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Articolo 39 Codice di procedura civile

(R.D. 28 ottobre 1940, n. 1443)

[Aggiornato al 28/12/2023]

Litispendenza e continenza di cause

Dispositivo dell'art. 39 Codice di procedura civile

Se una stessa causa (1) è proposta davanti a giudici diversi, quello successivamente adito (2), in qualunque stato e grado del processo, anche d'ufficio, dichiara con ordinanza (3) la litispendenza [42, 43] e dispone con ordinanza la cancellazione della causa dal ruolo [279].

Nel caso di continenza di cause, se il giudice preventivamente adito è competente anche per la causa proposta successivamente, il giudice di questa dichiara con ordinanza la continenza e fissa un termine perentorio [153] entro il quale le parti debbono riassumere la causa [50; disp. att. 125] davanti al primo giudice. Se questi non è competente anche per la causa successivamente proposta, la dichiarazione della continenza e la fissazione del termine sono da lui pronunciate [42, 44].

La prevenzione è determinata dalla notificazione della citazione [137, 163] (4) ovvero dal deposito del ricorso.

Note

(1) La litispendenza si verifica nel caso in cui la stessa causa penda di fronte a giudici appartenenti ad uffici giudiziari. Diversamente, se la stessa causa pendesse di fronte a giudici appartenenti ad un unico ufficio giudiziario si parla di riunione di giudizi identici avanti allo stesso giudice (v. 273).
(2) Il criterio per stabilire quando una causa è stata promossa prima di un'altra, c.d. criterio della prevenzione, consiste principalmente nell'anteriorità della notifica della citazione a prescindere dalla validità della stessa e dal regolare instaurarsi del contraddittorio. Nel caso in cui la notifica sia avvenuta nello stesso giorno, si ha riguardo alla data di comparizione più vicina. Inoltre, nell'ipotesi di giudizio promosso mediante ricorso, si deve avere riguardo alla data del deposito del ricorso stesso ai sensi della modifica operata dalla l. 69/2009.
Se si tratta del procedimento per decreto ingiuntivo ex artt.633 e ss. c.p.c., rileva la data della notifica del ricorso e del decreto ingiuntivo in calce al primo.
(3) Il provvedimento in oggetto che assume la forma dell'ordinanza, per quanto meramente ricognitivo di una situazione di diritto ed incidente sui soli aspetti di rito della causa (è una pronuncia di improcedibilità), è impugnabile col regolamento di competenza di cui all'art. 42, in quanto implicitamente presupponente la competenza di entrambi i giudici aditi.
(4) Nel caso in cui venga individuata la litispendenza e la continenza, le cause saranno riunite ed il giudizio proseguirà non necessariamente davanti al giudice adìto per primo o quello della causa contenente, ma quello che risulterà competente a decidere entrambe.

Ratio Legis

La norma sancisce il c.d. principio della prevenzione, in base al quale la competenza spetta al giudice adito per primo. Pertanto, serve a fornire un rimedio per l'anomalo caso in cui una sola causa abbia dato origine a due distinti giudizi ed a far rispettare il principio del ne bis in idem processuale. Infatti, il giudice adito per secondo deve dichiarare la litispendenza con ordinanza, in ogni stato e grado del giudizio, e disporre la cancellazione della causa dal ruolo.

Spiegazione dell'art. 39 Codice di procedura civile

Quando si parla di litispendenza ci si intende generalmente riferire a quella frazione temporale che intercorre dal momento della proposizione della domanda a quello del passaggio in giudicato della relativa sentenza.
Nel caso previsto dalla norma in esame, invece, con il termine litispendenza il legislatore ha voluto indicare quella particolare situazione in cui una medesima causa pende di fronte a due giudici diversi.
Si può parlare di stessa causa quando vengono proposte davanti a giudici diversi due cause con lo stesso oggetto ovvero due cause con gli stessi soggetti, le quali si identificano per la medesima causa petendi (ragione dell’azione dedotta in giudizio) e per il medesimo petitum (oggetto della domanda, comprensivo sia del bene materiale della lite sia del provvedimento richiesto al giudice); se uno solo di questi tre elementi (soggetti-causa petendi-petitum) è diverso, non si avrà litispendenza.

Con particolare riferimento alla causa petendi, la giurisprudenza ha precisato che l’identità di causa sussiste se relativa al fatto costitutivo del diritto fatto valere in giudizio e che, invece, essa va esclusa nel caso di più domande inerenti un medesimo rapporto giuridico intercorso tra le parti, ma che abbiano fondamento in fatti costitutivi non collegati tra di loro neppure da un nesso di dipendenza.
In relazione all’identità dei soggetti, invece, è stato precisato che è irrilevante il loro mutamento a seguito di successione mortis causa e che costituisce eccezione a tale regola generale il caso della legittimazione straordinaria di cui all’art. 2900 del c.c., in forza del quale è consentito che un soggetto legittimato deduca come oggetto processuale non un diritto proprio, ma un diritto di altro soggetto, c.d. legittimante.
Al verificarsi, dunque, di una situazione di litispendenza, la regola fissata dalla presente norma è quella secondo cui va avanti il processo instaurato per primo; l’ordinanza che decide sulla questione della litispendenza è equiparata a quella avente ad oggetto la competenza in senso stretto e potrà essere impugnata solo con regolamento di competenza per espressa previsione del successivo art. 42 del c.p.c..

Il secondo comma della norma si occupa invece della continenza, la quale può qualificarsi come un’ipotesi specifica di litispendenza, consistente nella identità di cause quanto alle parti ed alla causa petendi, ma con petitum nell’una più ampio che nell’altra.
Nel caso in esame, però, il termine continenza ha un significato più ampio, in quanto riguarda le cause che, pur avendo origine da un medesimo rapporto giuridico, prevedono il conseguimento di effetti differenti.
Esempi tipi che possono farsi sono:
  1. quello del lavoratore, licenziato dal proprio datore di lavoro, il quale conviene quest’ultimo in due separati giudizi, ovvero uno per la liquidazione del TFR e l’altro per il saldo delle buste paga; poiché entrambi i processi scaturiscono dallo stesso rapporto giuridico, sussistono i presupposti della connessione per continenza previsti da questa norma;
  2. quello della proposizione di due giudizi separati, di cui in uno viene richiesto il pagamento di tutte le rate di un mutuo e nell’altro il pagamento di una sola rata.
Una volta che il giudice riconosce l’esistenza della continenza, deve dichiararla con ordinanza, chiudendo così un processo per far proseguire l’altro (ovviamente, sarà a tale scopo necessario che il giudice della prima causa sia anche competente ad accogliere e decidere la seconda).
Anche in questo caso, come in quello della litispendenza, al fine di decidere quale dei due procedimenti chiudere, vale come regola generale quella della precedente instaurazione e come criterio specifico quello della prevenzione, determinata secondo il disposto dell’ultimo comma dell’art. 39 c.p.c., ovvero in base alla data della notificazione della citazione o a quella del deposito in cancelleria nel caso del ricorso (qualora la notifica sia avvenuta nello stesso giorno, si farà riferimento alla data di comparizione più vicina).

Occorre precisare che nella continenza va avanti il processo instaurato per primo solo se il giudice adito è competente anche per la causa pendente di fronte ad altro giudice; inoltre, nella continenza non basta chiudere il secondo processo, ma occorre anche trasferire la causa al primo giudice, che prosegue assegnando un termine alle parti (tale ipotesi non ricorre nel caso di c.d. “stretta continenza”, ossia qualora l’oggetto della seconda causa sia completamente contenuto nella prima).
Entro il termine fisato dal giudice le parti dovranno riassumere la causa davanti al primo giudice. La riassunzione è un atto processuale di parte, avente generalmente la forma della comparsa (cfr. art. 125 delle disp. att. c.p.c.), ma che può assumere anche la veste di ricorso o di citazione.
Si tratta di un atto necessario per determinare la ripresa dello svolgimento ordinario del processo in tutti i casi in cui tale svolgimento sia stato impedito dal prodursi di determinati accadimenti, con la conseguenza che il mancato compimento di tale atto entro il termine fissato dal giudice o dalla legge determina l’estinzione del processo (art. 307 del c.p.c.).
La questione di continenza, essendo pregiudiziale alle eventuali questioni di competenza, è rilevabile d’ufficio ed eccepibile dalle parti in ogni stato e grado del processo, e va esaminata con riferimento alla situazione processuale esistente al momento della pronuncia.

La norma in esame non può trovare applicazione nel caso in cui i motivi che generano litispendenza o continenza riguardino cause che pendono davanti a due giudici diversi, ma appartenenti allo stesso ufficio giudiziario, poiché per tale ipotesi dovrà farsi ricorso all’istituto della riunione, di cui al successivo art. 273 del c.p.c..
Si ritiene possa essere utile evidenziare che prima della riforma del 2009 i provvedimenti con i quali il giudice era chiamato a decidere sulla litispendenza e sulla continenza venivano adottati con sentenza; da quella data, invece, è stata scelta la forma dell’ordinanza e ciò perché, trattandosi di provvedimenti che non decidono sul merito della controversia, possono essere adottati più velocemente.
Infatti, l’ordinanza, al contrario della sentenza, non necessità di una motivazione completa, ma soltanto succinta (cfr. art. 134 del c.p.c.), ed inoltre può essere adottata immediatamente dal giudice anche in udienza, senza lo svolgimento della fase decisoria di cui all’art. 190 del c.p.c..

Massime relative all'art. 39 Codice di procedura civile

Cass. civ. n. 18808/2021

Nel caso di riunione di cause, tra loro in rapporto di continenza e pendenti davanti al medesimo giudice, le preclusioni maturate nel giudizio preveniente anteriormente alla riunione rendono inammissibili nel giudizio prevenuto - in osservanza del principio del "ne bis in idem" e allo scopo di non favorire l'abuso dello strumento processuale - solo le attività, soggette alle scansioni processuali dettate a pena di decadenza, svolte con riferimento all'oggetto di esso che sia comune al giudizio preveniente e non si comunicano, pertanto, né alle attività assertive che, come le mere difese e le eccezioni in senso lato, non soggiacciono a preclusione, né alle attività assertive e probatorie che, pur soggette a preclusione, concernono la parte del giudizio prevenuto non comune con quello preveniente. (Cassa con rinvio, CORTE D'APPELLO MILANO, 29/01/2018).

Cass. civ. n. 29432/2019

Non è configurabile un rapporto di litispendenza tra l'opposizione a decreto ingiuntivo e l'opposizione a precetto intimato in virtù dello stesso titolo, atteso che con la prima si contesta, in sede di giudizio di cognizione, la sussistenza del credito azionato in via monitoria, mentre con la seconda è negato il diritto della controparte a procedere ad esecuzione forzata, sicché non ricorre identità né del "petitum" e neppure della "causa petendi".

Cass. civ. n. 16077/2019

In tema di continenza tra cause, l'obbligazione di garanzia, pur essendo sussidiaria rispetto a quella garantita, in quanto diretta ad assicurare l'adempimento di una prestazione risultante da un rapporto a cui il fideiussore è rimasto estraneo, è tuttavia caratterizzata da una propria individualità giuridica, cioè da un oggetto e un titolo distinti dall'obbligazione principale, potendo la fideiussione semplice farsi valere non appena il debitore si sia reso inadempiente, senza che sia necessario escuterlo inutilmente in tutto o in parte esperendo un separato giudizio per conseguire la prestazione principale; ne consegue che non sussiste pregiudizialità tra la domanda proposta nei confronti del debitore principale e quella proposta nei confronti del fideiussore, legate al più da un rapporto di connessione impropria, in quanto la diversità dei soggetti delle due cause, impedendo alla decisione dell'una di spiegare efficacia di giudicato nei confronti dell'altra, può evidenziare una mera comunanza di questioni, inidonea a giustificare lo spostamento di competenza in favore del giudice del rapporto principale.

Cass. civ. n. 13500/2019

Per effetto della dichiarazione di litispendenza, il processo innanzi al giudice successivamente adito si esaurisce definitivamente, salvo il regolamento di competenza ex art. 42 c.p.c., con la conseguenza che non è più possibile la ripresa del suo svolgimento attraverso la proposizione di un'istanza di riassunzione ma la parte può far valere il suo diritto nel diverso processo preventivamente instaurato. (Nella specie, la S.C. ha ritenuto che la corte d'appello avesse erroneamente fatto discendere dall'ipotizzata - ma insussistente - inadempienza a un presunto obbligo di impugnare o in alternativa di proporre nuova azione di merito, anche rispetto a quella proposta e definita con dichiarazione di litispendenza, la conseguenza della prescrizione del diritto al risarcimento).

Cass. civ. n. 7617/2019

Tra il giudizio di divisione intrapreso da alcuni dei partecipanti alla comunione e quello cd. endoesecutivo, instaurato in seno al processo di espropriazione forzata della quota di pertinenza di altro condividente, sussiste un rapporto di litispendenza, da disciplinare applicando il criterio della prevenzione di cui all'art. 39 c.p.c., avuto riguardo, da un lato, alla data della notificazione dell'atto di citazione introduttivo del giudizio di divisione ordinario e, dall'altro, a quella della pronuncia (o della notifica alle parti non presenti) dell'ordinanza del G.E. che disponga la divisione nell'ambito del procedimento esecutivo.

Cass. civ. n. 26835/2017

In tema di continenza di cause, le norme dettate dall'art. 39 c.p.c. non operano con riguardo alla situazione di pendenza di una causa in primo grado e dell'altra in appello, ma l'esigenza di coordinamento sottesa alla disciplina dell'art. 39, comma 2, dev'essere assicurata comunque ai sensi dell'art. 295 c.p.c., ossia a mezzo della sospensione della causa che avrebbe dovuto subire l'attrazione all'altra se avesse potuto operare detta disciplina, in attesa della definizione, con sentenza passata in giudicato, della causa che avrebbe esercitato l'attrazione.

Cass. civ. n. 19056/2017

A norma dell'art. 39, comma 1, c.p.c., qualora una stessa causa venga proposta davanti a giudici diversi, quello successivamente adito è tenuto a dichiarare la litispendenza, anche se la controversia iniziata in precedenza sia stata già decisa in primo grado e penda ormai davanti al giudice dell'impugnazione, senza che sia possibile la sospensione del processo instaurato per secondo, ai sensi dell'art. 295 c.p.c. o dell'art. 337, comma 2, c.p.c., a ciò ostando l'identità delle domande formulate nei due diversi giudizi.

Cass. civ. n. 6826/2017

Qualora il giudice abbia dichiarato la litispendenza tra due giudizi, in relazione alle domande svolte, nel secondo, dalla parte chiamata in causa, in quanto già anteriormente proposte davanti a diverso giudice, e, contestualmente, preso in esame la domanda formulata dalla parte attrice, accogliendola nel merito, al pari di quella di garanzia formulata dal convenuto nei confronti della chiamata, la sentenza, benché unica sotto il profilo formale, contiene diverse decisioni, ciascuna relativa alle varie domande proposte. Ne consegue che il capo relativo alla pronuncia sulla litispendenza – essendo autonomo dagli altri e di tipo esclusivamente processuale – può, giusta l'art. 42 c.p.c., essere impugnato soltanto con l'istanza di regolamento di competenza.

Cass. civ. n. 18252/2015

Le questioni in tema di litispendenza vanno decise con riferimento alla situazione processuale esistente al momento della relativa pronuncia, dovendosi tenere conto anche delle vicende processuali sopravvenute, sicché, in caso di intervenuta definizione di uno dei due giudizi pendenti, cessano le condizioni per l'applicabilità dell'art. 39 c.p.c.

Cass. civ. n. 16454/2015

Due cause pendenti tra le stesse parti e con identità di "causa petendi" e di "petitum" sono in rapporto di litispendenza e non di continenza anche nel caso in cui una di esse abbia ad oggetto più domande, una sola delle quali identica a quella avanzata nell'altro procedimento, ben potendo in tale ipotesi la litispendenza essere dichiarata con riferimento ad una soltanto delle domande proposte.

Cass. civ. n. 10509/2015

In materia di litispendenza, ai fini dell'applicazione del principio di prevenzione tra cause in rapporto di continenza, l'una iniziata con ricorso monitorio e l'altra con citazione, occorre avere riguardo, per quest'ultima, al perfezionamento del procedimento di notificazione tramite consegna dell'atto al destinatario anche in caso di nullità della notificazione se il vizio sia stato sanato, con effetto "ex tunc", a seguito di rinnovazione ex art. 291 cod. proc. civ.

Cass. civ. n. 24790/2014

Tra la causa proposta con il rito di cui all'art. 1, commi 48 e segg. della legge 28 giugno 2012, n. 92, per l'accertamento della legittimità del recesso datoriale, pendente in fase di opposizione, e quella concernente l'impugnativa del medesimo licenziamento, pendente nella fase sommaria dello stesso rito dinanzi a diverso tribunale, pure in astratto territorialmente competente, sussiste un rapporto di continenza, sicché, ai fini della determinazione del giudice competente, occorre aver riguardo esclusivamente al criterio della prevenzione - con riferimento alla data di deposito del ricorso - a prescindere dall'individuazione della causa contenente e di quella contenuta, nonché dall'esame di profili processuali relativi alla domanda proposta davanti al giudice preventivamente adito.

Cass. civ. n. 23675/2014

Per determinare la litispendenza ai fini della prevenzione tra cause in rapporto di continenza, una iniziata con ricorso monitorio e una iniziata con citazione, per quest'ultima si ha riguardo al perfezionamento del procedimento di notificazione tramite consegna dell'atto al destinatario, non operando la scissione soggettiva del momento perfezionativo per il notificante e il destinatario, che vale solo per le decadenze non addebitabili al notificante; né può invocarsi il principio di uguaglianza tra gli attori, in rapporto alla pendenza della lite monitoria già al momento del deposito del ricorso, atteso che la maggiore o minore incidenza dell'impulso di parte nell'individuazione del giudice naturale della controversia è solo l'effetto indiretto della differente disciplina processuale, discrezionalmente prevista dal legislatore.

Cass. civ. n. 18312/2014

Non si versa in ipotesi di litispendenza nel caso siano proposti avverso lo stesso provvedimento due diversi mezzi di impugnazione, dei quali uno solo previsto dalla legge, perché il giudice dinanzi al quale è stato proposto il gravame ammissibile dovrà decidere sulla impugnazione, mentre l'altro dovrà dichiarare inammissibile il mezzo del quale è stato investito.

Cass. civ. n. 17443/2014

Ai fini della dichiarazione di litispendenza, occorre avere riguardo esclusivamente al criterio della prevenzione, mentre è irrilevante ogni indagine sull'effettiva competenza del giudice preventivamente adito a conoscere della controversia pur se il giudice successivamente adito sia titolare della competenza a conoscere della causa, rispondendo tale istituto all'esigenza di evitare la contemporanea pendenza di due giudizi con gli stessi elementi processuali, e, dunque, un'inammissibile duplicità di azioni giudiziarie in relazione al medesimo diritto soggettivo, con conseguente pericolo di contraddittorietà di giudicati.

La litispendenza si realizza quando vi sia identità, oltre che dei soggetti coinvolti nella lite, anche del "petitum", inteso quale bene della vita del quale si chiede la tutela, e di "causa petendi", ossia del fatto costitutivo della domanda, senza che rilevi che un soggetto assuma in una causa la qualità di attore e nell'altra quella di convenuto. (Principio affermato con riguardo a giudizi relativi ad un licenziamento, del quale, in un primo giudizio, il datore di lavoro aveva chiesto accertarsi la legittimità e il lavoratore, in via riconvenzionale, l'illegittimità, con conseguente reintegrazione nel posto di lavoro e risarcimento dei danni, domande poi riproposte, a ruoli invertiti, in un secondo giudizio innanzi ad altro giudice).

Cass. civ. n. 18024/2013

La situazione processuale della litispendenza postula la contemporanea pendenza di più processi relativi alla stessa causa presso uffici giudiziari diversi, ma appartenenti al medesimo ordine giudiziario; ne consegue che, nell'ipotesi di rapporto di ripartizione esterno alla medesima giurisdizione, il concorso tra processi va risolto a mezzo di una pronuncia sulla giurisdizione e, in caso di decisioni contrastanti, con i rimedi che sono appositamente previsti per questa specifica ipotesi, soccorrendo pertanto l'art. 362 c.p.c. e non l'art. 39 c.p.c., per il quale si finirebbe con il fare applicazione, come erroneamente ritenuto dal giudice tributario con riguardo a pretesa litispendenza avanti al giudice amministrativo, di un inammissibile criterio di prevenzione.

Cass. civ. n. 8170/2013

La sussistenza di un rapporto di continenza tra cause, in quanto oggetto di eccezione in senso lato, può essere rilevata anche di ufficio dal giudice, e deve, altresì, essere decisa con riguardo alla situazione processuale esistente al momento della pronuncia della relativa statuizione.

Cass. civ. n. 13161/2012

Ai sensi dell'art. 39, comma secondo, cod. proc. civ., sussiste il rapporto di continenza quando due cause, pendenti contemporaneamente davanti a giudici diversi, hanno ad oggetto una questione comune, quale quella diretta a stabilire chi dei contraenti, nell'ambito dell'unico rapporto controverso, sia creditore dell'altro, essendo una domanda volta ad ottenere l'accertamento dell'inadempimento della controparte e la conseguente condanna al risarcimento dei danni, e l'altra volta all'esecuzione del medesimo contratto.

Cass. civ. n. 8188/2012

Sussiste un rapporto di continenza, ai sensi dell'art. 39 c.p.c., e non di connessione, tra la domanda di adempimento proposta dal creditore cedente nei confronti del debitore, e quella proposta, nei confronti del medesimo debitore, dal cessionario del credito azionato nel primo giudizio.

Cass. civ. n. 6511/2012

Nel caso di continenza tra una causa introdotta col rito ordinario ed una introdotta col rito monitorio, ai fini dell'individuazione del giudice preventivamente adìto, il giudizio introdotto con ricorso per decreto ingiuntivo deve ritenersi pendente alla data di deposito di quest'ultimo, trovando applicazione il criterio di cui all'ultimo comma dell'art. 39 cod. proc. civ., come modificato dalla legge 18 giugno 2009, n. 69, senza che rilevi la circostanza che l'emissione del decreto e la sua notifica siano avvenuti successivamente, agli effetti dell'art. 643, terzo comma, cod. proc. civ..

Cass. civ. n. 12411/2011

In tema di litispendenza internazionale, ai sensi dell'art. 27 del Regolamento CE n. 44/01 del Consiglio del 22 dicembre 2000, spetta al giudice preventivamente adito accertare la sussistenza o meno della propria giurisdizione. Se, pertanto, per primo sia adìto il giudice italiano, nel corso del relativo giudizio è possibile proporre il regolamento preventivo di giurisdizione nei confronti del convenuto domiciliato all'estero.

Cass. civ. n. 24376/2010

Il giudice successivamente adito, al fine di stabilire se sussista la litispendenza, deve fare riferimento alla situazione processuale esistente al momento della sua pronuncia e deve respingere la relativa eccezione allorquando a tale data il giudizio preventivamente instaurato non sia più pendente per intervenuta estinzione. Tale situazione si verifica nel caso in cui nel primo giudizio sia intervenuta rinuncia agli atti prima ancora che la controparte si sia costituita, così da determinare l'estinzione del giudizio medesimo - che, in quanto operante di diritto ai sensi dell'art. 306 c.p.c., può essere incidentalmente accertata dal giudice - giacché, in siffatta ipotesi, la rinuncia non è condizionata dalla relativa accettazione. (Fattispecie in tema di identico credito azionato in via monitoria in due diverse sedi).

Cass. civ. n. 19411/2010

Le sezioni distaccate di tribunale costituiscono articolazioni interne del medesimo ufficio giudiziario di tribunale e, in quanto tali, prive di rilevanza esterna, con la conseguenza che i rapporti tra sede principale e sezione distaccata non possono mai dare luogo a questioni di competenza. Ne consegue che, qualora, in relazione alla pendenza di identico giudizio avanti a sezione distaccata del medesimo tribunale, sia dichiarata la litispendenza, versandosi fuori dallo schema legale previsto dall'art. 39 c.p.c., va dichiarata la nullità della sentenza impugnata con regolamento di competenza, senza necessità di indicare il giudice competente, sia perché la pronunzia di litispendenza non è assimilabile ad una pronunzia di competenza, sia perché in caso di insussistenza della litispendenza o di nullità della relativa sentenza il processo prosegue (Principio affermato ai sensi dell'art. 360 bis, comma 1, c.p.c.).

Cass. civ. n. 17037/2010

Sussiste litispendenza, e non continenza né connessione, tra una opposizione a precetto, proposta ai sensi dell'art. 615, comma primo, c.p.c., ed un'opposizione all'esecuzione, successivamente proposta ai sensi dell'art. 615, comma secondo, c.p.c., avverso il medesimo titolo esecutivo e fondate su fatti costitutivi dell'inesistenza del diritto di procedere all'esecuzione forzata identici. (Nella specie, la nullità del titolo esecutivo costituito da un contratto di mutuo stipulato per atto pubblico).

Cass. civ. n. 26977/2007

Né la litispendenza nè la continenza di cause possono configurarsi tra un procedimento per l'adozione di provvedimenti d'urgenza a norma dell'art. 700 c.p.c. ed un giudizio ordinario di merito, in quanto l'insuscettibilità dei richiamati provvedimenti d'urgenza di costituire giudicato — essendo essi idonei ad assicurare «provvisoriamente» gli effetti della decisione sul merito e presentandosi l'introduzione del relativo giudizio solo come successiva ed eventuale — esclude la ragione stessa di una pronuncia di litispendenza o di continenza di cause.

Cass. civ. n. 20600/2007

Ai sensi dell'art. 39, comma secondo, c.p.c., la continenza di cause ricorre non solo quando due cause siano caratterizzate da identità di soggetti (identità non esclusa, peraltro, dalla circostanza che in uno dei due giudizi sia presente anche un soggetto diverso) e di titolo e da una differenza quantitativa dell'oggetto, ma anche quando fra le cause sussista un rapporto di interdipendenza, come nel caso in cui sono prospettate, con riferimento ad un unico rapporto negoziale, domande contrapposte o in relazione di alternatività e caratterizzate da una coincidenza soltanto parziale delle causae petendi nonché quando le questioni dedotte con la domanda anteriormente proposta costituiscano il necessario presupposto (alla stregua della sussistenza di un nesso di pregiudizialità logico-giuridica) per la definizione del giudizio successivo, come nell'ipotesi in cui le contrapposte domande concernano il riconoscimento e la tutela di diritti derivanti dallo stesso rapporto e il loro esito dipenda dalla soluzione di una o più questioni comuni. (Nella specie, in applicazione dell'enunciato principio, le Sezioni unite hanno ritenuto la sussistenza di un rapporto di continenza tra la domanda proposta nelle forme monitorie da una società nei confronti di un'altra società, avente ad oggetto il pagamento di alcune prestazioni eseguite e per le quali non era stato corrisposto il prezzo, e quella proposta dalla società ingiunta nei riguardi di quella ingiungente, avente ad oggetto la risoluzione dello stesso rapporto contrattuale al quale si riferivano le prestazioni dedotte a fondamento del ricorso per decreto ingiuntivo).

Cass. civ. n. 13514/2007

In tema di scontro fra veicoli, la relazione fra le controversie che due soggetti, rimasti danneggiati nella qualità di proprietari dei veicoli coinvolti e, quindi, di responsabili ai sensi dell'art. 2054, terzo comma, c.c. (come nella specie: ma la stessa cosa vale in caso di domande contrapposte fra i due conducenti o fra un conducente ed un responsabile o fra conducente e responsabile da un lato e conducente e responsabile dall'altro), introducano avanti a diversi giudici, ognuno nei confronti dell'altro ed eventualmente - come nella specie - dei rispettivi assicuratori per la responsabilità civile di ciascuno dei responsabili, addebitandosi la responsabilità esclusiva della causazione del sinistro stesso, si caratterizza come situazione di connessione nel contempo per parziale o totale coincidenza del fatto storico della dinamica dello scontro e, quindi, di una parte della causa petendi e per l'esistenza di un nesso di incompatibilità delle rispettive causae petendi delle domande e, quindi, anche del petitum di ognuna, posto che dette causae petendi sono basate o su una ricostruzione della dinamica del sinistro e, quindi, del fatto storico diversa, di modo che l'una esclude l'altra, oppure, nel caso di deduzione coincidente di quella dinamica, su un opposto apprezzamento delle condotte dei conducenti sotto l'aspetto soggettivo, di modo che nell'uno e nell'altro caso l'accertamento della invocata responsabilità esclusiva dell'uno è, non solo logicamente, ma anche giuridicamente incompatibile con quello della responsabilità civile dell'altro. Peraltro, in ciascuna delle cause il nesso di incompatibilità al livello di decisione si presenta soltanto eventuale, in quanto il giudice investito di ciascuna delle due domande può ravvisare una situazione di concorrente ed eguale responsabilità, ai sensi della norma particolare del secondo comma dell'art. 2054 c.c., che può rendere le decisioni perfettamente fra loro compatibili sia sul piano logico che su quello giuridico. La descritta situazione, allorquando i due danneggiati non abbiano coinvolto i rispettivi assicuratori, non è riconducibile, sia in ragione della coincidenza soltanto parziale della causa petendi sia per la detta incompatibilità delle causae petendi e dei petita in alcun modo alla litispendenza, in quanto le domande non presentano per l'una e l'altra ragione né identità di causa petendi né identità di petitum e nemmeno alla continenza, atteso che non sussiste tale nesso, che ricorre allorquando una causa (intesa come ragione dedotta in giudizio) comprenda in sé l'altra (mentre in questo caso l'una esclude l'altra). Allorquando, poi, siano stati evocati nei giudizi i rispettivi assicuratori l'esclusione della litispendenza (o continenza) emerge anche per il venir meno della identità dei soggetti. In entrambi i casi ricorre una situazione di connessione ed il coordinamento fra le cause, ove non sia possibile attraverso l'art. 40, primo comma, c.p.c., è possibile solo nella prima ipotesi attraverso la sospensione della causa prevenuta in attesa della definizione di quella preveniente, mentre nella seconda ipotesi, non essendo possibile la sospensione per la diversità soggettiva, l'eventuale accertamento in modo difforme del fatto storico non dà luogo ad un contrasto pratico di giudicati, ma soltanto ad un contrasto logico, atteso che i crediti risarcitori riconosciuti a ciascuno dei danneggiati sulla base di tale diverso accertamento, concernono pretese a beni della vita diversi, che, attesa la fungibilità del danaro, possono entrambe trovare soddisfazione senza che ne venga implicata la negazione dell'altro.

Cass. civ. n. 9313/2007

Non sussiste litispendenza tra una causa pendente in primo grado e un'altra definita con sentenza da un giudice di secondo grado, ancorché non siano decorsi i termini per impugnarla, sia perché, per la configurabilità della litispendenza, è necessario che cause identiche pendano dinanzi a giudici diversi, ma nel medesimo grado, sia perché, finché l'impugnazione non è proposta, non c'è un giudice investito della lite, con conseguente inconfigurabilità della contemporanea pendenza di due giudizi sull'identica causa.

Cass. civ. n. 4089/2007

Sussiste la continenza quando due cause sono caratterizzate da identità di soggetti e titolo e da una differenza soltanto quantitativa dell'oggetto, o quando le stesse sono legate da un rapporto di interdipendenza per contrapposizione o alternatività. (Nella specie, la S.C. ha escluso un nesso di continenza tra il giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo emesso dal creditore nei confronti del fideiussore e il giudizio promosso da debitore principale e fideiussore per l'accertamento negativo del credito, uniti soltanto da un rapporto di connessione per garanzia ex art. 32 c.p.c.)

Cass. civ. n. 3364/2007

In tema di litispendenza internazionale, già regolata dall'art. 21 della Convenzione di Bruxelles del 27 settembre 1968 e attualmente dagli artt. 27 e 30 del Regolamento CE n. 44/2001, il giudice successivamente adito deve sospendere d'ufficio il giudizio finché sia stata dichiarata la competenza giurisdizionale del giudice straniero preventivamente adito e deve poi declinare la propria competenza in favore del giudice straniero ove la competenza di quest'ultimo risulti accertata, ovvero proseguire il processo se il primo giudice si dichiara incompetente. Conseguentemente, si versa in ipotesi di sospensione necessaria, soggetta al rimedio del regolamento di competenza, senza che rilevi la clausola di proroga della competenza in base alla quale sussiste la competenza del giudice successivamente adito, che deve comunque sospendere il procedimento.

Cass. civ. n. 15905/2006

Ai sensi dell'art. 39, secondo comma, c.p.c., il giudice che ravvisi la continenza tra una causa propostagli ed altra precedentemente instaurata dinanzi a un giudice diverso deve verificare la competenza (per materia, territorio, derogabile e inderogabile, e valore) di quest'ultimo in relazione non soltanto alla causa da rimettergli ma anche a quella presso di lui già pendente, con indagine estesa a tutti i criteri di competenza.

Cass. civ. n. 10943/2006

In tema di litispendenza, nel caso in cui la stessa causa, in ragione di un'incertezza dell'indicazione dell'ufficio giudiziario adìto nella citazione e, quindi, della sua nullità, venga iscritta a ruolo avanti a due giudici diversi, rispettivamente dall'attore e dal convenuto, la prevenzione di cui all'art. 39, primo comma, c.p.c., non si può determinare sulla base dell'anteriorità della notificazione della citazione, cioè dell'efficacia della vocatio in ius, atteso che vi è stata una sola notificazione e si deve d'altro canto escludere - in base al secondo comma dell'art. 164 c.p.c. (nel testo vigente ex lege n. 353 del 1990) - che, in caso di ordine di rinnovo della citazione rivolto all'attore dal giudice avanti al quale egli abbia compiuto l'iscrizione a ruolo, la notificazione da assumersi agli effetti della litispendenza sia quella eseguita in esecuzione di quell'ordine e non l'originaria notificazione della citazione nulla. Ne consegue che la litispendenza dev'essere individuata, per analogia iuris, dando rilievo al momento di efficacia dell'attività processuale successiva alla notificazione originaria, cioè alla costituzione in giudizio e, quindi, attribuendo la prevenzione a quella fra le due costituzioni che risulti avvenuta per prima.

Cass. civ. n. 1626/2006

La litispendenza, che essendo rilevabile anche d'ufficio in ogni stato e grado del processo può essere pronunciata anche nel giudizio di cassazione, presuppone la contemporanea ed effettiva pendenza della stessa causa dinanzi a giudici diversi, e non è ravvisabile nell'ipotesi in cui il giudizio precedente sia stato cancellato dal ruolo ai sensi dell'art. 309 c.p.c., e non sia stata fornita la prova dell'avvenuta riassunzione nel termine annuale previsto dall'art. 307 c.p.c.

Cass. civ. n. 18819/2004

In tema di continenza di cause, le norme dettate dall'art. 39 c.p.c. non operano sia con riguardo a cause pendenti in gradi diversi che nella ipotesi in cui la causa preveniente sia già in fase di decisione.

Cass. civ. n. 14557/2004

Il fenomeno della litispendenza e l'operatività del principio della prevenzione, di cui all'art. 39 c.p.c., sono configurabili con riferimento a procedimenti pendenti dinanzi a giudici parimenti muniti di competenza e non anche, pertanto, in ipotesi di contemporanea pendenza della medesima causa davanti all'autorità giudiziaria e ad un collegio arbitrale. Tale vicenda, infatti, investendo sfere di competenza a carattere esclusivo e inderogabile, va risolta con l'affermazione o negazione della competenza del giudice adito, in relazione all'esistenza, al contenuto e ai limiti di validità del compromesso o della clausola compromissoria.

Cass. civ. n. 8748/2004

In tema di litispendenza internazionale ed in applicazione dell'art. 11, par. 2, del Reg. CE 29 maggio 2000, n. 1347 — il quale stabilisce che, «qualora dinanzi a giudici di Stati membri diversi e tra le stesse parti siano state proposte domande relative al divorzio, alla separazione personale o all'annullamento del matrimonio, non aventi il medesimo oggetto e il medesimo titolo, il giudice successivamente adito sospende d'ufficio il procedimento finché non sia stata accertata la competenza del giudice preventivamente adito» — avverso il provvedimento di sospensione adottato dal giudice italiano successivamente adito, da annoverarsi tra le ipotesi di sospensione necessaria ex art. 295 c.p.c., è proponibile non il regolamento di giurisdizione, ma il regolamento necessario di competenza ai sensi dell'art. 42 c.p.c.

Cass. civ. n. 3529/2004

La litispendenza è istituto che concorre alla identificazione in concreto del giudice che deve decidere la causa, sicchè la pronuncia con cui il giudice dichiari la litispendenza, essendo sostanzialmente assimilabile al provvedimento con cui vengono decise le questioni di competenza, può essere impugnata soltanto con il regolamento necessario di competenza, a meno che sia stata emessa dal giudice di pace.

Cass. civ. n. 1302/2004

La litispendenza è un rapporto tra due o più cause - e non tra più procedimenti - che consente di individuare il giudice competente in base al criterio della prevenzione, qualora tra esse vi sia identità di causa pretendi, di petitum ed esse pendano tra le stesse parti; ne consegue che, se il secondo procedimento è stato iniziato in relazione a due domande, per una sola delle quali sussistano i presupposti della litispendenza, essa può essere dichiarata in relazione a quella domanda, rimanendo irrilevante che in relazione all'altra domanda, proposta congiuntamente, siano stati convenuti in giudizio soggetti che non siano parte dell'altro giudizio.

Cass. civ. n. 12666/2003

La domanda di risarcimento di danni per responsabilità extracontrattuale è diversa da quella di risarcimento di danni per responsabilità contrattuale perché dipende da elementi di fatto diversi sia sotto il profilo oggettivo che sotto quello soggettivo, non solo per quanto attiene all'accertamento della responsabilità, ma anche per quanto riguarda la determinazione dei danni. Ne consegue che non ricorre l'ipotesi di continenza ex art 39 c.p.c. tra la domanda risarcitoria fondata soltanto su titolo contrattuale nei confronti del lavoratore e altra domanda proposta, sempre dal datore di lavoro, in relazione ai medesimi fatti addebitati al dipendente, ma limitatamente ai titoli extracontrattuali in essa implicati.

Cass. civ. n. 10073/2003

La pendenza della lite è determinata dalla notifica dell'atto di citazione davanti ad un determinato giudice, senza che l'erronea costituzione dell'attore davanti a giudice diverso, sia tale da radicare la causa davanti a quest'ultimo, per cui, indipendentemente dai provvedimenti di competenza del giudice della costituzione, cui spetterebbe dichiarare la litispendenza e cancellare la causa dal ruolo, ben può l'attore riassumere la causa davanti al giudice primieramente adito, nel termine previsto per l'ipotesi di mancata costituzione delle parti.

Cass. civ. n. 268/2003

Tenuto conto che la litispendenza, prevista dall'art. 39 c.p.c. per evitare l'eventuale conflitto di giudicati, presuppone che la medesima causa sia pendente dinanzi a giudici diversi, non sussiste la litispendenza, in considerazione della diversità dei soggetti convenuti, fra la causa promossa dal danneggiato nei confronti del danneggiante e quella proposta nei confronti dell'assicuratore ai sensi dell'art. 18 legge n. 990 del 1969, posto che soltanto in quest'ultima ipotesi è previsto dall'art. 23 legge n. 990 del 1969 il litisconsorzio necessario fra l'assicuratore e il responsabile del danno.

Cass. civ. n. 13548/2002

Ai fini dell'accertamento della litispendenza nel giudizio d'appello, deve prescindersi del tutto dalla valutazione circa la eventuale irritualità della riproposizione delle domande, in grado di appello, da parte di uno dei soggetti in lite.

Cass. civ. n. 12995/2002

La nozione di continenza di causa ai sensi dell'art. 39 c.p.c. comprende anche quelle situazioni caratterizzate dalla pendenza di cause in cui le questioni dedotte con la domanda, ed anche con le eccezioni, anteriormente proposte, e da risolvere con efficacia di giudicato, costituiscano il necessario presupposto per la definizione del giudizio successivo, nel senso che tra le due cause sussiste un nesso di pregiudizialità logico-giuridica, come nel caso in cui le contrapposte domande concernano il riconoscimento e la tutela di diritti derivanti dallo stesso rapporto e il loro esito dipenda dalla soluzione di una o più questioni comuni. Sussiste, pertanto, continenza tra due giudizi, il primo dei quali promosso dalla società committente per ottenere decreto ingiuntivo per il pagamento delle penali da ritardo nella consegna delle opere appaltate - decreto opposto dalla intimata, che abbia eccepito in via riconvenzionale il mancato guadagno per le opere appaltate e non fatte eseguire dalla stessa committente - ed il secondo dei quali promosso dalla curatela del fallimento della società appaltatrice per ottenere decreto ingiuntivo per il pagamento del corrispettivo residuo delle opere eseguite - decreto opposto dalla committente che abbia eccepito la compensazione in forza dei crediti fatti valere nel giudizio preventivamente proposto.

Cass. civ. n. 3109/2002

Tra la domanda di adempimento del contratto e quella di nullità o di risoluzione dello stesso è configurabile una relazione di continenza, in quanto sia la dichiarazione di nullità che la pronuncia di risoluzione si presentano come alternative a quella di condanna all'adempimento.

Cass. civ. n. 13701/2001

In caso di contemporanea pendenza di due giudizi, uno di opposizione all'esecuzione minacciata o promossa per la realizzazione di un determinato diritto e l'altro relativo all'accertamento del medesimo diritto fra le stesse parti, deve escludersi una situazione di litispendenza (o eventualmente di continenza) allorché l'opposizione all'esecuzione riguardi il profilo strettamente processuale della promovibilità dell'esecuzione forzata, essendo in tale caso diverse le rispettive causae petendi dei due giudizi, ravvisabili l'una nel rapporto giuridico da cui sorge il diritto di credito per il cui accertamento è stata proposta la domanda introduttiva del giudizio di cognizione e l'altra nella insussistenza delle condizioni che determinano la soggezione del debitore all'azione esecutiva (nella specie, l'opposizione si fondava sull'indeterminatezza dell'ammontare del credito azionato in executivis, ex art. 474 c.p.c., mentre il contemporaneo giudizio di merito concerneva la quantificazione del diritto di credito in contestazione).

Cass. civ. n. 5837/2001

Sussiste continenza di cause, ai sensi dell'art. 39 comma secondo c.p.c., tra la domanda del venditore in via monitoria di condanna del compratore al pagamento del prezzo e quella preventivamente proposta in via ordinaria davanti ad un diverso giudice avente ad oggetto la domanda del compratore di risoluzione del contratto di compravendita e di risarcimento dei danni scaturendo le opposte domande dal medesimo rapporto contrattuale. Pertanto la competenza a decidere su entrambe le cause va accertata secondo il criterio della prevenzione rimanendo affidato al giudice della causa d'opposizione a decreto ingiuntivo il compito di valutare gli effetti su tale procedimento del rapporto di continenza. (Nel caso di specie la Corte ha cassato la sentenza con cui il tribunale di Como, preventivamente adito nella causa di risoluzione per inadempimento proposta dal compratore, aveva declinato la propria competenza in favore del giudice dell'opposizione al decreto ingiuntivo chiesto dal venditore, sul presupposto che detta competenza è funzionale e, perciò, inderogabile).

Cass. civ. n. 5602/2001

In tema di continenza di cause, la prevenzione è determinata dalla notifica dell'atto di citazione e non dalla conoscenza che ne abbia il destinatario cosicché, quando la notifica avviene a mezzo posta occorre tener conto del momento in cui viene completata l'attività incombente sul notificante, e, dunque, della data del deposito del piego presso l'ufficio postale, e non di quello in cui si realizza il risultato della conoscenza da parte del destinatario il cui comportamento, ove se ne ritenesse la rilevanza, verrebbe ad incidere sulla precedenza indipendentemente da qualsiasi difetto di diligenza da parte dell'attore, penalizzandolo, così, anche senza sua colpa.

Cass. civ. n. 5273/2001

Non è ravvisabile un rapporto di litispendenza fra causa di opposizione all'esecuzione e quella di opposizione agli atti esecutivi proposta dallo stesso debitore contro l'atto di precetto perché fra le due cause non esiste identità di petitum e di causa petendi. Infatti nell'opposizione all'esecuzione l'oggetto della domanda è dato dall'accertamento negativo del diritto dell'intimante di promuovere un giudizio di esecuzione; nell'opposizione agli atti esecutivi l'oggetto del giudizio è invece costituito dalla richiesta di dichiarare la nullità formale dell'atto preliminare all'azione esecutiva.

Cass. civ. n. 3340/2001

La parte che eccepisce la litispendenza ha l'onere di dimostrare non solo l'esistenza, ma anche la persistenza, fino all'udienza di discussione, pur nella fase di giudizio di legittimità, delle condizioni per l'applicabilità dell'art. 39 c.p.c. perché la questione deve esser decisa con riguardo alla situazione processuale esistente al momento della relativa pronuncia, e dunque avuto riguardo anche agli eventi processuali sopravvenuti. Pertanto l'eccipiente deve produrre la relativa idonea documentazione anche in Cassazione, non essendo soggetti alla preclusione disposta dall'art. 372 c.p.c. gli atti concernenti questioni proponibili in ogni grado di giudizio e rilevabili d'ufficio, quale quella della litispendenza.

Cass. civ. n. 792/2001

Ai fini del giudizio sulla litispendenza, l'identità delle cause può essere desunta dai limiti oggettivi del potenziale giudicato, nel senso che tale identità deve essere riconosciuta quando il bene della vita attribuibile ad una parte nei confronti dell'altra, ove fosse oggetto di giudicato in una delle due cause, non potrebbe più essere posto in discussione nella seconda causa, fra le medesime parti, quali che siano i profili di fatto e di diritto preesistenti al giudicato in base al quale il detto bene venga ad essere nuovamente contestato.

Cass. civ. n. 15193/2000

Le norme dettate in tema di continenza dall'art. 39 c.p.c. non operano con riguardo a procedimenti pendenti dinanzi ad uffici giudiziari diversi e che si trovino l'uno in fase di gravame, l'altro in primo grado, in considerazione del carattere funzionale della competenza del giudice di secondo grado, da individuarsi inderogabilmente in base al criterio fissato dall'art. 341 c.p.c., nonché delle peculiarità del processo d'impugnazione, circoscritto alle questioni specificamente riproposte e non compatibili con l'inserimento a posteriori di problematiche ulteriori (ancorché incluse nel dibattito del precedente grado).

Cass. civ. n. 11404/2000

Il fenomeno della litispendenza e l'operatività del principio della prevenzione, di cui all'art. 39 c.p.c., sono configurabili con riferimento a procedimenti pendenti dinanzi ai giudici parimenti muniti di competenza e non anche, pertanto, in ipotesi di contemporanea pendenza della medesima causa davanti all'autorità giudiziaria e ad un collegio arbitrale. Tale vicenda, infatti, investendo sfere di competenza a carattere esclusivo e inderogabile, va risolta con l'affermazione o negazione della competenza del giudice adito, in relazione all'esistenza, al contenuto e ai limiti di validità del compromesso o della clausola compromissoria.

Cass. civ. n. 8214/2000

Non sussiste litispendenza comportante la necessità di riunione dei giudizi pendenti davanti a giudici diversi a norma dell'art. 39 c.p.c. tra il giudizio di opposizione a pignoramento e quello di opposizione a precetto pendente in fase di appello, proposto nei confronti dello stesso creditore ed in relazione allo stesso credito, per contestare l'esistenza del titolo esecutivo, qualora nella prima causa sia stata proposta dal debitore domanda di responsabilità aggravata ex art. 96 c.p.c. in relazione all'esecuzione intrapresa, presentando detta controversia un quid pluris ulteriore sufficiente a rendere detta causa obiettivamente diversa dall'altra.

Cass. civ. n. 7360/2000

In caso di stessa domanda proposta dinanzi a giudici diversi, per dichiarare la litispendenza, ai sensi dell'art. 39 primo comma c.p.c., non occorre accertare la competenza del giudice preventivamente adito, ma soltanto la prevenzione, e a questo fine, se in uno dei due giudizi la medesima domanda è introdotta in via riconvenzionale dal convenuto costituitosi ai sensi dell'art. 166 c.p.c., rileva la data del deposito in cancelleria della comparsa di risposta.

Cass. civ. n. 10153/1999

Il giudice chiamato a pronunciare su questioni di competenza per connessione, continenza di cause o litispendenza deve avere riguardo alla situazione processuale del momento in cui decide, tenendo conto delle circostanze sopravvenute implicanti la cessazione della connessione, della continenza o della litispendenza e, come tali, preclusive dell'applicazione delle relative norme, intese, nelle ipotesi degli artt. 39 e 40 c.p.c., alla determinazione del giudice competente.

Cass. civ. n. 5849/1999

Anche quando trattisi di domande contrapposte che si ricollegano ad un medesimo rapporto giuridico, la continenza non sussiste quando nel giudizio avente un più ampio oggetto non sia esplicitamente od implicitamente contestata la pretesa fatta valere nell'altro giudizio, come nel caso in cui il debitore ingiunto, riconoscendo il debito di cui gli è stato ingiunto il pagamento, ne chieda, nel giudizio di opposizione, soltanto la compensazione con il suo credito nascente dallo stesso rapporto da lui fatto valere nell'altro giudizio.

Cass. civ. n. 2077/1999

La continenza, agli effetti dell'art. 39 c.p.c., ricorre quando due cause pendenti contemporaneamente innanzi a giudici diversi abbiano identità di soggetti e di titoli con una diversità solo quantitativa di “petitum” ovvero quando una di esse investa un rapporto giuridico che non sia meramente pregiudiziale rispetto a quello dell'altra, contenendolo in senso logico e giuridico e, nello stesso tempo, condizionandolo nell'essere e negli effetti, come nel caso di parziale coincidenza delle causae petendi, nel senso che l'una comprenda in sé l'altra, o di controversie aventi ad oggetto domande contrapposte che si collegano ad un medesimo rapporto negoziale. (Nel caso di specie è stata ritenuta sussistente la continenza con riferimento a due cause, con indennità di soggetti, concernenti entrambe la risoluzione del medesimo rapporto e con diversità della causa petendi, nel senso che ciascuna parte addebitava all'altra contrapposti inadempimenti).

Cass. civ. n. 2064/1999

Il principio del “ne bis in idem”, posto dall'art. 39 c.p.c., che è norma di ordine pubblico processuale, determina l'improcedibilità del processo che nasca dalla indebita reiterazione di controversia già in corso, imponendo la cancellazione dal ruolo della causa che risulti posteriormente iscritta. La omessa cancellazione è emendabile anche in fase di impugnazione, inficiando radicalmente la sentenza, mentre non incide sulla validità della causa prioritariamente iscritta (e della decisione che l'abbia conclusa), in relazione alla quale non sussisteva obbligo di riunione con quella successiva, atteso il carattere solo formale ed apparente della duplicità di procedimenti.

Cass. civ. n. 568/1999

La litispendenza è data dalla contemporanea pendenza di due cause identiche, oltre che nelle parti, anche nel petitum e nella causa petendi, e non già solo nelle questioni di diritto che debbono essere risolte dal giudice per pervenire alla definizione della controversia. Ne consegue che l'esistenza di questioni in astratto identiche non dà luogo a litispendenza se vi sia una diversità in concreto dei suddetti elementi di identificazione dell'azione. (Nella specie, la S.C. ha negato la litispendenza tra due cause relative al pagamento, da parte dello stesso socio di una cooperativa agricola, delle quote di mutuo di ricapitalizzazione societaria relative ad annualità diverse).

Cass. civ. n. 398/1999

Il giudice successivamente adito, al fine di stabilire se sussista la litispendenza, deve fare riferimento alla situazione processuale esistente al momento della sua pronuncia e deve respingere la relativa eccezione ove a tale data il giudizio preventivamente instaurato non sia più pendente per intervenuta estinzione: questa si realizza tra l'altro qualora nel primo giudizio sia intervenuta rinuncia agli atti ritualmente accettata, posto che ai sensi dell'art. 306 c.p.c. l'effetto dell'estinzione non è subordinato ad una espressa declaratoria ma opera di diritto.

Cass. civ. n. 10330/1998

In tema di continenza di cause non occorre stabilire, per individuare il giudice competente, quale sia la causa contenente e quella contenuta, dovendosi avere riguardo soltanto al criterio della prevenzione, sempreché il giudice preventivamente adito sia competente anche per la causa successivamente proposta. Pertanto, il giudice davanti al quale sia stata proposta l'eccezione di continenza, qualora una delle due cause sia di opposizione a decreto ingiuntivo, deve porre a raffronto la data di notificazione del ricorso e del decreto ingiuntivo, atteso che questa determina la pendenza della lite, e la data di notificazione della citazione introduttiva dell'altra causa e poi verificare se il giudice preventivamente adito sia competente anche per la causa proposta successivamente, per materia o valore e territorio.

Cass. civ. n. 10008/1998

Il rapporto processuale si instaura con una valida notifica e pertanto, nel caso sia rinnovata, gli effetti processuali non retroagiscono alla prima notifica, sì che, per stabilire qual è il giudice preventivamente adito ai fini dell'art. 39 c.p.c., occorre aver riguardo alla data della notifica rinnovata, non rilevando l'utilizzabilità dell'iscrizione a ruolo avvenuta con la prima notifica.

Cass. civ. n. 11867/1997

La disciplina dettata in tema di continenza dall'art. 39 c.p.c. non opera con riguardo a procedimenti pendenti in fase di gravame dinanzi a uffici giudiziari diversi, sia per il carattere funzionale della competenza del giudice di secondo grado, da individuarsi inderogabilmente in base al criterio fissato dall'art. 341 c.p.c., sia per le peculiarità del processo di impugnazione, circoscritto alle questioni specificamente riproposte e non compatibile con l'inserimento a posteriori di problematiche ulteriori. La disciplina di cui all'art. 39 citato non opera a maggior ragione nei confronti del giudice di rinvio, posto che tale applicazione comporterebbe una inammissibile riforma della decisione della Corte di cassazione non consentita non solo al giudice di rinvio designato (che non potrebbe spogliarsi del processo neppure in relazione alla sopravvenienza di norme che modificassero i criteri di competenza), ma neppure alla stessa Corte ulteriormente adita (che potrebbe intervenire sulla propria decisione solo con ordinanza di correzione di errore materiale).

Cass. civ. n. 10083/1997

La sentenza dichiarativa della litispendenza, ai sensi dell'art. 39 primo comma c.p.c. è impugnabile con il ricorso per regolamento di competenza solo al fine di contestare il presupposto di detta litispendenza, cioè l'anteriore proposizione in altra sede della stessa domanda fra le stesse parti, non anche con riguardo alla competenza su tale domanda, trattandosi di questione devoluta al giudice della controversia in precedenza instaurata e non influente sull'indicata declaratoria.

Cass. civ. n. 7883/1997

Sussiste un rapporto di continenza fra la causa promossa dal preponente nei confronti dell'agente per far accertare la legittimità del proprio recesso e l'assenza dell'obbligo di corresponsione dell'indennità, e quella proposta dal secondo nei confronti del primo per la declaratoria della nullità, o comunque della illegittimità, del recesso e per il risarcimento del danno, sicché per individuare il giudice competente deve farsi riferimento al criterio della prevenzione di cui all'art. 39 secondo comma c.p.c. A tal fine, in ipotesi di domanda proposta dal preponente al pretore — giudice del lavoro, dichiaratosi incompetente per materia con statuizione non impugnata e seguita da riassunzione innanzi al tribunale, deve tenersi conto della data di pendenza del procedimento dinanzi al giudice specializzato, del quale quello riassunto costituisce la continuazione, non assumendo rilievo per contro una precedente domanda cautelare proposta dall'agente al pretore — giudice del lavoro, ex art. 413 terzo comma c.p.c., e mirante ad ottenere la sospensione dell'efficacia del recesso, quando il relativo procedimento si sia concluso, anche in sede di reclamo ex art. 669 terdecies, con una declaratoria di incompetenza o con un diniego nel merito, attesa l'autonomia del giudizio cautelare esauritosi nei modi sopraindicati rispetto al giudice di merito successivamente introdotto dallo stesso agente per la declaratoria di nullità o illegittimità del recesso e per il risarcimento del danno. Ne deriva che il tribunale dinnanzi al quale il giudizio instaurato dal preponente è stato riassunto, in quanto giudice preventivamente adito e incontestabilmente competente per tale giudizio a seguito della suddetta riassunzione, è competente altresì per il secondo giudizio a norma del menzionato art. 39 c.p.c. qualora (come nella specie) la qualità di agente con l'esercizio della relativa attività sia assunta da una società anziché da una persona fisica, (salvo che l'interessato dimostri il carattere artificioso della forma societaria).

Cass. civ. n. 2922/1997

In ipotesi di spostamento di competenza per continenza di causa (come pure per litispendenza) occorre far riferimento al criterio della prevenzione (determinata, nell'ipotesi di domanda proposta con la comparsa di risposta, nel momento in cui questa è portata a conoscenza della controparte, mediante deposito in cancelleria dell'atto che la contiene) mentre è irrilevante la competenza effettiva del giudice successivamente adito.

Cass. civ. n. 2268/1997

Il giudice che ravvisa la continenza tra una causa propostagli ed altra precedentemente instaurata dinanzi ad un giudice diverso (art. 39 secondo comma c.p.c.), deve verificare se sussiste la competenza di quest'ultimo limitatamente alla causa da rimettergli (come si desume dall'espresso ed esclusivo riferimento alla competenza «per la causa proposta successivamente») e non se detto primo giudice è competente - nella specie per territorio, su relativa eccezione - anche per la causa su cui è stato preventivamente adito, perché solo la Corte di cassazione può sindacare la competenza di un altro giudice per la causa pendente dinanzi al medesimo.

Cass. civ. n. 671/1997

La continenza disciplinata dall'art. 39 c.p.c. presuppone la pendenza di due cause, di cui una continente, davanti a giudici diversi, per cui essa si pone come uno dei criteri di spostamento della competenza di una delle due cause. Quando, invece, le due cause già pendano davanti allo stesso giudice, il problema non si pone più in termini di spostamento della competenza, ma in termini di riunione ai sensi degli artt. 273 e 274 c.p.c. (a seconda che si individui l'identità, sia pur parziale, di cause o la connessione), per cui l'eventuale provvedimento del giudice, che pur può essere assunto d'ufficio, ha carattere ordinatorio ed è insuscettibile di gravame in sede di legittimità; identicamente la mancata assunzione del provvedimento non incide sulla validità degli atti e della decisione, per cui anche in tal caso la situazione non può essere proposta a doglianza in sede di legittimità.

Cass. civ. n. 9839/1996

L'eccezione di litispendenza è ammissibile per la prima volta in sede di legittimità, ma va esaminata e decisa in base agli elementi di prova già acquisiti nel giudizio di merito, non essendo consentita nel giudizio di Cassazione la produzione di nuovi documenti al di fuori delle ipotesi di cui all'art. 372 c.p.c.

Cass. civ. n. 3851/1996

Non sussiste litispendenza tra un procedimento per convalida di licenza (o di sfratto) per finita locazione e un procedimento ordinario avente ad oggetto l'accertamento della data di cessazione della locazione, atteso che i due procedimenti, pur avendo in comune la stessa causa di merito, sono differenziati dalla possibilità, nel procedimento speciale, che l'azione si esaurisca con la convalida o che pur espandendosi, a seguito dell'opposizione dell'intimato, nell'ordinario giudizio di cognizione avente ad oggetto il merito della pretesa, approdi al risultato dell'ordinanza di rilascio con riserva delle eccezioni del convenuto, così realizzandosi effetti di cui l'azione non è suscettibile nel procedimento ordinario e riservati dalla legge espressamente alla competenza funzionale del giudice adito in sede di convalida.

Cass. civ. n. 2709/1996

La continenza di cause ricorre anche nell'ipotesi di controversie instaurate con domande contrapposte, relative al medesimo rapporto negoziale, come nel caso in cui le parti del contratto di appalto agiscano in distinti giudizi davanti a giudici diversi, rispettivamente, l'appaltatore per il pagamento del corrispettivo ed il committente per il compimento dell'opera e per la risoluzione del medesimo contratto per inadempimento della controparte e la condanna della stessa al risarcimento del danno, per modo che la decisione sulla domanda di risoluzione costituisce presupposto necessario della pronuncia sull'obbligo di pagare il corrispettivo.

Cass. civ. n. 282/1996

A norma dell'art. 39, comma 1, c.p.c., ricorre la litispendenza quando fra due (o più) giudizi sussista identità oltre che dei soggetti, anche del petitum (inteso come bene della vita del quale si chieda la tutela) e della causa petendi (intesa come fatto costitutivo della domanda), a nulla rilevando, nella ricorrenza (dell'identità) dei due elementi oggettivi, che un soggetto assuma formalmente in un giudizio la qualità di attore e nell'altro (o negli altri giudizi) la qualità di convenuto. (Principio affermato con riguardo a giudizi relativi a licenziamento, del quale la datrice di lavoro aveva chiesto accertarsi la legittimità e il lavoratore accertarsi, invece, l'illegittimità — con tutte le conseguenze di ordine patrimoniale — sia in via riconvenzionale sia con successivo ricorso nei confronti della stessa datrice di lavoro).

Cass. civ. n. 12694/1995

Il giudice successivamente adito, al fine di stabilire la litispendenza ai sensi dell'art. 39 c.p.c., deve fare riferimento alla situazione processuale esistente al momento della sua pronuncia, e, quindi, deve escludere la litispendenza ove a tale data l'antecedente giudizio non sia più pendente per intervenuta estinzione; la quale può essere accertata incidenter tantum dallo stesso giudice, tenendo conto, ove si configuri ipotesi di estinzione derivante da rinuncia agli atti del giudizio, che l'efficacia della rinuncia non è condizionata all'accettazione della parte non ancora costituita.

Cass. civ. n. 11023/1994

Sussiste rapporto di continenza tra la domanda di condanna al pagamento di un debito e quella di accertamento negativo del medesimo debito avendo le due liti ad oggetto domande contrapposte scaturenti dal medesimo titolo negoziale. Pertanto, ove le due domande vengano proposte davanti a giudici diversi, entrambi astrattamente competenti per valore e per territorio, il giudice successivamente adito deve, a norma dell'art. 39, comma 2, c.p.c. dichiarare la continenza fissando un termine per la riassunzione davanti al primo giudice, a nulla rilevando la partecipazione alla causa proposta per prima di un soggetto non partecipe della causa successivamente proposta, essendo insuscettibile la declaratoria di continenza di pregiudicare tale rapporto.

Cass. civ. n. 9645/1994

La litispendenza tra due cause fra le stesse parti - da valutarsi con riguardo alla situazione processuale esistente al momento della decisione - non può essere dichiarata quando le due cause pendono in gradi diversi, ricorrendo in tal caso l'ipotesi di sospensione del processo ex art. 295 c.p.c.

Cass. civ. n. 9409/1994

Ai fini della dichiarazione di litispendenza - che, essendo rilevabile in ogni stato e grado del giudizio, può essere emessa direttamente dalla Corte di cassazione con annullamento, senza rinvio, della statuizione resa sul punto dalla sentenza impugnata - occorre fare esclusivo riferimento al criterio della «prevenzione», senza che possa assumere rilevanza qualsiasi indagine sull'effettiva competenza del giudice preventivamente adito a conoscere della controversia e senza che alla suddetta declaratoria sia di ostacolo la circostanza che titolare di tale competenza sia il giudice successivamente adito (fattispecie relativa a causa «derivante dal fallimento», rispetto alla quale il giudice preventivamente adito non era il tribunale fallimentare).

Cass. civ. n. 8685/1994

Ove sussista continenza di cause - la quale, diversamente dalla litispendenza, che ricorre quando fra due o più cause pendenti davanti a giudici diversi vi sia assoluta identità fra gli elementi che valgono ad identificare le azioni (soggetti, causa petendi e petitum), presuppone che fra le cause vi sia identità dei soggetti e del titolo con una diversità quantitativa del petitum - ai sensi dell'art. 39, comma 2, c.p.c., la competenza del giudice preventivamente adito è esclusa quando la causa proposta davanti al secondo giudice appartenga alla competenza per materia o per valore di quest'ultimo, atteso che in tal caso non può applicarsi il criterio della prevenzione.

Cass. civ. n. 7591/1994

La continenza di cause opera lo spostamento della competenza per territorio sulla causa successiva in favore del giudice preventivamente adito indipendentemente dal positivo accertamento della competenza territoriale derogabile dello stesso nella causa che già pende dinnanzi a lui perché la verifica della competenza del primo giudice sulle due cause è richiesta dall'art. 39 c.p.c. solo in relazione ai criteri della competenza per valore, per materia e per territorio inderogabile.

Cass. civ. n. 2803/1994

Nella nozione di continenza di cause (in relazione alla quale il giudice successivamente adito deve verificare, ai sensi dell'art. 39, secondo comma, c.p.c., se la controversia propostagli rientri nella sua competenza o in quella del giudice adito per primo) rientra anche la situazione in cui le questioni dedotte nella causa anteriormente incardinata costituiscano un presupposto necessario per la definizione del giudizio successivo e tra le due cause sia ravvisabile un nesso di pregiudizialità logica; ciò che si verifica nel caso di domande contrapposte che si ricolleghino al medesimo rapporto negoziale (nella specie, rapporto di parasubordinazione in relazione al quale erano state proposte, dall'una e dall'altra parte, domande di risoluzione per inadempimento davanti, in ordine cronologico, al tribunale ed al pretore) ed il loro esito dipenda, sia pure in parte, dalla soluzione di una o più questioni comuni.

Cass. civ. n. 1963/1994

La continenza, come la litispendenza, presuppone la simultaneità dell'esercizio della funzione giurisdizionale da parte di giudici diversi in ordine allo stesso oggetto e fra le stesse parti, sicché non può essere configurata tra un procedimento concretamente in corso ed uno già concluso con provvedimento in relazione al quale risulti aperto il termine di impugnativa fino a quando questa non venga, nel fatto, prodotta, posto che, nell'ipotesi considerata, in tale secondo procedimento non vi è un giudice già investito della causa.

Cass. civ. n. 9659/1992

L'art. 39 c.p.c., disponendo la trattazione delle cause pendenti, ancorché identiche, davanti a giudici diversi, da parte del giudice preventivamente adito, che sia competente «anche» per la causa proposta successivamente, presuppone che lo stesso sia competente in primo luogo per la causa davanti a lui pendente, oltre che per quella promossa dopo, e demanda tale esame al giudice successivamente adito, che deve verificare la competenza di quello preventivamente adito su entrambe le cause. Pertanto, quando sia proposto regolamento di competenza contro la sentenza del giudice successivamente adito, il detto esame deve essere effettuato dalla Corte di cassazione, che deve determinare la competenza dell'uno o dell'altro giudice, senza che rilevi che il giudice preventivamente adito si sia già pronunciato con sentenza e questa non sia stata impugnata con regolamento di competenza.

Cass. civ. n. 7982/1992

Non è configurabile litispendenza tra il procedimento di esecuzione degli obblighi di fare di cui all'art. 612 c.p.c. e l'opposizione all'esecuzione di cui all'art. 615 stesso codice, ancorché con riguardo allo stesso titolo giudiziale di cui si è richiesta l'esecuzione.

Cass. civ. n. 4683/1992

Fra le due controversie inerenti allo stesso contratto, rispettivamente instaurate da una parte per ottenerne l'adempimento e dall'altra parte per ottenerne la risoluzione, non è ravvisabile un rapporto di continenza, ai sensi ed agli effetti dell'art. 39 c.p.c., in considerazione della diversità della causa petendi e del petitum delle relative domande (salva restando, al fine di evitare il pericolo di contraddittorietà dei giudicati, la sospensione della contesa la cui definizione dipenda dalla soluzione dell'altra).

Cass. civ. n. 3294/1992

Qualora, dopo il trasferimento dell'immobile locato, tanto l'alienante quanto l'acquirente agiscano autonomamente contro il conduttore per il rilascio del bene, si deve negare che i relativi procedimenti si pongano in rapporto di litispendenza, atteso che la diversità di soggetti non resta esclusa dalle regole dettate dall'art. 111 c.p.c., in tema di successione a titolo particolare nel diritto controverso, le quali operano solo rispetto all'ipotesi in cui la successione medesima intervenga posteriormente all'instaurazione del giudizio.

Cass. civ. n. 12035/1990

Non sussiste litispendenza nell'ipotesi che pendano davanti a giudici diversi un procedimento diretto alla restituzione di un immobile in quanto detenuto senza titolo ed altro procedimento per il recesso dal contratto di locazione, per necessità del locatore, dello stesso immobile, in quanto le due domande hanno diversa causa petendi.

Cass. civ. n. 8229/1990

L'eccezione di continenza non può trovare accoglimento quando la parte non produca in giudizio tutti gli atti necessari all'indispensabile esame comparativo delle domande proposte nei due giudizi pendenti, al fine di accertare, oltre che la stessa pendenza, la loro entità e parziale coincidenza per stabilire quale giudice sia stato per primo investito.

Cass. civ. n. 8026/1990

Fra la controversia promossa dal datore di lavoro per l'accertamento della legittimità del licenziamento del lavoratore e quella successivamente instaurata da quest'ultimo per la dichiarazione dell'illegittimità dello stesso licenziamento e la condanna del datore di lavoro alla reintegrazione ed al risarcimento dei danni sussiste un rapporto non di litispendenza ma di continenza, che, ai sensi dell'art. 39, secondo comma, c.p.c., deve essere dichiarata dal giudice successivamente adito ove le cause siano pendenti nello stesso grado di giudizio ed il giudice della prima causa sia competente anche per la seconda, potendosi far ricorso all'istituto della sospensione solo nell'ipotesi in cui una delle due cause sia già passata in decisione.

Cass. civ. n. 885/1990

Con riferimento a locazione di immobile destinato ad uso diverso da quello di abitazione, sussiste rapporto di continenza tra la causa di opposizione a precetto, proposta davanti al pretore, con la quale il conduttore si oppone al rilascio dell'immobile, intimato in virtù di un verbale di transazione e conciliazione, deducendo la mancata corresponsione dell'indennità di avviamento, in ragione della nullità della rinuncia ad essa, contenuta nella detta transazione, e la causa che, previamente promossa dallo stesso conduttore, davanti al tribunale, per la dichiarazione di vigenza del rapporto locativo relativo allo stesso immobile e, in subordine, della nullità del citato accordo transattivo, si connota per la maggiore ampiezza del petitum, non ricorrendo in ordine alla prima causa la competenza per materia del pretore, la quale è limitata alla determinazione dell'indennità di avviamento.

Cass. civ. n. 3910/1986

Non sussiste litispendenza tra la domanda di cessazione del contratto di locazione ad una determinata scadenza, la quale — superata la fase sommaria del procedimento per convalida — sia pendente davanti al competente giudice (nella specie, tribunale) ed un procedimento per convalida di sfratto che, pur riferito allo stesso immobile, sia intimata per una data diversa sulla base di un diverso contratto, avendo le due questioni petitum e causa petendi differenti.

Cass. civ. n. 6056/1985

L'identità delle cause pendenti va determinata — ai fini della dichiarazione di litispendenza ex art. 39, primo comma, c.p.c. — attraverso l'identità dei soggetti, del petitum e della causa petendi. Conseguentemente va esclusa la litispendenza come pure la continenza tra la controversia avente ad oggetto la determinazione dell'indennità di anzianità in base alle disposizioni contenute negli artt. 2120 e 2121 c.c. ed altra controversia, tra le stesse parti, avente ad oggetto il rimborso dei contributi previdenziali ed assicurativi sulla base di una specifica previsione di un accordo integrativo aziendale, trattandosi di controversie con petitum attinenti ad istituti di diversa funzione e struttura.

Cass. civ. n. 4680/1985

La litispendenza presuppone l'identità di persone, petitum e causa petendi e, pertanto, è insussistente sia nel caso di due domande di risoluzione dello stesso contratto di locazione fondate sull'omesso pagamento del canone per mensilità differenti sia nel caso in cui il rilascio dell'immobile per finita locazione sia stato dal locatore domandato per una certa data in una causa e per una data diversa in un successivo giudizio.

Cass. civ. n. 5510/1984

Perché la litispendenza dia luogo ad una questione di competenza, non basta che siano pendenti più processi tra le medesime parti e col medesimo oggetto, ma occorre anche che i processi siano stati instaurati davanti ad organi giurisdizionali diversi e non davanti a giudici del medesimo ufficio giudiziario, in quanto in tal caso può farsi solo questione di riunione a norma degli artt. 273 e 274 c.p.c.

Cass. civ. n. 1935/1984

La contemporanea pendenza presso il medesimo ufficio giudiziario di due distinte cause intese ad ottenere entrambe il rilascio dell'immobile locato, ma l'una per scadenza del termine contrattuale e l'altra per necessità del locatore, non comporta, attesa la diversità di causa petendi, una situazione di litispendenza, ma, vertendo le cause fra le medesime parti, costituisce il presupposto per l'adozione del provvedimento di riunione ex art. 273 c.p.c., la cui pronuncia costituisce espressione dell'incensurabile potere ordinatorio del giudice.

Cass. civ. n. 5243/1983

Sussiste rapporto di continenza fra la domanda di risarcimento del danno per inadempimento del venditore, e la domanda da quest'ultimo proposta e tendente ad ottenere il pagamento del residuo prezzo, della stessa compravendita, dal momento che la questione comune in entrambe le controversie è quella diretta a stabilire chi dei contraenti, nell'ambito dell'unico rapporto controverso, è creditore dell'altro e senza che possa ravvisarsi nella specie una compensazione in senso tecnico che presuppone opposti crediti derivanti da fonti diverse.

Cass. civ. n. 4371/1983

La litispendenza presuppone che tra i vari giudizi esista identità, oltre che di personae e di petitum, anche di causa petendi e, pertanto, non è configurabile allorché, attraverso i giudizi originati dalle successive intimazioni di sfratto, siano dedotte, a suffragio della chiesta risoluzione del contratto di locazione e del sollecitato pagamento dei canoni scaduti, inadempienze diverse del conduttore, afferenti a periodi locatizi distinti, anche se incidenti sull'economia del medesimo rapporto. In tal caso, risultando evidenti la diversità della causa petendi, per quanto riguarda la domanda di risoluzione, e la diversità del petitum e della causa petendi, per quanto riguarda la domanda di pagamento, si determina una pluralità di procedimenti relativi a cause connesse, che consente soltanto, in quanto possibile ai sensi dell'art. 274 c.p.c., la loro riunione ai fini della trattazione in simultaneus processu.

Cass. civ. n. 5243/1981

La litispendenza, ai sensi ed agli effetti dell'art. 39 c.p.c., si riferisce alla proposizione della stessa causa davanti a giudici diversi nell'ambito della giurisdizione ordinaria, e, pertanto, non può valere ad introdurre deroghe ai criteri di riparto della giurisdizione fra giudice ordinario e giudice amministrativo, ancorché aditi con la medesima domanda.

Cass. civ. n. 5187/1981

Nel caso di contemporanea pendenza davanti a giudici diversi di due controversie promosse dallo stesso soggetto al fine del riconoscimento della pensione di invalidità ex artt. 9 e 10 del R.D.L. 14 aprile 1939, n. 636, si configura, per l'identità degli elementi dei rispettivi rapporti processuali, la situazione di litispendenza (ravvisabile anche quando il giudizio iniziato per primo abbraccia un periodo pensionistico più ampio del secondo, data l'unica obiettività del bene richiesto caratterizzante entrambi i petitum), che è rilevabile di ufficio in ogni stato e grado del processo e, quindi, pure in sede di legittimità, sicché, ove il giudice del merito successivamente adito non si sia pronunziato sul punto, alla relativa declaratoria, ai sensi dell'art. 39 c.p.c., deve provvedere la Suprema Corte, disponendo altresì — in luogo della cancellazione della causa dal ruolo prescritta dall'art. 39 citato, provvedimento tipico dei giudizi di merito postulante un'anteriore iscrizione a ruolo — la cassazione senza rinvio, a norma dell'art. 382, secondo comma, c.p.c., della sentenza emessa da tale giudice, la cui omissione in ordine all'indicata declaratoria si risolve in un'ipotesi di impromovibilità o, comunque, di improseguibilità della causa per ragioni di ordine pubblico processuale (ne bis in idem).

Cass. civ. n. 6032/1980

... ed è irrilevante ai predetti fini l'infondatezza della declaratoria di litispendenza per difetto dei presupposti di legge. Attesa la natura di mezzo di impugnazione propria del regolamento di competenza su istanza di parte, la mancata tempestiva notificazione del relativo ricorso ad alcuna delle parti, nell'ipotesi di cause inscindibili o fra loro dipendenti, non comporta l'inammissibilità del ricorso, ma solo l'esigenza di integrazione del contraddittorio a norma dell'art. 331 c.p.c., con la conseguenza che di un tale provvedimento non vi è peraltro bisogno quando il ricorso, notificato tempestivamente ad alcune delle parti, lo sia stato seppure tardivamente anche alle altre parti in causa.

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Nicola M. chiede
giovedì 24/05/2012 - Lombardia
“In chi modo un giudice viene a conoscenza che un'altra causa, identica per soggetti, petitum e causa petendi, pende dinanzi ad un altro giudice?”
Consulenza legale i 25/05/2012

L'eccezione di litispendenza è un'eccezione di tipo processuale e può essere sollevata dal giudice d'ufficio. Qualsiasi eccezione che è sollevabile d'ufficio sarà sollevabile prima di tutto dalle parti. Di conseguenza, la parte che è a conoscenza dell'esistenza di una causa già instaurata tra gli stessi soggetti, che abbia lo stesso petitum e la stessa causa petendi, dovrà segnalarlo al giudice adito successivamente.

In tema di litispendenza è bene richiamare l'orientamento consolidato della Corte di Cassazione, in base al quale la parte che eccepisce la litispendenza ha l'onere di dimostrare non solo l'esistenza, ma anche la persistenza e quindi la relativa eccezione deve essere correlata da idonea documentazione (Cass. civ. sez III 18.09.2003 n.13778). Sussiste quindi, pur nella rilevabilità d'ufficio, l'onere di allegazione della parte.


Marco chiede
giovedì 21/10/2010
“Salve,è possibile che la litispendenza possa manifestarsi anche all'interno della stessa giurisdizione?Cioè stessa città?”
Consulenza legale i 21/10/2010

A norma dell’art. 39 del codice di procedura la declaratoria di litispendenza si ha quando il giudice successivamente adito rilevi che la medesima causa sia stata proposta dinanzi a giudici diversi, intendendosi per giudici diversi uffici giudiziari distinti e non anche magistrati o sezioni dello stesso ufficio giudiziario.
Qualora ricorra quest’ultima ipotesi la norma procedurale di riferimento è contenuta nell’art. 273 c.p.c. e non già nell’art. 39 per cui, se più procedimenti relativi alla stessa causa pendono davanti allo stesso giudice, questi, anche d'ufficio, ne ordina la riunione mentre se il giudice istruttore o il presidente di sezione ha conoscenza che la stessa causa pende davanti ad altro giudice o ad altra sezione dello stesso tribunale, ne riferisce al Presidente, il quale, sentite le parti, ordina con decreto la riunione, determinando la sezione o designando il giudice davanti al quale il procedimento deve proseguire.
È dunque evidente che le sezioni distaccate di uno stesso Tribunale, non possono essere considerate “giudici diversi” a norma dell’art. 39 c.p.c., costituendo articolazioni interne del medesimo ufficio giudiziario di tribunale. Ne deriva che la pendenza della stessa causa dinanzi alla sede principale ed alla sezione distaccata o dinanzi a diverse sedi distaccate non può mai dare luogo a questioni di competenza (Cass. 18 settembre 2003, n. 13751; Cass. 8 novembre 2002, n. 15752), ricorrendo invece i presupposti per l’applicazione dell’art. 273 c.p.c.