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Articolo 162 ter Codice Penale

(R.D. 19 ottobre 1930, n. 1398)

[Aggiornato al 02/03/2024]

Estinzione del reato per condotte riparatorie

Dispositivo dell'art. 162 ter Codice Penale

Nei casi di procedibilità a querela soggetta a remissione, il giudice dichiara estinto il reato, sentite le parti e la persona offesa, quando l'imputato ha riparato interamente, entro il termine massimo della dichiarazione di apertura del dibattimento di primo grado, il danno cagionato dal reato, mediante le restituzioni o il risarcimento, e ha eliminato, ove possibile, le conseguenze dannose o pericolose del reato. Il risarcimento del danno può essere riconosciuto anche in seguito ad offerta reale ai sensi degli articoli 1208 e seguenti del codice civile, formulata dall'imputato e non accettata dalla persona offesa, ove il giudice riconosca la congruità della somma offerta a tale titolo.

Quando dimostra di non aver potuto adempiere, per fatto a lui non addebitabile, entro il termine di cui al primo comma, l'imputato può chiedere al giudice la fissazione di un ulteriore termine, non superiore a sei mesi, per provvedere al pagamento, anche in forma rateale, di quanto dovuto a titolo di risarcimento; in tal caso il giudice, se accoglie la richiesta, ordina la sospensione del processo e fissa la successiva udienza alla scadenza del termine stabilito e comunque non oltre novanta giorni dalla predetta scadenza, imponendo specifiche prescrizioni. Durante la sospensione del processo, il corso della prescrizione resta sospeso. Si applica l'articolo 240, secondo comma.

Il giudice dichiara l'estinzione del reato, di cui al primo comma, all'esito positivo delle condotte riparatorie.

Le disposizioni del presente articolo non si applicano nei casi di cui all'articolo 612 bis(1).

Note

(1) Comma inserito dall'art. 1, L. 4 dicembre 2017, n. 172 con decorrenza dal 6 dicembre 2017.

Ratio Legis

La ratio della norma risponde all'esigenza di deflazione del carico giudiziario, offrendo all'imputato un ulteriore strumento per conseguire l'estinzione del reato.

Spiegazione dell'art. 162 ter Codice Penale

L'istituto in esame, introdotto tramite la L. n. 103/2017, permette all'imputato di estinguere il reato, qualora egli ripari interamente il danno cagionato dal reato ovvero elida le conseguenza dannose o pericolose dello stesso, ove possibile.

L'effetto dell'istituto non è subordinato ad accettazione da parte della persona offesa, come si evince chiaramente da quanto disposto al secondo comma, ai sensi del quale, se viene fatta offerta reale e la p.o. non accetti, il giudice può comunque dichiarare l'estinzione del reato nel caso in cui valuti congrua l'offerta.

Inoltre, il favor rei si desume altresì dal fatto che, qualora l'imputato dimostri di non aver potuto adempiere, il giudice può concedergli un ulteriore termine (non superiore ai sei mesi) per adempiere.

Ad ogni modo l'estinzione del reato non impedisce la c.d. confisca obbligatoria prevista dal seconda comma dell'art. 240, ovvero delle cose che costituiscono il prezzo del reato, degli strumenti informatici utilizzati per commettere il reato, nonché delle cose la cui fabbricazione, uso, porto, detenzione o alienazione costituisca reato

Massime relative all'art. 162 ter Codice Penale

Cass. pen. n. 39304/2021

La causa di estinzione del reato di cui all'art. 162-ter cod. pen. è rilevabile in sede di legittimità, nei processi in cui la dichiarazione di apertura del dibattimento sia successiva alla data di entrata in vigore della legge 23 giugno 2017, n. 103, a condizione che la condotta riparatoria sia intervenuta entro il termine massimo rappresentato da detta dichiarazione, e che il giudice di merito abbia sentito le parti e valutato la congruità della somma offerta.

Cass. pen. n. 39252/2021

In tema di estinzione del reato per condotte riparatorie, la procedura diretta alla valutazione di congruità della condotta è quella prevista dall'art. 469, cod. proc. pen., che è condizionata, a pena di nullità, alla mancata opposizione del pubblico ministero e dell'imputato e non richiede, invece, il consenso della parte civile, le cui pretese potranno essere fatte valere in sede civile, ove la dichiarazione di estinzione non produce alcun effetto, in quanto volta a eliminare esclusivamente l'interesse pubblico alla condanna.

Cass. pen. n. 30714/2021

Ai fini della presentazione, nell'interesse dell'imputato, della richiesta di applicazione della causa di estinzione del reato per riparazione del danno o di concessione di un termine per provvedere al risarcimento alla persona offesa, il difensore non deve essere munito di procura speciale.

Cass. pen. n. 22098/2021

La causa estintiva del reato per condotte riparatorie, prevista dall'art. 162-ter cod. pen., è applicabile anche nei procedimenti cumulativi in cui sono contestati reati aventi differente regime di procedibilità, ancorché produca effetto limitatamente ai reati procedibili a querela di parte soggetta a remissione, posto che, in mancanza di espresse disposizioni contrarie, deve valorizzarsi la finalità del nuovo istituto tesa a favorire il risarcimento del danno da reato.

Cass. pen. n. 16674/2021

In tema di estinzione del reato per condotte riparatorie ex art. 162-ter cod. pen., l'intervento del giudice prima della dichiarazione di apertura del dibattimento, costituente il termine ultimo previsto a pena di decadenza per l'operatività della condotta riparatoria o dell'offerta reale, è finalizzato a valutare, nel contraddittorio fra le parti, ove tra le stesse non vi sia accordo, a fronte di una condotta di concreta disponibilità dell'imputato alla riparazione, la congruità della somma versata od offerta nelle forme di cui all'art. 1208 cod. civ.

Cass. pen. n. 2490/2020

La causa estintiva del reato per condotte riparatorie di cui all'art. 162-ter cod. pen. presuppone condotte restitutorie o risarcitorie spontanee destinate definitivamente ad incrementare la sfera economica e giuridica della persona offesa, non essendo configurabile nel caso di sola restituzione del bene sottratto. (Fattispecie in tema di furto in cui l'autore, una volta scoperto, aveva restituito la merce asportata agli addetti alla vigilanza dell'esercizio commerciale).

Cass. pen. n. 14030/2020

La causa estintiva di cui all'art. 162-ter cod. pen., presupponendo che il reato commesso sia procedibile a querela soggetta a remissione, non è applicabile al reato di atti persecutori commesso con minacce gravi e reiterate, che rientra tra le ipotesi di procedibilità a querela irrevocabile, ai sensi dell'art. 612-bis, comma quarto, cod. pen. (Fattispecie relativa al delitto di atti persecutori commesso prima dell'entrata in vigore del d.l. n. 148 del 2017, convertito nella legge n. 172 del 2017 che ha escluso l'applicabilità della causa estintiva per il delitto di cui all'art. 612-bis cod. pen.).

La causa estintiva del reato per condotte riparatorie di cui all'art. 162-ter cod. pen., presuppone condotte restitutorie o risarcitorie spontanee e non coartate, nonché destinate definitivamente ad incrementare la sfera economica e giuridica della persona offesa, per cui essa non è configurabile nel caso in cui l'imputato abbia effettuato il risarcimento in conseguenza di un provvedimento che a ciò lo aveva condannato. (Fattispecie in cui l'imputato aveva versato somme a titolo di risarcimento, nonché rimborsato le spese legali, alle quali era stato condannato dalla sentenza oggetto di impugnazione).

La causa estintiva del reato per riparazione del danno, ex art. 162-ter cod. pen., richiede, ove possibile, anche l'eliminazione del cd. danno criminale, per cui, se tra le conseguenze del reato rientra anche il mancato reintegro nell'abitazione coniugale, il beneficio può essere conseguito solo se l'imputato consenta il libero e pieno godimento dell'immobile.

Cass. pen. n. 43278/2019

È inapplicabile in sede esecutiva la causa di estinzione del reato per condotte riparatorie di cui all'art. 162-ter cod. pen., a prescindere dal momento in cui tali condotte siano realizzate, giacché detta causa ha natura sostanziale ed il procedimento volto a verificarne la sussistenza, nel prevedere che siano sentiti l'imputato e la persona offesa, presuppone la pendenza del giudizio di cognizione e la presenza delle parti che possono interloquire sull'esito estintivo.

Cass. pen. n. 27624/2019

La richiesta di applicazione della causa di estinzione del reato per riparazione del danno prevista dall'art. 162-ter cod. pen., introdotto dall'art. 1 della legge 23 giugno 2017, n.103, è applicabile anche ai processi in corso alla data di entrata in vigore della predetta legge. (Nella specie, la Corte ha annullato con rinvio la sentenza che aveva omesso di considerare l'offerta reale effettuata dall'imputato nel giudizio d'appello, dopo l'entrata in vigore dell'istituto).

Cass. pen. n. 31994/2018

La richiesta di applicazione della causa di estinzione del reato per la riparazione del danno, prevista dall'art. 162-ter cod. pen., introdotto dall'art. 1 della legge 23 giugno 2017, n.103, può essere formulata anche nel giudizio di legittimità, ferma l'esclusione, in tal caso, della possibilità di chiedere la fissazione di un termine per provvedere alla condotta riparatoria. (In motivazione la Corte ha chiarito che, in sede di legittimità, l'applicazione di detta causa estintiva può essere richiesta sulla base di documentazione comprovante l'esistenza di condotte riparatorie già perfezionatesi).

Cass. pen. n. 21922/2018

La richiesta di applicazione della causa di estinzione del reato per la riparazione del danno, prevista dall'art. 162-ter cod. pen., introdotto dall'art. 1 della legge 23 giugno 2017, n.103, è applicabile anche ai processi in corso alla data di entrata in vigore della predetta legge e nei quali il pagamento delle somme sia stato effettuato prima di detta vigenza, ma può essere valutata nel giudizio di legittimità sempre che non siano necessari nuovi accertamenti in fatto. (Fattispecie in cui la Corte ha ritenuto l'applicabilità in astratto dell'istituto di favore - escluso in concreto - al delitto di atti persecutori, solo successivamente eliminato dal novero dei reati ai quali è applicabile la predetta causa di estinzione con disciplina legislativa irretroattiva perché sfavorevole).

La causa estintiva del reato per condotte riparatorie di cui all'art. 162-ter cod. pen., presuppone condotte restitutorie o risarcitorie spontanee e non coartate, nonché destinate definitivamente ad incrementare la sfera economica e giuridica della persona offesa. (Nella specie, la Corte ha ritenuto che non ricorresse la predetta causa estintiva in quanto l'imputato aveva versato somme a titolo di risarcimento perché costretto dall'efficacia esecutiva della sentenza di secondo grado, senza però aver fatto acquiescenza ai capi civili della sentenza, e, pertanto, solo in via provvisoria e con diritto alla ripetizione in caso di esito favorevole dell'impugnazione svolta in sede di legittimità).

Cass. pen. n. 8182/2018

La richiesta di applicazione della causa di estinzione del reato per la riparazione del danno, prevista dall'art. 162-ter cod. pen., introdotto dall'art. 1 della legge 23 giugno 2017, n.103, può essere formulata anche nel giudizio di legittimità, ferma l'esclusione, in tal caso, della possibilità di chiedere la fissazione di un termine per provvedere alla condotta riparatoria. (In motivazione la Corte ha chiarito che, in sede di legittimità, l'applicazione di detta causa estintiva può essere richiesta sulla base di documentazione comprovante l'esistenza di condotte riparatorie già perfezionatesi).

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Consulenze legali
relative all'articolo 162 ter Codice Penale

Seguono tutti i quesiti posti dagli utenti del sito che hanno ricevuto una risposta da parte della redazione giuridica di Brocardi.it usufruendo del servizio di consulenza legale. Si precisa che l'elenco non è completo, poiché non risultano pubblicati i pareri legali resi a tutti quei clienti che, per varie ragioni, hanno espressamente richiesto la riservatezza.

M. C. chiede
sabato 05/11/2022 - Sicilia
“Spettabile Brocardi,
in relazione al mio questito n° Q202231894, considerato che colpa/causa dell'indebita percezione da parte mia del Reddito di cittadinanza fu l'omissione da parte della consulente del Caf d'informarmi debitamente sui requisiti per ottenere il Reddito, fra cui quello dei due anni di residenza continuativa, e l'omissione di sottopormi la relativa istanza che infatti non firmai; essendo poi io già stato rinviato a giudizio l'altroieri (salvo impugnazione del decreto Gup davanti alla Cassazione); vi chiedo: restituire i denari da me percepiti ad Inps (che me li chiede indietro) cosa implicherebbe sul lato penale? Determinerebbe un non luogo od un'assoluzione automatici, o almeno favorirebbe di molto l'assoluzione? farebbe ritirare alla Procura la richiesta al giudice ch'io sia condannato? non cambierebbe nulla al processo penale? oppure mi sfavorirebbe qual implicita ammissione di colpa pagando? Quest'utimo potrebbe essere il caso se io avessi volutamente occultato i 5 mesi trascorsi all'estero poiché non li avrei ritenuti sufficienti a rompere la continuità residenziale, ma nella mia fattispecie io nemmeno sindacai su tale requisito poiché non n'ero stato informato dal Caf.
Casomai, converrebbe farsi dare garanzie scritte dal giudice penale sullo stralcio del processo, prima di versare somme all'Inps?
Infatti alcuni han detto/scritto che il penale fa il proprio corso indipendentemente dalla restituzione delle somme in quanto s'attaccherebbe alla presunta mendacio psicologica in sé; mentre altri han detto/scritto che la Procura ed Inps sono in contatto fra loro e che restituire le somme all'Inps eviterebbe che quest'ultimo continui a sospingere la Procura nel chiedere la condanna dell'ex-indebito percettore/ttrice, oppure che, restituito il maltolto, il danno per l'erario sarebbe riparato ed il processo penale decadrebbe per mancanza dell'oggetto (danno erariale), oppure che il giudice penale vedrebbe più facilmente la buona fede nell'ex-percettore/ttrice e dunque tenderebbe ad assolverlo/la per commesso errore e non già a condannarlo/la per commessa mendacio.
Distinti saluti.”
Consulenza legale i 10/11/2022
Rispondiamo ai quesiti cercando, per quanto possibile, di fare un ragionamento logico e onnicomprensivo.

In primo luogo, va detto che, allo stato attuale, il processo è nella fase dell’ udienza preliminare. Ciò vuol dire che il Pubblico Ministero ha già espletato le indagini preliminarie ha ritenuto che gli elementi raccolti a carico dell’imputato fossero sufficienti per esercitare l’ azione penale, così determinando l’inizio del processo vero e proprio.

Ci troviamo, dunque, in una fase processuale – destinata a proseguire quasi sicuramente col dibattimento – nell’ambito della quale si realizza il gioco delle parti: il PM insisterà per la condanna evidenziando gli elementi a carico dell’imputato e quest’ultimo insisterà per l’assoluzione, evidenziando gli elementi a sua discolpa.
La difesa sarà dunque nel merito e, in tale fase, ben potrà l’imputato rilevare l’assenza di dolo (diritto penale) nel caso di specie. Se, come si dice, la percezione del reddito di cittadinanza è stata concretamente frutto di un errore da parte dell’imputato che faceva seguito ad una cattiva informazione dei requisiti da parte del CAF, tale circostanza ben potrà essere valorizzata ai fini dell’elemento soggettivo. Sul punto, comunque, non possiamo dire altro atteso che la difesa nel merito presuppone un’approfondita conoscenza degli atti processuali e della vicenda fattuale, che la redazione non ha.

Arriviamo alla questione risarcitoria. In buona sostanza si chiede se il risarcimento all’INPS possa avere un qualche effetto sul processo penale, in senso negativo o positivo.
La risposta non è semplice e va correttamente calata nell’ambito della strategia difensiva processuale.

In primo luogo è bene precisare una questione, che viene sollevata nell’ultima parte del quesito: il risarcimento all’INPS non ha alcun effetto sull’esercizio dell’azione penale da parte del Pubblico Ministero.
Nel caso di specie, invero, l’azione penale da parte del PM è già stata esercitata e questi, quindi, non può in alcun modo revocarla. Allo stato attuale il processo è in mano al GUP che è l’unico a poterne decidere la sorte.
Peraltro, vero è che, spesso, l’organo inquirente a fronte del risarcimento del danno da parte dell’indagato procede all’archiviazione del procedimento, ma questo si verifica quando il tutto avviene:
- nel corso delle indagini preliminari, quando è ancora il PM a dover decidere cosa fare e se portare avanti il processo;
- per fatti bagatellari, in cui il danno economico della persona offesa dal reato costituisce il fulcro del processo penale. In questi casi, in buona sostanza, visto che l’emergenza cagionata dal reato attiene al solo danno economico prodotto, una volta ripianato quest’ultimo il PM può decidere di archiviare il procedimento onde evitare un processo inutile in cui l’esigenza primaria (ovvero il risarcimento all’offeso) è già stata soddisfatta.

Stando così le cose, è ovvio che nel caso di specie non si versa in alcuna delle ipotesi di cui sopra e, quindi, il PM non ha in alcun modo il potere di far cessare il contenzioso.

Possiamo quindi trattare degli effetti risarcitori dinanzi al GUP.

In primo luogo va detto che il risarcimento all’INPS non può determinare una cessazione de plano del processo.
Nel caso di specie, invero, non può trovare applicazione l’ art. 162 ter del c.p. (non siamo dinanzi a un reato procedibile a querela soggetta a remissione), che è l’unico caso ammesso dall’ordinamento in cui una condotta riparatoria (nella specie il risarcimento) può effettivamente porre fine al processo penale.

Ciò detto, è possibile affermare quanto segue.
Sicuramente un effetto positivo il risarcimento lo avrebbe. L’aver ripagato il debito con lo Stato, invero, costituisce una circostanza variamente valutabile dal giudice sotto il profilo della dosimetria della pena (in caso di condanna) e della concessione delle attenuanti.
Il rischio – come correttamente evidenziato nel parere – però è che il risarcimento possa sembrare quasi un’ammissione di colpa.

Ora, pur essendo tale rischio latente, lo stesso si attenua fino ad azzerarsi se il risarcimento si innesta in una difesa processuale di qualità, nell’ambito della quale il predetto risarcimento non emerga come un mero strumento per “lavarsi la coscienza” quanto, piuttosto, come una ulteriore circostanza da offrire al giudice per valorizzare la buona fede dell’imputato.

In parole semplici, se nel corso del processo non si offrono valide argomentazioni difensive e si punta solo sul risarcimento è possibile che lo stesso venga visto come un’ammissione di colpa. Se, invece, il risarcimento viene accompagnato ad una difesa nel merito efficace che punti, in primo luogo, all’affermazione dell’innocenza dell’imputato, allora il risarcimento in questione può esser visto come l’ennesima dimostrazione della corretta condotta dell’imputato, anche dopo essersi reso conto, suo malgrado, dell’errore in cui è incorso non per sua causa.

Si tratta, comunque, di un tema che emergerà solo al dibattimento.
Nel nostro ordinamento, come noto, l’udienza preliminare ha una funzione di filtro. La stessa serve, in buona sostanza, solo a verificare che il processo possa essere utile e che il PM non abbia preso una “cantonata”. Tale verifica viene fatta dal GUP sulla base dei documenti in suo possesso e non già a seguito di un’istruttoria ulteriore e approfondita.
Il GUP, quindi, non entra nel merito dei fatti e le possibilità di ottenere una sentenza di non luogo a procedere sono molto basse. Ciò vale a maggior ragione nel caso di specie, in cui l’indagine processuale verte sull’elemento soggettivo del reato, tema estremamente complesso e destinato a essere sviscerato dinanzi al Tribunale, nel corso del dibattimento vero e proprio.

Quanto, poi, alla impugnazione in Cassazione del decreto di fissazione dell’udienza preliminare, la stessa è da escludere non essendoci neanche lontanamente una sola ragione di impugnabilità del decreto medesimo dinanzi alla Suprema Corte (nel codice non è prevista la possibilità di impugnare il decreto e lo stesso non è un atto abnorme da essere meritevole di censura in Cassazione).

D. R. chiede
mercoledì 01/06/2022 - Piemonte
“Buongiorno, vorrei sapere se le disposizioni dell'art 162 ter cp introdotto dalla legge 103 del 23/6/17 ( estinzione del reato pagando i danni a parte lesa, richiedendo tale istituto in prima udienza preliminare) risulterebbero applicabili nel caso di imputazione per truffa art 640 cp con art 110 e 81 cp, con conseguente estinzione del reato e di ogni proseguio. Preciso truffa semplice e non aggravata, con danno eventualmente quantificabile in massimo 3000€. Preciso soggetto incensurato.”
Consulenza legale i 15/06/2022
L'estinzione del reato per condotte riparatorie si inserisce all’interno degli istituti presenti nell'ordinamento italiano riconducibili alla c.d. giustizia ripartiva (c.d. restorative justice).
Quest’ultima è finalizzata ad offrire al reo e alla vittima la possibilità di giungere ad una soluzione condivisa del fatto all’interno del medesimo procedimento penale.
La giustizia riparativa si pone così quale “paradigma integrativo” rispetto a quello punitivo, trovando collocazione sul piano sovranazionale nella Direttiva europea 2012/29/UE del 25.10.2012 recante norme minime in materia di diritti, assistenza e protezione delle vittime del reato, ponendosi quale efficace mezzo per garantire alle vittime del reato assistenza e protezione.

L'art. 162 ter c.p. dispone l'estinzione del reato qualora l'imputato abbia riparato interamente il danno cagionato dal reato, mediante le restituzioni o il risarcimento, e abbia eliminato, ove possibile, le conseguenze dannose o pericolose del reato.

E’ importante evidenziare come il risarcimento può essere riconosciuto come effettuato anche in seguito a una mera offerta reale ai sensi dell’art. 1208 e ss. c.c., formulata dall'imputato e non accettata dalla persona offesa, qualora il giudice riconosca la congruità della somma offerta a tale titolo.

Un presupposto essenziale dell’art. 162 ter c.p. è la procedibilità a querela della persona offesa del delitto in questione che, con riguardo al quesito posto, non è però rinvenibile in tutti i reati menzionati.
L’istanza inoltre prevede che si rispettino tutti i requisiti imposti dalla norma e quindi, anzitutto, i seguenti:
  1. Riparazione integrale del danno cagionato entro il termine della dichiarazione di apertura del dibattimento di primo grado;
  2. Eliminazione, ove possibile, delle conseguenze dannose o pericolose del reato;
Si noti inoltre che all’interno della dinamica il Giudice provvede a sentire le parti e ciò è rilevante in relazione alle dichiarazioni che possono essere rese dalla persona offesa/parte civile già costituita.

Tuttavia, come da Sua e-mail del 10 giugno 2022, emergono alcune fattispecie di reato caratterizzate da procedibilità d’ufficio all’interno della certificazione ex art. 335 c.p.p., che rendono inammissibile la richiesta ai sensi dell’art. 162 ter c.p.

Ad ogni buon conto questa redazione consiglia l’assistenza di un legale per approntare la strategia difensiva più utile al caso di specie.