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Articolo 27 Costituzione

[Aggiornato al 22/10/2023]

Dispositivo dell'art. 27 Costituzione

La responsabilità penale è personale [40 ss. c.p.].

L'imputato [60 ss. c.p.p.] non è considerato colpevole sino alla condanna definitiva.

Le pene [17 ss. c.p.] non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato.

Non è ammessa la pena di morte [, se non nei casi previsti dalle leggi militari di guerra] (1) (2).

Note

(1) Le parole tra parentesi sono state soppresse dall'art. 1 comma, 1 della L.Cost. 2 ottobre 2007, n. 1. L'art. 1 della legge 13 ottobre 1994, n. 589, ha sostituito la pena di morte prevista dal codice penale militare di guerra e dalle leggi militari di guerra con la pena massima prevista dal codice penale.
(2) Prima della novella del 2007 la Corte Costituzionale nel 1996 aveva sottolineato come il divieto fosse da ritenersi assoluto in quanto teso alla tutela del bene supremo della vita di cui all'art. 2 Cost.. A livello comunitario il riferimento normativo è costituito dall'art. 2 della Carta dei diritti fondamentali dall'Unione Europea. Si deve ricordare, inoltre, come il nostro paese sostenga la moratoria internazionale per l'abolizione della pena di morte.

Ratio Legis

La ratio della norma, che prevede una serie di principi cardine del sistema penale italiano, è quella di riaffermare e garantire la scelta di tutela del singolo e della sua persona in un sistema civile e democratico.

Brocardi

Ergastulum
Ibi sit poena, ubi et noxa
Poena constituitur in emendationem hominum
Qui provocet, nondum damnatus videtur
Supplicium ultimum seu capitale

Spiegazione dell'art. 27 Costituzione

Il principio della personalità della pena implica che nessuno, se non l'autore del reato, può essere chiamato a risponderne, a differenza di quanto accade per l'illecito civile. Così, ad esempio, se viene commesso un reato che genera anche il diritto ad un risarcimento (185 c.p.) e, una volta condannato, l'autore muore, si trasmette agli eredi il solo obbligo risarcitorio, non la responsabilità penale.

Si consideri che per lungo tempo il principio in esame è stato inteso anche nel senso che solo le persone fisiche fossero da considerarsi penalmente responsabili (societas delinquere non potest). Solo di recente, soprattutto per reati ambientali e morti sul lavoro ascrivibili ad illeciti societari si è scelto di introdurre un regime di responsabilità amministrativa a carico degli enti per illeciti commessi da soggetti ad essi appartenenti, ma per attività da ricollegarsi agli enti stessi (d.lgs. 8 giugno 2001, n. 231).

L'interpretazione ad oggi prevalente ricava dal principio di personalità della pena anche la regola per cui un soggetto può essere considerato responsabile solo per fatto proprio colpevole.

Questo comporta il rifiuto di ogni forma di responsabilità oggettiva o, quantomeno, la necessità di leggere ogni norma che la preveda in modo costituzionalmente orientato, cioè in modo da escludere, di fatto, una responsabilità di tal genere (v. Corte Cost., 12 dicembre 1988, n. 1085). Tra le ipotesi più rilevanti vi sono i c.d. reati aggravati dall'evento, come la calunnia (368 c.p.) o il reato di cui all'art. 586 c.p., o le condizioni obiettive di punibilità (44 c.p.).

Va comunque precisato che la effettiva volontà del soggetto agente deve rivolgersi solo nei confronti degli elementi costitutivi del reato, vale a dire quelli che costituiscono il nucleo offensivo del fatto tipico. Per gli elementi che non rappresentano il disvalore penale del fatto possono invece essere previste forme di responsabilità oggettiva, in cui è indifferente l'elemento soggettivo dell'autore della condotta.

Classico esempio è la condizione obiettiva di punibilità del fallimento dell'imprenditore, cui il legislatore condiziona appunto la perseguibilità del soggetto, che non richiede alcuna adesione volontaristica.

Tale comma disciplina il principio di presunzione di non colpevolezza (v. art. 48 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione Europea). Esso implica non solo il diritto di ciascuno di non essere considerato tale, a tutela della sua onorabilità, reputazione ed integrità fisica (2, 3 Cost.; art. 3 Carta dei diritti fondamentali dell'Unione Europea), ma anche il diritto a non vedersi inflitte sanzioni restrittive della libertà personale se non dopo la condanna definitiva.

Nell'attuale codice di rito, più garantista del precedente, vi sono varie previsioni a tutela del principio in esame, tra le quali quelle che specificano i presupposti di applicazione delle misure cautelari (272 ss. c.p.p.).

Relazione al Progetto della Costituzione

(Relazione del Presidente della Commissione per la Costituzione Meuccio Ruini che accompagna il Progetto di Costituzione della Repubblica italiana, 1947)

27 L'enunciazione dei diritti civili è completata da principî, alcuni dei quali potevano sembrare indiscutibili; ma l'esperienza amara ammonisce di trincerarli nella costituzione: il diritto di agire e difendersi in giudizio, di non essere distolti dal giudice naturale o puniti con legge retroattiva. Vietate le pene crudeli e disumane, la prima costituzione repubblicana d'Italia sancisce il principio dell'abolizione della pena di morte, che in molti sensi può dirsi italiano, e che, ribadito nelle fasi e nei regimi di libertà del nostro paese, è stato rimosso nei periodi di reazione e di violenza.

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