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Scatta l'aggravante se vengono inferte lesioni mediante l'utilizzo di uno spray al peperoncino

Scatta l'aggravante se vengono inferte lesioni mediante l'utilizzo di uno spray al peperoncino
Secondo la Cassazione lo spray urticante rientra nella nozione di arma a meno che non venga utilizzato esclusivamente per l'autodifesa personale.
La Corte di Cassazione Penale, con la sentenza n. 10889 del 6 marzo 2017, ha fornito alcune interessanti precisazioni in ordine al reato di “lesioni personali aggravate”, di cui agli artt. 582 e 585 cod. pen.

Nel caso esaminato dalla Cassazione, la Corte d’appello di Trento aveva confermato la sentenza di primo grado che aveva condannato un imputato per il reato sopra citato, nonché per quello di “resistenza a pubblico ufficiale”, di cui all’art. 337 c.p., “commessi spruzzando negli occhi della guardia forestale, M.R. , uno spray urticante”.

Ritenendo la decisione ingiusta, l’imputato decideva di rivolgersi alla Corte di Cassazione, al fine di ottenere l’annullamento della sentenza impugnata.

Secondo il ricorrente, in particolare, la condanna si sarebbe fondata unicamente sulle dichiarazioni rese dalla persona offesa, che non potevano considerarsi attendibili.

Evidenziava il ricorrente, inoltre, di essere stato assolto, già in primo grado, per la contravvenzione di cui all’art. 651 cod. pen. (rifiuto d’indicazioni delle proprie generalità), il che dimostrava come “la parte lesa non si fosse in realtà qualificata come pubblico ufficiale”, con conseguente insussistenza del reato di cui all’art. 337 cod. pen.

Osservava, poi, il ricorrente, che gli era stata contestata l’aggravante di cui all’art. 585 c.p., “connessa all’uso di gas asfissianti e/o accecanti”, ma che dall’istruttoria era emerso “come lo spray urticante impiegato - contenente l’oleoresin capsicum, principio estratto dalle piante di peperoncino, disciolto in misura non superiore al 10% - rientri nella categoria degli strumenti di autodifesa che non hanno attitudine a recare offesa alle persone ai sensi del d.m. 12 maggio 2011 e che come tali non possono essere considerati armi o ad esse assimilabili per le finalità di cui all’art. 585 cod. pen.”.

Di conseguenza, secondo l’imputato, “venendo meno l’aggravante contestata”, il reato era divenuto perseguibile a querela (che, nel caso di specie, mancava) e, pertanto, avrebbe dovuto essere dichiarata l’estinzione del reato per assenza della condizione di procedibilità.

La Corte di Cassazione non riteneva, tuttavia, di poter aderire alle argomentazioni svolte dal ricorrente, rigettando il relativo ricorso, in quanto infondato.

Per quanto concerne, in particolare, la contestata aggravante connessa all’uso dello spray urticante, la Cassazione evidenziava che “il porto in luogo pubblico di tale bomboletta, contenente gas urticante idoneo a provocare irritazione degli occhi, sia pure reversibile in un breve tempo, è idonea ad arrecare offesa alla persona e come tale rientra nella definizione di arma comune da sparo da cui all’art. 2 L. n. 110 del 1975 (…) o ancora è ricompresa nel novero degli aggressivi chimici”.

Precisava la Cassazione, in particolare, che lo spray può non essere considerato un arma solo se venga utilizzato esclusivamente per l’autodifesa personale, “mentre l’impiego come mezzo d’offesa - quale verificatosi nella fattispecie - comporta la piena e incondizionata applicazione della normativa in tema di armi”.

Alla luce di tali considerazioni, la Corte di Cassazione rigettava il ricorso proposto dall’imputato, confermando integralmente la sentenza di secondo grado e condannando il ricorrente al pagamento delle spese processuali.


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