complessiva sarebbe di anni 7 e mezzo.
Il reato, ad oggi, è dunque ampiamente prescritto essendo l’estinzione avvenuta all’incirca alla fine del 2020.
Nel caso dello stalking, pur volendo considerare l’aggravante a effetto speciale di cui al comma 3, si arriverebbe al termine massimo di prescrizione di 10 anni circa.
Il reato, dunque, si prescriverebbe intorno al giugno del 2023 (non ci sarebbero interruzioni o sospensioni da considerare).
Ai fini del caso di specie, a nulla aiutano le nuove riforme in tema di prescrizione che, essendo peggiorative rispetto al passato, non sono applicabili in via retroattiva.

Ciò detto, seppure l’ipotetico stalking non sembra essere ancora prescritto, si sconsiglia di intraprendere qualsivoglia azione penale.
Oltre al fatto che, essendo decorso così tanto tempo, sarebbe quasi impossibile raccogliere sufficienti elementi di prova per sostenere l’accusa in giudizio, anche laddove le indagini della Procura dovessero cominciare immediatamente dopo il deposito dell’atto di denuncia - querela, i tempi non sarebbero mai così brevi da evitare la prescrizione.
E se anche le predette indagini dovessero concludersi prima della scadenza del termine in questione, la durata del processo di primo grado non sarebbe così breve da evitare il decorso della prescrizione nel mezzo della celebrazione del rito.

Felice C. chiede
lunedì 06/09/2021 - Lazio
“reato commesso il 25 marzo 2012,
condanna ai sensi dell'art.609 cp con aggravante dell'art. 61, comma 1, numero 9 cp

Qual'è il termine di prescrizione?”
Consulenza legale i 09/09/2021
Non essendo a conoscenza del dettaglio della vicenda processuale, nel caso di specie si potranno calcolare solo i termini massimi di prescrizione.

In osservanza al combinato risposto degli artt. 157 c.p. e 161 c.p., il tempo massimo di prescrizione è quello previsto dal limite massimo edittale di pena stabilita per il reato, aumentato di un quarto. Non si considerano le aggravanti, a meno che non si tratti di aggravanti a effetto speciale o a efficacia speciale (cosa che non è nel caso che ci occupa).
Tuttavia, il comma 6 dell’articolo 157 c.p. dispone che, per alcuni reati (e tra questi vi è anche il reato di violenza sessuale), il termine di prescrizione è raddoppiato.

Ad oggi, quindi, in considerazione del fatto che il reato di cui all’art. 609 bis c.p. prevede una pena massima di dodici anni, la prescrizione scatterà solo a seguito del decorso di trent’anni anni dalla commissione del fatto (24 + ¼ = 30).

Nel caso di specie, tuttavia, il comma 6 dell’articolo 157 c.p. non potrà essere applicabile in considerazione del fatto che la riforma è entrata in vigore nell’ottobre del 2012 e, dunque, si tratta di una modifica normativa peggiorativa, non applicabile retroattivamente in virtù della previsione dell’art. 2 c.p.

Dunque, nel caso di specie, la prescrizione per l’abuso sessuale sarà di “soli” 15 anni (12 + ¼ = 15).

A questo termine, comunque, andrà aggiunto il tempo di eventuali sospensioni della prescrizione.


G.P. chiede
venerdì 16/07/2021 - Lombardia
“Buongiorno, ho avuto in primo grado una condanna a 3 anni di reclusione per bancarotta fraudolenta, con relative pene accessorie (interdizioni varie, inabilitazioni).
Ricorrendo in appello vengo prosciolto in quanto nel frattempo il reato va in prescrizione. Quello che vorrei però capire è se la prescrizione è valida anche per le pene accessorie .
Resto in attesa.
Grazie e un cordiale saluto.”
Consulenza legale i 22/07/2021
Le pene accessorie – lo dice il termine stesso – sono strettamente connesse alla pena principale e all’affermazione di responsabilità dell’imputato.
Le stesse, dunque, sono pene nel verso senso del termine e non possono essere comminate nel caso in cui il fatto-reato sia estinto, pena la violazione del principio di legalità di cui all’art. 25 della costituzione e dell’art. 1 del codice penale.

Quanto alla prescrizione, la stessa è una causa di estinzione del reato (l’art. 157 c.p. è inserito nel titolo VI, Capo I del codice penale, derubricato “della estinzione del reato”) e, allo scattare della stessa, decadono tutte le pene comminate all’imputato, ivi comprese, naturalmente, quelle accessorie.

Si tratta di un principio basilare del nostro ordinamento, posto anche alla base della normativa della prescrizione, stando al quale lo Stato perde la propria potestà punitiva a seguito del decorso di un tempo considerevole dalla commissione del fatto; il decorso del tempo, invero, fa scemare quell’emergenza sociale per risanare la quale vi sarebbe bisogno della punibilità e della comminazione della pena, principale o accessoria che sia.

Anonimo chiede
sabato 26/06/2021 - Lazio
“Spett. Le Brocardi,

Il Tribunale Ordinario di XXX Procura della Repubblica ha osservato nel Protocollo n. xx/xxxx tra l’altro che:
“Tribunale in composizione monocratica”: […] “per i processi già pendenti dinanzi al Giudice dibattimentale saranno seguiti i seguenti criteri. In tutti i casi nei quali la prescrizione è destinata a maturarsi nei successivi 24 mesi per i delitti e nei successivi 18 mesi per le contravvenzioni, non vi sia costituzione di parte civile e si rilevi impossibile definire il processo nella stessa udienza in cui viene chiamato ( es. mancata comparizione dei testi già citasti e necessari, istruttoria non ancora iniziata etc.), il giudice (monocratico o collegiale) rinvierà il processo a data successiva al maturarsi della prescrizione. […].

La domanda è: il Giudice è obbligato ad attenersi alla suddetto protocollo o può dissociarsi e continuare il giudizio anche nella fattispecie di un processo che secondo il suddetto protocollo avrebbe dovuto essere rinviato in data successiva al maturarsi della preterizione?

Il difensore dell’imputato può eccepire al Giudice il rispetto del protocollo e il Pubblico Ministero avrebbe la facoltà di opporsi alla suddetta richiesta in contrasto a quanto osservato nel suddetto protocollo?

Cordiali saluti.”
Consulenza legale i 30/06/2021
Prima di rispondere al quesito, occorre fare una premessa.

Protocolli come quello di cui al parere vengono adottati sempre più spesso in diversi Tribunali e Procure.
Gli stessi rispondono ad un chiaro – e utile – intento di razionalizzazione delle risorse in tutti quei casi in cui l’espletamento delle indagini e/o la celebrazione dell’istruzione dibattimentale sarebbe inutile in quanto i fisiologici tempi della giustizia si scontrerebbero col decorso dei termini di prescrizione.

Ora, tali protocolli non sono vincolanti, nel senso che gli stessi non possono comunque bloccare l’attività del magistrato procedente, che si caratterizza proprio per la sua autonomia.
Ciò, tuttavia, non toglie che l’elevato livello di opportunità di tali protocolli sia un elemento fortemente condizionante che, quasi sempre, determina la relativa osservanza da parte del magistrato procedente.

Rispondiamo, dunque, ai quesiti.

Quanto al primo, il magistrato, come detto, non è obbligato all’osservanza di tale protocollo ma, sicuramente, dovrà avere delle ragioni estremamente serie per discostarsene e, tendenzialmente, lo farà solo dopo averne discusso col presidente del tribunale (che tale protocollo ha emesso) al fine di ottenere una sorta di “nulla osta”.
Se, dunque, non dovessero sussistere ragioni serie e tangibili, è quasi impossibile che le regole del protocollo non vengano rispettate.

Quanto, invece, alla possibilità di eccepire il rispetto del protocollo, la risposta è negativa.

Il protocollo in parola, invero, costituisce un atto organizzativo che ha effetto solo interno, nell’ambito dell’organizzazione dell’attività giudiziaria per quello specifico Tribunale. Lo stesso, dunque, non ha alcun valore “processuale” tale da essere in grado di fondare una specifica eccezione della difesa (laddove, ad esempio, il processo dovesse essere celebrato) o dell’accusa (nel diverso caso in cui il giudice dovesse disporre un rinvio lungo per far decorrere la prescrizione).

Rosaria P. chiede
lunedì 02/03/2020 - Liguria
“argomento prescrizione: nel settembre 2013 tizio ha denunciato sempronio per truffa per grossa entità di denaro e per estorsione avvenuti nell'agosto 2013 . Il pubblico ministero nel 2015 rinvia a giudizio sempronio solo per estorsione e non per truffa, pur se denunciata. Tizio chiede al suo avvocato se entro agosto 2019 sarebbe stato possibile agire in via civilistica per recuperare le somme truffaldinamente percepite da sempronio. L'avvocato di tizio risponde di si e agisce proprio ad agosto 2019 ma la notifica a sempronio della citazione in giudizio non va a buon fine entro lo stesso mese di agosto 2019 e viene rifatta il dopo 1 mese;
Tizio adesso crede che ormai il suo diritto a procedere per via civilistica sia prescritto stando che la notifica doveva essere fatta entro agosto 2019,ovvero entro sei anni dalla prescrizione per truffa, e anche perché la prescrizione in ambito civilistico per il reato di truffa non può essere considerata di 7 anni e mezzo come nel diritto penale, anche ai sensi dell'articolo 157 c.p. secondo comma.
L'avvocato di tizio invece insiste sul fatto che per i motivi di cui sopra il diritto a non è prescritto ma si prescrive dopo 7 anni e mezzo dal momento in cui tizio ha denunciato il fatto nel 2013.
si chiede parere a brocardi.it sulla fondatezza della continuazione dell'azione civile .”
Consulenza legale i 06/03/2020
Per rispondere al quesito in esame, occorre preliminarmente far riferimento ad alcune norme del codice penale.
L’art. 157 c.p. stabilisce che la prescrizione estingue il reato decorso il tempo corrispondente al massimo della pena edittale stabilita dalla legge e comunque un tempo non inferiore a sei anni se si tratta di delitto.
Laddove vi siano stati eventi interruttivi, quali la richiesta di rinvio a giudizio (art. 160 c.p.) il decorso della prescrizione è interrotto.
Salvo che si proceda per i reati di cui all'articolo 51, commi 3-bis e 3-quater, del codice di procedura penale, in nessun caso l'interruzione della prescrizione può comportare l'aumento di più di un quarto del tempo necessario a prescrivere (art. 161 c.p.).

Nella presente vicenda, stando a quanto riferito, parrebbe che non vi siano stati eventi interruttivi dal momento che il rinvio a giudizio non è stato richiesto per il reato di truffa nè è stata compiuta alcuna delle attività di cui all'art. 160 c.p.
Il suo termine di prescrizione è quindi di sei anni e non di sette anni e mezzo.
Tale termine decorre, come previsto dall’art. 158 c.p., dal giorno della consumazione del reato e quindi, nella presente vicenda, da agosto 2013.

Quanto all’azione civile per il risarcimento del danno derivante da reato, occorre far riferimento all’art. 2947 c.c. che espressamente prevede che a meno che il reato sia estinto per causa diversa dalla prescrizione o sia intervenuta sentenza irrevocabile nel giudizio penale, “se il fatto è considerato dalla legge come reato e per il reato è stabilita una prescrizione più lunga (di cinque anni ndr), questa si applica anche all'azione civile.

Pertanto, nella presente vicenda, non essendo intervenuta una sentenza irrevocabile nel giudizio penale, né altra causa di estinzione diversa dalla prescrizione, il termine di sei anni sarà applicabile anche all'azione civile che appare, quindi, sulla base degli elementi in nostro possesso, effettivamente prescritta.

Vincenzo chiede
sabato 30/11/2019 - Puglia
“Sono stato rinviato a giudizio per presunte numerose violazioni di falso ideologico e truffa. I fatti contestati si sono verificati fino al mese di aprile 2007. Dopo 10 anni di dibattimento, il p.m. ha chiesto le aggravanti e il Tribunale colleggiale non si è ancora pronunciato sulla accettazione o meno delle aggravanti. Nell'ultima udienza devono iniziare le escussioni dei testi a mio favore. L'udienza è prevista per il 13.03.2020. Durante tutto il dibattimento, ci sono stati circa 7 mesi di sospensione per motivi vari. Desidero conoscere,i n quanto io non sono stato in grado di addivenirlo, quando si prescrive questo processo. Dai calcoli da me eseguiti, già a ottobre 2019 si era prescritto. Ho fatto bene i calcoli? Grazie.”
Consulenza legale i 03/12/2019
L’articolo art. 157 del c.p. stabilisce che il tempo necessario ai fini della prescrizione è uguale al massimo della pena edittale per lo stesso prevista.

Ciò a meno che non vi siano degli atti, tecnicamente detti “sospensivi” o “interruttivi”, che, di fatto, dilatano leggermente il termine di prescrizione: in sostanza in caso di sospensione della prescrizione, per calcolare il termine andranno via via aumentati i periodi di sospensione a quelli già decorsi. Se invece è intervenuta l’ interruzione della prescrizione, il termine comincerà a decorrere ex novo dal momento di verificazione dell’atto interruttivo.

In ogni caso, come afferma l’art. 161 del codice penale, in nessun caso gli atti interruttivi e sospensivi possono protrarre il termine di prescrizione per più di un quarto del tempo necessario affinché il reato si prescriva.
I termini di prescrizione di cui all’art. 157 sono definiti intermedi mentre quelli di cui all’art. 161 sono detti massimi.

Partendo dal presupposto che, in questo caso, è impossibile fare un calcolo preciso dei termini intermedi allorché non si conoscono con esattezza gli atti interruttivi e sospensivi, occorre capire se è scattato il termine massimo di prescrizione.

A tal fine, non essendo chiaro quale reato di falso sia stato contestato, si prenderà come esempio quello di cui all’art. 476 del codice penale, ovvero il reato di falso punito con la pena più aspra, e cioè 10 anni di reclusione.

Ebbene, stando alle disposizioni del codice penale, il termine massimo di prescrizione per questo reato va calcolato aumentando di 1/3 la pena massima di reclusione prevista per il reato di falso preso in considerazione.
Si arriva, in tal modo, ad un totale di 160 mesi di reclusione che equivalgono a ca. 13 anni e 4 mesi di reclusione. Conseguentemente, nel caso di specie le ipotesi di falso si prescriverebbero all’incirca nell’agosto 2020.

Per le medesime ragioni, la truffa si prescrive in 7 anni e mezzo.

Ad oggi, dunque, i reati di falso non sono ancora prescritti mentre per la truffa la causa estintiva risulta maturata da parecchio tempo e, nello specifico, nell’ottobre del 2014.

Si consideri, in ogni caso, che se la prescrizione non dovesse maturare in primo grado, di certo maturerebbe in appello. Ciò, ovviamente, salverebbe l’imputato sul fronte della responsabilità penale ma non sotto l’aspetto del risarcimento del danno a eventuali parti civili.

Anonimo chiede
venerdì 11/01/2019 - Sicilia
“Oggetto : Peculato : Art. 314 c.p. - Richiesta finalizzata a conoscere la data di prescrizione di un processo nel quale l'ultimo episodio si è verificato il 19/03/2007.

La vicenda in esame fa riferimento ad un processo di 1° grado per peculato relativo ad un episodio verificatosi in data 19/03/2007. Di seguito si indicano le sospensioni ed interruzioni della prescrizione

Art. 159 c.p.p. SOSPENSIONE GG. MESI ANNI
Adesione allo sciopero degli avvocati 2

Art.160 - INTERRUZIONE
- Provvedimento giudice di fissazione udienza in Camera di Consiglio
per la richiesta di archiviazione del 16/02/2011 e 18/02/2011 2 2 -----
- Richiesta del GUP di rinvio a giudizio (dal 26/02/2012 al 29/01/2013 23 6 ----
- Decreto fissazione dell'udienza preliminare
Non si è a conoscenza delle date tuttavia ai sensi dell'art.418 c.p.p.
non può intercorrere un periodo superiore a 30 giorni 1
-------------------------------
25 9

N.B. Nel corso dell'ultima udienza del11.12.2018 il presidente del collegio dopo l'audizione di alcuni testimoni riteneva di continuare il processo con l'intervento del P.M. e successivamente con quello degli avvocati. Questi ultimi non condividevano tale proposta per motivi tecnici e chiedevano il rinvio a successiva seduta . A questo punto il presidente fissava la nuova udienza al 12/03/2019. In considerazione di quanto sopra si chiede cortesemente conoscere la data entro la quale il processo dovrà considerarsi estinto per prescrizione
Ringraziando anticipatamente

Consulenza legale i 18/01/2019
Per conoscere la data di prescrizione del reato in questione è necessario analizzare la normativa applicabile per un fatto datato 19.03.2007.
In primo luogo, ai sensi dell'art. 314 c.p., la pena massima nel 2007 era stabilita in anni 10 e dunque, il tempo necessario a prescrivere detto reato sarà di anni 10.
Per quanto attiene all'interruzione della prescrizione del reato, rileva il primo atto interruttivo che fa ricominciare il decorso della prescrizione, con la limitazione, stabilita dall'art. 160 c.p., secondo cui: "in nessun caso i termini stabiliti nell'articolo 157 possono essere prolungati oltre i limiti di cui all'art 161 secondo comma".

Ciò significa che, visto quanto disposto dall'art. 161 c.p. comma secondo, la prescrizione , ancorché interrotta, non può durare più di un quarto in più rispetto al tempo necessario a prescrivere; nel caso di specie, dunque, essendo il tempo di prescrizione di anni 10, l'interruzione comporta un aumento di 2 anni e 6 mesi portando così la prescrizione a 12 anni e 6 mesi.
A questo deve essere aggiunto il tempo in cui la prescrizione è rimasta sospesa, ovvero, nel caso di specie, nei due momenti in cui si è aderito allo sciopero (astensione) degli avvocati.

A norma dell'art. 159 c.p., la prescrizione rimane sospesa dal giorno in cui vi è l'adesione all'astensione fino alla data in cui viene rinviata l'udienza. Non avendo nel suo quesito indicato precisamente la durata delle due sospensioni non è possibile stabilire con precisione per quanto tempo la prescrizione sia rimasta sospesa.

Sempre a norma dell'art. 161 c.p., tuttavia, il tempo di differimento massimo dell'udienza, in caso di impedimento del difensore, è di giorni 60 con la conseguenza che per le due sospensioni relative al suo caso il tempo massimo di sospensione è di giorni 120.
In conclusione il tempo necessario a prescrivere un fatto di peculato avvenuto in data 19.3.2007 è di 12 anni 6 mesi più il tempo in cui il processo è rimasto sospeso nei casi di astensione (un massimo di 120 giorni) e, dunque, ipotizzando la sospensione massima (120 giorni) il delitto si prescriverà in data 19 gennaio 2020 (corrispondente a 12 e 6 mesi più 4 mesi di sospensione). Per sapere la data esatta in cui si prescriverà occorrerà calcolare la durata esatta dei due periodi di sospensione e sommarla ai 12 anni e 6 mesi.

Giuseppe L. chiede
giovedì 22/03/2018 - Marche
“Sono imputato del reato ex artt 38 R.D. 18/06/1931, art. 697 cp, perché all'interno della mia abitazione, in armadietto metallico chiuso, insieme ad armi regolarmente denunciate, un milite della polizia tributaria ha rinvenuto delle cartucce a palla , per fucili da caccia ,non denunciate. A causa di una difesa impronunciabile e pur avendo sostenuto che ne ero entrato in possesso all'atto dell'acquisto della relativa arma, per la quale peraltro ho la regolare licenza di caccia, sono stato condannato a 15 gg di arresto, visti gli artt. 533 e 535 c.p.p.. Il milite, durante la perquisizione ha sequestrato le cartucce. Ho fatto appello. Vorrei sapere in quanti anni il presunto reato va in prescrizione. Segnalo che nel 2002 in un cantiere di cui ero direttore dei lavori un operaio si è fatto male per cui ho scoperto che ha distanza di 16 anni risulto ancora iscritto per ferite colpose.”
Consulenza legale i 29/03/2018
L’art. 697 c.p. “detenzione abusiva di armi”, punisce con l’arresto fino a 12 mesi o con l’ammenda fino a € 371 chiunque, senza averne fatto denuncia all’Autorità, detiene armi o caricatori soggetti a denuncia ex art. 38 TU 773/31.

Il reato in questione è una contravvenzione e non un delitto e questo incide sul termine prescrizionale. Ai sensi dell’art. 157 c.p., infatti, i reati si prescrivono in un tempo corrispondente al massimo della pena previsto per legge; se, dunque, un reato prevede una pena nel massimo di 10 anni la prescrizione avrà durata decennale.

Lo stesso art. 157 c.p., tuttavia, prevede altresì che il termine prescrizionale non può essere mai inferiore a 6 anni nel caso di delitto ed a 4 anni nel caso di contravvenzione.

Il reato di detenzione abusiva di armi prevede una pena nel massimo di 12 mesi e dunque, essendo una contravvenzione, la prescrizione sarà di anni 4.

E’ importante considerare, tuttavia, che l’art. 160 c.p., prevede l’istituto dell’interruzione della prescrizione; quando ricorrono determinati presupposti (indicati specificatamente dal suddetto articolo), la prescrizione si interrompe e ricomincia a decorrere. Secondo l’art. 161 c.p., tuttavia, l’interruzione della prescrizione non può comportare un aumento di più di un quarto del tempo necessario a prescrivere il reato.

Tra le cause interruttive di cui all’art. 160 c.p. è presente anche la sentenza di condanna; di conseguenza la prescrizione nel caso di specie non sarà di anni 4 ma di anni 4 aumentati di un quarto.

In definitiva, il reato in questo caso si prescriverà in anni 5 (quattro anni + 1 anno per la causa interruttiva).

Per quanto attiene al reato di lesioni colpose di cui all’art. 590 c.p. Le ricordiamo che, essendo questo un delitto e non una contravvenzione, la prescrizione avrà una durata di anni 6; essendo il fatto del 2002 ad oggi è sicuramente prescritto.


FABIOLA N. chiede
venerdì 04/08/2017 - Lazio
“Salve, vorrei sapere una denuncia con relativo sequestro preventivo per art 10 del 388 cp in cui le indagini non proseguono, dunque ferma d' ufficio dal Dicembre 2013, quando si prescrive definitivamente.

grazie
Fabiola”
Consulenza legale i 09/08/2017
L’art. art. 388 del c.p. c.p. punisce varie ipotesi di mancata esecuzione dolosa di provvedimenti del giudice.

Le pene variano da un minimo di due mesi fino a un massimo di tre anni.

Dal quesito pare che la denuncia si stata presentata nel 2013, ma ai fini del corso della prescrizione è necessario stabilire la data di commissione del reato perché è da qui che inizia a correre il tempo necessario a prescrivere il reato.

Il tempo necessario a prescrivere un reato aumenta proporzionalmente alla gravità del reato preso in considerazione, cioè aumenta con l’aumentare della pena edittale prevista per quel determinato reato.

L’art. art. 157 del c.p. c.p., come modificato dalla legge 5.12.2005 n. 215, stabilisce che la prescrizione estingue il reato decorso il tempo corrispondente al massimo della pena edittale stabilita dalla legge e comunque un tempo non inferiore a sei anni se si tratta di delitto, e a quattro anni se si tratta di contravvenzioni, anche se puniti con la sola pena pecuniaria.

Tutte le ipotesi criminose disciplinate dall’articolo in questione sono delitti, quindi nel caso di specie il termine ordinario di prescrizione è di anni sei.

L’art. art. 160 del c.p. c.p. indica le cause di interruzione della prescrizione (in tali casi il corso della prescrizione si interrompe e comincia a decorrere un nuovo tempo di prescrizione dal giorno dell’interruzione):
- la sentenza di condanna;
- decreto penale di condanna;
- l'ordinanza che applica le misure cautelari personali e quella di convalida del fermo o dell'arresto;
- l'interrogatorio reso davanti al pubblico ministero o al giudice;
- l'invito a presentarsi al pubblico ministero per rendere l'interrogatorio;
- il provvedimento del giudice di fissazione dell'udienza in camera di consiglio per la decisione sulla richiesta di archiviazione;
- la richiesta di rinvio a giudizio;
- il decreto di fissazione della udienza preliminare;
- l'ordinanza che dispone il giudizio abbreviato;
- il decreto di fissazione della udienza per la decisione sulla richiesta di applicazione della pena;
- la presentazione o la citazione per il giudizio direttissimo;
- il decreto che dispone il giudizio immediato;
- il decreto che dispone il giudizio e il decreto di citazione a giudizio.

Ai sensi dell’art. art. 161 del c.p. c.p., tuttavia, l’interruzione della prescrizione può comportare l’aumento fino a:
- un quarto del tempo necessario a prescrivere nei casi ordinari;
- la metà del tempo necessario a prescrivere nei casi di recidiva specifica (art. art. 99 del c.p. c.p. II comma);
- i due terzi del tempo necessario a prescrivere nel caso in cui il recidivo commetta altro delitto non colposo (Art. art. 99 del c.p. c.p. IV comma);
- l’aumento del doppio del tempo necessario nel caso in cui a commetterlo sia il delinquente abituale (Artt. art. 102 del c.p. e [[103]] c.p.), oppure il delinquente di professione (Art. art. 105 del c.p. c.p.).

Per rispondere al quesito, quindi, in assenza di cause di interruzione del reato, questo si prescrive in sei anni dalla data di commissione del reato stesso.

In caso di atti interruttivi la prescrizione potrebbe aumentare da sette anni e mezzo fino a dieci anni.

Vincenzo chiede
venerdì 02/10/2015 - Puglia
“Buongiorno.Sono imputato x la presunta violazione dell'art. 479 del c.p.x aver suggerito fatti non veri nella compilazione di un verbale di arresto a dei miei collaboratori.(non è cosi)Il reato lo avrei commesso nel mentre ero in convalescenza per gravi motivi di salute e pertanto non in comando.Lo stesso articolo mi è stato contestato per un verbale di fine intercettazione ambientale che io non ho firmato ma firmato solamente da mio sottoposto.Per non farmi mancare nulla,lo stesso articolo mi viene per la 3^ volta contestato per aver truffato 2 ore di lavoro straordinario quando lo stesso giorno,ne avevo rinunciato a 8 e lo stesso mese rinunciato,con dichiarazione del comandante a ore 24.Il mio quesito è:trovano fondamento queste contestazioni?;i fatti risalgono al mese di gennaio-febbraio 2007;quando si prescrivono?;per la presunta violazione dell'art.368 1° comma quali sono i tempi per la prescrizione.Grazie.”
Consulenza legale i 06/10/2015
Nel caso di specie, non è semplice poter affermare se il reato contestato sussiste o meno per tutte le ipotesi elencate brevemente nel quesito. Si può, però, precisare quanto segue.

Il reato di falsità ideologica commessa dal pubblico ufficiale in atti pubblici punisce il pubblico ufficiale che, ricevendo o formando un atto nell'esercizio delle sue funzioni, attesta falsamente che un fatto è stato da lui compiuto o è avvenuto alla sua presenza, o attesta come da lui ricevute dichiarazioni a lui non rese, ovvero omette o altera dichiarazioni da lui ricevute, o comunque attesta falsamente fatti dei quali l'atto è destinato a provare la verità (art. 479 del c.p.).

Che il fatto sia avvenuto mentre il pubblico ufficiale era in convalescenza, cioè, quindi, che il fatto non sia imputabile a quel soggetto (a prescindere dalla firma dell'atto, egli avrebbe potuto comunque formarne il contenuto), dovrà essere ovviamente oggetto di prova, e quindi nulla di preciso si può dire in proposito in questa sede.

Quanto alla circostanza che un verbale sia stato firmato da un sottoposto, va premesso che viene considerato atto pubblico ogni documento redatto dal pubblico ufficiale per uno scopo inerente alle sue funzioni, che contenga attestazioni di verità suscettibili di produrre effetti giuridici per la pubblica amministrazione. Il pubblico ufficiale è considerato "autore" dell'atto anche quando non coincide con il soggetto che lo ha scritto, posto che chi scrive può essere semplicemente un dattilografo: è possibile dire che l’autore è colui in nome del quale lo scritto è formato. Di norma, però, l'autore del documento lo sottoscrive. Quindi, nel caso di specie, si dovrebbero capire le ragioni per cui l'imputato è stato considerato autore del verbale anche se non lo ha firmato: probabilmente, l'atto è stato considerato come da lui formato, in quanto atto di sua competenza. Sul punto si dovrebbero analizzare meglio gli atti del processo.

In merito alle ore straordinarie, che presuntivamente sono state falsamente dichiarate, il quesito non fornisce sufficienti riferimenti per dare una risposta precisa. Si può comunque richiamare il principio sancito dalle Sezioni Unite della Corte di cassazione, per cui "i cartellini marcatempo ed i fogli di presenza dei pubblici dipendenti non sono atti pubblici, essendo essi destinati ad attestare da parte del pubblico dipendente solo una circostanza materiale che afferisce al rapporto di lavoro tra lui e la pubblica amministrazione (oggi soggetto a disciplina privatistica), ed in ciò esauriscono in via immediata i loro effetti, non involgendo affatto manifestazioni dichiarative, attestative o di volontà riferibili alla pubblica amministrazione" (Cass. pen., SS.UU, 11.4.2006 n. 15983).

I tempi di prescrizione del reato di cui all'art. 479 c.p. sono 6 anni in relazione al primo comma dell'art. 476 c.p., e 10 anni in relazione al secondo comma dell'art. 476.
Invece, il reato ex art. 368, comma primo, c.p. (calunnia), si prescrive ordinariamente in sei anni (ma se dal fatto deriva una condanna superiore a 5 anni, si prescrive in 12 anni), prescrizione massima 7 anni e 6 mesi.

Vincenzo B. chiede
martedì 15/09/2015 - Puglia
“Lo stesso ufficiale di p.g., nel periodo in cui anche lui era indagato a causa mia e per i fatti che poi sono sfociati nella pseudo calunnia,dal nulla ebbe a crearmi 3 processi compreso uno militare da ove sono stato assolto con formula piena.Il nel secondo processo tutt'ora in atto(quello per calunnia è il 3°),dalle ambientali che mi collocarono in caserma,oltre ad emergere la mia estraneità dal reato di calunnia x cui su energica opposizione del p.m.il giudice neanche ai sensi dell'art.507 ha voluto acquisire la prova della mia innocenza,dall'ascolto delle predette ambientali ho scoperto che la stessa p.g. oltre a non trascrivere quanto accadde la sera del sequestro da dove poi sono diventato "calunniatore",omise di trascrivere altri fatti reato commessi da loro e da personale da me all'epoca dipendente.Presentai regolare denuncia e dopo u n palleggio tra i due magistrati interessati alla mia vicenda giudiziaria,chiese la archiviazione,in quanto i reati erano stati accertati ma a suo dire si erano prescritti.Esercitata l'opposizione all'archiviazione,dopo 15 mesi non si hanno notizie ma ho accertato che chi la sta trattando è lo stesso Gip. che mi ha rinviato a giudizio due volte,ovvero per tutti e due i processi in atto.Sempre dalle ambientali esercitate in caserma e dai relativi 9 dvd su 33 che avevo richiesto,ho accertato che la p.g. ha mentito anche sulla installazione delle microspie,in quanto nel mentre dichiarano di averle installate in una determinata data,viene certificato da loro stessi,che il giorno prima,l'ambientale piazzata nel mio ufficio era già funzionante.Allora mi chiedo e vi chiedo che valore probatorio può avere "un'indagine" enucleata in tale modo? Parte di queste "stranezze" le ho documentate e con relative memorie depositate in Tribunale,ma il processo continua.Voglio evidenziare inoltre che nel corso del processo,non sono mancate false testimonianze. Vi chiedo:cosa posso fare per far stoppare detto processo? Devo ancora inghiottire veleno? Vi ringrazio per le Vostre eccellenti consulenze.”
Consulenza legale i 23/09/2015
Con riferimento al quesito sottoposto alla Redazione di Brocardi, allo stato attuale della ricostruzione degli elementi in fatto, si evidenzia quanto segue.

Il quesito attiene all'eventuale rimedio processuale nella disponibilità della parte (indagato e imputato) volto a contestare sia la regolarità delle indagini svolte, sia la pronuncia di inammissibilità delle prove da parte del Giudice.

Al fine di rispondere a tale quesito occorre ricapitolare sinteticamente la disciplina, per quanto rileva in questa sede, dell'ammissibilità delle prove nel processo penale.

Nel processo penale "1. Le prove sono ammesse a richiesta di parte. Il giudice provvede senza ritardo con ordinanza escludendo le prove vietate dalla legge e quelle che manifestamente sono superflue o irrilevanti" (art. 190, comma 1, c.p.p.). Pertanto, la parte può richiedere al Giudice di valutare l'ammissibilità e la rilevanza della prova ed il Giudice decide con ordinanza circa la stessa ammissibilità e rilevanza della stessa al fine dell'accertamento della responsabilità penale.

Tra l'altro, il c.p.p. prevede che in determinati casi il Giudice abbia il potere di disporre l'ammissione di determinate prove, ove le ritenga utili (art. 190, comma 2, c.p.p.).

I provvedimenti sull'ammissione della prova possono essere revocati sentite le parti in contraddittorio (art. 190, comma 3, c.p.p.).
Pertanto, come sembra già essere accaduto nel caso di specie, è data la possibilità alle parti di opporsi ai provvedimenti del Giudice che hanno ritenuto non ammissibili determinate prove.

Ai sensi dell'art. 495 del c.p.p., il quale disciplina proprio l'adozione di provvedimenti del Giudice in ordine alle prove: "3. Prima che il giudice provveda sulla domanda, le parti hanno facoltà di esaminare i documenti di cui è chiesta l'ammissione. 4. Nel corso dell'istruzione dibattimentale, il giudice decide con ordinanza sulle eccezioni proposte dalle parti in ordine alla ammissibilità delle prove. Il giudice, sentite le parti, può revocare con ordinanza l'ammissione di prove che risultano superflue o ammettere prove già escluse".

Tra l'altro, anche nella fase processuale successiva al momento dell'acquisizione delle prove, il Giudice se risulta assolutamente necessario, può disporre anche di ufficio l'assunzione di nuovi mezzi di prove (art. 507, comma 1, c.p.p.).

Pertanto, con riferimento al caso di specie, ove la fase di contraddittorio si sia già svolta (cioè, la parte si sia opposta ai provvedimenti adottati dal Giudice in ordine alle prove, sia nella fase dell'acquisizione delle prove, sia nella fase successiva dell'istruzione dibattimentale), i medesimi vizi sembrerebbero potersi rilevare nell'atto di appello avverso l'eventuale sentenza di condanna (ai sensi dell'art. 593, c.p.p.), nel quale occorrerebbe evidenziare che il Giudice avrebbe dovuto assolvere l'imputato perché il fatto non sussiste o per non aver commesso il fatto (formula utilizzata in caso manchi la prova della sussistenza di un elemento oggettivo del reato, cioè condotta, nesso di causalità, evento).

Infatti, nella fase dell'impugnazione della sentenza di primo grado "1. Quando una parte (...) ha chiesto la riassunzione di prove già acquisite nel dibattimento di primo grado o l'assunzione di nuove prove, il giudice, se ritiene di non essere in grado di decidere allo stato degli atti, dispone la rinnovazione dell'istruzione dibattimentale" (art. 603, comma 1, c.p.p.).

Tra l'altro, anche nella fase di appello "La rinnovazione dell'istruzione dibattimentale è disposta di ufficio se il giudice la ritiene assolutamente necessaria" (art. 603, comma 3, c.p.p.).

Analogamente al giudizio di primo grado, anche nel giudizio di impugnazione, il Giudice provvede con ordinanza, nel contraddittorio delle parti.

Infine, anche laddove nella fase di appello dovesse essere pregiudicato il diritto di difesa dell'imputato, si potrebbe valutare la ricorribilità in Cassazione, che può avvenire solo per motivi "tassativi", ai sensi dell'art. 606, comma 1, lett. d, c.p.p., in caso di "mancata assunzione di una prova decisiva, quando la parte ne ha fatto richiesta anche nel corso dell'istruzione dibattimentale limitatamente ai casi previsti dall'articolo 495, comma 2".

Vincenzo B. chiede
martedì 08/09/2015 - Puglia
“Facendo seguito alle mie precedenti e ad integrazione di quanto da me a Voi richiesto gradirei conoscere
1°:tra qualche giorno,ovvero prima del 30 settembre, maturerà la prescrizione nel processo che attualmente è al 1* grado. In caso di accettazione da parte del sottoscritto, il capitano che si è costituito parte civile in questo processo per" calunnia", potrà ancora chiedere il risarcimento?
2°Il giudice,quando non era ancora maturata la prescrizione, mi chiese se ero intenzionato ad accettarla e io risposi di no. Quel no,tenuto conto che il periodo non era ancora maturato acché il reato si prescrivesse è ancora valido? Se non valido, perché da parte del giudice proposto con largo anticipo,vi sono sentenze della suprema corte che invalidano tale modus operandi del predetto Magistrato?
3°per i 4 falsi testimoni,dello stesso processo,nel caso di accettazione della prescrizione,potrei richiedere,con giudizio civile il risarcimento del danno?
Vi ringrazio di cuore anticipatamente”
Consulenza legale i 09/09/2015
Ai sensi dell'art. 157 del c.p., la prescrizione del reato è causa estintiva della fattispecie criminosa, sulla base del principio per cui, trascorso un certo periodo di tempo, l'interesse dello Stato alla punizione di certi reati si attenua, all'affievolirsi del loro disvalore sociale.
La prescrizione, quindi, determina l’estinzione non solo della pena, ma del reato stesso: per questo, il giudice penale è privato del motivo fondante l'esercizio della sua giurisdizione e deve pronunciare sentenza di non doversi procedere, enunciandone la causa nel dispositivo (art. 531 del c.p.p.).

Veniamo, quindi, a rispondere alle domande poste nel quesito.

1.
Quando nel corso del primo grado viene emessa sentenza di assoluzione per prescrizione, il giudice non decide sulla domanda per le restituzioni e il risarcimento del danno, in quanto ai sensi del primo comma dell'art. 538 del c.p.p. egli può farlo solo quando pronuncia sentenza di condanna. Costituisce, infatti, principio generale del nostro ordinamento che il giudice penale può pronunciare sulla domanda risarcitoria civile solo se abbia previamente giudicato ed accertato la sussistenza della responsabilità penale alla quale consegue la statuizione sulla responsabilità civile.
In altre parole, quando l'imputato in primo grado sia stato prosciolto (o comunque non vi sia una pronuncia di condanna, come quando si dichiari la prescrizione del reato) e, quindi, difetti qualsiasi delibazione in punto di responsabilità, in sede di impugnazione, la declaratoria di prescrizione è ostativa in ordine a qualsiasi indagine finalizzata alla decisione sugli effetti civili. Di conseguenza, in tal caso, con l'estinzione del reato che la prescrizione determina, viene meno anche il presupposto per una condanna al risarcimento dei danni ed alle spese.

La parte civile nel processo di calunnia, pertanto, non potrà ottenere la pronuncia sul risarcimento dei danni.

2.
L'art. 157 sancisce che la prescrizione è sempre espressamente rinunciabile dall'imputato. Come e quando?
Va premesso che la rinuncia "costituisce un diritto personalissimo dell’imputato che è a lui personalmente ed esclusivamente riservato e presuppone una dichiarazione di volontà espressa e specifica che non ammette equipollenti" (v. ex multis, Cass. pen., sez. II, 21.6.2005, n. 23412; Cass. pen., sez. V, 22.12.2010, n. 45023).
Quanto al momento in cui la rinuncia può essere validamente espressa, la giurisprudenza è concorde nel ritenere che essa "va effettuata dall’imputato dopo che i termini massimi sono maturati [...] ma prima che si giunga alla sentenza che conclude il giudizio in corso, così che il giudice, ormai esclusa per espressa volontà dell’imputato l’applicazione della prima parte dell’art. 129 c.p.p., possa pronunciarsi “liberamente” sul merito della contestazione con affermazione di assoluzione o di condanna" e che "[..] Una volta che il giudice si sia pronunciato sulla contestazione dichiarando l’estinzione del reato per intervenuta prescrizione, non può ammettersi che nei successivi gradi di giudizio l’imputato manifesti per la prima volta la propria rinuncia alla prescrizione che, in presenza del principio di divieto di reformatio in pejus, altererebbe la pienezza della valutazione del giudice e la parità tra le parti processuali" (Cass. pen., sez. III, 24.9.2009, n. 37583).

Nel caso di specie, la rinuncia espressa prima della maturazione dei termini non appare valida.

3.
In caso di sentenza che dichiara la prescrizione del reato nel giudizio avente ad oggetto il reato di calunnia, l'imputato avrà la possibilità di agire in sede civile per chiedere ai quattro testimoni che hanno reso false dichiarazioni di risarcirlo dei danni da questi subiti.
Ovviamente, si applicheranno le norme regolanti il diritto e il processo civile, quindi il danneggiato dovrà provare, ai sensi dell'art. 2043 del c.c. l'esistenza e l'entità del danno, la condotta antigiuridica dei danneggianti, e il nesso causale che lega tale condotta al pregiudizio subito.

Aldo C. chiede
martedì 12/05/2015 - Emilia-Romagna
“chiedo se, quando un reato è caduto in prescrizione, si deve comunque procedere al processo per legge in quanto quel reato c'è stato (rendendo una sentenza sfavorevole al reo ovviamente inefficace) oppure, quando un reato è prescritto, non si procede a nulla.”
Consulenza legale i 18/05/2015
La prescrizione è quell'istituto il cui effetto è quello di estinguere il reato, ad eccezione dei casi in cui è prevista la pena dell'ergastolo, qualora sia decorso un certo periodo di tempo dalla commissione del reato senza che sia intervenuta una sentenza irrevocabile di condanna. (art. 157 del c.p.).
Tale istituto è tipicamente ricondotto all’attenuarsi dell’interesse dello Stato alla punizione dei reati il cui disvalore sociale si sia affievolito per il trascorrere del tempo.

Quando il reato risulta prescritto, il giudice penale non può pronunciare la condanna, anche se sono evidenti gli elementi della colpevolezza dell'imputato.

In merito al quesito proposto, bisogna specificare quali soggetti possono valutare il fatto che il reato sia prescritto.
Difatti, va anche considerato che non è sempre pacifico che un reato sia caduto in prescrizione, poiché vi possono essere interpretazioni diverse:
- sulla qualificazione del fatto come un reato piuttosto che come un altro;
- sul dies a quo (giorno da cui inizia) del decorso della prescrizione del reato, che risulta diverso a seconda della tipologia e della struttura del reato medesimo (es. per i reati consumati il termine prescrizionale decorre dal giorno della consumazione, per i reati permanenti dal giorno della cessazione della permanenza, ...);
- etc.

Il pubblico ministero che viene a conoscenza di una notizia di reato, ha l'obbligo di compiere le dovute indagini, iscrivendo la notizia nell'apposito registro (art. 335 del c.p.p.: l'istituzione del registro delle notizie di reato trova il proprio fondamento nell'esigenza di garantire il rispetto dei termini massimi di durata delle indagini preliminari), anche se sospetta che il reato possa essere prescritto. In questa fase, la legge impone al P.M. di compiere ogni attività necessaria per assumere gli elementi conoscitivi necessari all'esercizio dell'azione penale, compreso lo svolgimento di accertamenti su fatti e circostanze a favore della persona sottoposta alle indagini (è in questo modo che il pubblico ministero decide se formulare o meno un capo di imputazione contro l'indagato).

Naturalmente, se poi appare evidente che il reato è estinto, e se per accertare ciò non è necessario procedere al dibattimento, il giudice, in camera di consiglio, sentiti il pubblico ministero e l'imputato e se questi non si oppongono, pronuncia sentenza inappellabile di non doversi procedere enunciandone la causa nel dispositivo (come stabilito dall'art. 469 c.p.p.).
Vi è, però, una precisazione da fare: l'art. 469 c.p.p. fa salvo quanto previsto dall'articolo 129 comma 2, secondo il quale quando ricorre una causa di estinzione del reato ma dagli atti risulta evidente che il fatto non sussiste o che l'imputato non lo ha commesso o che il fatto non costituisce reato o non è previsto dalla legge come reato, il giudice pronuncia sentenza di assoluzione o di non luogo a procedere con la formula prescritta. Un tale provvedimento non può essere pronunciato nel pre-dibattimento (dove non è contemplato il proscioglimento nel merito), dunque la sentenza non può essere anticipata ed occorre procedere al dibattimento.
La giurisprudenza di legittimità ha precisato che "All'esito del giudizio, il proscioglimento nel merito, nel caso di contraddittorietà o insufficienza della prova, non prevale rispetto alla dichiarazione immediata di una causa di non punibilità" (Cass. pen. , SS.UU., 15.9.2009, n. 35490). In altre parole, il giudice dovrebbe sempre pronunciare immediatamente l'estinzione del reato se la prova offerta non è tale da far emergere con assoluta evidenza la non colpevolezza.

P. C. chiede
lunedì 30/06/2014 - Estero
“Desidererei sapere con certezza in quanto tempo si prescrive la possibilità di fare una querela di falsa testimonianza a carico di un teste che, in una udienza (civile) al tribunale, dichiara consapevolmente e volutamente il falso ,allo scopo di danneggiare la controparte.Il tutto è verbalizzato e può essere sconfessato da diversi altri testimoni, anche tramite dichiarazioni scritte. Si parte dalla data dell'udienza o da quando si è venuti a conoscenza? Grazie e tanti saluti.”
Consulenza legale i 30/06/2014
Il reato di falsa testimonianza è commesso da chi, deponendo davanti all’autorità giudiziaria in qualità di testimone, affermi il falso o neghi il vero, ma anche a chi ometta di riferire, anche solo parzialmente, i fatti sui quali è interrogato (art. 372 del c.p.).
Innanzitutto va chiarito che la querela compete a ogni persona offesa da un reato per cui non debba procedersi d’ufficio o dietro richiesta o istanza (art. 120 del c.p.). Pertanto, in relazione al delitto di cui all'art. 372 c.p., che è procedibile d’ufficio, la parte danneggiata dalla falsa testimonianza non presenterà una querela, bensì una semplice denuncia.
L’unico limite temporale per presentazione della denuncia è quello della prescrizione del reato, che è pari a sei anni (in assenza di atti interruttivi) ai sensi dell'art. 157 del c.p., cioè il massimo della pena edittale prevista dall'art. 372.
La prescrizione del reato decorre, per il reato consumato, dal giorno della consumazione; per il reato tentato, dal giorno in cui è cessata l'attività del colpevole; per il reato permanente, dal giorno in cui è cessata la permanenza (art. 158 del c.p.). Quindi, per il delitto di falsa testimonianza, il termine prescrizione decorre dalla consumazione che avviene nel momento in cui all'udienza il giudice prende definitivamente coscienza delle dichiarazioni mendaci, anche se non è ancora scaduto il termine per ritrattare.

Utente S. chiede
sabato 03/12/2022 - Lazio
“Buongiorno,
sto approfondendo alcuni argomenti di natura giurisprudenziale e vorrei gentilmente avere alcuni chiarimenti, principalmente riguardo le aggravanti ed il tempo necessario a prescrivere. Avrei due domande.

In merito alle circostanze ad effetto speciale, l’articolo 63 cp sancisce:

“Quando per una circostanza la legge stabilisce una pena di specie diversa da quella ordinaria del reato o si tratta di circostanza ad effetto speciale, l'aumento o la diminuzione per le altre circostanze non opera sulla pena ordinaria del reato, ma sulla pena stabilita per la circostanza anzidetta. Sono circostanze ad effetto speciale quelle che importano un aumento o una diminuzione della pena superiore ad un terzo.”

Dal dizionario giuridico Brocardi leggo però quanto segue:

“Che cosa significa Circostanza ad effetto speciale? Circostanze che determinano un aumento o una diminuzione della pena di oltre un terzo, che però non viene operato sulla pena ordinaria del reato, bensì sulla pena stabilita per la circostanza (art. 63).”

In questa riposta c’è una frase che non capisco e mi crea dei dubbi. Mi riferisco a “che però non viene operato sulla pena ordinaria del reato, bensì sulla pena stabilita per la circostanza”.

Cosa si intende con questo?

Prendiamo ad esempio l’articolo 609 bis cp. e le sue aggravanti esposte nell’articolo 609 ter cp.

Le Sezioni Unite hanno chiarito che le aggravanti del 609 ter non devono essere riconosciute come ad effetto speciale in quanto non comportano un aumento di pena superiore ad un terzo.
Anche ai fini della determinazione del tempo necessario a prescrivere, le circostanze c.d. indipendenti che comportano un aumento di pena non superiore ad un terzo non rientrano nella categoria delle circostanze ad effetto speciale.
(Cassazione penale, SS.UU., sentenza 09/06/2017 n° 28953)

In base alla riposta indicata dal dizionario Brocardi sulle circostanze ad effetto speciale (Circostanze che determinano un aumento o una diminuzione della pena di oltre un terzo, che però non viene operato sulla pena ordinaria del reato, bensì sulla pena stabilita per la circostanza), deduco che le possibili ulteriori circostanze “comuni” applicate ad un 609 ter, andrebbero ad aumentare di oltre un terzo la pena del reato ordinario 609 bis. In questo caso, codeste circostanze comuni verrebbero calcolate come circostanze ad effetto speciale al fine della prescrizione??
In questo caso, a seguito del cumulo, una circostanza comune produrrebbe un aumento della pena di oltre un terzo rispetto alla pena ordinaria del reato.
In tal modo, ai fini della prescrizione, una circostanza comune applicata al 609 ter andrebbe ad aumentare il tempo necessario a prescrivere il reato.

Il mio ragionamento è corretto?

Grazie.”
Consulenza legale i 06/12/2022
Le questioni sottese alla richiesta di parere sono molto complesse e rappresentano l’esito di percorsi giurisprudenziali alquanto travagliati.
Di seguito, dunque, cercheremo di procedere per gradi onde spiegare il meccanismo sotteso al funzionamento delle circostanze del reato e il tema annesso della prescrizione.

In primo luogo va fatta un distinzione tra circostanze comuni, a effetto speciale e a efficacia speciale.
Le prime sono quelle che generano un aumento (o diminuzione) della pena entro i limiti ordinari, ovvero 1/3 della pena.
Le seconde, invece, sono quelle che generano un aumento di pena oltre il limite di 1/3 (effetto speciale) o la comminazione di una pena di specie diversa da quella prevista per il reato (efficacia speciale).

Ebbene, l’art. 63 del codice penale prevede un meccanismo di computo delle circostanze predette diverso, ma questo avviene non tanto nel caso di singola circostanza (in entrambi i casi, invero, il giudice procederà all’aumento o alla diminuzione sulla pena concretamente comminata per il reato per cui si procede) ma in caso di concorso.
Dunuque:
- se si hanno in concorso più circostanze aggravanti comuni, il giudice procede all’aumento per la prima e poi via via agli ulteriori aumenti sulla base della pena risultante dall’aggravamento precedente;
- se, però, a concorrere è una circostanza speciale con altre circostanze aggravanti comuni, allora il giudice dovrà prima determinare la pena complessiva per il reato + la circostanza aggravante speciale e, poi, operare i successivi aumenti sulla base della pena da ultimo ottenuta.

In tutto ciò si pone il problema delle circostanze indipendenti che, tradizionalmente, sono definite come quelle circostanze che vanno sostanzialmente a ridisegnare la cornice sanzionatoria in modo del tutto indipendente – appunto – dal reato cui si riconnettono.

In questo scenario si innesta il problema del rapporto tra prescrizione, circostanze e circostanze indipendenti.
Cominciamo dall’inizio, cercando di rendere conto delle questioni dottrinali e giurisprudenziali senza inutili tecnicismi e riducendo all’osso le stesse.

Come noto, il tempo necessario a prescrivere un reato è delineato dall’ art. 157 del c.p.. A tal fine si considera la “pena stabilita dalla legge per il reato consumato o tentato, senza tener conto della diminuzione per le circostanze attenuanti e dell’aumento per le circostanze aggravanti, salvo che per le aggravanti per le quali la legge stabilisce una pena di specie diversa da quella ordinaria e per quelle ad effetto speciale, nel qual caso si tiene conto dell’aumento massimo di pena previsto per l’aggravante”.
In parole semplici, la prescrizione non viene incisa in caso di circostanze orinarie e subisce, invece, un aumento in caso di circostanze speciali.

La domanda che la dottrina e la giurisprudenza si sono poste è: che ne è delle circostanze indipendenti? Con maggiore sforzo esplicativo, ci si è chiesti se le circostanze indipendenti, pur non menzionate dall’art. 157 c.p., debbano essere considerate quali circostanza a effetto speciale o a efficacia speciale (e quindi concretamente idonee a determinare aumenti di prescrizione) oppure no.
Orbene, sul punto si sono scontrate due dottrine e due giurisprudenze e il punto di scontro è avvenuto proprio in merito alle dinamiche della violenza sessuale e dell’aggravante di cui all’ art. 609 ter del c.p. (si noti che oggi l’aggravante è stata pesantemente rimaneggiata e, pertanto, il principio di diritto della SSUU, sebbene utilizzabile in generale, mal si attaglia all’attuale formulazione normativa).
- Secondo la prima, le circostanze indipendenti devono, in ragione della loro peculiarità essere equiparate a quelle speciali e, pertanto, sono effettivamente sensibili all’aumento della prescrizione.
- Secondo altra giurisprudenza (cui poi hanno aderito le SSUU col precedente citato nel parere), invece, le circostanze indipendenti vanno equiparate a quelle speciali solo se, concretamente e sulla base del raffronto pena base-pena aggravata, quest’ultima subisca un aumento superiore al terzo. Diversamente si avrebbe un’applicazione in malam partem delle disposizioni in tema di prescrizione.

Dunque, le circostanze indipendenti hanno un effetto sulla prescrizione solo e soltanto se determinano un aumento della pena edittale (così ridisegnata) del reato superiore a 1/3.


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