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Articolo 3 Legge sulle locazioni abitative

(D.lgs. 9 dicembre 1998, n. 431)

[Aggiornato al 01/01/2020]

Disdetta del contratto da parte del locatore

Dispositivo dell'art. 3 Legge sulle locazioni abitative

1. Alla prima scadenza dei contratti stipulati ai sensi del comma 1 dell'articolo 2 e alla prima scadenza dei contratti stipulati ai sensi del comma 3 del medesimo articolo, il locatore può avvalersi della facoltà di diniego del rinnovo del contratto, dandone comunicazione al conduttore con preavviso di almeno sei mesi, per i seguenti motivi:

  1. a) quando il locatore intenda destinare l'immobile ad uso abitativo, commerciale, artigianale o professionale proprio, del coniuge, dei genitori, dei figli o dei parenti entro il secondo grado;
  2. b) quando il locatore, persona giuridica, società o ente pubblico o comunque con finalità pubbliche, sociali, mutualistiche, cooperative, assistenziali, culturali o di culto intenda destinare l'immobile all'esercizio delle attività dirette a perseguire le predette finalità ed offra al conduttore altro immobile idoneo e di cui il locatore abbia la piena disponibilità;
  3. c) quando il conduttore abbia la piena disponibilità di un alloggio libero ed idoneo nello stesso comune;
  4. d) quando l'immobile sia compreso in un edificio gravemente danneggiato che debba essere ricostruito o del quale debba essere assicurata la stabilità e la permanenza del conduttore sia di ostacolo al compimento di indispensabili lavori;
  5. e) quando l'immobile si trovi in uno stabile del quale è prevista l'integrale ristrutturazione, ovvero si intenda operare la demolizione o la radicale trasformazione per realizzare nuove costruzioni, ovvero, trattandosi di immobile sito all'ultimo piano, il proprietario intenda eseguire sopraelevazioni a norma di legge e per eseguirle sia indispensabile per ragioni tecniche lo sgombero dell'immobile stesso;
  6. f) quando, senza che si sia verificata alcuna legittima successione nel contratto, il conduttore non occupi continuativamente l'immobile senza giustificato motivo;
  7. g) quando il locatore intenda vendere l'immobile a terzi e non abbia la proprietà di altri immobili ad uso abitativo oltre a quello eventualmente adibito a propria abitazione. In tal caso al conduttore è riconosciuto il diritto di prelazione, da esercitare con le modalità di cui agli articoli 38 e 39 della legge 27 luglio 1978, n. 392.

2. Nei casi di disdetta del contratto da parte del locatore per i motivi di cui al comma 1, lettere d) ed e), il possesso, per l'esecuzione dei lavori ivi indicati, della concessione o dell'autorizzazione edilizia è condizione di procedibilità dell'azione di rilascio. I termini di validità della concessione o dell'autorizzazione decorrono dall'effettiva disponibilità a seguito del rilascio dell'immobile. Il conduttore ha diritto di prelazione, da esercitare con le modalità di cui all'articolo 40 della legge 27 luglio 1978, n. 392, se il proprietario, terminati i lavori, concede nuovamente in locazione l'immobile. Nella comunicazione del locatore deve essere specificato, a pena di nullità, il motivo, fra quelli tassativamente indicati al comma 1, sul quale la disdetta è fondata.

3. Qualora il locatore abbia riacquistato la disponibilità dell'alloggio a seguito di illegittimo esercizio della facoltà di disdetta ai sensi del presente articolo, il locatore stesso è tenuto a corrispondere un risarcimento al conduttore da determinare in misura non inferiore a trentasei mensilità dell'ultimo canone di locazione percepito.

4. Per la procedura di diniego di rinnovo si applica l'articolo 30 della legge 27 luglio 1978, n. 392, e successive modificazioni.

5. Nel caso in cui il locatore abbia riacquistato, anche con procedura giudiziaria, la disponibilità dell'alloggio e non lo adibisca, nel termine di dodici mesi dalla data in cui ha riacquistato la disponibilità, agli usi per i quali ha esercitato facoltà di disdetta ai sensi del presente articolo, il conduttore ha diritto al ripristino del rapporto di locazione alle medesime condizioni di cui al contratto disdettato o, in alternativa, al risarcimento di cui al comma 3.

6. Il conduttore, qualora ricorrano gravi motivi, può recedere in qualsiasi momento dal contratto, dando comunicazione al locatore con preavviso di sei mesi.

Spiegazione dell'art. 3 Legge sulle locazioni abitative

In tale disposizione sono contenute le modalità e i casi in cui è possibile effettuare il diniego della rinnovazione dei contratti, sia liberi (e quindi dopo il quarto anno) che agevolati (e quindi dopo il terzo).
Diversamente, alla seconda scadenza del contratto, il locatore dovrà agire con l'apposita azione di licenza per finita locazione, previa disdetta da inviarsi 6 mesi prima della scadenza.
La comunicazione di diniego effettuata dal locatore deve giungere al conduttore 6 mesi liberi prima della scadenza e deve inoltre contenere lo specifico motivo sul quale si fonda.
In mancanza di tale specificazione, la disdetta del contratto di locazione è da considerarsi nulla, e sarà necessario per il locatore che intende avvalersi della facoltà di disdetta rinnovare il suo intento mediante un nuovo atto. Tuttavia, afferma la dottrina, il locatore deve provare la serietà della sua intenzione di avvalersi del diniego del rinnovo per i motivi tassativamente previsti dall'art. 3, senza dover per questo motivo provare la vera e propria realizzazione del suo intendimento.

Con riferimento agli specifici e tassativi motivi di cui all'art. 3, per quanto riguarda quello di adibire l'immobile ad abitazione di un proprio figlio o nipote, la dottrina si è interrogata se tale motivo sia configurabile anche se il conduttore sia persona giuridica, concludendo per la soluzione positiva coloro i quali ritengono che il testo normativo non pone limitazioni di sorta.
In merito poi al caso in cui il conduttore abbia la piena disponibilità di un alloggio libero e idoneo nel medesimo comune, si nota come l'ambito territoriale in cui si deve trovare l'immobile libero è limitato e circoscritto al territorio comunale. La prova di tale circostanza può essere fornita dal locatore anche facendo ricorso a presunzioni semplici, tra le quali può per esempio rientrare il fatto che il conduttore abbia la sua residenza nell'immobile de quo. L'idoneità dell'alloggio, inoltre, non deve essere valutata sulla base di parametri oggettivi e assoluti, ma deve tenere conto delle specifiche esigenze del caso di specie, delle esigenze familiari del conduttore e delle eventuali difficoltà che egli potrebbe avere a causa del trasferimento.
Per quanto riguarda poi l'ipotesi per il locatore di esercitare la facoltà di diniego nel caso in cui il conduttore non occupi l'immobile in maniera continuativa senza un giustificato motivo, la giurisprudenza ha rilevato come tali assenze non debbano essere normali e ordinarie e, quindi, giustificate, bensì infondate e arbitrarie.

Come noto, il conduttore gode di un diritto di prelazione nel momento in cui il locatore decida di vendere l'immobile a terzi (non essendo contestualmente proprietario di altri immobili destinati ad uso abitativo). In caso di violazione di questo suo diritto, il conduttore potrà riscattare l'immobile non solo presso l'acquirente, ma presso ogni altro avente causa dallo stesso. Tuttavia, la giurisprudenza afferma pacificamente da tempo che tale diritto di prelazione si limita al diniego del rinnovo della locazione effettuato alla prima scadenza. Da ciò si deduce che, allorquando la vendita dell'immobile da parte del locatore venga effettuata nella vigenza del rapporto di locazione, non sorgerà alcun diritto di prelazione in capo al conduttore, ma il rapporto di locazione proseguirà semplicemente con l'acquirente (v. artt. 1599 e 1602 c.c.)

Come potrà reagire il conduttore davanti ad un illegittimo utilizzo da parte del locatore della sua facoltà di diniego del rinnovo?
Il legislatore del 1998 ha previsto che egli abbia a disposizione due azioni, allorquando il locatore non abbia adibito gli immobili agli usi previsti: il ripristino del rapporto di locazione o il risarcimento del danno, alternativamente.
Nel caso in cui la facoltà di disdetta sia esercitata illegittimamente, o sia carente di una delle motivazioni espressamente indicate, il conduttore avrà solamente diritto al risarcimento del danno.
Quanto al comma 2 è opportuno osservare che il possesso della concessione o dell’autorizzazione edilizia costituisce condizione di procedibilità dell’azione e dovrà sussistere già al momento della domanda giudiziale

Il contenuto del comma 6, infine, riproduce sostanzialmente il comma 2 dell’art. 4 della L. 392/78, poiché quest'ultimo non è stato abrogato dall’art. 14 della presente legge. Essendo attualmente in vigore entrambe le norme ed essendo la previsione della lettera raccomandata contenuta solamente nella legge dell'equo canone, si ritiene opportuno utilizzare, per esigenze di maggior garanzia, tale ultima forma di comunicazione.

Rel. Camera dei Deputati L. 431/1998

(Relazione alla Camera dei Deputati sulla L. 431/1998 recante la "Disciplina delle locazioni e del rilascio degli immobili adibiti ad uso abitativo")

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L’articolo 3 individua i casi nei quali al locatore può esercitare la facoltà di «diniego di rinnovo» - locuzione questa introdotta dal Senato in sostituzione del termine «disdetta» utilizzato nel testo già approvato dalla Camera - in prossimità del rinnovo quadriennale di cui all’articolo 2, comma 1, e della proroga biennale di cui all’articolo 2, comma 5. Il comma 2 disciplina il caso in cui venga data disdetta per l’esecuzione di lavori che richiedano un provvedimento concessorio o comunque autorizzatorio: con disposizione introdotta dal Senato, è stato precisato che in tale ipotesi i termini di validità della concessione o dell’autorizzazione decorrono «dall’effettiva disponibilità dell’immobile a seguito del rilascio». I commi 3 e 4 disciplinano, rispettivamente, l’ipotesi di illegittimo esercizio della facoltà di disdetta da parte del locatore e quella in cui il locatore, dopo aver riacquistato legittimamente la disponibilità dell’immobile, non lo adibisca, nel termine di dodici mesi, agli usi per i quali ha esercitato la medesima facoltà: le modifiche introdotte dal Senato vanno nel senso di una razionalizzazione delle disposizioni già contenute nel testo approvato dalla Camera e di una più chiara distinzione tra le due ipotesi sopra richiamate che, nella precedente formulazione, tendevano in parte a sovrapporsi.
Infine, il comma 6, introdotto dal Senato, riconosce al conduttore la facoltà, qualora ricorrano gravi motivi, di recedere in qualsiasi momento dal contratto, dandone comunicazione al locatore con preavviso di sei mesi.

Massime relative all'art. 3 Legge sulle locazioni abitative

Cass. civ. n. 1050/2016

Le sanzioni del ripristino della locazione o del risarcimento del danno, previste a carico del locatore che abbia esercitato il diritto di diniego del rinnovo del contratto di locazione per una finalità non più realizzata (art. 31 della 1. n. 392 del 1978 e art. 3, commi 3 e 5, della 1. n. 431 del 1998), non sono applicabili qualora la tardiva o mancata destinazione deU’immobile all’uso dichiarato siano giustificate da esigenze, ragioni o situazioni non riconducibili al comportamento doloso o colposo del locatore stesso. (In applicazione di tale principio, la S.C. ha ritenuto non imputabile al locatore, e quindi non sanzionabile, la mancata esecuzione dei lavori di ristrutturazione, per i quali era stata esercitata la facoltà di diniego del rinnovo, perchè la causa di tale omissione era addebitabile alla conduttrice, che aveva instaurato un infondato giudizio di opposizione al rilascio, conclusosi solo dopo la scadenza del termine per l’inizio dei lavori stessi, previsto nel permesso di costruire).

Cass. civ. n. 27541/2014

In tema di locazione di immobili ad uso abitativo, la disdetta priva della specificazione dei motivi di diniego, intimata per la prima delle scadenze nel regime "ex lege" 9 dicembre 1998, n. 431, benché inidonea ad impedire la rinnovazione contrattuale per tale data, è automaticamente valida per quella immediatamente successiva, salvo che dalla disdetta stessa o da un’opposta univoca volontà successiva dell’intimante non risulti una espressa indicazione in senso contrario.

Cass. civ. n. 15898/2014

In tema di locazione di immobile ad uso abitativo, nell’ipotesi in cui il locatore, alla prima scadenza quadriennale del contratto, abbia comunicato al conduttore il proprio diniego immotivato alla rinnovazione del contratto e sia sopravvenuta cosa giudicata sull’accertamento dell’inefficacia di quel diniego, sull’automatico rinnovo del contratto e sulla sua scadenza allo spirare del secondo quadriennio, è precluso al locatore stesso l’esperimento di una nuova azione tendente a far accertare il mancato rinnovo del contratto alla prima scadenza, sulla base di una diversa (benché tempestiva) comunicazione al conduttore dell’esercizio della facoltà di diniego del rinnovo del contratto sulla base dei motivi di cui al comma 1 dell’art. 3 della legge 9 dicembre 1998, n. 431.

Cass. civ. n. 12250/2013

Attesa la modificazione della disciplina comportante la concessione o l’autorizzazione quale titolo abilitativo alla realizzazione degli interventi edilizi, la previsione, quale condizione di procedibilità dell’azione del locatore ai sensi della prima parte del comma secondo dell’art. 3 della legge 9 dicembre!998, n. 431, del "possesso... della concessione o dell’autorizzazione edilizia" deve intendersi riferita a quegli specifici atti, tra cui la dichiarazione inizio attività (DIA) o la segnalazione certificata inizio attività (SCIA) o il permesso a costruire, eventualmente richiesti dalla normativa vigente per la tipologia di intervento da realizzare e posto a base del diniego di rinnovo alla prima scadenza della locazione di immobile ad uso abitativo.

Cass. civ. n. 936/2013

In tema di locazione di immobili adibiti ad uso abitativo, nella comunicazione del locatore del diniego di rinnovo del contratto, ai sensi dell’art. 3 della legge 9 dicembre 1998, n. 431, deve essere specificato, a pena di nullità, il motivo, tra quelli tassativamente indicati dalla stessa norma, sul quale la disdetta è fondata, in modo da consentire, in caso di controversia, la verifica "ex ante" della serietà e della realizzabilità dell’intenzione dedotta in giudizio e, comunque, il controllo, dopo l’avvenuto rilascio, circa l’effettiva destinazione dell’immobile all’uso indicato nell’ipotesi in cui il conduttore estromesso reclami l’applicazione delle sanzioni ivi previste a carico del locatore. (Nella specie, in applicazione dell’enunciato principio, la S.C. ha confermato la sentenza di merito, la quale aveva ritenuto correttamente esercitata dalla locatrice la facoltà di diniego del rinnovo del contratto alla prima scadenza, avendo fatto legittimo riferimento nella lettera di disdetta all’intenzione di adibire l’immobile ad abitazione di un proprio figlio o nipote, e dovendosi considerare ultronea la successiva individuazione tra questi del reale beneficiario operata solo con l’atto introduttivo del giudizio).

In tema di locazione di immobili adibiti ad uso abitativo, l’art. 3 della legge 9 dicembre 1998, n. 431, conferisce al locatore la facoltà di diniego di rinnovo del contratto alla prima scadenza soltanto in presenza di motivi tassativamente indicati dalla stessa norma, senza che sia richiesto che tale facoltà di diniego di rinnovo venga prevista nel contratto e senza che perciò rilevi come rinuncia implicita la mancata menzione in esso di detta facoltà di disdetta.

Cass. civ. n. 4050/2009

La facoltà di diniego di rinnovo alla prima scadenza del contratto di locazione ad uso abitativo da parte di una società commerciale a scopo di lucro non rientra tra le previsioni di cui all’art. 3 della legge n. 431 del 1998, riferendosi la lett. a) del primo comma della norma indicata al locatore quale persona fisica, e la successiva lett. b) al locatore persona giuridica che eserciti la sua attività per il soddisfacimento di finalità pubbliche e che intenda destinare l’immobile all’esercizio di attività dirette al perseguimento di tali finalità (alla condizione ulteriore che provveda all’offerta, in favore del conduttore, di altro immobile idoneo), così palesandosi la ratio protettiva della norma a vantaggio del conduttore, le cui esigenze abitative possono soccombere solo di fronte alla prevalente necessità del locatore persona fisica o, nell’ipotesi di locatore persona giuridica, solo per finalità di pubblico interesse.

Cass. civ. n. 17995/2007

La rinnovazione del contratto di locazione, benché abbia effetto dalla data della prima scadenza, quante volte dipenda dalla mancata disdetta entro un certo termine, trova la sua fonte nella legge che regola il rapporto al momento in cui quel termine scade ed è, per converso, impedita dalla manifestazione di una contraria volontà del locatore, secondo le regole poste dalla disciplina vigente al momento in cui quella volontà viene manifestata. Da quell’atto negoziale del locatore (o dalla mancanza di quell’atto in relazione alla disciplina legale), alla cui scelta è in definitiva correlata la sorte del contratto, esclusivamente dipende l’effetto impeditivo della prosecuzione del rapporto, ovvero la rinnovazione del contratto, il cui presupposto è dunque in ogni caso legato a una situazione definitivamente cristallizzatasi alla data di scadenza del termine per la comunicazione della disdetta da parte del locatore. Costituisce, infatti, principio generale che, salve diverse disposizioni derogatorie da parte del legislatore, le condizioni di efficacia e gli effetti di un atto sono disciplinati dalla legge, in vigore al momento in cui esso è adottato, al pari degli effetti della sua mancanza. (Nella specie la disdetta era stata ritualmente intimata il 28 dicembre 1998 a norma dell’articolo 3 della legge 27 luglio 1978 n. 392, per la scadenza del 31 dicembre 2002. In applicazione del principio di cui sopra la Suprema corte ha escluso che potesse affermarsi la applicabilità al contratto, della sopravvenuta legge 9 dicembre 1998 n. 431, entrata in vigore il 30 dicembre 1998 e, quindi, successivamente alla disdetta, con conseguente inefficacia della già intimata disdetta per non essere stata accompagnata dall’allegazione di alcuna delle situazioni tassativamente previste dall’articolo 3, della legge n. 431 del 1998 come legittimanti l’esercizio del diniego del rinnovo).

Trib. civ. Lanciano n. 6/2005

Il diritto di prelazione previsto in favore del conduttore dall’art. 3, lett. g) della L. n. 431/98 è circoscritto all’ipotesi di diniego di rinnovo del contratto di locazione alla prima scadenza, scaturente dall’intenzione del locatore di voler vendere l’immobile a terzi. Conseguentemente, ove il locatore venda nel corso del rapporto locativo l’immobile ad uso abitativo senza alcuna comunicazione di diniego di rinnovo e, perciò, senza modificare la durata del rapporto stesso, la prelazione non potrà dirsi operante e il rapporto locatizio proseguirà nei confronti dell’acquirente secondo le norme degli artt. 1599 e 1602 c.c.

Trib. civ. Lanciano n. 28/2004

Il nuovo locatore che sia subentrato nel contratto per effetto della vendita dell’immobile intervenuta in pendenza del rapporto locativo, può avvalersi - al pari dell’originario locatore - della possibilità di denegare tempestivamente il rinnovo del contratto alla prima scadenza per uno dei motivi espressamente previsti dall’art. 3 della L n. 431/98.

Trib. civ. Genova n. 2947/2003

A differenza di quanto disposto dall’art. 29, commi 3 e 4, della L. n. 392/78 (non richiamati dalla L. n. 431/98, che si limita - art. 3, comma 4 - al richiamo dell’art. 30, relativo alla procedura di diniego di rinnovo) la norma di cui all’art. 3, comma 1, della nuova legge nulla prevede circa la forma della comunicazione del diniego del rinnovo del contratto alla prima scadenza, che, pertanto, deve ritenersi effettuabile anche direttamente con la notifica dell’atto giudiziale introduttivo della causa per la declaratoria di legittimità del diniego di nuovo contratto.

Ai fini del legittimo esercizio del diniego di rinnovo del contratto alla prima scadenza, non è richiesta la necessità del locatore di riottenere la disponibilità dell’appartamento oggetto del rapporto locatizio per destinarla a propria abitazione, perché dal tenore letterale della norma di cui all’art. 3, comma 1, L. 431/98 si evince che il presupposto della risoluzione del contratto è solo l’intenzione del locatore di destinare l’immobile agli usi indicati sub a) e h) del comma 1 dell’art. 3 della legge o di attuare le ipotesi previste dalle lettere d), e) e g).

Trib. civ. Firenze n. 204/2003

Il diritto del locatore di disdettare il rapporto alla scadenza del primo quadriennio successivo all’entrata in vigore della legge n. 431/98 non è subordinato alle condizioni di cui all’art. 3 della legge medesima.

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Consulenze legali
relative all'articolo 3 Legge sulle locazioni abitative

Seguono tutti i quesiti posti dagli utenti del sito che hanno ricevuto una risposta da parte della redazione giuridica di Brocardi.it usufruendo del servizio di consulenza legale. Si precisa che l'elenco non è completo, poiché non risultano pubblicati i pareri legali resi a tutti quei clienti che, per varie ragioni, hanno espressamente richiesto la riservatezza.

G. R. chiede
mercoledì 14/02/2024
“Buongiorno,
vorrei sottoporvi i miei dubbi circa la disdetta di un contratto di affitto 3+2 stipulato nel luglio 2021 e con prima scadenza 31/07/2024 (disponibile come allegato al quesito Q202436060).
Il 31/01/2024 ho inviato via PEC la disdetta in allegato.
Vorrei avere un riscontro sulle seguenti questioni:
1) la disdetta è correttamente stilata o presenta errori formali che la invalidano?
2) vorrei inviare successiva comunicazione che precisi i motivi della disdetta secondo quanto riportato nel quesito Q202127187: "se il locatore invia, anche oltre il termine dei sei mesi prima, un secondo diniego con specifica indicazione dei motivi o anche un atto contenente solamente la specificazione dei motivi prima omessi, tale atto vale a conferire validità alla prima comunicazione di diniego di rinnovo del contratto, effettuata entro i termini prescritti dall’art. 3 Legge 431/1998." : il mio caso rientra nella fattispecie del quesito Q202127187 come sopra riportato?”
Consulenza legale i 23/02/2024
La disdetta del rinnovo del contratto alla prima scadenza deve, ai sensi dell’art. 3 L. 431/1998, contenere a pena di nullità la comunicazione al conduttore di quale sia il motivo previsto dalla legge per cui non si vuole rinnovare il contratto.
Nel caso proposto, il locatore nella propria raccomandata ha solo comunicato la volontà di non rinnovare il contratto citando l’art. 3 della L.431/1998 comma 1 ma senza indicare il motivo specifico.
La giurisprudenza ha affermato che un rinvio a tutti i motivi indistintamente equivale ad un’omessa indicazione (Cass. civ. n. 22382/2004, Tr. Roma del 28.08.2019).
È invece principio costante in giurisprudenza quello per cui il motivo di disdetta deve essere indicato a pena di nullitàin modo da consentire, in caso di controversia, la verifica "ex ante" della serietà e della realizzabilità dell'intenzione dedotta in giudizio e, comunque, il controllo, dopo l'avvenuto rilascio, circa l'effettiva destinazione dell'immobile all'uso indicato nell'ipotesi in cui il conduttore estromesso reclami l'applicazione delle sanzioni ivi previste a carico del locatore” (Cass. civ. n. 936/2013; Cass. civ. n. 27541/2014; Cass. civ. n. 8669/2017).

Ne consegue che il semplice richiamo alla norma di legge nella disdetta non la rende idonea a determinare quale sia il motivo.
Interpretando il principio espresso dalla giurisprudenza, sembra che l’obbligo di indicare il motivo di disdetta, trovi la propria ratio legis nell’esigenza di verificare ex ante la realizzabilità dell’intenzione del locatore in caso di una controversia giudiziaria intervenuta dopo il rilascio dell’immobile.

Pare, quindi, che regolarizzare la propria comunicazione di disdetta, inviata nei termini di legge, con una seconda raccomandata che riporti il motivo del diniego di rinnovo, possa avere una sua ragion d’essere.

Rimane, però, dubbia la possibilità di sanare una comunicazione che la legge stabilisce espressamente essere nulla in assenza dell’indicazione dei motivi di diniego del rinnovo.
Sebbene si ritiene si possa invocare il principio stabilito dall’art.156 comma 3 c.p.c. in materia di atti giudiziari sulla validità dell’atto che ha raggiunto il suo scopo, non si può con certezza affermare che, in caso di controversia successiva al rilascio dell’immobile, il Giudice possa dare ragione al locatore ritenendo valida la seconda comunicazione con la specificazione del motivo della disdetta.

Si consiglia, quindi, di inviare comunque una seconda raccomandata in cui si dichiara che si fa seguito alla prima comunicazione inviata il 31.01.2024 per indicare il motivo del diniego del rinnovo del contratto alla prima scadenza.
In caso di contestazioni da parte del conduttore sulla nullità della disdetta si ritiene che sia più prudente per il locatore concedere il rinnovo del contratto per ulteriori due anni piuttosto che rischiare di incorrere nelle conseguenze previste dall’art. 3 comma 5 L. 431/1998.

G. R. chiede
giovedì 01/02/2024
“Buongiorno,
vorrei sottoporvi i miei dubbi circa la disdetta di un contratto di affitto 3+2 stipulato nel luglio 2021 e con prima scadenza 31/07/2024 (in allegato).
In origine il conduttore avrebbe dovuto occupare l’appartamento solo per alcuni mesi, mentre finiva la ristrutturazione della nuova casa acquistata dopo aver venduto l’appartamento in cui viveva con moglie e figli.
Il 31/01/2024, con sei mesi di preavviso, ho inviato via PEC la disdetta in allegato; una volta rientrato in possesso dell’immobile la prima destinazione d’uso dovrebbe essere l’attività professionale di mia moglie (infermiera in libera professione, utilizzerebbe l’appartamento come “studio” per alcuni mesi):
• Il conduttore, se non dovesse trovare una sistemazione alternativa, può opporsi al rilascio dell’immobile? La presenza nel nucleo familiare di due figli minori ha un impatto su tale dinamica?
• Quali sono gli atti che definiscono la destinazione d’uso dell’immobile? Ovvero come posso “certificare” che per un dato periodo l’appartamento di mia proprietà è stato utilizzato da mia moglie per la sua attività professionale? C’è una durata minima dell’attività prima di destinare – eventualmente – l’immobile a un altro locatario?
Grazie mille”
Consulenza legale i 12/02/2024
Il locatore ha esercitato il suo diritto a non rinnovare il contratto di locazione alla prima scadenza ai sensi dell’art. 3 comma 1 lett. a) L. 431/1998.
Perché la disdetta sia legittima, quindi, il locatore deve destinare l’immobile all’esercizio dell’attività commerciale propria, della moglie, dei figli, dei genitori o di un parente entro il secondo grado.
L’intenzione dichiarata con la disdetta è quella di farlo diventare studio per la moglie che esercita l’attività di libera professione come infermiera.
Il locatore, ai sensi dell’art. 3 comma 5 L. 431/1998, deve adibire l’immobile entro 12 mesi dalla restituzione all’attività per cui ha esercitato la disdetta.
In caso contrario il conduttore ha diritto al ripristino del contratto di locazione oppure al risarcimento di cui all’art. 3 comma 3 L. 431/1998 pari a 36 mensilità dell’ultimo canone di locazione.

Il conduttore, se la disdetta è esercitata secondo la legge, non può opporsi e il fatto che ci siano figli minori non ha alcuna rilevanza.

Per quanto riguarda la destinazione d’uso, non ci sono degli atti particolari che determinino il fatto che l’immobile è stato destinato per l’attività lavorativa della moglie.
La giurisprudenza ha ritenuto che non siano necessarie particolari formalità ma che sia sufficiente che l’intenzione del locatore sia credibile e realizzabile giuridicamente e tecnicamente (Cass. civ. n. 977/2010; Cass. civ. n. 9851/2022).
Si consiglia, in ogni caso, per evitare questioni da parte del conduttore, di utilizzare l’immobile in concreto come studio infermieristico ponendo una targa sulla porta d’ingresso e l’etichetta del citofono da cui risultino la presenza dell’attività professionale.
In aggiunta, il locatore può anche informarsi con il commercialista per eventualmente stipulare un contratto di comodato gratuito con la moglie ai sensi dell’art. 1803 del c.c.. L’oggetto del comodato, infatti, è quello di dare in godimento un immobile affinché il comodatario se ne serva per un tempo e per un uso determinato.
In questo modo risulterebbe formalmente l’uso a cui è stato destinato l’immobile ma senza che ci debba essere uno scambio di denaro, poco verosimile tra marito e moglie.

La legge non prevede un periodo minimo in cui l’immobile debba essere adibito ad attività professionale prima di metterlo nuovamente in locazione a terzi.
Si consiglia, quindi, di lasciare passare un tempo ragionevole affinché non sembri che la disdetta sia stata data illegittimamente e che la moglie, in caso di stipula di contratto di comodato, receda dando una motivazione specifica (almeno un paio di anni, se di più ancora meglio; non abbiamo condotto ricerche giurisprudenziali su questo specifico aspetto).

E. T. chiede
sabato 13/01/2024
“Buongiorno,
ho affittato un appartamento completamente da arredare a mie spese, con contratto 4+4. L'accordo verbale era che se il proprietario ne necessitava per entrarci lui stesso alla fine dei 4 anni lo avremmo lasciato libero. Il proprietario pochi giorni fa mi ha verbalmente anticipato che è sua intenzione alla fine dei primi 4 anni non rinnovare contratto di locazione e mettere in vendita l'appartamento (che abbiamo completamente arredato: camere, salone, cucina etc, tutto su misura per quello specifico appartamento ovviamente), è un suo diritto inoppugnabile quindi io debbo sottostare a ciò oppure posso fare qualcosa in merito in quanto non è legalmente corretto ciò che sta facendo? nel contratto di locazione vi è, nella durata della locazione, questa clausola "manifesti al conduttore la propria intenzione di adibire l'immobile agli usi personali".
Ciò mi spinge a richiedere un consulto a voi e non mi fa dare direttamente per vinto. Allegherò il contratto nei prossimi step.”
Consulenza legale i 16/01/2024
Il proprietario dell’immobile non ha tutti i torti: tuttavia, occorrerà vedere come si comporterà nei prossimi mesi.
Infatti l’art. 3 della legge 431/1998 (legge sulle locazioni abitative) stabilisce che, alla prima scadenza del contratto di locazione 4 + 4, il locatore ha la possibilità di dare disdetta, ma solo per alcuni motivi specifici, indicati dalla norma stessa.
Tra questi motivi c’è, appunto, l’intenzione di vendere l’immobile. Anche qui, però, occorre fare delle precisazioni. È necessario, infatti, che il locatore:
  1. intenda vendere l'immobile a terzi e
  2. non abbia la proprietà di altri immobili ad uso abitativo oltre a quello eventualmente adibito a propria abitazione.

Inoltre, se il venditore, in presenza di tali presupposti, intende vendere l’immobile locato, il conduttore avrà diritto di prelazione nell’acquisto: ossia il diritto di acquistare l’immobile stesso con precedenza sui terzi. A questo fine, però, è necessario rispettare le modalità previste dagli articoli 38 e 39 della legge 392/1978 (c.d. legge sull’equo canone).

Ciò significa, innanzitutto, che il locatore deve comunicare al conduttore la propria intenzione di vendere con una ben precisa formalità: ovvero tramite atto notificato a mezzo di ufficiale giudiziario.
La legge sull’equo canone stabilisce anche il contenuto di tale comunicazione, in cui devono essere indicati il prezzo, da quantificare in ogni caso in denaro, le altre condizioni alle quali la compravendita dovrebbe essere conclusa e l'invito ad esercitare o meno il diritto di prelazione.
Lo stesso articolo prevede anche le forme e i termini entro cui il conduttore deve rispondere per poter esercitare, eventualmente, il diritto di prelazione.
Se il proprietario/locatore non rispetta le norme sulla prelazione, le conseguenze saranno piuttosto serie (quali riscatto dell’immobile, eventuale risarcimento in favore del conduttore).
Nel nostro caso, la prima scadenza del contratto è fissata al 28 febbraio 2025: per cui è necessario attendere per capire se, al di là di quanto preannunciato, il locatore rispetterà le norme sulla disdetta e sulla prelazione. Infatti la disdetta del locatore deve essere comunicata almeno sei mesi prima della scadenza.

Cliente chiede
mercoledì 06/12/2023
“Buongiorno,
ho comprato di recente una casa e vorrei vendere la mia prima casa che era stata affittata circa 4 anni fa con contratto
4 +4 (non ho altre case oltre quella dove abito se non quella che vorrei vendere) e che scade a fine gennaio 2024.
Il sottoscritto ha inviato 6 mesi fa circa la lettera di disdetta motivandola con la volontà di vendere l'abitazione. Ora quello che vorrei sapere è: basta la volontà e magari metterla in vendita (esempio presso un agenzia immobiliare) dopo la fuoriuscita degli inquilini oppure prima della fuoriuscita deve essere messa in vendita? (in questo ultimo caso perderebbe di valore e vorrei vendere non appena escono e ammoderno la casa) l'altra domanda è che la lettera di disdetta per raccomandata AR con ricevuta di ritorno è stata recapitata ma non è stata presa dall'inquilino ma il postino il giorno della scadenza ha segnato sulla lettera che non erano presenti alla consegna (io l'avevo comunque spedita 10 giorni prima la scadenza dei 6 mesi), basta questo? comunque l'inquilino poi l'ha presa dopo un paio di giorni fisicamente e mi ha chiesto per scritto delucidazioni quindi consapevole della mia volontà. Che succede poi se mettendola in vendita non riesca a vendere? basta la volontà? (cioè aver messo gli annunci tramite agenzia immobiliare) per la prelazione devo mandare adesso qualche comunicazione se l'inquilino volesse esercitare questo diritto? e dopo quanto posso eventualmente ripensarci e rimetterla in affitto con un altro contratto con altre persone? si rischiano i 36 mesi di risarcimento?”
Consulenza legale i 20/12/2023
Il locatore nelle locazioni ad uso abitativo può dare disdetta del contratto alla prima scadenza ai sensi dell’art. 3 della L. locazioni abitative.

Nel caso di specie, la fattispecie applicabile è quella prevista dall’art. 3 comma 1 lett. g) che prevede che almeno sei mesi prima della scadenza del contratto, il locatore comunichi al conduttore la sua volontà di negare il rinnovo del contratto perché vuole alienare l’immobile e non ha altri immobili ad uso abitativo oltre a quello adibito a propria abitazione.
Pare che le modalità di disdetta siano state correttamente eseguite, sia come contenuto che come data in cui è stata inviata la disdetta, qualche giorno prima dei 6 mesi dalla scadenza del contratto.

La legge stabilisce che il conduttore abbia il diritto di prelazione sulla vendita dell’immobile da esercitarsi secondo le modalità previste dall’art. 38 della l. equo canone e art. 39 della l. equo canone.
Per dare la possibilità di esercitare il diritto di prelazione, il locatore deve comunicare al conduttore l’intenzione di vendere l’immobile con atto notificato dall’ufficiale giudiziario che contenga l’indicazione del corrispettivo, le condizioni per la conclusione della compravendita e l’invito ad esercitare il diritto di prelazione.
Il conduttore dovrà dare riposta con atto notificato da ufficiale giudiziario, che rispecchia le condizioni comunicate dal locatore, entro sessanta giorni dalla ricezione dell’invito.
Se il conduttore non risponde nei termini decadrà dal diritto di prelazione.
Allo stesso modo decadrà se comunicherà ufficialmente, dopo la notifica da parte del locatore, di non voler esercitare la prelazione.
Una volta scaduto il termine per esercitare la prelazione, il locatore potrà mettere in vendita l’immobile, anche prima della scadenza del contratto, avendo la cautela di fissare la data del contratto definitivo di compravendita una volta scaduto il contratto di locazione.

Il proprietario dovrà vendere l’immobile entro 12 mesi da quando è rientrato nella disponibilità dello stesso come stabilito dall’art. 3 comma 5 L. locazioni abitative.
Se questo non dovesse accadere, il conduttore avrebbe il diritto di chiedere il ripristino del contratto di locazione oppure il risarcimento del danno non inferiore a 36 mensilità dell’ultimo canone di locazione percepito.
Si ritiene, infatti, che la norma in esame sia posta a tutela del conduttore che subisce il diniego del contratto di locazione alla prima scadenza e non sia quindi derogabile dalle parti o superabile asserendo una difficoltà di vendita.
Il proprietario dovrà quindi mettersi nelle condizioni di vendere l’immobile entro un anno da quando ne è tornato in possesso (dalla data della riconsegna da parte conduttore), eventualmente anche a condizioni meno vantaggiose rispetto a quelle che avrebbe desiderato prima di intraprendere il percorso di vendita.

C. P. chiede
venerdì 28/07/2023
“Buongiorno.
Vorrei dare diniego di rinnovo ad un contratto di locazione 3+2 con 6 mesi di anticipo sulla scadenza dei primi 3 anni ai sensi dell art. 1 lettera a legge 431/98. Infatti, pur essendo sposato e residente attualmente in un altro comune vorrei riprendere possesso per me della mia prima casa (che ho affittato) poiché e sita nel comune dove lavoro e dove risiede mia figlia minorenne che vedo regolarmente.
Nel momento che la casa sarà rilasciata vorrei prendere immediatamente possesso della casa prendendo la residenza in essa. Per le verifiche ex post da parte del conduttore sembra che io debba utilizzare la casa a partire dai 12 mesi successivi alla messa a disposizione dell' immobile. Questo non è un problema perché voglio farlo prima. I quesiti sono i seguenti. Per non incorrere nella sanzione di 36 mensilità da riconoscere al conduttore

1) per quanto tempo dopo i 12 mesi devo mantenere l'uso della casa. Per esempio se volessi poi venderla quanto tempo deve passare? Dopo quanto si esaurisce la necessità di utilizzo della casa secondo quanto indicato in lettera di diniego?
2) supponiamo che prenda subito possesso della casa e che per 6 mesi la utilizzi. Se volessi poi venderla prima di 12 mesi potrei essere costretto a risarcire il conduttore anche dimostrando che per 6 mesi ho utilizzato la casa?

Il punto che non mi è chiaro e come e per quanto tempo e necessario dimostrare che la casa e utilizzata secondo quanto indicato in lettera di diniego

Grazie”
Consulenza legale i 04/08/2023
Per rispondere al quesito è necessario, innanzitutto, leggere attentamente il testo della norma che ci interessa, vale a dire l’art. 3 della L. n. 431/1998, perché alcune espressioni utilizzate nel testo del quesito stesso potrebbero far pensare a un fraintendimento.

Dunque, ai sensi dell’articolo in esame il locatore ha facoltà di negare il rinnovo alla prima scadenza contrattuale, tra le altre ipotesi previste dalla norma, quando egli “intenda destinare l'immobile ad uso abitativo, commerciale, artigianale o professionale proprio, del coniuge, dei genitori, dei figli o dei parenti entro il secondo grado” (art. 3 legge locazioni abitative, comma 1, lett. a)).
Come ha chiarito anche in tempi recenti la giurisprudenza, il locatore è tenuto, sì, a motivare la disdetta (e quindi a indicare quale, tra i motivi tassativamente elencati dalla legge, lo spinge a impedire il rinnovo del contratto); tuttavia, la scelta del locatore non è sindacabile né dal conduttore né, eventualmente, dal giudice.


Quindi è sufficiente che il locatore manifesti la volontà di non proseguire nel rapporto locatizio per il motivo espressamente indicato nella disdetta (nel nostro caso, abitare nell’immobile attualmente locato).
Come ha ricordato la Cassazione (si veda l’ordinanza n. 9851/2022), il diniego di rinnovo alla prima scadenza “presuppone l'intenzione (ma non anche la necessità) del locatore di disporre dell'immobile per uno degli usi previsti dalla norma; l'intenzione deve essere seria, cioè realizzabile giuridicamente e tecnicamente, ma non è sindacabile nel suo contenuto di merito, non potendo il giudice interferire sull'utilità o sulla convenienza della divisata destinazione per il locatore (Cass. 21/01/2010, n. 977; v. anche Cass. 18/05/2010, n. 12127 [...])”.

Per quanto riguarda le sanzioni previste per il locatore che non abbia dato seguito a quanto preannunciato, esse scattano - come previsto dal comma 5 dell’art. 3 in commento - nel caso in cui il locatore abbia riacquistato (anche in via giudiziaria) la disponibilità dell'alloggio e non lo adibisca all’uso indicato nella disdetta “nel termine di dodici mesi dalla data in cui ha riacquistato la disponibilità”.
Nel caso di violazione di quanto sopra da parte del locatore, il conduttore ha diritto al ripristino del rapporto di locazione alle medesime condizioni di cui al contratto disdettato o, in alternativa, al risarcimento di cui al comma 3 (e quindi al pagamento di una somma pari ad almeno trentasei mensilità dell’ultimo canone di locazione percepito).

Dunque il termine di dodici mesi previsto dalla norma indica il periodo a disposizione del locatore per adibire l’immobile, ad esempio, a propria abitazione, come nel nostro caso; nel senso che entro tale lasso di tempo il locatore dovrà mettere in pratica quando dichiarato nella disdetta.

La legge non indica, invece, per quanto tempo il locatore debba rimanere a vivere nell’immobile (il che è anche abbastanza comprensibile, dal momento che si tratterebbe di un'illogica interferenza sulle scelte di vita del locatore).
D’altra parte, la stessa giurisprudenza della Cassazione sopra citata ribadisce il diritto del conduttore al ripristino del rapporto di locazione o, in alternativa, al risarcimento del danno solo “nell'eventualità in cui il locatore non abbia adibito l'immobile all'uso dichiarato nell'atto di diniego del rinnovo nel termine di dodici mesi dalla data in cui ne abbia riacquistato la disponibilità”.

A tale riguardo, peraltro, non ha alcuna rilevanza il termine di dodici mesi, previsto dall’art. 3 della legge sulle locazioni abitative, che indica soltanto il periodo entro cui il locatore deve adibire l’immobile all’uso preannunciato: una volta che l’abbia fatto, la norma non impone al locatore stesso di rimanere nell’immobile per un periodo di tempo determinato (naturalmente, è comprensibile che abitare nell’immobile, ad esempio, per pochi giorni farebbe sorgere legittimamente dubbi sulla effettiva serietà dell’intenzione del locatore manifestata con la disdetta).

D. A. chiede
lunedì 26/06/2023
“Buongiorno, ho una casa nel comune di XXX, affittata ad una ragazza con contratto 2+2 (prima scadenza maggio 2024).
Ci è arrivata una proposta di acquisto e stiamo valutando di accettarla perché ho un magazzino nello stesso comune di XXX molto pericolante che necessità di ristrutturazione. Io vivo nella casa di mio marito a YYY.
Il compromesso lo dovremmo fare tra qualche settimana, ma l'atto tra un anno (per situazioni dell' acquirente).
Nel frattempo noi dovremmo fare lettera di disdetta all'inquilina. Abbiamo già accennato della vendita e lei ha detto che sarebbe disposta a lasciare l'immobile senza problemi. Ma mi chiedo se per la legge menzionata nel contratto (art. 3, comma 1, dell' L.9 Dicembre1998. n. 431) posso richiedere la disdetta del contratto per vendita, senza eventualmente ricorrere a penalità.”
Consulenza legale i 29/06/2023
L’art. 2 della legge locazioni abitative prevede che i contratti di locazione ad uso abitativo abbiano una durata tassativa.
Il comma 3, rimandando all’art.art. 5 della legge locazioni abitative comma 1 L. locazioni abitative, ammette che i contratti possano avere una natura transitoria o essere stipulati per soddisfare le esigenze abitative di studenti universitari.
L’intestazione del contratto non riporta alcun riferimento di legge ma si suppone che il contratto sia stato stipulato rispettando la normativa di riferimento.
Qualora così non fosse, il contratto si intenderà nullo ai sensi dell’art.13 comma 3 della L. locazioni abitative.

Considerando il contratto come validamente stipulato, allo stesso andrà applicato l’art. 3 della L. locazioni abitative che disciplina le modalità di diniego di rinnovo del contratto da parte del locatore alla prima scadenza.

Nel caso di specie, la fattispecie applicabile è quella prevista dall’art. 3 comma 1 lett. g) che prevede che almeno sei mesi prima della scadenza del contratto, il locatore comunichi al conduttore la sua volontà di dare disdetta del contratto perché vuole alienare l’immobile e non ha altri immobili ad uso abitativo oltre a quello adibito a propria abitazione.
La proprietà di un magazzino non rileva a tali fini e non rende quindi illegittima la disdetta.
La legge stabilisce, però, che il conduttore abbia il diritto di prelazione sulla vendita dell’immobile da esercitarsi secondo le modalità previste dall’art. 38 della l. equo canone e art. 39 della l. equo canone.
Qualora il conduttore rinunci a tale diritto, il locatore potrà liberamente vendere l’immobile.

Vista la specificità del caso e la dichiarazione della conduttrice di non avere problemi a rilasciare l’immobile, si ritiene che si possa sottoscrivere un accordo tra proprietario ed inquilina, con cui la stessa dichiara di rinunciare al diritto di prelazione.
La legge nulla dice al contrario e si ritiene che un tale accordo non sia nullo ai sensi dell’art. 13 della l. equo canone.

L’alternativa, invece, che rispecchia la normativa, è quella di comunicare alla conduttrice l’intenzione di vendere l’immobile con atto notificato dall’ufficiale giudiziario che contenga l’indicazione del corrispettivo, le condizioni per la conclusione della compravendita e l’invito ad esercitare il diritto di prelazione.
La conduttrice dovrà dare riposta con atto notificato da ufficiale giudiziario, che rispecchia le condizioni comunicate dal locatore, entro sessanta giorni dalla ricezione dell’invito.
Se il conduttore non risponde nei termini decadrà dal diritto di prelazione.
Allo stesso modo decadrà se comunicherà ufficialmente, dopo la notifica da parte del locatore, di non voler esercitare la prelazione.

Se si dovesse scegliere di seguire quest’ultima strada, si consiglia di posticipare la stipula del preliminare ad un momento successivo alla scadenza del termine per il conduttore per esercitare il proprio diritto oppure dopo la sua comunicazione di rinunciarvi.

M. V. chiede
mercoledì 24/05/2023
“Buongiorno,
mia moglie possiede un immobile attualmente in affitto con contratto 4+4.
I primi 4 anni scadranno il prossimo 31 Ottobre 2023 (tra poco piu' di 5 mesi).
Sono sopraggiunte, a mio avviso, "gravi motivazioni" per richiedere il recesso anticipato dal contratto al conduttore. Nello specifico, a causa di una sopraggiunta crisi coniugale, l'alloggio dovrebbe essere destinato al sottoscritto.
E' possibile procedere con la richiesta di interruzione del contratto dando al conduttore 6 mesi preavviso anche se sono scaduti i 6 mesi del primo rinnovo dei 4 anni?

Vi ringrazio anticipatamente”
Consulenza legale i 29/05/2023
L’art. 3 della L.431/1998 stabilisce espressamente che il locatore ha la possibilità di dare disdetta del contratto per le ragioni ivi indicate con almeno sei mesi di preavviso.
Tale norma ha carattere imperativo ed è inderogabile essendo posta a tutela del conduttore, parte debole del rapporto contrattuale.
Sebbene l’eventuale motivo di disdetta sia tra quelli previsti dalla legge, non è possibile per il locatore inviare comunicazione di diniego di rinnovo del contratto con meno di sei mesi di preavviso.
Il locatore dovrà, quindi, aspettare la prossima scadenza quadriennale per poter comunicare, con almeno sei mesi di anticipo, di non voler rinnovare il contratto.

C. P. chiede
venerdì 10/03/2023 - Lombardia
“Buongiorno,
sono proprietaria al 100% di una casa affittata con contratto a canone concordato 3+2. A aprile 2024 c'è la prima scadenza. Ho deciso di vendere la casa e ho dato il diritto di prelazione all'inquilino che ha deciso di non esercitarlo. Vorrei quindi dare disdetta all'inquilino alla prima scadenza sulla base di quanto previsto dalla lettera g) del comma 1 dell art 3 L 431/98. Il punto che mi lascia perplessa è che questa opzione è prevista solo se il proprietario non è proprietario di altre case ad uso abitativo oltre quella in cui abita. Mi sfugge quale sia la ragione di questa limitazione e cosa si intende per uso abitativo. Io infatti oltre l'abitazione in cui abito possiedo al 50% due appartamenti che sono regolarmente affittati (4+4) e che hanno scadenza 2026. Quindi è vero che sono proprietaria ma al 50% e non ho la disponibilità di tali appartamenti perche sono affiitati e perche ne possiedo solo una percentuale. La domanda è dunque se posso dare disdetta anticipata alla prima scadenza all'inquilino.
Grazie”
Consulenza legale i 20/03/2023
La ratio legis dell’art. 3 L. 431/1998 è quella di tutelare il conduttore dalla disdetta arbitraria del contratto da parte del locatore, dando al contempo rilevanza anche agli interessi di quest’ultimo che possono modificarsi nel corso degli anni rispetto al momento della stipula del contratto.
Egli, infatti, può trovarsi nell’esigenza di voler disporre liberamente della sua proprietà.
Il Legislatore ha stabilito, quindi, delle ipotesi specifiche e restrittive in base alle quali il locatore può dare la disdetta anticipata.
Ne consegue che non è possibile ritenere che la legge sia derogabile o interpretabile in maniera più estensiva rispetto a quanto stabilito dal dato letterale.

L’articolo di legge stabilisce la possibilità di dare disdetta alla prima scadenza nel caso in cui si voglia alienare il bene e non sia abbia la proprietà di altri immobili ad uso abitativo.
Nulla viene specificato nulla sulla quota di proprietà: se si debba avere il 100% della proprietà o se sia sufficiente anche solo una quota di comproprietà.
Nle silenzio del legislatore, sembra però preferibile ritenersi che anche la proprietà soltanto pro quota di un altro bene immobile (lei ne ha addirittura due) a destinazione abitativa impedisca al locatore di dare disdetta ai sensi dell’art 3 c.1 lett. g).
Il locatore, infatti, potrebbe volere vendere l’immobile locato per un bisogno di liquidità, obiettivo che però ben potrebbe raggiungere anche con l’alienazione della sua quota di proprietà dell'altro bene (in questo caso - lo ripetiamo - sono addirittura due).

Si sconsiglia quindi al locatore, nel caso di specie, di dare disdetta alla prima scadenza con la motivazione indicata, perché certamente potrebbe nascerne facilmente una lita dagli esiti assai incerti. Si suggerisce, piuttosto
  • di valutare una vendita dell’immobile e la contestuale cessione del contratto di locazione all’acquirente, il quale avrebbe da attendere poi soltanto due anni per avere l'immobile a disposizione.
  • di proporre una "buona uscita" al conduttore per il rilascio anticipato.

A. S. chiede
martedì 07/03/2023 - Toscana
“Mio figlio, architetto, vorrebbe acquistare un immobile composto da tre appartamenti al momento tutti affittati ai sensi dell'art.2 comma 3 della L.431/98. Il primo appartamento posto al piano terra, che vorrebbe destinare a studio professionale, ha un contratto d'affitto con decorrenza 1/9/2009, con una durata iniziale di 4 anni e che prevede un primo rinnovo tacito di 4 anni e, a seguire, in caso di mancata disdetta, ulteriori rinnovi di 4 anni in 4 anni. Gli altri due appartamenti, che invece vorrebbe destinare a propria abitazione, hanno entrambi decorrenza 2/5/2006 e prevedono la stessa durata e lo stesso meccanismo di rinnovo tacito di 4 anni in 4 anni.Non risulta che il locatore abbia mai dato formale disdetta ad alcuni di questi contratti e si deve, almeno per le mie conoscenze, ritenere che siano tutti in essere. Per quanto sin qui premesso e in considerazione che mio figlio non possiede alcun immobile di proprietà si chiede :
1) quale sia la prima scadenza utile per poter dare disdetta a tutti gli attuali conduttori ;
2) se per le fattispecie in parola trovi applicazione l'art. 3 della L.431/98;
3) se, in tal caso, le motivazione di voler adibire gli appartamenti, uno a studio professionale e gli altri due a propria prima abitazione ( attraverso un intervento di accorpamento ) possano assolvere alle condizioni di cui alla lett.a) del predetto art.3.”
Consulenza legale i 21/03/2023
L’art. 3 della L. 431/1998 elenca le fattispecie in cui il locatore può dare la disdetta al conduttore del contratto di locazione ad uso abitativo alla prima scadenza cioè dopo 4 anni dalla stipula.
Non sono previste, però, limitazioni per il locatore per dare il diniego al rinnovo del contratto alla seconda scadenza e alle successive.
A quanto risulta i contratti stipulati nel 2006 e nel 2009 sono stati rinnovati tacitamente dopo la seconda scadenza, ogni 4 anni alle medesime condizioni senza che nessuno abbia mai dato disdetta o chiesto nuove condizioni.
I primi due contratti stipulati nel 2006 si sono rinnovati automaticamente nel 2022, si suppone, per ulteriori 4 anni e la prossima scadenza sarà nel 2026; il contratto concluso nel 2009 invece si presume che giungerà a scadenza nel 2025, dopo l’ultimo rinnovo automatico del 2021.

Per i primi due contratti del 2006 quindi, sei mesi prima della prossima scadenza del 1 maggio 2026, precisamente entro il 1 novembre 2025 l’acquirente che sarà subentrato come locatore nel contratto, dovrà inviare raccomandata con cui comunica all’altra parte di non volerlo rinnovare.
Per il contratto stipulato nel 2009, con scadenza il 1 settembre 2025, il locatore dovrà inviare la raccomandata entro il 1 marzo 2025.

Poiché dopo i primi 4 + 4 anni, i contratti sono stati rinnovati ogni 4 anni alle medesime condizioni, il locatore non è tenuto a comunicare il motivo per cui non vuole rinnovare il contratto.
Come già detto all’inizio del presente parere, infatti, l’art. 3 comma 1 vincola le possibilità di disdetta da parte del locatore solo per la prima scadenza.

Si ritiene, in ogni caso, che il futuro locatore possa, in via cautelativa, inviare la disdetta nei termini suindicati specificando la sua intenzione di adibire gli immobili a propria abitazione o ad ufficio, se effettivamente questa sarà la destinazione finale.

A. R. chiede
sabato 11/02/2023 - Emilia-Romagna
“Buongiorno,
vi contatto per avere una vostra gentile consulenza su un contratto di affitto 4+4 in scadenza il prossimo 28/2/2023.
Il proprietario di casa mi ha inviato comunicazione di disdetta entro i 6 mesi previsti dal contratto. In tale disdetta tuttavia non sono indicati i motivi previsti dalla legge.
Lo scorso Settembre lo stesso proprietario mi comunica di avere venduto l’immobile e la volontà del nuovo Proprietario di mantenere attiva la disdetta del contratto.
Considerato che il documento ricevuto non contiene alcuna motivazione che spieghi le ragioni della mancata volontà del rinnovo, ritiene possibile che io, conduttore, possa oppormi e continuare a vivere nell’appartamento? Premetto che non è pendente alcuna morosità.

Grazie in anticipo del vostro aiuto.

Cordiali saluti,
Consulenza legale i 19/02/2023
Come è noto, al termine del primo periodo di locazione, il proprietario non è libero di recedere dal contratto: egli infatti può farlo a condizione che sussistano quei motivi tassativamente indicati dall’art. 3 della L. n.431/98. Proprio per questo l’ultima parte del 2° comma di tale articolo specifica che il proprietario è obbligato ad indicare per quale dei motivi elencati dalla legge egli intende esercitare il recesso: se non lo fa la disdetta deve considerarsi nulla e la locazione proseguirà per l’ulteriore periodo di contratto, senza l’obbligo per l’inquilino di liberare i locali e trovarsi una altra sistemazione.

Si tenga, però, comunque presente che la disdetta già inviata, seppur non sia in grado di produrre i suoi effetti e far venir meno la locazione durante il primo periodo di contratto, è comunque valida in relazione al secondo periodo: per tale motivo, una volta che questo ultimo sia interamente decorso, il contratto dovrà considerarsi concluso senza l’obbligo per il proprietario di ripresentare una nuova disdetta: l’inquilino, quindi, alla scadenza dovrà liberare l’immobile e riconsegnare le chiavi.

La giurisprudenza ha chiarito come l’obbligo previsto dal co 2° dell’art 3 della L. n431/98: "deve essere inteso nel senso che esso impone una specificazione precisa ed analitica della situazione dedotta, con riguardo alle concrete ragioni che giustificano la disdetta, in modo da consentire, in caso di controversia, la verifica della serietà e della realizzabilità della intenzione dedotta in giudizio e, comunque, il controllo, dopo l'avvenuto rilascio, circa la effettiva destinazione dell'immobile all'uso indicato nella ipotesi in cui il conduttore estromesso reclami l'applicazione (Trib. Roma,Sez.VI, del 28.01.2020; Tr. Napoli n. 1210/2021; Cass civ. n. 936/2013)".

Analizzando la prima delle comunicazioni inviate dal proprietario si riesce ad evincere con chiarezza le ragioni per cui egli esercita il suo diritto di disdetta: ovvero la necessità di vendere l’immobile, motivo previsto dalla lett. g) dell’art.3 della L. n.431/98. In tale comunicazione egli indica chiaramente tutte le condizioni essenziali dell’affare ormai prossimo alla conclusione: ciò è utile non solo ai fini dell’esercizio del diritto di prelazione riconosciuto all’inquilino dalla medesima lettera della norma, ma anche ai fini della valutazione della serietà delle intenzioni del proprietario; tale serietà viene poi ulteriormente ribadita dalla successiva comunicazione del proprietario che conferma l’avvenuta vendita della abitazione.

Purtroppo si deve quindi concludere che non vi sono gli estremi per considerare nulla la disdetta inviata dal proprietario di casa.

R C. chiede
venerdì 03/02/2023 - Emilia-Romagna
“Buongiorno,
Dal 2011 la mia famiglia ha affittato una casa di sua proprietà ad una signora, con contratto 4+4, ormai sono passati 13 anni, l'ultimo rinnovo di contratto è stato fatto nel 2021.
Nel caso si volesse anticipare la recessione di contratto per poterci andare a vivere io (figlia) è possibile? Nel contratto non è specificato nulla riguardo il recesso anticipato da parte del locatore. Nel caso in che modo?
Grazie”
Consulenza legale i 08/02/2023
Nei contratti di locazione il locatore può recedere dal contratto entro i limiti stabiliti dall’art. 3 della L. 431/1998.
Per i contratti ad uso abitativo della durata di 4 + 4 anni, la legge prevede la possibilità per il locatore di recedere dal contratto alla prima scadenza ma solo per i motivi indicati nell’art. 3.
Il recesso, quindi, non è sempre concesso e deve essere comunicato in forma scritta al conduttore con un preavviso di almeno sei mesi.
Il primo motivo di recesso anticipato per il locatore previsto dall’art. 3 è proprio la volontà di destinare l’immobile ad uso abitativo, commerciale, artigianale o professionale, per sé stesso o per alcuni familiari, tra cui rientrano anche i figli.
Alla seconda scadenza del contratto, invece, il locatore ha la possibilità di rinunciare al rinnovo ma deve in ogni caso comunicarlo al conduttore almeno sei mesi prima della scadenza con raccomandata.

Nel caso di specie il primo contratto è stato stipulato nel 2011 mentre l’ultimo rinnovo pare essere del 2021.
Si suppone che sia stato stipulato un nuovo contratto di locazione della durata di 4 + 4 nel 2021.
Il nuovo contratto dovrà arrivare alla sua prima scadenza e, almeno sei mesi prima di tale data, il proprietario dovrà comunicare per iscritto la disdetta del contratto per la volontà di destinare l’immobile ad uso abitativo per la propria figlia.
Nella comunicazione dovrà essere specificato, a pena di nullità, il motivo tra quelli tassativamente indicati nella norma e su cui è fondata la disdetta.
In questo modo, in caso di controversia, verrà verificata la realizzabilità ex ante dell’intenzione dedotta in giudizio e verrà controllato che l’immobile sia stato effettivamente destinato, dopo il rilascio, all’uso indicato (Tr. Napoli n. 1210/2021; Cass civ. n. 936/2013).


F. R. chiede
sabato 22/10/2022 - Lombardia
“Buongiorno,

il 26 settembre 2016 ho stipulato con la mia compagna un contratto di locazione ad uso abitativo a canone libero 4+4 (ex art 2, c. 1°, L.431/98 in vigore dal 30/12/98).
In data 20 ottobre 2022 ricevo una raccomandata R.R. con oggetto "disdetta contratto di locazione ad uso abitativo per immobili in XXX del 26.09.2016".

In tale disdetta il locatore scrive (testuali parole):
1. "I sottoscritti in qualità di locatori comunicano la volontà di interrompere il contratto di locazione in scadenza definitiva, dopo il rinnovo 4+4, il giorno 30/09/2024 rispettando con ampio preavviso quanto previsto dall'art 1 del contratto di locazione stesso".

2. "tale necessità è dovuta ad un uso proprio della casa da parte della famiglia (art.3 dl 431/98 punto a), quindi tale interruzione dovrà avvenire nei limiti di legge prestabiliti.

Specifico che al punto 1 del contratto di locazione si legge:
"il contratto è stipulato per la durata di anni 4 dal 01.10.2016 al 30.09.2020 e si intenderà rinnovato per altri 4 anni, salvo diniego di rinnovo alla prima scadenza da esercitarsi dal locatore per uno dei motivi consentiti ed indicati all' art. 3 L. 431/98. In tale ipotesi il locatore dovrà inviare e far pervenire disdetta motivata a mezzo raccomandata A.R. specificando il o i motivi di cui al citato art.3, entro il termine di almeno 4 mesi prima della scadenza. Per le scadenze contrattuali successive alla prima, il locatore potrà disdettare il contratto con lettera raccomandata A.R. comunicata al conduttore almeno 6 mesi prima della scadenza".

Specifico che il locatore mi ha informato che si sta separando (ha due figli minori), attualmente vive in un'altra casa in un altro comune e dovrebbe avere un altro paio di case date in affitto. Mentre io ho una bimba di 7 mesi e nessun'altra unità abitativa.

Il locatore mi sta facendo pressioni da luglio per lasciare la casa prima della scadenza (attualmente siamo al 6 anno, ne resterebbero altri 2) in quanto servirebbe la casa come scritto nella RR a seguito della separazione; inoltre per sms mi dice che dovrei lasciare la casa entro 6 mesi se non addirittura 4 (sua interpretazione del punto 1 del contratto di locazione) dal ricevimento della RR stessa.

Con queste premesse chiedo:
1. Posso rimanere nell'appartamento fino a fine contratto o sono obbligato a lasciarlo entro 4/6 mesi come intimato dal locatore? in questo caso il locatore deve rimandare la RR modificando le date di interruzione? Sono obbligato a rispondere a questa RR per non accettare la disdetta entro 4/6 mesi?

2. la RR è indirizzata a me e alla mia compagna (l'affitto è intasato ad entrambi) ma il nome della mia compagna scritto nella disdetta non è corretto (hanno proprio sbagliato nome), è da considerarsi nulla e quindi il locatore deve mandare una nuova RR?

3. il motivo della disdetta "tale necessità è dovuta ad un uso proprio della casa da parte della famiglia (art.3 punto a)" è formalmente corretto?

Se il diniego fosse illegittimo è sufficiente inviare una RR o è meglio farsi seguire da un avvocato?

Grazie”
Consulenza legale i 02/11/2022
La risposta alla maggior parte delle domande contenute nel quesito va ricercata, innanzitutto, nel testo dell’art. 2 della legge locazioni abitative, comma 1.
Tale norma stabilisce, appunto, che le parti possano stipulare contratti di locazione di durata non inferiore a quattro anni; decorsi i primi quattro anni viene previsto un meccanismo di tacito rinnovo, salvi i casi in cui l’art. 3 della legge locazioni abitative consente al locatore di recedere dal contratto per le motivazioni ivi indicate (ovvero adibire l'immobile a determinati usi o effettuare sullo stesso talune opere o, ancora, vendere l'immobile alle condizioni e con le modalità precisate dallo stesso art. 3).
Ai fini della soluzione dei nostri quesiti, dunque, possiamo già affermare che l’esistenza di una motivazione per la disdetta del locatore è rilevante solo in riferimento alla prima scadenza del contratto.
Nel nostro caso, tuttavia, la prima scadenza del contratto è già trascorsa, per cui dobbiamo fare riferimento a quanto stabilito dal secondo periodo del comma 1 dell’art. 2 in commento: “alla seconda scadenza del contratto, ciascuna delle parti ha diritto di attivare la procedura per il rinnovo a nuove condizioni o per la rinuncia al rinnovo del contratto, comunicando la propria intenzione con lettera raccomandata da inviare all'altra parte almeno sei mesi prima della scadenza. La parte interpellata deve rispondere a mezzo lettera raccomandata entro sessanta giorni dalla data di ricezione della raccomandata di cui al secondo periodo. In mancanza di risposta o di accordo il contratto si intenderà scaduto alla data di cessazione della locazione. In mancanza della comunicazione di cui al secondo periodo il contratto è rinnovato tacitamente alle medesime condizioni”.

Passiamo, dunque, a rispondere alle diverse domande formulate nella richiesta di consulenza.
In primo luogo, il conduttore non è affatto obbligato a rispettare la data di scadenza arbitrariamente indicata dal locatore: infatti la legge prevede che, in mancanza di risposta alla raccomandata (nel nostro caso, si tratta della disdetta, o meglio della rinuncia al rinnovo del contratto, da parte del locatore), “il contratto si intenderà scaduto alla data di cessazione della locazione”.
Quindi il conduttore non dovrà lasciare l’immobile prima della naturale scadenza del contratto.
Da quanto sopra si evince anche che il locatore non può “modificare” il termine per il rilascio dell’immobile, eventualmente inviando una nuova disdetta. Né il conduttore è obbligato a rispondere alla disdetta del locatore: come abbiamo appena visto, in caso di mancata risposta alla raccomandata inviata dall’altro contraente il contratto si intende scaduto alla data di cessazione della locazione.
Peraltro, la disdetta del locatore indica comunque come data di cessazione quella del 30 settembre 2024.

Ciò detto, possiamo rispondere anche alla domanda n. 3: come chiarito in apertura del presente parere, la motivazione della disdetta ha rilevanza solo con riferimento al diniego di rinnovo alla prima scadenza, che nel nostro caso tuttavia è già superata. In vista della seconda scadenza, invece, ciascuna parte del contratto di locazione può liberamente decidere di non rinnovare il contratto, osservando le forme e i termini di cui all’art. 2 della L. n. 431/1998.

Da ultimo, affrontiamo la questione sollevata con la domanda n. 2. Anche volendo, per ipotesi, considerare invalida la disdetta, dobbiamo ricordare che da tempo la giurisprudenza ha affermato che “la disdetta del locatore, in quanto volta a determinare la cessazione del rapporto di locazione alla scadenza del termine contrattuale e, conseguentemente, ad imporre al conduttore la riconsegna del bene locato e cioè l'esecuzione di una prestazione indivisibile, è efficace nei confronti di tutti i conduttori, ancorché intimata ad uno solo di essi” (Cass. Civ., Sez. III, 17/05/1999, n. 4797).

L. T. chiede
lunedì 02/05/2022 - Lazio
“Salve,
Ho stipulato un contratto con cedolare secca 3 anni + 2 in data 01/11/2020 per affittare una porzione del mio appartamento (l'appartamento è dotato di doppio ingresso quindi con una piccola modifica è stato possibile ricavare due appartamenti indipendenti).
I primi 3 anni del contratto scadranno il 30/10/2023 e volevo sapere se la motivazione di voler rientrare in possesso dell'intero appartamento per usi personali è una condizione valida per non rinnovare i successivi "+ 2 anni" (articolo 3 della legge n°431/98 motivo a) e che il conduttore non possa fare ricorso per motivazione non valida.

Inoltre, per agire in maniera corretta, devo mandare una raccomandata al conduttore almeno 6 mesi prima della scadenza dei 3 anni (quindi entro il 30 aprile 2023). C'è un modello che posso scaricare per impostare correttamente la richiesta di non rinnovo contratto per il motivo indicato sopra?

Resto a disposizione per eventuali chiarimenti o altre informazioni.
Vi ringrazio anticipatamente.

Saluti”
Consulenza legale i 05/05/2022
In materia di locazione ad uso abitativo, l’art. 3, comma 1, lett. a) della L. n. 431/1998 consente al locatore di impedire il rinnovo del contratto alla prima scadenza “quando il locatore intenda destinare l'immobile ad uso abitativo, commerciale, artigianale o professionale proprio, del coniuge, dei genitori, dei figli o dei parenti entro il secondo grado”.
La regola è applicabile anche ai contratti “3 + 2”, in virtù di quanto disposto dallo stesso art. 3 cit. e dal comma 5 dell’art. 2 della medesima legge.
Pertanto, ai fini della validità ed efficacia della disdetta, è necessario che sussista realmente una delle motivazioni indicate dalla norma, e che la stessa sia puntualmente indicata nella disdetta stessa: chiaramente la dicitura “usi personali” menzionata nel quesito non sarebbe sufficiente a tal fine, in quanto eccessivamente generica.
Occorre sottolineare che l'art. 3 della legge sulle locazioni abitative prevede anche sanzioni a carico del locatore, nel caso in cui la facoltà di recesso sia da quest'ultimo illegittimamente esercitata, oppure laddove il locatore non provveda ad attuare quanto dichiarato nella disdetta.
In particolare, ai sensi del comma 3 della norma, se si accerta che il locatore ha riacquistato la disponibilità dell'alloggio a seguito di illegittimo esercizio della facoltà di disdetta, egli sarà tenuto a corrispondere un risarcimento al conduttore, da determinarsi in misura non inferiore a trentasei mensilità dell'ultimo canone di locazione percepito.
Inoltre, il comma 5 dell'articolo in esame stabilisce che il conduttore ha diritto al ripristino del rapporto di locazione alle medesime condizioni di cui al contratto disdettato o, in alternativa, al risarcimento di cui al comma 3, nel caso in cui il locatore abbia riacquistato (anche con procedura giudiziaria) la disponibilità dell'alloggio e non lo adibisca, nel termine di dodici mesi dalla data in cui ha riacquistato la disponibilità, agli usi per i quali ha esercitato la facoltà di disdetta.
Nel caso in cui effettivamente sussista una delle esigenze elencate dall’articolo in commento, la Redazione è disponibile a fornire un modello di disdetta utilizzabile dal Cliente.

F. B. chiede
martedì 26/04/2022 - Lombardia
“Salve, ho sottoscritto nel luglio 2021 con la mia compagna un contratto di locazione 4+4 per un appartamento a fine abitativo di entrambi.
In data 1/04/22 ho ricevuto una telefonata dal proprietario di casa che mi informava circa una lettera che avrei ricevuto da li a pochi giorni per la notifica, con preavviso di 6 mesi, di dover lasciare la casa in quanto ne avrebbe avuto necessità abitative insieme alla moglie.
A questo punto io e la mia compagna ci troviamo nella situazione a distanza di 1 anno di dover sostenere nuovamente le spese di trasloco nonché di agenzia e di ricerca di un nuovo appartamento.

Mi domandavo se il proprietario potesse avere tali pretese a fronte di un contratto sottoscritto da meno di 1 anno e se eventualmente ci fossero le condizioni per ricevere un rimborso delle spese sostenute/da sostenere.

Grazie anticipatamente”
Consulenza legale i 03/05/2022
La pretesa del locatore è palesemente illegittima.
Infatti l’art. 3 della L. n. 431/1998, che disciplina le locazioni abitative, circoscrive molto la possibilità per il locatore di “disdire” o, meglio, di denegare il rinnovo del contratto alla prima scadenza contrattuale.
I casi in cui ciò può avvenire sono esclusivamente quelli elencati dalla norma (ad esempio, l’intenzione di “destinare l'immobile ad uso abitativo, commerciale, artigianale o professionale proprio, del coniuge, dei genitori, dei figli o dei parenti entro il secondo grado”).
Peraltro, nella comunicazione di recesso inviata dal locatore manca qualsiasi indicazione della motivazione della disdetta.
Ma, soprattutto, la norma in esame attribuisce al locatore non una facoltà di recedere in qualsiasi momento dal contratto, bensì di impedirne il rinnovo alla prima scadenza, ovvero una volta decorsi i primi quattro anni: nel nostro caso, invece, si intima al conduttore di lasciare l’immobile addirittura entro l’anno successivo alla stipula.
Si osserva, infine, che, anche ammettendo per assurdo la legittimità della disdetta, non risulterebbe neppure rispettato il termine di preavviso di sei mesi, a meno che la comunicazione non sia stata ricevuta proprio il 1° aprile (così non sembra, però da quanto riferito nel quesito).
Sussistono, pertanto, tutti gli elementi per contestare, preferibilmente per iscritto, la comunicazione del locatore.

Lucrezia G. chiede
giovedì 07/04/2022 - Emilia-Romagna
“Salve. Siamo 4 eredi (una mamma e tre sorelle), abbiamo ereditato un attico il cui proprietario era nostro padre, deceduto nel 2020. L'attico è affittato 4+4 ed il quarto anno terminerà a Gennaio 2023, quindi visto che vogliamo assolutamente vendere la casa, vogliamo fare lettera di disdetta 6 mesi prima e utilizzare come valido motivo la vendita dell'immobile (tutti gli altri motivi non sono per noi applicabili). Il problema è che la mamma è già proprietaria di un altro appartamento (nello stesso comune dell'attico) in cui peró non è residente (infatti lei vive in un'altra casa e in altro comune) e inoltre non è libero in quanto è già occupato/affittato ad altri, e quindi in teoria non possiamo vendere l'attico perchè uno dei locatori è già proprietario di altro immobile. Ma di noi 4 eredi solo la mamma secondo l'art. 3 è già proprietaria di altro immobile ad uso non abitativo ma non noi figlie/sorelle. Siamo comunque vincolate tutte oppure possiamo procedere lo stesso?
Grazie mille.”
Consulenza legale i 13/04/2022
La possibilità di disdire il contratto di locazione alla prima scadenza nel caso in cui si voglia cedere l’immobile a terzi prevista dalla lett.g) dell’art. 3 della L. n.431/98, è funzionalmente correlata con il riconoscimento del diritto di prelazione all’acquisto riconosciuto al conduttore.

Come ben specificato dalla norma in commento, tale diritto infatti ricorre nel momento in cui la vendita interviene alla prima scadenza e il locatore non abbia altri immobili ad uso abitativo oltre a quello adibito a propria abitazione. La disdetta nel caso specifico serve non solo per far venir meno il vincolo contrattuale, ma diviene anche il primo mezzo per rendere edotto il conduttore della volontà di cedere l’immobile da parte del proprietario e quindi della possibilità di esercitare il diritto di prelazione.

Dopo un annoso dibattito giurisprudenziale, le Sezioni Unite della Corte di Cassazione con la pronuncia n.13886 del 14.06.2007, hanno chiarito che il diritto di prelazione non spetta al conduttore nel momento in cui si voglia vendere semplicemente una quota di comproprietà dell’immobile locato: affinché quindi spetti al conduttore il diritto di prelazione deve essere ceduto l’intero immobile. Questa pronuncia è stata resa in relazione al diritto di prelazione previsto per la locazione di immobili ad uso commerciale, ma la relativa disciplina e i suoi principi trovano applicazione anche nelle locazioni di immobili ad uso abitativo proprio in virtù del rinvio che ne fa la lett.g) dell’art. 3 della L. n.431/98.

Per questo nel caso specifico non è possibile per i singoli comproprietari privi di altre abitazioni disdire il contratto autonomamente da colui che non ha i requisiti normativi, in quanto giocoforza la comunicazione di voler vendere l’immobile e quindi di disdire la locazione deve provenire dalla totalità dei proprietari: solo i proprietari nel loro insieme, infatti, sono in grado di cedere la totalità dell’appartamento locato, e quindi far sorgere il diritto di prelazione per il conduttore.
Ovviamente rimane comunque ferma la possibilità di vendere l’immobile anche durante la efficacia del contratto di locazione, ma esso ai sensi dell’art. 1599 del c.c. diverrà efficace anche nei confronti del nuovo acquirente.

Unica possibilità di superare gli ostacoli sopra descritti è quella di acquistare, o farsi donare, dalla madre la sua quota.

M. M. chiede
venerdì 07/01/2022 - Veneto
“Buongiorno.
Sottopongo alla vostra valutazione il seguente quesito:
possiedo un immobile, adiacente alla mia abitazione, affittato ad uso abitativo con regolare contratto registrato mercato libero 4+4 con prima scadenza 26 agosto 2022.
Vorrei destinare questo appartamento ad abitazione per mia sorella che intende avvicinarsi a me a causa di problemi di salute.
Per questo motivo vorrei esercitare il diritto di diniego al rinnovo come previsto dalla L. 9 dic 1998, n. 431 art 3. entro 6 mesi dalla scadenza.
Pur essendo considerata valida la motivazione dalla legge medesima, il dubbio interviene allorchè mia sorella vorrebbe acquistare subito l'immobile, motivazione anch'essa prevista (confortata anche dal fatto che non spetterebbe neanche la prelazione al conduttore come previsto dall'art. 732 del cc) ma da me non esercitabile, credo, in quanto già possessore di altro immobile in altra regione tenuto a disposizione per le vacanze.
Alla luce di quanto esposto e considerato che l'unica vera motivazione è la destinazione dell'immobile ad abitazione di mia sorella che intende avvicinarsi a me per essere aiutata e non quella di vendere, posso esercitare l'azione di diniego?
Inoltre se decidessimo invece di rogitare dopo qualche mese, o 1 anno, che mia sorella abbia preso la residenza presso il mio immobile, allora sarebbe legale?
Ringrazio e saluto”
Consulenza legale i 11/01/2022
La risposta al quesito si ricava dalla lettura dell’art. 3 della L. 431/98.
Infatti tale norma prevede espressamente alla lettera a) che il locatore possa avvalersi della facoltà di diniego del rinnovo del contratto, dandone comunicazione al conduttore con preavviso di almeno sei mesi, laddove “intenda destinare l'immobile ad uso abitativo, commerciale, artigianale o professionale proprio, del coniuge, dei genitori, dei figli o dei parenti entro il secondo grado”.
Nella presente vicenda, stando a quanto riportato, appare pacifico che l’immobile verrebbe destinato ad uso abitativo di Sua sorella (parente in linea collaterale di secondo grado).
La circostanza che quest’ultima, in un secondo tempo, intenda poi acquistare l’appartamento non rende illegittimo l’esercizio della facoltà di disdetta. Infatti, il predetto articolo prevede un risarcimento al conduttore soltanto “qualora il locatore abbia riacquistato la disponibilità dell'alloggio a seguito di illegittimo esercizio della facoltà di disdetta”.
Il motivo di cui alla lettera g) del predetto articolo 3 (locatore che intende vendere l’immobile a terzi e non ha la proprietà di altri immobili ad uso abitativo oltre a quello eventualmente adibito a propria abitazione) non appare applicabile al caso in esame.
Infatti, il diniego di rinnovo verrebbe esercitato per adibire l’immobile ad uso abitativo di un parente e non per vendere a terzi.
La circostanza che poi Sua sorella proponga successivamente di acquistare l’immobile non rientra nella fattispecie indicata nella predetta lettera g.

Dunque la risposta alla prima domanda contenuta nel quesito deve intendersi affermativa.

Quanto alla seconda domanda, riteniamo sia consigliabile un rogito (preceduto da una proposta d’acquisto dell’immobile da parte di Sua sorella) successivamente all’acquisto della residenza e dopo un ragionevole lasso di tempo (alcuni mesi o un anno) soltanto per evitare qualsiasi possibile, seppur infondata, questione da parte del conduttore.

N. C. chiede
venerdì 24/12/2021 - Lombardia
“Gentili Signori, scrivo per avere una risposta in merito alla disdetta anticipata da parte del Locatore del mio contratto di locazione ad uso abitatitivo tra privati 4+4. La motivazione riportata nella lettera raccomandata di disdetta è la volontà della proprietà di procedere alla vendita dell'immobile.
Il contratto è stato stipulato nell' anno 2016 e si è automaticamente rinnovato nel 10/2020. Vorremmo la conferma che la disdetta del contratto non possa essere avanzata prima di 6 mesi (sei) dalla seconda scadenza naturale.
Si precisa che il Locatore possiede l'immobile dove abita e altri immobili. Il conduttore non possiede altri immobili nel comune oggetto del contratto di locazione. Vorremmo inoltre essere informati sull'eventuale diritto di prelazione a nostro favore. Allego contratto di locazione e lettera di disdetta del Locatore. Ringrazio anticipatamente e resto in attesa di un cortese riscontro nel più breve tempo possibile. Cordiali saluti. Noemi Confortini”
Consulenza legale i 29/12/2021
Per quanto riguarda il termine della disdetta da parte del locatore dopo la prima scadenza, la normativa di riferimento (art. 3 L.431/98) dispone un termine non inferiore a sei mesi.
Tuttavia, tale termine non appare rientrare tra le disposizioni inderogabili a pena di nullità.
Infatti, il successivo art. 13 indica quali ipotesi di nullità:
1) ogni pattuizione volta a determinare un importo del canone di locazione superiore a quello risultante dal contratto scritto e registrato;
2) ogni pattuizione volta a derogare ai limiti di durata del contratto stabiliti dalla presente legge.
Nella presente vicenda non è stata prevista nel contratto una deroga ai limiti di durata ma soltanto un termine di preavviso di disdetta successivo alla prima scadenza di tre mesi anziché sei (e ciò sia per il locatore che per il conduttore).
A ciò si aggiunga che tale clausola è stata specificatamente approvata per iscritto ai sensi dell’art. 1341 c.c.

Ad ogni modo, pur ritenendo in linea di principio legittimo il preavviso di tre mesi, restano però tassativi (perché così espressamente specificato al comma 2 del sopra citato art. 3 della L.431/98) i motivi in base ai quali il locatore può inviare la disdetta.
L’ipotesi relativa al caso in esame sarebbe quella prevista alla lettera g e cioè vendita dell’immobile a terzi quando il locatore “non abbia la proprietà di altri immobili ad uso abitativo oltre a quello eventualmente adibito a propria abitazione.”
Leggiamo invece nel quesito che, a quanto risulta, il locatore possiederebbe anche altri immobili oltre quello dove vive.
Dunque le condizioni previste dalla norma ai fini della disdetta sarebbero state rispettate soltanto in parte.
Ne consegue che la disdetta non può ritenersi legittimamente esercitata.
Quanto al diritto di prelazione, sussisterebbe se la disdetta fosse stata esercitata in modo conforme alla norma.
In tal caso, si applicherebbe quanto previsto dagli articoli 38 e 39 della L.392/78 (cioè il locatore dovrebbe dare comunicazione al conduttore con atto notificato a mezzo di ufficiale giudiziario indicando il corrispettivo e le altre condizioni nonchè l'invito ad esercitare o meno il diritto di prelazione. Il conduttore dovrebbe poi esercitare tale diritto entro il termine di sessanta giorni dalla ricezione della comunicazione, con atto notificato al proprietario a mezzo di ufficiale giudiziario, offrendo condizioni uguali a quelle comunicategli. Qualora il proprietario non provveda alla notificazione o il corrispettivo indicato sia superiore a quello risultante dall'atto di trasferimento a titolo oneroso dell'immobile, il conduttore potrebbe entro sei mesi dalla trascrizione del contratto, riscattare l'immobile).

Alla luce di tutto quanto precede, le strade da intraprendere sono diverse a seconda che si abbia o meno interesse a rimanere nell’immobile condotto in locazione.

Nel primo caso, è opportuno inviare una raccomandata di risposta al conduttore in cui si contesta che la disdetta non è stata esercitata secondo quanto previsto dalla legge in materia e che pertanto deve ritenersi non valida.
Chiaramente, ciò non impedirebbe al locatore di andare per vie giudiziali (ferma la dubbia validità della disdetta come sopra specificato).

Se invece non vi è interesse a rimanere nell’immobile, va tenuto presente che l’art. 3 della L.431/98 prevede espressamente che: “Qualora il locatore abbia riacquistato la disponibilità dell'alloggio a seguito di illegittimo esercizio della facoltà di disdetta ai sensi del presente articolo, il locatore stesso è tenuto a corrispondere un risarcimento al conduttore da determinare in misura non inferiore a trentasei mensilità dell'ultimo canone di locazione percepito.”
In tal caso, sarebbe opportuno comunque inviare una lettera raccomandata con la quale si comunica al locatore che a fronte della disdetta, seppur non legittimamente esercitata, l’immobile verrà rilasciato ma senza riconoscimento di diritto alcuno ed impregiudicata ogni azione legale per la tutela dei diritti ed interessi relativi al contratto di locazione.

Michele M. chiede
giovedì 07/01/2021 - Basilicata
“Mia figlia, studentessa universitaria, qualifica riportata nel contratto di affitto di appartamento durata 3+2 a Bari, ha ricevuto in data 19/12/2020 il diniego del rinnovo di contratto alla scadenza del triennio che accludo, senza però riportare le motivazioni.
La domanda è: Questo diniego è valido? E se il proprietario invia un secondo diniego, non più nei termini dei 6 mesi prima della scadenza del contratto, il nuovo diniego con le motivazioni è valido?”
Consulenza legale i 14/01/2021
La comunicazione di diniego di rinnovo del contratto, effettuata dal locatore ex art. 3 del D.lgs. 9 dicembre 1998 n. 431 (c.d. Legge sulle locazioni abitative) deve giungere a conoscenza del conduttore sei mesi liberi prima della scadenza e deve contenere lo specifico motivo sul quale si fonda.
In mancanza di tale specificazione, la disdetta del contratto di locazione deve considerarsi nulla, con la conseguenza che può essere validamente rinnovata, anche prima dell’accertamento giudiziale del vizio della prima disdetta, con un nuovo atto contenente l’indicazione dei motivi in precedenza omessi, la quale potrà essere posta a fondamento di un’autonoma domanda giudiziale.
Ciò significa che se il locatore invia, anche oltre il termine dei sei mesi prima, un secondo diniego con specifica indicazione dei motivi o anche un atto contenente solamente la specificazione dei motivi prima omessi, tale atto vale a conferire validità alla prima comunicazione di diniego di rinnovo del contratto, effettuata entro i termini prescritti dall’art. 3 Legge 431/1998.

A tale conclusione si giunge sulla base delle seguenti considerazioni.
Innanzitutto va osservato che la ragione per la quale il locatore è tenuto a specificare nella comunicazione di disdetta il motivo della stessa è quella di:
  1. consentire ex ante al conduttore, in caso di controversia, la verifica della serietà e della realizzabilità dell’intenzione dedotta in giudizio;
  2. consentire, sempre allo stesso conduttore, il controllo ex post, ossia dopo l’avvenuto rilascio, circa l’effettiva destinazione dell’immobile all’uso indicato nell’ipotesi in cui lo stesso conduttore estromesso voglia reclamare l’applicazione delle sanzioni previste a carico del locatore ex art. 3 citato, invocabili anche quando l'immobile sia stato adibito ad un uso riconducibile ad una delle ipotesi previste dall'art. 3, ma diverso da quello indicato (così Cass. Sez. III civile n. 936 del 16.01.2013).


Il quarto comma del predetto art. 3 richiama per la procedura di diniego di rinnovo l’art. 30 della l. equo canone, inserito sotto il Capo II, relativo alla “Locazione di immobili urbani adibiti ad uso diverso da quello di abitazione”.
Tale norma dispone che, una volta che il locatore abbia manifestato al conduttore, entro il termine prefissato, la propria volontà di conseguire, alla prima scadenza del contratto, la disponibilità dell’immobile locato, prima della data per la quale è richiesta la disponibilità ovvero quando tale data sia trascorsa senza che il conduttore abbia rilasciato l’immobile, il locatore può convenire in giudizio il conduttore.

Dall’analisi di tale impianto normativo, dunque, se ne può dedurre che, nella comunicazione da effettuare ex art. 3 Legge 431/1998, occorre operare una scissione tra la manifestazione della volontà di diniego di rinnovo alla prima scadenza e la specificazione dei motivi per i quali tale volontà viene manifestata.

Questi ultimi devono intendersi richiesti, a pena di nullità del diniego di rinnovo, soltanto al fine di consentire al locatore di conseguire in giudizio la disponibilità dell’immobile ex art. 30 Legge equo canone, con la conseguenza che la loro mancata indicazione prima del giudizio consente al conduttore di far valere il proprio diritto al ripristino del rapporto di locazione alle medesime condizioni di cui al contratto disdettato o, in alternativa, al risarcimento di cui al comma 3 del citato art. 3, nell’eventualità in cui il locatore non abbia adibito l’immobile all’uso dichiarato nell’atto di diniego del rinnovo, nel termine di dodici mesi dalla data in cui ne abbia riacquistato la disponibilità.

Al contrario, la successiva specificazione del motivo o dei motivi del diniego, prima dell’instaurazione della procedura di rilascio, vale a sanare la nullità da cui risulterebbe inficiata la comunicazione che ne è priva, effettuata entro il termine di decadenza prescritto dalla legge.
In tal senso può citarsi Cass. civ., sez. III, 14 febbraio 1992, n. 1834 nonché, nella giurisprudenza di merito:
Trbunale di Roma, Sez. VI, sentenza del 28.01.2020:
“In tema di diniego di rinnovo del contratto di locazione ad uso abitativo secondo l'art. 3, della Legge 431/1998, alla prima scadenza nella comunicazione del diniego di rinnovazione del contratto deve essere specificato, a pena di nullità, il motivo, tra quelli tassativamente indicati dallo stesso articolo, sul quale la disdetta è fondata. Tale norma deve essere intesa nel senso che essa impone una specificazione precisa ed analitica della situazione dedotta, con riguardo alle concrete ragioni che giustificano la disdetta, in modo da consentire, in caso di controversia, la verifica della serietà e della realizzabilità della intenzione dedotta in giudizio e, comunque, il controllo, dopo l'avvenuto rilascio, circa la effettiva destinazione dell'immobile all'uso indicato nella ipotesi in cui il conduttore estromesso reclami l'applicazione delle sanzioni previste a carico del locatore dall'art. 3 della stessa legge.
Tribunale di Roma, Sez. VI, sentenza 28/08/2019:
“In materia di disdetta del contratto di locazione, un rinvio per relationem a tutti indistintamente i motivi di fatto di cui all'art. 3 della legge n. 431 del 1998, equivale ad una omessa indicazione. A tal fine, invero, non è sufficiente l'indicazione cumulativa di una pluralità di destinazioni dell'immobile e inammissibile un cambiamento successivo ovvero una specificazione del motivo della disdetta nel corso del giudizio”.

Un’analisi critica del contenuto delle massime sopra riportate dà conferma del fatto che soltanto in corso di giudizio non sarebbe più ammissibile una specificazione del motivo della disdetta e che tale specificazione è necessaria soltanto per consentire al conduttore di effettuare quel controllo ex ante ed ex post, a cui si è fatto riferimento all’inizio, e così porre il giudice, in caso di controversia, in condizione di valutare la sussistenza del suo diritto a reclamare l’applicazione a carico del locatore delle sanzioni previste dall’art. 3 Legge 431/1998.


Roberta B. chiede
martedì 25/02/2020 - Lombardia
“Buongiorno,
mia madre ha locato da circa 10 anni un piccolo appartamento e l' inquilino ha recentemente richiesto dei lavori di manutenzione interna, perchè la casa è vecchia e necessitava di qualche intervento che mia madre sta facendo eseguire.

I lavori sono stati concordati durante una mediazione avente per oggetto < mediazione obbligatoria in materia di locazione. Azione ex. artt.1575 e 1576 c.c con risarcimento dei danni anche morali per inadempimento delle obbligazioni previste nei citati articoli>.
La mediazione è stata attivata dall' inquilino anche se mia madre più volte aveva richiesto di intervenire ( con raccomandate) ma l' inquilino non aveva mai dato risposta e anche dopo la mediazione ha posto diverse diverse difficoltà all' accesso anche solo per concordare le date delle manutenzioni ( stiamo ovviando all' inconveniente proponendo all' inquilino addirittura un preavviso di 30 giorni ).

Durante una recente visita, un idraulico ci ha però riportato che l' appartamento, al piano terra, non risulta tinteggiato e presenta anche dei problemi di infiltrazioni di umidità alle pareti, forse provenienti dal terreno, che l' inquilino non ci aveva mai segnalato, non sappiamo se volontariamente o involontariamente.

Ho però letto che una casa locata oltre che fruibile non deve procurare problemi di salute all' inquilino.
Non sappiamo se l' esito positivo della mediazione "copra" anche questo aspetto.
Pensavo, pertanto di chiedere all' inquilino di provvedere ad una tinteggiatura antimuffa per risolvere l' inconveniente ed evitare così che tali problemi si ripresentino.

Ma mia madre (94 anni) è pensionata, ha limitate disponibilità economiche e stà pensando di vendere la casa, dato che queste situazioni le procurano non poche ansie.
Può essere anche questa una soluzione ?
Secondo voi come è meglio agire in questi casi ?
Vi ringrazio per la collaborazione.
Cordiali saluti
Roberta”
Consulenza legale i 04/03/2020
Il fatto che si sia raggiunto un accordo in mediazione è senza dubbio una cosa positiva; in forza di esso, il conduttore si è obbligato, a permettere l’accesso all’immobile affinché i lavori possano essere eseguiti.
Se l’inquilino dovesse mantenere un atteggiamento ostruzionistico e poco collaborativo, sicuramente lo stesso non potrà eccepire la mancata esecuzione dell’accordo o l’insorgere di eventuali danni, patrimoniali o non patrimoniali poco importa, derivante dalla mancata esecuzione dei lavori: lui stesso, infatti, ha fatto in modo che i lavori venissero ritardati o non portati a termine!
È quindi assolutamente consigliabile, anche in ottica di un futuro contenzioso, l’invio di una comunicazione per mezzo di raccomandata con ricevuta di ritorno, meglio se redatta dal legale che ha fino ad ora seguito la vicenda, per mezzo della quale si intimi dal cessare ogni comportamento ostruzionistico e si indichi, con congruo e largo preavviso, una data in cui verranno svolti i lavori di manutenzione dell’immobile.

In merito alle problematiche di muffa e di ritinteggio delle pareti, non avendo la possibilità di visionare l’accordo transattivo raggiunto in sede di mediazione non si riesce a dare una risposta circa la possibilità che anche questo aspetto vi rientri. Si consiglia, comunque, stante la situazione molto tesa che si è venuta a creare, di provvedere autonomamente al ritinteggio delle pareti onde evitare che la situazione torni ad inasprirsi, e che venga eseguito un lavoro poco soddisfacente.
È utile in questa sede ricordare che la giurisprudenza recente ha precisato che sono da considerarsi nulle tutte quelle clausole, solitamente presenti nei contratti di locazione, in cui si obbliga il conduttore ad eliminare, alla riconsegna del bene locato, tutte le conseguenze derivate dal normale utilizzo dell’immobile. In forza di questa giurisprudenza, l’obbligo di riconsegnare l’appartamento ritinteggiato è radicalmente nullo: famosa in questo senso è Cass. Civ. n. 29329/2019.

In merito alla opportunità di vendere l’immobile ovviamente questa deve essere una scelta prima di tutto personale. Da un punto di vista giuridico, possiamo dire che è consigliabile, prima di mettere sul mercato l’appartamento, di cessare il contratto di locazione e vendere, pertanto, il cespite libero da cose e persone.
L’art. 1599 del c.c. dice molto chiaramente che il contratto di locazione è opponibile al terzo acquirente, se ha data certa anteriore all'alienazione della cosa. Il successivo art. 1602 del c.c., ci dice che il terzo acquirente è tenuto a rispettare il contratto in essere e subentra in esso dal giorno del suo acquisto.
In parole più semplici, se un contratto di locazione regolarmente registrato presso la Agenzia delle Entrate è ancora in essere dopo che l’immobile è stato venduto, l’acquirente è tenuto a rispettarlo, e non può chiedere all’ inquilino di andarsene. Questa circostanza rende più difficile la commerciabilità dell’immobile, in quanto riduce il numero dei potenziali compratori del cespite: non tutti, infatti, sono alla ricerca di un immobile per puro scopo lucrativo, disposti ad acquistare un immobile occupato da un inquilino con un contratto ancora in corso di validità per un certo numero di anni.

E’ importante anche sottolineare che il proprietario non può svincolarsi dal contratto di locazione a suo piacimento: non ci è dato sapere quale tipo di contratto è stato sottoscritto dalle parti, ma in linea generale possiamo dare sul punto alcune indicazioni.
La legge n.431/98 sulle locazioni ad uso abitativo, prevede che i contratti volti a soddisfare esigenze abitative di lungo termine abbiano un primo periodo che può essere di 4 o 3 anni: durante questo primo periodo il proprietario non può recedere unilateralmente dal contratto, posto il regolare pagamento del canone e degli oneri accessori da parte del conduttore. Il locatore può dare regolare disdetta con un preavviso di 6 mesi dalla prima scadenza, solo per determinati motivi indicati dall’ art. 3 della L. 431/98. Nello specifico, il proprietario, in tale fase, può motivare la sua volontà di svincolarsi dalla locazione perché vuole mettere sul mercato l’immobile, ma tale motivo è valido, ai sensi della lett. g) dell’art. 3 della L.431/98, solo se non abbia la proprietà di altri immobili ad uso abitativo, oltre a quello eventualmente adibito a propria abitazione. In ogni caso al conduttore deve essere riconosciuto il diritto di prelazione.

Trascorso questo primo periodo senza che il proprietario abbia esercitato il suo diritto di disdetta, la locazione viene prorogata per un secondo periodo che può essere di 2 o 4 anni, a seconda del tipo do contratto sottoscritto. Anche durante tale secondo periodo il proprietario non può svincolarsi quando crede, ma può farlo solo dandone comunicazione almeno 6 mesi prima della scadenza naturale del contratto (quindi fine dei successivi 2 o 4 anni): a differenza del primo periodo, però, il diritto di recesso è libero e non può essere vincolato ad alcuna motivazione (altrimenti ci sarebbe una sorta di "obbligo di rinnovo perpetuo della locazione" a tutto svantaggio del proprietario dell'immobile.
In definitiva, per capire nel caso specifico se è possibile svincolarsi dal contratto, e a quali condizioni, dobbiamo capire in che fase si trova il rapporto.

Non è assolutamente percorribile la strada di richiedere all'inquilino lo sgombero dei locali poiché gli stessi risulterebbero insalubri. Una richiesta di tale tenore non farebbe altro che ammettere le responsabilità del proprietario in merito ai vizi della cosa locata, aprendo la strada a possibili ulteriori richieste risarcitorie.

Vincenzo S. chiede
giovedì 16/01/2020 - Puglia
“In data 29/7/16 abbiamo sottoscritto (siamo due fratelli) un contratto di locazione ad uso abitativo di porzione immobiliare con la formula 4+4 (primi 4 anni 1/8/16-31/7/2020), nel contratto il locatore elegge la propria residenza nello stesso immobile.
Nel contratto si dichiara che : “ i conduttori accettano la seguente porzione di unità immobiliare ossia porzione di appartamento ad uso abitativo ubicato al piano secondo composto da 2 locali ad uso camera da letto, oltre ad ambienti in condivisione quali soggiorno con angolo cottura, bagno, balcone e cantina”.
In data 30/12/19 il locatore ci comunica la volontà di recedere dal contratto di affitto di porzione immobiliare a fronte della necessità di ottenere la disponibilità dell’immobile per destinarlo al figlio od alla vendita per esigenze di natura famigliare (citazione testuale).
Premesso che:
- per la ricerca di un appartamento da affittare avevamo incaricato una agenzia immobiliare e che il contratto fu da noi firmato nella inconsapevolezza di accettare una abitazione che doveva essere condivisa con lal proprietaria (ci eravamo fidati dell’agente immobiliare);
- tale consapevolezza l’abbiamo avuta rileggendo il contratto dopo aver ricevuto la disdetta;
- la proprietaria in questi 4 anni comunque non ha mai occupato o fatto occupare da altri la casa.
Chiediamo:
1) Se può avere una valenza contrattuale ai fini della disdetta il fatto di aver affittato una porzione (?) della casa;
2) Se le due motivazioni addotte per il recesso (esclusive una nei confronti dell’altra) siano motivazioni sufficientemente specifiche dovendo il locatore provare la serietà della sua intenzione di avvalersi del diniego del rinnovo per i motivi tassativamente previsti dall’art.3 della Legge 431, in assenza dei quali la disdetta del contratto di locazione è da considerarsi nulla.

p.s: da informazioni avute sappiamo che la proprietaria vive in altro immobile sempre a Milano, che possiede un monolocale sempre a Milano dato in affitto e che i 2 figli vivono e lavorano fuori Milano.

Grazie.”
Consulenza legale i 21/01/2020
Innanzitutto è utile premettere che la circostanza che al momento della firma del contratto di locazione non ci si era avveduti del fatto che oggetto della locazione fosse una porzione di appartamento e non l’unità abitativa nel suo complesso è irrilevante ai fini di quanto descritto nel quesito. Nel momento in cui si firma un qualsiasi contratto, è onere delle parti capire quello che si sta firmando e le conseguenze giuridiche che ne derivano. Il mediatore immobiliare si è comportato in maniera scorretta, ma non si hanno elementi sufficienti per valutare approfonditamente la sua condotta.

Al di là di questa premessa, gli autori del quesito hanno sottoscritto un contratto di locazione parziale, in cui veniva concesso loro solo l’utilizzo di una parte dell’appartamento (2 locali ad uso camera da letto), oltre all’uso in condivisione con una terza persona degli altri ambienti dell’unità abitativa (soggiorno con angolo cottura, bagno, balcone e cantina).
Tale tipologia di contratto non è specificatamente normata, tuttavia per prassi costante in tali fattispecie, trova applicazione la normativa del contratto di locazione completo, e quindi nel caso prospettato trova piena applicazione la L. n.431/98 e nello specifico il suo art. 3 disciplinante le modalità di disdetta da parte del locatore.

In merito alla validità della disdetta si ritiene che le perplessità avanzate dagli autori del quesito siano fondate.
L’ultima parte del co. 2 dell’art. 3 della L. n. 431/98, ci dice chiaramente che a pena di nullità della disdetta il locatore deve indicare nella comunicazione il motivo (non i motivi), tra quelli tassativamente indicati dalla legge sul quale la disdetta è fondata.

Vi è inoltre da dire che nella disciplina antecedente alla entrata in vigore della L. n.431/98 si richiedeva per l’esercizio della facoltà di disdetta il serio intendimento di avvalersi di uno dei motivi indicati tassativamente dalla legge. Tale requisito è stato ad ogni modo anche ripreso nell’art. 3 della L. n. 431/98, dove si fa chiaro riferimento al serio intendimento del proprietario nel momento in cui il legislatore fa uso del verbo “intendere” quando elenca i motivi più importanti di recesso.
In questo senso analizziamo li motivo indicato alla lett. a) co. 1 dell’art. 3 della L. 431/98. In tale parte della norma si legge chiaramente: "quando il locatore intenda destinare l'immobile ad uso abitativo, commerciale, artigianale o professionale proprio, del coniuge, dei genitori, dei figli o dei parenti entro il secondo grado"; in egual misura esaminando la lettera g) del medesimo comma si legge: "quando il locatore intenda vendere l'immobile a terzi e non abbia la proprietà di altri immobili ad uso abitativo oltre a quello eventualmente adibito a propria abitazione".

È chiaro che una disdetta che indichi entrambi tali motivi deve considerarsi assolutamente nulla in quanto non emerge la chiara intenzione del proprietario di avvalersi di un motivo piuttosto che di un altro; motivi che sono assolutamente antitetici l’uno con l’altro: o destini la casa ad abitazione o la vendi. A riprova ulteriore della contraddittorietà di tale disdetta, vi è da dire che nel caso cui il proprietario voglia vendere l’appartamento a terzi deve essere riconosciuto il diritto di prelazione al conduttore che occupa l’immobile, previsto nell’ultima parte della lettera g) sopra citata, ma tale diritto di prelazione, ovviamente è assolutamente incompatibile con la volontà di destinare l’immobile all’uso abitativo o commerciale del proprietario, del coniuge, dei genitori, dei figli o dei parenti entro il secondo grado!

È opportuno precisare che una disdetta nulla non è efficace nell’interrompere il contratto di locazione nel primo periodo della sua vigenza, ma varrà comunque come disdetta per il secondo periodo in cui il locatore non ha più l’obbligo di indicare uno specifico motivo. Quindi anche se il contratto giuridicamente potrà proseguire oltre il 31.07.2020, esso terminerà comunque il 31.07.2024 (in questo senso Cass. Civ. n.7927 del 26.04.2004).

Ora posto che vi sono fondate ragioni giuridiche per ritenere nulla la disdetta inviata dal proprietario bisogna chiedersi come far valere tali ragioni. Ad avviso di chi scrive la cosa migliore è non dare immediato riscontro alla comunicazione spedita dal proprietario, ma aspettare che lo stesso, avvicinandosi la data di scadenza del contratto, chieda la liberazione dell’immobile o con lettera scritta o notificando un atto di citazione con il quale dare inizio ad un procedimento di sfratto per finita locazione. In tale procedimento si potrà, con l’ausilio di un legale, svolgere una opposizione sostenendo la nullità della disdetta spedita dal proprietario.

Antonello D. M. chiede
lunedì 01/07/2019 - Lombardia
“Mio figlio ha acquistato lo scorso dicembre un appartamento in Milano come prima casa. (Non dispone di altri immobili ed era residente con noi genitori in appartamento di nostra proprietà sempre a Milano). Questo appartamento era al momento dell'acquisto affittato con contratto 4+4 con scadenza dei primi 4 anni all’inizio di marzo 2020. Il figlio al momento lavora all’estero e quest’anno si è anche iscritto all’AIRE e per il momento non ha programmi di rientro in Italia per cui non credo possa far valere per motivazioni di recesso anticipato il fatto che l’appartamento serve a lui come abitazione. Lo confermate?
Si pensava che si potesse invocare come motivazione il fatto che l’appartamento possa servire a me come genitore per attività professionale. Io al momento sono lavoratore dipendente ma il prossimo anno saro’ in pensione e potrei aprire una partita IVA come lavoratore autonomo per consulenze industriali con recapito presso tale appartamento. E’ questa una strada perseguibile?

Grazie e saluti”
Consulenza legale i 08/07/2019
Va preliminarmente sgombrato il campo da un dubbio legittimo, ovvero se sia possibile o meno affittare (o, come nel caso di specie, mantenere la locazione preesistente di) un’abitazione acquistata come prima casa.
La risposta è senz’altro positiva: essere acquirente della “prima casa” non vuol dire dover necessariamente stabilire la residenza in quell'abitazione. La legge è chiara sul punto: la residenza dev'essere fissata nel comune in cui è situato l'immobile, non nell'immobile medesimo.

Ciò premesso e precisato confermiamo che il locatore (il figlio residente all’estero) non può in effetti disdettare il contratto di locazione alla prima scadenza per adibirlo a propria abitazione quando sussistono elementi (come quelli indicati nel quesito) che escludono inequivocabilmente una residenza (in senso non formale, quindi non intendiamo qui residenza anagrafica) effettiva nell’immobile, anche solo saltuaria.

La giurisprudenza parla infatti di “effettiva utilizzazione”: “In tema di locazione di immobili adibiti ad uso abitativo, al fine di realizzare la fattispecie risarcitoria di cui all'art. 3, commi 3 e 5, della legge 9 dicembre 1998, n.431, è necessario che prima della scadenza del termine previsto da tale disposizione il locatore concretamente destini l'immobile ad uso diverso da quello indicato nella disdetta; nè la prova dell'uso diverso si può desumere dalla semplice manifestazione dell'intenzione, in quanto la disposizione richiamata fa esplicito riferimento alla effettiva utilizzazione

Per quanto riguarda, invece, l’alternativa ipotizzata nel quesito, si tratta di strada teoricamente percorribile.
La disciplina di riferimento, com’è noto, è la legge n. 431 del 1998 sulle locazioni ed il rilascio degli immobili adibiti ad uso abitativo, la quale, all’art. 3, elenca analiticamente i motivi per i quali è possibile inviare al conduttore una raccomandata di diniego del rinnovo contrattuale alla prima scadenza.

Tra questi, alla lettera a) del primo comma, “quando il locatore intenda destinare l'immobile ad uso abitativo, commerciale, artigianale o professionale proprio, del coniuge, dei genitori, dei figli o dei parenti entro il secondo grado; (…)

La norma, come si vede, autorizza la disdetta nel caso in cui il locatore intenda adibire l’immobile a sede di un’attività professionale – tra gli altri – anche dei genitori.

Non vi sono pronunce giurisprudenziali che possano aiutare a meglio chiarire la portata ed il significato della norma, ma in mancanza di ulteriori specificazioni si ritiene che sia appunto sufficiente che si tratti, in effetti, di attività professionale (e quella di consulenza lo è senz’altro) e che tale attività sia svolta nell’immobile, come si diceva, in modo effettivo.

A tale ultimo proposito, infatti, è opportuno mettere in evidenza che le sanzioni sono pesanti nel caso di disdetta illegittima.
Lo stesso articolo 3 sopra citato, infatti, specifica: “3. Qualora il locatore abbia riacquistato la disponibilità dell'alloggio a seguito di illegittimo esercizio della facoltà di disdetta ai sensi del presente articolo, il locatore stesso è tenuto a corrispondere un [def ref=risarcimento danni]risarcimento[def] al conduttore da determinare in misura non inferiore a trentasei mensilità dell'ultimo canone di locazione percepito.

Attenzione, poi, anche alle tempistiche: “5. Nel caso in cui il locatore abbia riacquistato, anche con procedura giudiziaria, la disponibilità dell'alloggio e non lo adibisca, nel termine di dodici mesi dalla data in cui ha riacquistato la disponibilità, agli usi per i quali ha esercitato facoltà di disdetta ai sensi del presente articolo, il conduttore ha diritto al ripristino del rapporto di locazione alle medesime condizioni di cui al contratto disdettato o, in alternativa, al risarcimento di cui al comma 3.

La giurisprudenza precisa, tuttavia, che il decorso del termine di legge dei 12 mesi può essere legato a motivi indipendenti dalla volontà del locatore, nel qual caso non vi sono sanzioni: “Le sanzioni del ripristino della locazione o del risarcimento del danno, previste a carico del locatore che abbia esercitato il diritto di diniego del rinnovo del contratto di locazione per una finalità non più realizzata (…) non sono applicabili qualora la tardiva o mancata destinazione dell'immobile all'uso dichiarato siano giustificate da esigenze, ragioni o situazioni non riconducibili al comportamento doloso o colposo del locatore stesso.” (Cass. civ. Sez. III Sent., 21/01/2016, n. 1050).

Si consiglia, dunque, di inviare la disdetta al conduttore, ricordandosi di motivarla (è obbligatorio per legge specificare nella raccomandata il motivo per cui si disdetta il contratto) e nel momento in cui si riacquista la disponibilità effettiva (e non “giuridica/formale”) dell’immobile, organizzarsi per adibirlo a sede della nuova attività di consulenza entro l’anno.


Roberto M. chiede
mercoledì 28/11/2018 - Lazio
“E' uso commerciale ai sensi dell'art. 3 comma 1 lett. a) L. 431/1998 l'esercizio di attività di "casa per vacanze" o lo è soltanto quella gestita in "forma imprenditoriale" ex art. 7 Regolamento Regione Lazio 16 giugno 2017 n. 14 ?”
Consulenza legale i 30/11/2018
Dal punto di vista della normativa nazionale, la legge 217 del 1983 all’art. 6 definisce le case vacanze come: “case e appartamenti per vacanze gli immobili arredati gestiti in forma imprenditoriale per l'affitto ai turisti, senza offerta di servizi centralizzati, nel corso di una o più stagioni, con contratti aventi validità non superiore ai tre mesi consecutivi.”
L’ulteriore disciplina è contenuta a livello regionale (regione Lazio, nel nostro caso) nell’art. 7 da Lei citato dove è espressamente previsto che l’attività di casa vacanze possa avvenire in forma imprenditoriale o non imprenditoriale.
Quest’ultimo aspetto, viene distinto principalmente dal punto di vista reddituale. Infatti, l’Amministrazione finanziaria con la risoluzione ministeriale 9/1916 del 31.12.1986 ha fatto riferimento alla presenza o meno di “servizi accessori” alla locazione immobiliare (ad esempio, la fornitura ed il cambio di biancheria) per distinguere una attività imprenditoriale da una non imprenditoriale stabilendo espressamente: “si ritiene che la fornitura, anche abituale, di appartamenti ammobiliati e camere mobiliate verso un determinato corrispettivo, non accompagnata dalla prestazione di servizi accessori, non è idonea ad integrare gli estremi necessari per la configurabilità di una attività imprenditoriale. In effetti in quest’ultima ipotesi la causa giuridico-economica del particolare rapporto che si viene a costituire tra l’affittacamere e il villeggiante è riconducibile alla fattispecie tipica del contratto di locazione con il quale il locatore si obbliga dietro corrispettivo a far godere al locatario ed a tempo determinato, un bene immobile, a nulla influendo l’eventuale possesso da parte del primo dell’autorizzazione amministrativa prescritta in materia dell’art. 108 del testo unico della legge di pubblica sicurezza”.
Tuttavia, al di là dell’aspetto reddituale e quindi della forma imprenditoriale o meno, per potersi parlare di “uso commerciale” occorre far riferimento anche alla finalità della locazione tenendo presente quanto previsto dall’art. 27 della L. 392/78 da cui si evince che il contratto di locazione uso commerciale si ha riguardo immobili da adibirsi ad attività industriali, commerciali o artigianali, di interesse turistico ex articolo 2 della legge n. 326/68 ovvero ad attività di lavoro autonomo.
Si pensi, a titolo di esempio, ad un privato non imprenditore proprietario di un locale uso negozio. La mancanza della qualifica imprenditoriale non fa venire meno l’uso commerciale.

Ciò posto, ed in risposta alla domanda contenuta nel quesito, si osserva quanto segue.

In presenza di un contratto di locazione uso abitativo è possibile per il locatore (alla prima scadenza) avvalersi della facoltà di diniego del rinnovo del contratto tra l’altro per il motivo indicato alla lettera a) comma 1 dell’art. 3 Legge 431/98 e cioè quando il locatore intenda destinare l'immobile ad uso abitativo, commerciale, artigianale o professionale proprio, del coniuge, dei genitori, dei figli o dei parenti entro il secondo grado.
L’uso commerciale in tal caso si ha con riguardo all’utilizzo di detto immobile da parte del locatore o dei suoi prossimi congiunti per intraprendere una attività commerciale.
Un utilizzo dell’immobile per realizzare una casa vacanze, a parere di chi scrive, potrebbe pertanto integrare un’ipotesi di uso commerciale soltanto laddove vi sia una attività imprenditoriale. Altrimenti, si avrebbe la situazione paradossale che verrebbe data disdetta ad un contratto di locazione uso abitativo per stipulare un altro contratto uso abitativo seppure con finalità turistica.
Tale impostazione trova conforto nella sentenza n. 24727 del 2014 della Corte di Cassazione dalla quale si evince che l'esercizio dell'attività di affitta case non prevede in alcun modo un cambiamento della destinazione d'uso dell'immobile, che è quella dell'abitazione.

Rosa A. R. chiede
martedì 24/07/2018 - Liguria
“Buongiorno, sono un'inquilina di un appartamento sito in (omissis) e pago regolarmente da 27 anni il canone di affitto, e sono nullatenente. Gestisco un bar con i miei figli, che abitano presso la mia abitazione. Ho quasi 87 anni, e in questi giorni ho ricevuto dalla proprietaria dei muri una raccomandata dove mi comunicava di lasciare libero l'appartamento per fine aprile 2019 in quanto non intende più rinnovare il contratto. Premetto che questa proprietaria affitta i suoi appartamenti in qualità di attività commerciale, essendo proprietaria di vari immobili, per cui non ha necessità di subentrare ne Lei personalmente, ne i suoi famigliari, che vivono fuori regione. L'appartamento è ubicato nel centro cittadino, ed ha una superficie di circa 55 metri, con un grande terrazzo sul sollettone, di 50 metri. Questo appartamento è posizionato all'interno di altri palazzi, per cui non è visibile dalla strada provinciale. Mio figlio 11 anni fa, ha chiesto il permesso alla proprietaria per posizionare sul terrazzo una casetta in legno priva di fondamenta, removibile, sul terrazzo. Lei ha chiesto le foto, con relative misure, (circa 5 metri) e ha approvato verbalmente la posa di questa casetta. Mio figlio ha quindi ordinato il manufatto, realizzando all'interno della casetta un piccolo ufficio. La sua approvazione era importante, in quanto oltre ad essere proprietaria dell'immobile, era anche la proprietaria della strada. L'occupazione principale di mio figlio è la composizione musicale, per cui, non avendo uno spazio sufficiente in casa per posizionare gli strumenti di registrazione, circa 8 anni fa, ha richiesto alla proprietaria se era d'accordo di accettare che acquistassimo un'altra casetta più grande, ma simile alla prima, in modo da poter lavorare. Anche in questo caso la proprietaria concedeva il permesso, e mio figlio investì un certo capitale per acquistare le attrezzature da studio, realizzando altresì un’insonorizzazione professionale, in modo da mantenere il suono all’interno della casetta. I vicini infatti non hanno mai sentito nulla, e non abbiamo mai avuto lamentele. Tre anni fa, la proprietaria si recò da noi con alcuni consulenti (geometra, immobiliarista etc.) e fece un'ispezione, dicendoci che voleva che togliessimo il tutto, noi ci opponemmo, dal momento che avevamo avuto la sua approvazione, e quindi sarebbe stato troppo oneroso togliere le due strutture. A seguito di ciò, la situazione si calmò, per cui sembrava tutto superato. Sta di fatto che tre mesi fa, si è ripresentato il problema, facendoci contattare dal proprio studio legale, in quanto nel frattempo il Comune aveva emanato il nuovo piano di regolamento che permette solamente il posizionamento di una casetta in legno di misura ridotta. Il Comune comunque non è intervenuto contro di noi. Lei nel frattempo aveva ceduto la strada al Comune, per cui ora la strada non è più privata. Mio figlio ha cercato di vendere le strumentazioni su internet, e le casette, ma sfortunatamente queste non potevano essere vendute, in quanto sia il trasporto che lo smontaggio non potevano essere effettuati per ragioni logistiche e per gli elevati costi, per cui per non perdere decine di migliaia di euro, e il lavoro di mio figlio, abbiamo proposto alla proprietaria il posizionamento di una siepe, che non prevedeva nessun tipo di permesso, trattandosi di arredamento esterno, in modo da poter creare una certa privacy vesro l'esterno. Questo lavoro è stato quindi eseguito.
Ho voluto esporre tutto questo, in quanto credo evidente che l’avviso del non rinnovo contrattuale, abbia a che vedere con la questione sopradescritta.
La mia famiglia avendo un bar nel centro, ha esigenza di rimanere nello stesso luogo, in quanto mia figlia tra l’altro si alza alle 3 e mezzo di mattina per aprire il bar, è priva di patente, e anche per motivi di sicurezza, non potrebbe recarsi al lavoro se la nuova abitazione non fosse nei pressi dello stesso, e io essendo anziana, non accetto di lasciare l’abitazione, avendo tra l’altro lasciato in tutti questi anni una somma ben più alta del valore dello stesso appartamento (circa 150.000 €) Penso di non meritare questo.
Alla proprietaria gli è stato riferito da parte di un avvocato che nel caso vi possa essere in futuro qualche denuncia al comune da parte di estranei, per l’irregolarità, noi al quel punto saremmo disposti a togliere le casette, e dal punto di vista penale, Lei non avrebbe nessun problema in quanto sarebbero trascorsi molti anni dal termine della posa delle due casette, con naturale prescrizione dell’eventuale reato.
Vorrei porle avvocato le seguenti domande:
1) Ho saputo che esiste una legge che proroga gli sfratti non morosi, e vorrei sapere come funziona
2) Quanto tempo è ragionevolmente concesso all’inquilino che continua a pagare, per rimanere nell’abitazione
3) Qual è l’iter da seguire
Vorrei fare presente che la proprietaria all’interno della lettera, non ha fatto nessun cenno dell’irregolarità delle casette, limitandosi a segnalare la sola scadenza contrattuale, e questo è evidente dal semplice fatto che Lei non vuole ufficializzare la questione casette. Non abbiamo infatti mai ricevuto nessuna diffida ufficiale, e la questione era stata trattata a livello privato, se pur con il supporto degli avvocati. Avendo la proprietaria la rappresentanza consolare di un paese straniero, ha timore che una denuncia penale possa pregiudicare la propria posizione.
Le chiedo in base alla sua esperienza, di indicarmi quali passi legali potrebbe decidere di effettuare la proprietaria, e se nel momento della richiesta di sfratto potrebbe inserire come motivazione aggiuntiva oltre alla mancato rinnovo, quella che io non mi sarei attenuta alle clausole contrattuali, che non prevedono ampliamenti dei locali, o qualcosa del genere. In questo caso quindi la proroga degli sfratti non avrebbe valore ?
Io potrei autoaccusarmi anche subito, presso il mio comune, richiedendo un permesso per l’attività di mio figlio, cercando se possibile di sanare l’eventuale abuso edilizio ?
Nell’attesa della sua gradita risposta
Cordiali saluti

Consulenza legale i 31/07/2018
Il contratto di locazione è il contratto con il quale un soggetto, detto locatore, si impegna a garantire il godimento di un bene a favore di un altro soggetto, detto conduttore, dietro versamento periodico di un determinato corrispettivo, detto canone.
Il contratto di locazione può essere sciolto. La disdetta, per produrre i suoi effetti, deve concretarsi in una manifestazione di volontà nei confronti del conduttore volta a non rinnovare il contratto alla scadenza.
La disdetta deve essere motivata solo ove si tratti della prima scadenza del contratto.
Per le scadenze successive si parla, invece, di disdetta c.d. semplice in quanto, per la sua validità, non è necessario esporre alcuna motivazione.
Dunque, nel caso in esame, trattandosi di rapporto di locazione che perdura da 27 anni, il locatore può, previa disdetta da inviare nei termini di legge, ottenere la cessazione del contratto senza dover dare alcuna motivazione.
Pertanto, legittimamente il locatore ha mandato disdetta perché non intende rinnovare il contratto giunto alla scadenza.
Alla scadenza indicata Lei e la sua famiglia dovrà lasciare l’immobile libero da cose e persone.
In mancanza, il locatore potrà intraprendere la strada giudiziale dello sfratto per finita locazione.
Lo sfratto è il provvedimento con il quale il giudice intima all’inquilino di lasciare un immobile e di riconsegnarlo al proprietario.
Se, infatti, il conduttore non mostra l’intenzione di andare via, il locatore gli notifica un’intimazione dello sfratto, ossia un atto con il quale gli chiede di presentarsi davanti al giudice a una certa data, che deve essere di almeno 20 giorni successivi a quella dell’intimazione.
All’udienza il giudice decide se fissare immediatamente la data dello sfratto o se concedere all’inquilino una proroga.
Il conduttore che sia stato colpito da un provvedimento che dispone il rilascio dell’immobile per finita locazione, può domandare al giudice per una sola volta che sia nuovamente fissato il giorno per l’esecuzione (c. d. proroga).
L’istanza deve essere proposta al Tribunale del luogo in cui si trova l’immobile. Nell’istanza il conduttore deve allegare le attestazioni di reddito sulla composizione familiare e ogni altro documento comprovante il suo stato di difficoltà e di bisogno tali da giustificare la necessità di ottenere la proroga sul rilascio.
La legge prevede che, in caso di accoglimento dell’istanza, il nuovo giorno dell’esecuzione sia fissato entro un termine di 6 mesi, salvo il termine più lungo di 18 mesi.
La proroga lunga può aversi nei seguenti casi:
- Il conduttore abbia compiuto 65 anni di età;
- Il conduttore abbia 5 o più figli a carico;
- Il conduttore sia iscritto nelle liste di mobilità, percepisca un trattamento di disoccupazione;
- Il conduttore sia acquirente di un alloggio in costruzione;
- Il conduttore o altro componente il nucleo familiare con lui convivente da almeno 6 mesi, sia portatore di handicap o malato terminale.

La legge sul cd blocco degli sfratti , entrata in vigore il 1 marzo 2008, riguarda le esecuzioni di rilascio di immobili abitativi per finita locazione per soggetti residenti nei comuni capoluoghi di provincia, nei comuni con essi confinanti con popolazione superiore a 10.000 abitanti e nei 716 comuni ad alta tensione abitativa.
Gli occupanti l’immobile, per usufruire della sospensione, devono avere un reddito annuo lordo inferiore a 27.000 euro, essere o avere nel proprio nucleo familiare persone ultra sessantacinquenni, malati terminali o portatori di handicap e non devono possedere altra abitazione adeguata al nucleo familiare nella regione di residenza.
Durante la sospensione l’occupante è tenuto a versare un’indennità pari al canone maggiorato del 20%.

In conclusione, nel caso in esame, il locatore ha tutto il diritto a non rinnovare il contratto e non ha l’obbligo di dover dare motivazioni. Se per il mese di aprile 2019 Lei non avrà lasciato l’immobile, il locatore agirà in giudizio con lo sfratto per finita locazione. Lei, avendo 87 anni e se ha un reddito familiare inferiore a 27.000 lordi annui, potrà chiedere al Giudice la sospensione dello sfratto per un periodo di almeno 6 mesi. La questione della casette non è ostativa al rilascio della proroga dello sfratto; è condizione necessaria solo che non vi sia morosità nel pagamento dei canoni. Si precisa che il locatore ha comunque diritto di opporsi al decreto di proroga concesso dal giudice.


Cocilova A. chiede
sabato 28/04/2018 - Marche
“Il locatore può mandare giusta disdetta dopo i primi quattro anni di locazione, se intende effettuare nell'immobile lavori di straordinaria manutenzione quali il rifacimento di tutti i pavimenti dell'immobile locato, escluso il W.C. ?


grazie”
Consulenza legale i 05/05/2018
La disciplina dei contratti di locazione di immobili ad uso abitativo è prevista dalla L. n. 431 del 9.12.1998. Tale normativa prevede due tipologie di contratti da stipularsi quando le parti abbiano l’intenzione di vincolarsi con un rapporto di lungo periodo:

- il contratto comunemente definito “4 + 4” previsto dal co.1 dell’art. 2 della L. n. 431 del '98 (in vigore nella fattispecie di cui al quesito);
- il contratto comunemente definito “3 + 2 previsto dai co. 3 e 5 dell’art. 2 della L. n. 431 del '98.

In entrambe le tipologie contrattuali, viene previsto un iniziale periodo vuoi di quattro anni, vuoi di tre anni, trascorso il quale il locatore ha la facoltà di recedere dal rapporto contrattuale solo ed esclusivamente per determinati motivi tassativamente elencati all’art. 3 della L. n. 431 del '98; il recesso deve essere effettuato con un preavviso consegnato al conduttore, generalmente a mezzo raccomandata, di almeno sei mesi.

Se, tale facoltà di recesso c.d. motivato non viene esercitata dal locatore, il contratto viene prorogato per legge di un ulteriore periodo di quattro anni o di due anni.

Tornando ad esaminare i casi di recesso motivato, dobbiamo chiederci se i lavori di straordinaria manutenzione sull'immobile locato descritti nel quesito, rientrino in uno dei casi previsti dal legislatore, che consentano al locatore di esercitare il recesso allo scadere del primo periodo contrattuale: la risposta deve essere negativa.
Tra le fattispecie previste dall’art. 3 L. n. 431 del '98, sono due quelle che consentono il recesso anticipato in caso di lavori sull’immobile locato:
- "quando l’immobile sia compreso in un edificio gravemente danneggiato che debba essere ricostruito o del quale debba essere assicurata la stabilità e la permanenza del conduttore sia di ostacolo al compimento di indispensabili lavori;
- quando l’immobile si trovi in uno stabile del quale è prevista l’integrale ristrutturazione, ovvero si intenda operare la demolizione o la radicale trasformazione per realizzare nuove costruzioni…
".
Dalla lettura della norma è facile dedurre che, al fine di poter legittimamente esercitare un diritto di recesso anticipato da parte del locatore, è necessario che i lavori straordinari da eseguirsi non coinvolgano solo ed esclusivamente l’unità abitativa locata, ma si estendano all’intero complesso edile all’interno del quale l’appartamento è ricompreso; inoltre, detti lavori straordinari devono eseguirsi su un immobile particolarmente danneggiato, del quale deve essere garantita la sua stabilità, oppure deve effettuarsi una integrale ristrutturazione o una totale trasformazione dell’edificio.
Nei casi in cui il locatore abbia riacquistato la disponibilità dell’immobile, esercitando la facoltà di recesso illegittimamente, cioè non rispettando i limiti dell’art. 3 L. n.431 del 98, le conseguenze possono essere piuttosto pesanti. Il co. 3 dell’art. 3 L. n. 431 del '98 prevede in questo caso che il locatore sia tenuto a corrispondere al conduttore un risarcimento, che il giudice non può determinare in misura inferiore a 36 mensilità dell’ultimo canone di locazione percepito. In alternativa al predetto risarcimento, il co. 5 dell’art. 3 L. n. 431 del '98, prevede che qualora il locatore abbia riacquistato la disponibilità dell’immobile locato, e non lo adibisca entro 12 mesi agli usi per i quali ha esercitato la facoltà di disdetta, il conduttore ha diritto al ripristino del rapporto di locazione alle medesime condizioni del contratto disdettato.



Anonimo chiede
lunedì 08/08/2016 - Umbria
“Buongiorno, In data 16 Gennaio 2016 i conduttori (coniugi) ai quali ho locato regolarmente un immobile ad uso abitativo, hanno esercitato diritti di recesso, dichiarando: l'immobile le verrà riconsegnato libero e vacuo da cose e/o persone alla data del 31.07.16. così come previsto dal art.n.3 del contratto di locazione. La notifica mi è stata fatta in data 21 Gennaio 2016. Dal mese di Aprile 2016 hanno interrotto i pagamenti dei canoni e mi volevano imporre la restituzione dell'immobile, richiedevano l'immediata restituzione del deposito cauzionale. Mi sono opposta, i conduttori asseriscono che non potevo farlo e che avevo "confuso" recesso anticipato con restituzione del contratto. Ma se hanno dichiarato e sottoscritto le restituiremo l'immobile alla data del 31/07/2016!”
Consulenza legale i 14/08/2016
Il quesito non chiarisce che tipo di contratto di locazione sia stato concluso: ciò non è un dato irrilevante dal momento che vigono in materia di locazione diverse discipline speciali, tutte applicabili in via principale ai rapporti di locazione, mentre il codice civile disciplina questi ultimi solamente in va residuale, laddove le parti nulla abbiano disposto.

In ogni caso, si può presumere si tratti di locazione ad uso abitativo e non commerciale, che la disciplina applicabile sia quindi quella di cui alla Legge n. 431 del 1998, intitolata appunto “Disciplina delle locazioni e del rilascio degli immobili adibiti ad uso abitativo”, ed infine che il contratto stipulato nel caso concreto sia quello previsto dall’art. 2 della predetta legge, che recita: “Le parti possono stipulare contratti di locazione di durata non inferiore a quattro anni, decorsi i quali i contratti sono rinnovati per un periodo di quattro anni (…)” (si tratta dei contratti comunemente detti “4+4”).

La fattispecie potrebbe, diversamente, anche rientrare nell’ipotesi di cui al comma quinto del medesimo articolo, il quale recita: “I contratti di locazione stipulati ai sensi del comma 3 non possono avere durata inferiore ai tre anni (…). Alla prima scadenza del contratto, ove le parti non concordino sul rinnovo del medesimo, il contratto è prorogato di diritto per due anni” (i cosiddetti contratti “3+2”).

Che si versi nella prima oppure nella seconda delle ipotesi sopra richiamate, in ogni caso la disciplina del recesso da parte del conduttore è esattamente la stessa ed è quella prevista dall’art. 3, ultimo comma, della citata legge, la quale stabilisce: “Il conduttore, qualora ricorrano gravi motivi, può recedere in qualsiasi momento dal contratto, dando comunicazione al locatore con preavviso di sei mesi”.

Si precisa, anzi, per completezza, che il recesso anticipato con preavviso di almeno sei mesi, in presenza di gravi motivi che lo giustifichino, sussiste anche per le locazioni di immobili ad uso non abitativo, in forza dell’art. 27, ultimo comma, della legge n. 392/1978 (cosiddetta legge sull’”equo canone”, ormai parzialmente abrogata).
Si riporta di seguito qualche significativa pronuncia in materia:
- “E' illegittimo il recesso dal contratto di locazione se il conduttore non fornisce la prova dell'imprevedibilità dell'evento sopravvenuto integrante grave motivo, ai sensi dell'art. 3, comma 6, della legge n. 431 del 1998 (…)” (Cassazione civile, sez. III, 05 aprile 2016, n. 6553);
- “In tema di locazione, il recesso dell'affittuario produce l'effetto risolutivo del rapporto al compimento del concordato periodo di preavviso, essendo fino a tale termine il conduttore tenuto a versare i canoni, indipendentemente dal momento (eventualmente anche anteriore) di materiale rilascio dell'immobile.” (Tribunale Monza, sez. II, 03 maggio 2016, n. 1219);

- “In materia di locazione, il conduttore è tenuto a comunicare al locatore i motivi specifici per cui egli eserciti il recesso che è, quindi, invalido nel caso di mancata e/o generica indicazione delle ragioni della mancata protrazione del rapporto di locazione” (Tribunale Firenze, 01 ottobre 2014);

- “Le ragioni che consentono al locatario di liberarsi del vincolo contrattuale devono essere determinate da avvenimenti estranei alla sua volontà, che siano non solo imprevedibili e sopravvenuti alla costituzione del rapporto, ma anche tali da rendere oltremodo gravosa per il conduttore la sua prosecuzione della locazione. I fatti in questione, tali da rendere oltremodo gravosa la prosecuzione del contratto, devono presentare una connotazione oggettiva, non potendo risolversi nella unilaterale valutazione effettuata dal conduttore in ordine all'opportunità o meno di continuare a occupare l'immobile locato, poiché, in tal caso, si ipotizzerebbe la sussistenza di un recesso "ad nutum" (Cassazione civile, sez. III, 15 maggio 2013, n. 11772).

L’ultima disposizione in commento (quella cioè che giustifica il recesso del conduttore solamente per gravi motivi) può, tuttavia, pacificamente essere derogata dalle parti, le quali possono legittimamente prevedere nel contratto, a favore del conduttore, una clausola di recesso “ad nutum”, ovvero di recesso libero in qualsiasi momento da parte del conduttore.

Nel caso concreto in esame, appare evidente il tentativo dei conduttori di liberare anzitempo, del tutto illegittimamente, l’immobile, dal momento che non solo essi sono tenuti a rispettare – come si è sopra illustrato – un preavviso minimo di almeno sei mesi (ciò costituisce un obbligo in tutti le ipotesi locatizie) - preavviso che pareva avessero in effetti intenzione di rispettare stando al contenuto della raccomandata inviata alla locatrice - ma devono altresì sussistere i gravi motivi per il recesso, da comunicare e specificare nel recesso.

Ciò, evidentemente, è possibile ritenere sulla base dei pochi e generici elementi forniti nel quesito: occorrerebbe, infatti, per una risposta più esaustiva e puntuale, esaminare il contenuto del contratto di locazione, che potrebbe anche, come si è detto poc’anzi, aver derogato parzialmente alla disciplina di legge.

Si precisa, infine, che spesso accade che il conduttore cessi di corrispondere il canone un paio di mesi prima della scadenza, sfruttando a suo favore l'importo del deposito cauzionale a suo tempo versato al locatore. In sostanza, egli attua unilateralmente una sorta di compensazione tra i canoni ancora dovuti e il credito alla restituzione del deposito.
Tale tipo di compensazione, tuttavia, non è possibile né legittima, dal momento che la funzione del deposito cauzionale è molto precisa: "La funzione del deposito cauzionale previsto dall'art. 11 della legge 27 luglio 1978 n. 392, è di garantire il locatore per l'adempimento di tutti gli obblighi, legali e convenzionali, gravanti sul conduttore, e quindi non soltanto quello del pagamento del canone ma anche quello del risarcimento dei danni per l'omesso ripristino dei locali. (...)" (Trib. Salerno, 11 ottobre 2012 n. 2121).

Mentre, insomma, i canoni sono certamente dovuti, la restituzione del deposito, invece, dipende dallo stato di conservazione dell'immobile locato, vale a dire da come viene riconsegnato dal conduttore al locatore, con la conseguenza che i due importi che si intendono compensare non necessariamente coincidono.

Anonimo chiede
martedì 13/12/2022 - Puglia
“Salve.
Vivo in un appartamento che mi è stato locato con regolare contratto di affitto, 4+4 registrato all’ADE.
In questo mese, il mio oramai “ex” proprietaria di casa ha venduto l’immobile.
Nell’arco dell’ultimo anno l’ex proprietario mi ha proposto, verbalmente e mai per iscritto, in almeno tre occasioni di acquistarlo ad un prezzo per me non ragionevole.
Ora scopro che l’appartamento è stato venduto a poco più della metà del prezzo che mi era stato proposto verbalmente.
Considerando che oramai i tassi dei mutui sono alle stelle rispetto allo scorso anno e che quindi sarebbe per me proibitivo riscattarlo dai nuovi proprietari esercitando prelazione, ma soprattutto in virtù del fatto che non ho mai ricevuto alcuna comunicazione scritta con la quale mi si chiedeva di esercitare il predetto diritto, vorrei sapere se posso far causa all’ex proprietario e chiedere un eventuale risarcimento di un “danno ipso iure”.
Diversamente, in che modo posso quantificare il danno?
Faccio comunque presente che il mio scopo non è lucrare; vorrei soltanto ottenere “giustizia” e soprattutto, semmai esistessero solidi presupposti per andare in causa ai fini di un risarcimento economico, chiederei sin dall’inizio che lo stesso venisse devoluto ad associazioni o onlus.
Sono troppo romantico e sognatore, oppure nella realtà esiste ancora qualche flebile speranza di giustizia? Chi nega un diritto, paga per la propria negligenza?”
Consulenza legale i 20/12/2022
Si segnala in primo luogo che il quesito proposto non indica se l’immobile sia stato alienato ad un terzo in occasione della prima scadenza del contratto di locazione o in pendenza dello stesso.
In base a questo la normativa di riferimento infatti è differente.

Nel caso in cui venga venduto un immobile in pendenza di contratto di locazione si applicano l’art. 1599 del c.c. e l’art.1602 c.c.
La lettura di questi articoli fa desumere che è possibile l’alienazione a titolo particolare del bene immobile se il contratto di locazione pendente ha data certa anteriore all’alienazione della cosa; in questo modo l’acquirente subentra nei diritti e nelle obbligazioni derivanti dal contratto di locazione.

La legge stabilisce una cessione ex lege del contratto di locazione senza che sia necessario il consenso del conduttore (Cass. civ. n. 13833/2010; Cass. civ. n. 7696/2015).

Il locatore, quindi, in pendenza di contratto, può alienare il bene ad un terzo senza comunicarlo al conduttore perché la locazione precedentemente stipulata è opponibile all’acquirente.

In questa circostanza però la legge non prevede un obbligo per il locatore di proporre il bene in vendita al conduttore in forza di una prelazione legale.

Diverso è il caso in cui invece il contratto di locazione di un bene ad uso abitativo sia giunto alla prima scadenza.
La normativa speciale introdotta con la Legge equo canone e la Legge sulle locazioni abitative infatti prevede che il locatore alla scadenza dei primi quattro anni del contratto possa negarne il rinnovo se intende vendere l’immobile e non abbia la proprietà di altri immobili ad uso abitativo oltre a quello eventualmente adibito a propria abitazione art. 3 della legge locazioni abitative comma 1 lett. g).
La legge stabilisce che in capo al conduttore sorge il diritto di prelazione per l’acquisto.

Le modalità per esercitare il diritto di prelazione sono stabilite dall’ art. 38 della l. equo canone e art. 39 della l. equo canone e prevedono la comunicazione, tramite notifica con l’ufficiale giudiziario, da parte del locatore al conduttore della volontà di vendere l’immobile.

Nel caso in cui la notificazione non sia stata eseguita, il conduttore ha il diritto ad esercitare il riscatto entro sei mesi dalla trascrizione del contratto di compravendita.
Qualora il conduttore sia decaduto dal diritto di riscatto, la giurisprudenza ha ritenuto che sia possibile ottenere il risarcimento del danno per responsabilità extracontrattuale ma solo a condizione di aver dimostrato la malafede del locatore consistita nell’intento di tenerlo all’oscuro dell’avvenuto trasferimento (Cass. civ. n. 10136/2022).




S. B. chiede
domenica 18/09/2022 - Lombardia
“Buongiorno
Vi disturbo per chiedervi una consulenza in merito a questa situazione: sono proprietaria di un appartamento attualmente locato, con contratto di affitto che scade tra circa 3 anni. Qualche settimana fa un possibile acquirente mi ha chiesto se fossi interessata a vendere l’appartamento, che acquisterebbe locato. Inizialmente l’inquilino si era detto non interessato all’acquisto mentre ora ha cambiato idea.. e ovviamente ha diritto di prelazione. Con l’inquilino però non c’è accordo economico perché non è disposto a pagare la cifra che chiedo, mentre l’altro possibile acquirente si. La mia domanda è questa: io posso quindi vendere agli altri, visto che prenderebbero appartamento locato? Considerato che l’inquilino non è disposto a pagare quanto vorrei, mentre gli altri possibili acquirenti si, perde in qualche modo il suo diritto di prelazione, in virtù del fatto che a lui resterebbe valido il contratto di affitto e semplicemente avrebbe nuovi proprietari?

Non ho intenzione di vendere, preferisco mantenere un buon rapporto con l’inquilino e mantenere fede all’impegno preso fino allo scadere del contratto, ma per curiosità mi piacerebbe sapere se legalmente potrei decidere di vendere o se sarei comunque dalla parte del torto.”
Consulenza legale i 23/09/2022
Occorre innanzitutto verificare se effettivamente nel caso in esame vi siano i presupposti per la sussistenza, in capo al conduttore, del diritto di prelazione. Tale diritto, previsto inizialmente per le locazioni commerciali dall’art. 38 della l. equo canone, è applicabile alle locazioni abitative in virtù del richiamo contenuto nell’art. 3 della legge locazioni abitative, che al comma 1, lett. g) attribuisce al locatore la facoltà di diniego del rinnovo del contratto alla prima scadenza, “quando il locatore intenda vendere l'immobile a terzi e non abbia la proprietà di altri immobili ad uso abitativo oltre a quello eventualmente adibito a propria abitazione”. In tal caso, prosegue la norma, al conduttore è riconosciuto il diritto di prelazione, da esercitarsi con le modalità di cui agli articoli 38 e 39 della legge 27 luglio 1978, n. 392.
Ora, la Cassazione (Sez. III Civile, sentenza 11/03/2014, n. 559) ha chiarito che “al conduttore spetta il diritto di prelazione (e, quindi, di riscatto), nei confronti del terzo acquirente, solo nel caso in cui il locatore abbia intimato disdetta per la prima scadenza, manifestando in tale atto l'intenzione di vendere a terzi l'unità immobiliare, rispondendo la scelta normativa all'esigenza di compensare il mancato godimento dell'immobile per l'ulteriore quadriennio a fronte dell'utilità per il locatore di poter alienare il bene ad un prezzo corrispondente a quello di mercato degli immobili liberi”.
Nella motivazione della sentenza, la Corte precisa che “il riconoscimento del diritto di prelazione non è normativamente previsto, in favore del conduttore in assoluto, in quanto conduttore, ma solo nella limitata ipotesi in cui il locatore gli abbia intimato disdetta per la prima scadenza, comunicandogli di voler cedere la proprietà a terzi”.
Allo stato, ciò non risulta avvenuto (manca ancora molto alla scadenza del contratto): semmai, si verificherebbe quanto ribadito da Cass. Civ., Sez. III, 16/04/2015, n. 7696, secondo cui “in mancanza di contraria volontà dei contraenti, la vendita dell'immobile locato determina di diritto la cessione del contratto di locazione al terzo acquirente, senza necessità del consenso del conduttore”.
In ogni caso, l’art. 38 della legge 392/1978 prevede che il conduttore, a fronte della formale notifica della comunicazione del locatore (con cui viene manifestata l’intenzione di trasferire a titolo oneroso l'immobile locato), debba rispondere, sempre con atto notificato a mezzo di ufficiale giudiziario, “offrendo condizioni uguali a quelle comunicategli”: pertanto, se il conduttore non concorda sugli elementi della vendita - come il prezzo -, non potrà dirsi perfezionato l’esercizio della prelazione.

F. P. chiede
venerdì 06/05/2022 - Lazio
“Buongiorno
Vivo in un appartamento da 7 anni con contratto rinnovato ogni 2 anni. L'ultimo scadeva il 01/05/2022, ma circa 2 mesi fa mi ha avvertito della vendita dell'immobile e che devo assolutamente uscire il 31/05/2022 per in tale data ha il rogito con i nuovi proprietari.
Innanzitutto non sono stato interpellato per l'eventuale interesse all'acquisto dell'appartamento, vivo con un ragazzo di 12 anni.
Devo rispettare la data imposta?”
Consulenza legale i 13/05/2022
Va premesso che, nelle locazioni ad uso abitativo, il diritto di prelazione nell’acquisto dell’immobile è previsto a favore del conduttore in presenza di determinati presupposti, ovvero in occasione della prima scadenza del contratto (non delle successive proroghe), quando il locatore intenda vendere l'immobile a terzi e non abbia la proprietà di altri immobili ad uso abitativo oltre a quello eventualmente adibito a propria abitazione (art. 3, comma 1, lett. g) L. n. 431/1998): chiaramente non si tratta del nostro caso, se non altro perché ci troviamo in fase di rinnovo successivo alla prima scadenza.
Tuttavia, la pretesa del locatore è comunque illegittima.
Infatti, il locatore, ai sensi dell’art. 2, comma 5 della L. n. 431/1998, avrebbe dovuto comunicare per iscritto (a mezzo lettera raccomandata) al conduttore la propria rinuncia al rinnovo del contratto con un preavviso di almeno sei mesi prima della scadenza. In mancanza di regolare disdetta, il contratto deve intendersi rinnovato tacitamente alle medesime condizioni e il locatore non può esigere il rilascio dell’immobile.

G. V. chiede
giovedì 31/03/2022 - Estero
“Salve,
mia moglie ed io siamo proprietari di un appartamento che e' attualmente dato in locazione. Il contratto di locazione e' un 4+4 e il 29 maggio prossimo saranno trascorsi 8 anni dalla stipula (cioe' i 4+4). A dicembre scorso, ma in leggero ritardo sui 6 mesi di preavviso, abbiamo mandato la disdetta ai nostri inquilini, comunicandogli pero', nella stessa raccomandata, che eravamo disponibili a sottoscrivere un nuovo contratto alle medesime condizioni, ma con opzione di disdetta anticipata (pensando che fosse possibile farlo).

Ora, visto che potremmo aver bisogno della casa nel prossimo futuro (per farci andare a vivere i genitori di mia moglie che sono ucraini e probabilmente si trasferiranno in Italia), abbiamo proposto ai nostri inquilini di non fare un 4+4, ma di fare un contratto transitorio di 18 mesi.

I nostri inquilini per il momento hanno detto che per loro il contratto e' rinnovato (il 4+4), anche considerato che la nostra raccomandata e' stata mandata meno di 6 mesi (crica 5 e mzzo) dalla scadenza e in ogni caso nella nostra raccomandata avevamo espresso il desiderio di rinnovare.

La domanda e', se considerassimo il contratto 4+4 come implicitamente rinnovato, visto che la nostra disdetta e' al di fuori del termine previsto, quali possibilita' abbiamo per rientrare il possesso dell'appartamento per farci vivere i miei suoceri?

Leggendo online mi sembra di capire che il locatore possa recedere anticipatamente nel caso necessiti dell'immobile per se' o per parenti prossimi, ma non capisco se questo vale solo alla prima scadenza (cioe' tra ulteriori 4 anni) o in qualunque momento. In altre parole, potremmo noi inviare adesso una raccomandata in cui diamo 6 mesi di preavviso e comunichiamo il recesso dal contratto perche' abbiamo bisogno dell'immobile per la nostra famiglia?

Grazie e cordiali saluti”
Consulenza legale i 07/04/2022
La risposta al presente quesito va ricercata negli artt. 2 e 3 della Legge 09/12/1998, n. 431, che disciplina le locazioni ad uso abitativo.
Il contratto stipulato tra le parti, nel nostro caso, corrisponde al modello previsto dal comma 1 dell’art. 2 della legge citata, che prevede una durata minima di quattro anni, alla scadenza dei quali il contratto si rinnova per ulteriori quattro anni, a meno che il locatore non intenda adibire l'immobile agli usi o effettuare sullo stesso le opere di cui all'articolo 3, ovvero vendere l'immobile alle condizioni e con le modalità di cui al medesimo articolo 3: ma su questo aspetto torneremo tra poco.
Sempre il comma 1 dell’art. 2 L. n. 431/1998 stabilisce che, alla seconda scadenza del contratto (che corrisponde, appunto, alla situazione descritta nel quesito), ciascuna delle parti ha diritto di attivare la procedura per il rinnovo a nuove condizioni o per la rinuncia al rinnovo del contratto: in entrambi i casi, comunque, il contraente dovrà comunicare la propria intenzione con lettera raccomandata da inviare all'altra parte almeno sei mesi prima della scadenza. In mancanza di tale comunicazione il contratto è rinnovato tacitamente alle medesime condizioni.
Pertanto, come ha ribadito recentemente la Cassazione (Sez. III Civile, sentenza 09/06/2016, n. 11808), è necessario che la rinuncia/disdetta venga ricevuta dal destinatario sei mesi prima della scadenza.
Il tacito rinnovo, nel nostro caso, non è escluso neppure dall’intenzione della locatrice di adibire l’immobile ad abitazione dei propri genitori.
Infatti, l’art. 3 della L. n. 431/1998 attribuisce al locatore la facoltà di diniego del rinnovo del contratto alla prima scadenza, per quanto qui specificamente interessa, “quando il locatore intenda destinare l'immobile ad uso abitativo, commerciale, artigianale o professionale proprio, del coniuge, dei genitori, dei figli o dei parenti entro il secondo grado”: tuttavia, anche tralasciando la considerazione che nel nostro caso ci troviamo alla seconda scadenza del contratto, la disdetta del locatore deve comunque rispettare il preavviso minimo di sei mesi.

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