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Articolo 2 Legge sulle locazioni abitative

(D.lgs. 9 dicembre 1998, n. 431)

[Aggiornato al 01/01/2020]

Modalità di stipula e di rinnovo dei contratti di locazione

Dispositivo dell'art. 2 Legge sulle locazioni abitative

1. Le parti possono stipulare contratti di locazione di durata non inferiore a quattro anni, decorsi i quali i contratti sono rinnovati per un periodo di quattro anni, fatti salvi i casi in cui il locatore intenda adibire l'immobile agli usi o effettuare sullo stesso le opere di cui all'articolo 3, ovvero vendere l'immobile alle condizioni e con le modalità di cui al medesimo articolo 3. Alla seconda scadenza del contratto, ciascuna delle parti ha diritto di attivare la procedura per il rinnovo a nuove condizioni o per la rinuncia al rinnovo del contratto, comunicando la propria intenzione con lettera raccomandata da inviare all'altra parte almeno sei mesi prima della scadenza. La parte interpellata deve rispondere a mezzo lettera raccomandata entro sessanta giorni dalla data di ricezione della raccomandata di cui al secondo periodo. In mancanza di risposta o di accordo il contratto si intenderà scaduto alla data di cessazione della locazione. In mancanza della comunicazione di cui al secondo periodo il contratto è rinnovato tacitamente alle medesime condizioni.

2. Per i contratti stipulati o rinnovati ai sensi del comma 1, i contraenti possono avvalersi dell'assistenza delle organizzazioni della proprietà edilizia e dei conduttori.

3. In alternativa a quanto previsto dal comma 1, le parti possono stipulare contratti di locazione, definendo il valore del canone, la durata del contratto, anche in relazione a quanto previsto dall'articolo 5, comma 1, nel rispetto comunque di quanto previsto dal comma 5 del presente articolo, ed altre condizioni contrattuali sulla base di quanto stabilito in appositi accordi definiti in sede locale fra le organizzazioni della proprietà edilizia e le organizzazioni dei conduttori maggiormente rappresentative. Al fine di promuovere i predetti accordi, i comuni, anche in forma associata, provvedono a convocare le predette organizzazioni entro sessanta giorni dalla emanazione del decreto di cui al comma 2 dell'articolo 4. I medesimi accordi sono depositati, a cura delle organizzazioni firmatarie, presso ogni comune dell'area territoriale interessata(1).

4. Per favorire la realizzazione degli accordi di cui al comma 3, i comuni possono deliberare, nel rispetto dell'equilibrio di bilancio, aliquote dell'imposta comunale sugli immobili (ICI) più favorevoli per i proprietari che concedono in locazione a titolo di abitazione principale immobili alle condizioni definite dagli accordi stessi. I comuni che adottano tali delibere possono derogare al limite minimo stabilito, ai fini della determinazione delle aliquote, dalla normativa vigente al momento in cui le delibere stesse sono assunte. I comuni di cui all'articolo 1 del decreto-legge 30 dicembre 1988, n. 551, convertito, con modificazioni, dalla legge 21 febbraio 1989, n. 61, e successive modificazioni, per la stessa finalità di cui al primo periodo possono derogare al limite massimo stabilito dalla normativa vigente in misura non superiore al 2 per mille, limitatamente agli immobili non locati per i quali non risultino essere stati registrati contratti di locazione da almeno due anni.

5. I contratti di locazione stipulati ai sensi del comma 3 non possono avere durata inferiore ai tre anni, ad eccezione di quelli di cui all'articolo 5. Alla prima scadenza del contratto, ove le parti non concordino sul rinnovo del medesimo, il contratto è prorogato di diritto per due anni fatta salva la facoltà di disdetta da parte del locatore che intenda adibire l'immobile agli usi o effettuare sullo stesso le opere di cui all'articolo 3, ovvero vendere l'immobile alle condizioni e con le modalità di cui al medesimo articolo 3. Alla scadenza del periodo di proroga biennale ciascuna delle parti ha diritto di attivare la procedura per il rinnovo a nuove condizioni o per la rinuncia al rinnovo del contratto comunicando la propria intenzione con lettera raccomandata da inviare all'altra parte almeno sei mesi prima della scadenza. In mancanza della comunicazione il contratto è rinnovato tacitamente alle medesime condizioni(2).

6. I contratti di locazione stipulati prima della data di entrata in vigore della presente legge che si rinnovino tacitamente sono disciplinati dal comma 1 del presente articolo.

Note

(1) Il D.Lgs. 14 marzo 2011, n. 23, come modificato dalla L. 27 dicembre 2019, n. 160, ha disposto (con l'art. 3, comma 2) che "Per i contratti stipulati secondo le disposizioni di cui agli articoli 2, comma 3, e 8 della legge 9 dicembre 1998, n. 431, relativi ad abitazioni ubicate nei comuni di cui all'articolo 1, comma 1, lettere a) e b), del decreto-legge 30 dicembre 1988, n. 551, convertito, con modificazioni, dalla legge 21 febbraio 1989, n. 61, e negli altri comuni ad alta tensione abitativa individuati dal Comitato interministeriale per la programmazione economica, l'aliquota della cedolare secca calcolata sul canone pattuito dalle parti e' ridotta al 10 per cento".
(2) Il D.L. 30 aprile 2019, n. 34, convertito con modificazioni dalla L. 28 giugno 2019, n. 58, ha disposto, con l'art. 19-bis, comma 1, che "Il quarto periodo del comma 5 dell'articolo 2 della legge 9 dicembre 1998, n. 431, si interpreta nel senso che, in mancanza della comunicazione ivi prevista, il contratto è rinnovato tacitamente, a ciascuna scadenza, per un ulteriore biennio".

Spiegazione dell'art. 2 Legge sulle locazioni abitative

Il secondo articolo della L. 431/1998 fissa i requisiti fondamentali sia dei contratti "liberi" che di quelli "agevolati". Per i primi prevede una durata di 4 anni, obbligatoriamente rinnovabili salvo eccezioni; per i secondi una durata di 3 anni prorogabili per altri 2.
La conclusione dei contratti disciplinati dal comma 4 dell'art. 2 consente di fruire di diverse agevolazioni fiscali tra le quali rientra la riduzione dell'aliquota della cedolare secca, fino al 15% calcolato sulla base del canone pattuito, oltre ad aliquote ICI più favorevoli deliberate dai comuni nel rispetto dell'equilibrio di bilancio.

Le disposizioni afferenti alla durata contrattuale hanno natura imperativa e, perciò, inderogabile. Esse derogano in qualche modo al principio generale dell'autonomia privata nella predisposizione del regolamento contrattuale ex art. 1322 c.c., imponendo ai contraenti di stipulare il contratto per una durata stabilita in via preventiva dal legislatore.
Tale natura imperativa delle norme sulla durata si traduce innanzitutto nella loro "capacità sostitutiva", allorquando le parti si determinino ad una durata contrattuale inferiore a quella prevista; in secondo luogo, nella "capacità integrativa", grazie alla quale, se le parti omettono di indicare un termine, la locazione si intenderà stipulata per la durata legale.
Tutto questo non è altro che l'applicazione del più generale principio della nullità parziale previsto dal Codice Civile all'art. 1419 comma 2, il quale prevede appunto un meccanismo di sostituzione automatica per la clausola contrattuale difforme a norme imperative, in ossequio al principio generale della conservazione degli effetti del contratto per quanto possibile.
L'applicazione dell’art. 1339 c.c., poi, consente l’inserzione automatica nel regolamento contrattuale di clausole dettate da norme imperative.
La durata massima del contratto, viceversa, non disciplinata espressamente dalla normativa de quo, rimane regolata dagli artt. 1573 e 1607 del Codice Civile.
Con riguardo ai contratti c.d. "liberi" di cui al comma 1, bisogna osservare che il locatore ha la facoltà di far cessare la locazione dopo il primo quadriennio solamente sulla base dell’"intenzione", che non per forza si traduce nella "necessità", di adibire l’immobile agli usi previsti. I requisiti della serietà di tale intenzione si ricavano dalla consolidata giurisprudenza formatasi attorno alla norma relativa all'identico istituto previsto dalla L. 392/1978 per l'uso diverso.

L’ultimo periodo del comma in oggetto, che prevede il rinnovo tacito "alle medesime condizioni" va inteso come rinnovo di 4 anni e non, come potrebbe ricavarsi ad una prima lettura, di 4 anni rinnovabili. Ciò si ricava anche dall’art. 3, che fa riferimento alla "prima scadenza" per la procedura di diniego del rinnovo.
Diversi tribunali di merito hanno affrontato il problema della durata dei contratti che sorgono dal rinnovo tacito previsto dalla norma in oggetto. Secondo la giurisprudenza, il contratto rinnovato avrebbe una durata di quattro anni solamente (e non di 4 + 4), al termine dei quali il locatore avrà la possibilità di dare la disdetta senza dover addurre motivazioni specifiche.

Si può ritenere, visto che il successivo art. 14 abroga gli articoli 23 e 24 della Legge equo canone, che sia sempre possibile per tali contratti prevedere un adeguamento del canone libero in caso di lavori edilizi all'immobile, come anche di aggiornare il canone facendo riferimento ad indici diversi da quello ISTAT (come possono essere, ad esempio, quelli delle Camere di commercio), o di prevedere canoni c.d. "scalari", quantificando il canone in somme predeterminate che andranno successivamente maggiorate delle imposte annuali locali.

Nel riferirsi agli accordi locali stabiliti dalle organizzazioni "maggiormente rappresentative", il legislatore espressamente esclude il requisito della rappresentatività "a livello nazionale", preferendo un concetto di rappresentatività presente a livello locale.
Per quanto riguarda il ruolo demandato ai Comuni, si osserva che essi si limitano a convocare le "organizzazioni della proprietà e dei conduttori", e non hanno invece alcun ruolo di mediazione, nemmeno sulla fissazione del canone.

Alla stregua di quanto previsto dall’art. 4, comma 3, della legge per l'ipotesi in cui non ci sia stata la convocazione delle organizzazioni da parte dei Comuni o, comunque, non ci sia stata la definizione degli Accordi, si ritiene che la convocazione dei Comuni non sia indispensabile e, tantomeno, elemento di validità degli Accordi intervenuti fra le organizzazioni.
Anche per i contratti agevolati si ripropongono le considerazioni sopra svolte per il rinnovo tacito alle "medesime condizioni". Il rinnovo tacito si intende di anni 3 (e non, di anni 3 più 2) sia per la una ragione di carattere letterale, sia perché la norma stabilisce che il contratto "è prorogato di diritto" e la proroga costituisce, come noto, un istituto di carattere eccezionale.

Salvo i casi di recesso per gravi motivi o per convenzione delle parti, in entrambe le ipotesi contrattuali, il legislatore non ha previsto la possibilità per il conduttore di sciogliersi anticipatamente dal contratto alla scadenza, rispettivamente, dei primi 4 anni o dei primi 3 anni.
Il diniego del rinnovo (e non di "disdetta"), infatti, è una facoltà prevista solamente in capo al locatore.
Tuttavia, una certa parte della dottrina ha sostenuto che la disciplina in esame, così come formulata dalla norma, potrebbe creare una disparità non indifferente tra locatore e conduttore: solo al primo, infatti, sarebbe espressamente consentito dare la disdetta del contratto già alla prima scadenza. Tuttavia, osservano gli studiosi, una interpretazione sistematica della disciplina conduce necessariamente a ritenere che anche il conduttore possa lecitamente azionare la disdetta già alla prima scadenza contrattuale, e ciò sulla base di una interpretazione analogica del dato normativo che consente la disdetta in un momento successivo, e che in alcun modo si oppone a questa possibilità. Per rinnovare il contratto, il locatore dovrà quindi ottenere il consenso del conduttore, che continui volontariamente ad occupare l'immobile locato, senza dare disdetta.

Poiché l'ultimo periodo del quinto comma prevede che il rinnovo tacito "alle medesime condizioni" si applica solo "in mancanza della comunicazione", bisogna ritenere che una proposta di rinnovo effettuata a condizioni economiche o normative differenti rispetto a quelle contemplate inizialmente, equivalga a disdetta della locazione.

Rel. Camera dei Deputati L. 431/1998

(Relazione alla Camera dei Deputati sulla L. 431/1998 recante la "Disciplina delle locazioni e del rilascio degli immobili adibiti ad uso abitativo")

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Il nucleo fondamentale del provvedimento è contenuto all’articolo 2, ove si individuano le due tipologie contrattuali cui si è fatto in precedenza accenno. La prima tipologia, come già osservato, si basa fondamentalmente sulla libera contrattazione delle parti, pur essendo presenti elementi di vincolo nella durata minima del contratto, pari a quattro anni, e nella possibilità di diniego di rinnovo alla prima scadenza, subordinata al verificarsi delle condizioni previste dal successivo articolo 3, in assenza delle quali il contratto è rinnovato automaticamente. Una modifica introdotta dal Senato ha limitato la durata di tale rinnovo a quattro anni, mentre nel testo approvato dalla Camera era previsto che il contratto si rinnovasse per un periodo pari a quello originariamente stabilito. Alla seconda scadenza del contratto, le parti possono attivare la procedura per il rinnovo a nuove condizioni o per la rinuncia al rinnovo del contratto, comunicando la propria intenzione alla controparte almeno sei mesi prima della scadenza.
Il Senato ha introdotto alcune prescrizioni relative ai termini e alle modalità di risposta della parte interpellata; in mancanza di risposta o di accordo, il contratto si intenderà scaduto alla data di cessazione della locazione.
La seconda tipologia contrattuale si basa sul sostanziale recepimento, da parte del locatore e del conduttore, di contratti-tipo stipulati in sede locale tra le organizzazioni di categoria maggiormente rappresentative, sulla base di criteri definiti dalla convenzione nazionale di cui all’articolo 4. In questo caso, la durata minima è fissata in tre anni, alla scadenza dei quali, in caso di mancato accordo sul rinnovo del contratto, il medesimo è prorogato di diritto per due anni, fatta salva comunque la facoltà di disdetta da parte del locatore, nei già richiamati casi di cui all’articolo 3. Il contratto-tipo disciplina, oltre alla durata, altri elementi contrattuali, quali ad esempio l’entità del canone. L’adozione di questa seconda tipologia contrattuale consente di godere di alcuni benefici di natura fiscale indicati all’articolo 8 nonché di agevolazioni ai fini dell’ICI, qualora i comuni si avvalgano della facoltà, prevista dal comma 4 dell’articolo 2, di introdurre aliquote più favorevoli per quei proprietari che affittino alloggi alle predette condizioni. A tal fine, i comuni sono autorizzati a derogare al limite minimo nonché, per i soli immobili non locati, al limite massimo, previsti dalla normativa ai fini della determinazione delle aliquote dell’ICI. Il Senato ha elevato dall’1 al 2 per mille la misura massima dell’incremento dell’aliquota praticabile, limitando peraltro tale facoltà ai soli comuni a maggiore tensione abitativa, di cui all’articolo 1 del decreto legge n. 551 del 1988, convertito dalla legge n. 61 del 1989, e con riferimento ai soli immobili per i quali non risultino registrati contratti di locazione da almeno due anni.
Infine, il comma 6 dell’articolo 2, introdotto nel corso dell’esame del Senato, stabilisce che i contratti stipulati prima della data di entrata in vigore del provvedimento che si rinnovi tacitamente sono disciplinati dal comma 1 dello stesso articolo 2.

Massime relative all'art. 2 Legge sulle locazioni abitative

Cass. civ. n. 27022/2016

In tema di locazione immobiliare, deve qualificarsi contratto agevolato, previsto dall’art. 2, comma 3, della 1. n. 431 del 1998, quello ad uso abitativo non transitorio che rispetti, non solo quanto a canone e durata, ma anche in riferimento ad ogni altra condizione contrattuale, il tipo di cui all’art. 4 bis della medesima legge e l’accordo contrattuale definito in sede locale dalle organizzazioni maggiormente rappresentative, tale qualificazione (ed i conseguenti benefici fiscali) venendo meno - con conseguente applicazione della disciplina ordinaria - se le parti, pur nel rispetto della durata legale e del canone determinato dagli accordi in sede locale, apportino alle altre condizioni modifiche idonee ad alterare l’assetto dei reciproci interessi, precostituito nel modello concordato, ferme, peraltro, restando le clausole così pattuite.

Cass. civ. n. 11808/2016

In tema di contratto di locazione ad uso abitativo, l’art. 2, comma 1, della 1. n. 431 del 1998, nel disporre che la disdetta al termine del secondo periodo di durata contrattuale sia effettuata in forma scritta ed inviata a mezzo raccomandata, non ne sanziona l’inosservanza con la nullità, sicché sono ammissibili forme equipollenti purché idonee ad evidenziare all’altra parte la volontà negoziale, derivandone altresì che, ove all’invio della lettera di disdetta provveda un rappresentante della parte, non è necessario il conferimento al medesimo di un mandato in forma scritta.

Cass. civ. n. 19747/2012

In tema di comunicazione di disdetta da parte del locatore di immobile ad uso abitativo vale la regola per cui tra i contratti stipulati prima dell’entrata in vigore della legge 9 dicembre 1998, n. 431, sono soggetti alla nuova disciplina (ed in particolare all’art. 2, comma 6 della predetta legge) solo quelli per i quali il termine utile per la comunicazione della disdetta da parte del locatore è scaduto successivamente al 30 dicembre 1998 e tale disdetta non è stata data, cosicché la rinnovazione si è verificata nella vigenza della nuova legge.

Cass. civ. n. 8090/2008

In tema di locazione di immobili ad uso abitativo, ai sensi del combinato disposto degli articoli 2, sesto comma, e 14, quinto comma, della legge n. 431 del 1998, la nuova normativa di cui alla legge citata, che prevede la necessità di una disdetta qualificata per la cessazione del rapporto alla prima scadenza successiva alla data della sua entrata in vigore, si applica unicamente ai contratti in corso già rinnovatisi tacitamente a tale data, avendo il legislatore inteso equiparare i contratti da ultimo indicati ai contratti stipulati dopo l’entrata in vigore della legge. Ne consegue che ai contratti non rinnovatisi o non ancora rinnovatisi alla data di entrata in vigore della nuova legge continuano ad applicarsi le disposizioni previgenti, con possibilità, per il locatore, di riavere il godimento dell’immobile locato mediante semplice disdetta.

Corte app. Napoli n. 962/2008

In tema di contratti di locazione agevolata (c.d. convenzionati, stipulati cioè ex art. 2, comma 3, L. n. 431/98), la previsione di clausole che contrastino con i parametri previsti dal contratto-tipo allegato alla convenzione territoriale non comporta l’invalidità dell’intero contratto, bensì delle singole clausole, né il passaggio dalla tipologia contrattuale prescelta (quella agevolata) ad altra (segnatamente a quella di cui al primo comma dell’art. 2 L. n. 431/98 c.d. di anni 4+4).

Trib. civ. Udine n. 673/2007

Nel caso di locazione abitativa stipulata anteriormente al 30 dicembre 1998 per un canone ultra-legale, qualora le parti optino per la rinnovazione tacita del contratto la loro volontà non deve ritenersi diretta a recepire quel contratto con le eventuali successive modifiche da esso apportate (per effetto del giudizio instaurato per la ripetizione di indebito), bensì volta a recepire tutte le singole clausole ad esso apposte, ivi compresa la natura del canone, un tempo da considerarsi extra legale ma ora perfettamente valida ai sensi della nuova normativa.

Trib. civ. Bari n. 773/2005

Anche i contratti stipulati per soddisfare esigenze transitorie del conduttore (di cui all’art. 26, L. n. 392/1978) che si rinnovino tacitamente dopo l’entrata in vigore della L. n. 431/1998 sono attratti, quanto alla durata e al canone, dalla disciplina di cui all’art. 2 della nuova legge.

Corte app. Trento n. 230/2004

In caso di contratto di locazione ad uso abitativo stipulato nel vigore della legge sull’equo canone e rinnovatosi tacitamente dopo l’entrata in vigore della L. n. 431/98, la nullità della pattuizione di un canone in misura ultralegale - secondo il dettato dell’art. 79 della L. n. 392/78 - deve ritenersi sanata a far tempo dalla data della rinnovazione automatica. Conseguentemente, da quel momento il canone dovuto è quello liberamente pattuito in origine dalle parti e non più quello legale.

Corte app. Bologna n. 1049/2004

Il richiamo alla disciplina del primo comma dell’art. 2 L. n. 431/98 - operato dal sesto comma del medesimo articolo per i contratti antecedenti e che si rinnovino tacitamente sotto il vigore della nuova norma - concerne solo la durata minima quadriennale, non anche la rinnovazione per un uguale periodo alla scadenza.

Trib. civ. Treviso n. 102/2003

Nel caso di contratto di locazione stipulato sotto la vigenza della legge sull’equo canone e rinnovatosi tacitamente dopo l’entrata in vigore della nuova legge per mancata disdetta nei termini, il richiamo contenuto nel sesto comma dell’art. 2 al precedente primo comma deve intendersi riferito all’intera disposizione, non operandosi - quanto alla durata del contratto - alcuna distinzione tra l’ipotesi della stipulazione e quella del rinnovo. Conseguentemente, alla successiva scadenza il contratto deve intendersi rinnovato automaticamente per 4 anni, prorogabili per un’eguale durata, salvo il diritto del locatore di esercitare il recesso per uno dei motivi di cui all’art. 3 L. n. 431/1998.

Trib. civ. Vicenza n. 1821/2003

La rinnovazione tacita di un contratto di locazione presuppone che le parti abbiano entrambe la piena possibilità di recedere alla scadenza, situazione che non si verifica allo spirare del primo quadriennio di un contratto riconducibile ai c.d. “patti in deroga”, caratterizzati dalla rinuncia del locatore al recesso se non in presenza di motivi specificamente previsti dalla legge. Conseguentemente, per individuare il momento in cui il contratto si rinnova tacitamente per rientrare nella disciplina della legge n. 431/98, occorre fare riferimento alla scadenza del secondo quadriennio, quando cioè entrambe le parti possono esercitare pienamente il potere di recesso dal contratto. Per questa scadenza, sussiste il diritto del locatore di recedere anche senza uno dei motivi di cui all’art. 29 della legge n. 392/78, applicandosi interamente la disciplina dettata dall’art. 11 della legge n. 359/92.

Corte app. Genova n. 211/2002

Un contratto di locazione ad uso abitativo non transitorio, stipulato in forma verbale con decorrenza dal 1° gennaio 1975, prorogatosi tacitamente di quattro anni in quattro anni a partire dal 1° gennaio 1980 ex art. 58 L. n. 392/78, e, pertanto, sottoposto al regime dell’equo canone sino al 31 dicembre 1999, ove non disdettato, deve considerarsi da tale ultima data tacitamente rinnovato, in virtù del primo comma dell’art. 2 L. n. 431/98, di quattro anni suscettibili di estensione automatica a quattro anni ulteriori, salvi i casi eccezionali contemplati in tale disposizione.

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Consulenze legali
relative all'articolo 2 Legge sulle locazioni abitative

Seguono tutti i quesiti posti dagli utenti del sito che hanno ricevuto una risposta da parte della redazione giuridica di Brocardi.it usufruendo del servizio di consulenza legale. Si precisa che l'elenco non è completo, poiché non risultano pubblicati i pareri legali resi a tutti quei clienti che, per varie ragioni, hanno espressamente richiesto la riservatezza.

F. I. chiede
domenica 07/01/2024
“Buongiorno,

Sono possessore di un immobile (appartamento) locato dal 2011 con le seguenti tipologie di contratto:

dal 2011 contratto canone concordato 3+2+3 (primo contratto) ;

dal 2019 contratto canone concordato 3+2 (secondo contratto)

Purtroppo per mio errore ho inviato lettera tardiva di disdetta contrattuale (allego lettera inviata a inquilino e relativa risposta ricevuta da avvocato inquilino)

Le mie domande sono le seguenti:

- Quale è la tipologia di contratto da utilizzare per i due anni richiesti dall'avvocato per non incorrere in ulteriori problematiche ?(possibile avere Fac simile contratto) Posso aumentare il canone di affitto ? (Visto che i contratti a canone concordato prevedono che il costo della locazione sia fissato secondo quanto previsto dagli accordi locali delle organizzazioni della proprietà edilizia e delle organizzazioni dei conduttori maggiormente rappresentative)

- Dopo la stipula del nuovo contratto con successiva registrazione posso inviare subito nuova lettera di disdetta ? E' corretta quella che ho inviato (allegata alla presente richiesta), posso riutilizzare tale formato ?


- Alla restituzione dell'immobile, dopo aver spostato la mia residenza nell'appartamento in oggetto, posso venderlo subito ? Devo dare eventuale prelazione, come ? Devo aspettare un periodo di tempo prima di vendere l'appartamento per non incorrere nella restituzione delle 36 mensilità ?

- Alla restituzione dell'immobile dopo aver spostato la mia residenza nell'appartamento in oggetto, posso iniziare attività di b&b non commerciale (senza partita iva) In questo caso incorro nella restituzione delle 36 mensilità ?


Ringrazio in anticipo per la risposta.

cordiali saluti.”
Consulenza legale i 16/01/2024
Il contratto di locazione stipulato dalle parti prevedeva (prevede) durata di 3+2 anni come stabilito dall’art. 2 comma 5 della L. 431/1998 (legge sulle locazioni abitative).
La legge suddetta dispone che alla scadenza del periodo di proroga di due anni (ovvero dei + 2) le parti debbano
  • attivare la procedura di rinnovo a nuove condizioni
  • o comunicare l’intenzione di non voler rinnovare il contratto almeno sei mesi prima della scadenza.
In assenza di una di queste due azioni, il contratto si rinnova automaticamente alle medesime condizioni per ulteriori due anni come chiarito dall’art. 19-bis D.L. n. 34/2019.

Nel caso di specie, quindi, il contratto si è rinnovato automaticamente per altri due anni come comunicato anche dal legale del conduttore.
Il locatore, quindi, dovrà registrare per altri due anni lo stesso contratto stipulato nel 2019 senza doverne redigere uno nuovo.
Di conseguenza non potrà neppure modificare le condizioni del contratto che rimarranno del tutto invariate.

Per quanto riguarda la disdetta, poiché non si tratta della prima scadenza dopo i primi tre anni di contratto, il locatore potrà comunicare la sua intenzione di non voler rinnovare il contratto senza dover fornire al conduttore alcuna motivazione e, recuperata la disponibilità dell’immobile, potrà usufruirne come meglio ritiene.

Si consiglia, però, di comunicare il diniego di rinnovo con una lettera raccomandata almeno sei mesi prima rispetto alla scadenza del contratto, come stabilito dall’art. 2 comma 5 L. locazioni abitative, e non tre mesi prima come invece concordato dalle parti all’art. 2 del contratto di locazione.
Tale norma infatti ha carattere imperativo ed è inderogabile essendo posta a tutela del conduttore, parte debole del rapporto contrattuale.
Si ritiene che il locatore possa comunicare anche da ora la disdetta del contratto a far data dal 01.01.2026 ma che sia più opportuno aspettare di essere in prossimità dei sei mesi dalla scadenza del contratto in modo da non dare spazio al conduttore per qualsivoglia pretestuosa contestazione. Un anno prima potrebbe essere una buona tempistica.

Anonimo chiede
mercoledì 20/12/2023
“Mia figlia ha necessità di liberare il suo appartamento affittato con un contratto di affitto 4+4 stipulato il 15/02/2016, già tacitamente rinnovato il 15.02.2020 ed ora scadente il 15.02.2024. La necessità nasce dal fatto che avendo trovato nuovo impiego lavorativo vicino l'appartamento attualmente locato, desidera andare a vivere a casa sua. A tempo debito (sei mesi prima della scadenza della scadenza del 2024), non è stata data disdetta in quanto non esisteva la possibilità del nuovo impiego lavorativo e quindi la necessità/possibilità di andare a vivere nella sua casa.

L'attuale contratto al punto 1 recita testualmente "il contratto è stipulato per la durata di anni 4 dal 15/02/2016 al 14/02/2020, dopo tale scadenza, il diritto di abitazione si intenderà tacitamente rinnovato di n. 4 (quattro) anni, salvo disdetta a mezzo raccomandata con avviso di ricevimento, da una parte per entrambi le parti con preavviso di mesi 6 (sei)."
Dopo la seconda scadenza non è specificato il tacito rinnovo. Di conseguenza chiedo:
Non essendo previsto il tacito rinnovo alla seconda scadenza il contratto sarà da intendersi risolto con la data del 14/02/2024? Quando potrà mia figlia potrà avere libero l'appartamento? E con quale documentazione?
Grazie, Saluti”
Consulenza legale i 29/12/2023
Il presente quesito va risolto alla luce del disposto dell’art. 2, comma 1 della Legge 431/1998 (legge sulle locazioni abitative), che disciplina, appunto, le modalità di stipula e di rinnovo dei contratti di locazione 4 + 4.
La norma stabilisce, tra l’altro, che, decorsi i primi quattro anni, è previsto un tacito rinnovo del contratto per ulteriori quattro anni, a meno che il locatore si trovi in una delle situazioni in cui gli è consentito impedire il rinnovo del contratto, elencate dall’art. 3 della medesima legge.
A noi interessa, però, comprendere ciò che avviene alla seconda scadenza del contratto: in questo caso, prosegue l’articolo in esame, ciascuna delle parti ha diritto di scegliere se rinnovare il contratto a nuove condizioni (ad esempio, un canone diverso) o, piuttosto, rinunciare al rinnovo.
In entrambi i casi, però - cioè sia nel caso di rinnovo a condizioni diverse, sia nel caso di disdetta - va inviata una comunicazione espressa a mezzo raccomandata, almeno sei mesi prima della scadenza. In mancanza di tale comunicazione, il contratto è rinnovato tacitamente alle medesime condizioni.
Nel caso oggetto del quesito non risulta appunto inviata alcuna disdetta (e neanche una richiesta di rinnovo a condizioni nuove); né risulta che il contratto disponga in maniera diversa.
Pertanto, il contratto deve intendersi tacitamente rinnovato per ulteriori quattro anni.

A.M. chiede
martedì 12/09/2023
“Mia figlia ha necessità di liberare un appartamento locato a Milano con contratto 4+4 da 8 anni per trasferirvi noi genitori ultraottantenni con importanti problemi di salute.
1) Dando la disdetta oggi (la scadenza dell'ottavo anno è il prossimo 1 ottobre 2023) quale sarebbe la data in cui l'inquilino dovrebbe liberare l'immobile?
2) Che documentazione occorre a supporto della disdetta?”
Consulenza legale i 21/09/2023
Il punto 3) del contratto stipulato tra le parti prevede, innanzitutto, che la durata della locazione è fissata in quattro anni e cioè, nello specifico, dal 1° ottobre 2015 al 30 settembre 2019; conformemente a quanto previsto dalla legge, il contratto stabilisce poi un primo rinnovo automatico, alla scadenza del quadriennio, cosa che in effetti è avvenuta.
Occorre a questo punto analizzare il sistema di disdetta o rinnovo alle successive scadenze.
In proposito, il contratto, dopo aver previsto il rinnovo automatico alla prima scadenza, stabilisce che un simile automatico rinnovo avvenga “così di seguito ad ogni scadenza ove una delle Parti non comunichi all’altra disdetta a mezzo lettera raccomandata a.r., da inviarsi almeno sei mesi prima d’ogni scadenza contrattuale”.
Se così stanno le cose, nel nostro caso, non essendo stata inviata disdetta sei mesi prima della prossima scadenza del 30 settembre 2023, la locazione deve intendersi rinnovata.
Dobbiamo però esaminare anche la regolamentazione prevista dall’art. 2 della L. 431/1998, perché la formulazione della norma in realtà è diversa da quella contrattuale.
L’art. 2 della legge sulle locazioni abitative, infatti, dopo aver previsto la possibilità di stipulare contratti di locazione di durata almeno quadriennale, prevede un primo rinnovo automatico alla prima scadenza. Il locatore però può impedire tale rinnovo automatico, nelle forme e nei termini stabiliti dalla legge, in alcuni casi specifici previsti dall’art. 3 della medesima legge (stranamente il contratto di locazione non richiama questa ultima disposizione).
Se vuole impedire il rinnovo del contratto alla prima scadenza, il locatore deve indicarne il motivo (ad esempio, “destinare l'immobile ad uso abitativo, commerciale, artigianale o professionale proprio, del coniuge, dei genitori, dei figli o dei parenti entro il secondo grado”, che è una delle ipotesi previste dall'art. 3 appena citato).
Nel nostro caso, però, ciò non sarebbe stato necessario, proprio perché ci troviamo ormai alla seconda scadenza del contratto e non alla prima. In ogni caso la disdetta si sarebbe dovuta comunque inviare almeno sei mesi prima della scadenza.
Se proseguiamo nell’esame dell’art. 2 della L. 431/1998, leggiamo quanto segue: “Alla seconda scadenza del contratto, ciascuna delle parti ha diritto di attivare la procedura per il rinnovo a nuove condizioni o per la rinuncia al rinnovo del contratto, comunicando la propria intenzione con lettera raccomandata da inviare all'altra parte almeno sei mesi prima della scadenza. La parte interpellata deve rispondere a mezzo lettera raccomandata entro sessanta giorni dalla data di ricezione della raccomandata di cui al secondo periodo. In mancanza di risposta o di accordo il contratto si intenderà scaduto alla data di cessazione della locazione”.
Dunque il meccanismo previsto dalla legge è più articolato di quello contenuto nel contratto. Tuttavia, il comma 1 della norma si chiude con la seguente previsione: “In mancanza della comunicazione di cui al secondo periodo il contratto è rinnovato tacitamente alle medesime condizioni”. Si tratta appunto della comunicazione con cui la parte dichiara di voler rinnovare, ma a nuove condizioni, oppure rinunciare al rinnovo del contratto; tale comunicazione va comunque inviata almeno sei mesi prima della scadenza. Se essa non viene inviata nelle forme e nei termini previsti, il contratto è rinnovato tacitamente.
Pertanto, la conclusione nel nostro caso risulta identica sia applicando il contratto sia applicando la legge.
L'unica via che rimane ora è quella di trovare un accordo con con il condutture per una scioglimento concordato del contratto.

F. S. chiede
giovedì 13/04/2023
“Con la presente espongo i seguenti quesiti relativi ad un contratto di locazione immobile:
-stipulato contratto di locazione 4+4 dal 01/05/2014 ai sensi della legge 431/98 art.2
-scadenza 30/04/2022 - inviata lettera A/R tre mesi prima in contrasto con la normativa di sei mesi
-il conduttore con A/R mi comunica che il contratto si considera rinnovabile per altri 4+4 alle medesime condizioni del
precedente il 01/05/2014
-Ne' consegue che la prima scadenza quadriennale risulta essere il 30/04/2026
-In data 01/05/2017 modificato regime fiscale in cedolare secca che al 30/04/2023 vorrei riportare il canone a tassazione normale
CHIEDO CORTESEMENTE
-alla data del 01/05/2026, (scadenza 1° quadriennio) dopo preavviso di sei mesi, posso stipulare un nuovo contratto con condizioni diverse e aumento del canone di locazioni?
-alla data del 01/05/2023, (fine cedolare secca) posso chiedere l'aumento ISTAT anche se l'attuale contratto (01/05/2014)
prevede che l'aumento parta dal terzo anno
-con la nuova normativa fiscale in vigore dal 2023 conviene continuare la tassazione a cedolare secca avendo un imponibile di pensione di € 19000,00 e €2700.00 di canone?


Consulenza legale i 19/05/2023
I contratti ad uso abitativo seguono la disciplina prevista dall’art. 2 della L. 431/98 che stabilisce che la durata minima di un contratto sia di quattro anni decorsi i quali il contratto si rinnova di ulteriori quattro anni, salvo la possibilità di disdetta alla prima scadenza da parte del locatore per i motivi stabiliti dall’art. 3 della legge locazioni abitative.
È dalla seconda scadenza che i contraenti hanno la possibilità di rinnovare il contratto di locazione con condizioni diverse attivando la procedura stabilita dall’art. 2 comma 1 della L. 431/98.
Tale procedura prevede che la parte che voglia modificare il contratto per il rinnovo, debba inviare una raccomandata sei mesi prima della scadenza del contratto.
La parte che riceve la richiesta dovrà rispondere entro 60 giorni con lettera raccomandata e in mancanza il contratto si considererà scaduto.
In mancanza della comunicazione di disdetta o di voler rinnovare a condizioni differenti, il contratto si rinnoverà nuovamente per altri quattro anni.

Normalmente, quindi, dopo la scadenza dei primi otto anni, i contratti si rinnovano automaticamente ogni quattro anni, con la possibilità di applicare l’iter di rinnovo a nuove condizioni come sopra descritto.
Il locatore è quindi vincolato alla limitazione per la disdetta e alla modifica delle condizioni contrattuali solo per la prima scadenza quadriennale.

Nel caso di specie, sebbene il contratto all’art. 3 sulla durata della locazione nulla dica sui rinnovi successivi agli otto anni, la norma di legge inderogabilesu descritta fa sì che il contratto si sia rinnovato automaticamente per ulteriori quattro anni, stante la mancata comunicazione da parte del locatore della disdetta o della volontà di voler rinnovare a nuove condizioni sei mesi prima della scadenza del contratto.
La durata del contratto rinnovato però è di quattro anni e non otto come scritto dal conduttore.
Tale circostanza è da comunicare in ogni caso per iscritto al conduttore.

Il locatore potrà, quindi, inviare una raccomandata al conduttore sei mesi prima della prossima scadenza quadriennale, comunicando la propria intenzione di rinnovare il contratto a condizioni differenti e che, in caso di mancata risposta entro 60 giorni o di accordo sulle modifiche, esso si intenderà risolto.

Per quanto riguarda invece la modifica del regime fiscale, si ritiene in forza di quanto fin qui espresso, che siano già trascorsi i primi tre anni necessari per poter applicare l’adeguamento ISTAT.
Tale adeguamento potrà quindi essere applicato già dal prossimo anno contrattuale.

La legge non esplicita il momento in cui è permesso applicare l’adeguamento ISTAT che per prassi avviene con il primo canone del nuovo anno contrattuale.
Poiché però il rinnovo annuale è appena avvenuto, si ritiene che il locatore possa comunicare al conduttore la propria intenzione di voler adeguare il canone a partire dal mese prossimo tenendo presente che il conduttore potrebbe opporsi sostenendo che potrà essere richiesto a partire dal prossimo rinnovo a maggio 2024.


P. V. chiede
lunedì 14/11/2022 - Liguria
“Buonasera,
si consideri un contratto di locazione abitativa agevolata in base legge 431/98 articolo 2 comma 3 e DM 30/12/2022 stipulato il giorno 01/02/2018 e rinnovato per altri 2 anni dal 31/01/2021 e quindi in scadenza il 31 gennaio 2023.
Si allega il contratto in modo che possiate indicarmi se in base a quello che è specificato su questo il conduttore è obbligato a inviare raccomandata di recesso 6 mesi prima alla scadenza del 31 gennaio 2023 se non vuole più rinnovare il contratto e se il proprietario può richiedere il pagamento di 6 canoni se non viene data disdetta?
In attesa di una vostra certa risposta ringrazio anticipatamente ed invio cordiali saluti”
Consulenza legale i 21/11/2022
Il contratto di locazione esaminato, dichiaratamente stipulato ai sensi dell’art. 2 della legge locazioni abitative, comma 3, prevede che “al termine del periodo di rinnovo biennale la locazione si intende terminata senza necessità di comunicazione di disdetta tra le parti in quanto accettata ora per allora”.
Ciò risulta in contrasto con quanto stabilito dall’art. 2, comma 5 della legge sulle locazioni abitative. secondo cui “alla scadenza del periodo di proroga biennale ciascuna delle parti ha diritto di attivare la procedura per il rinnovo a nuove condizioni o per la rinuncia al rinnovo del contratto comunicando la propria intenzione con lettera raccomandata da inviare all'altra parte almeno sei mesi prima della scadenza. In mancanza della comunicazione il contratto è rinnovato tacitamente alle medesime condizioni”, nonché con il successivo art. 13 della legge locazioni abitative, comma 3, il quale commina espressamente la nullità di “ogni pattuizione volta a derogare ai limiti di durata del contratto stabiliti dalla presente legge”.
L’art. 19bis del D.L. 30/04/2019, n. 34, conv. in L. 28/06/2019, n. 58, ha stabilito che il quarto periodo del comma 5 dell'articolo 2 della legge 9 dicembre 1998, n. 431, si interpreta nel senso che, in mancanza della comunicazione ivi prevista, il contratto è rinnovato tacitamente, a ciascuna scadenza, per un ulteriore biennio.
Nel nostro caso, in mancanza di tempestiva comunicazione di rinuncia al rinnovo, il rapporto non può intendersi “terminato”, salvo che il locatore, a questo punto, vi acconsenta.
Diversamente, rimane al conduttore la facoltà di recedere con preavviso di sei mesi (peraltro, l’art. 2 del contratto non richiede neppure i gravi motivi previsti dall’art. 3, comma 6 L. 431/1998).

A. G. chiede
domenica 23/10/2022 - Puglia
“Gentili avvocati, vorrei un parere in merito al seguente problema:
In data 2.07.2013 ho sottoscritto un contratto di locazione di un mio appartamento, a canone concordato e cedolare secca per la durata di 3+2 anni dal 01.08.2013 al 31.07.2018, con l’assistenza del SUNIA -Sindacato Unitario Nazionale Inquilini e Assegnatari.
Alla scadenza dei primi tre anni ho provveduto alla comunicazione all’Agenzia delle Entrate del rinnovo per due anni successivi.
Alla scadenza di questi due anni in data 17.07.2018, ho effettuato tramite il SUNIA un rinnovo per ulteriori 3 anni, quindi con scadenza 31.07.2021.
Ancora a questa scadenza, sempre tramite il SUNIA ho effettuato un rinnovo per due anni fino al 31.07.2023.
Di tutti i rinnovi non ho dato comunicazione all’inquilino non avendo mai ricevuto segni di una sua volontà di lasciare l’appartamento.
Non avendo intenzione di rinnovare il contratto alla nuova scadenza del 31.07.2023 ho mandato all’inquilino e per conoscenza alla garante, con raccomandata A/R la comunicazione di rito nell’agosto 2022(l’inquilino non ha ritirato la raccomandata).
Nel timore di dover intraprendere una azione legale per ritornare in possesso dell’appartamento ho parlato con un avvocato.
L’avvocato, dopo aver esaminato i documenti, contratto e rinnovi, mi faceva notare che la scadenza contrattuale non era il 31.07.2023 ma il 31.07.2024, ai sensi dell’articolo 19 bis del D.L.34/2019.
A questo punto mi sono recato (piuttosto contrariato per aver perso la possibilità di liberare il mio appartamento già nel 2022 e per dover aspettare il 2024) al SUNIA per sistemare la situazione, quindi far correggere da 3 a 2 anni il rinnovo fatto il 17.07.2018 e fare un rinnovo (in ritardo) per gli ulteriori 2 anni 2022-2024.
Ma il funzionario del SUNIA a cui mi sono rivolto ha sostenuto la giustezza del loro operato e mi ha confermato la scadenza contrattuale al 31.07.2023, a conferma della sua tesi ha detto che il rinnovo effettuato nel 2018 per il triennio 2018-2021 se fosse stato errato l’Agenzia delle Entrate non l’avrebbe accettato.
A questo punto non so più come comportarmi in particolare nel timore di dover intraprendere un’azione legale per rientrare in possesso del mio appartamento e del suo esito, non vorrei aggiungere al danno la beffa.
Vorrei sentire il Vostro parere, e se ci sono precedenti di rinnovi contrattuali “sbagliati” come il mio, rinnovi di 3 anni invece di 2, effettuati prima della “interpretazione autentica” dell’articolo 2) comma 5) della Legge 431/98 fatta con l’articolo 19 bis del D.L.34/2019, e se ci sono, come si sono risolti.
In attesa porgo distinti saluti.


Consulenza legale i 02/11/2022
Le comunicazioni già inoltrate sono corrette e non necessitano di alcuna modificazione e comunque tali adempimenti fiscali non influirebbero sulla efficacia della disdetta già trasmessa.
Il co. 5° dell’art 2 della L n.431/98 fin dalla sua prima entrata in vigore ha sempre destato un dubbio interpretativo tra gli addetti ai lavori nel momento in cui, successivamente alla prima proroga biennale prevista automaticamente dalla legge (salvo disdetta motivata da parte del proprietario), si dovesse prorogare il vincolo di un ulteriore periodo, poiché
  • il proprietario non si attivava per rinnovare il contratto a nuove condizioni e
  • l’inquilino non manifestava la sua volontà di recedere dal contratto e lasciare libero l’appartamento affittato.
Il dubbio risiedeva proprio nella durata di questo ulteriore periodo successivo alla proroga biennale: una parte degli addetti ai lavori, con una interpretazione sicuramente più favorevole agli inquilini, ritenevano che questo ulteriore periodo dovesse avere una durata di altri tre anni; al contrario, un'altra parte degli addetti ai lavori ritenevano che il vincolo dovesse essere rinnovato di un ulteriore periodo di soli due anni.

A derimere questo dubbio, andato avanti per diversi anni, ci pensa direttamente il legislatore con l’introduzione dell’art. 19 del D.L. n. 34 del 30.04.19, il quale dispone che il co 5° dell’art 2 della L n.431/98: "…si interpreta nel senso che, in mancanza della comunicazione ivi prevista, il contratto è rinnovato tacitamente, a ciascuna scadenza, per un ulteriore biennio".

Tale norma di interpretazione autentica però è in vigore dal 30.06.2019 e per ovvi motivi temporali il sindacato non poteva tenerne conto quando il 17.07.2018 ha presentato il primo rinnovo contrattuale fino al 31.07.2021. L’associazione evidentemente, avendo come suo obbiettivo statutario la tutela degli interessi degli inquilini piuttosto che quelli dei proprietari, nel momento in cui gli è stato richiesto di comunicare alla A.d.E l’avvenuto rinnovo del contratto ha semplicemente interpretato la normativa vigente in modo più favorevole all’ inquilino, prorogando il vincolo di tre anni: ma all’epoca, tale interpretazione era ammissibile, seppur controversa.

E’ vero che l’art. 19 del D.L. n.34/2019 trattandosi di norma di interpretazione autentica può avere una applicazione retroattiva, ma come hanno chiarito a più riprese sia la Corte di Cassazione che la Corte Costituzionale l’efficacia retroattiva di una norma di interpretazione autentica non può estendersi a tal punto da applicarsi a rapporti ormai definiti e terminati (si veda tra le tante Cass.Civ. Sez.V, n. 4616 del 03.03.2005). Il periodo di rinnovo triennale comunicato il 17.07.2018 è già decorso e non deve certamente essere riaperto in forza della entrata in vigore di una norma di interpretazione autentica. Posto che il primo rinnovo è corretto, deve considerarsi tale anche il secondo che proroga il contratto al 31.07.2023 poiché pienamente conforme a quanto dispone l’art. 19 del D.L. n.34/2019

Detto ciò, posto che si è dato comunicazione della volontà di recedere dal contratto di locazione dando allo stesso un preavviso di un anno, si è validamente esercitato il proprio diritto di recesso e si potrà quindi pretendere che l’inquilino lasci libero i locali occupati entro la data del 31.07.2023.
Il fatto che l’inquilino non abbia poi ritirato la raccomandata è irrilevante, se il servizio postale ha dato atto sulla busta che le è stata restituita del decorso dei termini di compiuta giacenza: il decorso dei termini di giacenza fa si infatti che si possa considerare la comunicazione come validamente recapitata al destinatario.

E’ giusto precisare però che seppur si è agito correttamente ciò non la mette al riparo dalla necessità di ricorrere ad un giudice e alla procedura di sfratto per finita locazione se il suo inquilino non lascerà spontaneamente i locali al termine del contratto.

Una volta che l’inquilino avrà liberato i locali o una volta che si otterrà l’ordinanza di rilascio da parte del giudice, si potrà comunicare alla A.d.E l’avvenuta risoluzione del contratto.


F. P. chiede
venerdì 06/05/2022 - Lazio
“Buongiorno
Vivo in un appartamento da 7 anni con contratto rinnovato ogni 2 anni. L'ultimo scadeva il 01/05/2022, ma circa 2 mesi fa mi ha avvertito della vendita dell'immobile e che devo assolutamente uscire il 31/05/2022 per in tale data ha il rogito con i nuovi proprietari.
Innanzitutto non sono stato interpellato per l'eventuale interesse all'acquisto dell'appartamento, vivo con un ragazzo di 12 anni.
Devo rispettare la data imposta?”
Consulenza legale i 13/05/2022
Va premesso che, nelle locazioni ad uso abitativo, il diritto di prelazione nell’acquisto dell’immobile è previsto a favore del conduttore in presenza di determinati presupposti, ovvero in occasione della prima scadenza del contratto (non delle successive proroghe), quando il locatore intenda vendere l'immobile a terzi e non abbia la proprietà di altri immobili ad uso abitativo oltre a quello eventualmente adibito a propria abitazione (art. 3, comma 1, lett. g) L. n. 431/1998): chiaramente non si tratta del nostro caso, se non altro perché ci troviamo in fase di rinnovo successivo alla prima scadenza.
Tuttavia, la pretesa del locatore è comunque illegittima.
Infatti, il locatore, ai sensi dell’art. 2, comma 5 della L. n. 431/1998, avrebbe dovuto comunicare per iscritto (a mezzo lettera raccomandata) al conduttore la propria rinuncia al rinnovo del contratto con un preavviso di almeno sei mesi prima della scadenza. In mancanza di regolare disdetta, il contratto deve intendersi rinnovato tacitamente alle medesime condizioni e il locatore non può esigere il rilascio dell’immobile.

G. V. chiede
giovedì 31/03/2022 - Estero
“Salve,
mia moglie ed io siamo proprietari di un appartamento che e' attualmente dato in locazione. Il contratto di locazione e' un 4+4 e il 29 maggio prossimo saranno trascorsi 8 anni dalla stipula (cioe' i 4+4). A dicembre scorso, ma in leggero ritardo sui 6 mesi di preavviso, abbiamo mandato la disdetta ai nostri inquilini, comunicandogli pero', nella stessa raccomandata, che eravamo disponibili a sottoscrivere un nuovo contratto alle medesime condizioni, ma con opzione di disdetta anticipata (pensando che fosse possibile farlo).

Ora, visto che potremmo aver bisogno della casa nel prossimo futuro (per farci andare a vivere i genitori di mia moglie che sono ucraini e probabilmente si trasferiranno in Italia), abbiamo proposto ai nostri inquilini di non fare un 4+4, ma di fare un contratto transitorio di 18 mesi.

I nostri inquilini per il momento hanno detto che per loro il contratto e' rinnovato (il 4+4), anche considerato che la nostra raccomandata e' stata mandata meno di 6 mesi (crica 5 e mzzo) dalla scadenza e in ogni caso nella nostra raccomandata avevamo espresso il desiderio di rinnovare.

La domanda e', se considerassimo il contratto 4+4 come implicitamente rinnovato, visto che la nostra disdetta e' al di fuori del termine previsto, quali possibilita' abbiamo per rientrare il possesso dell'appartamento per farci vivere i miei suoceri?

Leggendo online mi sembra di capire che il locatore possa recedere anticipatamente nel caso necessiti dell'immobile per se' o per parenti prossimi, ma non capisco se questo vale solo alla prima scadenza (cioe' tra ulteriori 4 anni) o in qualunque momento. In altre parole, potremmo noi inviare adesso una raccomandata in cui diamo 6 mesi di preavviso e comunichiamo il recesso dal contratto perche' abbiamo bisogno dell'immobile per la nostra famiglia?

Grazie e cordiali saluti”
Consulenza legale i 07/04/2022
La risposta al presente quesito va ricercata negli artt. 2 e 3 della Legge 09/12/1998, n. 431, che disciplina le locazioni ad uso abitativo.
Il contratto stipulato tra le parti, nel nostro caso, corrisponde al modello previsto dal comma 1 dell’art. 2 della legge citata, che prevede una durata minima di quattro anni, alla scadenza dei quali il contratto si rinnova per ulteriori quattro anni, a meno che il locatore non intenda adibire l'immobile agli usi o effettuare sullo stesso le opere di cui all'articolo 3, ovvero vendere l'immobile alle condizioni e con le modalità di cui al medesimo articolo 3: ma su questo aspetto torneremo tra poco.
Sempre il comma 1 dell’art. 2 L. n. 431/1998 stabilisce che, alla seconda scadenza del contratto (che corrisponde, appunto, alla situazione descritta nel quesito), ciascuna delle parti ha diritto di attivare la procedura per il rinnovo a nuove condizioni o per la rinuncia al rinnovo del contratto: in entrambi i casi, comunque, il contraente dovrà comunicare la propria intenzione con lettera raccomandata da inviare all'altra parte almeno sei mesi prima della scadenza. In mancanza di tale comunicazione il contratto è rinnovato tacitamente alle medesime condizioni.
Pertanto, come ha ribadito recentemente la Cassazione (Sez. III Civile, sentenza 09/06/2016, n. 11808), è necessario che la rinuncia/disdetta venga ricevuta dal destinatario sei mesi prima della scadenza.
Il tacito rinnovo, nel nostro caso, non è escluso neppure dall’intenzione della locatrice di adibire l’immobile ad abitazione dei propri genitori.
Infatti, l’art. 3 della L. n. 431/1998 attribuisce al locatore la facoltà di diniego del rinnovo del contratto alla prima scadenza, per quanto qui specificamente interessa, “quando il locatore intenda destinare l'immobile ad uso abitativo, commerciale, artigianale o professionale proprio, del coniuge, dei genitori, dei figli o dei parenti entro il secondo grado”: tuttavia, anche tralasciando la considerazione che nel nostro caso ci troviamo alla seconda scadenza del contratto, la disdetta del locatore deve comunque rispettare il preavviso minimo di sei mesi.

F. G. chiede
giovedì 03/02/2022 - Piemonte
“Buongiorno come devo procedere per un contratto di affitto uso abitativo (4+4) con scadenza primi 4 anni 31/12/2021 in cedolare secca le parti decidono di variare il canone da € 600 a € 650 mensili. Come devo fare per il rinnovo con il nuovo canone avendo fatto il contratto in cedolare secca?”
Consulenza legale i 10/02/2022
Il comma 11 dell’art. 3 del Decr .Lgs. n.23 del 2011 prevede che nel caso in cui il locatore opti per l’applicazione della cedolare secca, è sospesa, per un periodo corrispondente alla durata dell’opzione, la facoltà di chiedere l’aggiornamento del canone, anche se prevista nel contratto a qualsiasi titolo, inclusa la variazione accertata dall’Istat dell’indice nazionale dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati verificatasi nell’anno precedente. L’opzione non ha effetto se di essa il locatore non ha dato preventiva comunicazione al conduttore con lettera raccomandata, con la quale rinuncia a esercitare la facoltà di chiedere l’aggiornamento del canone a qualsiasi titolo. Tali disposizioni sono inderogabili. La rinuncia all’aumento del canone per l’intera durata del contratto deve essere comunicata al conduttore, tramite raccomandata, prima di esercitare l’opzione per la cedolare secca. Tale comunicazione, integrando il contenuto del contratto, è necessaria solo se la rinuncia all’aumento del canone non sia già stata prevista nel contratto stesso (cfr circolare n. 26/E del 1° giugno 2011, paragrafo 8.3 e circolare n. 20/E del 4 giugno 2012, paragrafo 9). Nel caso, quindi, di proroga di un contratto che contenga già la rinuncia all’aumento del canone, il locatore non deve inviare alcuna comunicazione in tal senso mediante raccomandata (risoluzione n. 115/E del 1° settembre 2017).
Secondo la circolare n. 26/E “In caso di proroga, anche tacita, del contratto di locazione, l’opzione per il regime della cedolare secca deve essere esercitata entro il termine di versamento dell’imposta di registro, vale a dire entro 30 giorni dal momento della proroga (art. 17 del TUR), tramite la presentazione del modello per la richiesta di registrazione degli atti e per gli adempimenti successivi (modello 69). Qualora non sia stata esercitata l’opzione in sede di registrazione del contratto ovvero di proroga, è possibile accedere al regime della cedolare secca 10 per le annualità successive, esercitando l’opzione entro il termine previsto per il versamento dell’imposta di registro dovuta annualmente sull’ammontare del canone relativo a ciascun anno, vale a dire entro 30 giorni dalla scadenza di ciascuna annualità (articolo 17 del TUR).
La normativa pone insomma la rinuncia all’aumento del canone, per tutto il periodo dell’opzione per il regime della cedolare secca come presupposto inderogabile per l’efficacia dell’opzione stessa.
Il disposto normativo, estendendo la sospensione dell’aggiornamento a qualsiasi titolo contrattualmente previsto, pone naturalmente l’attenzione sulle forme di graduale modifica del canone che spesso caratterizzano quei contratti in cui le parti concordano annuali variazioni del canone, ovviamente in aumento, in conseguenza magari di interventi manutentivi straordinari che l’una o l’altra si impegna ad eseguire nell’unità immobiliare concessa in locazione

Va aggiunto poi che non sarà più considerato un adempimento sanzionabile l’omessa comunicazione della proroga del contratto di affitto su cui è stata esercitata opzione per la cedolare secca. Le novità introdotte dal Decreto crescita si sostanziano in una semplificazione del processo di proroga e di rinnovo tacito del contratto. Viene infatti soppresso l’obbligo di comunicazione di proroga per i contratti che aderiscono alla cedolare secca e viene previsto il rinnovo tacito alla scadenza per un biennio per i contratti di affitto a canone agevolato.
Non sarà punibile nè la tardiva o nè l’omessa o mancata comunicazione della proroga o della risoluzione di un contratto di affitto con opzione per la cedolare secca. La novità è stata introdotta dal Decreto Crescita (D.L. n. 34/2019
Il rinnovo del contratto con l’aumento del canone, in sostanza, comporterà la decadenza dal beneficio fiscale della cedolare secca ed il relativo reddito percepito dal locatore sarà assoggettato al regime fiscale ordinario.

Carmelo F. chiede
giovedì 10/09/2020 - Trentino-Alto Adige
“Buongiorno
Siamo una famiglia di cinque persone (marito, moglie e tre figli minori) in affitto (da quasi cinque anni) presso un immobile, con contratto annuale in scadenza ad aprile 2021 (fino ad ora si è rinnovato tacitamente ed è iniziato ad aprile 2015). Presso tale immobile noi siamo residenti come prima casa (non essendo proprietari di immobili nella regione di appartenenza, in cui lavoriamo).
Il proprietario ci ha comunicato (verbalmente) che dobbiamo lasciare l'immobile entro aprile 2021, perchè tale immobile è stato venduto con una clausola che lo obbliga, se noi non andiamo via entro aprile, a pagare all'acquirente una penale di circa 40.000 Euro.
Io ho risposto che mi sarei impegnato a cercare un nuovo immobile, per andare via quanto prima. Ho anche detto che, comunque e nell'interesse dei miei figli, non sono disposto ad andare via ad ogni costo, con condizioni economiche e di vita svantaggiose o non adeguate. A tal proposito ho detto che, se non dovessi trovare un immobile adeguato, sono disposto a continuare a pagare l'affitto di 500 Euro al mese anche dopo la scadenza del contratto (a lui fino al rogito e al nuovo proprietario dopo).
Intanto abbiamo ricevuto una raccomandata, dall'attuale proprietario, di disdetta del contratto di locazione.
Inoltre ha inviato, via mail, un possibile appartamento alternativo, per me non adeguato e non paragonabile all'attuale, come spazi, come prezzo e come posizione (in quanto non si trova nello stesso paese). A tale mail non ho risposto.
Vorrei un consiglio su come muovermi, per evitare eventuali rischi di rivalsa e, inoltre, sapere quali sono i miei diritti, per la tutela della mia famiglia, nel caso non dovessi trovare un nuovo immobile entro aprile 2021.
GRAZIE!”
Consulenza legale i 15/09/2020
Da un rapido esame del contratto di locazione si evince come lo stesso sia palesemente in contrasto con la normativa vigente in materia.
La L. n.431 del 09.12.1998 (legge sulle locazioni abitative), prevede delle specifiche tempistiche per la durata dei contratti di locazione che non possono essere derogate dalle parti, e soprattutto dai proprietari. In particolare l’art. 2 della legge in esame specifica che i contratti di locazione devono avere una durata non inferiore a quattro anni, decorso i quali il vincolo viene prorogato per un ulteriore periodo di 4 anni, fatto salva la possibilità per il proprietario di disdire il contratto, adducendo una delle motivazioni (e solo quelle!) indicate dal successivo art.3. Il proprietario, quindi, oltre ad essere obbligato dalla legge a mettere a disposizione dell’inquilino l’immobile per un quadriennio, trascorso tale primo periodo non è neppure libero di svincolarsi liberamente dal contratto, in quanto tale facoltà può esercitarsi solo a determinate condizioni. La facoltà di disdetta diventa libera solo trascorso un ulteriore periodo di quattro anni.

L’art 5della legge sulle locazioni abitative ammette che vi possano essere dei contratti di locazioni con durata inferiore a quella descritta, ma ciò può essere ammesso solo a determinate condizioni, e con un canone predeterminato da accordi territoriali sottoscritti da rappresentanze sindacali di proprietari ed inquilini: è inutile dire che il contratto dato in visione ad un primo esame non pare soddisfare quanto richiesto dalla legge.

Nel caso di contratti di locazione ad uso abitativo che non rispettino le durate normativamente previste, il co 5° dell’art. 12 della L. n.431 del 09.12.1998 prevede che il conduttore possa agire in giudizio al fine di ottenere che la locazione abitativa venga ricondotta entro i limiti di durata previsti dalla legge.

Nel caso specifico visto che il contratto ha una durata di solo un anno dal 1.05.2015 al 30.04.2016, il conduttore avrebbe tutto il diritto di agire in giudizio per pretendere che il vincolo venga prorogato fino al 30.04.2019, e poi, visto che nessuna disdetta, ovviamente, è intervenuta prima di tale data entro i termini di legge previsti, la locazione è automaticamente prorogata di dirtto di un ulteriore periodo di quattro anni con scadenza al 30.04.2023, il tutto con buona pace delle ragioni del proprietario. Ovviamente non vi è alcun divieto alla vendita di un immobile attualmente locato, ma il nuovo proprietario subentrerà ex lege ai sensi dell’art. 1602 del c.c. nei diritti ed obblighi derivanti dal contratto e dovrà in conseguenza sopportare la presenza nell’immobile dell’inquilino e della sua famiglia almeno fino alla scadenza di cui si è detto poco sopra, sempre che intervenga una disdetta del nuovo proprietario esercitata nei termini di legge, diversamente il contratto si intenderà nuovamente prorogato di un ulteriore quadriennio.

Alla luce di quanto detto finora si consiglia di rivolgersi ad un legale al fine di far riscontrare la raccomandata di disdetta inviata dal proprietario, pretendendo che la locazione venga ricondotta entro i limiti di legge. Nel caso in cui il proprietario non scendesse a più miti consigli si potrebbe anche prendere in considerazione l’idea di rivolgersi alla autorità giudiziaria.


Vittorio M. chiede
lunedì 01/06/2020 - Lazio
“Contratto di locazione ad uso abitativo 4 anni + 4 anni.

Inizio locazione: 1° giugno 2012
Fine prima scadenza: 31 maggio 2016
Fine seconda scadenza: 31 maggio 2020
La locatrice invia raccomandata al conduttore il 13 gennaio 2020 nella quale specifica che, a fine della seconda scadenza, non intende né rinnovare il contratto né sottoscrivere uno nuovo ma vuole rientrare in possesso dell’immobile. Il conduttore non ritira la raccomandata che torna indietro.

Questo l’articolo del contratto riguardante la DURATA DELLA LOCAZIONE
“La durata della locazione viene fissata e stabilita, ai sensi del comma 1 dell’art. 2 della legge n 431/1998, in anni 4, con decorrenza dal 01 giugno 2012 e scadenza il 31 maggio 2016. Tale durata si protrarrà automaticamente per un eguale periodo, salvo che la locatrice, con raccomandata da recapitarsi sei mesi prima della prima scadenza contrattuale, manifesti al conduttore la propria intenzione di adibire l’immobile agli usi od effettuare nello stesso le opere di cui all’art. 3 della legge n. 431/1988 ovvero vendere l’immobile alle condizioni e modalità previste nel medesimo articolo.”

Alla luce dell’articolo 1596 comma 1 del codice civile: Fine della locazione per lo spirare del termine
1) La locatrice, per rientrare in possesso dell’immobile senza rinnovare il contratto, era tenuta a inviare disdetta o, spirando naturalmente il termine, non era necessario?
2) La disdetta inviata, comunque, con raccomandata quattro mesi prima della scadenza ha valore nell’escludere il rinnovo tacito?
3) Può il conduttore opporsi allo sfratto per finita locazione motivando che la comunicazione è stata inviata 4 e non 6 mesi prima?
4) Il giudice potrebbe addirittura considerare rinnovato il contratto per altri 4 anni + 4 anni?
5) Esiste giurisprudenza in un senso o nell’altro?”
Consulenza legale i 04/06/2020
L’art. 2 della L. n.431/98, disciplinante le locazioni e il rilascio degli immobili adibiti ad uso abitativo, ci dice molto chiaramente che alla seconda scadenza contrattuale ciascuna delle parti ha la facoltà: o di attivare la procedura per il rinnovo del vincolo contrattuale, o di rinunciare alla prosecuzione del rapporto. La parte ha l’onere di comunicare la sua scelta con lettera raccomandata da inviare almeno 6 mesi prima della scadenza. Tale termine è assolutamente perentorio e ha lo scopo, se la richiesta di disdetta è avanzata dal proprietario dell’abitazione, di dare un congruo tempo all’inquilino di trovare una nuova sistemazione.

Proprio per tale fine, la giurisprudenza assolutamente costante ritiene che è necessario che la comunicazione di disdetta giunga a conoscenza dell’inquilino almeno 6 mesi prima della scadenza. In altre parole, per capire se il preavviso di disdetta è stato tempestivamente inviato, fa fede la data di ricevimento della raccomandata con avviso di ricevimento e non la data in cui la stessa è stata spedita. Secondo la giurisprudenza se la disdetta non viene materialmente ritirata dal destinatario, la raccomandata si considera pervenuta a sua conoscenza dal momento dell’invio del relativo avviso di giacenza della raccomandata presso l’ufficio postale, e non da quello del successivo ritiro.

Al di là di questo, però, è sicuramente possibile affermare, sulla base delle tempistiche riferite, che la comunicazione del proprietario è sicuramente tardiva. La stessa, infatti, è stata spedita, quando ormai il termine di 6 mesi era ampiamente spirato, ed è ovvio concludere che l’inquilino sia giunto a conoscenza della stessa, al di là di quando è stato spedito l’avviso di giacenza, otre i termini richiesti dalla legge.
La giurisprudenza ha più volte chiarito che l’invio tardivo della comunicazione di disdetta, non è totalmente priva di effetti, in quanto se sicuramente il contratto deve considerarsi rinnovato per un ulteriore periodo di quattro anni ai sensi dell’ultimo periodo del co.1 dell’art.2 della L. n.431/98, la comunicazione avrà effetti alla scadenza per il successivo periodo di rinnovo, il quale dovrà considerarsi automaticamente disdettato senza la necessità di inviare una nuova comunicazione (si veda da ultimo, in questo senso, Cass.Civ.,Sez.VI, ord. n. 12607 del 22.05.2018).

Venendo quindi a trattare del caso di specie, si deve concludere che il contratto di locazione, stante la tardività con la quale è stata inviata la comunicazione di disdetta, si è ulteriormente prorogato alle medesime condizioni per un ulteriore periodo di 4 anni, scaduti i quali il contratto deve intendersi risolto.
Nel caso in cui il proprietario notifichi un atto di citazione con la quale manifesti l’intenzione di ottenere una ordinanza di sfratto per finita locazione, sarà sicuramente una valida difesa quella di eccepire la tardività della comunicazione di disdetta. Il giudice, infatti, non potrà fare altro che non accogliere le richieste avanzate dal proprietario e considerare il contratto rinnovato di un ulteriore periodo di 4 anni. Ala scadenza di tale secondo periodo, però, l’inquilino dovrà lasciare l’appartamento occupato, in quanto il contratto deve intendersi già disdettato.


Chiara D.B. chiede
mercoledì 27/03/2019 - Veneto
“vorrei sapere in base alla legge , e quale, se l'avviso di rinnovo di un contratto 3+2 in scadenza deve arrivare entro sei mesi prima, quindi arrivare la raccomandata o l'avviso di consegna del postino , o basta inviare la raccomandata entro sei mesi prima.
inoltre se voglio rinnovre il contratto con condizione diverse si deve specificare nella raccomandata sei mesi prima o basa dire che si vuole alzare l'affitto senza specificare nulla.
esempio:
voglio rinnovare un contratto in scadenza, entro 6 mesi deve arrivare o devo semplicemente inviare la raccomandata?
Se nella raccomandata non specifico il nuovo canone è corretto? quindi posso in un secondo momento specificare il nuovo affitto , oppure , pena la non validità, devo obbligatoriamente specificare il nuovo canone ? e in questo ultimo caso , se non ho specificato il nuovo canone , il contratto automaticamente si dovrebbe rinnovare alle clausole precedenti , quindi semplicemente in proroga?
grazie

Consulenza legale i 04/04/2019
Quale prima cosa si ricorda che la legge di riferimento in materia è la n. 431 del 1998 sulle locazioni ad uso abitativo e che la norma che ci interessa nel caso di specie è l’art. 2.

In ordine alla prima domanda, i sei mesi devono essere effettivi per il destinatario: quest’ultimo deve ricevere, quindi, la raccomandata ed avere conoscenza del suo contenuto entro sei mesi prima della scadenza. Non è sufficiente, invece, che la raccomandata di rinnovo venga semplicemente spedita entro i termini di preavviso se poi arriva a destinazione successivamente (ed il destinatario, ad esempio per problemi legati alle Poste, la riceve 5 mesi prima della scadenza contrattuale).

Se si intende rinnovare il contratto a nuove condizioni è necessario, poi, non solo inviare la comunicazione entro sei mesi prima della scadenza ma anche specificare nel dettaglio le condizioni nuove che si intendono proporre (dunque anche la misura del canone).
La legge, in realtà, non dice questo espressamente, ma lo si può evincere logicamente dalla lettera dell’art. 2 citato. Quest’ultimo, infatti, dopo aver specificato che, alla seconda scadenza del contratto, ciascuna delle parti ha diritto di attivare la procedura per il rinnovo a nuove condizioni o per la rinuncia al rinnovo stesso (entro il noto termine di preavviso), aggiunge che “La parte interpellata deve rispondere a mezzo lettera raccomandata entro sessanta giorni dalla data di ricezione della raccomandata di cui al secondo periodo. In mancanza di risposta o di accordo il contratto si intenderà scaduto alla data di cessazione della locazione. (…)
Ciò significa che per rinnovare il contratto a condizioni nuove la controparte deve essere messa in grado di conoscere quali esse siano per poterle accettare o rifiutare: quella che viene inviata, infatti, è una proposta contrattuale vera e propria, che può condurre al perfezionamento di un contratto solo se sia seguita da un’accettazione (integrale: se parziale, invece, equivale a nuova proposta).
E’ per questo motivo che la legge citata parla di scadenza del contratto nel caso di mancata risposta o di mancato accordo sulla proposta.

La risposta all’ultima domanda, tuttavia, nel caso specifico al nostro esame, non è così univoca né scontata.
Ci si chiede cosa accada quando la comunicazione di rinnovo venga inviata ma senza specificazione delle nuove condizioni. In particolare, è legittimo domandarsi se, nel caso la comunicazione non contenga le nuove condizioni contrattuali che si vogliono proporre alla controparte, il contratto si rinnovi alle medesime condizioni.
In effetti la lettera della norma recita: “In mancanza della comunicazione di cui al secondo periodo il contratto è rinnovato tacitamente alle medesime condizioni”.
Ad avviso di chi scrive, la raccomandata con cui si chiede il rinnovo, genericamente, “a nuove condizioni” senza alcuna diversa specifica indicazione costituisce – nella sostanza – una mancata comunicazione, con conseguente rinnovo automatico alle vecchie condizioni. E’ in ogni caso bene tenere a mente che l’interpretazione della norma (a detta di molti formulata in maniera non molto felice) potrebbe anche essere quella contraria, ovvero quella per cui basta la comunicazione di rinnovo – anche se non specifica – ad imporre una risposta ed in mancanza di quest’ultima o di raggiungimento di un nuovo accordo tra le parti il contratto si deve intende cessato.

Purtroppo, a fronte di nutrita giurisprudenza sul tema del diniego di rinnovo, non ci sono invece sentenze che abbiano affrontato la tematica in esame e possano chiarire ogni dubbio. Difficile prevedere l'esito di un eventuale causa.

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