La norma in esame disciplina l'applicazione di circostanze aggravanti speciali al reato di lesioni personali doloso di cui all'articolo precedente.
Per l'indirizzo prevalente in giurisprudenza trattasi di circostanza aggravanti speciali e non di figure autonome di reato, con conseguente applicabilità del giudizio di bilanciamento ex articolo
69.
Tale
interpretazione deriva non solo dall'esplicita dizione della norma, ma anche per tutti i casi ivi considerati, i quali costituiscono degli
accidentalia delicti, nei quali alla maggiore gravità dell'evento viene rapportata una maggiore gravità della pena, sia pure autonomamente determinata.
///SPIEGAZIONE ESTESA
La norma in esame prevede delle circostanze aggravanti speciali applicabili al delitto di lesione personale di cui all'art.
582 c.p., disciplinando, rispettivamente, ai commi 1 e 2, le ipotesi di lesione personale grave e gravissima.
Si parla, innanzitutto, di
lesione grave, ai sensi del comma 1, qualora dalla condotta criminosa derivi, in capo al soggetto offeso, una malattia che ne metta in pericolo la vita oppure una malattia o un'incapacità di attendere alle ordinarie occupazioni per più di quaranta giorni, o, ancora, se ne derivi l'
indebolimento permanente di un
senso o di un
organo.
Per avere un
"pericolo di vita" non basta l'insorgenza di una malattia che per sua natura presenti l'astratta probabilità di comportare un esito letale, essendo necessario, invece, che si tratti di una malattia tale da mettere effettivamente in pericolo di vita, ossia che in un determinato momento del processo patologico si sia verificato un reale pericolo di morte, desumibile dal quadro clinico della persona offesa. È, dunque, necessario che si realizzi una situazione patologica di una gravità tale da rendere probabile ed imminente il decesso del soggetto passivo, sulla base della miglior scienza ed esperienza medica.
Con l'espressione
"incapacità di attendere alle ordinarie occupazioni" si intende, invece, fare riferimento all'incapacità, anche soltanto parziale o relativa, per la persona offesa, di svolgere le attività per essa consuete, purché non siano contrarie all'
ordinamento giuridico. L'incapacità a cui fa riferimento l'art.
583 c.p. non coincide, quindi, con l'incapacità lavorativa, poiché, altrimenti, una siffatta qualificazione escluderebbe dall'ambito di applicazione della norma gli anziani, i bambini e i ragazzi. L'incapacità si considera, in ogni caso, conclusa, nel momento in cui la persona offesa torni ad essere in grado di riprendere completamente le sue ordinarie occupazioni.
Si ha un
"indebolimento permanente di un senso o di un organo" nel caso in cui si verifichi una notevole diminuzione della capacità funzionale del senso o dell'organo, la quale perduri anche successivamente alla cessazione dello stato di malattia causato dalla lesione. L'indebolimento, inoltre, sussiste anche qualora possa essere rimosso attraverso un intervento chirurgico o una protesi, in quanto la permanenza va riferita alla normale funzione dell'organo. In particolare,
"senso" è il complesso di elementi e tessuti anatomici che permettono ad un individuo di percepire il mondo esterno;
"organo" è, invece, l'insieme delle parti del corpo che servono ad una determinata funzione, come ad esempio, la masticazione o la digestione. Qualora l'organo interessato dalla lesione sia composto da più parti distinte, come, ad esempio, i denti, si può parlare di indebolimento quando venga a mancare un numero di parti tale da far risultare indebolita la sua funzione.
Sulla base di quanto disposto dal comma 2 della norma in esame, si ha una
lesione gravissima qualora dalla condotta criminosa derivi, alternativamente, una malattia certamente o probabilmente insanabile, la perdita di un senso, oppure la perdita di un arto o una mutilazione che renda un arto inservibile, la perdita dell'uso di un organo o della capacità di procreare, o, ancora, una permanente e grave difficoltà nel parlare.
Si ha una malattia
"certamente insanabile" quando il processo patologico in atto diventa
cronico, essendo le possibilità di guarigione nulle o, comunque, inferiori a quelle di non guarigione. Essa, peraltro, rappresentando un processo patologico in atto, è diversa dall'indebolimento permanente di un senso o di un organo, di cui al comma 1, in quanto quest'ultimo non è altro che un postumo di una malattia clinicamente guarita.
La
"perdita di un senso" si ha quando la persona offesa perde completamente un senso, come, ad esempio, la vista.
Con
"perdita di un arto" si intende sia la perdita anatomica totale di un arto, ossia la sua amputazione, sia la sua perdita parziale, per distacco o recisione, che privi la persona offesa dell'uso dell'arto stesso.
"Perdita dell'uso di un organo" indica la totale e permanente soppressione della funzione di un organo del corpo della persona offesa. A tal fine, dunque, non è sufficiente la mera perdita di una parte del corpo, essendo necessario che venga meno anche la
funzione a cui essa collabori.
Con
"permanente e grave difficoltà nella favella", il legislatore ha inteso far riferimento all'alterazione della chiarezza e della correttezza nel parlare, rispetto allo stato anteriore alla condotta criminosa. Tale difficoltà si considera permanente nel caso in cui sia destinata a protrarsi per tutta la vita della persona offesa o, comunque, per lungo tempo. La stessa è, poi, grave, qualora il preesistente grado di chiarezza e correttezza della parlata risulti essere compromesso in modo tale da rendere difficile, alla persona offesa, esprimere il proprio pensiero attraverso la parola.
Si ha, infine, una
"perdita della capacità di procreare" qualora la persona offesa, pur mantenendo la capacità di intrattenere rapporti sessuali, venga privata della capacità di generare, sia che si tratti della perdita di una capacità procreativa già acquisita, sia che ne venga impedita l'acquisizione avendo luogo, la condotta criminosa, ai danni di una persona che si trovi nella fase infantile o preadolescenziale.
///FINE SPIEGAZIONE ESTESA