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Condizionatori dell'hotel troppo rumorosi: albergatore condannato

Condizionatori dell'hotel troppo rumorosi: albergatore condannato
Commette il reato di cui all'art. 659 cod. pen. l'albergatore che non pone rimedio al fatto che i condizionatori posti sul tetto del suo edificio producono rumori di intensità superiore ai limiti di legge.
E’ del 9 giugno 2017 un’interessante sentenza della Corte di Cassazione che affronta il problema relativo ai rumori provenienti dagli impianti di condizionamento (sentenza n. 28671 del 9 giugno 2017).

Nel caso esaminato dalla Cassazione, il Giudice per le Indagini Preliminari presso il Tribunale di Milano aveva condannato un imputato per il reato di “disturbo delle occupazioni e del riposo delle persone”, di cui all’art. 659 cod. pen., in quanto il medesimo, in qualità di proprietario di un albergo, aveva consentito che i condizionatori posti sul tetto dell’edificio e a servizio dell’albergo producessero rumori di intensità tale da superare i limiti di legge e da recare disturbo alle occupazioni e al riposo della popolazione residente nelle vicinanze.

Ritenendo la decisione ingiusta, l’albergatore aveva deciso di rivolgersi alla Corte di Cassazione, nella speranza di ottenere l’annullamento della sentenza sfavorevole.

Secondo il ricorrente, in particolare, il Tribunale avrebbe concluso nel senso della sussistenza del reato sulla base del mero superamento, rilevato dall’A.R.P.A. (Agenzia Regionale per la Protezione Ambientale) dei limiti di rumore previsti dal D.P.C.M. 14 novembre 1997, art. 4.

Ebbene, secondo il ricorrente, la condotta contestata non costituiva reato ma, al più, un semplice illecito amministrativo.

Osservava il ricorrente, inoltre, che il Giudice aveva pronunciato la condanna, nonostante non fosse stato dimostrato che le fonti sonore fossero idonee a disturbare un numero indeterminato di persone, come richiesto dalla fattispecie di cui all’art. 659 cod. pen.

Evidenziava il ricorrente, infatti, che le misurazioni eseguite dall’A.R.P.A. erano state effettuate da un unico appartamento, che si trovava proprio vicino alla fonte rumorosa.

La Corte di Cassazione, tuttavia, non riteneva di poter dar ragione al ricorrente, rigettando il relativo ricorso, in quanto infondato.

Nel caso di specie, infatti, era stato accertato, non solo che le fonti sonore rumorose superavano i limiti fissati dalla legge, ma era stato accertato, altresì, che le fonti sonore stesse recavano pregiudizio al riposo e alle occupazioni di un numero indeterminato di soggetti.

Sul punto, la Cassazione evidenziava, in particolare, che il Tribunale aveva sottolineato che il rumore oggetto di contestazione era “effettivamente idoneo a recare grave disturbo alle occupazioni ed al riposo di una pluralità di soggetti, residenti in un condominio sito in corrispondenza del numero civico, il n. 40, immediatamente precedente a quello dell'albergo (il n. 38)”.

Di conseguenza, il Tribunale aveva giustamente ritenuto accertata la “la concreta idoneità della condotta a raggiungere una molteplicità di persone indeterminate” e aveva, altrettanto correttamente, ritenuto integrata la fattispecie di reato di cui all’art. 659 cod. pen.

Ciò considerato, la Corte di Cassazione rigettava il ricorso proposto dal ricorrente, confermando integralmente la sentenza impugnata e condannando il ricorrente anche al pagamento delle spese processuali.


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