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Articolo 474 Codice di procedura civile

(R.D. 28 ottobre 1940, n. 1443)

[Aggiornato al 28/12/2023]

Titolo esecutivo

Dispositivo dell'art. 474 Codice di procedura civile

L'esecuzione forzata [2910 ss., 2930 c.c. e ss.] non può avere luogo che in virtù di un titolo esecutivo per un diritto certo, liquido ed esigibile.

Sono titoli esecutivi:

  1. 1) le sentenze(1), i provvedimenti e gli altri atti ai quali la legge attribuisce espressamente efficacia esecutiva(2);
  2. 2) le scritture private autenticate(3), relativamente alle obbligazioni di somme di denaro in esse contenute, le cambiali, nonché gli altri titoli di credito(4) ai quali la legge attribuisce espressamente la stessa efficacia(5);
  3. 3) gli atti ricevuti da notaio o da altro pubblico ufficiale autorizzato dalla legge a riceverli(6).

L'esecuzione forzata per consegna o rilascio non può aver luogo che in virtù dei titoli esecutivi di cui ai numeri 1) e 3) del secondo comma. Il precetto deve contenere trascrizione integrale, ai sensi dell'articolo 480, secondo comma, delle scritture private autenticate di cui al numero 2) del secondo comma.

Il titolo è messo in esecuzione da tutti gli ufficiali giudiziari che ne siano richiesti e da chiunque spetti, con l'assistenza del pubblico ministero e il concorso di tutti gli ufficiali della forza pubblica, quando ne siano legalmente richiesti(7).

Note

(1) La norma si riferisce alle sentenze di primo grado, alle sentenze d'appello, alle sentenze della Corte di Cassazione pronunciate sul merito, alle sentenze pronunciate in un grado e alle sentenze della Corte di Giustizia delle Comunità Europee (si cfr. artt. 132, 282, 431, 447, e art. 18, l. 20-5-1970, n. 300, Statuto dei lavoratori).
(2) Si vedano gli artt. 199 (processo verbale di conciliazione), 423 (ordinanza per il pagamento di somme), 647 (esecutorietà del decreto ingiunto per mancata opposizione o mancata attività dell'opponente). In tema di provvedimenti che hanno efficacia esecutiva si segnalano: il decreto del giudice che ordina la cessazione dell'attività antisindacale (art. 28 l. 20-5-1970, n. 300); l'ordinanza di rilascio dell'immobile emessa ai sensi dell'art. 30, 5° e 8° commi l. 27-7-1978, n. 392; l'ordinanza di liquidazione di onorari e diritti spettanti ad avvocati; l'ordinanza sull'opposizione a decreto ingiuntivo relativa a onorari, diritti e spese spettanti ad avvocati (artt. 29 e 30 l. 13-6-1942, n. 794).
(3) Per scritture private autenticate si intendono gli atti, cartacei o informatici, la cui efficacia esecutiva è limitata alle obbligazioni di somme di denaro in essi contenute e non si estende agli obblighi di fare e non fare e all'esecuzione per consegna o rilascio.
(4) La norma si riferisce ai titoli esecutivi stragiudiziali poiché non provengono, come le sentenze, dall'autorità giudiziaria, ma sono di formazione privata e contengono un atto di accertamento del diritto sostanziale. Si cfr. artt. 55, 86, 90, 100, 104 r.d. 21-12-1933, n. 1736, art. 3 l. 15-12-1990, n. 386 Assegno bancario; c.c. 1684, 1790, 1791.
(5) Si vedano 185 (tentativo di conciliazione), 322 (conciliazione in sede non contenziosa), 411 (conciliazione nel rito del lavoro). Inoltre, hanno efficacia esecutiva i verbali di conciliazione relativi: a spese diritti ed onorari di avvocati (art. 66 r.d.l. 27-11-1933, n. 1578); al rilascio dell'immobile ed alla determinazione del canone (artt. 30, 7° comma e 44, 4° comma l. 27-7-1978, n. 392).Si vedano 185 (tentativo di conciliazione), 322 (conciliazione in sede non contenziosa), 411 (conciliazione nel rito del lavoro). Inoltre, hanno efficacia esecutiva i verbali di conciliazione relativi: a spese diritti ed onorari di avvocati (art. 66 r.d.l. 27-11-1933, n. 1578); al rilascio dell'immobile ed alla determinazione del canone (artt. 30, 7° comma e 44, 4° comma l. 27-7-1978, n. 392).
(6) Anche in questo caso si tratta di titoli esecutivi stragiudiziali. Inoltre, è bene precisare che l'espressione "altro pubblico ufficiale" deve riferirsi al segretario comunale e provinciale e al console all'estero.
(7) Comma inserito dal D. Lgs. 10 ottobre 2022, n. 149 (c.d. "Riforma Cartabia"), come modificato dalla L. 29 dicembre 2022, n. 197, il quale ha disposto (con l'art. 35, comma 1) che "Le disposizioni del presente decreto, salvo che non sia diversamente disposto, hanno effetto a decorrere dal 28 febbraio 2023 e si applicano ai procedimenti instaurati successivamente a tale data. Ai procedimenti pendenti alla data del 28 febbraio 2023 si applicano le disposizioni anteriormente vigenti".

Brocardi

Iudicatum titulus est optimus
Ius imperii
Legitimatio adibat ad causam
Nulla executio sine titulo
Processus executivus

Spiegazione dell'art. 474 Codice di procedura civile

La norma in esame sancisce il principio di carattere generale secondo cui per poter procedere ad esecuzione forzata è necessario essere in possesso di un titolo esecutivo (nulla executio sine titulo), il quale deve sussistere all’inizio e per tutto il tempo del procedimento.

Il titolo esecutivo non è altro che la fattispecie costitutiva del diritto di procedere ad esecuzione forzata per la tutela del diritto di credito sostanziale insoddisfatto.
Accanto a questo concetto di titolo esecutivo c.d. in senso sostanziale, la dottrina ha individuato anche una nozione di titolo esecutivo in senso documentale, come tale dovendosi intendere quel documento, rappresentante appunto il titolo esecutivo, sul quale deve essere apposta la formula esecutiva ex art. 475 del c.p.c. e da presentare all’ufficio esecutivo perché possa attivarsi.

Costituendo il presupposto fondamentale dell’esecuzione forzata, il titolo esecutivo deve esistere sin dall’inizio del processo esecutivo e permanere esistente per tutta la pendenza di esso, dal momento della notificazione dell’atto di precetto e fino all’esaurimento della procedura esecutiva (non può assumere alcuna rilevanza il fatto che detto titolo venga ad esistenza successivamente).

L’eventuale mancanza originaria o sopravvenuta del titolo esecutivo potrà costituire motivo di opposizione a precetto (se l’esecuzione non è ancora iniziata) o all’esecuzione ex art. 615 del c.p.c. (nel caso di esecuzione già iniziata).
Vi sono alcune ipotesi, legislativamente previste, in cui è comunque possibile procedere ad esecuzione senza titolo, e precisamente:
  1. nel caso di espropriazione di autoveicolo ex R.D.L. n. 436/1927, convertito nella legge n. 510/1928;
  2. nel caso di vendita promossa dal creditore del bene ricevuto in pegno ex art. 2796 del c.c..

Il primo comma della norma dispone che il titolo esecutivo deve avere ad oggetto un diritto certo, liquido ed esigibile.
Per liquidità si intende che, quando oggetto della prestazione è un credito al pagamento di una somma di denaro, questa deve essere esattamente determinata o quantomeno ricavabile mediante un semplice calcolo aritmetico (non si potrebbe procedere ad esecuzione sulla base di una condanna generica emessa ex art. 278 del c.p.c..
Inoltre, si ammette che tale requisito possa essere accertato anche procedendo all’interpretazione della sentenza, tenendo conto dei dati che siano stati assunti dal giudice come certi ed oggettivamente determinati perché non controversi.

Per certezza si intende la precisa individuazione del bene oggetto dell’esecuzione per consegna e rilascio e della prestazione di fare o non fare nel caso di esecuzione ex art. 612 del c.p.c..

Il credito, inoltre, deve essere esigibile, ossia non sottoposto a termine o condizione ovvero a qualunque tipo di impedimento. Ad esempio, la sentenza che subordina la condanna al pagamento di una somma di denaro all’adempimento dell’obbligo di consegna o restituzione di una cosa determinata, acquista efficacia di titolo esecutivo solo dopo l’effettiva restituzione o deposito della cosa ex art. 1210 del c.c., non essendo sufficiente la mera offerta della prestazione.
Nell’elencare i titoli esecutivi, la norma distingue tra titoli esecutivi giudiziali (n. 1) e titoli esecutivi stragiudiziali (nn. 2 e 3).

Tra i titoli giudiziali il primo a cui si fa riferimento sono le sentenze (ex art. 282 del c.p.c. sono immediatamente esecutive tutte le sentenze dal momento della loro pubblicazione mediante deposito in cancelleria).

Sono tali le sole sentenze di condanna, ossia quelle che contengono un ordine di compiere una determinata prestazione, mentre non può attribuirsi natura di titolo esecutivo alle sentenze c.d. di mero accertamento o costitutive, le quali non necessitano di attività di attuazione.
Tra i titoli esecutivi giudiziali non possono essere ricompresi i provvedimenti cautelari, con riferimento all'attuazione di quanto essi dispongono.
Infatti, l'art. 669 duodecies del c.p.c. rinvia per la loro esecuzione alle regole dell'espropriazione forzata ovvero dispone che sia lo stesso giudice che ha emesso il provvedimento ad indicare le modalità di attuazione (c.d. esecuzione in via breve).
La stessa cosa vale per i sequestri, espressamente esclusi dall'applicazione dell'art. 669 duodecies del c.p.c., in relazione ai quali l’art. 677 del c.p.c. e l’art. 678 del c.p.c. escludono la necessità del titolo esecutivo, della sua previa notifica e dell'atto di precetto.
In sostanza, nel caso di attuazione delle misure cautelari, si giunge direttamente alla fase esecutiva, senza titolo esecutivo e senza precetto.

Si ritiene opportuno precisare che vi sono sentenze di condanna non idonee a fondare un’esecuzione forzata, e questo è il caso delle pronunce di condanna a prestazioni infungibili, le quali non sono eseguibili nelle forme dell’esecuzione diretta o per sostituzione (il classico esempio è quello della sentenza che condanna il datore di lavoro alla reintegrazione nel posto di lavoro del lavoratore illegittimamente licenziato).

Il n. 2 del secondo comma individua i titoli esecutivi stragiudiziali, definiti tali perché non provengono, come le sentenze, da un’autorità giudiziaria, ma sono di formazione privata e contengono un atto di accertamento del diritto sostanziale.
Sono tali:
  1. le scritture private autenticate: si intendono come tali quegli atti, cartacei o informatici, la cui efficacia esecutiva è limitata alle obbligazioni di somme di denaro in essi contenute, mentre non possono valere come titoli esecutivi per eventuali obblighi di fare e non fare ovvero per azionare un’esecuzione per consegna o rilascio.
In questo caso il precetto deve contenere, ex art. 480 del c.p.c. comma secondo, la trascrizione integrale della scrittura privata (come per l’assegno e la cambiale);
  1. le cambiali e gli altri titoli di credito a cui la legge attribuisce la stessa attribuisce espressamente la stessa efficacia.
Per la loro efficacia esecutiva vengono in considerazione gli artt. 63 l. camb. (R.D. 14.12.1933, n. 1669) e 55 l. ass. (R.D. 21.12.1933, n. 1736).
  1. gli atti ricevuti da notaio o da altro pubblico ufficiale autorizzato dalla legge a riceverli; con l’espressione altro pubblico ufficiale ci si intende riferire al segretario comunale e provinciale ed al console all’estero.
Per tali atti, a seguito delle riforme del 2005, è venuto meno il limite tradizionale alle obbligazioni di pagamento di somme di denaro in essi contenute e, pertanto, essi sono idonei a fondare un'esecuzione per consegna o rilascio; in particolare, un atto pubblico che documenta un contratto di locazione, si ritiene che sia idoneo a fondare l'esecuzione per rilascio dell'immobile alla scadenza fisiologica del rapporto, evitando che si debba fare ricorso al procedimento di convalida di sfratto per finita locazione o di risoluzione ex art. 447 bis del c.p.c..

L’ultimo comma dà conferma del fatto che l’esecuzione forzata per consegna o rilascio può intraprendersi soltanto in forza di un titolo giudiziale e di un atto ricevuto da notaio o altro pubblico ufficiale, con esclusione, dunque, delle scritture private autenticate.

Nell'ambito dei titoli esecutivi stragiudiziali debbono farsi rientrare anche i titoli di formazione amministrativa, tra i quali occorre in particolare individuare la sanzione amministrativa non opposta o, se opposta, non sospesa quanto alla sua esecutività, ai sensi dell'art. 27 della Legge L. 24.11.1981, n. 689.

Massime relative all'art. 474 Codice di procedura civile

Cass. civ. n. 4034/2021

Nel processo di esecuzione forzata, al quale concorrano più creditori, nell'ipotesi in cui il titolo del creditore intervenuto, provvisoriamente sospeso, riacquisti efficacia esecutiva in data anteriore all'approvazione del definitivo progetto di distribuzione, l'effetto preclusivo della partecipazione alla distribuzione delle somme ricavate dalla vendita deve ritenersi limitato alle distribuzioni avvenute "medio tempore", dal momento che l'esigenza di rispetto del principio della "par condicio creditorum" e la necessità di evitare una irragionevole disparità di trattamento rispetto alla posizione del creditore pignorante (per il quale la perdita della provvisoria esecutività del titolo non determina l'inefficacia del pignoramento ma soltanto la sospensione cd. "esterna" del processo esecutivo, in attesa che il titolo sia definitivamente revocato o confermato) impongono di riconoscere la legittimazione dell'interveniente a concorrere alle ulteriori fasi distributive. (Cassa con rinvio, TRIBUNALE ROMA, 10/04/2017).

Cass. civ. n. 3835/2021

In materia di rimborso delle spese c.d. straordinarie sostenute dai genitori per il mantenimento del figlio, occorre in via sostanziale distinguere tra: a) gli esborsi che sono destinati ai suoi bisogni ordinari e che, certi nel loro costante e prevedibile ripetersi, integrano l'assegno di mantenimento e possono essere azionati in forza del titolo originario di condanna adottato in sede di divorzio; b) le spese che, imprevedibili e rilevanti nel loro ammontare, in grado di recidere ogni legame con i caratteri di ordinarietà dell'assegno di contributo al mantenimento, richiedono, per la loro azionabilità l'esercizio di un'autonoma azione di accertamento.

Cass. civ. n. 14601/2020

Nel caso di azione esecutiva intrapresa in forza di un titolo giudiziale provvisoriamente esecutivo, la caducazione dello stesso in epoca successiva alla fruttuosa conclusione dell'esecuzione forzata legittima il debitore che l'abbia subita a promuovere nei confronti del creditore procedente un autonomo giudizio per la ripetizione dell'indebito che, avendo ad oggetto un credito fondato su prova scritta, può assumere le forme del procedimento d'ingiunzione. (Cassa con rinvio, CORTE D'APPELLO ROMA, 05/05/2017).

Cass. civ. n. 6174/2020

Al fine di accertare se un contratto di mutuo possa essere utilizzato quale titolo esecutivo, ai sensi dell'art. 474 c.p.c., occorre verificare, attraverso la sua interpretazione integrata con quanto previsto nell'atto di erogazione e quietanza o di quietanza a saldo ove esistente, se esso contenga pattuizioni volte a trasmettere con immediatezza la disponibilità giuridica della somma mutuata, e che entrambi gli atti, di mutuo ed erogazione, rispettino i requisiti di forma imposti dalla legge. (Rigetta, CORTE D'APPELLO CATANIA, 14/12/2017).

Cass. civ. n. 21768/2019

Il creditore, ancorché munito di un titolo esecutivo giudiziale, può procurarsene un secondo, non esistendo nell'ordinamento alcun divieto assoluto di duplicazione dei titoli, purché l'azione non si sia consumata, ovvero non venga violato il principio del "ne bis in idem", sussista l'interesse ad agire ex art. 100 c.p.c. e, infine, non vi sia abuso del diritto o del processo.

l creditore che sia munito di un titolo esecutivo nei confronti di una società di persone può avere interesse a dotarsi di un secondo titolo esecutivo nei confronti dei soci illimitatamente responsabili, al fine di poter iscrivere ipoteca giudiziale sui beni immobili personali di questi ultimi, non potendo a tal fine avvalersi del titolo ottenuto nei confronti della società.

Cass. civ. n. 5823/2019

In materia di esecuzione forzata, le scritture private autenticate formate anteriormente al primo marzo 2006 - data di entrata in vigore della modifica dell'art. 474 c.p.c. ad opera del d.l. n. 35 del 2005 - hanno efficacia di titolo esecutivo, se poste in esecuzione successivamente a tale data, atteso che la citata novella legislativa, annoverandole tra i titoli esecutivi stragiudiziali, ne ha modificato la sola efficacia processuale, con la conseguenza che, in ossequio al principio "tempus regit actum", ad esse si applica la legge processuale vigente nel momento in cui vengono azionate. (In applicazione del principio, la S.C. ha cassato la sentenza di merito che aveva respinto l'opposizione ex art. 617 c.p.c. avverso l'ordinanza di cui all'art. 512 c.p.c., con la quale il giudice dell'esecuzione aveva escluso dal piano di riparto il credito di una banca in quanto fondato su di una scrittura privata autenticata formata anteriormente all'entrata in vigore della riforma dell'art. 474 c.p.c. ancorché posta in esecuzione successivamente).

Cass. civ. n. 19280/2018

Presupposto del processo di esecuzione civile è l'esistenza di un titolo esecutivo per un diritto certo, liquido ed esigibile, senza che possano venire in considerazione profili cognitori per l'accertamento dell'esistenza di un'obbligazione, con la conseguenza in punto di giurisdizione che il giudizio di opposizione conseguente all'esecuzione di una sentenza di condanna della Corte dei conti, avendo ad oggetto una controversia relativa ad un diritto soggettivo, è soggetto alla giurisdizione del giudice ordinario. (Nella specie la S.C. ha affermato la giurisdizione del giudice ordinario e non quella contabile in relazione al giudizio di opposizione all'esecuzione promosso dagli eredi di un pubblico dipendente condannato per danno erariale, perché la sentenza di condanna non era stata emessa nei loro confronti e mancava il necessario accertamento del loro indebito arricchimento quale presupposto della trasmissibilità del debito).

Cass. civ. n. 14356/2018

Il titolo esecutivo giudiziale, ai sensi dell'art. 474, secondo comma, n. 1, cod. proc. civ., non si esaurisce nel documento giudiziario in cui è consacrato l'obbligo da eseguire, in quanto è consentita l'interpretazione extratestuale del provvedimento sulla base degli elementi ritualmente acquisiti nel processo in cui esso si è formato, purché le relative questioni siano state trattate nel corso dello stesso e possano intendersi come ivi univocamente definite, essendo mancata, piuttosto, la concreta estrinsecazione della soluzione come operata nel dispositivo o perfino nel tenore stesso del titolo. (Nella specie, la S.C. ha dichiarato inammissibile il ricorso avverso la pronuncia di secondo grado che, a fronte di una sentenza contenente la condanna al risarcimento dei danni per illegittima occupazione di un immobile, nonché degli eventuali ulteriori danni da ritardato rilascio dell'immobile medesimo, aveva ritenuto legittimamente instaurato dal creditore il procedimento monitorio finalizzato all'ottenimento della condanna al risarcimento di tale ulteriore voce di danno, sul presupposto che il giudice dell'esecuzione non avrebbe potuto integrare il titolo esecutivo rappresentato dalla sentenza, se non con un'indagine di merito supplementare, volta ad accertare la data di restituzione dell'immobile).

Cass. civ. n. 26567/2016

Il titolo esecutivo giudiziale, ai sensi dell'art. 474, comma 2, n. 1, c.p.c., non si identifica, né si esaurisce, nel documento giudiziario in cui è consacrato l'obbligo da eseguire, essendo consentita l'interpretazione extratestuale del provvedimento, sulla base degli elementi ritualmente acquisiti nel processo in cui esso si è formato, sicché, ove sia in tal modo possibile pervenire alla quantificazione del dovuto, è inammissibile la procedura monitoria se l'esclusione dell'esecuzione diretta è avvenuta sulla base del solo esame del dispositivo della sentenza che ne costituiva il titolo.

Cass. civ. n. 17194/2015

Al fine di accertare se un contratto di mutuo possa essere utilizzato quale titolo esecutivo, ai sensi dell'art. 474 c.p.c., occorre verificare, attraverso la sua interpretazione integrata con quanto previsto nell'atto di erogazione e quietanza o di quietanza a saldo ove esistente, se esso contenga pattuizioni volte a trasmettere con immediatezza la disponibilità giuridica della somma mutuata, e che entrambi gli atti, di mutuo ed erogazione, rispettino i requisiti di forma imposti dalla legge.

Cass. civ. n. 25841/2014

Il creditore ha interesse a proporre azione di condanna al pagamento di una somma di denaro ove non disponga di un titolo esecutivo, senza che rilevi l'atteggiamento - antagonistico o meno - assunto dal debitore. (In applicazione di tale principio, la S.C. ha ritenuto, l'interesse del creditore ad ottenere una pronuncia di condanna del fideiussore all'adempimento della propria obbligazione di garanzia, per il sol fatto della liquidità ed esigibilità della stessa, benché il debitore garante non avesse contestato l'esistenza e l'efficacia dell'obbligazione fideiussoria).

Cass. civ. n. 23159/2014

Il titolo esecutivo giudiziale, ai sensi dell'art. 474, secondo comma, n. 1, cod. proc. civ., non si esaurisce nel documento giudiziario in cui è consacrato l'obbligo da eseguire, in quanto è consentita l'interpretazione extratestuale del provvedimento sulla base degli elementi ritualmente acquisiti nel processo in cui esso si è formato, purché le relative questioni siano state trattate nel corso dello stesso e possano intendersi come ivi univocamente definite, essendo mancata, piuttosto, la concreta estrinsecazione della soluzione come operata nel dispositivo o perfino nel tenore stesso del titolo.

Cass. civ. n. 19738/2014

In tema di esecuzione forzata, l'atto notarile, che contenga l'indicazione degli elementi strutturali essenziali di una obbligazione di somma di denaro (nella specie, generata dal contratto di mutuo ivi documentato), ha valore di titolo esecutivo in quanto dotato di pubblica fede e non in dipendenza dell'efficacia probatoria dell'atto medesimo, sicché è irrilevante la mancanza del timbro di congiuntura tra le pagine dell'atto o di quello attestante la conformità del documento all'originale.

Cass. civ. n. 20052/2013

Qualora il giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo si concluda con una sentenza di parziale accoglimento, recante tuttavia un'autonoma condanna dell'opponente-debitore al pagamento, in favore dell'opposto-creditore, di una somma inferiore a quella oggetto di ingiunzione, il titolo esecutivo è costituito, pur in mancanza di una revoca espressa del decreto ingiuntivo, esclusivamente dalla sentenza di condanna, che costituisce dunque il titolo da notificare, ai sensi dell'art. 479 c.p.c., risultando inapplicabile la norma dell'art. 654 c.p.c. al precetto intimato prima di procedere all'esecuzione forzata.

Cass. civ. n. 16934/2013

Nell'ipotesi di esecuzione fondata su titolo esecutivo costituito da una sentenza di primo grado, la riforma in appello di tale sentenza determina il venir meno del titolo esecutivo, atteso che l'appello ha carattere sostitutivo e pertanto la sentenza di secondo grado è destinata a prendere il posto della sentenza di primo grado; tuttavia, nell'ipotesi in cui la sentenza d'appello sia a sua volta cessata con rinvio, non si ha una reviviscenza della sentenza di primo grado, posto che la sentenza del giudice di rinvio non si sostituisce ad altra precedente pronuncia, riformandola o modificandola, ma statuisce direttamente sulle domande delle parti, con la conseguenza che non sarà mai più possibile procedere in "executivis" sulla base della sentenza di primo grado (riformata della sentenza d'appello cassata con rinvio), potendo una nuova esecuzione fondarsi soltanto, eventualmente, sulla sentenza del giudice di rinvio.

Cass. civ. n. 8576/2013

Un titolo esecutivo giudiziale che, nel dispositivo, si limiti a condannare al pagamento di accessori "dal dì del dovuto", senza altra specificazione e senza espressa o implicita menzione di tale decorrenza nel corpo della motivazione, in quanto tautologico ed irrimediabilmente illegittimo per indeterminabilità dell'oggetto, viene meno alla sua funzione di identificazione compiuta e fruibile - cioè specifica e determinata, ovvero almeno idoneamente determinabile - dell'esatta ragione del beneficiario della condanna e dell'oggetto di questa.

Cass. civ. n. 11066/2012

Il titolo esecutivo giudiziale, ai sensi dell'art. 474, secondo comma, n. 1, c.p.c., non si identifica, né si esaurisce, nel documento giudiziario in cui è consacrato l'obbligo da eseguire, essendo consentita l'interpretazione extratestuale del provvedimento, sulla base degli elementi ritualmente acquisiti nel processo in cui esso si è formato. Ne consegue che il giudice dell'opposizione all'esecuzione non può dichiarare d'ufficio la illiquidità del credito, portato dalla sentenza fatta valere come titolo esecutivo, senza invitare le parti a discutere la questione e a integrare le difese, anche sul piano probatorio.

Cass. civ. n. 10875/2012

Il titolo esecutivo, in quanto condizione necessaria del processo esecutivo, deve esistere nel momento in cui questa è minacciata con la notificazione dell'atto di precetto ed in cui è iniziata con l'introduzione del processo esecutivo; non si può formare successivamente e deve permanere per tutta la durata dell'esecuzione. (In applicazione di questo principio, la S.C. ha escluso che potesse ritenersi validamente intimato il precetto al rilascio di un immobile sulla base di una sentenza priva di alcuna statuizione di condanna, anche implicita, solo perché integrata dalla sentenza di appello la quale conteneva nel dispositivo una pronuncia di condanna a consegnare il bene).

Cass. civ. n. 9287/2012

Una sentenza d'appello che, riformando quella di primo grado, faccia per ciò sorgere il diritto alla restituzione degli importi pagati in esecuzione di questa, non costituisce titolo esecutivo se non contenga una espressa statuizione di condanna in tal senso.

Cass. civ. n. 6072/2012

In tema di esecuzione forzata, allorché l'esecuzione sia iniziata in base a titolo esecutivo giudiziale non definitivo, cui segua la pronunzia, nello sviluppo dello stesso processo in cui il primo si è formato, di altro titolo, il quale modifichi quantitativamente l'entità del credito riconosciuto nel titolo originario, persiste in favore del creditore, con effetto "ex tunc", un valido titolo esecutivo, in ragione dell'effetto integralmente sostitutivo dei titoli esecutivi resi a cognizione piena rispetto a quelli anticipatori e di quelli di merito di secondo grado rispetto a quelli di primo, sempre che tale sostituzione o modifica del titolo sia portata a conoscenza del giudice dell'esecuzione. Ne consegue che, in ipotesi di ordinanza emessa, ai sensi dell'art. 24 della legge 24 dicembre 1969, n. 990, per un determinato importo, cui sia subentrata dapprima una sentenza di condanna di primo grado per un importo maggiore e poi una sentenza di condanna in appello per un importo pari alla metà di quello riconosciuto nel grado precedente, stante la natura anticipatoria del primo provvedimento in funzione della successiva pronuncia a cognizione piena, nonché la normale retrodatazione degli effetti dell'accoglimento della domanda, l'ultima sentenza si sostituisce con efficacia "ex tunc" all'ordinanza iniziale, identici essendo i fatti costitutivi accertati e mutando esclusivamente la quantificazione della pretesa.

Cass. civ. n. 15395/2010

La sentenza che subordina la condanna al pagamento di una somma di denaro all'adempimento dell'obbligo di consegna o di restituzione di una cosa determinata acquista efficacia di titolo esecutivo solo dopo l'effettiva restituzione o il deposito della cosa, ai sensi dell'art. 1210 c.c., non essendo sufficiente la mera offerta della prestazione, che, a norma dell'art. 1209 c.c., produce solo l'effetto di mettere in mora il creditore senza liberare il debitore dall'obbligazione.

Cass. civ. n. 8067/2009

La sentenza di condanna dell'INPS al pagamento, in favore del creditore, di una prestazione, quale le differenze spettanti a titolo di indennità di disoccupazione, costituisce valido titolo esecutivo, che non richiede ulteriori interventi del giudice diretti all'esatta quantificazione del credito, solo se tale credito risulti da operazioni meramente aritmetiche eseguibili sulla base dei dati contenuti nella sentenza; se, invece, dalla medesima sentenza di condanna non risulta (come nella specie) il numero delle giornate non lavorate nelle quali sia maturata l'indennità giornaliera, così da rendersi necessari per la determinazione esatta dell'importo elementi estranei al giudizio concluso e non predeterminati per legge, la sentenza non costituisce idoneo titolo esecutivo ma è utilizzabile solo come idonea prova scritta per ottenerlo nei confronti del debitore in un successivo giudizio.

Cass. civ. n. 7537/2009

La sentenza di appello si sostituisce alla sentenza impugnata nei casi di conferma o di riforma in cui ha per oggetto il contenuto della pretesa sostanziale dedotta in giudizio e non l'operato del giudice, con la conseguenza che, in tali casi, il titolo esecutivo da notificare per promuovere l'esecuzione forzata è costituito dalla stessa sentenza di secondo grado.

Cass. civ. n. 1040/2009

La sentenza di condanna pronunciata in un processo tra il creditore della società ed una società di persone costituisce titolo esecutivo anche contro il socio illimitatamente responsabile, in quanto dall'esistenza dell'obbligazione sociale deriva necessariamente la responsabilità del socio e, quindi, ricorre una situazione non diversa da quella che, secondo l'art. 477 cod. proc. civ., consente di porre in esecuzione il titolo in confronto di soggetti diversi dalla persona contro cui è stato formato.

Cass. civ. n. 25568/2008

L'inosservanza del dovere di non rilasciare in forma esecutiva più di una sola copia del titolo per la esecuzione forzata, che importa a carico del funzionario responsabile una pena pecuniaria, costituisce una semplice irregolarità della esecuzione che è fine a se stessa e non incide, pertanto, né sulla efficacia del titolo esecutivo, nè sulla validità della relativa esecuzione. (Nella specie, la S.C., enunciando l'anzidetto principio, ha confermato la sentenza di merito che aveva respinto l'opposizione agli atti esecutivi promossa in ragione della dedotta illegittimità dell'esecuzione in quanto iniziata sulla base di una seconda copia esecutiva rilasciata dal cancelliere senza l'autorizzazione del capo dell'ufficio).

Cass. civ. n. 25003/2008

Il titolo esecutivo formatosi nei confronti di ditta individuale comporta che, per questa, debba ritenersi evocata in giudizio (e conseguentemente rispondere in sede esecutiva ) la persona fisica che ne risulti attualmente titolare (ovvero, come nella specie, gli eredi, in caso di sua morte intervenuta medio tempore ), senza che rilevi la circostanza che il titolare della ditta sia anche l'amministratore di altra società, trattandosi di soggetto giuridico del tutto estraneo al giudizio sia di cognizione, che di esecuzione.

Cass. civ. n. 14737/2006

In tema di formazione del titolo esecutivo, la duplicazione di titoli giudiziali, consacranti lo stesso diritto, non è di regola consentita, ma è tuttavia ammessa ove il secondo titolo assicuri una tutela più piena. (Nella specie, la S.C. ha affermato che il C.T.U. che abbia ottenuto la pronuncia del decreto di liquidazione dell'onorario può agire in sede monitoria, poiché il decreto ingiuntivo, diversamente dal primo provvedimento, consente l'iscrizione di ipoteca giudiziale).

Cass. civ. n. 12364/2006

Nell'ipotesi di esecuzione fondata su titolo esecutivo costituito da una sentenza di secondo grado, la riforma di tale sentenza da parte della Corte di cassazione, che demandi al giudice di rinvio una nuova valutazione dei rapporti di dare ed avere tra le parti, potendo condurre all'affermazione di un credito dell'una o dell'altra, determina il venir meno del titolo esecutivo, cosicché una eventuale decisione di detto giudice del rinvio costituisce un nuovo titolo esecutivo. (Nella specie la S.C. ha confermato la sentenza di merito che aveva dichiarato l'estinzione della prima procedura esecutiva).

Cass. civ. n. 14096/2005

In pendenza del processo esecutivo, la successione a titolo particolare nel diritto del creditore procedente, in virtù del principio stabilito dall'art. 111 c.p.c., dettato per il giudizio contenzioso ma applicabile anche al processo esecutivo, comporta che il titolo esecutivo spiega la sua efficacia in favore del titolare del credito e di tutti i suoi successori, siano essi a titolo universale o a titolo particolare. Pertanto, il successore nel titolo fatto valere quale titolo esecutivo, come non ha l'obbligo di dimostrare neppure documentalmente la sua posizione al soggetto che deve spedire il titolo in forma esecutiva (art. 475 c.p.c.), allo stesso modo non deve farlo fuori di questa situazione, quando il debitore non contesti questa qualità attraverso un giudizio di accertamento negativo in sede di opposizione all'esecuzione. (Nella specie il debitore aveva proposto eccezione di inammissibilità del reclamo avverso l'ordinanza di estinzione del processo esecutivo, senza contestare la successione tra creditori).

Cass. civ. n. 11769/2002

L'esecuzione forzata può iniziare solo in presenza di un titolo esecutivo valido ed efficace, e deve arrestarsi qualora venga accertato che il titolo inizialmente mancava, a nulla rilevando che il titolo sia venuto ad esistenza successivamente; ne consegue che il giudice dell'esecuzione deve dichiarare l'improcedibilità del procedimento esecutivo, se da lui o dal giudice della cognizione a seguito di opposizione venga accertato che il titolo non era esecutivo, ovvero se il provvedimento giurisdizionale fatto valere come titolo è annullato nel corso dei giudizi proposti per la sua impugnazione.

Cass. civ. n. 5290/1998

L'emissione del certificato di credito di cui agli artt. 44 e 45 del R.D. n. 272 del 1913 da parte del Comitato degli agenti di cambio (certificato emesso a seguito del ricorso a detto Comitato da parte dello stipulante un contratto di borsa — con l'assistenza di un agente di cambio — in caso di inadempimento della controparte e di conseguente liquidazione coattiva delle operazioni) non integra, in alcun modo, gli estremi di una pronuncia giurisdizionale, e non è assimilabile ad alcuno dei possibili titoli esecutivi giudiziari, attesa la natura squisitamente amministrativa del certificato de quo, conseguente, tra l'altro, alla natura strettamente amministrativa dell'organo che lo emana. Il rimedio giudiziario previsto per l'impugnazione di tale certificato (che può esser fatto valere come titolo esecutivo, ex artt. 63-65 R.D. 1669 del 1933 e 474 c.p.c.) non è, pertanto, quello dell'opposizione a decreto ingiuntivo (potendo, al più, il certificato stesso costituire una delle prove scritte idonee alla concessione di un decreto ingiuntivo provvisoriamente esecutivo eventualmente richiesto dalla parte in possesso del detto atto amministrativo), bensì quello dell'opposizione a precetto cambiario.

Cass. civ. n. 8221/1996

La legittimità dell'esecuzione forzata è data non dalla semplice esistenza del titolo esecutivo, ma dal collegamento del titolo con una determinata situazione di fatto, ossia dalla permanenza e dall'attualità dell'ordine contenuto nel titolo. Pertanto, verificata l'attuazione della pretesa, l'assoggettamento del responsabile a tenere il comportamento richiesto si estingue ed il titolo esecutivo si svuota di ogni suo contenuto con la conseguenza che il predetto titolo non può essere più utilizzato per sanzionare nuovi comportamenti lesivi della posizione del creditore, ancorché della stessa specie del comportamento precedente.

Cass. civ. n. 4818/1994

La sentenza che subordina la condanna di pagamento ad una somma di denaro all'adempimento dell'obbligo di restituzione di una cosa determinata acquista efficacia di titolo esecutivo solo dopo l'effettiva restituzione o il deposito della cosa, ai sensi dell'art. 1210 c.c., non essendo sufficiente la mera offerta della prestazione, che, a norma dell'art. 1209 c.c., produce solo l'effetto di mettere in mora il creditore senza liberare il debitore dall'obbligazione.

Cass. civ. n. 477/1983

Il contratto condizionato di finanziamento, non documentando l'esistenza di un diritto di credito, nel soggetto finanziatore, dotato del requisito della certezza, è inidoneo, pur se stipulato con atto pubblico notarile, ad assumere efficacia di titolo esecutivo ai fini della restituzione coattiva delle somme promesse (se è nella misura della relativa erogazione), sia nei riguardi del beneficiario del finanziamento, sia nei confronti del fideiussore (ex art. 1938 c.c.) dello stesso, abilitato, tra l'altro, ad opporre tutte le eccezioni spettanti al debitore principale (art. 1945 c.c.).

Cass. civ. n. 2561/1982

Le copie autentiche di titoli di credito sottoposti a sequestro penale, che siano state rilasciate a norma dell'art. 343 c.p.p., hanno la stessa efficacia di titolo esecutivo propria dei documenti originali, e rendono possibile al possessore l'esercizio dei diritti che trovano fondamento nei negozi documentati dalle copie stesse.

Cass. civ. n. 4696/1980

Ai fini dell'esecuzione forzata in base a un titolo di credito, l'originale di tale documento è indispensabile ed insostituibile, salvo l'ammortamento, e pertanto, tranne l'ipotesi, di natura eccezionale, in cui si tratti di copia autentica rilasciata, ai sensi dell'art. 343 c.p.p., dopo il sequestro penale del titolo di credito, non è possibile procedere esecutivamente in base ad una copia autentica anziché all'originale, con la conseguenza che la deduzione dell'inidoneità come titolo esecutivo della copia autentica di un titolo di credito rilasciata prima del sequestro penale configura un'opposizione all'esecuzione, vertendosi nell'ambito di una controversia circa il diritto di promuovere l'esecuzione forzata per inesistenza, invalidità, inefficacia del titolo esecutivo.

Cass. civ. n. 4013/1980

Il principio secondo cui, nello stabilire l'idoneità dell'immobile posto a disposizione del conduttore in sostituzione di quello locato, occorre aver riguardo alle condizioni di fatto esistenti al momento della decisione, non legittima il rigetto della domanda quando, in base alle opere di adattamento, da compiere a cura del locatore, resti accertata l'idoneità dell'alloggio. In tale ipotesi, il giudice ben può, con sentenza cosiddetta condizionale, subordinare l'efficacia della sua pronuncia a determinate modificazioni dell'immobile offerto, tali da renderlo idoneo alle esigenze del conduttore, con la conseguenza che la predetta idoneità va riguardata non con riferimento al momento della domanda o della decisione, ma con riferimento al momento nel quale l'immobile dovrà essere occupato dal conduttore.

Cass. civ. n. 6239/1979

Le cosiddette sentenze condizionali, cioè le sentenze nelle quali l'efficacia della pronunzia di condanna è subordinata al verificarsi di un evento determinato, ma futuro e incerto, o al sopravvenire di un termine o al preventivo adempimento di una controprestazione non pongono in essere una condanna da valere per il futuro, ma accertano l'esistenza attuale dell'obbligo di eseguire una determinata prestazione e il condizionamento parimenti attuale di tale obbligo al verificarsi di una circostanza, il cui avveramento, pur presentatosi differito e incerto, non richieda per il suo accertamento, altra indagine all'infuori di quella, da eseguirsi in sede esecutiva, diretta a stabilire se la detta circostanza si sia o non verificata. Conseguentemente, verificatosi l'evento cui è subordinata la condanna, questa acquista l'efficacia di titolo esecutivo per un diritto certo, liquido ed esigibile, ai sensi dell'art. 474 c.p.c. (Nella specie, si è ritenuto che costituisca titolo esecutivo la sentenza di condanna, la cui efficacia sia subordinata alla mera constatazione della omessa esecuzione di una costruzione nel termine stabilito).

Cass. civ. n. 6228/1979

L'indicazione di un termine per l'adempimento non è un elemento strutturale necessario dell'obbligazione, come si evince dagli artt. 1183, 1331, 1817 c.c. Conseguentemente, l'atto ricevuto da un notaio, o da altro pubblico ufficiale autorizzato dalla legge, non perde la sua qualità di titolo esecutivo relativamente alla obbligazione di somma di denaro in esso contenuta qualora le parti non abbiano fissato un termine per l'adempimento ovvero abbiano prorogato il termine originario con un accordo non documentato da un atto che rivesta la stessa forma pubblica. In tal caso, promossa l'azione esecutiva, il debitore non può proporre opposizione alla esecuzione per la mancanza o la pretesa cessazione della qualità di titolo esecutivo dell'atto notarile posto a fondamento della esecuzione, bensì per dedurre che l'azione esecutiva non era esercitabile alla data della notificazione del titolo esecutivo, giacché in tal caso era inesigibile il credito a causa della mancata scadenza del termine convenuto tra le parti.

Cass. civ. n. 4293/1979

Il contratto condizionato di mutuo alberghiero o fondiario non documenta l'esistenza attuale di obbligazioni di somme di denaro ancorché consenta l'erogazione di acconti con il sistema dei versamenti rateali durante il corso dei lavori edilizi, ma riguarda debiti pecuniari meramente eventuali e futuri. Detto contratto, pertanto, pur se stipulato con atto pubblico notarile (per gli effetti che è destinato a produrre in ordine alla costituzione della garanzia ipotecaria), non può essere utilizzato come titolo esecutivo dalla banca mutuante, la quale, anziché avvalersi della particolare procedura coattiva prevista dalla L. 29 luglio 1949, n. 474, intenda procedere ad espropriazione forzata per la restituzione delle somme erogate, atteso che difetta dei requisiti previsti dall'art. 474, secondo comma n. 3 c.p.c. Né il contratto medesimo può assumere valore di titolo esecutivo, per effetto della sua integrazione con le quietanze dei versamenti fatti al mutuatario e degli estratti dei libri contabili dell'istituto mutuante, trattandosi di atti non formalmente omogenei con esso, in quanto manca il ricevimento da parte di notaio della dichiarazione negoziale costitutiva di debiti pecuniari.

Cass. civ. n. 433/1978

Il titolo esecutivo, costituito dalla sentenza di rilascio di un fondo e condizionato al distacco dello stesso da un'area più vasta appartenente ad una pluralità di proprietari, non può essere eseguito prima dell'avverarsi della condizione, ossia dello scioglimento della comunione relativamente al fondo da distaccare e da rilasciare. Questo scioglimento, incidendo su diritti reali di terzi estranei alla sentenza, può verificarsi solo per accordo di tutti i proprietari, ovvero per pronuncia giudiziale, ma non per atto unilaterale del creditore che agisce con l'esecuzione per rilascio, spettantegli quale affittuario del fondo, e che pretenda di operare da solo il distacco della porzione su cui vanta diritti.

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Consulenze legali
relative all'articolo 474 Codice di procedura civile

Seguono tutti i quesiti posti dagli utenti del sito che hanno ricevuto una risposta da parte della redazione giuridica di Brocardi.it usufruendo del servizio di consulenza legale. Si precisa che l'elenco non è completo, poiché non risultano pubblicati i pareri legali resi a tutti quei clienti che, per varie ragioni, hanno espressamente richiesto la riservatezza.

Gaetano P. chiede
martedì 16/05/2017 - Basilicata
“La presente segue un mio quesito dell' 11/05/2015: allora sulla Successione e ora sulla Mediazione obbligatoria.
Sono erede unico di mia sorella che a sua volta è erede di suo marito il quale ha 10 eredi tra fratelli e nipoti. Questi si rifiutavano di presentare la dichiarazione di successione e sono stato costretto a chiamarli in mediazione il 20/08/2015.
Si sono costituiti:
-il fratello del de cuius al quale diamo il nome A);
-il figlio di A) con procura dei nipoti del de cuius. Nipoti che abitano lontano. Al figlio di A) diamo il nome B);
-il genero di A) con procura dei fratelli del de cuius, anche loro in comuni lontani. Al genero di A) diamo il nome C).
Tutti e tre A), B), C) risiedono in loco, dove sono gli immobili caduti in successione. Mentre io risiedo in un altro comune.
Un anno fa il 09/05/2016 firmavamo l'Accordo.
Il 22/06/2016 A) presentava la dichiarazione di successione sostitutiva a quella parziale presentata da me l'anno precedente.
L' 08/09/2016 la voltura.
In precedenza l' INPS mi aveva liquidato la quota parte a me spettante dell'accompagnamento del de cuius.
A fine novembre 2016 svincolavamo i titoli postali. Li versavamo su un Libretto Postale intestato a me e ad A) c.f.r.
Affidiamo questo libretto alla Mediatrice in attesa della firma dal Notaio come concordato.
Ora il Notaio sta raccogliendo i documenti e a breve dovremmo firmare l'ATTO di trascrizione della Mediazione.
Pertanto mi preparavo a trasferire i mobili con la biancheria di mia sorella dall'abitazione che dovrà essere assegnata a loro (fratelli e nipoti del de cuius) a quella destinata a me; ma A) e C) si oppongono. Vogliono che il trasloco avvenga dopo la firma dal Notaio. Vogliono il rimborso di lavori effettuati, dicono, negli immobili a me destinati di cui non ne sono a conoscenza né risultano nell'accordo né nella successione.
Inoltre mi dicono che l' INPS non ha ancora liquidato loro la quota parte dell'accompagnamento, che secondo accordo dovrebbe essere consegnata a me.
Quali sono le procedure ? Come devo comportarmi ?
Penso che tutto si dovrebbe concludere davanti al Notaio, con la consegna delle chiavi e una dichiarazione di ciascuno che gli immobili sono liberi da cose e persone.
Posticipare il trasferimento dei mobili alla firma dell'ATTO dal Notaio mi esporrebbe a ricatti e a nuove richieste ad esempio di presunte migliorie, in particolare da parte di C) che pur non essendo erede usa e chiude la sua auto in uno dei locali a me assegnato. Inoltre già ora pretendono di precludermi l'accesso ai locali a loro destinati, dove sono i mobili di mia sorella da trasferire.
Penso che potrebbe essere utile inviare ai tre A), B) e C), al loro avvocato, alla Mediatrice e forse anche al Notaio una raccomandata con la richiesta di concordare il trasferimento dei mobili e il loro contenuto prima della sottoscrizione dell'ATTO di Trascrizione, di inserire nell' ATTO la consegna delle chiavi degli immobili e la dichiarazione che sono liberi da cose e persone, ponendo un termine, oltre il quale, se respinta, poter chiedere al Giudice l'esecuzione dell'Accordo sottoscritto, oppure affidare al Giudice lo scioglimento della comunione con il sequestro di tutti i beni mobili e immobili.
Allego in copia:
1)Richiesta di Mediazione; 2)Verbale finale di Mediazione; 3)Accordo; 4)Le procure; 5)Successione; 6)Rendite catastali; 7)Libretto postale.
Grazie, distinti saluti.”
Consulenza legale i 02/06/2017
Al fine di meglio individuare quale possa essere il percorso più celere per soddisfare i propri interessi, si ritiene indispensabile condurre un breve esame volto ad individuare i presupposti, la natura e gli effetti dell’accordo conciliativo sottoscritto.

Il dato normativo da cui occorre partire è l’art. 11 del D.lgs. 28/2010 il quale, nel rappresentare l’esito positivo della mediazione, dispone che, se viene raggiunto un accordo amichevole, il mediatore forma il relativo processo verbale al quale è allegato il testo dell'accordo medesimo.
Il processo verbale deve essere sottoscritto dalle parti e dal mediatore, il quale certifica l'autografia della sottoscrizione delle parti o la loro eventuale impossibilità di sottoscrivere.

Fermandoci per il momento a questa prima parte della norma, come può ben notarsi si opera una chiara e netta distinzione tra accordo e verbale, atti tra loro separati sia sul piano formale-documentale che su quello della relativa paternità (l’accordo fa capo alle parti, il verbale invece è atto proprio del mediatore).
La differente natura tra accordo conciliativo e verbale è confermata dal fatto che, mentre l’accordo è sottoscritto dalle sole parti, il verbale deve essere sottoscritto dalle parti e dal mediatore, il quale ha il compito di certificare l'autografia della sottoscrizione delle parti o la loro impossibilità di sottoscrivere (così art. 11 comma 2 d.lgs. cit.).
Tra l’uno e l’altro vi è tuttavia un rapporto di complementarietà, nel senso che al verbale deve essere allegato l’accordo (di cui fa parte integrante).

Dal fatto poi che per consentire la trascrizione del verbale si renda necessaria una specifica autenticazione ad opera di un pubblico ufficiale, si può desumere che al mediatore può soltanto attribuirsi il compito di verificare l’identità delle parti ed accertare che la sottoscrizione sia apposta alla sua presenza (il che è altro rispetto al potere di autenticazione tipico del pubblico ufficiale).

Altra questione che qui ci interessa, connessa a quella delle sottoscrizioni del verbale, è quella di stabilire se e quando il verbale di conciliazione venga ad esistenza.
Ora, a fronte di chi ritiene che il verbale viene a giuridica esistenza con la sottoscrizione di tutte le parti (sicché i suoi effetti decorrono dal momento in cui sono integrate tutte le sottoscrizioni), vi è chi nega tale tesi, sul presupposto che si tratta di atto del mediatore, ritenendo indispensabile la sua sola sottoscrizione ai fini della esistenza.
Si ritiene senza dubbio preferibile la soluzione più rigida, la quale impone ai fini della sua esistenza la sottoscrizione del verbale ad opera di tutti i soggetti, parti e mediatore.

Proseguendo nella lettura dell’art. 11 comma 3 del D.lgs. 28/2010, si legge che, qualora con l'accordo le parti concludono uno dei contratti o compiono uno degli atti previsti dall'articolo 2643 c.c., per procedere alla sua trascrizione la sottoscrizione del processo verbale deve essere autenticata da un pubblico ufficiale a ciò autorizzato.
La disposizione ha lo scopo di corredare il verbale della solennità necessaria per l’acquisizione dell’efficacia di titolo idoneo alla trascrizione (in un sistema in cui il regime delle trascrizioni è assoggettato a rigide regole di tassatività).

Per quanto concerne gli atti soggetti a trascrizione, la disposizione richiama solo quelli previsti dall’art. 2643 c.c., ma non sussiste alcun ostacolo nel ritenere che la medesima disciplina vada estesa a tutti gli altri atti soggetti a trascrizione (ci si intende riferire a quelli di cui agli artt. 2645, 2645 bis, 2645 ter, 2647, 2648, 2649 c.c.).
Si ritiene indispensabile precisare che la trascrivibilità del verbale di accordo agisce sul piano della integrazione degli effetti nei confronti dei terzi (e non sul piano della efficacia di tale accordo tra le parti), consentendo di riconoscere una importante garanzia al risultato conciliativo ai fini della sua opponibilità ai terzi, ciò che lo avvicina alle corrispondenti garanzie della sentenza.

Dal punto di vista contenutistico, va detto che l’accordo tra le parti può avere qualsiasi contenuto, in conformità alla atipicità della autonomia contrattuale ex art. 1322 c.c. (con il solo limite dell’ordine pubblico e delle norme imperative), e che al mediatore spetta il solo compito di verificare che quanto le parti hanno dichiarato nell’accordo corrisponde effettivamente alle volontà da loro espresse nella fase negoziale.

Ma veniamo adesso all’aspetto più rilevante della procedura di mediazione.
Al fine di attribuire utilità concreta all’accordo conciliativo, l’art. 12 del d.lgs. n. 28 cit. assicura ad esso l’efficacia di titolo esecutivo nelle forme più estese, stabilendo che, allorché tutte le parti aderenti alla mediazione siano assistite da un avvocato, l'accordo che sia stato sottoscritto dalle parti e dagli stessi avvocati costituisce titolo esecutivo per l'espropriazione forzata, l'esecuzione per consegna e rilascio, l'esecuzione degli obblighi di fare e non fare, nonché per l'iscrizione di ipoteca giudiziale.
Saranno gli avvocati, con la loro sottoscrizione, ad attestare e certificare la conformità dell'accordo alle norme imperative e all'ordine pubblico.
Soltanto nel caso in cui difetti la sottoscrizione dei procuratori delle parti, continuerà a rendersi necessario che l'accordo allegato al verbale venga omologato, su istanza di parte, con decreto del presidente del Tribunale, previo accertamento della regolarità formale e del rispetto delle norme imperative e dell'ordine pubblico.

L’esigenza di una simile previsione nasce dal fatto che, seppure l’accordo che conduce alla cessazione della lite abbia origine in un contesto volontaristico, nulla garantisce che l’adempimento sarà spontaneo, non potendosi escludere l’esigenza di strumenti di esecuzione coattiva.
Ciò spiega la scelta legislativa di corredare l’accordo della forza esecutiva, onde evitare gli inconvenienti che potrebbero presentarsi ogni qualvolta l’atto di componimento della lite contenga l’obbligo ad effettuare una prestazione che resti inadempiuta (in mancanza di una tale previsione, gli aventi diritto avrebbero avuto l’onere di attivare, per l’ipotesi dell’inadempienza della parte obbligata, un nuovo e diverso procedimento giurisdizionale, volto al conseguimento di un titolo esecutivo).

Da sottolineare che il verbale di accordo è dotato di una efficacia ulteriore rispetto a quella propria di qualsiasi titolo negoziale stragiudiziale (scrittura privata autenticata), costituendo esso titolo non solo per l’espropriazione forzata, ma anche per l’esecuzione in forma specifica (art. 12 comma 2 d.lgs. cit.).

Applicando adesso i principi teorici sopra enunciati al caso di specie, si può innanzitutto osservare che accordo conciliativo e verbale, redatti entrambi in data 9 maggio 2016, soddisfano in ogni loro parte i requisiti prescritti dagli artt. 11 e 12 del D.lgs. 28/2010, essendo stato l’accordo sottoscritto da tutte le parti interessate e, pertanto, avendo dal momento della sottoscrizione acquistato piena validità ed efficacia tra le parti stesse.

Inoltre, il fatto che il verbale sia stato sottoscritto alla presenza dei rispettivi difensori delle parti contrapposte, vale ad attribuire immediata efficacia esecutiva all’accordo conciliativo (senza necessità dell’omologa giudiziale), il che significa che si potrà immediatamente pretendere, per quel che ci interessa, la consegna dei mobili in favore della parte a cui sono stati assegnati in sede di divisione consacrata nell’accordo.

Dal punto di vista pratico, dopo una preventiva e non indispensabile diffida alla consegna di tali beni (da far pervenire all’altra parte a mezzo raccomandata r/r), sarà sufficiente, a mezzo di un legale, intimare precetto alla consegna dei suddetti beni, da far notificare a mezzo ufficiale giudiziario.
Trascorso inutilmente il termine (non inferiore a 10 gg.) contenuto nell’atto di precetto, ci si potrà recare nuovamente dall’ufficiale giudiziario territorialmente competente (ossia quello addetto al Tribunale del luogo in cui i beni mobili devono essere consegnati) e, muniti di verbale di conciliazione e precetto, entrambi regolarmente notificati, chiedere la consegna coattiva dei beni mobili.

L’unica differenza rispetto all’esecuzione di una sentenza sta nel fatto che l'accordo conciliativo deve essere integralmente trascritto nel precetto ai sensi dell'articolo 480, secondo comma, del codice di procedura civile.

Per fare tutto ciò non occorre assolutamente attendere la trascrizione dell’accordo ad opera del notaio, rispondendo tale onere soltanto alla necessità di rendere l’accordo opponibile ai terzi per la sola parte in cui debbano prodursi gli effetti dell’art. 2643 c.c. (ossia per il trasferimento del diritto di proprietà sugli immobili), essendo tuttavia l’accordo da intendersi sin da subito pienamente valido ed efficace tra le parti.
Data la sua immediata esecutività, dunque, non avrebbe alcun senso rivolgersi ad un Giudice per chiedere lo scioglimento della comunione ereditaria, trattandosi di un effetto già conseguito, né tantomeno sarebbe opportuno perdersi in una procedura di sequestro giudiziario, avendosi pieno titolo per conseguire immediatamente ciò che è stato assegnato in sede di mediazione.

Per quanto riguarda le utenze, non essendovi alcun RID (addebito diretto in conto), e non risultando intestate a proprio nome, si consiglia di recarsi presso i rispettivi gestori per chiedere semplicemente il cambio di recapito delle bollette.
Qualora poi vi sia il fondato timore che tali bollette resteranno insolute, al fine di evitare di risponderne solidalmente, può chiedersi l’immediata cessazione delle utenze.

Ultimo aspetto che va affrontato è quello della verbalizzazione delle consegna delle chiavi degli immobili e della attestazione che gli stessi sono liberi da beni mobili, dichiarazioni che si vorrebbe inserire in atto notarile.
A tale scopo si ritiene sufficiente una semplice scrittura privata tra le parti, trattandosi di dichiarazioni che esulano dalla funzione che il notaio è chiamato a svolgere in questa sede, il quale dovrà unicamente autenticare le firme dell’accordo di mediazione, onde consentire che tale accordo abbia i requisiti per essere trascritto presso la competente Conservatoria dei Registri immobiliari e che possano così effettuarsi le relative volture catastali.


Lanfranco B. chiede
domenica 14/06/2015 - Lazio
“Allo Stato ex art. 586 c.c., in assenza di eredi, è stato devoluto, con provvedimento giudiziale, un bene gravato da ipoteca a garanzia di un mutuo concesso da una banca al de cuius. Quale iter deve seguire la banca per ottenere il pagamento del debito ereditario, se pure entro i limiti del valore del bene devoluto? A chi deve rivolgersi e con quali formalità? Il titolo esecutivo per una eventuale azione è costituito dall'originario contratto di mutuo munito di formula esecutiva?”
Consulenza legale i 17/06/2015
La banca che ha già iscritto il mutuo sull'immobile, a prescindere da chi ne sia oggi proprietario, ha la possibilità di avviare immediatamente il procedimento di espropriazione del bene.

L'ipoteca è, infatti, il diritto reale di garanzia che attribuisce al creditore il potere di espropriare il bene e di essere soddisfatto con preferenza sul prezzo ricavato dall'espropriazione.

Lo Stato, quale erede necessario, risponde dei debiti nei limiti di quanto ricevuto, anche in assenza di inventario (art. 586, secondo comma, c.c.). Si ritiene generalmente che il pagamento dei debiti ereditari debba avvenire secondo le modalità di cui agli art. 498 ss. del c.c., cioè mediante una liquidazione concorsuale di tutti i debitori, con la sospensione della possibilità di promuovere procedure esecutive per i creditori dell'eredità.

Nel caso di specie, tuttavia, il debitore ha un titolo di prelazione, dato dall'ipoteca, quindi ha diritto di agire immediatamente in via esecutiva.

Il procedimento, a grandi linee, è il seguente.
L'esecuzione sui beni immobili gravati da ipoteca si svolge secondo le regole generali dettate per la esecuzione immobiliare (artt. 555-598 c.p.c.).
Il primo atto da notificare è il pignoramento immobiliare, con esibizione all'ufficiale giudiziario del titolo esecutivo, che nel caso di mutuo ipotecario è normalmente rappresentato dallo stesso contratto di mutuo (stipulato in forma di atto pubblico, integrante pertanto i requisiti richiesti dal codice di procedura civile, art. 474 n. 3, c.p.c.).
Non è necessario che il contratto sia munito di formula esecutiva, visto che è la legge stessa ad attribuire in base ad esso il diritto di procedere immediatamente in via coercitiva.

Quindi, su richiesta del creditore, l’ufficiale giudiziario provvederà a notificare al debitore (lo Stato) l’atto di pignoramento, con il quale gli ordina di astenersi da qualunque azione diretta a sottrarre alla garanzia del credito il bene immobile sul quale è stata iscritta l’ipoteca.
L’immobile deve essere individuato in maniera esatta, di regola mediante gli estremi catastali.

Seguirà tutta l'ordinaria procedura espropriativa immobiliare, con il deposito di tutti i documenti richiesti per legge (v. in particolare, l'istanza di vendita art. 567 del c.p.c.) e la fissazione dell'udienza in cui la vendita sarà autorizzata (art. 569 del c.p.c.).
Il giudice disporrà quindi la vendita senza incanto - mediante offerte da parte degli aspiranti acquirenti - e, se questa va deserta, la vendita all'incanto.

Durante tutta la procedura esecutiva sarà necessaria l'assistenza e la rappresentanza di un avvocato.

Marco chiede
lunedì 09/09/2013 - Trentino-Alto Adige
“Buongiorno, avrei una domanda circa la pronuncia di primo grado nella quale il giudice scrive: "dichiara la risoluzione per inadempimento del contratto di compravendita intervenuta tra le parti".
Vorrei chiedere se tale sentenza di primo grado è esecutiva e, in caso affermativo, come ci si deve comportare per renderla esecutiva.

Grazie”
Consulenza legale i 13/09/2013
Ai sensi dell’art. 282 del c.p.c. la sentenza di primo grado è provvisoriamente esecutiva tra le parti. Questo significa che l’efficacia esecutiva, ovvero l’idoneità della sentenza a dare inizio ad un procedimento esecutivo non ancor avviato, si estende a tutte le sentenze, sia di condanna che di natura costitutiva o di puro accertamento.
Nel quesito prospettato, il dispositivo della sentenza in cui il giudice dispone la risoluzione del contratto per inadempimento, la cui disciplina sostanziale si riscontra all’art. 1453 del c.c., ha natura costitutiva in quanto ha l’efficacia di estinguere il precedente rapporto giuridico sorto in conseguenza alla stipula del contratto di compravendita. La sentenza obbliga le parti a procedere alle restituzioni delle prestazioni ricevute nell’adempimento delle obbligazioni del contratto risolto.
Una volta pronunciata la sentenza se la parte soccombente non adempie in maniera spontanea, si potrà agire in via coattiva, ovvero con l’espropriazione forzata, al fine di ottenere o la restituzione del prezzo versato per la vendita del bene il soccombente sia il venditore, oppure la restituzione dell’immobile nel caso in cui il soccombente sia l’acquirente del bene oggetto del contratto.

Monica chiede
martedì 27/03/2012 - Lazio
“Buongiorno. Volevo cortesemente chiederVi se nell'assegno di mantenimento per la prole sono comprese anche le spese scolastiche e la mensa scolastica, oppure se sono da considerarsi spese straordinarie. Invio cortesi saluti, ringraziandoVi anticipatamente.”
Consulenza legale i 29/03/2012

Nessuna fonte normativa nè alcuna sentenza della Suprema Corte di Cassazione hanno mai fornito un elenco dettagliato delle spese da definirsi straordinarie e di quelle che non lo sono. Normalmente si ritiene che possano considerarsi spese ordinarie quelle attinenti l'acquisto di materiale di cancelleria scolastica, il vestiario, il buono per la mensa scolastica (in quanto attinenti all'alimentazione e comprese nell'assegno mesile). Sono, invece, rientranti nel novero delle spese straordinarie quelle inerenti a spese mediche per patologie particolari od imprevedibili, lo scuola-bus, un viaggio del figlio effettuato nel periodo estivo per un corso di lingua straniera.

Il mantenimento per cui si riserva un assegno periodico, dunque, comprende una serie abbastanza vasta di cose, tra le quali rientra anche l'alimentazione. Da questo punto di vista, essendo il servizio mensa diretto a garantire l'alimentazione dei minori, si potrebbe pensare che lo stesso rientri e sia ricompreso nell'assegno mensile. Tuttavia, la crisi della famiglia, viene regolata con apposite condizioni, concordate tra i genitori o disposte dal giudice. in questa sede, quando si vanno a definire le spese straordinarie, molte volte si indicano come straordinarie anche quelle scolastiche.

In questi casi non esiste una risposta univoca e valida per tutti i singoli casi: l'inquadramento delle spese scolastiche come ordinarie o straordinarie va condotto in relazione alle circostanze del caso concreto tra cui, segnatamente, l'importo del contributo mensile per il mantenimento e l'importo delle spese di mensa stesse.


F. G. chiede
mercoledì 25/05/2022 - Piemonte
“Buongiorno
Con riferimento alla precedente consulenza Q202129285 del 2021 nel comunicarVi che la procedura di sfratto si è conclusa definitivamente e positivamente Vi chiedo un ulteriore parere su quanto segue:
Come ho detto nel mio precedente quesito, di cui alla consulenza suddetta, il titolare dell'attività e quindi del contratto di locazione è il Sig. C. Y. da sempre irreperibile. Lo sfratto è stato fatto a suo nome come pure è a suo nome il decreto ingiuntivo rilasciato. In realtà il negozio è stato gestito da altro cinese che si è sempre dichiarato lavoratore dipendente.
Dal mese di ottobre 2021 non ha più pagato il canone di affitto accumulando così un debito di € 12.000.
Dalla visura camerale risulta che nel mese di marzo u. s. C. Y. ha cessato l'attività e il cinese che lavorava nel mio locale si è trasferito in altro locale sempre nei pressi e con altro nominativo di ditta.
Da un colloquio avuto con questa persona mi ha detto che lui non intende pagare e di rivolgermi a C. Y. irreperibile.
la mia domanda è: posso agire in qualche modo, per recuperare il mio credito, contro la persona che effettivamente ha occupato e gestito il negozio ? C'è il modo di dimostrare che chi ha occupato i locali non era un dipendente ma il vero titolare dell'attività e C. Y. un prestanome?
In attesa della risposta porgo cordiali saluti”
Consulenza legale i 06/06/2022
Gentile Cliente,
purtroppo dalla lettura del combinato disposto degli 474 e 477 del codice di procedura civile emerge che il creditore può far valere il titolo esecutivo nei confronti di colui che risulta suo debitore, ovvero nei confronti dei successori a titolo universale e a titolo particolare di quest’ultimo.
Alla luce di ciò, nel caso di specie il titolo esecutivo (decreto ingiuntivo) ottenuto nei confronti di C.Y. può essere fatto valere dal creditore nei confronti:
1) dello stesso C.Y.;
2) degli eredi di C.Y. (successori a titolo universale ex art. 110 c.p.c.);
3) degli aventi causa di C.Y.: ad esempio coloro che subentrino nella posizione di conduttore nel contratto di locazione sottoscritto da quest’ultimo - (successione a titolo particolare ex 111 c.p.c.).
Di conseguenza, non è possibile far valere il decreto ingiuntivo nei confronti dell’effettivo gestore dell’attività commerciale esercitata nel locale di proprietà del creditore.
Purtroppo, l’unico modo per provare che C.Y. era un mero prestanome ed ottenere un risarcimento dal Gestore consiste nel far affermare in giudizio che la condotta di quest’ultimo era intenzionalmente fraudolenta.
Si potrebbe tentare la strada della querela per truffa (art. 640 del codice penale) nei confronti dell’asserito prestanome e dell’effettivo gestore dell’esercizio commerciale.

Al fine della configurabilità del reato di truffa, dovrà essere dimostrato che C.Y. ed il gestore abbiano agito in concorso ponendo in essere un raggiro nei confronti del creditore: facendo intestare il contratto di locazione ad un conduttore che si è reso volontariamente irreperibile per poi condurre, nelle medesime modalità, altro immobile commerciale ove proseguire la medesima attività nella stessa zona e sotto il nome di altra ditta per evitare le conseguenze negative dello sfratto e dell’ingiunzione.

Gli elementi da produrre in giudizio consisterebbero nella documentazione atta a provare il sopra descritto modus operandi, iniziando dalle visure storiche delle ditte sotto le quale i soggetti da querelare hanno operato negli ultimi anni, e da ogni genere di documento o altra prova (anche testimoniale) che attesti che le attività commerciali esercitate in immobili condotti da C.Y. sono effettivamente gestite da soggetto diverso.

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