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Articolo 273 Codice di procedura civile

(R.D. 28 ottobre 1940, n. 1443)

[Aggiornato al 02/03/2024]

Riunione di procedimenti relativi alla stessa causa

Dispositivo dell'art. 273 Codice di procedura civile

Se più procedimenti relativi alla stessa causa [39 c.p.c.] pendono davanti allo stesso giudice, questi, anche d'ufficio (1), ne ordina la riunione (2).

Se il giudice istruttore o il presidente della sezione ha notizia che per la stessa causa pende procedimento davanti ad altro giudice o ad altra sezione dello stesso tribunale, ne riferisce al presidente, il quale, sentite le parti (3), ordina con decreto la riunione, determinando la sezione o designando il giudice davanti al quale il procedimento deve proseguire.

Note

(1) La riunione può essere disposta d'ufficio ma anche essere richiesta dalle parti con ricorso.
(2) Il provvedimento con il quale viene disposta la riunione ha natura ordinatoria e pertanto non può essere impugnato con il regolamento di competenza o con ricorso per Cassazione.
L'ipotesi della riunione va tenuta ben distinta da quella di litispendenza: quest'ultimo fenomeno si ha quando la medesima controversia penda davanti ad uffici giudiziari diversi (art. 39 del c.p.c.), mentre la riunione si applica a procedimenti relativi alla stessa causa che pendano dinanzi a magistrati diversi ma appartenenti al medesimo ufficio giudiziario.
(3) Le parti vengono convocate mediante biglietto di cancelleria: tuttavia, l'omissione di tale formalità non comporta nullità del provvedimento di riunione.
La riunione dei processi comporta per le parti la possibilità di utilizzare gli elementi emersi in ciascuno dei giudizi.

Ratio Legis

Gli obiettivi perseguiti dal legislatore nel prevedere la riunione dei procedimenti relativi alla stessa causa sono quelli di evitare un contrasto di giudicati sullo stesso oggetto, nonché di preservare il principio di economia del processo.

Brocardi

Reductio ad unum

Spiegazione dell'art. 273 Codice di procedura civile

La pendenza contemporanea, dinanzi allo stesso giudice, di procedimenti relativi alla stessa causa può dare luogo a provvedimenti di riunione, i quali non sono suscettibili di impugnazione dinanzi ad altri uffici giudiziari.

La ratio ispiratrice di questa norma viene generalmente individuata in esigenze di economia processuale, ossia evitare il plurimo esercizio della attività giurisdizionale sulla medesima causa e, di conseguenza, evitare che si determinino contrasti di giudicati.

La riunione di due o più procedimenti, d’ufficio o su ricorso delle parti, è possibile quando:
a) sono relativi alla stessa causa;
b) sono pendenti di fronte allo stesso ufficio giudiziario.

Unica ipotesi in cui la riunione di cause ex art. 273 deve escludersi è stato individuato nella eventualità che uno dei processi si trovi in stato di quiescenza.

Il primo comma si occupa dell'ipotesi in cui sia lo stesso giudice (inteso come persona fisica) a venire a conoscenza dell'esistenza di più procedimenti relativi alla stessa causa; in tal caso il provvedimento di riunione sarà pronunciato tanto dal giudice istruttore quanto dall'organo decidente, a seconda dello stato di pendenza del procedimento, nel momento in cui perviene la notizia di pendenza di altro procedimento relativo alla stessa causa.

Il secondo comma, invece, disciplina l'ipotesi in cui più procedimenti si trovino davanti a giudici diversi o a sezioni diverse del medesimo tribunale; in questo caso il potere di dare luogo alla riunione spetta al presidente del tribunale che, dopo aver sentito le parti, adotta il provvedimento che dispone la riunione e determina davanti a quale giudice, o a quale sezione, i procedimenti riuniti dovranno proseguire.
Nel caso in cui, poi, un procedimento si trovi innanzi al giudice istruttore e l'altro dinanzi al collegio, il provvedimento di riunione determinerà la rimessione della causa all'istruttore.

Se a disporre la riunione è il giudice-persona fisica davanti al quale pendono i due procedimenti (primo comma), questi adotterà il relativo provvedimento nella forma dell'ordinanza istruttoria, la quale è reclamabile innanzi al collegio.
Il provvedimento con cui, invece, il presidente del tribunale dispone la riunione, determinando il giudice o la sezione innanzi al quale il procedimento riunito dovrà proseguire, viene pronunciato nelle forme del decreto.
In entrambe le ipotesi il provvedimento di riunione è, comunque, un provvedimento ordinatorio che, diversamente dall'ipotesi di connessione prevista dal successivo art. 274 del c.p.c., riguardando un'unica causa, è vincolato e non discrezionale.
Esso può essere adottato d'ufficio dal giudice, ma rimane ferma la possibilità per le parti di sollecitarne l'adozione, anche se la mancata audizione di queste ultime non determina la nullità del provvedimento stesso.
In quanto provvedimento ordinatorio, il decreto di riunione non è suscettibile di impugnazione, né a mezzo di ricorso in cassazione, né di regolamento di competenza, così come non è soggetto a reclamo.
Il decreto di riunione emesso ai sensi della norma in esame ha come effetto quello di determinare una vera e propria fusione dei procedimenti.
In seguito a tale fusione il processo risulterà formalmente unico, il che comporta che sia avrà una trattazione congiunta delle due cause e che il giudice potrà avvalersi di tutte le allegazioni, prove ed argomenti di prova raccolti nei due processi sino al momento in cui è stato emanato il provvedimento di riunione.
Secondo quanto sostenuto dalla prevalente dottrina, la fusione dei procedimenti comporta l'acquisizione all'unico procedimento che risulta a seguito della riunione degli atti e del materiale istruttorio eventualmente raccolto nei due procedimenti.

Massime relative all'art. 273 Codice di procedura civile

Cass. civ. n. 18808/2021

Nel caso di riunione di cause, tra loro in rapporto di continenza e pendenti davanti al medesimo giudice, le preclusioni maturate nel giudizio preveniente anteriormente alla riunione rendono inammissibili nel giudizio prevenuto - in osservanza del principio del "ne bis in idem" e allo scopo di non favorire l'abuso dello strumento processuale - solo le attività, soggette alle scansioni processuali dettate a pena di decadenza, svolte con riferimento all'oggetto di esso che sia comune al giudizio preveniente e non si comunicano, pertanto, né alle attività assertive che, come le mere difese e le eccezioni in senso lato, non soggiacciono a preclusione, né alle attività assertive e probatorie che, pur soggette a preclusione, concernono la parte del giudizio prevenuto non comune con quello preveniente. (Cassa con rinvio, CORTE D'APPELLO MILANO, 29/01/2018).

Cass. civ. n. 24974/2020

L'iscrizione della causa a ruolo avviene, a norma degli artt. 168 c.p.c. e 72 disp. att. (applicabili anche al giudizio dinanzi al giudice di pace), su iniziativa del convenuto solo se questi si costituisce quando non si è costituito l'attore, onde l'iscrizione non può essere effettuata su richiesta della parte convenuta qualora l'attore si sia già costituito ed abbia presentato la nota di iscrizione a ruolo, determinando la formazione del fascicolo di ufficio, al quale va unito il fascicolo del convenuto che si costituisce successivamente. Ne consegue che in caso di duplice iscrizione della causa a ruolo, ove le due udienze di prima comparizione ed il giudice istruttore non vengano a coincidere e i due processi non vengano riuniti, l'unica iscrizione che dà luogo a un processo regolare è quella effettuata dall'attore per prima, in quanto solo rispetto a questa il meccanismo processuale consente una valida instaurazione del contraddittorio e l'esercizio del diritto di difesa. Pertanto, qualora non venga disposta la riunione e il procedimento iscritto per secondo prosegua fino alla sentenza in assenza dell'attore, erroneamente considerato non costituito, sono nulle l'attività processuale compiuta e la sentenza emanata. (Nella specie, la S.C. ha confermato la decisione di merito che aveva dichiarato la nullità della sentenza resa nel processo svoltosi, dietro iscrizione a ruolo eseguita dai convenuti e in contumacia di parte attrice, innanzi alla sezione distaccata di Ostia, perché il processo era stato previamente iscritto al ruolo del tribunale di Roma dall'attore). (Rigetta, CORTE D'APPELLO ROMA, 16/10/2017).

Cass. civ. n. 26285/2019

Tra l'opposizione a precetto ex art. 615, primo comma, c.p.c., e la successiva opposizione all'esecuzione ex art. 615, secondo comma, c.p.c., proposte avverso il medesimo titolo esecutivo e fondate su fatti costitutivi identici concernenti l'inesistenza del diritto di procedere all'esecuzione forzata, sussiste litispendenza, qualora le cause siano pendenti, nel merito, innanzi ad uffici giudiziari diversi, anche per grado; qualora invece le cause siano pendenti, nel merito, innanzi allo stesso ufficio giudiziario, ne va disposta la riunione di ufficio, ai sensi dell'art. 273 c.p.c., ferme le decadenze già maturate nella causa iniziata per prima. (Principio enunciato nell'interesse della legge ex art. 363, terzo comma, c.p.c.).

Cass. civ. n. 15094/2019

Tra la domanda di concordato preventivo e l'istanza di fallimento ricorre un rapporto di continenza, che impone la riunione dei relativi procedimenti ai sensi dell'art. 273 c.p.c.; tuttavia l'omessa riunione non determina alcuna nullità, né impedisce la dichiarazione di fallimento, quando il tribunale abbia già disposto la revoca dell'ammissione alla procedura concordataria, purchè il debitore abbia avuto formale conoscenza dell'iniziativa per la sua dichiarazione di fallimento. (Rigetta, CORTE D'APPELLO TORINO, 06/05/2015).

Cass. civ. n. 31801/2018

Qualora nel corso di un procedimento introdotto con il rito sommario di cognizione, di cui all'art. 702-bis c.p.c., insorga una questione di pregiudizialità rispetto ad altra controversia, che imponga un provvedimento di sospensione necessaria ai sensi dell'art. 295 c.p.c. (o venga invocata l'autorità di una sentenza resa in altro giudizio e tuttora impugnata, ai sensi dell'art. 337, comma 2, c.p.c.), si determina la necessità di un'istruzione non sommaria e, quindi, il giudice non può adottare un provvedimento di sospensione ma deve, a norma dell'art. 702-ter, comma 3, c.p.c., disporre il passaggio al rito della cognizione piena e, nel caso in cui i due procedimenti pendano innanzi al medesimo Ufficio o a sezioni diverse di quest'ultimo il giudice del giudizio reputato pregiudicato deve rimettere gli atti al capo dell'Ufficio, ex artt. 273 e 274 c.p.c. (salvo che il diverso stato in cui si trovano i due procedimenti non ne precluda la riunione), non ostando all'eventuale riunione la soggezione delle cause a due riti diversi, potendo trovare applicazione il disposto di cui all'art. 40, comma 3, c.p.c.

Cass. civ. n. 28461/2013

In tema di espropriazione immobiliare, nel caso in cui ad un primo pignoramento invalido ne segua, tra le stesse parti, un altro valido, la riunione tra le due procedure esecutive comporta che l'attività prevista dell'art. 567, secondo comma, cod. proc. civ. (nel testo anteriore alle modifiche apportate dal d.l. 14 marzo 2005, n. 35, convertito, con modificazioni, nella legge 14 maggio 2005, n. 80) ai fini dell'adempimento di cui all'art. 13 bis del d.l. 18 ottobre 2000, n. 291, convertito nella legge 14 dicembre 2000, n. 372, sebbene compiuta formalmente con riguardo al primo procedimento, comunica i suoi effetti anche al secondo, attesa l'identità delle azioni esecutive e tenuto conto che la riunione ai sensi dell'art. 273 cod. proc. civ. - norma applicabile in via analogica al giudizio di esecuzione - comporta la riferibilità delle suddette attività a ciascuno dei procedimenti esecutivi, restando priva di rilievo la mancata reiterazione del deposito della documentazione ex art. 567 cod. proc. civ. nel secondo procedimento, di cui non può essere dichiarato, per tale ragione, l'estinzione. (Principio enunciato dalla S.C. ai sensi dell'art. 363, terzo comma, cod. proc. civ.). (Dichiara inammissibile, App. Roma, 05/07/2007).

Cass. civ. n. 21761/2013

Gli istituti della litispendenza e della continenza (che regolano la competenza per territorio), operano soltanto fra cause pendenti dinanzi a uffici giudiziari diversi, secondo quanto reso evidente dal dato testuale dell'art. 39 cod. proc. civ.; pertanto, se le cause identiche o connesse (nella specie, opposizione all'esecuzione ed opposizione agli atti esecutivi), pendano dinanzi al medesimo ufficio giudiziario, trovano applicazione gli artt. 273 e 274 cod. proc. civ., ovvero, quando ragioni di ordine processuale impediscano la riunione ed una causa sia pregiudiziale rispetto all'altra o sia già giunta a sentenza, gli istituti della sospensione, di cui agli artt. 295 e 337 cod. proc. civ.

Cass. civ. n. 19153/2012

In ipotesi di cassazione con rinvio il giudizio di rinvio e quello avente ad oggetto la restituzione dei beni consegnati o delle somme pagate in virtù della sentenza cassata sono tra loro autonomi, onde possono essere celebrati separatamente e non v'è necessità di riunirli. Tuttavia, tale reciproca autonomia non è assoluta, in quanto viene meno nel caso in cui il giudizio di rinvio si concluda prima di quello sulle restituzioni, con una decisione identica a quella contenuta nella sentenza cassata: e, ricorrendo tale ipotesi, giudice delle restituzioni dovrà rigettare la domanda innanzi a lui proposta.

Cass. civ. n. 24002/2011

La riunione dei procedimenti relativi alla stessa causa può essere disposta d'ufficio anche nel corso del giudizio di legittimità, atteso che essa risponde alle stesse esigenze di ordine pubblico processuale (inammissibilità di duplicità di giudicati) in base alle quali, salvi i limiti del giudicato eventualmente formatosi, la litispendenza può essere dichiarata in ogni stato e grado del processo e, quindi, anche in cassazione. (Cassa con rinvio, App. Roma, 23/06/2008).

Cass. civ. n. 12989/2010

Quando due cause tra loro connesse pendono davanti allo stesso giudice, non sussiste un problema di spostamento della competenza, quanto, invece, la possibilità di provvedere alla loro riunione ai sensi degli artt. 273 e 274 cod. proc. civ.; il provvedimento di riunione, così come la mancata assunzione del medesimo, ha carattere ordinatorio e, come tale, è insuscettibile di gravame in sede di legittimità. (Rigetta, App. Napoli, 30/12/2005).

Cass. civ. n. 9510/2010

La contemporanea pendenza, davanti al medesimo giudice, da intendersi come ufficio giudiziario, di più procedimenti relativi alla stessa causa non é riconducibile all'ambito di disciplina dell'art. 39, primo comma, cod. proc. civ., che postula la pendenza della stessa causa davanti a giudici diversi, ma dà luogo all'applicazione delle disposizioni di cui all'art. 273 cod. proc. civ. (Regola competenza).

Cass. civ. n. 28537/2008

La riunione d' ufficio di procedimenti pendenti dinanzi allo stesso giudice in ordine alla medesima causa (art. 273 c.p.c. ), trova applicazione anche davanti alla Corte di cassazione nel caso di ricorsi per regolamento preventivo di giurisdizione, con la conseguenza che ove si prospettino, in entrambi i ricorsi, le medesime ragioni, il regolamento proposto con atto notificato in epoca successiva dev'essere dichiarato inammissibile, per carenza di interesse, atteso che, pur non applicandosi al regolamento preventivo il principio di consumazione del gravame, non trattandosi di un mezzo di impugnazione, ciò non ne esclude l'assoggettabilità alla disciplina di cui all'art. 100 c.p.c.

Cass. civ. n. 19693/2008

Il provvedimento di riunione di cause, che si adegua al principio dell'economia dei giudizi, costituisce espressione del potere ordinatorio del giudice che lo esercita incensurabilmente, e, pertanto, non è suscettibile di impugnazione dinanzi ad altri uffici giudiziari; conseguentemente, l'omessa riunione di procedimenti relativi alla stessa causa, che non risulta tra l'altro sanzionata da nullità, non può assolutamente essere configurata come uno dei capi della domanda sul quale manchi la decisione e per il quale può quindi configurarsi il vizio di omessa pronuncia ai sensi dell'art. 112 c.p.c..

Cass. civ. n. 14442/2008

I ricorsi per cassazione separatamente proposti contro la sentenza di merito resa in grado di appello e contro quella pronunciata nel successivo giudizio di revocazione possono essere riuniti, in quanto le due sentenze, integrandosi reciprocamente, definiscono inscindibilmente un unico giudizio e, quindi, in sede di legittimità, possono essere oggetto di esame contestuale e di un'unica decisione. Qualora si provveda a tale riunione, le questioni attinenti alla revocazione assumono carattere pregiudiziale, sicché il ricorso avverso la sentenza del relativo giudizio va esaminato per primo. (Rigetta, App. Ancona, 16 Dicembre 2002).

Cass. civ. n. 24645/2007

L'accoglimento della domanda di condanna al risarcimento del danno ex art. 96, comma 1, c.p.c. presuppone l'accertamento sia dell'elemento soggettivo (mala fede o colpa grave) sia dell'elemento oggettivo (entità del danno sofferto). Il primo presupposto, per concretizzarsi nella conoscenza della infondatezza domanda e delle tesi sostenute ovvero nel difetto della normale diligenza per l'acquisizione di detta conoscenza, è ravvisabile in tutti quei casi in cui venga proposto - contrariamente ad un costante, consolidato e mai smentito indirizzo giurisprudenziale - ricorso per cassazione avverso provvedimenti di natura ordinatoria, quali quelli emessi ex art. 273 e 274 c.p.c. Il secondo presupposto richiede, invece, l'esistenza di un danno e la prova da parte dell'istante sia dell'an che del quantum debeatur il che non osta a che l'interessato possa dedurre, a sostegno della sua domanda, condotte processuali dilatorie o defatigatorie della controparte, potendosi desumere il danno subito da nozioni di comune esperienza anche alla stregua del principio, ora costituzionalizzato, della ragionevole durata del processo (art. 111, comma 2, Cost.) e della legge n. 89 del 2001 (c.d. legge Pinto), secondo cui, nella normalità dei casi e secondo l'id quod plerumque accidit ingiustificate condotte processuali, oltre a danni patrimoniali (quali quelli di essere costretti a contrastare una ingiustificata iniziativa dell'avversario sovente in una sede diversa da quella voluta dal legislatore e per di più non compensata sul piano strettamente economico dal rimborso delle spese ed onorari liquidabili secondo tariffe che non concernono il rapporto tra parte e cliente), causano ex se anche danni di natura psicologica, che per non essere agevolmente quantificabili, vanno liquidati equitativamente sulla base degli elementi in concreto desumibili dagli atti di causa.

Cass. civ. n. 12252/2007

È ammissibile nel giudizio di cassazione la riunione di procedimenti relativi a cause connesse pendenti davanti allo stesso giudice, atteso che il principio posto dall'art 273 cod. proc. civ. ha carattere generale e può valere anche in sede di legittimità, giacchè risponde alle stesse esigenze di ordine processuale - evitare il pericolo di contraddittorietà e, in ogni modo, di duplicità di giudicati - in base alle quali , salvi i limiti del giudicato già formatosi, la litispendenza può essere dichiarata in ogni stato e grado del processo. (Rigetta, Trib. Roma, 27 marzo 2003).

Cass. civ. n. 4963/2007

La pendenza del procedimento esecutivo non preclude nè rende inutile la reiterazione dell'atto processuale che vi dà inizio e, in funzione di questo, il compimento degli atti prodromici necessari, al fine di porre al riparo la concreta attuazione della pretesa esecutiva dai possibili insuccessi conseguenti agli eventuali vizi dei precedenti atti, ma determina solo la necessità della riunione dei distinti procedimenti, in tal modo instaurati innanzi al medesimo ufficio giudiziario, ai sensi dell'art. 273 cod. proc. civ.. (Rigetta, App. Milano, 7 Gennaio 2003).

Cass. civ. n. 21727/2006

Allorquando sussista una situazione che, in ragione di nessi tra procedimenti pendenti avanti allo stesso ufficio giudiziario, riconducibili alle fattispecie di cui agli artt. 273 o 274 c.p.c., avrebbe dovuto giustificare la rimessione al capo dell'ufficio di uno o dei procedimenti al fine della valutazione circa la loro riunione — nel caso dell'art. 273 — e circa la designazione di un unico magistrato o della stessa sezione per l'adozione dei provvedimenti opportuni — nel caso dell'art. 274 —, l'inosservanza di tale modus procedendi da parte del giudice avanti al quale si trovi uno dei procedimenti e l'adozione di un provvedimento di sospensione del giudizio avanti di lui pendente per pretesa pregiudizialità dell'altro, pendente avanti ad altro magistrato dell'ufficio (e anche presso una sezione distaccata o la sede principale dello stesso ufficio) rientra fra i fatti processuali che la Corte di cassazione, in sede di regolamento di competenza, deve valutare per stabilire se detto provvedimento sia stato adottato legittimamente, salvo il rilievo da attribuirsi alle successive vicende del processo considerato pregiudicante, ove prospettate dalle parti od emergenti dagli atti. Ne consegue che se, quando ha adottato il provvedimento, il giudice di merito si trovava in una situazione in cui non sarebbe stato legittimato ad adottarlo, ma avrebbe dovuto riferire al capo dell'ufficio per l'adozione del procedimento di cui al secondo comma delle norme degli artt. 273 e 274 c.p.c., la Corte di cassazione deve considerare il provvedimento di sospensione illegittimo, a meno che non risulti che, in relazione allo stato raggiunto dal processo ritenuto pregiudicante, non sarebbe possibile l'adozione da parte del giudice che emise il provvedimento di sospensione del modus procedendi imposto da quelle norme. (Sulla base di tali principi, poiché nella specie non risultava che il processo asseritamente pregiudicante avanti alla sede principale del tribunale non vi pendesse più, la S.C. ha caducato il provvedimento di sospensione adottato dalla sede distaccata).

Cass. civ. n. 20539/2005

La riunione dei procedimenti relativi alla stessa causa ai sensi dell'art. 273 c.p.c. può essere disposta d'ufficio anche nel corso del giudizio di legittimità, poiché essa risponde alle stesse esigenze di ordine pubblico processuale (inammissibilità di duplicità di giudicati) in base alle quali, salvi i limiti del giudicato eventualmente formatosi, la litispendenza può essere dichiarata in ogni stato e grado del processo e, quindi, anche in Cassazione.

Cass. civ. n. 2649/2004

La mancata riunione di cause in materia di lavoro e previdenza non è prevista dalla legge come causa di nullità processuale estesa agli atti successivi, fino alla sentenza, e pertanto non può essere dedotta come motivo di ricorso per cassazione; la relativa facoltà configura comunque un potere discrezionale del giudice di merito, il cui mancato uso, implicante una valutazione di fatto circa la gravosità della riunione, o l'eccessivo ritardo del processo che ne conseguirebbe, non è censurabile in sede di legittimità.

Cass. civ. n. 15706/2001

I provvedimenti di riunione e separazione di cause costituiscono esercizio del potere discrezionale del giudice, hanno natura ordinatoria e si fondano su valutazioni di mera opportunità, con la conseguenza che essi non sono sindacabili in sede di legittimità e non comportano, per gli effetti che ne discendono sullo svolgimento dei processi (riunione o separazione degli stessi), alcuna nullità.

Cass. civ. n. 8069/2000

In caso di domande di identico contenuto proposte, con unico atto, da diversi lavoratori contro un medesimo datore di lavoro, si verifica una situazione di litisconsorzio facoltativo improprio, in quanto, pur nell'identità delle questioni, permane autonomia dei rispettivi titoli, dei rapporti giuridici e delle singole causae petendi, con la conseguenza che le cause, per loro natura scindibili, restano distinte, con una propria individualità in relazione ai rispettivi legittimi contraddittori e con l'ulteriore conseguenza che la sentenza che le definisce — sebbene formalmente unica — consta in realtà di tante pronunzie quante sono le cause riunite, le quali conservano la loro autonomia anche ai fini della successive impugnazioni, che ben possono svolgersi separatamente le une dalle altre, senza che ne derivino interferenze reciproche fra i diversi giudizi susseguenti e senza che venga compromesso l'interesse all'unitaria trattazione di questioni di identico oggetto, atteso che lo stesso ben può trovare soddisfazione nell'esame delle separate impugnazioni nella medesima udienza.

Cass. civ. n. 7377/2000

La contemporanea pendenza, innanzi al medesimo giudice, di procedimenti relativi alla stessa causa, può dare luogo a provvedimenti ordinatori di riunione, non suscettibili di impugnazione dinanzi ad altri uffici giudiziari, e non all'applicazione delle disposizioni dettate dall'art. 39 c.p.c. in materia di litispendenza, la cui configurabilità postula la diversità dei giudici davanti ai quali quella causa sia stata proposta. Ne consegue che, nell'ipotesi in cui il giudice di secondo grado, dopo aver correttamente disposto la riunione di due procedimenti pendenti in appello avverso due sentenze emesse dallo stesso giudice su domande sovrapponibili, pronunci solamente sul gravame avverso una delle due sentenze, senza tener conto delle ragioni addotte contro l'altra, pur enunciate in narrativa, ricorre una omessa pronuncia su un punto decisivo della controversia.

Cass. civ. n. 12742/1999

Il provvedimento discrezionale di riunione di più cause lascia immutata l'autonomia dei singoli giudizi e non pregiudica la sorte delle singole azioni, tanto che la sentenza che decide simultaneamente le cause riunite pur essendo formalmente unica si risolve in altrettante pronunce quante sono le cause decise e ciascuna pronuncia è impugnabile con il mezzo che le è proprio e soltanto ad iniziativa della parte in essa soccombente.

Cass. civ. n. 10653/1999

La riunione dei procedimenti relativi alla stessa causa ai sensi dell'art. 273 c.p.c. può essere disposta d'ufficio anche nel corso del giudizio di legittimità, atteso che essa risponde alle stesse esigenze di ordine pubblico processuale (inammissibilità di duplicità di giudicati) in base alle quali, salvi i limiti del giudicato eventualmente formatosi, la litispendenza può essere dichiarata in ogni stato e grado del processo e, quindi, anche in cassazione.

Cass. civ. n. 7265/1999

La sospensione prevista dall'art. 295 c.p.c. presuppone la pendenza davanti allo stesso o ad altro giudice di una controversia avente ad oggetto questioni pregiudiziali rispetto a quelle dibattute nel giudizio da sospendere, ma oggettivamente diverse da tali ultime questioni. Sicché, ove si verta in ipotesi di identità di questioni in discussione innanzi al giudice del processo del quale si chiede la sospensione ed in altra, diversa sede, detto giudice conserva il potere di pronunciare sul thema decidendum devoluto alla sua cognizione, potendo soltanto configurarsi gli estremi per far luogo o alla riunione dei procedimenti (art. 273 c.p.c.) o ad una declaratoria di litispendenza o di continenza di cause (art. 39 c.p.c.).

Cass. civ. n. 9785/1995

I provvedimenti in tema di riunione dei processi, previsti dagli artt. 273 e 274 c.p.c., hanno natura ordinatoria e non sono quindi suscettibili di impugnazione innanzi ad altri uffici giudiziari.

Cass. civ. n. 1759/1992

Il provvedimento di riunione di più cause per ragioni di opportunità non incide sull'autonomia dei singoli giudizi e sulla posizione delle parti in ciascuno di essi, sicché la sentenza che decide simultaneamente le cause riunite, pur essendo formalmente unica, si risolve in altrettante pronunce, ciascuna delle quali è assoggettata al regime formale e temporale d'impugnazione che le è proprio. Pertanto, la legittimazione ad impugnare, ed a resistere, compete ai soli soggetti che sono parte del corrispondente giudizio ed inoltre la parte vittoriosa in uno dei giudizi e soccombente in un altro può proporre impugnazione incidentale tardiva contro la pronuncia rispetto alla quale sia soccombente, solo se questa pronuncia sia stata impugnata in via principale da altra parte di quello stesso giudizio, e non anche se vi sia stata un'impugnazione principale nei confronti di una pronuncia relativa ad altro giudizio riunito.

Cass. civ. n. 5504/1985

Il provvedimento con cui il giudice riunisce più procedimenti pendenti avanti a lui, sia relativi alla stessa causa (obbligo di riunione) sia relativi a cause diverse ma connesse, (facoltà di riunione), non è censurabile in cassazione, neanche attraverso l'impugnazione della sentenza che chiude il giudizio in cui il provvedimento sia stato adottato, poiché nel secondo caso il provvedimento di riunione è del tutto discrezionale, mentre nel primo caso l'imposizione dell'obbligo di riunione è sprovvista di qualsiasi sanzione di nullità.

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