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Articolo 598 Codice di procedura civile

(R.D. 28 ottobre 1940, n. 1443)

[Aggiornato al 02/03/2024]

Approvazione del progetto

Dispositivo dell'art. 598 Codice di procedura civile

Se il progetto è approvato o si raggiunge l'accordo tra tutte le parti(1), se ne dà atto nel processo verbale e il professionista delegato a norma dell'articolo 591 bis o il giudice dell'esecuzione nell'ipotesi di cui all'articolo 596, quarto comma, ordina il pagamento agli aventi diritto delle singole quote entro sette giorni.

Se vengono sollevate contestazioni innanzi al professionista delegato, questi ne dà conto nel processo verbale e rimette gli atti al giudice dell'esecuzione, il quale provvede ai sensi dell'articolo 512(2)(3).

Note

(1) La norma in esame si riferisce ad un accordo che deve essere inteso come conciliazione tra le parti al fine di risolvere eventuali contestazioni sorte sul progetto. Non deve quindi essere inteso come facoltà riconosciuta alle parti di predisporre un progetto di distribuzione diverso da quello formato dal giudice, vincolando quest'ultimo alla sua attuazione.
(2) Nel caso in cui sorgano le contestazioni il giudice dovrà risolverle ordinanza impugnabile ai sensi dell'art. 617 del c.p.c. come disciplinato dall'art. 512. Sino al momento in cui non intervenga la decisione del giudice in merito alle contestazioni sollevate dalle parti, la distribuzione potrà essere sospesa. Inoltre, il giudice dell'esecuzione potrà ordinare il pagamento delle quote anche nel caso in cui abbia respinto le contestazioni sollevate.
(3) Disposizione riformulata dal D. Lgs. 10 ottobre 2022, n. 149 (c.d. "Riforma Cartabia"), come modificato dalla L. 29 dicembre 2022, n. 197, il quale ha disposto (con l'art. 35, comma 1) che "Le disposizioni del presente decreto, salvo che non sia diversamente disposto, hanno effetto a decorrere dal 28 febbraio 2023 e si applicano ai procedimenti instaurati successivamente a tale data. Ai procedimenti pendenti alla data del 28 febbraio 2023 si applicano le disposizioni anteriormente vigenti".

Spiegazione dell'art. 598 Codice di procedura civile

L’art. 598 è stato oggetto di modifiche per effetto del D.Lgs. 10.10.2022, n. 149, di riforma del processo civile, modifiche che si sono rese necessarie per adeguarne il testo alla nuova ripartizione dei ruoli tra il giudice dell’esecuzione e il professionista nella fase della distribuzione del ricavato della vendita forzata, come prevista dall’art. 596.

La norma si occupa di disciplinare la fase successiva alla formazione del progetto di distribuzione del ricavato, e prevede il verificarsi di un’ipotesi esattamente contraria a quella di cui all’art. 597 del c.p.c. (mancata comparizione delle parti).
In particolare, il legislatore ha qui voluto fornire indicazioni al giudice dell’esecuzione o professionista delegato, incaricati della fase di formazione del progetto di distribuzione e della stessa distribuzione del ricavato, circa le modalità di gestione dell’udienza, per il caso, certamente auspicabile, di comparizione delle parti all’udienza di cui all’art. 596 c.p.c., fissata per la discussione del progetto.

Due sono le situazioni che il legislatore ha voluto prospettare:
a) il progetto viene approvato o si raggiunge l’accordo tra tutte le parti: di ciò se ne dà atto nel processo verbale e il professionista delegato o il giudice dell’esecuzione ordina il pagamento agli aventi diritto delle singole quote entro sette giorni (così il primo comma). L’introduzione del termine di sette giorni è dovuto proprio alla Riforma ed ha lo scopo di tutelare l’interesse dei creditori aventi diritto al pagamento, oltre che di garantire un sollecito svolgimento della procedura;
b) sorgono contestazioni sul progetto di distribuzione del ricavato: la contestazione avrà l’effetto di aprire una fase endoprocessuale del processo esecutivo, ex art. 512 del c.p.c., e sarà risolta dal giudice dell’esecuzione con ordinanza impugnabile attraverso lo strumento dell’opposizione agli atti esecutivi di cui all’art. 617 del c.p.c..

Da ciò ne consegue che:
- se è il professionista delegato ad occuparsi della fase di distribuzione, questi dovrà darne conto nel processo verbale e rimettere gli atti al giudice dell’esecuzione;
- se, invece, le parti compaiono dinanzi al giudice dell’esecuzione, sarà questi direttamente a provvedere ex art. 512 del c.p.c..

Massime relative all'art. 598 Codice di procedura civile

Cass. civ. n. 16370/2005

Nell'espropriazione immobiliare, per poter procedere alla distribuzione del ricavato della vendita forzata, è necessario che non vi siano contestazioni in ordine all'esistenza o all'ammontare del credito, perché in tal caso il progetto di distribuzione non può essere approvato, ed occorre accertare l'ammontare del credito contestato mediante un ordinario giudizio di cognizione, in attesa della cui definizione la distribuzione dev'essere sospesa: ne consegue che qualora, nonostante l'avvenuto accertamento del credito, il debitore abbia continuato ad opporsi all'assegnazione, anche parziale, del ricavato al creditore, quest'ultimo non è responsabile della lievitazione del credito, ancorché giustificata dal diritto dell'opponente di ottenere la determinazione definitiva del proprio debito. (Nella specie, il debitore si era opposto al pagamento della somma assegnata al creditore nel progetto di distribuzione, segnalando la pendenza di un giudizio per l'accertamento del credito, all'esito del quale, tuttavia, aveva ribadito le proprie contestazioni, determinando un ritardo complessivo di circa tre anni nella soddisfazione del credito).

Cass. civ. n. 15826/2005

Nell'esecuzione forzata per espropriazione immobiliare, la distribuzione del ricavato, che segna la chiusura del procedimento esecutivo, precludendo l'opposizione di cui all'art. 615 c.p.c., non dev'essere intesa in senso letterale come ripartizione effettiva e concreta, ma come ordine di distribuzione e pagamento, il quale, pur essendo previsto dall'art. 598 c.p.c. come adempimento successivo all'approvazione del progetto di distribuzione, può anche essere emesso contemporaneamente, con la conseguenza che incombe all'opponente l'onere di fornire la prova della posteriorità della vicenda distributiva rispetto alla proposizione dell'opposizione.

Cass. civ. n. 7148/1986

La mancata opposizione all'ordinanza di vendita all'asta di un immobile pignorato, gravato da ipoteca a favore di un istituto di credito fondiario, nella quale sia stato previsto il diritto dell'aggiudicatario di accollarsi il residuo mutuo previo pagamento all'istituto mutuante delle semestralità scadute, degli accessori e delle spese, non preclude l'ammissibilità dell'opposizione al progetto di distribuzione, con la quale si contesti l'estensione della prelazione dell'istituto riguardo alle annualità e alla misura degli interessi.

Cass. civ. n. 2534/1982

Nell'esecuzione forzata per espropriazione immobiliare, l'ordinanza, con la quale il giudice dell'esecuzione, dopo che il tribunale abbia deciso eventuali contestazioni ed opposizioni avverso il progetto di distribuzione della somma ricavata dalla vendita, fissa definitivamente il riparto, segna la chiusura del procedimento, e, quindi, con riguardo alla prescrizione del credito azionato, implica la cessazione degli effetti permanenti dell'interruzione della prescrizione medesima, verificatasi a seguito dell'instaurazione dell'esecuzione.

Cass. civ. n. 2396/1980

Nell'espropriazione immobiliare, l'azione promossa dall'aggiudicatario di un immobile (nella specie, fondo rustico) al fine di sentire dichiarare il diritto a conseguire il prezzo di un bene facente parte per accessione dell'immobile aggiudicato (nella specie: un pioppeto esistente sul fondo), ma venduto dal custode pochi giorni prima dell'asta, non è opposizione all'esecuzione o agli atti esecutivi, e neppure può considerarsi alla stregua di una controversia in sede di distribuzione, a norma dell'art. 512 c.p.c., ma tende all'esclusione della distribuzione fra i creditori della somma ricavata dalla vendita di un bene costituente accessione dell'immobile aggiudicato a seguito della vendita forzata. Trattasi, perciò, di un'azione atipica esperibile nel corso del processo esecutivo, essendo la sua nascita correlata eziologicamente al compimento delle attività di tale processo ed avendo la sua decisione l'effetto di determinare la somma da ripartire tra i creditori concorrenti, con la conseguenza che — inserendo un processo di cognizione in via incidentale — va proposta nelle forme del ricorso al giudice della esecuzione nei confronti del creditore procedente e di tutti i creditori intervenuti senza che possa rilevare l'estinzione del processo esecutivo per rinuncia dei creditori muniti di titolo esecutivo (e per l'avvenuta tacitazione di quelli che non ne siano muniti), salvo che risulti l'avvenuta restituzione della somma ricavata dalla vendita al debitore esecutato, ed in tal modo la sua esclusiva legittimazione passiva.

Cass. civ. n. 87/1980

Il consenso del creditore, che, ai sensi dell'art. 1194 c.c., è necessario perché il pagamento sia imputato al capitale piuttosto che agli interessi e alle spese, non può essere ravvisato nella accettazione, da parte del creditore medesimo, del provvedimento reso dal giudice dell'esecuzione ai sensi degli artt. 596 e 598 c.p.c., che è insuscettibile di giudicato, avendo natura di ordinanza, ed è dotato di operatività limitata all'ambito del procedimento esecutivo.

Cass. civ. n. 4578/1976

Il provvedimento, con il quale il giudice dell'esecuzione immobiliare statuisce definitivamente sulla spettanza di somme acquisite nel corso della procedura, è un atto esecutivo decisorio. Pertanto, il ricorso con cui la parte interessata chieda la rimozione di detto provvedimento, perché illegittimo, comporta la necessità di instaurare il procedimento di cognizione previsto dagli artt. 617 e ss. c.p.c., e di decidere il ricorso medesimo con sentenza. Ove a ciò non si provveda, in quanto il ricorso venga erroneamente qualificato come «reclamo» avverso provvedimento ordinatorio e deciso con ordinanza del collegio, va affermata la nullità della relativa statuizione, siccome emessa senza alcuna attività istruttoria e senza le garanzie processuali del procedimento di opposizione agli atti esecutivi. Tale nullità, attesa l'indicata natura e definitiva della decisione, può essere fatta valere con ricorso per cassazione, a norma dell'art. 111 della Costituzione.

Cass. civ. n. 2135/1974

Qualora nell'udienza fissata per l'esame del progetto di distribuzione della somma ricavata — depositato ai sensi dell'art. 596 c.p.c. — il giudice dell'esecuzione immobiliare, di fronte alla controversia insorta sull'ammissione di crediti privilegiati, risolva il contrasto con propria ordinanza, rigettando l'istanza di ammissione del privilegio, e successivamente — proposta opposizione avverso tale ordinanza ai sensi dell'art. 617 c.p.c. — pronunci una seconda ordinanza di rigetto del ricorso in opposizione, anziché adeguarsi alla procedura di cui al combinato disposto degli artt. 512, 617 e 618 c.p.c., si arroga un potere che è di competenza del collegio. In tal caso la seconda ordinanza, non prevista dall'ordinamento, presenta tuttavia i caratteri della definitività e della decisorietà, in quanto incide su diritti soggettivi, e non è soggetta ad alcuna specifica impugnazione, e pertanto è denunciabile per cassazione ai sensi dell'art. 111 della Costituzione. L'ordinanza medesima va cassata con rimessione della controversia allo stesso giudice dell'esecuzione perché provveda in ordine all'opposizione agli atti esecutivi, secondo la procedura prevista dalla legge per tale mezzo di impugnazione.

Cass. civ. n. 949/1972

In tema di distribuzione della somma ricavata nell'espropriazione immobiliare, le questioni dell'art. 598 c.p.c. sottratte alla competenza del giudice dell'esecuzione ed attribuite a quella del collegio sono esclusivamente quelle sollevate dai creditori o dal debitore, all'udienza fissata ai sensi dell'art. 596 stesso codice. Conseguentemente, ove il giudice dell'esecuzione, pur in presenza di contestazioni del debitore, abbia con ordinanza ripartito tra i creditori la somma ricavata, siffatto provvedimento può essere impugnato con opposizione agli atti esecutivi, ma soltanto per le ragioni tempestivamente dedotte all'udienza.

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M. R. chiede
domenica 18/12/2022 - Puglia
“Buongiorno,
ho appena ricevuto una notifica di un precetto, pari a 30 mila euro, inerenti spese processuali per una sentenza di primo e secondo grado in cui le mie richieste di credito sono state respinte.
Premesso di essere in attesa della pronuncia della corte di cassazione sezione lavoro in merito (ricorso depositato due anni or sono), gradirei sapere le possibilità di successo in caso di pignoramento immobiliare da parte della creditrice.
L'immobile in questione risulta essere:
- prima (ed unica) casa
- in comproprietà con mia moglie, che nulla c'entra con il debito
- soggetto ad ipoteca per la concessione di un mutuo, il cui capitale residuo si aggira sui 120mila euro
- anche la sede legale della società mia e di moglie che costituisce (l'unica) attività d'impresa.


Grazie.”
Consulenza legale i 23/12/2022
Il pignoramento immobiliare è una delle possibili forme di esecuzione forzata di tipo generico.
Lo scopo di tale pignoramento è quello di assicurare un risultato equivalente a quello cui si perverrebbe in caso di adempimento spontaneo dell’obbligato, sottraendo coattivamente beni compresi nel patrimonio debitorio e trasformandoli, sempre coattivamente, in denaro da destinare alla soddisfazione dei creditori.

Le caratteristiche salienti dell’espropriazione immobiliare sono:
  • l’oggetto, costituito dal diritto di proprietà e dai diritti reali di godimento su beni immobili del debitore e loro pertinenze (unitamente all’immobile il creditore può anche far pignorare i mobili che lo arredano, quando appare opportuno che l’espropriazione avvenga unitamente).
  • le conseguenze, connesse alle esigenze di pubblicità immobiliare
Contrariamente all’Agenzia delle Entrate - Riscossione, che ha come limite l’impossibilità di pignorare la prima casa, il creditore privato non ha limiti di pignorabilità connessi alla prima casa.
Da ciò deriva si è soggetti a pignoramento anche nel caso in cui il bene oggetto di pignoramento è l’unica e prima abitazione del debitore.
Il fatto che sussista un’ipoteca in favore della banca comporterà che al momento dell’instaurazione della procedura esecutiva il creditore dovrà comunicare alla banca di avere proceduto con pignoramento immobiliare.

A questo punto sarà diritto della banca partecipare al suddetto pignoramento richiedendo il pagamento del residuo mutuo, anche se il pagamento delle rate è regolare.

Il fatto che l’immobile sia in comproprietà con la moglie non comporta un limite al pignoramento ma incederà in sede di distribuzione del ricavato.
Ovvero una volta venduto l’immobile all’asta il ricavato dovrà essere suddiviso tra quanto di spettanza della moglie in qualità di comproprietaria e quanto di spettanza del debitore che potrà essere aggredito pagando in primis le spese della procedura, poi la banca ipotecaria ed infine il creditore procedente.

Infine, il fatto che l’immobile sia la sede della società di famiglia non incide sulla possibilità per il creditore di agire esecutivamente.

L’unica possibilità che il creditore procedente non pignori l’immobile è che il suddetto immobile abbia un valore così esiguo che in caso di vendita, una volta decurtata la parte della moglie, le spese ed il debito residuo, quanto di rimanenza non soddisfi il creditore.