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Articolo 657 Codice di procedura civile

(R.D. 28 ottobre 1940, n. 1443)

[Aggiornato al 02/03/2024]

Intimazione di licenza e di sfratto per finita locazione

Dispositivo dell'art. 657 Codice di procedura civile

Il locatore o il concedente può intimare al conduttore, al comodatario di beni immobili, all'affittuario di azienda, all'affittuario coltivatore diretto, al mezzadro o al colono licenza per finita locazione(1), prima della scadenza del contratto, con la contestuale (2)citazione (3)per la convalida(4), rispettando i termini (5) prescritti dal contratto, dalla legge o dagli usi locali(8).

Può altresì intimare lo sfratto(6), con la contestuale citazione per la convalida, dopo la scadenza del contratto, se, in virtù del contratto stesso o per effetto di atti o intimazioni precedenti, è esclusa la tacita riconduzione(7).

Note

(1) Il primo comma della norma in analisi tratta l'ipotesi dell'intimazione di licenza per finita locazione, ossia del procedimento con il quale il locatore o il concedente intima il rilascio dell'immobile manifestando, prima della scadenza del contratto, la volontà di non rinnovarlo e di riottenere, così, la disponibilità del bene alla scadenza del rapporto contrattuale. Il locatore o il concedente utilizzano tale procedimento giudiziale al fine di ottenere la pronuncia di una sentenza utilizzabile in futuro, qualora alla scadenza del contratto, il conduttore non rilasci spontaneamente l'immobile. Si tratta, cioè, di un procedimento con cui il locatore o il concedente mirano ad evitare la rinnovazione tacita del contratto alla sua scadenza ed a precostituirsi un titolo esecutivo da far valere alla scadenza naturale del contratto, in caso di mancato rilascio dell'immobile.
(2) Si precisa che il procedimento di intimazione di licenza per finita locazione può essere promosso subito dopo la stipulazione del contratto poiché non è previsto alcun termine iniziale a partire dal quale possa essere avviato.
(3) La citazione del conduttore per la convalida segna il momento di carattere processuale del procedimento. Si tratta di un atto il cui contenuto rispecchia il carattere sommario del procedimento stesso, il cui elemento peculiare è la domanda di convalida della licenza. La citazione serve, pertanto, ad instaurare il normale giudizio, qualora sia seguita l'opposizione dell'intimato ovvero a consentire all'intimazione di acquistare forza di atto giurisdizionale. Quanto detto per la convalida della licenza vale anche per l'ipotesi descritta al secondo comma, ovvero la convalida dello sfratto per finita locazione.
(4) Si ribadisce che la convalida viene considerata come una condanna in futuro. Invero, l'ordinanza di convalida, nel caso che l'intimato non si opponga, accerta una situazione presente, ovvero, l'esistenza di un contratto di locazione disdetto, attribuendo esecutività alla licenza. Tuttavia, si può parlare propriamente di condanna solo in caso di opposizione del conduttore, perché il procedimento si trasforma in ordinario.
(5) La legge condiziona il procedimento alla osservanza dei termini di disdetta, nulla dicendo sul termine iniziale, per cui per assurdo si potrebbe dar inizio al procedimento de quo anche subito dopo la stipula del contratto di locazione.
(6) Il secondo comma disciplina l'ipotesi dell'intimazione dello sfratto per finita locazione, presupponendo un rapporto di locazione già finita, ovvero un contratto scaduto per mancanza di tacita riconduzione. In tal caso il locatore chiede la pronuncia di una condanna del conduttore alla restituzione dell'immobile.
(7) Infine, si precisa che il procedimento speciale analizzato non può essere promosso nel caso in cui il rapporto contrattuale cessi per cause diverse dalla scadenza del termine.
(8) Comma modificato dal D. Lgs. 10 ottobre 2022, n. 149 (c.d. "Riforma Cartabia"), come modificato dalla L. 29 dicembre 2022, n. 197, il quale ha disposto (con l'art. 35, comma 1) che "Le disposizioni del presente decreto, salvo che non sia diversamente disposto, hanno effetto a decorrere dal 28 febbraio 2023 e si applicano ai procedimenti instaurati successivamente a tale data. Ai procedimenti pendenti alla data del 28 febbraio 2023 si applicano le disposizioni anteriormente vigenti".

Spiegazione dell'art. 657 Codice di procedura civile

Il procedimento di convalida rappresenta l'esercizio in forma speciale di un'azione di cognizione, che potrebbe sempre essere esercitata nelle forme ordinarie, in quanto il ricorso alla convalida è rimesso alla scelta discrezionale del locatore.
Tale procedimento, proprio per le forme che assume, ha natura eccezionale e come tale le relative norme non sono suscettibili di estensione in via analogica, ma al più di interpretazione estensiva.
Ciò comporta, in primo luogo, che il giudizio di convalida non può che riguardare un bene immobile; in secondo luogo, che il rapporto giuridico dedotto in giudizio deve essere necessariamente uno di quelli qui espressamente elencati.
A tale riguardo va detto che, per effetto della Riforma Cartabia, il primo comma di questa norma è stato modificato, risultando estesa la applicabilità del procedimento di convalida, di licenza per scadenza del contratto e di sfratto per morosità, anche ai contratti di comodato di beni immobili e di affitto di azienda.

Pertanto, il giudizio di convalida non è ammissibile:
a) per il contratto d'albergo, di pensione, di affittacamere e di residence;
b) per il leasing (finanziario puro);
c) per tutte le domande di restituzione del bene da parte del proprietario fondate sulla cessazione del diritto reale o personale di godimento (trattandosi di azione di rivendica ovvero di azione di occupazione senza titolo).

E’ invece applicabile:
a) alla sublocazione;
b) alla concessione in locazione di alloggio di edilizia pubblica da parte dell'ente concedente.

Oltre che riguardare un bene immobile, occorre anche che la ragione giustificativa della tutela sia una di quelle espressamente contemplate, ovvero: l'intimazione di licenza per finita locazione, lo sfratto per finita locazione e lo sfratto per morosità.

La prima ipotesi (intimazione di licenza per finita locazione) costituisce un caso normativamente previsto di condanna in futuro, in cui l'interesse ad agire è presunto, non essendo richiesto che il conduttore abbia manifestato l'indisponibilità a rilasciare l'immobile alla scadenza.
Sembra evidente che, seppure il procedimento possa essere iniziato con largo anticipo rispetto alla scadenza, il titolo esecutivo così ottenuto potrà essere azionato solo dopo la scadenza del rapporto.
Lo sfratto per finita locazione, invece, è possibile solo dopo il verificarsi della scadenza contrattuale.

Sotto il profilo della legittimazione, va detto che la legittimazione attiva spetta unicamente al locatore, mentre quella passiva al conduttore.
L'esistenza di una contitolarità dal lato passivo del rapporto di locazione implica l'applicazione della regola del litisconsorzio necessario, con necessità di integrazione del contraddittorio sia quando il procedimento sia promosso da uno solo dei più co-locatori sia quando sia promosso nei confronti di uno solo dei più co-conduttori, poiché le azioni dirette all'eliminazione del rapporto debbono sempre essere proposte da e contro tutti i componenti della parte complessa.

Per quanto concerne la giurisdizione, va innanzitutto premesso che l'immobile oggetto della locazione sottoposta al giudizio di convalida non può che trovarsi in Italia.
Una prima questione di giurisdizione può porsi quando, pur trovandosi l’immobile nel territorio dello Stato, sia stato concesso in locazione a uno Stato estero o a una organizzazione internazionale.
In tal caso occorre distinguere tra atti compiuti iure imperii (cioè dallo Stato estero o dall'organizzazione internazionale nell'esplicazione delle sue funzioni istituzionali e volti alla realizzazione del fine pubblicistico) e atti compiuti iure privatorum (ovvero compiuti dal soggetto alla pari di qualsiasi altro soggetto che opera nell'ambito dell'ordinamento nazionale), dovendosi escludere la giurisdizione solo per i primi, secondo i principi di diritto internazionale recepiti dall'art. 10 Cost..

Un'altra questione di giurisdizione si pone relativamente all'utilizzazione del procedimento di convalida nel caso in cui il conduttore sia la P.A., la quale abbia destinato l'immobile, in modo tacito o esplicito, ad un uso pubblico.
Secondo la tesi più recente, deve tuttavia ammettersi l’utilizzabilità del procedimento in esame, in quanto se la P.A. ha stipulato il contratto iure privatorum, la destinazione alla realizzazione della funzione pubblicistica non trasforma il rapporto, che resta pur sempre privato.

Massime relative all'art. 657 Codice di procedura civile

Cass. civ. n. 24534/2018

Il giudicato formatosi sull'accertamento della futura data di scadenza di un contratto di locazione lascia inalterato il potere delle parti di provocare la cessazione degli effetti del contratto, prima della scadenza, al verificarsi di altri presupposti, trattandosi di un diritto diverso da quello accertato, riconosciuto dal contratto o dalla legge senza alcuna incompatibilità con la scadenza accertata; al contrario, se il conduttore, che sia stato convenuto in giudizio per la convalida della licenza per finita locazione, intenda esercitare il proprio diritto di impedire il verificarsi della scadenza naturale del contratto, è tenuto a farlo in quel processo, trattandosi di un fatto impeditivo del diritto fatto valere dal locatore, restando altrimenti precluso dal giudicato l'accertamento di una data di scadenza diversa da quella accertata. (Nella specie, la S.C. ha confermato la decisione della corte d'appello che, a fronte di una sentenza, passata in giudicato, con la quale la data di scadenza di un contratto di locazione era stata fissata al 31 dicembre 2018, aveva negato che il conduttore potesse far valere l'ulteriore rinnovazione del contratto, con nuova scadenza al 31 dicembre 2024, nell'ambito del successivo giudizio intentato dal locatore per la convalida dell'intimazione per finita locazione).

Cass. civ. n. 21930/2015

Nel giudizio avente ad oggetto la richiesta di disporre il rilascio di un immobile per finita locazione, il giudice può rilevare la nullità del contratto, in quanto avente ad oggetto un alloggio di edilizia residenziale pubblica e stipulato in violazione dell'art. 26, comma 5, della legge n. 513 del 1977, ma, al tempo stesso, attribuire all'attore il bene della vita domandato, sul rilievo della carenza di un titolo giustificativo del godimento dello stesso da parte del convenuto, atteso che il principio della corrispondenza tra il chiesto ed il pronunciato non osta alla attribuzione all'attore del bene reclamato per ragioni giuridiche diverse da quelle dallo stesso prospettate.

Cass. civ. n. 13423/2015

Qualora pendano, contemporaneamente, un procedimento di convalida di licenza ed un altro giudizio, tra soggetti parzialmente differenti, in cui si controverta della validità della scheda testamentaria che il locatore abbia utilizzato come titolo per pretendere il rilascio del bene, non ricorrono i presupposti per la sospensione necessaria del procedimento ex art. 657 cod. proc. civ., sia per la diversità esistente tra le parti dei menzionati giudizi, sia perché l'accertamento della proprietà dell'immobile locato non integra una questione pregiudiziale in ordine alla legittimazione a locare.

Cass. civ. n. 684/2010

In tema di locazione, il giudice, ove accerti che, per erronea indicazione ovvero per avvenuta rinnovazione del contratto, l'effettiva data di scadenza dello stesso sia posteriore a quella indicata nell'atto di intimazione di licenza per finita locazione o di sfratto, può dichiarare la cessazione del contratto per una data successiva, senza, per questo, incorrere nel vizio di extra o ultra petizione.

Cass. civ. n. 986/2009

La differenza tra la disciplina ordinaria della convalida della licenza per finita locazione (art. 657 e ss. cod. proc. civ.) e quella speciale (art. 30 della legge n. 392 del 1978) della convalida della licenza data in base a disdetta motivata nei casi previsti dagli artt. 29 della citata legge n. 392 del 1978 e 3 della legge n. 431 del 1998, non risiede tanto nella diversa forma dell'atto introduttivo del rispettivo procedimento, ma, piuttosto, nella diversa rilevanza della mancata comparizione del convenuto, che soltanto nella disciplina ordinaria consente la convalida della licenza (art. 663 cod. proc. civ.), mentre in quella speciale ha lo stesso valore della comparizione seguita da contestazione, aprendo quindi all'esame del merito della domanda, previo mutamento del rito.

Cass. civ. n. 16635/2008

Qualora venga intimata licenza per finita locazione ad una certa data e l'intimato si opponga deducendo l'esistenza di altro contratto con scadenza posteriore, il locatore può proporre con la memoria integrativa, successiva all'ordinanza ex art. 426 c.p.c. (che dispone la prosecuzione del giudizio secondo le regole della cognizione piena ), domanda di risoluzione alla stregua del secondo contratto, trattandosi di emendatio libelli cioè di mera specificazione dell'originaria domanda di risoluzione avanzata in sede sommaria.

Cass. civ. n. 14486/2008

In tema di locazione, la circostanza che il locatore abbia chiesto la convalida ed abbia indicato nell'intimazione una data di cessazione del rapporto erronea non osta né all'accoglimento della domanda di rilascio, sotto il profilo della fondatezza del diniego di rinnovo, quando la convalida sia stata domandata per uno dei motivi legittimanti l'esercizio della facoltà di diniego e questo sia stato specificamente indicato, né all'accoglimento per la scadenza effettiva, convenzionale o legale, in quanto il predetto errore non vale ad escludere l'inequivoca volontà del locatore di riottenere la disponibilità del bene.

Cass. civ. n. 250/2008

Il contratto che ha per oggetto la concessione dello sfruttamento di una cava di pietra, che è un bene produttivo, deve essere inquadrato nello schema dell'affitto e non nella diversa figura contrattuale della locazione; pertanto, ad esso non sono applicabili le leggi di proroga delle locazioni urbane né la legge n. 392 del 1978, nella parte concernente la disciplina delle locazioni non abitative, né, in ragione della tassatività della previsione dell'art. 657 c.p.c., lo speciale procedimento per convalida di licenza o sfratto.

Cass. civ. n. 16120/2006

Qualora il giudice adito con un'intimazione di sfratto per finita locazione accerti che il contratto non è ancora scaduto, una volta negata l'ordinanza di convalida o quella provvisoria di rilascio e trasformato il procedimento in un ordinario giudizio di cognizione (ancorché da trattarsi nelle forme del rito speciale di cui all'art. 447 bis c.p.c.), ben può all'esito pronunciare la cessazione della locazione per una scadenza successiva a quella intimata, essendo il giudizio volto ad accertare se la domanda di rilascio, comunque contenuta nell'istanza di intimazione, sia o meno fondata, senza che, perciò, si verifichi la violazione del principio della corrispondenza tra il chiesto ed il pronunciato.

Cass. civ. n. 8612/2006

Non si configura litispendenza — per esserne diversi sia il petitum che la causa petendi — tra la domanda di risoluzione di un contratto di locazione per inadempimento nel pagamento dei canoni relativi ad un determinato periodo sul presupposto della perdurante vigenza del contratto tacitamente rinnovatosi e quella successiva di condanna al pagamento del corrispettivo, relativamente allo stesso periodo, richiesto ai sensi dell'art. 1591 c.c. per mora nella riconsegna dell'immobile, fondata sull'asserito avvenuto esaurimento della validità del rapporto precedente. In virtù della diversità delle domande per oggetto e per titolo, è da escludersi, conseguentemente, che il giudicato formatosi sulla sentenza di rigetto pronunciata con riguardo alla prima domanda determini preclusione alla proposizione della seconda.

Cass. civ. n. 15853/2000

In tema di convalida di sfratto all'adozione del provvedimento di rilascio può pervenirsi anche quando, all'istanza di convalida, formulata in conformità al rilievo prospettato in udienza dall'intimato riguardo ad una scadenza della locazione diversa da quella indicata in citazione, segua l'espressa ed incondizionata adesione dello stesso intimato. Infatti, il provvedimento ex art. 663, comma primo, purché emesso nello schema procedimentale relativo e senza violazione del principio del contraddittorio, ben può assumere il contenuto diverso che le parti concordemente manifestano di volere, venendo così a definire la controversia nei termini reciprocamente satisfattivi individuati dalle stesse parti e nell'attuazione del principio di economia processuale, essendo ormai superfluo il prosieguo del giudizio di merito ex art. 667.

Cass. civ. n. 3851/1996

Non sussiste litispendenza tra un procedimento per convalida di licenza (o di sfratto) per finita locazione e un procedimento ordinario avente ad oggetto l'accertamento della data di cessazione della locazione, atteso che i due procedimenti, pur avendo in comune la stessa causa di merito, sono differenziati dalla possibilità, nel procedimento speciale, che l'azione si esaurisca con la convalida o che pur espandendosi, a seguito dell'opposizione dell'intimato, nell'ordinario giudizio di cognizione avente ad oggetto il merito della pretesa, approdi al risultato dell'ordinanza di rilascio con riserva delle eccezioni del convenuto, così realizzandosi effetti di cui l'azione non è suscettibile nel procedimento ordinario e riservati dalla legge espressamente alla competenza funzionale del giudice adito in sede di convalida.

Cass. civ. n. 4005/1995

Con riguardo ad un procedimento di sfratto per finita locazione relativo ad un immobile in comproprietà, ciascun comproprietario — quale titolare del diritto di concorrere alla gestione ordinaria del bene, con il solo limite del rispetto della volontà della maggioranza — è legittimato ad agire in giudizio, nella presunzione del consenso degli altri alla proposizione dell'azione, salva la possibilità per i comproprietari che rappresentino una quota maggioritaria di opporsi all'azione medesima. Nel caso in cui siano i comproprietari rappresentanti una quota maggioritaria ad agire in giudizio, un eventuale loro interesse personale al rilascio dell'immobile (nella specie, ai fini dell'utilizzazione di esso in proprio) non vale a trasformare la domanda giudiziale in un atto eccedente l'ordinaria amministrazione, atteso che il suddetto interesse non «qualifica» l'atto di gestione, inerendo alla successiva utilizzazione del bene, peraltro rimessa alla determinazione anche degli altri comproprietari e comunque non realizzabile senza un corrispondente vantaggio di tutti.

Cass. civ. n. 2692/1993

Vi è litispendenza fra il giudizio, promosso nelle forme ordinarie, avente ad oggetto la domanda di accertamento della fine del rapporto di locazione e di rilascio dell'immobile, ed il giudizio che si instaura nel caso di opposizione del conduttore all'intimazione dello sfratto per finita locazione, stante l'identità di petitum e di causa petendi e senza che rilevi in contrario il collegamento del secondo giudizio all'anteriore procedimento di convalida dell'intimazione, inteso ad attribuire a quest'ultimo atto negoziale l'efficacia del titolo esecutivo. Pertanto, ove il giudice dell'opposizione accerti essere stato preventivamente adito altro giudice per la pronunzia in via ordinaria sulla domanda suddetta, ha il potere-dovere di provvedere alla declaratoria della litispendenza, ai sensi e per gli effetti di cui all'art. 39 c.p.c.

Cass. civ. n. 2951/1991

Le cause di sfratto aventi carattere di urgenza, a norma dell'art. 92 dell'ordinamento giudiziario, per le quali perciò non si verifica la sospensione dei termini processuali per le ferie dei procuratori, sono soltanto quelle che vengono instaurate con il rito di cui agli artt. 657 e ss. c.p.c. per finita locazione o per morosità, non anche quelle ordinarie aventi ad oggetto la decadenza dal diritto alla proroga legale.

Cass. civ. n. 192/1991

La L. 27 luglio 1978, n. 392 non ha abrogato le disposizioni del c.p. c. relative al procedimento di convalida di sfratto. Pertanto la domanda volta ad ottenere il rilascio dell'immobile ad uso abitativo per generica «fine locazione» è proponibile, anche dopo l'entrata in vigore della menzionata legge, secondo la disciplina processuale degli artt. 657 ss. c.p.c.

Cass. civ. n. 8068/1990

La qualità di concessionario di pubblico servizio, spettante al gestore di un impianto di distribuzione di carburante, non sottrae al giudice ordinario le controversie inerenti ai contratti privatistici dal medesimo stipulati, ivi incluso il contratto di locazione dell'area occorrente a detto impianto, anche nel caso in cui il locatore agisca per il rilascio del bene, considerato che, pure in tale ipotesi, la causa non incide, in via diretta, su atti e provvedimenti relativi al rapporto concessorio.

Cass. civ. n. 6540/1990

Nei procedimenti di convalida di licenza per finita locazione o di sfratto, la sospensione dei termini durante il periodo feriale resta esclusa, in forza della deroga contenuta nell'art. 3 della L. 7 ottobre 1969, n. 742 in relazione all'art. 92 dell'ordinamento giudiziario (R.D. 30 gennaio 1941, n. 12), solo per la fase di tipo sommario, la quale si conclude con la pronuncia della ordinanza di convalida o con il diniego della stessa, e presenta per sua natura caratteri d'urgenza, mentre trova applicazione, ai sensi del principio generale fissato dall'art. 1 della citata L. n. 742 del 1969, per la successiva fase a rito ordinario, salvo che l'urgenza venga dichiarata con apposito provvedimento.

Cass. civ. n. 5688/1990

La sospensione dei termini processuali durante il periodo feriale (art. 1 della L. n. 742 del 1969) trova applicazione nei procedimenti di convalida di licenza o di sfratto per finita locazione quando, a seguito dell'opposizione dell'intimato, si instauri un ordinario giudizio di cognizione, il quale, non rientrando tra le ipotesi di esclusione di detta sospensione previste dall'art. 3 della legge citata, deve ricondursi nell'ambito di operatività del precedente art. 1. Conseguentemente, soggiacciono alla sospensione in questione i termini per impugnare la sentenza che ha concluso il suindicato giudizio.

Cass. civ. n. 5091/1990

Qualora uno Stato straniero, per ottenere la disponibilità di un immobile in Italia da destinarsi a sede di proprio organo (nella specie, ufficio consolare), stipuli un contratto di locazione, le controversie inerenti a tale contratto, inclusa quella promossa dal locatore per ottenere il rilascio del bene, rientrano nella giurisdizione del giudice italiano, tenuto conto che l'immunità giurisdizionale, di cui godono gli Stati esteri e gli enti pubblici operanti nell'ordinamento internazionale, non riguarda gli atti che essi pongano in essere iure privatorum, indipendentemente dai loro poteri sovrani. Peraltro, la concreta destinazione dell'immobile all'indicato fine rende invocabile quella immunità giurisdizionale in sede di esecuzione del rilascio, dato che la sottrazione materiale della sede alla sua funzione inciderebbe sulla possibilità stessa dello Stato straniero di svolgere le sue attività istituzionali sul territorio dello Stato italiano.

Cass. civ. n. 4176/1990

Qualora un ente pubblico abbia acquistato il godimento di un immobile mediante un contratto di locazione, l'avvenuta destinazione del bene (con provvedimento contestuale o successivo alla stipulazione del contratto) a sede di pubblico ufficio non è idonea, in mancanza di un successivo provvedimento di carattere ablatorio, a mutare la natura privatistica del rapporto e la sua assoggettabilità alle norme di diritto comune; con la conseguenza che il locatore può agire davanti al giudice ordinario per l'accertamento della cessazione del rapporto e la condanna dell'ente pubblico locatario al rilascio, senza che, riguardo a tale pronuncia, operi il divieto di cui all'art. 4, all. E della L. n. 2248 del 1865, atteso che l'atto con cui è stato impresso al bene un vincolo di destinazione ad utilità pubblica, in quanto emesso al di fuori dei poteri ablatori e quindi in totale carenza di potere, è equiparabile, ancorché formalmente amministrativo, ad un comportamento materiale della pubblica amministrazione non ricollegabile all'esercizio di potestà amministrativa.

Cass. civ. n. 112/1990

Nel procedimento promosso dal locatore per il rilascio dell'immobile locato, la deduzione del convenuto, circa l'appartenenza del bene al demanio di uso civico, formulata al fine del disconoscimento del diritto fatto valere dall'attore, non pone in discussione la giurisdizione del giudice ordinario (in favore di quella del commissario per la liquidazione degli usi civici), con la conseguente inammissibilità del regolamento preventivo al riguardo proposto, considerando che la deduzione medesima, nell'ambito di una contesa fra privati, si esaurisce in un'eccezione inerente al fondamento nel merito della domanda.

Cass. civ. n. 2211/1989

Tra il giudizio di risoluzione di un contratto di locazione per morosità ed il giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo per il pagamento dei canoni insoluti, non sussiste litispendenza bensì, attesa la diversità e maggiore ampiezza del petitum nel primo giudizio, soltanto un rapporto di continenza, il quale mentre non può determinare la traslazione della causa di opposizione davanti al giudice della risoluzione contrattuale che sia stato preventivamente adito, stante il carattere funzionale ed inderogabile della competenza del giudizio di opposizione ex art. 645 c.p.c., rende possibile il trasferimento della causa di risoluzione al giudice dell'opposizione, solo quando i rispettivi procedimenti siano pendenti nello stesso grado, ricorrendo, in caso contrario (come nella specie, in cui un procedimento pende davanti al tribunale e l'altro davanti alla Corte d'appello), un'ipotesi di sospensione necessaria a norma dell'art. 295 dello stesso codice.

Cass. civ. n. 1305/1989

Qualora il pretore, adito in sede di convalida di licenza o di sfratto per finita locazione, a fronte della richiesta di ordinanza di rilascio ex art. 665 c.p.c. da parte del locatore e dell'eccezione di litispendenza proposta dal conduttore (per essere la stessa causa pendente davanti al tribunale per il giudizio di merito), accolga l'eccezione e dichiari con sentenza la litispendenza, ordinando la cancellazione della causa dal ruolo, deve intendersi conclusa la cosiddetta fase sommaria, con la conseguenza che il termine per la proposizione del ricorso per regolamento di competenza avverso tale decisione rimane soggetto alla sospensione durante il periodo feriale (che trova deroga soltanto con riguardo alla fase monitoria).

Cass. civ. n. 6862/1988

Non sussiste litispendenza — la quale va accertata con riguardo alla situazione processuale esistente al momento della pronuncia — nel caso in cui il locatore, dopo aver richiesto la restituzione dell'immobile ad una certa data per finita locazione, abbia, in una successiva causa, domandato per lo stesso titolo la restituzione del bene per una data diversa, non essendovi fra le due controversie identità di petitum, con la conseguenza che il pretore adito con il procedimento di convalida deve pronunciare l'ordinanza di rilascio con riserva delle eccezioni del convenuto ex art. 665, primo comma, c.p.c., astenendosi dal dichiarare la litispendenza tra i due procedimenti.

Cass. civ. n. 4326/1988

La procura conferita al difensore «per tutti i gradi del giudizio» estende i suoi effetti anche per il giudizio di appello ed ove conferita dal locatore per il procedimento di convalida di licenza per finita locazione e la conseguente fase esecutiva, abilita il difensore anche nel giudizio di opposizione revocatoria ex art. 404, secondo comma, c.p.c. promosso dal subconduttore, atteso che in entrambi i giudizi il locatore persegue lo stesso scopo di ottenere la disponibilità della res locata contro qualsiasi soggetto intenda opporsi al rilascio.

Cass. civ. n. 3383/1988

Il procedimento instaurato a seguito di domanda di generica finita locazione di immobile adibito ad uso non abitativo per scadenza del termine convenzionale o legale deve svolgersi secondo le forme ordinarie e spetta al giudice competente alla stregua dei normali criteri di valore, senza che possa trasformarsi in procedimento sommario per convalida di licenza (o di sfratto) per finita locazione a seguito dello ius superveniens di cui all'art. 1 del D.L. n. 832 del 1986 convertito nella L. n. 15 del 1987, che ha sostanzialmente ripristinato il testo originario dell'art. 69 della L. n. 392 del 1978.

Cass. civ. n. 289/1986

La natura complessa dell'atto di intimazione di licenza per finita locazione — di carattere negoziale, in quanto diretta, sotto forma di manifestazione di volontà unilaterale e ricettizia, ad impedire la tacita riconduzione del contratto; e di carattere processuale, in quanto esplicante una vocato in ius del conduttore per la convalida di essa — e l'esigenza processuale della contestualità della intimazione e della citazione per la convalida, comporta che il mandato alle liti conferito dall'istante a margine o in calce all'atto di citazione va riferito non soltanto ad una rappresentanza processuale, ma anche ad una rappresentanza negoziale dell'istante medesimo, avendo la volontà di riavere l'immobile come necessario presupposto quella di impedire la rinnovazione della locazione.

Cass. civ. n. 6448/1985

Con riguardo ad un immobile, il quale, nel quadro degli interventi urgenti in favore delle popolazioni colpite dal terremoto del novembre 1980 (D.L. 26 novembre 1980, n. 776, convertito in L. 22 dicembre 1980, n. 874), sia stato vincolato dal commissario straordinario in favore dei senza tetto o di servizi di pubblica utilità, e poi, previa autorizzazione del competente sindaco, sia stato concesso in locazione ad un ente pubblico (nella specie, Inps) per provvedere alle esigenze di propri uffici, l'azione di sfratto per finita locazione, promossa dal proprietario del bene nei confronti di detto ente, non si sottrae alla giurisdizione del giudice ordinario, in quanto investe posizioni di diritto soggettivo inerenti ad un negozio di diritto privato e non pone in discussione la validità di quegli atti amministrativi (salva restando l'eventuale rilevanza degli stessi al fine dell'indagine di merito sulla data finale del rapporto di locazione).

Cass. civ. n. 2034/1985

La validità ed operatività «inter partes» di un contratto di locazione di immobile, nonché il suo assoggettamento alla normale disciplina privatistica, compresa l'azione di rilascio in caso di morosità del conduttore, non restano esclusi per il fatto che il bene sia stato abusivamente realizzato dal locatore su terreno demaniale, e non possa quindi considerarsi di proprietà del locatore medesimo, trattandosi di circostanza rilevante solo al diverso fine dell'eventuale responsabilità dell'autore dell'opera verso la P.A., nonché della facoltà di questa, non pregiudicata dal suddetto contratto, di avvalersi dei propri poteri a tutela del demanio.

Cass. civ. n. 1590/1985

L'intimazione di sfratto per finita locazione — al contrario dell'intimazione di «licenza» — non ha carattere negoziale, presupponendo la disposizione di cui al secondo comma dell'art. 657 c.p.c., che il contratto sia già scaduto per effetto dello spirar del termine stabilito ovvero in conseguenza di precedente disdetta: sicché la contestuale citazione per la convalida mira soltanto ad ottenere il titolo per il rilascio forzato dell'immobile e non necessita della sottoscrizione della parte.

Cass. civ. n. 990/1985

L'indicazione nell'intimazione della licenza per finita locazione di un'erronea data di cessazione del rapporto, per essersi lo stesso rinnovato per un ulteriore periodo, per volontà delle parti ovvero in forza di sopravvenuta disposizione normativa, non impedisce al giudice di condannare il conduttore al rilascio se tale successivo periodo di durata sia venuto a scadere nel corso del giudizio, non potendo sussistere alcun dubbio sulla volontà del locatore di porre fine al contratto e di riottenere la disponibilità del bene locato, seppure per la data che il giudice avrà accertato essere quella della effettiva scadenza (convenzionale o legale).

Cass. civ. n. 1935/1984

L'azione del locatore che sia diretta ad ottenere la pronuncia di rilascio dell'immobile locato per scadenza del termine fissato nel contratto stesso, mediante l'adozione del procedimento sommario regolato dagli artt. 657 e ss. c.p.c., non richiede la preventiva e rituale comunicazione dell'avviso previsto dall'art. 4 n. 1 della L. n. 253 del 1950, il cui onere è relativo all'esercizio dell'azione per la cessazione della proroga legale per uno dei motivi indicati dagli artt. 3, 4 e 10 della detta legge con le forme processuali stabilite dagli artt. 30 e 31 della medesima.

Cass. civ. n. 5621/1983

È manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale delle norme che attribuiscono al locatore la facoltà di ottenere il rilascio dell'immobile allo spirare della locazione, ancorché non adduca alcuna giustificazione socialmente e giuridicamente rilevante ed apprezzabile — per preteso contrasto con i diritti primari sanciti dalla Costituzione diretti ad assicurare all'individuo un'idonea abitazione e a garantire la funzione economico-sociale della proprietà — essendo la normativa sulle locazioni, tanto quella comune che quella speciale, tesa a realizzare un contemperamento degli opposti interessi nel rispetto dei principi costituzionali, tenuto anche conto dell'autonomia negoziale che presiede alle determinazioni contrattuali.

Cass. civ. n. 6837/1982

Il giudicato derivante dalla convalida di licenza per finita locazione — la quale presuppone, per definizione, che il contratto non sia ancora scaduto — copre la scadenza futura del rapporto, che, fino a quella data, conserva integra la sua validità ed efficacia; con la conseguenza che, ove sopravvenga un provvedimento di proroga il quale, superando ed assorbendo la data di scadenza fissata nell'atto di intimazione, ponga un nuovo termine di scadenza, il rapporto stesso rientra nell'ambito di applicazione dello ius superveniens, essendo in corso a tutti gli effetti, e l'operatività di tale provvedimento potrà essere dedotta in sede di opposizione all'esecuzione.

Cass. civ. n. 1/1982

Nel giudizio promosso dal locatore di immobile urbano con intimazione di licenza per finita locazione e sfratto per morosità contro il conduttore, l'intervento di un terzo, il quale si opponga alla domanda invocando un proprio autonomo diritto alla proroga legale del contratto (nella specie, in base al disposto dall'art. 2 bis del D.L. 19 giugno 1974, n. 236, introdotto dalla legge di conversione 12 agosto 1974, n. 351), non incide sulla natura del giudizio stesso, il quale, integrando «causa di sfratto», resta sottratto alla sospensione dei termini durante il periodo feriale (art. 3 della L. 7 ottobre 1969, n. 742, in relazione all'art. 92 del R.D. 30 gennaio 1941, n. 12).

Cass. civ. n. 2908/1975

Tanto la licenza per finita locazione che lo sfratto per morosità sono intimazioni del locatore o del concedente per la formazione del titolo esecutivo mediante il procedimento per convalida; l'intimazione convalidata, in assenza o senza l'opposizione del convenuto è definitiva e irrevocabile, salvo l'opposizione tardiva di cui all'art. 668 c.p.c. nelle limitate ipotesi previste dallo stesso articolo. Tuttavia, se l'ordinanza di convalida è emessa in mancanza dei presupposti cui la legge condiziona la non impugnabilità del provvedimento e, in particolare, con violazione del principio del contraddittorio, per cui il conduttore deve essere messo a conoscenza di tutte le domande contro di lui proposte con l'atto di intimazione, essa è equiparabile a sentenza anche ai fini delle impugnazioni e, come tale, è soggetta al normale rimedio dell'appello. (Nella specie, era stato intimato lo sfratto per finita locazione, ma, all'udienza, il locatore aveva chiesto ed ottenuto la convalida dello sfratto per morosità e decreto ingiuntivo per il pagamento del canone scaduto, nella contumacia del convenuto).

Cass. civ. n. 3460/1973

Qualora, in pendenza di un ordinario procedimento di cognizione nel quale si controverta sul diritto alla continuazione delle locazioni in forza di proroga legale, il locatore intimi licenza per finita locazione alla scadenza contrattuale, il pretore adito con il procedimento speciale deve pronunciare l'ordinanza di rilascio, con riserva delle eccezioni del convenuto, ex art. 665 primo comma c.p.c., astenendosi dal dichiarare la litispendenza tra i due procedimenti. La pendenza del procedimento ordinario assume rilevanza soltanto quando, dopo l'ordinanza di rilascio, facendosi luogo al giudizio di cognizione sul merito della causa di cessazione del rapporto locatizio, sorge la necessità di stabilire quale sia il giudice competente, secondo le regole ordinarie.

Cass. civ. n. 1879/1972

L'intimazione di licenza o di sfratto, richiesta per il procedimento di convalida, non ha il contenuto e gli effetti sostanziali della disdetta. Essa è una dichiarazione precettiva del locatore o concedente che tende ad avere incidenza diretta nella situazione giuridica del conduttore. Si tratta, cioè, dell'esercizio di un diritto potestativo attraverso il compimento di un negozio giuridico sostanziale, ma inidoneo da solo al conseguimento del fine cui tende, che è raggiungibile solo attraverso l'ulteriore atto di proposizione della domanda di convalida. Tra i due atti, l'uno sostanziale l'altro processuale, esiste una correlazione necessaria, imposta dalla legge. L'atto sostanziale di intimazione di licenza o di sfratto ed il provvedimento giurisdizionale di convalida, nella loro intima correlazione, collaborano all'effetto sostanziale consistente nella incidenza diretta nella situazione giuridica del conduttore ed integrandosi l'uno con l'altro si pongono quale atto complesso, produttivo di quell'effetto sostanziale.

Non sussiste litispendenza nell'ipotesi che pendano dinanzi a giudici diversi un procedimento per convalida di licenza o di sfratto per finita locazione ad una certa data, o di sfratto per morosità in conseguenza del mancato pagamento di determinati canoni, ed un procedimento ordinario avente ad oggetto la declaratoria di risoluzione del contratto di locazione per inadempimento del conduttore nel pagamento di quegli stessi canoni e conseguente condanna alla restituzione della cosa locata: ciò perché le due domande sono oggettivamente diverse e, perciò, sono alla base di due diversi rapporti processuali.

Cass. civ. n. 3471/1969

L'azione di rilascio di immobile per finita locazione va esercitata dal locatore, il quale può anche non essere proprietario dell'immobile locato. E, quindi ai fini della legittimazione ad agire per rilascio, irrilevante l'indagine sulla veste di proprietario dell'immobile locato del locatore.

Cass. civ. n. 737/1967

Il procedimento di convalida di sfratto può essere instaurato ogni qualvolta una locazione sia cessata per qualsiasi causa, purché nell'atto di intimazione siano precisate le ragioni.

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relative all'articolo 657 Codice di procedura civile

Seguono tutti i quesiti posti dagli utenti del sito che hanno ricevuto una risposta da parte della redazione giuridica di Brocardi.it usufruendo del servizio di consulenza legale. Si precisa che l'elenco non è completo, poiché non risultano pubblicati i pareri legali resi a tutti quei clienti che, per varie ragioni, hanno espressamente richiesto la riservatezza.

D. M. chiede
martedì 20/02/2024
“Ogg.: Disdetta contratto di locazione 4+4 per finita locazione.
Gentili avvocati, è possibile richiedere copia della raccomandata A/R di compiuta giacenza che la locatrice nelle persone della figlia e del genero venendo a casa il 20/01/2024 afferma di aver spedito ma che io non ho mai ricevuto e neanche avviso di giacenza per poi andare alle poste a ritirare? Premetto che il contratto è alla seconda scadenza dei 4+4 e termina il 14/07/2024. Di questo invio la locatrice mi ha informato il 20/01/2024 producendo una copia di una lettera che riporta in calce la data del 18/10/23 di uno studio legale che non è neanche firmata dall’avvocato. Ho chiesto di avere una copia della comunicazione spedita con R/A e della compiuta giacenza. La locatrice (figlia e genero della stessa) mi hanno assicurato verbalmente che me l’avrebbero fatta avere, ma a tutt’oggi tutto tace! La mia richiesta è lecita oppure no? Mi rimane il dubbio che la raccomandata e la compiuta giacenza non sia mai avvenuta! Se così fosse non capisco la riluttanza a produrne copia alla mia richiesta! Preciso che i canoni sono regolarmente pagati con bonifico bancario su iban intestato alla figlia della locatrice cosi come trascritto sul contratto registrato. Se può essere utile preciso che ho 67 anni e che non sono possessore di immobili nello stesso comune dell'immobile locato. Mi può delucidare in proposito e quali sono le procedure e le azioni che si possono intraprendere e gli scenari che si possono sviluppare? La ringrazio anticipatamente per l’aiuto e la saluto cordialmente.”
Consulenza legale i 29/02/2024
Il conduttore che sostiene di non aver ricevuto la raccomandata che comunicava l’intenzione di non rinnovare il contratto di locazione alla seconda scadenza contrattuale, ha il diritto di chiedere al locatore di vedere la lettera sottoscritta con la ricevuta di ritorno della raccomandata.

In assenza della presentazione di tale lettera, il conduttore può anche legittimamente non rilasciare l’immobile alla scadenza.

Il rischio che corre è quello di vedersi notificare uno sfratto per finita locazione a cui dovrà opporsi sostenendo di non aver ricevuto il diniego di rinnovo nei termini previsti dal contratto che, quindi, si è rinnovato automaticamente.
Non è escluso che il locatore possa però produrre in giudizio la raccomandata con la ricevuta di ritorno e in base a quanto ivi riportato il conduttore potrà decidere di contestarne la veridicità o meno.

In ogni caso, il conduttore non può richiedere presso Le Poste copia della ricevuta di ritorno della raccomandata in assenza del numero della stessa.
Si consiglia, però, di rivolgersi ad un Ufficio Postale e chiedere se hanno modo di effettuare la ricerca della corrispondenza solo con il nome del mittente e del destinatario.

Per quanto riguarda la richiesta di pagamento degli oneri condominiali, si rileva che il contratto di locazione prevede all’art. 10 che gli oneri accessori debbano essere versati all’Amministratore da parte del conduttore.
Egli, quindi, deve - per contratto - versare gli importi richiesti.

Il conduttore però - si badi bene - non è per questo obbligato nei confronti del Condominio, ma solo verso il locatore. Qualora non dovessero essere rimborsati gli importi richiesti, il locatore potrebbe intraprendere, nei confronti del conduttore, un’azione per risoluzione del contratto di locazione per inadempimento o chiedere l’emissione di un decreto ingiuntivo. Il Condominio, invece, non potrebbe agire direttamente contro il conduttore. Deve necessariamente rivolgere le proprie richieste al proprietario locatore. Egli solo è obbligato nei confronti del condominio.
È in ogni caso diritto del conduttore chiedere di visionare le ricevute relative alle spese di gestione delle parti comuni come previsto dall’art. 9 della l. equo canone.

Si noti, inoltre, come in giudizio gravi sul locatore l’onere della prova ai sensi dell’art. 2697 del c.c.: vale a dire che deve essere lui a fornire la prova della sussistenza del debito del conduttore per gli oneri accessori.
Ne consegue che, in ogni caso, il locatore dovrà presentare dei giustificativi di spese se vuole ottenere giudizialmente la condanna al rimborso delle spese di gestione delle parti comuni (Cass. civ. n. 20348/2010).

Per quanto riguarda il rimborso del 50% del costo della tassa di registro, il conduttore può chiedere la ricevuta dell’avvenuta registrazione o verificare in autonomia sul sito dell’Agenzia delle Entrate o direttamente ad uno sportello, se il contratto risulta registrato.


Demetria V. chiede
giovedì 29/04/2021 - Toscana
“Buongiorno,
Ho un’ordinanza provvisoria di rilascio per fine locazione ( contratto quadriennale 4+4 disdettato) per la casa dove abito. In passato e con data non corrispondente al contratto di locazione, mi è stata data un’autorizzazione scritta ( non registrata a suo tempo; posso registrarla tardivamente e in modo unilaterale?) dal proprietario per l’attività di “associazione culturale” da svolgere all’interno dello spazio abitativo.Tale autorizzazione è senza scadenza e non vi è nemmeno indicato che la durata è in funzione della durata del contratto di locazione. Il testo è:

“Al Signor
Pinco Pallino
Via xxxxxxxxx
111111 VVVVVVV

Oggetto : Autorizzazione
Con la presente si autorizza l’apertura del Circolo Culturale denominato XXXXXX all’interno dello spazio abitativo dell’abitazione BBBBBBBB, nel rispetto delle normative vigenti che regolamentano le associazioni di Promozione Sociale.”

L’associazione, non a scopo di lucro, è regolarmente registrata all’agenzia delle entrate, ha un suo codice fiscale e partita iva ed è tutt’ora operante. Svolge attività riconosciute a livello nazionale e internazionale, con patrocinio di Enti pubblici e in collaborazione con Istituzioni; tant’è che in passato lo stesso proprietario dell’immobile in una lettera al Sindaco locale segnalò la valenza delle attività e manifestazioni svolte dall’associazione.
Ho letto che una concessione d’uso senza scadenza è valida fino alla cessazione dell’uso per cui è stata data.
L’ordinanza di rilascio è riferita a me come locatario, ma nessuna comunicazione è stata inviata dal proprietario in merito alla cessazione o disdetta dell’autorizzazione relativa all’associazione culturale di cui sono presidente.
Mi chiedevo se all’ufficiale giudiziario può essere opposto che all’interno dell’abitazione è autorizzata e non disdettata, né revocata dal proprietario la permanenza dell’associazione culturale.
Tale prova , non presente nel provvedimento di rilascio, potrebbe bloccare l’azione dell’Ufficiale Giudiziario? L’Ufficiale Giudiziario sarebbe tenuto a trasmettere il problema al Giudice esecutore? Che iter ci sarebbe?
In sintesi il proprietario può esigere il rilascio dell’immobile dove ha sede l’associazione senza che la stessa sia mai stata citata nell’ordinanza che riguarda solo l’inquilino?
Grazie”
Consulenza legale i 06/05/2021
Purtroppo il documento, il cui testo è riportato nel quesito, non consente di “bloccare” né sospendere l’esecuzione dello sfratto. Esso non costituisce un titolo autonomo, idoneo ad attribuire di per sé il godimento dell’immobile (come è, invece, il contratto di locazione, che appunto conferisce al conduttore il diritto di godimento sul bene).
Si tratta, semplicemente, di un’autorizzazione a svolgere l’attività associativa all’interno di un immobile che non sarebbe a ciò destinato: infatti il contratto di locazione - esaminato in occasione di una precedente consulenza - precisa espressamente che il contratto viene stipulato ad uso esclusivamente abitativo e come prima casa. Inoltre, significativamente, il medesimo contratto vieta la sublocazione e il comodato dell’immobile.
Ad ogni modo, si ribadisce che tale dichiarazione del locatore non costituisce né un contratto, né un negozio unilaterale volto a concedere il godimento dell’immobile, che deriva unicamente - nel nostro caso - dal contratto di locazione.
Ad esempio, non si tratta di un contratto di comodato ex artt. 1803 e ss. c.c. (impropriamente definito nel quesito “concessione d’uso”). L’autorizzazione risulta indirizzata al conduttore dell’immobile locato in quanto tale, ed in relazione allo “spazio abitativo” dello stesso (e che, proprio perché abitativo, normalmente non potrebbe essere destinato a un simile utilizzo).
Pertanto, non essendo l’ente in questione titolare di alcun diritto di godimento dell’immobile e, soprattutto, non essendo parte del contratto di locazione, non vi sono motivi per cui esso debba essere citato in giudizio nel procedimento di sfratto per finita locazione.

Antonella chiede
sabato 17/03/2012 - Veneto

“Io sono il locatore, mi sto separando da mio marito e devo rientrare nel mio appartamento, il quale è attualmente affittato con contratto di durata 4 anni.
Il conduttore ha l'obbligo di sgomberarmi l'appartamento?”

Consulenza legale i 21/03/2012

La legge italiana prevede una normativa molto dettagliata su case e locazioni. Le parti possono stipulare un contratto di locazione ad uso abitativo di durata non inferiore a quattro anni, decorsi i quali il contratto si rinnova per un analogo periodo. Alla prima scadenza del contratto stipulato, il locatore può avvalersi della facoltà di recedere dal contratto dandone avviso al conduttore almeno sei mesi prima della scadenza fissata, con lettera raccomandata.

Appare opportuno ricordare, tuttavia, che alla prima scadenza (occorre quindi aspettare in ogni caso la scadenza del primo quadriennio) il recesso del locatore è previsto solo per i casi espressamente indicati dall'art. 3 della l. 432/1998 e precisamente, in relazione al caso di specie, quando il locatore intenda destinare l'immobile ad uso abitativo, commerciale, artigianale o professionale proprio, del coniuge, dei genitori, dei figli o dei parenti entro il secondo grado.