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Articolo 158 Codice Penale

(R.D. 19 ottobre 1930, n. 1398)

[Aggiornato al 23/02/2024]

Decorrenza del termine della prescrizione

Dispositivo dell'art. 158 Codice Penale

Il termine della prescrizione decorre, per il reato consumato, dal giorno della consumazione; per il reato tentato, dal giorno in cui è cessata l'attività del colpevole; per il reato permanente o continuato, dal giorno in cui è cessata la permanenza o la continuazione(1)(2).

Quando la legge fa dipendere la punibilità del reato dal verificarsi di una condizione, il termine della prescrizione decorre dal giorno in cui la condizione si è verificata. Nondimeno, nei reati punibili a querela, istanza o richiesta il termine della prescrizione decorre dal giorno del commesso reato.

Per i reati previsti dall'articolo 392, comma 1-bis, del Codice di procedura penale, se commessi nei confronti di minore, il termine della prescrizione decorre dal compimento del diciottesimo anno di età della persona offesa, salvo che l’azione penale sia stata esercitata precedentemente. In quest’ultimo caso il termine di prescrizione decorre dall’acquisizione della notizia di reato(3).

Note

(1) La legge 5 dicembre 2005, n. 251, nota come legge ex Cirielli, ha eliminato dal dispositivo di tale norma il riferimento alla parola "o continuato" nel punto in cui statuiva che il termine di prescrizione decorre per il reato permanente "o continuato" dal giorno in cui è cessata la permanenza "o la continuazione". Di conseguenza la decorrenza del termine di prescrizione dei reati continuati si calcola come per ogni reato dal giorno in cui si è esaurita la singola condotta illecita, in quanto diversamente finirebbe per essere punito da tempo prescritti.
(2) Tale comma è stato modificato dall'art. 1, comma 1, lett. d), L. 9 gennaio 2019, n. 3 ("Spazzacorrotti").
(3) Comma aggiunto dall’art. 1, comma 10, L. 23 giugno 2017, n. 103.

Ratio Legis

Essendo la prescrizione una causa estintiva del reato, deve essere chiaro il momento dal quale può computarsi la stessa. La ratio della norma si coglie dunque nell'esigenza di considerare le diverse tipologie di reato ed il loro rapporto con l'istituto in esame.

Spiegazione dell'art. 158 Codice Penale

Al fine di stabilire con chiarezza il momento a partire dal quale inizia a decorrere la prescrizione (art. 157), la norma stabilisce che:

  • per il reato consumato, essa decorre dal giorno della consumazione;

  • per il delitto tentato, dal giorno in cui è cessata l'attività del colpevole diretta in maniera non equivoca a commettere il delitto;

  • per il reato permanente (es. sequestro di persona ex art. 605), dal giorno in cui è cessata la permanenza;

  • per il reato condizionato (v. art. 44), dal giorno in cui la condizione obiettiva di punibilità si è verificata;

  • per i reati procedibili a querela, istanza o richiesta, dal giorno in cui è stato commesso il reato, non rilevando il giorno della presentazione.

Nel caso di particolari reati commessi nei confronti dei minori, l'individuazione del dies a quo viene invece determinata ex lege nel momento in cui viene compiuto il diciottesimo anno d'età (art. 392 bis).

Per quanto riguarda il reato continuato (art. 81), ora è previsto che ogni reato avvinto dal vincolo abbia un proprio momento di decorrenza da fissarsi in base alle regole di cui all'art. 158.

Massime relative all'art. 158 Codice Penale

Cass. pen. n. 6568/2022

All'esito del gravame proposto dalla parte civile avverso la sentenza di assoluzione, il giudice d'appello, anche qualora sia intervenuta la prescrizione del reato contestato, deve valutare la sussistenza dei presupposti per una dichiarazione di responsabilità limitata agli effetti civili e può condannare l'imputato al risarcimento del danno o alle restituzioni qualora reputi fondata l'impugnazione, in modo da escludere che possa persistere la sentenza di merito più favorevole all'imputato.

Cass. pen. n. 44322/2021

Ai fini del calcolo del termine di prescrizione relativo al reato di ricettazione, nell'ipotesi in cui manchi prova certa della data di acquisizione del bene da parte dell'imputato, il momento consumativo del reato deve essere individuato, in applicazione del principio del "favor rei", in prossimità della data di commissione del reato presupposto. (Dichiara inammissibile, CORTE APPELLO TORINO, 23/10/2019)

Cass. pen. n. 42213/2021

In tema di reati fallimentari, l'applicazione della cosiddetta continuazione fallimentare, prevista dall'art. 219, comma secondo, n. 1), legge fall., non esclude l'autonomia ontologica delle singole fattispecie di bancarotta unificate, sicché, ai fini del computo del termine di prescrizione, la contestazione dell'aggravante ad effetto speciale del danno di rilevante gravità per una sola di esse non rileva per le altre.

Cass. pen. n. 42631/2021

Il delitto di attività organizzate per il traffico illecito di rifiuti, già previsto dall'art. 260 d.lgs. 3 aprile 2006, n. 152 ed attualmente sanzionato dall'art. 452-quaterdecies cod. pen., avendo natura di reato abituale proprio, si consuma con la cessazione di tali complessive attività, e non in corrispondenza di ogni singola condotta, sì che, ai fini della prescrizione, deve tenersi conto delle modifiche normative, anche in peius, nelle more intervenute. (Fattispecie in cui l'ultima attività illecita rilevante era stata posta in essere nell'anno 2011 e, quindi, successivamente all'entrata in vigore della legge 13 agosto 2010, n. 136, che, inserendo la fattispecie di cui all'art. 260 d.lgs. citato nel novero dei reati elencati dall'art. 51, comma 3-bis, cod. proc. pen., ha determinato il raddoppio del termine massimo di prescrizione da sette anni e sei mesi a quindici anni).

Cass. pen. n. 25927/2021

In tema di prescrizione, l'onere di provare con precisione la data di commissione del reato non grava sull'imputato ma sull'accusa, con la conseguenza che, in mancanza di prova certa sulla data di consumazione, il termine di decorrenza va computato secondo il maggior vantaggio per l'imputato e il reato va ritenuto consumato alla data più risalente.

Cass. pen. n. 18347/2021

Nel reato di lesioni personali colpose riconducibili a responsabilità medica, la prescrizione inizia a decorrere dal momento dell'insorgenza della malattia "in fieri", anche se non ancora stabilizzata in termini di irreversibilità o di impedimento permanente.

Cass. pen. n. 28457/2021

Il delitto di sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte è un reato di pericolo eventualmente permanente, che si perfeziona nel primo momento di realizzazione della condotta finalizzata a eludere le pretese del fisco e la cui consumazione può protrarsi per tutto il tempo in cui vengono posti in essere atti idonei a mettere in pericolo l'obbligazione tributaria; ne consegue che la competenza per territorio va determinata in base al luogo in cui viene compiuto il primo atto finalizzato ad eludere le pretese del fisco, mentre il termine di decorrenza della prescrizione coincide con il momento di cessazione della consumazione del reato.

Cass. pen. n. 20795/2021

In tema di reati edilizi, l'assoluta incertezza sulla data di commissione del fatto o, comunque, sulla decorrenza del termine di prescrizione del reato, che consente l'applicazione del principio del "favor rei", deve risultare da dati obiettivi, non ammettendo alcun automatismo, sicché il giudice è tenuto all'indicazione delle ragioni per le quali non è possibile pervenire, anche in base a deduzioni logiche, a una più puntuale collocazione temporale dell'intervento abusivo. (Dichiara inammissibile, CORTE APPELLO CAGLIARI, 01/04/2019)

Cass. pen. n. 16202/2021

In tema di prescrizione, qualora il reato sia contestato come commesso genericamente fino ad un certo anno o mese, senza ulteriore specificazione, il termine di prescrizione, in applicazione del principio del "favor rei", comincia a decorrere dal primo giorno utile dell'anno o del mese indicato. (Nella specie, contestato il reato come commesso "dal 2007 al 2012", la Corte ha ritenuto che il "dies a quo" per il computo della prescrizione dovesse essere individuato nell'1 gennaio 2012).

Cass. pen. n. 12055/2021

Nel delitto di atti persecutori, che è reato abituale, il termine finale di consumazione, nel caso di contestazione cosiddetta aperta, coincide con quello della pronuncia della sentenza di primo grado, che cristallizza l'accertamento processuale e dal quale decorre il termine di prescrizione del reato in mancanza di una specifica contestazione che delimiti temporalmente le condotte frutto della reiterazione criminosa.

Cass. pen. n. 6921/2020

In tema di prescrizione decorrente dalla cessazione della continuazione, ove il termine prescrizionale dei singoli reati sia maturato ancor prima che il giudice si accinga a verificare la sussistenza delle condizioni per l'applicazione del vincolo della continuazione, sussiste l'obbligo di applicare la relativa causa estintiva ex art. 129 cod. proc. pen., mentre, quando sia la riunificazione delle diverse figure criminose a precedere la maturazione della prescrizione per una o più di esse, il decorso del termine prescrizionale inizia, per tutti i reati, dalla data di consumazione dell'ultimo.

Cass. pen. n. 4651/2020

Il reato di esercizio abusivo di attività finanziaria di cui all'art. 132, d.lgs. 1 settembre 1993, n. 385, ha natura eventualmente abituale, potendosi risolvere tanto in un'unica condotta idonea a configurarlo, quanto nella reiterazione di più condotte omogenee che danno vita ad uno stesso reato, sicché, in quest'ultimo caso, coincidendo il momento della consumazione delittuosa con la cessazione dell'abitualità, il termine di prescrizione decorre dal compimento dell'ultimo atto antigiuridico. (Annulla in parte con rinvio, CORTE APPELLO SEZ.DIST. TARANTO, 11/12/2019)

Cass. pen. n. 34305/2020

I reati in materia elettorale sono soggetti al termine di prescrizione ordinario, previsto in via generale dal codice penale, perché il termine biennale di cui all'art. 100 del d.P.R. 16 maggio 1960 n. 570, secondo una lettura costituzionalmente orientata della norma, non riguarda l'azione penale del pubblico ministero, ma esclusivamente la decadenza dall'azione popolare che, in forza di una previsione speciale, qualunque elettore può promuovere costituendosi parte civile nei procedimenti relativi ai reati previsti dal cosiddetto Testo unico delle leggi elettorali. (Rigetta, CORTE APPELLO TORINO, 11/06/2019)

Cass. pen. n. 25224/2020

Il reato di ricorso abusivo al credito richiede, per la sua configurabilità, che il soggetto al quale viene addebitato sia successivamente dichiarato fallito e, pertanto, il termine di prescrizione decorre dalla data della dichiarazione di fallimento. (Annulla senza rinvio, CORTE APPELLO TRIESTE, 27/11/2018)

Cass. pen. n. 4412/2019

In tema di reato continuato, qualora nel medesimo capo di imputazione siano contestati più reati avvinti dal vincolo ex art. 81 cod. pen. e la data della consumazione di essi sia riferita all'attualità, il dies a quo della prescrizione va individuato, per ciascun reato, sulla base dei dati probatori raccolti nel giudizio di merito, essendo irrilevante, a tal fine, la data della pronuncia della sentenza di primo grado. (Dichiara inammissibile, CORTE APPELLO FIRENZE, 20/02/2018)

Cass. pen. n. 43255/2019

In tema di favoreggiamento e sfruttamento della prostituzione, il termine di prescrizione decorre dal compimento dell'ultimo atto antigiuridico, in quanto, attesa la natura eventualmente abituale dei reati, solo in questo momento cessa il pericolo di lesione dei beni tutelati dalla norma incriminatrice.

Cass. pen. n. 46261/2019

Ai fini del computo della prescrizione rileva il momento della lettura del dispositivo della sentenza di condanna e non quello successivo del deposito della stessa. (In applicazione del principio, la Corte ha escluso che il reato si fosse prescritto, in quanto il termine relativo era decorso nelle more tra la lettura del dispositivo e il deposito della sentenza). (Dichiara inammissibile, CORTE APPELLO MILANO, 31/01/2018)

Cass. pen. n. 364/2019

In tema di concorso di persone nel reato, allorquando l'imputato abbia richiesto l'applicazione della circostanza attenuante prevista dall'art. 114 cod. pen., non sussiste il dovere di una motivazione esplicita in ordine alla sua mancata concessione, nel caso in cui il giudice, in accoglimento dell'appello incidentale del pubblico ministero, abbia aggravato la pena per il fatto per il quale viene reclamata l'applicazione dell'attenuante, non distinguendo tra il grado di efficienza causale delle condotte di tutti gli imputati e così implicitamente escludendo la marginalità del contributo concorsuale.

Cass. pen. n. 12361/2019

Il delitto di patrocinio infedele richiede per il suo perfezionamento sia una condotta del patrocinatore irrispettosa dei doveri professionali stabiliti per fini di giustizia a tutela della parte assistita, sia un evento che implichi nocumento agli interessi di quest'ultima e che individua il momento consumativo del reato, dal quale soltanto inizia a decorrere il termine di prescrizione. (In motivazione, la Corte ha precisato che detto nocumento è da intendersi non solo in senso civilistico quale danno patrimoniale, ma anche nel senso di mancato conseguimento di beni giuridici o di benefici di ordine solo morale che alla parte potevano derivare dal corretto e leale esercizio del patrocinio legale). (Dichiara inammissibile, CORTE APPELLO ROMA, 14/11/2016)

Cass. pen. n. 9956/2018

Ai fini della prescrizione del delitto di "stalking", che è reato abituale, il termine decorre dal compimento dell'ultimo atto antigiuridico, coincidendo il momento della consumazione delittuosa con la cessazione dell'abitualità.

Cass. pen. n. 6999/2017

In tema di reati ambientali, la contravvenzione di deposito di rifiuti, prevista dal comma 2 dell'art. 256 del d.lgs. 3 aprile 2006, n. 152, ha natura permanente, perchè la condotta riguarda un'ipotesi di deposito "controllabile" cui segue l'omessa rimozione nei tempi e nei modi previsti dall'art. 183, comma 1, let.b), del d.lgs. citato, la cui antigiuridicità cessa con lo smaltimento, il recupero o l'eventuale sequestro; il reato di abbandono incontrollato di rifiuti ha invece natura istantanea con effetti permanenti, in quanto presuppone una volontà esclusivamente dismissiva dei rifiuti che, per la sua episodicità, esaurisce i propri effetti al momento della derelizione. (Rigetta, Trib. Firenze, 04/03/2016)

Cass. pen. n. 48346/2017

Il momento consumativo del reato di lottizzazione abusiva "mista" si individua, per tutti coloro che concorrono o cooperano nel reato, nel compimento dell'ultimo atto integrante la condotta illecita, che può consistere nella stipulazione di atti di trasferimento, nell'esecuzione di opere di urbanizzazione o nell'ultimazione dei manufatti che compongono l'insediamento; ne consegue che, ai fini del calcolo del tempo necessario per la prescrizione, per il concorrente non è rilevante il momento in cui è stata tenuta la condotta di partecipazione, ma quello di consumazione del reato, che può intervenire anche a notevole distanza di tempo. (Dichiara inammissibile, App. Roma, 23/11/2016)

Cass. pen. n. 46467/2017

In tema di cause di estinzione del reato, il principio del "favor rei", in base al quale, nel dubbio sulla data di decorrenza del termine di prescrizione, il momento iniziale va fissato in modo che risulti più favorevole all'imputato, opera solo in caso di incertezza assoluta sulla data di commissione del reato o, comunque, sull'inizio del termine di prescrizione, ma non quando sia possibile eliminare tale incertezza, anche se attraverso deduzioni logiche, del tutto ammissibili.

Cass. pen. n. 45288/2017

Il termine di prescrizione del reato di bancarotta prefallimentare decorre dal momento in cui interviene la sentenza dichiarativa di fallimento e non dal momento di consumazione delle singole condotte distrattive precedenti a tale declaratoria. (In motivazione, si è precisato che tale principio è valido sia nel caso in cui la sentenza di fallimento venga qualificata elemento costitutivo improprio della fattispecie penale, come la Corte ha affermato incidentalmente, sia qualora la si ritenga condizione obiettiva di punibilità). (Rigetta, App. Trento, 27/04/2016)

Cass. pen. n. 23794/2017

In tema di reati contro la famiglia, la fattispecie di cui all'art, 12-sexies della legge n. 898 del 1970, richiamata dalla previsione di cui all'art. 3 della legge n. 54 del 2006, che punisce il mero inadempimento dell'obbligo di corresponsione dell'assegno di mantenimento stabilito dal giudice a favore dei figli (senza limitazione di età) economicamente non autonomi, è reato perseguibile d'ufficio a natura permanente, la cui consumazione termina con l'adempimento integrale dell'obbligo ovvero con la data di deliberazione della sentenza di primo grado, quando dal giudizio emerga espressamente che l'omissione si è protratta anche dopo l'emissione del decreto di citazione a giudizio. (Annulla con rinvio, Trib. Mantova, 15/05/2015)

Cass. pen. n. 30147/2017

In tema di reati edilizi, la valutazione dell'opera ai fini della individuazione del "dies a quo" per la decorrenza della prescrizione deve riguardare la stessa nella sua unitarietà, senza che sia consentito considerare separatamente i suoi singoli componenti. (Fattispecie relativa ad intervento edilizio, assentito con unico permesso di costruire, consistito nella realizzazione di tre palazzine). (Dichiara inammissibile, App. Firenze, 19/02/2016)

Cass. pen. n. 38977/2017

In tema di reati ambientali, la contravvenzione di abbandono e/o deposito di rifiuti, prevista dal secondo comma dell'art. 256 d.lgs. 152 del 2006, ha natura di reato istantaneo. (In applicazione del principio, la Corte ha ritenuto ininfluente, ai fini dell'individuazione del "dies a quo" per il calcolo della prescrizione, la successiva rimozione di rifiuti). (Annulla senza rinvio, App. Milano, 16/03/2016)

Cass. pen. n. 35588/2017

Ai fini della prescrizione del delitto di "stalking", che è reato abituale, il termine decorre dal compimento dell'ultimo atto antigiuridico, coincidendo il momento della consumazione delittuosa con la cessazione dell'abitualità. (Annulla in parte con rinvio, App. Milano, 26/02/2016

Cass. pen. n. 30130/2017

Il reato di cui all'art. 181, comma primo, D.Lgs. n. 42 del 2004, se commesso mediante una condotta che si protrae nel tempo (nella specie: edificazione di manufatto), è permanente, ma la permanenza non è legata alla esistenza del manufatto dopo il completamento dell'opera, quanto alla sola protrazione dei lavori, cosicché lo stesso si consuma con l'esaurimento totale dell'attività, dal quale decorre il termine di prescrizione. (Annulla senza rinvio, App. Potenza, 07/04/2016)

Cass. pen. n. 36605/2017

Il reato di cui all'art. 734 cod. pen., nell'ipotesi di alterazione delle bellezze naturali, ha natura di reato istantaneo con effetti permanenti, consumandosi ed esaurendosi con la costruzione lesiva delle bellezze naturali protette, sicché, agli effetti della prescrizione, il decorso del termine ha inizio dal momento in cui il reato si è realizzato con il compimento dell'opera ovvero con l'attuazione dei mezzi che hanno determinato il deturpamento. (Annulla in parte senza rinvio, App. Salerno, 07/03/2016)

Cass. pen. n. 46287/2016

Il reato di esercizio abusivo di attività finanziaria, di cui all'art. 132, D.Lgs. 1 settembre 1993, n. 385, ha natura di reato istantaneo e si consuma con la concessione e l'erogazione di ciascun finanziamento. (Fattispecie in cui la Corte, in applicazione del principio, ha annullato con rinvio la sentenza impugnata ai fini della valutazione della decorrenza del termine di prescrizione in relazione ai singoli episodi di finanziamento).

Cass. pen. n. 24691/2016

In tema di reati tributari, il termine di prescrizione del reato di omessa dichiarazione, di cui all'art. 5, D.Lgs. 10 marzo 2000, n. 74, decorre non dal giorno in cui l'accertamento del debito di imposta diviene definitivo, ma dal novantunesimo giorno successivo alla scadenza del termine ultimo stabilito dalla legge per la presentazione della dichiarazione annuale.

Cass. pen. n. 20432/2015

Ai fini del computo della prescrizione rileva il momento della lettura del dispositivo della sentenza di condanna e non quello successivo del deposito della stessa. (In applicazione del principio, la Corte ha dichiarato inammissibile il ricorso che deduceva l'intervenuta estinzione del reato per decorso del termine della prescrizione, essendo il medesimo maturato dopo la pronuncia della sentenza, anche se prima della data di notificazione dell'estratto della decisione all'imputato contumace).

Cass. pen. n. 2857/2014

Il reato di esercizio non autorizzato di intermediazione o interposizione di manodopera non è scindibile in una serie di fatti distinti in relazione ad ogni lavoratore e ad ogni giornata lavorativa, ma ha natura di reato permanente che si protrae unitariamente sino a quando cessa la somministrazione abusiva, in quanto la disposizione incriminatrice ha ad oggetto la tutela dell'intero rapporto di lavoro, che il legislatore ha inteso sottrarre nel suo complesso ad ingerenze di terzi, e non solo della sua fase costitutiva.

Cass. pen. n. 28712/2013

La regola prevista dall'art. 158 c.p. nel testo vigente prima delle modifiche introdotte dalla legge 5 dicembre 2005, n. 251 secondo la quale il termine di prescrizione del reato decorre dal giorno in cui è cessata la continuazione, è applicabile anche nell'ipotesi in cui la sussistenza del vincolo della continuazione, non enunciata nella formale contestazione, sia stata individuata in sentenza, poichè, fino a quando non sia stato compiutamente accertato il giorno dal quale detto termine decorre, non è consentita la declaratoria immediata di estinzione del reato ex art. 129 c.p.p..

Cass. pen. n. 13414/2013

Il "dies a quo" da cui decorre il termine di prescrizione della pena, oggetto di sospensione condizionale poi revocata, coincide con il giorno in cui è passata in giudicato la decisione che ha disposto la revoca del beneficio e non dal momento in cui è stato commesso il reato che ha dato luogo alla revoca medesima. (La Suprema Corte ha affermato il suddetto principio ritenendo che, sebbene in tal modo l'eventuale ritardo con cui venga accertata la causa della revoca danneggi il condannato, deve prevalere l'interesse generale alla certezza dei rapporti giuridici).

Cass. pen. n. 12931/2012

Il decreto penale di condanna interrompe la permanenza del reato dal momento della notifica all'imputato, a nulla rilevando il fatto che, a seguito dell'opposizione e della comparizione in udienza di quest'ultimo, il decreto sia stato revocato.

Cass. pen. n. 16609/2011

Ai fini della decorrenza del termine di prescrizione del delitto tentato ha rilievo non il giorno in cui la condotta illecita viene scoperta o comunque il reato non può essere più consumato per cause indipendenti dalla volontà dell'agente, bensì il giorno in cui il reo ha compiuto l'ultimo atto integrante la fattispecie tentata.

Cass. pen. n. 42043/2010

In tema di prescrizione, la più favorevole disciplina contenuta nella L. n. 251 del 2005 non trova applicazione nei procedimenti nei quali, al momento di entrata in vigore della legge, è già stata pronunciata la sentenza conclusiva del primo grado del giudizio, anche quando quest'ultima sia di assoluzione.

Cass. pen. n. 47008/2009

Ai fini dell'operatività delle disposizioni transitorie della nuova disciplina della prescrizione, la pronuncia della sentenza di condanna di primo grado determina la pendenza in grado d'appello del procedimento, ostativa all'applicazione retroattiva delle norme più favorevoli.

Cass. pen. n. 40026/2008

Nel caso di reato permanente la cui condotta si sia interrotta e, successivamente, sia ripresa, la prescrizione inizia a decorrere dal momento di cessazione finale della condotta.

Cass. pen. n. 34505/2008

In caso di reato continuato, qualora debba farsi applicazione della disciplina più favorevole dettata, per la prescrizione del reato, dall'art. 158 c.p., come modificato dalla L. 5 dicembre 2005 n. 251, il termine iniziale della prescrizione non può essere individuato, per tutte le violazioni, in quello dell'inizio della condotta criminosa, e cioè in quello della commissione della prima di esse, ma va fissato, per ciascuna, nella relativa data di consumazione.

Cass. pen. n. 24330/2008

In tema di prescrizione, ai fini dell'applicabilità della disciplina transitoria di cui all'art. 10, L. 7 dicembre 2005, n. 251, il momento della «pendenza » del giudizio di appello non coincide con quello della presentazione dell'atto di impugnazione ma con quello della iscrizione del processo nel registro della Corte d'Appello, in quanto il momento centrale e fondamentale del passaggio da una fase processuale all'altra è rappresentato, rispettivamente, dalla trasmissione e dalla ricezione del fascicolo.

Cass. pen. n. 41965/2007

In tema di prescrizione del reato, la sentenza della Corte costituzionale n. 393 del 2006 non comporta un'applicazione indistinta della previsione di cui all'art. 6 L. n. 251 del 2005, avendola limitata ai procedimenti pendenti in primo grado alla data di entrata in vigore della legge. (La Corte ha precisato che, con la pronuncia della sentenza, il giudizio di primo grado è definitivamente concluso e che la proposizione dell'atto di appello determina automaticamente la competenza del giudice di appello a conoscere del processo).

Cass. pen. n. 19584/2006

In tema di prescrizione del reato, la disciplina transitoria dettata dall'art. 10, comma terzo, della L. 5 dicembre 2005 n. 251, nella parte in cui esclude l'applicabilità dei termini che risultino più brevi per effetto delle nuove disposizioni qualora trattisi di processi già pendenti, alla data di entrata in vigore di detta legge, in appello o in cassazione o per i quali vi fosse già stata, se pendenti in primo grado, dichiarazione di apertura del dibattimento, va interpretata nel senso che l'esclusione investe non soltanto le disposizioni che stabiliscono i nuovi criteri di calcolo dei termini prescrizionali, ma anche tutte le altre disposizioni che hanno come conseguenza la riduzione di detti termini, tra cui, in particolare, quella che, avendo eliminato, nell'art. 158 c.p., il riferimento alla continuazione, ha fatto sì che anche in caso di reati uniti da tale vincolo la prescrizione decorra dalla data di commissione di ciascuno di essi e non più dalla data di cessazione della continuazione.

Cass. pen. n. 14589/2006

In tema di reato associativo, la declaratoria di improcedibilità dell'azione penale in relazione ad una parte del periodo di adesione al vincolo associativo interrompe la permanenza del reato per il periodo corrispondente, precludendo la possibilità che in relazione alla condotta associativa svoltasi in quell'arco di tempo possa essere pronunciata condanna nei confronti dell'imputato, ma non ha l'effetto di impedire che gli elementi di fatto relativi a tale periodo possano essere valutati come prova ai fini della sussistenza del reato associativo con riferimento al tempo residuo di permanenza.

Cass. pen. n. 9589/2006

In tema di prescrizione, la disciplina transitoria prevista dall'art. 10, comma terzo, L. 5 dicembre 2005, n. 251, secondo la quale le «nuove disposizioni» non si applicano ai processi già pendenti in primo grado ove vi sia stata la dichiarazione di apertura del dibattimento nonché ai processi pendenti in grado di appello o avanti alla Corte di cassazione, si riferisce non soltanto alle nuove regole sulla durata dei termini di prescrizione, ma anche alle nuove disposizioni sul reato continuato e sulla sospensione e interruzione del corso della prescrizione.

Cass. pen. n. 43006/2005

La prescrizione del reato continuato inizia a decorrere dalla consumazione dell'ultimo dei reati uniti dal vincolo della continuazione, fermo restando il tempo di prescrizione proprio di ciascun reato, anche nell'ipotesi in cui il vincolo della continuazione, non riconosciuto nella originaria contestazione, venga poi ritenuto in sentenza, a meno che il giudice abbia pronunciato sentenza di non luogo a procedere ai sensi dell'art. 129 c.p.p. giacché in tal caso non è più possibile recuperare il reato già dichiarato estinto e ritenerlo in continuazione con altri.

Cass. pen. n. 24527/2005

Con riferimento al reato continuato, l'inizio del termine di prescrizione coincide con l'esaurimento della condotta, come previsto dall'art. 158 c.p. anche nell'ipotesi in cui il vincolo della continuazione non sia stato formalmente contestato, ma sia stato successivamente riconosciuto in sentenza.

Cass. pen. n. 46546/2004

In tema di prescrizione di reati, l'art. 158, primo comma c.p. ricollega l'inizio del decorso della prescrizione alla cessazione della continuazione, considerando il reato continuato come un'unità reale, non suscettibile di scomposizione nei singoli reati che la compongono, siano essi istantanei o permanenti, sicché la prescrizione inizia a decorrere dalla cessazione della continuazione per tutti i reati unificati nella complessa figura prevista dall'art. 81 cpv c.p. e, quindi, dalla consumazione dell'ultimo dei reati che entrano in continuazione, fermo restando il periodo prescrittivo proprio di ciascun reato.

Cass. pen. n. 16023/2004

La prescrizione del reato continuato inizia a decorrere dalla consumazione dell'ultimo dei reati uniti dal vincolo della continuazione, fermo restando il periodo prescrittivo proprio di ciascun reato. Tale vincolo non è scindibile, quando la unificazione delle diverse figure criminose è stata dichiarata antecedentemente al decorso del termine prescrizionale per una o più di esse; di contro, il giudice ha l'obbligo — ai sensi dell'art.129 c.p.p. — dell'immediata declaratoria della prescrizione del singolo reato, che risulti già maturata nel momento in cui verifica le condizioni per il riconoscimento del vincolo della continuazione tra i reati contestati: in tal caso il reato prescritto non può sopravvivere attraverso la fictio iuris ex art. 81 comma secondo c.p..

Cass. pen. n. 6840/2004

Qualora, con riferimento ad un reato permanente, nel capo di imputazione risulti indicata soltanto la data della denuncia e non anche quella di cessazione della condotta illecita, deve ritenersi che la consumazione del reato si sia protratta sino alla data indicata nell'imputazione (principio affermato in tema di prescrizione ai fini dell'accertamento della decorrenza del termine utile per il maturarsi della stessa).

Cass. pen. n. 2843/2004

Il termine di prescrizione, nel caso di reato permanente la cui condotta costitutiva non risulti cessata in precedenza, decorre dalla data della sentenza di condanna in primo grado. (Fattispecie in tema di violazione degli obblighi di assistenza familiare).

Cass. pen. n. 42790/2003

In riferimento al reato continuato, l'inizio del termine di prescrizione coincide con l'esaurimento della condotta, come previsto dall'art. 158 c.p. anche nell'ipotesi in cui il vincolo della continuazione non sia stato formalmente contestato, ma sia stato successivamente riconosciuto in sentenza.

Cass. pen. n. 37432/2003

In caso di incertezza nella determinazione del tempus commissi delicti il termine di decorrenza della prescrizione va computato nel modo che risulti più vantaggioso per l'imputato, posto che il principio in dubio pro reo trova applicazione anche in tema di cause di estinzione del reato.

Cass. pen. n. 32136/2002

In tema di prescrizione, nonostante che l'art. 158 c.p., per il caso di continuazione, faccia decorrere il relativo termine, per ciascun reato, dalla data in cui la continuazione è cessata, deve ritenersi che, qualora sia ravvisabile, al momento del giudizio, l'unicità del disegno criminoso fra i vari reati “singolarmente” contestati, ma per alcuni di essi sia già maturato il termine prescrizionale, debba, con riguardo agli stessi, prevalere la causa di non punibilità e ne vada quindi dichiarata l'estinzione per intervenuta prescrizione. (Mass. redaz.).

Cass. pen. n. 5097/2000

Nell'ipotesi di riconoscimento della continuazione, può essere escluso il cumulo giuridico conseguente quando esso risulti più gravoso rispetto al cumulo materiale delle pene; ma non può essere escluso l'accertamento di sussistenza dell'unicità del disegno criminoso, per il fatto che la decorrenza del termine prescrizionale di ciascun reato decorre dalla data di cessazione della continuazione ai sensi dell'art. 158 c.p. Difatti, nel primo caso, la continuazione non può conseguire un effetto in contrasto con la sua ragione di previsione, che è quella di stabilire una pena unitaria per l'unicità ritenuta del reato, escludendo il cumulo materiale. Nel secondo invece, essa non può essere disapplicata per un vantaggio non correlato a tale ragione di previsione, dal momento che l'art. 158 c.p. presume proprio la statuizione di unicità del reato.

Cass. pen. n. 11430/1999

In tema di prescrizione, l'epoca di consumazione del reato può essere desunta anche da indizi gravi, precisi e concordanti e da nozioni di comune esperienza. Pertanto in tema di violazioni di sigilli e di agevolazione colposa, può ritenersi in virtù di considerazioni logiche (l'inosservanza dei doveri imposti avviene a distanza di qualche tempo), di fatti notori (sospensione dell'attività edilizia durante il periodo natalizio), di massime di esperienza (l'accertamento viene effettuato tempestivamente a seguito, per lo più, di denuncia anonima) che il momento consumativo del delitto coincida con quello dell'accertamento, salva l'esistenza di ipotesi anomale e particolari da provare rigorosamente, che intaccano la detta presunzione rendendo almeno dubbia l'epoca di commissione dei fatti. (Fattispecie di agevolazione colposa in cui i sigilli erano stati apposti il 4 dicembre e la violazione era stata accertata il successivo 19 gennaio).

Cass. pen. n. 10640/1999

Deve assegnarsi valore esclusivamente processuale e non di inversione dell'onere della prova alla regola secondo cui, qualora la contestazione di un reato permanente (nella specie, costruzione senza l'osservanza delle disposizioni tecniche previste dalla normativa antisismica), sia formulata con il semplice richiamo alla data di accertamento dell'illecito, non occorre che vengano specificati gli ulteriori momenti di verifica della violazione. Mentre, quindi, in base a detta regola, qualora dagli atti emerga la prova che la condotta illecita è proseguita anche dopo la data dell'accertamento, il giudice può tenerne conto, anche in assenza di ulteriore contestazione, lo stesso giudice non può, invece, mancando la suddetta prova, assegnare all'imputato il compito di dimostrare che egli non ha perseverato nell'illecito ma deve piuttosto ritenere, per il principio in dubio pro reo, che vi sia stata desistenza, assumendo quindi, come data di consumazione del reato, anche ai fini della prescrizione, quella dell'accertamento.

Cass. pen. n. 7878/1999

In tema di prescrizione dei reati, l'articolo 158, primo comma, c.p. ricollega l'inizio del decorso della prescrizione alla cessazione della continuazione e della permanenza, da un canto considerato il reato continuato come un'unità reale, non suscettibile di scomposizione nei singoli reati che la compongono, siano essi istantanei o permanenti, sicché la prescrizione inizia a decorrere dalla cessazione della continuazione per tutti i reati unificati nella complessa figura prevista dall'articolo 81 cpv. c.p. e, quindi, dalla consumazione dell'ultimo dei reati che entrano in continuazione, fermo restando il periodo prescrittivo proprio di ciascun reato; e dall'altro, che nel caso di reato a condotta permanente la prescrizione inizia il suo decorso dalla cessazione della permanenza della condotta criminosa, che si realizza o con l'esaurimento di essa per il conseguimento dell'oggetto, cioè per la verificazione dell'evento o a seguito dell'eliminazione del carattere antigiuridico della condotta stessa, o per effetto della desistenza dell'autore o per l'intervento preventivo dell'autorità giudiziaria, oppure con la sentenza di condanna pronunciata in primo grado o a seguito dell'impugnazione da parte del P.M. della sentenza di proscioglimento.

Cass. pen. n. 4171/1999

In tema di violazione degli obblighi di assistenza familiare, la prescrizione del reato decorre dal compimento dell'azione che interrompe la condotta illecita oppure con la pronuncia della sentenza di primo grado, trattandosi di reato permanente che si protrae nel tempo a causa del perdurare della condotta del reo.

Cass. pen. n. 215/1999

Atteso il carattere generalmente permanente delle violazioni della normativa in materia di prevenzione degli infortuni e di igiene nei luoghi di lavoro, deve ritenersi, nel caso di più violazioni unificate sotto il vincolo della continuazione, che, mancando una prova rigorosa del totale adempimento di tutte le prescrizioni violate, la cessazione della loro permanenza, ai fini del decorso del termine prescrizionale, vada fatta coincidere con la pronuncia della sentenza di primo grado.

Cass. pen. n. 12913/1998

Nel caso in cui sia contestato un reato permanente con l'indicazione della sola epoca dell'accertamento, si deve distinguere, ai fini del termine iniziale della prescrizione, tra reati necessariamente permanente e non. Nel caso di reati eventualmente permanenti, qualora risulti dalla sentenza o dagli atti processuali ovvero da prove logiche la protrazione della permanenza oltre la data della contestazione riferita al momento dell'accertamento, sarà possibile, senza necessità di contestazioni suppletive, ritenere il tempus commissi delicti fino al momento della pronuncia di primo grado o a quello minore rilevabile ex actis, mentre ove nulla risulti varrà la data della contestazione. Viceversa, nel caso di reato necessariamente permanente l'epoca di commissione va fissata al momento della decisione di primo grado. (Nella specie si verteva in ipotesi di numerose violazioni della normativa sulla prevenzione degli infortuni sul lavoro, ritenute reati eventualmente permanenti: non potendosi escludere che subito dopo l'accertamento delle violazioni si fosse provveduto a eliminarle si è fatto decorrere il termine prescrizionale dalla data dell'accertamento).

Cass. pen. n. 8787/1998

In tema di prescrizione del reato, ove il momento di cessazione della permanenza venga indicato in imputazione con il riferimento al solo mese, e cioè con formule quali «fino al mese di. . .», per il principio del favore rei la consumazione deve essere individuata nel primo giorno del mese indicato.

Cass. pen. n. 4698/1998

Il decorso del termine di prescrizione inizia, per i reati consumati, dal giorno in cui si è esaurita la condotta illecita e, quindi, il computo incomincia con le ore zero del giorno successivo a quello in cui si è manifestata compiutamente la previsione criminosa e termina alle ore ventiquattro del giorno finale calcolato secondo il calendario comune.

Cass. pen. n. 11221/1997

Nel caso di reato permanente, quale che sia la formulazione del capo di imputazione, la permanenza non cessa con la sentenza di primo grado. Ne consegue che, qualora l'imputazione indichi soltanto la data in cui il reato addebitato è stato accertato, a tale data occorre far riferimento per individuare il momento di cessazione della permanenza e quindi, a norma dell'art. 158 c.p., l'inizio della decorrenza della prescrizione.

Cass. pen. n. 8903/1997

Il reato di cui all'art. 221 Tuls, che consiste nell'utilizzazione dell'immobile senza licenza d'abitabilità, cioè nel tenere una condotta positiva in assenza del provvedimento abilitativo, è permanente fino al momento in cui sopravviene l'autorizzazione ovvero cessa la condotta: trattandosi, però, di un reato commissivo, la prosecuzione dell'attività vietata deve, da un lato, risultare dall'imputazione e, dall'altro, essere accertata in punto di fatto. Pertanto, nell'ipotesi in cui sia precisata soltanto l'epoca dell'accertamento, il giudice, qualora non emerga dagli atti la prova del permanere della condotta - in applicazione del principio in dubio pro reo, esplicazione di quello più ampio del favor rei - non può avvalersi di una mera presunzione di carattere teorico, che ne aggancia la cessazione alla pronuncia di primo grado, senza alcun richiamo ad un testuale dettato normativo, ma deve arrestare la conoscenza dei fatti a quella data che è stata portata a conoscenza dell'imputato e sulla quale lo stesso ha avuto modo di difendersi. (Nella specie la S.C., osservato che risultava dal testo della sentenza di primo grado che i lavori erano stati ultimati; che l'utilizzazione dell'immobile successivamente alla data della contestazione era desumibile dal rilievo secondo cui il decreto di citazione del giudizio d'appello era stato notificato proprio nel luogo ove è sita l'opera abusiva, ne faceva derivare la necessità di fare riferimento alla data della sentenza di primo grado).

Cass. pen. n. 7475/1996

Il reato di omessa annotazione di corrispettivi nelle scritture contabili è un reato a consumazione anticipata, in quanto il legislatore ha fissato il suo perfezionarsi con la mancata iscrizione, considerando la successiva condotta come un post factum non punibile. Ne deriva che da quel momento decorre il termine di prescrizione.

Cass. pen. n. 2780/1996

In tema di reato continuato, il termine di prescrizione decorre dal giorno in cui è cessata la continuazione, ma il tempo necessario a prescrivere è quello previsto per i singoli reati in continuazione.

Cass. pen. n. 561/1996

Il reato di abitazione di immobile senza preventivo rilascio dell'autorizzazione sanitaria di cui all'art. 221 R.D. 27 luglio 1934 n. 1265 è a consumazione permanente. La permanenza, tuttavia, cessa o con il conseguimento dell'autorizzazione sanitaria o con la desistenza dell'utilizzazione dell'immobile, o, infine, con la sentenza di condanna pronunciata in primo grado o a seguito di esito favorevole dell'impugnazione della sentenza di proscioglimento proposta dal P.M. Soltanto da tale cessazione, che va accertata in concreto, può iniziare, perciò, a decorrere il termine prescrizionale.

Cass. pen. n. 12212/1995

Il reato di lottizzazione abusiva è reato progressivo nell'evento che giunge a compimento solo con l'ultimazione delle costruzioni, sicché anche quando le attività di edificazione siano portate a termine da persone diverse da quelle che hanno proceduto alla lottizzazione, la permanenza cessa solo quando l'intero programma di lottizzazione viene attuato e cioè all'epoca di ultimazione della ultima opera sia essa una costruzione abusiva o un'urbanizzazione primaria o secondaria. Conseguentemente solo da tale momento può computarsi il termine necessario per la prescrizione del reato.

Cass. pen. n. 9293/1995

La contravvenzione prevista e punita dall'art. 674 c.p., quando abbia per oggetto l'illegittima emissione di gas, di vapori, di fumi atti ad offendere o imbrattare o molestare le persone, connessa all'esercizio di attività economiche e legata al ciclo produttivo, assume il carattere della permanenza, non potendosi ravvisare la consumazione di definiti episodi in ogni singola emissione di durata temporale non sempre individuabile. Ne segue che, se la sentenza di primo grado abbia accertato la permanente attualità dell'attività produttiva in termini non diversi da quelli del momento della contestazione, quanto a strumenti della produzione, la permanenza nel reato deve ritenersi cessata solo con la pronuncia di detta sentenza, ed il termine prescrizionale, di cui all'art. 158 c.p., comincia a decorrere dalla data di siffatta decisione.

Cass. pen. n. 327/1995

Qualora, con riferimento ad un reato permanente, nel capo di imputazione risulti indicata soltanto la data della denuncia e non ancora quella di cessazione della condotta illecita, deve ritenersi che la consumazione del reato si sia protratta sino alla data della pronuncia di primo grado. (Principio affermato in tema di prescrizione ai fini dell'accertamento della decorrenza del termine utile per il maturarsi della stessa).

Cass. pen. n. 3376/1995

Nel reato permanente, il protrarsi del periodo consumativo ad opera dell'agente comporta, in caso di successione di leggi penali che puniscano più severamente il fatto criminoso, l'applicazione della legge nel cui ambito temporale di vigenza ricada un segmento della condotta antigiuridica. (Nella fattispecie, si trattava di inosservanza dell'obbligo di soggiorno e la corte di merito, riformando sul punto la sentenza del tribunale impugnata dal competente P.G., aveva osservato che la sopraggiunta L. 13 settembre 1982, n. 646 oltre la quale si era ulteriormente protratta la condotta antigiuridica dell'imputato, aveva trasformato la violazione de qua, da reato contravvenzionale a delitto punito con pena massima di anni cinque di reclusione, e che pertanto non era ancora decorso il corrispondente termine massimo di prescrizione di quindici anni. La Suprema Corte ha rigettato, sul punto, il ricorso proposto dall'imputato ed ha enunciato il principio di cui sopra).

Cass. pen. n. 5565/1995

Ai fini della revoca dell'indulto, ai sensi dell'art. 4, D.P.R. 22 dicembre 1990, n. 394, nel caso di condanna per delitto commesso entro i cinque anni dall'entrata in vigore del medesimo decreto del Presidente della Repubblica, deve ritenersi — in base alla regola desumibile dall'art. 158 c.p. — che sussista la detta condizione nel caso trattisi di reato permanente (nella specie, associazione per delinquere di tipo mafioso), la cui permanenza, ancorché iniziata in epoca antecedente, sia cessata nell'ambito dell'arco temporale sopra menzionato.

Cass. pen. n. 11675/1994

Il controllo degli organi tributari, eseguibile entro il quinto anno successivo a quello in cui è stata presentata la dichiarazione dei redditi (arg. ex art. 43, comma 1, D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600), ha tra l'altro, ad oggetto la documentazione contabile. Pertanto l'illecito, consistente nell'inserimento nella contabilità aziendale delle bolle alterate o contraffatte, ovvero nell'occultamento di documenti (che si traduce nella omessa esibizione) con lo scopo della evasione fiscale, perdura fino a quando il controllo fiscale sia, in conformità alla legge, consentito agli organi tributari. In tal modo sono delineati gli estremi della ipotesi di reato permanente, perdurando la condotta antigiuridica per tutto il tempo in cui la stessa si pone come ostacolo all'accertamento fiscale a norma dell'art. 43 citato, D.P.R. n. 600 del 1973. (Nella specie, relativa ad annullamento con rinvio il P.M. aveva censurato la sentenza, dichiarativa della prescrizione, secondo cui l'utilizzazione — punibile — delle bolle contraffatte si sarebbe esaurita all'epoca della «formazione delle relative fatture» da allegare alla dichiarazione dei redditi).

Cass. pen. n. 9983/1994

Il reato di cui all'art. 1 sexies legge 8 agosto 1985, n. 431 ha struttura a consumazione istantanea seppure con effetti permanenti, sicché il termine di prescrizione inizia a decorrere dalla ultimazione delle opere modificative dei luoghi sottoposti a vincolo ovvero dalla interruzione, volontaria o coatta, della condotta tipica, da qualsivoglia ragione determinata. Ne discende che quando si sia dato corso alla costruzione di una strada e di una chiudenda e siano stati realizzati lo sterro (con eliminazione di ceppaie) e parte della recinzione, l'opera non può dirsi completata né la condotta esaurita, sicché il termine prescrizionale inizia a decorrere, nella carenza di diverse risultanze, dalla data dell'accertamento. (La Corte ha precisato che la costruzione di una strada si esaurisce con la realizzazione del sedime carrabile che la renda percorribile, mentre la messa in opera di recinzione, pur non potendo ritenersi sicuramente d'insulto all'ambiente in riferimento a parametro d'offensività della condotta, rappresentava, nella fattispecie, una componente della programmata modificazione dei luoghi).

Cass. pen. n. 5654/1994

Il reato di costruzione senza concessione edilizia deve considerarsi permanente, poiché la condotta dell'agente non si esaurisce con l'inizio dei lavori, ma si protrae per tutta la durata di essi. Infatti, la permanenza cessa con l'ultimazione dei lavori, con la sentenza di primo grado o con il provvedimento di sequestro, che sottrae all'imputato la disponibilità di fatto e di diritto dell'immobile. La detta ultimazione ha luogo quando cessa l'attività illecita, cioè quando vengono portati a termine i lavori di rifinitura, compresi quelli esterni quali gli intonaci e gli infissi. (Nella specie è stato ritenuto che, alla data della sentenza di primo grado, non era ancora decorso il termine di prescrizione dei reati contestati, poiché dal verbale di sequestro risultava che l'opera non era completa in quanto le facciate erano prive di intonaco liscio).

Cass. pen. n. 4695/1994

Quando ricorra una causa estintiva del reato e vi è incertezza sulla data della consumazione del reato stesso, il dubbio va risolto in senso favorevole all'imputato.

Cass. pen. n. 72/1994

Attesa la natura del reato permanente, in cui la condotta e l'evento si presentano come un complesso unitario sostenuto dalla volontà di protrarre nel tempo la violazione, le cause estintive del reato operano sullo stesso soltanto se la permanenza sia cessata. (Nella specie la Cassazione ha ritenuto che a seguito dell'oblazione prevista dall'art. 38, L. n. 47 del 1985, si fossero estinti il reato edilizio ed altri connessi, rientranti tra quelli considerati dalla succitata norma, salvo quello di cui all'art. 221 T.U. leggi sanitarie, giacché la consumazione di questo si era protratta anche dopo il verificarsi della causa estintiva in parola, e, conseguentemente in ordine a tale reato nonché a quello di cui all'art. 734 c.p., con esso legato dal nesso della continuazione, e che, in mancanza di tale nesso, sarebbe, invece, risultato estinto per prescrizione).

Cass. pen. n. 5336/1993

In tema di prescrizione, come si desume chiaramente dall'art. 531, secondo comma, c.p.p., se vi sia incertezza circa il tempus commissi delicti, il termine di decorrenza va computato secondo il maggior vantaggio per l'imputato. Deve, pertanto, essere dichiarata l'estinzione del reato anche quando vi sia incertezza sulla data di consumazione del reato stesso o comunque sul momento iniziale del termine di prescrizione. (Applicazione in tema di violazione di sigilli).

Cass. pen. n. 10404/1992

La disciplina della decorrenza della prescrizione nell'ipotesi di reato continuato risulta prevista dall'art. 158 comma primo c.p., in virtù del quale detto termine non può iniziare a decorrere fino a quando il reato, rispetto alle componenti del suo iter criminoso, non sia stato realizzato, in conformità al parametro indicato nell'art. 81 cpv. c.p. Ne consegue che la cessazione della continuazione costituisce il termine iniziale della prescrizione per tutti i reati unificati nell'organica figura dell'art. 81 cpv. cit., pur risultando immutato il termine prescrizionale proprio di ciascun reato componente della complessiva fattispecie.

Cass. pen. n. 2865/1992

Il principio del favor rei (per cui nel dubbio sulla data di decorrenza del termine di prescrizione, il momento iniziale va fissato in modo che risulti più favorevole all'imputato), in tema di cause di estinzione del reato, va applicato solo in caso di incertezza assoluta sulla data di commissione de reato o, comunque, sull'inizio del termine di prescrizione, ma non quando sia possibile eliminare tale incertezza anche se attraverso deduzioni logiche, del tutto ammissibili. (Nella specie, relativa a rigetto di ricorso, per ciò che concerne il periodo di commissione del reato la Suprema Corte ha osservato che «la sentenza impugnata risulta immune da censure avendo ritenuto che l'imputato dovette ricevere l'auto rubata in «epoca prossima alla data del dicembre 76», proprio perché il ricettatore non detiene a lungo una vettura di provenienza furtiva prima di rivenderla, ma, «ricevendola al fine di cederla ad altri, compie il primo atto poco prima del secondo, sia per fini speculativi sia per garantirsi l'impunità»).

Cass. pen. n. 5486/1991

Allorché la data del commesso reato, rilevante ai fini dell'applicazione di una causa di estinzione, sia incerta, occorre riferirsi a quella — tra le molteplici date possibili — che sia più favorevole per l'imputato. (Fattispecie in tema di prescrizione).

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Utente S. chiede
martedì 31/01/2023 - Lazio
“Buonasera, proseguo con le mie domande di approfondimento.

In una precedente consulenza numero Q202232382, si chiariva quanto segue:

“Le nuove disposizioni (legge 9 gennaio 2019, n. 3) si applicano solo ai fatti di reato commessi successivamente alla loro entrata in vigore.

Nell’arco di tempo dal dicembre 2005 al gennaio 2019, anche per i reati legati da continuazione, il momento a partire dal quale si tiene conto per il calcolo della loro prescrizione è quello della loro singola consumazione, salvo che non si tratti di processi già in corso (all’art. 10, la legge del 2005 dispone che le modifiche introdotte non valgono per i procedimenti e i processi in corso).


Avviando nel 2022 un processo penale per un reato continuato consumato interamente nel 2015, il tempo necessario a prescrivere le singole condotte decorrerebbe secondo la normativa più favorevole per il reo, ovverosia quella secondo cui la prescrizione dei reati continuati si calcola come per ogni reato dal giorno in cui si è esaurita la singola condotta illecita, la ex Cirielli.
In un processo iniziato del 2022 per fatti commessi nel 2015 per il computo dei tempi di estinzione del reato continuato, dunque, si farà riferimento, distintamente l'uno dall'altro, agli episodi delittuosi parte del disegno criminoso, rispetto a ciascuno dei quali la causa estintiva si produrrà autonomamente.”


Dunque la mia domanda.

Poniamo per assurdo una situazione simile a quella del quesito precedente, ovvero un reato continuato compiuto interamente nel 2015.
Dopo anni, nel 2023, all’insaputa del reo, a causa del suddetto reato continuato, si verificano le condizioni di Morte o lesioni come conseguenza di altro delitto art. 586 cp.

In futuro si andrà a processo per tale reato continuato.
In questo caso, l’art. 586 cp sarà incluso nella continuazione del reato originale?

Il tempo necessario per la prescrizione dei singoli reati che costituiscono il reato continuato, da quando decorrerà?
I singoli episodi delittuosi parte del medesimo disegno criminoso, verranno prescritti singolarmente, calcolandoli come per ogni reato dal giorno in cui si è esaurita la singola condotta illecita? ?Oppure verrà applicata la legge del 2019 secondo cui la prescrizione decorrerà per tutti i reati a partire dal termine della continuazione? Questo anche per quei reati in continuazione commessi prima del 2019?

Grazie.”
Consulenza legale i 13/02/2023
Per capire se il reato di cui all’ art. 586 del c.p. sarà incluso nella continuazione occorre soffermarsi sull’istituto del reato continuato. Quest’ultimo si verifica quando con più azioni od omissioni esecutive di un medesimo disegno criminoso, si commettono, anche in tempi diversi, più violazioni della stessa o diversa disposizione di legge. Il reato continuato è previsto dal secondo comma dell'art. 81 del c.p., ai sensi del quale è soggetto alla pena stabilita per il reato più grave, aumentata fino al triplo, "chi con una sola azione od omissione viola diverse disposizioni di legge ovvero commette più violazioni della medesima disposizione di legge."
Per configurarsi il reato continuato è necessario che vi siano:
1) Una pluralità di azioni o omissioni, che possono essere compiute anche in tempi diversi;
2) Più violazioni di legge, che possono riguardare la stessa norma o più norme diverse;
3) Il medesimo disegno criminoso.

Ciò che caratterizza il reato continuato è proprio il disegno criminoso. L’espressione “medesimo disegno criminoso” va intesa nel senso che il reo nel compimento delle varie azioni od omissioni deve aver progettato i singoli reati come azioni di un unico progetto delittuoso, diretto verso un precisato obiettivo. In altre parole, tutti i reati devono essere legati tra loro da una progettazione iniziale e uno scopo finale univoco. Tuttavia il Giudice, per riconoscere la continuazione, dovrà valutare tempo, spazio e le ulteriori circostanze del caso concreto con cui sono stati commessi i reati. Secondo la Corte di Cassazione, l'accertamento della continuazione, può essere fondato sulla base di elementi c.d. “indicatori”, come, ad esempio, la prossimità spazio-temporale dei reati, l'identità del bene giuridico leso, l'identità del modus operandi, la ricorrenza dei medesimi complici (Cassazione penale, sez. I, sentenza 19/02/2018 n° 7953 ).

Dovrà essere effettuata una valutazione globale. Chiaro però che per il Giudice sarà più semplice individuare il disegno criminoso se tutti i reati sono stati commessi in un lasso temporale ristretto o e, al contrario, sarà più difficile unificare i reati qualora questi siano avvenuti a molti anni di distanza tra loro. Tuttavia l’unicità del disegno criminoso potrà sempre evidenziare la continuazione, anche in assenza di omogeneità tra i reati commessi o della vicinanza spazio-temporale (Suprema Corte di Cassazione, I sez. penale, n. 33803 del 20.05.2014). Si configura infatti un'ipotesi di reato continuato anche quando il nuovo fatto da giudicare sia commesso dopo una condanna per altro reato, se ne ricorrono i presupposti.

Per quanto riguarda un reato continuato compiuto interamente nel 2015, il momento a partire dal quale si tiene conto per il calcolo prescrizione è quello della singola consumazione di ogni reato, cioè dal giorno in cui si è esaurita la singola condotta illecita, secondo la Legge ex Cirielli.

La legge 9 gennaio 2019, n. 3 (“riforma Bonafede”) nell’art. 1, lett. d), e), f) ha modificato la disciplina della prescrizione in questo senso: viene reintrodotta nell’art. 158, comma 1 del codice penale la regola, soppressa dalla legge ex Cirielli nel 2005, secondo cui, considerando unitariamente il reato continuato, il termine di prescrizione decorre dal momento in cui è cessata la continuazione. Queste disposizioni, in base all’art. 1, comma 2 della legge stessa, sono entrate in vigore il 1° gennaio 2020.
Bisognerà verificare se al momento dell’entrata in vigore della nuova legge il fatto-reato risulti già prescritto o meno. Nel primo caso la modifica non inciderà su tale fattispecie, mentre nel caso in cui il reato non sia ancora prescritto vi è l’irretroattività delle nuove norme peggiorative e la retroattività di quelle più favorevoli (artt. 25 comma 2 e 3 Cost.).
Le nuove disposizioni si applicano soltanto ai fatti di reato commessi successivamente alla loro entrata in vigore mentre per i fatti commessi precedentemente potrà invece continuare a trovare applicazione la normativa precedente.
Nell’arco di tempo dal dicembre 2005 al gennaio 2019, anche per i reati legati da continuità, il momento a partire dal quale si tiene conto per il calcolo della prescrizione è quello della loro singola consumazione, salvo che non si tratti di processi già in corso.
Il reato di cui all’art. 586 c.p. è stato commesso dopo l’entrata in vigore della riforma Bonafede, pertanto, ammesso che venga avvinto dal vincolo della continuazione e unificato con gli altri, il termine di prescrizione decorrerà dalla cessazione della continuazione e non dalla commissione.
L’art. 157 del c.p. disciplina il tempo necessario a prescrivere, equiparato al massimo della pena edittale stabilita dalla legge per ogni singolo reato, ma comunque non inferiore a 6 anni per i delitti e 4 anni per le contravvenzioni.

Utente S. chiede
martedì 29/11/2022 - Lazio
“Buongiorno,
Possibilmente vorrei avere alcuni chiarimenti per meglio comprendere determinate normative.

La legge 5 dicembre 2005, n. 251, nota come legge ex Cirielli modificava l’articolo 158 cp in modo che per i reati continuati, il tempo necessario a prescrive ognuno di questi, decorresse dalla loro singola consumazione.
Quindi con la legge ex Cirielli, la prescrizione per ogni singola condotta nel reato continuato decorre dalla consumazione del singolo fatto.

Se non sbaglio, la legge del gennaio 2019 nota come “spazzacorrotti” ha modificato nuovamente l’articolo in modo che per i reati legati dal vincolo di continuità, il temine di prescrizione decorra dal giorno in cui è cessata la continuità. Dal 2019 quindi viene stabilito che la prescrizione decorra dall’ultima delle condotte del reato continuato in contestazione.

Corretto?

Quindi, se ho ben capito, nell’arco di tempo dal dicembre 2005 al gennaio 2019, anche per i reati legati da continuità, il momento a partire dal quale si tiene conto per il calcolo della loro prescrizione è quello della loro singola consumazione.

Corretto? Dal 2005 al 2019 non ci sono state altre modifiche in tal senso?
Le modifiche alla prescrizione del 2017 non ricordo abbia modificato questi aspetti, ne ricordo altre modifiche.

Chiariti questi aspetti, vorrei capire quanto segue.

Per presunti reati legati da continuità commessi da dicembre 2005 a gennaio 2019, il tempo necessario a prescriverli decorrerà singolarmente anche se il processo dovesse avvenire ai giorni nostri? O verrebbe applicata la nuova norma del 2019?

Ad esempio, avviando nel 2022 un processo penale per un reato continuato consumato interamente nel 2015, il tempo necessario a prescrivere le singole condotte decorrerebbe secondo quale normativa? Quella del 2005 o quella del 2019?

Grazie.”
Consulenza legale i 07/12/2022
Il reato continuato viene disciplinato al secondo comma dell’art. 81 del c.p., che recita: “alla stessa pena soggiace chi con più azioni od omissioni, esecutive di un medesimo disegno criminoso, commette anche in tempi diversi più violazioni della stessa o di diverse disposizioni di legge". La fattispecie punisce chi commette diversi fatti illeciti che fanno parte dello stesso disegno criminoso.
La prescrizione del reato è la rinuncia dello Stato a far valere la propria pretesa punitiva, in considerazione del tempo trascorso dalla commissione del reato.
L'istituto è disciplinato dal codice penale (artt. 157 e ss.) e trova fondamento nel fatto che, a distanza di molto tempo, si ritiene che venga meno l'interesse dello Stato a punire un determinato comportamento di rilevanza penale ed a tentare il reinserimento sociale e la rieducazione del reo. Ciò sulla base della considerazione secondo cui, decorso un determinato lasso di tempo, diventa inutile ed inopportuna l’applicazione della sanzione. Il codice penale ricomprende la prescrizione tra le cause di estinzione del reato.
La disciplina della prescrizione del reato, attualmente in vigore, deriva dall’approvazione della legge n. 251 del 2005 (c.d. Legge ex-Cirielli), in XIV legislatura, e dalla legge n. 103 del 2017 (c.d. Riforma Orlando), nella scorsa legislatura. A ciò si aggiunga, a partire dal 1 gennaio 2020, la legge 9 gennaio 2019, n. 3 recante “Misure per il contrasto dei reati contro la pubblica amministrazione, nonché in materia di prescrizione del reato e in materia di trasparenza dei partiti e movimenti politici”, pubblicata in Gazzetta Ufficiale n. 13 del 16 gennaio 2019 e la cd. Riforma Cartabia, Legge 27 settembre 2021, n. 134.
Andiamo con ordine.

Nel nostro ordinamento, a partire dal 2005 con la legge n. 251 del 2005, c.d. legge ex Cirielli, per calcolare il tempo necessario a prescrivere un reato si fa riferimento alla pena massima prevista per il reato stesso, con due limiti: nel caso di delitto, il tempo non può mai essere inferiore ai 6 anni; nel caso di contravvenzione, non può mai essere inferiore a 4 anni.
L'articolo 6 della cosiddetta "legge Cirielli" ha riscritto l'articolo 157 del codice penale relativo al tempo necessario a prescrivere sostituendo il criterio precedente - delle classi di reato individuate per fasce di pena - con il criterio che collega il tempo necessario a prescrivere al massimo della pena edittale stabilita dalla legge per ogni singolo reato.
Al fine dell'individuazione del massimo della pena edittale, non si tiene conto né delle aggravanti né delle attenuanti, salvo che delle circostanze aggravanti ad effetto speciale (che comportano cioè un aumento della pena superiore ad un terzo) e di quelle per le quali la legge prevede una pena di specie diversa da quella ordinaria. Analogamente, non si tiene conto della disciplina del concorso di circostanze aggravanti e attenuanti. Se il reato è punito congiuntamente o alternativamente con pena pecuniaria si dovrà tener conto della sola pena detentiva, mentre in caso di pene di natura diversa il termine di prescrizione è fissato in tre anni.
Quanto al reato continuato, l’art. 158 del c.p. prevedeva – prima dell’entrata in vigore della legge 251/2005 – che il termine della prescrizione decorresse dal giorno “in cui è cessata la continuazione”.
La legge del 2005 ha modificato l’art. 158, comma 1 del codice penale, eliminando ogni riferimento alla continuazione; in tal modo il momento iniziale della prescrizione si determinerà utilizzando per ciascuno dei reati in continuazione le regole dettate dallo stesso art. 158, comma 1, per il reato consumato, per il tentativo, per il reato permanente e quello abituale.
Di conseguenza la decorrenza del termine di prescrizione dei reati continuati si calcola come per ogni reato dal giorno in cui si è esaurita la singola condotta illecita; dunque per ciascun reato avvinto dal vincolo della continuazione è previsto singolarmente il momento in cui il termine della prescrizione inizia a decorrere.
All’art. 10, il testo in esame dispone che le modifiche introdotte non valgono per i procedimenti e i processi in corso.
Un secondo intervento normativo in tema di prescrizione è la L. 23 giugno 2017, n. 103 (c.d. riforma Orlando), la quale è intervenuta in merito ai rapporti tra vicenda estintiva del reato e processo, introducendo – in particolare – due nuovi periodi di sospensione del corso della prescrizione decorrenti, rispettivamente, dalla sentenza di condanna in primo ed in secondo grado; ciò allo scopo di allungare i termini di prescrizione durante lo svolgimento del processo. Nulla è stato modificato in merito al decorso della prescrizione nel reato continuato, che pertanto inizia, come detto, a decorrere singolarmente per ciascun reato unito dal vincolo della continuazione.
In seguito è stata pubblicata nella G.U. n. 13 del 16 gennaio 2019 la legge 9 gennaio 2019, n. 3 (“riforma Bonafede”) recante “Misure per il contrasto dei reati contro la pubblica amministrazione, nonché in materia di prescrizione del reato e in materia di trasparenza dei partiti e movimenti politici”. È la c.d. legge spazza-corrotti.
La riforma della disciplina della prescrizione del reato è contenuta nell’art. 1, lett. d), e), f) della l. n. 3/2019, disposizioni queste che, in base all’art. 1, co. 2 della legge stessa, sono entrate in vigore il 1° gennaio 2020.
Fino a quella data ha continuato a trovare applicazione la disciplina previgente.
Dal 1° gennaio 2020 viene reintrodotta nell’art. 158, co. 1 c.p. la regola, soppressa dalla legge ex Cirielli nel 2005, che, considerando unitariamente il reato continuato, fa decorrere il termine di prescrizione dal momento in cui è cessata la continuazione e non più, pertanto, dal momento in cui è stato commesso ciascuno dei reati avvinti dalla continuazione. L’esito è di spostare in avanti il momento in cui il reato si prescrive.
Nulla dice la legge circa l’art. 157 del codice penale relativo al tempo necessario a prescrivere, per cui – in assenza di modifiche – il tempo necessario a prescrivere resta equiparato al massimo della pena edittale stabilita dalla legge per ogni singolo reato, ma comunque non inferiore a 6 anni per i delitti e 4 anni per le contravvenzioni.
L’art. 158 c.p. nella forma attualmente vigente prevede che:
• riguardo al termine di computo esso inizia a decorrere dal momento della commissione dell'ultimo dei reati programmati (art. 158, comma 1, c.p.p.), cioè allorquando l'intero disegno criminoso si è compiuto ed è cessata la continuazione;
• per la durata del tempo necessario a prescrivere occorre, invece, far riferimento alle singole disposizioni di legge violate.
La cd. Riforma Cartabia, Legge 27 settembre 2021, n. 134 recante “Delega al Governo per l’efficienza del processo penale nonché in materia di giustizia riparativa e disposizioni per la celere definizione dei procedimenti giudiziari” (cd. riforma del processo penale) pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 237 del 4 ottobre 2021, è l’ultimo intervento sulla prescrizione. E’ stato introdotto l’art. 161 bis del c.p., abrogando il secondo comma dell’art. 159 del c.p. e qualificando la pronuncia della sentenza quale causa di cessazione della prescrizione e non più come semplice causa di sospensione. La novità più importante è la previsione di una causa di improcedibilità dell’azione penale per superamento dei termini di durata massima del giudizio di impugnazione, inserita nell’attuale art. 344 bis del c.p.p..
Quest’ultimo prevede che la mancata definizione del giudizio di appello, entro due anni, e di cassazione, entro un anno, renda improcedibile l’azione penale. Tali termini decorrono dal novantesimo giorno successivo alla scadenza del termine ex art. 544 del c.p.p., il quale detta le tempistiche relative al deposito della sentenza di primo grado.
L’ultimo intervento normativo non modifica la disciplina della prescrizione per il reato continuato.
Appurata la disciplina della prescrizione per il reato continuato, è necessario raccordare la stessa con la disciplina della successione delle leggi penali nel tempo, contenuta nell’art. 2 del c.p., che individua i limiti temporali di efficacia della legge penale.
Difatti non è previsto un periodo transitorio per l’applicazione le nuove norme in tema di prescrizione, pertanto si discute tra il regime temporale di applicabilità tra la nuova e la vecchia disciplina.
Dal momento che il legislatore ha regolamentato in modo diverso dalla legge anteriore il decorso del tempo necessario per l’estinzione del reato, viene in rilievo l’art. 2, comma 4 c.p. secondo cui “se la legge del tempo in cui fu commesso il reato e le posteriori sono diverse, si applica quella le cui disposizioni sono più favorevoli al reo, salvo che sia stata pronunciata sentenza irrevocabile”.
La nuova disciplina, facendo decorrere il termine della prescrizione dalla cessazione della consumazione, è più sfavorevole per il reo rispetto alla normativa precedente, perché in tal mondo si sposta in avanti il momento in cui il reato potrà considerarsi prescritto.
Allorquando la modifica peggiorativa delle norme sulla prescrizione si verifichi una volta già decorsa la prescrizione del reato, si reputa unanimemente in giurisprudenza che la modifica non incida su tale fattispecie.
Nel caso in cui, invece, la modifica normativa peggiorativa si verifichi quando il reato non è ancora prescritto, in giurisprudenza è unanime l’opinione secondo cui - visto il carattere sostanziale dell’istituto della prescrizione - nei casi in cui al momento dell’entrata in vigore della nuova legge il fatto-reato non risulti ancora prescritto, vi è l’irretroattività delle nuove norme peggiorative e la retroattività di quelle più favorevoli (artt. 25 comma 2 e 3 Cost.).
La modifica normativa introdotta nel 2019, in quanto più sfavorevole, non potrà essere applicata retroattivamente, mentre le nuove disposizioni sembrerebbero potersi applicare soltanto ai fatti di reato commessi successivamente alla loro entrata in vigore. Per i fatti commessi precedentemente potrà invece continuare a trovare applicazione la normativa precedente, più favorevole per il reo laddove disciplinava diversamente l’individuazione del momento iniziale per il decorso della prescrizione nelle ipotesi di reato continuato.
Qualora la nuova disciplina della prescrizione del reato entrata in vigore il 19 ottobre 2021 fosse stata più favorevole avrebbe potuto applicarsi retroattivamente a norma dell'art. 2 c.p.
Pertanto, nell’arco di tempo dal dicembre 2005 al gennaio 2019, anche per i reati legati da continuazione, il momento a partire dal quale si tiene conto per il calcolo della loro prescrizione è quello della loro singola consumazione, salvo che non si tratti di processi già in corso (all’art. 10, la legge del 2005 dispone che le modifiche introdotte non valgono per i procedimenti e i processi in corso).
Avviando nel 2022 un processo penale per un reato continuato consumato interamente nel 2015, il tempo necessario a prescrivere le singole condotte decorrerebbe secondo la normativa più favorevole per il reo, ovverosia quella secondo cui la prescrizione dei reati continuati si calcola come per ogni reato dal giorno in cui si è esaurita la singola condotta illecita, la ex Cirielli.
In un processo iniziato del 2022 per fatti commessi nel 2015 per il computo dei tempi di estinzione del reato continuato, dunque, si farà riferimento, distintamente l'uno dall'altro, agli episodi delittuosi parte del disegno criminoso, rispetto a ciascuno dei quali la causa estintiva si produrrà autonomamente.
Le nuove disposizioni (legge 9 gennaio 2019, n. 3) si applicano solo ai fatti di reato commessi successivamente alla loro entrata in vigore.