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Articolo 659 Codice Penale

(R.D. 19 ottobre 1930, n. 1398)

[Aggiornato al 23/02/2024]

Disturbo delle occupazioni o del riposo delle persone

Dispositivo dell'art. 659 Codice Penale

Chiunque, mediante schiamazzi o rumori, ovvero abusando di strumenti sonori o di segnalazioni acustiche ovvero suscitando o non impedendo strepiti di animali, disturba le occupazioni o il riposo delle persone, ovvero gli spettacoli, i ritrovi o i trattenimenti pubblici(1), è punito con l'arresto fino a tre mesi o con l'ammenda fino a euro 309.

Nell'ipotesi prevista dal primo comma, la contravvenzione è punibile a querela della persona offesa, salvo che il fatto abbia ad oggetto spettacoli, ritrovi o trattenimenti pubblici, ovvero sia commesso nei confronti di persona incapace, per età o per infermità(2).

Si applica l'ammenda da euro 103 a euro 516 a chi esercita una professione o un mestiere rumoroso contro le disposizioni della legge o le prescrizioni dell'Autorità(3).

Note

(1) Si considerano modalità tassative attraverso cui si realizza il disturbo alle persone, da accertarsi poi mediante l'utilizzo di appositi strumenti tecnici.
(2) Comma inserito dal D. Lgs. 10 ottobre 2022 n. 150 (c.d. "Riforma Cartabia").
(3) Tale comma prevede un reato proprio ovvero che può essere sposto in essere solo dagli esercenti una professione o un mestiere.

Ratio Legis

La norma in esame è diretta a tutelare l'ordine pubblico, preservando nello specifico tranquillità dei consociati.

Spiegazione dell'art. 659 Codice Penale

La disposizione in oggetto è posta a tutela della tranquillità e della serenità della collettività, minacciata da schiamazzi e rumori molesti di qualsiasi tipo.

Trattasi di reato di pericolo presunto e pertanto, ai fini della sua configurabilità, non è necessaria la prova dell'effettivo disturbo arrecato a più persone, ma è sufficiente l'idoneità della condotta a disturbare un numero indeterminato di persone.

La valutazione in merito a tale idoneità va fatta tenendo conto della sensibilità media del gruppo sociale in cui il fenomeno stesso si verifica e dell'ambiente circostante che, per fisionomia edilizia o geologica, può aumentare o diminuire l'impatto dei rumori molesti.

Per quanto riguarda l'elemento soggettivo, è richiesta la volontarietà delle condotte descritte dalla norma, a prescindere dall'effettiva intenzione di arrecare disturbo alla quiete pubblica

Relazione al D.Lgs. 150/2022

(Relazione illustrativa al decreto legislativo 10 ottobre 2022, n. 150: "Attuazione della legge 27 settembre 2021, n. 134, recante delega al Governo per l'efficienza del processo penale, nonché in materia di giustizia riparativa e disposizioni per la celere definizione dei procedimenti giudiziari")

1 
L’intervento rende procedibile a querela della persona offesa la contravvenzione di disturbo del riposo o delle occupazioni delle persone, nelle sole ipotesi, previste dal primo comma, in cui la contravvenzione costituisce un reato contro la persona, essendo l’offesa diretta verso “le persone” e, in particolari, verso beni personali facenti capo a individui determinati: le loro occupazioni (intellettuali o manuali) e il loro riposo (ad esempio nelle ore notturne).


La procedibilità d’ufficio è fatta salva, in conformità alla legge delega, quando la persona offesa è incapace per età o per infermità. Restano inoltre procedibili d’ufficio i casi di disturbo di spettacoli, ritrovi o intrattenimenti pubblici. Rimane inoltre procedibile d’ufficio, in quanto del tutto eterogenea, la fattispecie di esercizio irregolare di professioni o mestieri rumorosi cui al secondo comma, che descrive un’offesa spiccatamente pubblicistica.


La scelta di rendere procedibile a querela una contravvenzione è innovativa, nel sistema italiano, essendo le contravvenzioni sempre procedibili d’ufficio (cfr. l’art. 11 disp. att. c.p.). Senonché la procedibilità a querela delle contravvenzioni è frutto di una scelta del legislatore ordinario e può subire eccezioni, non essendo imposta da principi costituzionali o di sistema. La disciplina sostanziale e processuale della querela è compatibile con la procedibilità a querela delle contravvenzioni. L’art. 120, co. 1 c.p., in particolare, stabilisce che ha diritto di querela ogni persona offesa da un “reato” – non, si noti, da un delitto, per cui non debba procedersi d’ufficio o dietro richiesta o istanza.


La dottrina è da tempo e tradizionalmente concorde, d’altra parte, nell’escludere un criterio ontologico di distinzione tra delitti e contravvenzioni. Secondo il classico manuale di Antolisei, “non si tratta di categorie di reati che differiscono per la loro intrinseca natura, ma di categorie che si distinguono per la maggiore o minore gravità”.
Del pari, secondo un altro autorevole e classico manuale, quello di Bettiol, “l’unico criterio sicuro, ma sempre di carattere estrinseco, è quello della diversa specie di sanzione penale predisposta dal legislatore”. In tal senso, è esplicito l’art. 39 c.p.


La trasformazione di un reato da contravvenzione in delitto, e viceversa, è d’altra parte possibile e rimessa alla discrezionalità del legislatore, sulla base di scelte orientate a connotare il reato in termini di maggiore o minore gravità.
Quando una contravvenzione tutela interessi individuali e concreti, come quelli che fanno capo alla persona, non vi è ragione per escludere la procedibilità a querela, aprendo il sistema alla possibilità di condotte risarcitorie e riparatorie, con effetti deflattivi sul carico giudiziario in caso di remissione della querela o di applicazione dell’istituto di cui all’art. 162 ter c.p., che non si riferisce ai delitti ma ai reati in genere.


Gli obiettivi di efficienza del sistema processuale, perseguiti dalla legge delega, rendono opportuno condizionare l’azione penale alla presentazione di una querela quando, in casi ricorrenti nella prassi, come ad esempio quello del disturbo arrecato un condizionatore rumoroso (cfr. Cass. Sez. VII, 15 gennaio 2021, n. 17745), o di rumori provenienti da un appartamento occupato da studenti, all’interno di un condominio (Cass. Sez. III, 1° febbraio 2022, n. 13685), si è altrimenti costretti a celebrare d’ufficio un lungo procedimento penale, magari attraverso tre gradi di giudizio.

Massime relative all'art. 659 Codice Penale

Cass. pen. n. 24397/2022

Integra la contravvenzione di disturbo delle occupazioni e del riposo delle persone, di cui all'art. 659, comma primo, cod. pen., la condotta del gestore di un pubblico esercizio (nella specie, di un bar) che non impedisca i continui schiamazzi provocati dagli avventori in sosta davanti al locale anche nelle ore notturne, essendogli imposto l'obbligo giuridico di controllare, anche con ricorso all'Autorità od allo "ius excludendi", che la frequentazione del locale da parte degli utenti non sfoci in condotte contrastanti con le norme poste a tutela dell'ordine e della tranquillità pubblica.

Cass. pen. n. 14750/2020

Risponde del reato di disturbo delle occupazioni e del riposo delle persone il gestore di un pubblico esercizio che non impedisca i continui schiamazzi provocati dagli avventori in sosta davanti al locale anche nelle ore notturne, essendogli imposto l'obbligo giuridico di controllare, anche con ricorso allo "ius excludendi" o all'Autorità, che la frequenza del locale da parte degli utenti non sfoci in condotte contrastanti con le norme poste a tutela dell'ordine e della tranquillità pubblica.

Cass. pen. n. 31279/2017

In tema di immissioni sonore, deve ritenersi sussistere l'illecito amministrativo ove si verifichi solo il mero superamento dei limiti differenziali; è configurabile l'ipotesi di cui all'art. 659 c.p., comma 1, quando il fatto costitutivo dell'illecito sia rappresentato da qualcosa di diverso ed ulteriore rispetto al mero superamento di limiti di rumore; deve poi ritenersi integrata la contravvenzione ex art. 659 c.p., comma 2, qualora la violazione riguardi altre prescrizioni legali o della Autorità, attinenti all'esercizio del mestiere rumoroso, diverse, però, da quelle impositive di limiti di immissione acustica (riconosciuta, nella specie, la responsabilità ex art. 659, 1 comma, per il gestore i un locale il cui impianto di aereazione superava i limiti di normale tollerabilità).

Cass. pen. n. 34920/2015

In tema di disturbo delle occupazioni e del riposo delle persone, l'attività di un bar regolarmente autorizzato dall'autorità amministrativa a rimanere aperto fino a tarda notte ed all'uso di strumenti musicali e di diffusione sonora, va classificata come esercizio di un "mestiere rumoroso", in quanto l'uso di tali strumenti è strettamente connesso e necessario all'esercizio dell'attività autorizzata, con la conseguenza che il superamento, mediante gli strumenti stessi, dei limiti massimi o differenziali di emissione del rumore integra l'illecito amministrativo di cui all'art. 10, comma secondo, della legge 26 ottobre 1995, n. 447.

Cass. pen. n. 8351/2015

La contravvenzione di cui all'art. 659, comma primo, cod. pen., è reato solo eventualmente permanente, che si può consumare anche con un'unica condotta rumorosa o di schiamazzo recante, in determinate circostanze, un effettivo disturbo alle occupazioni o al riposo delle persone, in quanto non è necessaria la prova che il rumore abbia concretamente molestato una platea più diffusa di persone, essendo sufficiente l'idoneità del fatto a disturbare un numero indeterminato di individui. (Fattispecie in cui la Corte ha ritenuto penalmente rilevante l'insistente abbaiare di un cane per una notte intera, sebbene ad intervalli).

Cass. pen. n. 5735/2015

In tema di disturbo delle occupazioni e del riposo delle persone, l'esercizio di una attività o di un mestiere rumoroso, integra: A) l'illecito amministrativo di cui all'art. 10, comma secondo, della legge 26 ottobre 1995, n. 447, qualora si verifichi esclusivamente il mero superamento dei limiti di emissione del rumore fissati dalle disposizioni normative in materia; B) il reato di cui al comma primo dell'art. 659, c.p., qualora il mestiere o la attività vengano svolti eccedendo dalle normali modalità di esercizio, ponendo così in essere una condotta idonea a turbare la pubblica quiete; C) il reato di cui al comma secondo dell'art. 659 c.p., qualora siano violate specifiche disposizioni di legge o prescrizioni della Autorità che regolano l'esercizio del mestiere o della attività, diverse da quelle relativa ai valori limite di emissione sonore stabiliti in applicazione dei criteri di cui alla legge n. 447 del 1995.

Cass. pen. n. 23529/2014

Integra il reato previsto dall'art. 659, comma primo, c.p., l'esercizio di una discoteca i cui rumori, in ora notturna, provocano disturbo al riposo delle sole persone abitanti nell'edificio in cui è ubicato il locale, se il fastidio non è limitato agli appartamenti attigui alla sorgente rumorosa, in quanto la propagazione delle emissioni sonore estesa all'intero fabbricato è sintomatica di una diffusa attitudine offensiva e della idoneità a turbare la pubblica quiete.

Cass. pen. n. 13015/2014

In tema di disturbo delle occupazioni e del riposo delle persone, la condotta costituita dal superamento dei limiti di accettabilità di emissioni sonore derivanti dall'esercizio di professioni o mestieri rumorosi non configura l'ipotesi di reato di cui all'art. 659, comma secondo, cod. pen., ma l'illecito amministrativo di cui all'art. 10, comma secondo, della legge 26 ottobre 1995 n. 447 (legge quadro sull'inquinamento acustico), in applicazione del principio di specialità contenuto nell'art. 9 della legge 24 novembre 1981 n. 689.

Cass. pen. n. 47298/2011

La rilevanza penale della condotta produttiva di rumori, censurati come fonte di disturbo delle occupazioni e del riposo delle persone, richiede l'incidenza sulla tranquillità pubblica, in quanto l'interesse tutelato dal legislatore è la pubblica quiete, sicché i rumori devono avere una tale diffusività che l'evento di disturbo sia potenzialmente idoneo ad essere risentito da un numero indeterminato di persone, pur se poi concretamente solo taluna se ne possa lamentare.

Cass. pen. n. 20954/2011

Ai fini della configurabilità della contravvenzione di cui all'art. 659 c.p., l'attitudine dei rumori a disturbare il riposo o le occupazioni delle persone non va necessariamente accertata mediante perizia o consulenza tecnica, ma ben può il giudice fondare il suo convincimento su elementi probatori di diversa natura, quali le dichiarazioni di coloro che sono in grado di riferire le caratteristiche e gli effetti dei rumori percepiti, sì che risulti oggettivamente superata la soglia della normale tollerabilità. (Fattispecie relativa all'accertamento della natura molesta della musica riprodotta ad alto volume e di notte in un "disco pub", nonché degli schiamazzi degli avventori dello stesso, mediante la testimonianza resa dagli inquilini dello stabile in cui era sito il locale).

Cass. pen. n. 18517/2010

Integra la contravvenzione di disturbo delle occupazioni e del riposo delle persone l'organizzazione di feste e cerimonie all'interno di uno scantinato di edificio condominiale che si protraggano per ore con schiamazzi, rumori e abuso di strumenti sonori, idonei a diffondersi all'interno e all'esterno dello stabile con pregiudizio della tranquillità di un numero indeterminato di persone. (Nella specie, il frastuono determinato dalle feste, che avevano frequenza bisettimanale, era tale da far vibrare le strutture murarie del fabbricato e da impedire di tenere conversazioni normali o di ascoltare la televisione negli altri appartamenti di esso).

Cass. pen. n. 9414/2010

La fattispecie contravvenzionale di esercizio di una professione o un mestiere rumoroso contro le disposizioni della legge o le prescrizioni dell'autorità, non può essere integrata dall'emissione di vibrazioni non produttive di rumore.

Cass. pen. n. 29375/2009

Integra il reato di disturbo delle occupazioni o del riposo delle persone la gestione, sia pure per motivi di cinofilia e senza fine di lucro od organizzazione imprenditoriale, di un canile ubicato in zona agricola e regolarmente autorizzato, esercitata in modo da non impedire la diffusione in una vasta area circostante di non tollerabili rumori dovuti al continuo abbaiare degli animali.

Cass. pen. n. 23866/2009

Nell'ipotesi di esercizio di professione o mestiere rumoroso contro le disposizioni della legge o le prescrizioni dell'Autorità, la carica di lesività del bene giuridico protetto sia dall'art. 659, comma secondo, c.p., sia dall'art. 10, comma secondo, della L. 26 ottobre 1995 n. 447 (legge quadro sull'inquinamento acustico), consistente nella quiete e tranquillità pubblica, è presunta "ope legis" ed è racchiusa, per intero, nel precetto della disposizione codicistica, che tuttavia cede, di fronte alla configurazione dello speciale illecito amministrativo previsto dall'art. 10 citato, qualora l'inquinamento acustico si concretizzi nel mero superamento dei limiti massimi o differenziali di rumore fissati dalle leggi e dai decreti presidenziali in materia.

Cass. pen. n. 13000/2009

Integra il reato di disturbo delle occupazioni o del riposo delle persone di cui all'art. 659, comma primo, c.p., il fatto di colui che, per più giorni, si dia a schiamazzi e grida notturne, alla guida di una autovettura i cui pneumatici faccia reiteratamente stridere, percorrendo in un senso e in quello opposto le strade di un centro abitato.

Cass. pen. n. 1466/2008

Integra la fattispecie contravvenzionale di cui all'art. 659, comma primo, c.p. la condotta idonea ad arrecare disturbo al riposo ed alle occupazioni delle persone, realizzata nell'esercizio dell'attività di un «pub» che risulti rumorosa per effetto di un uso smodato dei mezzi tipici della stessa ovvero perché svolta senza l'adozione delle cautele necessarie ad evitare la diffusione delle emissioni di rumore.

Cass. pen. n. 10296/2007

È integrato il reato previsto dall'art. 659, comma primo, c.p., nel caso in cui gli imputati abusino degli strumenti vocali, eccedenti la normale tollerabilità, consistenti in esercitazioni di canto, impedendo lo studio di ragazzi in età scolare ed in genere il riposo delle persone, nonostante le segnalazioni, le denunce, la sentenza interdittiva del giudice di pace e la diffida inviata dall'amministratore dello stabile.

Cass. pen. n. 9835/2007

L'esercizio di un mestiere rumoroso, quale la gestione di un villaggio turistico all'interno del quale si svolge attività di animazione, integra la contravvenzione prevista dal primo comma dell'art. 659 c.p., quando le emissioni sonore, oltre che eccedere i limiti previsti dal D.P.C.M. del 14 novembre 1997, superano il limite della normale tollerabilità, a nulla rilevando che la società di animazione fosse gestita da soggetto diverso da colui che gestiva il villaggio turistico, essendo quest'ultimo obbligato a porre in essere tutte le cautele necessarie ad evitare che le emissioni sonore provochino il disturbo delle occupazioni e del riposo delle persone.

Cass. pen. n. 7962/2007

Il reato di cui all'art. 659, comma primo, c.p., si realizza quando si sia verificato un disturbo del riposo e delle occupazioni delle persone, indipendentemente dal fatto che i lamentati rumori, che eccedevano la normale tollerabilità, siano stati o meno conseguenza dell'esercizio di una professione o mestiere rumoroso. (Nel caso di specie la Corte ha ritenuto corretta la valutazione del giudice di merito circa la sussistenza del reato, a seguito dell'attivazione di un rumoroso impianto di condizionamento d'aria utilizzato da un laboratorio di sartoria, sito in un edificio di civile abitazione).

Cass. pen. n. 2875/2007

In tema di disturbo delle occupazioni e del riposo delle persone, la condotta prevista dal secondo comma dell'art. 659 c.p., esercizio di professione o mestiere rumoroso contro le disposizioni di legge, è riferibile alla sola violazione di prescrizioni diverse da quelle concernenti i limiti delle emissioni o immissioni sonore, atteso che la condotta costituita dal superamento dei limiti di accettabilità integra gli estremi di un illecito amministrativo ai sensi dell'art. 10, comma secondo, L. n. 447 del 1995.

Cass. pen. n. 1561/2007

In tema di disturbo delle occupazioni e del riposo delle persone, il mancato rispetto dei limiti di emissione del rumore, stabiliti dal D.P.C.M. 1 marzo 1991, può integrare la fattispecie prevista dal secondo comma dell'art. 659 cod.pen, non essendo applicabile il principio di specialità di cui all'art. 9 della legge n. 689 del 1981, in quanto la fattispecie penale contiene un elemento, mutuato da quella prevista nel comma primo, estraneo all'illecito amministrativo previsto dall'art. 10, comma secondo della legge n. 447 del 1995, che tutela genericamente la salubrità ambientale. (Fattispecie relativa ad un'orchestrina che si esibiva all'interno di un bar).

Cass. pen. n. 1075/2007

L'esercizio di un mestiere rumoroso in violazione dei limiti stabiliti dalla legge speciale può integrare, oltre che l'illecito amministrativo previsto dalla c.d. legge quadro sull'inquinamento acustico, anche la fattispecie contravvenzionale del disturbo delle occupazioni e del riposo delle persone, potendosi accertare in concreto che dall'esercizio del mestiere rumoroso sia derivato, non solo il mero superamento dei limiti di emissioni sonore, ma anche la lesione o la messa in pericolo della quiete pubblica, riferita alla media sensibilità delle persone nell'ambito del quale dette emissioni si verificano.

Cass. pen. n. 30773/2006

Il reato di cui all'art. 659 comma primo c.p. resta assorbito in quello previsto al comma secondo del medesimo articolo, avente medesima obiettività giuridica e natura di reato di pericolo concreto, se il disturbo sia arrecato nel normale esercizio di un mestiere rumoroso come quello di panificatore. Difatti, nel caso dell'esercente il mestiere rumoroso, la fattispecie di cui al primo comma risulta integrata in via autonoma solo se l'attività svolta eccede il normale esercizio della professione o costituisce un uso smodato dei mezzi tipici di essa.

Cass. pen. n. 23130/2006

Integra la fattispecie contravvenzionale di cui all'art. 659, primo comma, c.p. la condotta idonea ad arrecare disturbo al riposo ed alle occupazioni di in numero indeterminato di persone, che sia posta in essere, seppure non siano superati i limiti di rumorosità di cui all'art. 4 D.P.C.M. 14 novembre 1997, nello svolgimento di attività di per sé rumorosa, perché l'agente è comunque tenuto alle cautele necessarie ad evitare il disturbo delle occupazioni o del riposo delle persone. (Fattispecie relativa alla condotta del responsabile di un ambulatorio medico dai cui impianti di climatizzazione ed elettrogeno provenivano rumori che per intensità e durata superavano i limiti di normale tollerabilità).

Cass. pen. n. 23072/2005

In tema di disturbo delle occupazioni o del riposo delle persone determinato dall'esercizio di una professione o di un mestiere rumorosi (nella specie rumori causati dal transito dei veicoli su un tronco autostradale), il rispetto dei limiti di tollerabilità, fissati dalla normativa speciale (L. n. 447 del 1995 e successive modifiche introdotte con il D.P.R. n. 142 del 2004 e relativi allegati che stabiliscono limiti diversi per le diverse fasce in considerazione), esclude la sussistenza del primo comma dell'art. 659 c.p.

Cass. pen. n. 530/2005

In tema di disturbo delle occupazioni e del riposo delle persone, la condotta costituita dal superamento dei limiti di accettabilità di emissioni sonore derivanti dall'esercizio di mestieri rumorosi (nella specie, attività industriale) integra gli estremi di un illecito amministrativo ai sensi dell'art. 10, comma secondo, legge n. 447 del 1995, mentre la rilevanza penale della condotta prevista dal secondo comma dell'art. 659 c.p. è circoscritta alla violazione di prescrizioni diverse da quelle concernenti i limiti delle emissioni o immissioni sonore.

Cass. pen. n. 32468/2004

In tema di disturbo delle occupazioni e del riposo delle persone, integra il reato previsto dal secondo comma dell'art. 659 c.p. il superamento dei limiti di immissioni sonore prescritti dalla legge per l'esercizio di una professione o di un mestiere rumoroso, sempre che sia in concreto accertata l'offesa del bene tutelato della quiete pubblica, giacché l'art. 10 della legge 26 ottobre 1995, n. 447 non ha implicitamente abrogato il reato anche se punisce con una sanzione amministrativa il superamento dei limiti delle immissioni sonore. (La Corte ha rilevato che le due disposizioni tutelano due beni giuridici diversi: la quiete pubblica e l'inquinamento acustico).

Cass. pen. n. 25103/2004

Il superamento dei valori-limite di rumorosità prodotta nell'attività di esercizio di una discoteca non integra la fattispecie prevista dal primo comma dell'art. 659 c.p., ma quella indicata nel secondo comma dello stesso articolo, che non è depenalizzata per effetto del principio di specialità di cui all'art. 9 della legge n. 689 del 1981, in quanto contiene un elemento, mutuato da quella prevista nel comma precedente, estraneo alla fattispecie contemplata dall'art. 10, comma secondo, della legge n. 447 del 1995 (legge quadro sull'inquinamento acustico), che tutela genericamente la salubrità ambientale, limitandosi a stabilire, e a sanzionarne in via amministrativa il superamento, i limiti di rumorosità delle sorgenti sonore oltre i quali deve ritenersi sussistente l'inquinamento acustico. Tale elemento è rappresentato da quella concreta idoneità della condotta rumorosa a recare disturbo al riposo e alle occupazioni di una pluralità indeterminata di persone, che determina la messa in pericolo del bene della pubblica tranquillità tutelato da entrambi i commi dell'art. 659 c.p.

Cass. pen. n. 16686/2003

Correttamente il gestore di un bar è ritenuto responsabile del reato di cui all'art. 659, comma 1, c.p. per i continui schiamazzi e rumori provocati dagli avventori dello stesso, con disturbo delle persone. Infatti la qualità di titolare della gestione dell'esercizio pubblico comporta l'assunzione dell'obbligo giuridico di controllare che la frequentazione del locale da parte dei clienti non sfoci in condotte contrastanti con le norme concernenti la polizia di sicurezza.

Cass. pen. n. 43202/2002

Il superamento dei valori-limite di rumorosità prodotto nell'attività di esercizio di un autodromo non integra la fattispecie prevista dal primo comma dell'art. 659 c.p., ma quella indicata nel secondo comma dello stesso articolo, che è depenalizzata per effetto del principio di specialità di cui all'art. 9 della legge n. 689 del 1981, data l'identità dell'illecito previsto da quest'ultima disposizione e di quello previsto dall'articolo 10, comma 2, della legge n. 447 del 1995, che è sanzionato solo in via amministrativa, residuando un circoscritto ambito di applicazione della norma penale ai soli casi di violazione, nell'esercizio di professioni o mestieri rumorosi, di disposizioni o prescrizioni diverse da quelle disciplinanti i limiti di emissioni o immissioni sonore (ad esempio, orari consentiti, adozione di particolari accorgimenti e simili).

Cass. pen. n. 24018/2002

In tema di disturbo delle occupazioni e del riposo delle persone, l'ipotesi del mestiere di per sé stesso rumoroso va tenuta distinta da quella dell'uso, nel corso di qualsiasi attività, di mezzi rumorosi, giacché in quest'ultimo caso trova applicazione non il secondo, bensì il primo comma dell'art. 659 c.p., sempre che vi sia stato concreto disturbo al riposo e alle occupazioni delle persone. (Nel caso di specie si è ritenuto che configurasse il reato di cui al primo comma dell'articolo in questione l'uso continuato, per quindici ore al giorno, di «cannoncini spaventapasseri» nell'esercizio di attività agricola, di per sé non rumorosa).

Cass. pen. n. 27366/2001

Per la configurabilità del reato di cui all'art. 659 c.p. (disturbo delle occupazioni e del riposo delle persone) non è necessario che in concreto si siano lamentate più persone, atteso che è sufficiente che i rumori abbiano determinato una situazione tale, dal punto di vista oggettivo, da potere recare disturbo ad una pluralità di soggetti.

Cass. pen. n. 4400/2001

In tema di disturbo delle occupazioni o del riposo delle persone (art. 659 c.p.), perché sussista il reato non occorre che i rumori o le segnalazioni acustiche siano poste in essere per «petulanza, capriccio o altri biasimevoli motivi», in quanto tali requisiti sono estranei allo schema legale in esame e attengono al diverso reato delle molestie o disturbo alle persone, previsto dall'art. 660 c.p. (In applicazione di tale principio la Corte ha confermato, sul punto, la decisione del giudice di merito che aveva condannato l'imputata la quale, dovendo uscire da un'area di parcheggio ed essendo ostacolata nel suo movimento da un'altra automobile in sosta irregolare, aveva attivato, in modo reiterato e prolungato, il sistema di allarme di quest'ultimo veicolo).

Cass. pen. n. 4820/1999

L'elemento che differenzia le due autonome fattispecie configurate rispettivamente dal primo e dal secondo comma dell'art. 659 c.p. è rappresentato dalla fonte del rumore prodotto, giacché ove esso provenga dall'esercizio di una professione o di un mestiere rumorosi la condotta rientra nella previsione del secondo comma del citato articolo per il semplice fatto della esorbitanza rispetto alle disposizioni di legge o alle prescrizioni dell'autorità, presumendosi la turbativa della pubblica tranquillità. Qualora, invece, le vibrazioni sonore non siano causate dall'esercizio della attività lavorativa, ricorre l'ipotesi di cui al primo comma dell'art. 659 c.p., per la quale occorre che i rumori superino la normale tollerabilità ed investano un numero indeterminato di persone, disturbando le loro occupazioni o il riposo. (Fattispecie nella quale la S.C. ha ritenuto applicabile il primo comma dell'art. 659 c.p., in quanto le emissioni rumorose non erano state provocate dalla attività di una discoteca, bensì dal relativo impianto di condizionamento).

Cass. pen. n. 9728/1998

Nell'ipotesi prevista dall'art. 659, comma secondo, c.p. (esercizio di una attività rumorosa contro le disposizioni di legge) l'evento perturbante è presunto juris et de jure, sulla base del solo esercizio irregolare della professione o del mestiere rumoroso contro le disposizioni di legge o le prescrizioni dell'autorità, per cui non è richiesto, come nella diversa ipotesi del primo comma, la prova dell'idoneità del rumore a turbare la quiete pubblica.

Cass. pen. n. 1295/1998

In tema di disturbo delle occupazioni o del riposo delle persone, il reato punito dal secondo comma dell'art. 659 c.p., consistente nell'esercizio di attività rumorosa con superamento dei limiti di tollerabilità, è stato depenalizzato con la L. n. 447/1995. Invero, la norma di cui all'art. 10, secondo comma, della citata legge, si presenta, rispetto al secondo comma dell'art. 659 c.p., limitatamente alle prescrizioni dell'autorità concernenti la regolamentazione dei valori limite in tema di inquinamento acustico, come disposizione speciale che, ai sensi dell'art. 9 della L. n. 689/1981, in concorrenza con altra norma penale regolatrice del medesimo fatto, deve essere applicata a preferenza di quest'ultima. Tuttavia, le norme speciali introdotte con L. n. 447/1995, non hanno abrogato quella generale contenuta nell'art. 659, comma secondo, c.p., che conserva, comunque, un ambito di applicazione più ristretto, nel senso che rimane sottoposta alla sanzione penale prevista da quest'ultima disposizione ogni altra violazione, diversa da quella riguardante la regolamentazione dell'inquinamento acustico, posta in essere dagli esercenti una professione o un mestiere rumoroso contro le disposizioni della legge o dell'autorità.

Cass. pen. n. 2598/1998

I reati di disturbo delle occupazioni o del riposo delle persone, e di getto pericoloso di cose hanno di regola carattere istantaneo, e solo eventualmente permanente. La permanenza va ravvisata quando le illegittime emissioni siano connesse all'esercizio di attività economiche e legate al ciclo produttivo. (Fattispecie in materia di esercizio di un panificio).

Cass. pen. n. 1405/1998

Con l'approvazione della L. n. 447/1995 (legge quadro sull'inquinamento acustico) non è stata depenalizzata la contravvenzione prevista dall'art. 659, primo comma, c.p., relativa al disturbo delle occupazioni o del riposo delle persone mediante rumori o schiamazzi. La suddetta disposizione, infatti, è ben distinta rispetto a quella prevista dall'art. 10, secondo comma, della L. n. 447/1995, che punisce con sanzione amministrativa chiunque, nell'esercizio o nell'impiego di una sorgente sonora fissa o mobile, supera i valori di emissioni o di immissione fissati dalla legge, riguardando la prima gli effetti negativi della rumorosità, mentre la seconda prende in considerazione solo il superamento di una certa soglia di rumorosità. Inoltre, diverso è lo scopo delle due norme, mirando la prima a tutelare la tranquillità pubblica e, quindi, i diritti costituzionalmente garantiti come le occupazioni o il riposo delle persone, mentre la seconda prescinde dall'accertamento che sia stato arrecato un effettivo disturbo alle persone, essendo diretta unicamente a stabilire i limiti della rumorosità delle sorgenti sonore, oltre i quali deve ritenersi sussistente l'inquinamento acustico.

Cass. pen. n. 1372/1998

In tema di disturbo delle occupazioni o del riposo delle persone, è ravvisabile l'ipotesi di cui al primo comma dell'art. 659 c.p. ove le emissioni sonore, oltre l'ambito della normale tollerabilità, siano conseguenti all'esercizio di un'attività pur non di per se stessa rumorosa, ed anche se svolta nel rispetto di licenze ed autorizzazioni.

Cass. pen. n. 11113/1997

In tema di disturbo delle occupazioni o del riposo delle persone, la fattispecie prevista dal capoverso dell'art. 659 c.p. — esercizio di una professione o di un mestiere rumoroso contro le disposizioni della legge o le prescrizioni dell'Autorità — a differenza di quella prevista dal primo comma dello stesso articolo, deve intendersi depenalizzata in virtù del principio di specialità di cui all'art. 9 della L. 24 novembre 1981, n. 689, data la perfetta identità della situazione considerata dalla menzionata norma del codice penale e di quella di contenuto più ampio sanzionata solo in via amministrativa in forza dell'art. 10, comma secondo, L. 26 ottobre 1995, n. 447 (legge quadro sull'inquinamento acustico).

Cass. pen. n. 9172/1997

In tema di disturbo del riposo o delle occupazioni delle persone, la contravvenzione di cui al primo comma dell'art. 659 c.p. è ipotizzabile non solo quando nell'ambito di un'attività lavorativa siano prodotti rumori estranei o comunque esorbitanti dalla stessa, ma anche quando i rumori — inerenti all'attività — siano eliminabili col ricorso ad opportuni accorgimenti tecnici, elaborati dalla più progredita scienza. (La S.C., così qualificando il reato con l'affermare che per potersi configurare la contravvenzione di cui al secondo comma dell'art. 659 citato non è sufficiente l'esercizio di un mestiere rumoroso, essendo altresì richiesta la violazione di disposizioni di legge o di prescrizioni dell'Autorità, nella specie non ancora vigenti all'epoca della commissione del fatto, ha ritenuto indubbio che l'impianto dell'imputato fosse idoneo a disturbare il riposo delle persone e che a detta situazione di fatto potesse ovviarsi con opportuni ed adeguati accorgimenti).

Cass. pen. n. 8589/1997

La norma di cui all'art. 10 della legge 26 ottobre 1995, n. 447 (c.d. legge quadro sull'inquinamento acustico) non può considerarsi abrogatrice dell'art. 659, comma secondo, c.p., che conserva comunque un ambito di applicazione più ristretto, nel senso che rimane sottoposta alla sanzione penale prevista da quest'ultima disposizione ogni violazione, diversa da quella riguardante la regolamentazione dell'inquinamento acustico, posta in essere dagli esercenti una professione o un mestiere rumoroso contro le disposizioni della legge o dell'autorità (come quando, pur essendo rispettati i limiti di emissioni acustiche fissati dalla legge, l'attività si svolga in ora diversa da quella stabilita dai regolamenti vigenti in un determinato Comune).

Cass. pen. n. 4199/1997

Poiché l'art. 10, comma secondo, della legge n. 447 del 1995 (c.d. legge quadro sull'inquinamento acustico) punisce con sanzione amministrativa «chiunque, nell'esercizio o nell'impiego di una sorgente fissa o mobile di emissione sonore, supera i valori di emissione e di immissione di cui all'art. 2, comma primo, lett. e) e f), fissati in conformità al disposto dell'art. 3, comma primo, lett. a)», stabilendo un limite, oltre il quale l'inquinamento acustico è presunto, mentre l'art. 659, comma secondo, c.p., punisce «chi esercita una professione o un mestiere rumoroso contro le disposizioni della legge o le prescrizioni dell'autorità», data l'identità della situazione considerata dalla norma del codice penale e di quella sanzionata in via amministrativa (peraltro di contenuto più ampio, in quanto riferita a «chiunque», e non solo a chi eserciti professioni o mestieri per la loro natura fonti di rumore), la fattispecie prevista da quest'ultima disposizione è depenalizzata. (In motivazione, la S.C. ha precisato che non può considerarsi depenalizzata la contravvenzione prevista dal primo comma dello stesso art. 659, che, prendendo in considerazione non il dato oggettivo del superamento di una certa soglia di rumorosità, bensì gli effetti negativi di quest'ultima sulle occupazioni o sul riposo delle persone, ovvero sugli spettacoli, sui ritrovi o sui trattenimenti pubblici, descrive una condotta non assorbita dalla violazione amministrativa, a tutela di diritti costituzionalmente garantiti).

Cass. pen. n. 3908/1997

Le due ipotesi dell'art. 659 c.p. costituiscono distinti titoli di reato, con conseguente ammissibilità del concorso formale tra le due norme. In particolare, l'abuso previsto dal secondo comma è solo quello costituito da una violazione delle disposizioni della legge o delle prescrizioni dell'autorità che disciplinano l'esercizio della professione o del mestiere: un tipico esempio di abuso rientrante in questa previsione è costituito dallo svolgimento dell'attività rumorosa in orari diversi da quelli previsti dalla legge o dai regolamenti che disciplinano l'esercizio della specifica attività; invece l'abuso che si concretizza nella emissione di rumori eccedenti la normale tollerabilità ed idonei a disturbare le occupazioni o il riposo delle persone, rientra nella previsione del primo comma dell'art. 659 c.p., indipendentemente dalla fonte sonora dalla quale i rumori provengono, quindi anche nel caso in cui l'abuso si concretizzi in un uso smodato dei mezzi tipici di esercizio della professione o del mestiere rumoroso.

Cass. pen. n. 3000/1997

In materia di disturbo delle occupazioni o del riposo delle persone, la valutazione relativa all'accertamento in concreto del superamento dei limiti di tollerabilità deve essere effettuato con criteri oggettivi riferibili alla sensibilità media delle persone che vivono nell'ambiente ove i rumori vengono percepiti. Non vi è necessità, al riguardo, di ricorrere ad una perizia fonometrica, allorché il giudice, basandosi su altri elementi probatori acquisiti agli atti, si sia formato il convincimento, esplicitato con motivazione indenne da vizi logici, che tale superamento vi sia stato.

Ai fini della configurabilità del reato di cui all'art. 659 c.p., è necessario che i lamentati rumori abbiano una certa attitudine a propagarsi ed a costituire, quindi, per il superamento della normale tollerabilità, un disturbo per una potenziale pluralità di persone, ancorché poi non tutte siano state disturbate. (Fattispecie costituita dal latrato notturno di cani).

Cass. pen. n. 2646/1997

La disposizione di cui al secondo comma dell'art. 659 c.p. — che punisce colui il quale esercita una professione o un rumore rumoroso contro le disposizioni della legge o le prescrizioni dell'autorità — è norma imperfetta o in bianco, il cui precetto deve essere integrato da altre leggi, regolamenti o atti amministrativi che concorrono a determinare l'ambito della condotta penalmente rilevante. Tali norme integrative devono essere dirette a disciplinare e determinare specificamente le modalità spaziali e temporali dell'esercizio delle attività di lavoro rumoroso. A questo fine sono irrilevanti le disposizioni dettate ad altri scopi, la cui violazione configurerà, qualora ne ricorrano le condizioni, altri reati o infrazioni amministrative. (Nella fattispecie, all'imputato, titolare di una ditta esercente attività commerciale rumorosa, era stato contestato il reato di cui all'art. 659, comma secondo c.p. La Suprema Corte ha ritenuto corretta detta contestazione, escludendo l'applicabilità, alla concreta fattispecie, della legge 26 ottobre 1995, n. 447 relativa alla materia dell'inquinamento acustico).

Cass. pen. n. 2355/1997

L'art. 659 c.p. prevede la contravvenzione di disturbo delle occupazioni o del riposo delle persone. Il bene giuridico tutelato da tale norma si identifica con il turbamento della tranquillità pubblica o privata che per sua intrinseca natura permane anche in presenza di condotta che tende ad attaccarlo, non essendo passibile di distruzione: ne consegue che l'azione concretizzante gli elementi essenziali del reato in esame risulta punibile anche in presenza di altre condotte autonomamente violatrici della medesima norma ovvero di comportamenti, di tal genere, che, per avventura, non vengano perseguiti dai competenti organi. (Nella fattispecie l'imputato era stato condannato dal pretore perché ritenuto responsabile del reato di cui all'art. 659 c.p., per aver, intendendo in tal modo festeggiare l'esito di un avvenimento sportivo, disturbato il riposo delle persone, mediante uso ripetuto, in orario notturno, del clacson della propria autovettura. La Suprema Corte, in applicazione del principio di cui in massima, ha respinto il ricorso proposto avverso detta sentenza, disattendendo la tesi sostenuta dal ricorrente, secondo cui la condotta dell'imputato non sarebbe stata idonea a far sussistere il reato contestatogli dal momento che il bene giuridico tutelato dall'art. 659 c.p. era stato già ampiamente turbato dai precedenti schiamazzi e rumori, protrattisi per lungo tempo, cagionati dal corteo dei rumorosi tifosi).

Cass. pen. n. 5714/1996

Per la configurabilità della contravvenzione di disturbo delle occupazioni e del riposo delle persone (art. 659 c.p.) è necessario che i rumori, gli schiamazzi e le altre fonti sonore indicate nella norma superino la normale tollerabilità ed abbiano, anche in relazione alla loro intensità, l'attitudine a propagarsi ed a disturbare un numero indeterminato di persone, e ciò a prescindere dal fatto che, in concreto, alcune persone siano state effettivamente disturbate; invero, trattandosi di reato di pericolo, è sufficiente che la condotta dell'agente abbia l'attitudine a ledere il bene giuridico protetto dalla norma incriminatrice, ed è indifferente che la lesione del bene si sia in concreto verificata. Ne consegue che la contravvenzione non è configurabile nei casi in cui le emissioni rumorose non superino la normale tollerabilità ed in quelli in cui sia oggettivamente impossibile il disturbo di un numero indeterminato di persone, ma siano offesi solamente i soggetti che si trovano in un luogo contiguo a quello da cui provengono i rumori: in tale ultima ipotesi il fatto non assume invero rilievo penale, ma deve essere inquadrato nell'ambito dei rapporti di vicinato tra immobili confinanti, disciplinato dal codice civile.

Cass. pen. n. 4880/1996

Ai fini della sussistenza dell'elemento soggettivo nelle contravvenzioni di cui agli artt. 659 e 674 c.p., non è configurabile la colpa nei confronti di soggetto, titolare di stabilimento industriale, che abbia adottato, anche con notevole anticipo rispetto alle ditte concorrenti e con considerevole dispendio di risorse in termini economici, tecnologie di intervento altamente qualificate per prevenire le immissioni.

Cass. pen. n. 2389/1995

Il reato di disturbo della quiete pubblica mediante l'esercizio di professioni o mestieri rumorosi previsto dal comma 2 dell'art. 659 c.p. è di natura permanente, per cui la condanna inflitta per tale reato limita la sua efficacia ai fatti commessi fino al momento della condanna stessa e non a quelli che si sono prodotti successivamente, riguardo ai quali, quindi, l'intervenuta decisione non costituisce preclusione di un nuovo giudizio in quanto non infrange il principio del ne bis in idem garantito dall'art. 649 c.p.p.

Cass. pen. n. 1370/1995

L'art. 659 c.p. prevede due distinte fattispecie, sicché se da un canto l'esercizio di mestieri rumorosi non è sanzionabile ai sensi del comma 2 della norma quando si svolga nel rispetto delle disposizioni di legge e delle prescrizioni dell'autorità, dall'altro l'uso di strumenti sonori eccedenti il normale esercizio è punibile ai sensi del comma 1, ove siano disturbate le occupazioni o il riposo delle persone. Pertanto, è punibile ai sensi del comma 1 della norma incriminatrice in questione colui che esercita una professione o un mestiere rumoroso facendo abuso di strumenti sonori, a nulla rilevando che l'autorità amministrativa non abbia disciplinato l'attività. (Fattispecie relativa all'esercizio di una discoteca «a carattere stagionale», che disturbava i villeggianti).

Cass. pen. n. 1076/1995

Poiché le armi giocattolo non espellono proiettili di alcuna specie, provocando soltanto il rumore conseguente all'esplosione delle cartucce a salve e una trascurabile emissione di gas e di fumo dovuti alla combustione della polvere pirica, l'uso improprio e molesto di simili congegni, che non siano stati alterati in guisa di trasformarli in armi vere o da farle apparire tali, può, pertanto, realizzare eventualmente soltanto l'ipotesi criminosa dell'art. 659 c.p., e non già quella prevista dall'art. 674 c.p. (Nella fattispecie, il Pretore aveva ritenuto che il fatto contestato di avere disturbato, mediante l'esplosione di alcuni colpi a salve in luogo pubblico, il riposo delle persone, potesse essere qualificato unicamente come violazione dell'art. 674 c.p., e non già dell'art. 659 c.p.).

Cass. pen. n. 1054/1995

In tema di disturbo delle occupazioni o del riposo, la valutazione del criterio della normale tollerabilità va effettuata con parametri riferibili alla media sensibilità delle persone che vivono nell'ambiente ove i rumori fastidiosi vengono percepiti, mentre è irrilevante l'eventuale assuefazione di altre persone, che abbiano giudicato non molesti i rumori stessi.

Cass. pen. n. 532/1995

L'art. 659 c.p. prevede due distinte ipotesi di reato contravvenzionale: il reato di cui al comma 1 — disturbo delle occupazioni e del riposo delle persone — richiede l'accertamento in concreto dell'avvenuto disturbo; mentre quello previsto dal comma 2 — esercizio di professione o mestiere rumoroso — prescinde dalla verificazione del disturbo, essendo tale evento presunto iuris et de iure ogni volta che l'esercizio del mestiere rumoroso si verifichi fuori dai limiti di tempo, di spazio e di modo imposti dalla legge, dai regolamenti o da altri provvedimenti adottati dalle competenti autorità.

Cass. pen. n. 136/1995

È configurabile il reato di cui all'art. 659, comma 2, c.p. (disturbo delle occupazioni o del riposo delle persone da parte di chi «esercita una professione o un mestiere rumoroso contro le disposizioni della legge o le prescrizioni dell'autorità»), in caso di esercizio di una attività — quale, nella specie, quella di discoteca — che produca superamento dei limiti massimi di esposizione al rumore stabiliti con D.P.C.M. 1 marzo 1991, emanato in attuazione dell'art. 2, comma 14, della L. 8 luglio 1986, n. 349, dovendosi il detto decreto considerare come atto di normazione secondaria avente forza di legge e trovando esso diretta applicazione, indipendentemente dall'esistenza o meno di specifiche prescrizioni da parte dell'autorità comunale, anche con riguardo ad attività produttive di tipo industriale o artigianale.

Cass. pen. n. 9461/1994

Ai fini della sussistenza della contravvenzione di cui all'art. 659, comma 1, c.p., per stabilire se l'uso di uno strumento sonoro superi il limite della normale tollerabilità, disturbando il riposo o le occupazioni di un numero indeterminato di persone o anche solo la più ristretta tranquillità privata di un numero limitato di persone, occorre procedere ad un rigoroso accertamento tecnico, con la valutazione globale delle circostanze che accompagnano le irradiazioni acustiche nella specifica situazione di tempo e di luogo, non essendo sufficiente l'apprezzamento delle sensazioni e delle reazioni prodotte in alcuni soggetti, escussi come testi. (Fattispecie relativa ad orologio di torre campanaria di una chiesa parrocchiale, con rintocchi ogni quarto d'ora).

Cass. pen. n. 7482/1994

La contravvenzione prevista nel capoverso dell'art. 659 c.p. ha carattere speciale rispetto a quella contemplata nel comma 1 dello stesso articolo, ed è caratterizzata dalla relazione, posta dal legislatore, tra l'esercizio di una professione o di un mestiere rumoroso e le disposizioni di legge o le prescrizioni dell'autorità; il potere punitivo dello Stato, quindi, interviene tutte le volte in cui il giudice accerti che la professione o il mestiere rumorosi siano stati esercitati in contrasto con le leggi o le disposizioni impartite, in mancanza delle quali il giudice non può dare inizio all'azione penale mancando i presupposti di legittimità.

Cass. pen. n. 7188/1994

Le due ipotesi dell'art. 659 c.p. costituiscono distinti titoli di reato, essendo rinvenibile, la prima, nel fatto di arrecare disturbo al riposo ed alle occupazioni delle persone e, la seconda, in quello dell'esercizio di un mestiere rumoroso contro le disposizioni di legge o dell'autorità, con la conseguente presunzione iuris et de iure del disturbo solo se connesso all'irregolare esercizio del mestiere e, pertanto, dell'ammissibilità di un loro concorso. Tuttavia è ravvisabile l'ipotesi di cui al primo comma dell'art. 659 citato ove le emissioni sonore oltre l'ambito della normale tollerabilità siano conseguenti ad un abuso della utilizzazione dei mezzi di esercizio del mestiere di per sè rumoroso, con l'effusione aggiuntiva di rumori non strettamente connessi all'esercizio dell'attività — nella specie abnorme propagazione di strepiti, schiamazzi, rumori di cucina, «chiamate» —, aggiuntivi alla necessaria diffusione, nei locali del canto e della musica connessa alla gestione di un «piano bar».

Cass. pen. n. 6202/1994

Ai fini della realizzazione del reato contravvenzionale di cui all'art. 659, primo comma, c.p. (disturbo delle occupazioni o del riposo delle persone) sono sufficienti emissioni sonore riferibili al comportamento di un soggetto, identificabili in schiamazzi, abuso di mezzi acustici e strepiti di animali, che superino il limite della normale tollerabilità concretamente apprezzabile in relazione all'ambiente ed all'ora, percepibili da un numero indeterminato di persone: a nulla rileva che solo una di esse o anche una sola siano state concretamente disturbate, in quanto, vertendosi in tema di reato di pericolo, per la realizzazione del medesimo non è richiesto che si verifichi l'evento.

Cass. pen. n. 1329/1994

Il reato di cui all'art. 659 c.p. (disturbo delle occupazioni o del riposo delle persone) può essere realizzato — per quel che concerne l'ipotesi prevista dal primo comma — anche nello svolgimento di attività legittima sotto il profilo amministrativo, in quanto per la sua sussistenza, contrariamente all'ipotesi prevista dal secondo comma di detto articolo che specificamente sanziona la condotta di chi esercita un mestiere rumoroso in violazione delle specifiche norme dettate in materia dalla competente autorità amministrativa, si prescinde totalmente da ogni autorizzazione o legittimità d'operato, valutandosi soltanto il disturbo arrecato ai terzi mediante la condotta descritta dalla norma (abuso di strumenti sonori o segnalazioni acustiche, ovvero cagionamento o non impedimento di strepiti di animali).

Cass. pen. n. 3823/1994

Quello contemplato dall'art. 659, primo comma, c.p., è un reato di pericolo per la cui configurabilità è necessario accertare che gli schiamazzi e i rumori, in quanto travalicanti, per la loro entità oggettiva, i limiti della normale tollerabilità, siano potenzialmente idonei a disturbare il riposo e le occupazioni di un numero indeterminato di persone. Allorché il giudice di merito riscontri tale situazione, è poi del tutto indifferente che una o più persone abbiano effettivamente avvertito il disturbo, avendosi comunque una lesione del bene giuridico tutelato dalla norma, e cioè dell'ordine pubblico inteso come tranquillità pubblica. Per converso, quando la predetta situazione di fatto non ricorra, le lamentele di una o più persone non sono sufficienti a integrare la materialità del reato in argomento.

Cass. pen. n. 3764/1994

L'ipotesi criminosa di cui al comma 2 dell'art. 659 c.p. — del tutto autonoma rispetto a quella del comma 1 — si realizza quando il disturbo al riposo o alle occupazioni delle persone consegue all'esercizio di un mestiere rumoroso di per sè e risultino violate le disposizioni della legge o le prescrizioni dell'autorità che la disciplinano. Da tale ipotesi va concettualmente distinta quella — sostanzialmente diversa — del mestiere di per sè non rumoroso che comporti, però, in modo continuativo o saltuario, l'impiego di mezzi rumorosi: in tal caso, quando in concreto vi sia una lesione del bene giuridico tutelato trova applicazione non il secondo, bensì il comma 1, della norma in esame. (Fattispecie in tema di impiego, in ore anche notturne, di «cannoni antipassero» a protezione di frutteti).

Cass. pen. n. 3261/1994

Ricorrono gli estremi della contravvenzione di cui all'art. 659 c.p. (disturbo delle occupazioni o del riposo delle persone) ogni qualvolta si verifichi un concreto pericolo di disturbo, che superi i limiti di normale tollerabilità, la cui valutazione deve essere effettuata con criteri oggettivi riferibili alla media sensibilità delle persone che vivono nell'ambiente ove suoni e rumori vengono percepiti. Ne consegue che non vi è necessità di ricorrere ad una perizia fonometrica per accertare l'intensità del suono, allorché il giudice, basandosi su altri elementi probatori acquisiti agli atti, si sia formato il convincimento — esplicitato con motivazione indenne da vizi logici — che per le sue modalità di uso la fonte sonora emetta suoni fastidiosi di intensità tale da superare i limiti di normale tollerabilità. (Nella fattispecie è stato rigettato il ricorso di un parroco, condannato per aver fatto funzionare il suono delle campane della chiesa, azionato da orologio elettrico, di giorno e di notte ogni quarto d'ora, con rumori eccedenti i limiti di tolleranza acustica e conseguente disturbo al riposo e alle occupazioni delle persone).

Cass. pen. n. 1730/1994

Ai fini dell'elemento psicologico del reato di cui all'art. 659 c.p. (disturbo delle occupazioni e del riposo delle persone), non occorre l'intenzione dell'agente di arrecare disturbo alla quiete pubblica, essendo sufficiente la volontarietà della condotta desunta da obiettive circostanze. (Fattispecie relativa alla detenzione presso l'abitazione di numerosi cani di grossa taglia e di pappagalli, che producevano latrati, guaiti e strepiti in ogni ora del giorno e della notte).

Cass. pen. n. 1700/1994

Per integrare il reato previsto dall'art. 659 c.p. (disturbo delle occupazioni o del riposo delle persone) non è sufficiente che rumori prodotti all'interno di un appartamento si propaghino in quelli vicini, ma è necessario che tali rumori siano di tale intensità da disturbare le occupazioni o il riposo delle persone. (Nella specie, relativa ad annullamento senza rinvio di sentenza di condanna perché il fatto non sussiste, risultava che dall'appartamento — sottostante — «della parte lesa si sentivano rumori di gioco di pallone e di qualche sedia che cadeva davanti ai bambini»).

Cass. pen. n. 2486/1993

La contravvenzione di cui all'art. 659 c.p. (disturbo delle occupazioni o del riposo delle persone), è configurabile non solo quando (attesa la sua natura di reato di pericolo), la condotta posta in essere sia tale da poter disturbare un numero indeterminato di persone e purtuttavia una sola di queste si sia, in concreto, lamentata, ma anche quando sia leso semplicemente l'interesse di una singola persona, atteso che, pur avendo la norma specificamente ad oggetto la tutela dell'ordine pubblico, tale tutela ben può estendersi anche alla tranquillità del privato, dal momento che la violazione di questa ultima non può avere riflessi negativi sulla tranquillità pubblica.

Cass. pen. n. 9854/1993

Il reato di disturbo delle occupazioni o del riposo delle persone è reato di pericolo e per la sua sussistenza non è necessaria la prova che il disturbo investe un indeterminato numero di persone, essendo sufficiente una condotta tale da poter determinare quell'effetto. Una volta individuata la potenzialità diffusiva del disturbo, poi, la contravvenzione ricorre anche quando esso sia arrecato ad un numero circoscritto e limitato di persone o addirittura ad una singola persona.

Cass. pen. n. 8700/1993

In tema di disturbo delle occupazioni e del riposo delle persone, non è ipotizzabile una catalogazione delle professioni o dei mestieri in base all'elemento della rumorosità, dovendo ritenersi professioni o mestieri rumorosi quelli che, comunque ed in concreto, si svolgono provocando rumori. Ne consegue che qualsiasi attività lavorativa che provochi rumori impone a chi la esercita la osservanza delle disposizioni della legge o delle prescrizioni dell'autorità.

L'illiceità penale della condotta di chi, esercitando una professione o un mestiere, provochi effetti rumorosi, può essere affermata solo se l'esercizio dell'attività si verifica fuori dei limiti modali, spaziali e temporali imposti dalla legge o da altro provvedimento. Ove difettino norme integratrici dell'art. 659, secondo comma, c.p., invero, l'esercizio di qualsiasi mestiere rumoroso deve considerarsi legittimo, fatta salva la tutela civile di chi dovesse ritenersi leso da rumori esorbitanti la normale tollerabilità.

Cass. pen. n. 7980/1993

Rettamente è ritenuto responsabile del reato di cui all'art. 659 c.p., per i continui schiamazzi e rumori provocati, con disturbo delle persone, dagli avventori di un bar, il gestore del medesimo. Infatti la qualità di titolare della gestione dell'esercizio pubblico comporta anche l'assunzione dell'obbligo giuridico di controllare che la frequenza del locale da parte degli utenti non sfoci in condotte contrastanti con le norme concernenti la polizia di sicurezza, con possibile ricorso ai vari mezzi offerti dall'ordinamento (attuazione dello ius excludendi, ricorso all'autorità, ecc.) per impedirne l'attuazione e la prosecuzione.

Cass. pen. n. 6986/1993

Il non impedire gli strepitii di un merlo indiano esposto sulla pubblica via, esclusa al traffico, integra, per le caratteristiche dei suoni emessi dal volatile, il reato di cui all'art. 659 c.p.

Cass. pen. n. 6349/1993

Ai fini dell'applicazione del disposto dell'art. 659 c.p. occorre distinguere l'ipotesi del mestiere rumoroso per sé stesso da quella dell'uso, nel corso dell'esercizio di una qualsiasi attività, di mezzi rumorosi, e ciò perché se il mestiere non è, di per sé stesso, rumoroso, ma comporta soltanto l'uso di mezzi rumorosi, trova applicazione non il secondo bensì il primo comma, dell'art. 659 c.p., sempreché vi sia concreto disturbo al riposo e alle occupazioni delle persone. (Con riferimento al caso di specie la Cassazione ha escluso che tra le attività «necessariamente» rumorose non rientrano quelle agricole).

Cass. pen. n. 4140/1993

Il reato previsto dall'art. 659, comma primo, c.p. è un reato di pericolo. Pertanto, per la sua configurazione, non è necessaria la prova del reale disturbo provocato al riposo ed alle occupazioni delle persone, ma è necessario che gli schiamazzi o i rumori superino i limiti della normale tollerabilità e siano obiettivamente idonei a recare disturbo ad una pluralità indeterminata di persone.

Cass. pen. n. 712/1993

In tema di applicabilità dell'art. 659 c.p., deve escludersi che nella eventualità nella quale il disturbo delle occupazioni o del riposo delle persone sia conseguenza di attività rumorosa esercitata dalla stessa pubblica amministrazione, si versi in ipotesi di discrezionalità di questa e perciò in campo che sarebbe sottratto al sindacato del giudice ordinario. Ciò perché non viene in questione la valutazione dell'uso del potere discrezionale della amministrazione pubblica in relazione al pubblico interesse, trattandosi, invece, di accertare se la persona fisica che rappresenta l'organo, nell'esercitare il suo potere, anche se conformemente alle prescrizioni dell'amministrazione di appartenenza, abbia o meno improntato il suo comportamento alle prescrizioni dettate a protezione dell'interesse protetto dalla norma penale.

La disposizione dettata dal secondo comma, dell'art. 659, c.p., è una norma incompleta dovendo necessariamente integrarsi il precetto in essa contenuto con prescrizioni di leggi diverse o di provvedimenti amministrativi diretti a regolamentare le modalità di esercizio delle attività di lavoro rumorose, conseguendone che questo non sarà penalmente illecito nella assenza di tali dettami, non ponendosi in tale caso la condotta dell'agente in violazione a specifiche prescrizioni.

In materia di esercizio di professioni rumorose con il termine «professione» di cui al secondo comma, dell'art. 659, c.p., si è inteso indicare qualsiasi esplicazione di attività lavorativa individuale o di impresa collettiva non specificatamente manuale con esclusione di quella esercitata per mero diletto configurandosi in tale ultima eventualità, nel caso di disturbo provocato a causa di essa, la responsabilità ai sensi del primo comma, del medesimo articolo. Nell'evenienza, poi, che la attività sia della pubblica amministrazione, la persona fisica alla quale deve farsi risalire la responsabilità della regolamentazione dell'esercizio dell'attività rumorosa in contrasto con le disposizioni di legge o regolamento richiamate dal secondo comma, dello stesso articolo, diviene di fatto concorrente nell'esercizio professionale e quindi destinatario delle sanzioni che tendono a reprimere la condotta illecita ivi prevista.

Cass. pen. n. 319/1993

Ai fini della configurabilità del reato di cui all'art. 659, comma secondo, c.p. la rumorosità non va valutata in astratto, sulla base di specifiche disposizioni di legge, bensì in concreto, tanto che qualsiasi attività lavorativa può essere qualificata «mestiere rumoroso» allorquando, per le modalità di esecuzione e per i mezzi di cui si avvale, sia produttiva di rumori fastidiosi che superino la normale tollerabilità, a nulla rilevando che tale attività sia o meno contemplata come mestiere rumoroso dalla autorità amministrativa. Da ciò discende la irrilevanza della origine e della natura del rumore prodotto, che può derivare dalle caratteristiche proprie della attività esercitata, o dalle specifiche apparecchiature occorrenti all'esercizio normale del ciclo lavorativo, ovvero anche da una singola apparecchiatura o da un solo apparato pure non indispensabile, il cui uso sia però ritenuto utile ai fini di assicurare il ciclo della lavorazione come da orientamento di questa Corte. (Fattispecie relativa all'esercizio di locale di ballo).

Cass. pen. n. 2908/1992

Ai fini della configurabilità del reato di cui all'art. 659 comma secondo c.p., la rumorosità non va valutata in astratto, bensì in concreto, tanto che qualsiasi attività lavorativa può essere qualificata mestiere rumoroso allorquando, per le modalità di esecuzione e per i mezzi di cui si avvale, sia produttiva di rumori fastidiosi che superino la normale tollerabilità, a nulla rilevando né l'origine e la natura del rumore, né che l'attività espletata sia, o non, contemplata come mestiere rumoroso dall'Autorità amministrativa.

Cass. pen. n. 7954/1992

Una volta accertati, da un lato, la natura obiettivamente rumorosa di una determinata attività lavorativa e, dall'altra, la inosservanza delle prescrizioni che ne regolano l'esercizio, è irrilevante, ai fini della configurabilità del reato di cui all'art. 659 comma secondo c.p., l'indagine circa l'intensità e la tollerabilità o meno, in concreto, dei rumori. (Nella specie, in applicazione del suddetto principio, è stata affermata la sussistenza del reato con riguardo all'esercizio, in ora non consentita, di un frantoio oleario funzionante con motore elettrico che muoveva la macina e il nastro trasportatore).

Cass. pen. n. 6928/1992

Tra le due distinte ipotesi contravvenzionali previste dall'art. 659 c.p. è ammissibile il concorso; tuttavia perché l'esercizio di una professione o di un mestiere, rumoroso per sé stesso, possa configurare il reato di disturbo arrecato con mezzi non aventi riferimento all'esercizio di professioni o mestieri, deve essere realizzato con abuso dell'agente. Solo l'abuso, e cioè l'aggiunta di rumori che siano eccedenti quelli che sono propri dell'ordinario esercizio della professione o del mestiere, è punibile a norma della prima parte del suddetto art. 659 c.p., ma non il disturbo causato dall'esercizio di un'attività atta di per sé a disturbare, perché questa è illegittima solo in quanto esercitata contro le disposizioni di legge o le prescrizioni amministrative.

L'art. 659 c.p. prevede due ipotesi che costituiscono distinti titoli di reato: la prima è costituita dal fatto di disturbare le occupazioni o il riposo delle persone; l'altra consiste nell'esercitare una professione o un mestiere rumoroso contro le disposizioni della legge o dell'autorità. In quest'ultima ipotesi l'evento perturbante è presunto iuris et de iure, sulla base del solo esercizio irregolare della professione o del mestiere per sé stesso rumoroso, e cioè in quanto attuata contro le disposizioni di legge o le prescrizioni dell'autorità, sicché se non esistono nel caso concreto norme giuridiche o legittimi atti amministrativi che disciplinano l'esercizio di una determinata professione o di un determinato mestiere rumoroso, la produzione di rumori per la necessità di tale professione o mestiere non è punibile, pur se ne derivi disturbo alla quiete pubblica.

Cass. pen. n. 6211/1992

L'art. 6 del regolamento della L. 25 marzo 1985, n. 106, emanato con D.P.R. 1 agosto 1988, n. 404, vieta anche il sorvolo con deltaplano di agglomerati di case. Tale divieto è relativo alla circolazione aerea di deltaplani e pertanto la sua inosservanza, sanzionata amministrativamente, non esclude il concorso con il reato contravvenzionale di cui all'art. 659 c.p. attesa la diversità dei beni giuridici tutelati (in particolare la quiete pubblica nella contravvenzione).

Cass. pen. n. 300/1992

Il crinale che separa le due autonome fattispecie criminose configurate nell'art. 659 c.p. è costituito dalla fonte, o tipo, del rumore prodotto, poiché, ove esso provenga dall'esercizio di una professione o mestiere rumoroso, ossia quando le vibrazioni acustiche siano connaturate all'esercizio di una attività lavorativa in genere, la condotta di chi le produce deve essere ricondotta nell'ambito dell'art. 659 comma secondo c.p. per il semplice fatto della esorbitanza rispetto alle disposizioni di legge o di prescrizioni della autorità, a prescindere dall'intensità del rumore e dalla generalità, o meno, delle persone che ne vengono investite, perché la violazione dei limiti imposti da quei provvedimenti normativi postula una presunzione di turbativa della pubblica tranquillità che va ritenuta iuris et de iure per il semplice fatto della violazione delle disposizioni. Qualora, invece, le vibrazioni sonore non siano causate dall'esercizio dell'attività lavorativa ma siano ad essa estranee, ricorre allora l'ipotesi di cui al primo comma dell'art. 659 c.p. per la quale necessita che i rumori, gli schiamazzi, l'abuso di strumenti o di segnalazioni, il suscitare o non impedire gli strepiti di animali, investano la generalità delle persone e superino la normale tollerabilità in modo da disturbare le occupazioni od il riposo delle persone.

La disposizione di cui al secondo comma dell'art. 659 c.p. integra una norma penale in bianco e quindi il precetto, dalla cui violazione discende la sanzione, non è ivi completamente specificato, richiedendosi la sua integrazione mediante un atto normativo al quale la stessa norma penale in bianco fa espresso rinvio. Pertanto, ai fini della configurabilità di questa contravvenzione, quando non sussiste altra norma primaria che regoli quell'attività lavorativa, il comune deve emanare, in attuazione dell'art. 66 R.D. 18 giugno 1931, n. 773, un regolamento od un'ordinanza che fissi l'orario di lavoro, i limiti di tolleranza acustica, per l'esercizio di professioni o mestieri che siano da ritenere, ancorché saltuariamente, rumorosi. Da ciò consegue che ove si sia arrecato, attraverso l'esercizio di professione o mestiere, disturbo alle occupazioni od al riposo di altre persone, ma senza violare alcuna disposizione, non può essere ravvisata la violazione né del primo né del secondo comma dell'art. 659 c.p.

Cass. pen. n. 2530/1990

L'ignoranza della legge penale, considerata con riguardo al nuovo testo dell'art. 5, c.p., come risulta formulato a seguito della decisione della Corte costituzionale del 24 marzo 1988, n. 364, non può essere invocata da chi, professionalmente inserito in un determinato campo di attività, non si informi sullo stato delle norme che disciplinano il campo stesso e che possono agevolmente essere acquisite alla conoscenza del soggetto. (Nella specie è stata esclusa l'applicabilità dell'esimente nei confronti di imputato, chiamato a rispondere del reato di cui all'art. 659 c.p. per avere eseguito quale operaio attività rumorose, con uso di martello pneumatico, contro le prescrizioni della vigente ordinanza sindacale, il quale aveva preteso di essere assolto per errore o ignoranza scusabile in quanto la qualità di dipendente non gli imponeva di rendersi edotto delle prescrizioni delle autorità in materia).

Cass. pen. n. 13035/1989

In tema di disturbo delle occupazioni o del riposo delle persone, il concetto di rumore ha un valore naturalistico e non giuridico: non possono, insomma, considerarsi rumorosi un atto ovvero un'azione soltanto perché producono vibrazioni sonore, senza accertare, in ogni caso, se la frequenza o la potenza delle vibrazioni abbiano superato la soglia delle normale sopportabilità. (Nella specie la corte, dopo aver premesso che anche il rumore prodotto da un autobus può essere eccessivo ed integrare la contravvenzione de qua, ha annullato la decisione dei giudici di merito, ritenendo che sia indispensabile accertare il grado di rumorosità del veicolo al fine di stabilire se il livello sonoro non rientri nell'ambito dei rumori molesti connessi con la circolazione stradale vietati dall'art. 112 ovvero, addirittura, annoverabile nel tollerato contesto del traffico stradale).

Cass. pen. n. 7386/1989

La norma incriminatrice ex art. 659, secondo comma, c.p. è norma incompleta od imperfetta, in quanto il precetto in essa contenuto, non è pienamente formulato ed ha bisogno di integrazione con il richiamo a disposizioni di altre leggi o di provvedimenti amministrativi che debbono essere specificamente diretti a disciplinare e determinare le modalità dell'esercizio dell'attività di lavoro rumoroso. In mancanza di siffatte norme integratrici, l'esercizio di un qualsiasi mestiere rumoroso, anche in ossequio al diritto alla libertà di lavoro, deve considerarsi legittimo, fatta salva, comunque, la tutela in sede civile in favore dei vicini che si ritenessero lesi da rumori, scotimenti od immissioni, esorbitanti la normale tollerabilità. (Fattispecie in cui è stato ritenuto non pertinente il richiamo, contenuto nella sentenza del pretore, al diritto del cittadino al pieno sviluppo della propria personalità ed alla salvaguardia della propria salute ex artt. 3 e 32 Cost., e ritenuta, viceversa, che l'eventuale lesione dei diritti soggettivi o interessi legittimi possano essere tutelati attraverso il ricorso alla giustizia civile ovvero, contro l'inerzia della P.A. all'emanazione di idonei provvedimenti, al giudice amministrativo).

Cass. pen. n. 3926/1989

Per la sussistenza della contravvenzione di cui all'art. 659 comma secondo, c.p. (disturbo delle occupazioni o del riposo delle persone), occorre che esista uno specifico precetto contenuto in una legge ordinaria o in un regolamento o in un'ordinanza amministrativa prescriventi le modalità per l'esercizio delle attività di lavoro particolarmente rumoroso, per cui, in mancanza di tale precetto, l'esercizio dell'attività lavorativa rumorosa deve ritenersi legittimo.

Cass. pen. n. 8694/1988

L'esistenza di un'autorizzazione amministrativa a svolgere un'attività rumorosa non crea, a favore del beneficiario, un diritto oggettivo perfetto, perché l'esercizio dell'attività autorizzata deve pur sempre esplicarsi nell'ambito delle leggi e delle prescrizioni a tutela della quiete, le quali vietano di arrecare disturbo al riposo delle persone.

Cass. pen. n. 9862/1987

L'oggetto giuridico del reato previsto dall'art. 659 c.p. è, oltre alla pubblica tranquillità la quiete privata da ricomprendere anch'essa nel concetto di ordine pubblico. Conseguentemente il ridotto ambito delle molestie non esclude la configurabilità del reato, potendo la contravvenzione ravvisarsi anche nel caso in cui rimanga leso l'interesse di una singola persona.

Cass. pen. n. 9811/1987

La previsione normativa del cpv. dell'art. 659 c.p., pur lasciando libero l'esercizio di attività lavorative che producono rumori, colpisce quelle che ne emettano in misura superiore a quella consentita da specifiche disposizioni di legge o da prescrizioni dell'autorità. Il superamento dei limiti così fissati postula una presunzione di turbativa della pubblica tranquillità, che va ritenuta iuris et de iure, per il semplice fatto della violazione delle prescrizioni di legge o della autorità amministrativa, sicché diviene superfluo qualsiasi esame circa l'effettività del disturbo del singolo o della collettività.

Cass. pen. n. 13248/1986

Quando i rumori non sono connaturali all'attività lavorativa, ma intenzionalmente eccessivi, estranei o comunque esorbitanti da tale attività, ricorre l'ipotesi di cui al primo comma dell'art. 659 c.p., anziché quella prevista dal capoverso.

Cass. pen. n. 10238/1986

La norma, di cui all'art. 659 c.p., ha inteso punire l'abuso di strumenti sonori allorché essi vengano adoperati per petulanza, capriccio ed altro biasimevole motivo, purché ci sia la semplice volontarietà del fatto, a nulla rilevando l'esistenza o meno di un dolo, tanto meno specifico. Infatti, l'abuso, quando sussistente, viene colpito a prescindere dal motivo che lo abbia ispirato, mirandosi a salvaguardare l'interesse della collettività alle occupazioni, al riposo, allo svago, quale prioritario rispetto all'incivile eccesso propagativo di suoni e rumori da parte del singolo cui pure vengono consentite emissioni acustiche, ma nei limiti di una tollerabilità rapportata alla media sensibilità dell'ambito sociale che le percepisce.

Cass. pen. n. 9726/1986

Ai fini della configurabilità del reato di cui all'art. 659 c.p. la potenzialità lesiva dei rumori non deve incidere su di un numero rilevante di persone, ma è sufficiente che arrechi disturbo alla generalità di coloro che sono o si trovano a diretto contatto con il luogo ove i rumori si verificano, come gli occupanti di tutto un condominio o di parte notevole dello stesso.

Cass. pen. n. 8177/1986

In tema di violazione dell'art. 659, secondo comma, c.p., la legge, l'ordinanza od altro provvedimento amministrativo, che integrano la norma incompleta ed imperfetta e concorrono a determinare l'ambito della condotta penalmente rilevante, debbono essere dirette a disciplinare e determinare specificamente le modalità, spaziali o temporali, dell'esercizio dell'attività di lavoro rumoroso. A tale fine sono irrilevanti le disposizioni dettate ad altri scopi — urbanistici o simili — la cui violazione configurerà, qualora ne ricorrano le condizioni, altri reati od infrazioni amministrative ma non il reato in esame.

Cass. pen. n. 6180/1986

Il reato di cui all'art. 659, secondo comma, c.p. postula la esistenza di uno specifico precetto, contenuto in una legge ordinaria, in un regolamento di polizia o in una ordinanza amministrativa emanata dagli organi competenti in conformità al vigente ordinamento giuridico. Ne consegue che in mancanza di specifiche prescrizioni dettate da simili atti normativi non è punibile per violazione della norma in esame colui che abbia esercitato un'attività (come quella attinente ad un laboratorio di falegnameria), che, in quanto rumorosa, arrechi disturbo alle occupazioni od al riposo delle persone.

Cass. pen. n. 5956/1986

Il reato di cui all'art. 659, secondo comma, c.p. (esercizio di professioni o mestieri rumorosi) deve essere considerato permanente, poiché l'azione o l'omissione può essere ininterrottamente continuativa, con possibilità del soggetto di farla cessare. (Nella specie, relativa a rigetto di ricorso, l'imputato titolare di officina meccanica, aveva dedotto che, trattandosi, di reato istantaneo egli non poteva essere punito per un fatto che, al momento in cui fu commesso, non costituiva reato, essendo il mestiere in argomento, poi disciplinato dalle disposizioni del Regolamento di polizia urbana, rumoroso fin da quando la zona era esclusivamente destinata ad attività industriale e priva di abitazioni. La Suprema Corte, invece, affermata la natura permanente del reato, ha ritenuto irrilevante la liceità del precedente comportamento una volta assoggettata a tutela la zona interessata da parte della pubblica autorità).

Cass. pen. n. 4920/1986

La figura di reato di cui al secondo comma dell'art. 659 c.p. (disturbo delle occupazioni o del riposo delle persone) si completa nell'art. 66 T.U. leggi P.S., secondo cui l'esercizio di professioni o mestieri rumorosi deve essere sospeso nelle ore determinate dai regolamenti locali o dalle ordinanze del sindaco. Ne deriva che per la sussistenza del reato occorre che siano fissate le modalità spaziali e temporali in cui sia vietato l'esercizio dell'attività rumorosa. (Nella specie, relativa a rigetto di ricorso, il ricorrente, esercente un cantiere navale, aveva sostenuto che il provvedimento amministrativo necessario per completare e perfezionare la norma penale, di cui all'art. 659, secondo comma, avrebbe dovuto essere non «una mera previsione regolamentare, ma un provvedimento amministrativo ad hoc, mancante nella specie». La Suprema Corte ha, invece, ritenuto la possibilità di inquadramento dell'attività in una norma del regolamento di polizia municipale).

Cass. pen. n. 11085/1985

L'esercizio di un'attività professionale rumorosa senza la necessaria licenza dell'autorità comunale, ma osservando tutte le prescrizioni sostanziali imposte a riguardo da detta autorità, costituisce violazione del regolamento comunale e non già dell'art. 659, capoverso, c.p. (Nella specie, nel lanificio erano stati trovati in esercizio 10 telai in più rispetto a quelli per cui era stata concessa licenza a suo tempo, che successivamente fu concessa anche per questo).

Cass. pen. n. 11084/1985

L'esercizio di una attività professionale rumorosa in un edificio sorto in una zona di terreno destinata dagli strumenti urbanistici locali ad uso agricolo costituisce violazione della disciplina edilizia e non già il reato di cui all'art. 659, capoverso, c.p.

Cass. pen. n. 10831/1983

Una volta accertata l'esistenza di prescrizioni e regolamenti dell'autorità stabilenti, fra l'altro, la sospensione, in determinate ore, dell'esercizio di professioni e mestieri rumorosi, fra cui rientrano le attività lavorative organizzate in forma industriale, è irrilevante l'indagine circa l'intensità e la tollerabilità dei rumori. (Fattispecie in cui avendo l'autorità amministrativa emanato specifiche disposizioni regolanti l'attività rumorosa di una centrale del latte, è stata ritenuta superflua la detta indagine).

Cass. pen. n. 11490/1980

Per la sussistenza dell'elemento psicologico nel reato di cui all'art. 659 c.p. è sufficiente la volontarietà della condotta e non occorre l'intenzione dell'agente di recare disturbo alla quiete pubblica.

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Consulenze legali
relative all'articolo 659 Codice Penale

Seguono tutti i quesiti posti dagli utenti del sito che hanno ricevuto una risposta da parte della redazione giuridica di Brocardi.it usufruendo del servizio di consulenza legale. Si precisa che l'elenco non è completo, poiché non risultano pubblicati i pareri legali resi a tutti quei clienti che, per varie ragioni, hanno espressamente richiesto la riservatezza.

V. A. C. chiede
mercoledì 20/09/2023
“Per schiamazzi continui (alcune ore) provenienti da un'area giochi pubblica non recintata e sprovvista di qualsiasi cartello richiamante le norme del regolamento comunale, posso procedere con una denuncia penale secondo l'articolo 659 nei confronti dell'amministrazione comunale.”
Consulenza legale i 25/09/2023
La risposta è negativa, almeno in parte.

Innanzitutto va detto che l’applicazione dell’art. 659 c.p. è davvero residuale.
La giurisprudenza di legittimità che si è pronunciata in merito ha affermato che il reato in parola sussiste solo laddove gli schiamazzi siano effettivamente insopportabili, arrivando al punto tale da determinare una situazione di pericolo assoluto per la tranquillità dei consociati.

Ciò detto, ammesso e non concesso che vi sia una situazione simile, la responsabilità di tale condotta resta comunque di chi commette tali atti e non già dell’amministrazione comunale, che non ha obblighi di controllo tali da essere in grado di determinare una responsabilità omissiva di tipo penale.

Ciò almeno allorché di discuta di schiamazzi di bambini in un parco giochi, che molto difficilmente possono raggiungere quel livello di emergenza sensibile ai fini dell’art. 659 c.p.


GIORGIO D. M. chiede
domenica 27/01/2019 - Lazio
“Gentili signori,

accedo al mio condominio attraverso un passaggio privato; una pensilina con ai lati due scale, sotto alla pensilina, nello scantinato dell'edificio, un supermercato. Poiché da tempo il passaggio è soggetto ad un transito indiscriminato e crea problemi non solo di carattere sonoro (di notte le scale sono frequentate da ragazzi che schiamazzano e disturbano il sonno e il riposo dei condomini) ma anche alla sicurezza, è stato deciso di bloccare gli ingressi delle scale con due sbarre con applicato un cartello del tipo "Proprietà privata-Passaggio riservato ai soli residenti", o simile.
Bloccando il passaggio con la sbarra si rientra nella fattispecie giuridica per cui l'estraneo che sorpassa la sbarra commette reato e quindi si può chiedere l'intervento della P.S., o altra forza dell'ordine. A tale riguardo chiedo se la sbarra deve occupare il gradino per tutta la sua lunghezza o è possibile lasciare una parte libera per il transito pedonale dei residenti senza usare telecomandi, chiavi, sbarra girevole,ecc., e se in questo caso si rientra nella fattispecie del reato. L'alternativa potrebbe essere una sbarra in parte fissa e in parte girevole, come quella, ad esempio, di accesso al supermercato. Ringrazio per la cortesia e la collaborazione . Distinti saluti.”
Consulenza legale i 30/01/2019
Va prima di tutto chiarito se oltrepassare le sbarre che limitano l’accesso alle scale del condominio, in qualunque modo vengano installate, può costituire reato e, in caso, che tipo di reato.

La fattispecie che potrebbe rilevare è quella di cui all’art. 614 ovvero la violazione di domicilio. Stando infatti al testo dell’articolo predetto lo stesso si configura allorché un soggetto si introduca nell’abitazione e/o domicilio altrui con relative pertinenze.

Ora, che le scale di un condominio possano rientrare tra le “pertinenze” di un qualsiasi luogo di privata dimora è fatto dibattuto: nel tempo infatti si è registrato solo un precedente conforme in tal senso (una Cassazione del 1988). Prescindendo in ogni caso da tale dato (che comunque assume un certo rilievo atteso che rappresenta un elemento essenziale del reato), ancor più pregnante è la circostanza che il reato in questione deve essere sorretto dalla volontà dell’ “invasore” di introdursi nella proprietà altrui, cosa ben difficile da dimostrare nel caso di luoghi di passaggio tipo le scale condominiali, che danno potenzialmente accesso a una molteplicità di proprietà esclusive.

Sicuramente in caso di schiamazzi e disturbo della quiete dagli avventori del supermercato è possibile chiedere l’intervento delle forze dell’ordine, ma si tenga conto che va ben distinta la possibile violazione di domicilio dalla diversa fattispecie di cui all’art. 659 che punisce il disturbo delle occupazioni o del riposo delle persone.

Ritornando al quesito, e fermo restando quanto suesposto, è possibile concludere che le modalità tramite le quali piazzare la sbarra e la tipologia stessa di sbarra dipendono dalla volontà dei condomini e non c’è alcuna fattispecie di natura penale sulla base della quale regolare le modalità di installazione della sbarra e/o le modalità cui accedere alle scale.

C. O. chiede
domenica 20/02/2022 - Campania
“Buongiorno, vivo a XXX, nella frazione YYY. Tale frazione, una volta abitata prevalentemente da agricoltori, è caratterizzata dalla presenza di numerose case coloniche, con relative aie, recinzioni e cani da guardia. Con lo sviluppo urbanistico della zona sono sorte numerose altre abitazioni come la villa di cui ho in affitto il primo piano. Tale villetta si affaccia su una casa colonica il cui proprietario possiede 4 (quattro) cani di cui tre di grossa taglia, liberi di muoversi, notte e giorno, nell'aia antistante la sua casa , recintata. Il problema che vi sottopongo nasce, come potete immaginare, dall'abbaiare che tali cani producono sia di giorno che di notte. I miei infissi sono insonorizzati, e il problema d'inverno si pone relativamente, ma d'estate sono costretto di notte a dormire con gli infissi chiusi, stante il frastuono prodotto da tali cani. Per fortuna dispongo di climatizzatori, ma mi vedo costretto a sostenere spese energetiche che potrei anche evitare se vi fosse silenzio. Vi chiedo un parere su tale questione.”
Consulenza legale i 26/02/2022
Anche se diverse sentenze hanno affermato l’esistenza di un “diritto del cane ad abbaiare”, il problema del disagio creato dall’abbaio spesso continuo, magari in ore destinate al riposo, ha anch’esso rilevanza giuridica.
Da un punto di vista civilistico, la norma di riferimento è costituita dall’art. 844 c.c., che disciplina le cosiddette immissioni, cioè le “propagazioni” di fumo o di calore, le esalazioni, i rumori, gli scuotimenti e simili, provenienti dal fondo del vicino. In linea di massima le immissioni non possono essere impedite, a meno che superino il limite della normale tollerabilità.
Qualora ciò avvenga, il vicino che subisce tali immissioni potrà agire in giudizio per ottenere la loro cessazione; di regola, il superamento del limite della normale tollerabilità dovrà essere accertato per mezzo di una consulenza tecnica d’ufficio.
L’abbaiare molesto dei cani può rivestire, ricorrendo determinati presupposti, anche rilievo penale: può sussistere, infatti, la contravvenzione prevista dall’art. 659 c.p. (“disturbo delle occupazioni o del riposo delle persone”), purché la condotta sia idonea a disturbare un numero indeterminato di persone (non occorre, invece, la prova dell’effettivo disturbo, trattandosi di reato di pericolo presunto: Cass. Pen., Sez. III, 29/11/2018, n. 5800).