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Chi ferisce la moglie non può essere assolto per averla portata al pronto soccorso

Chi ferisce la moglie non può essere assolto per averla portata al pronto soccorso
L’aver portato la moglie al pronto soccorso dopo averla ferita non comporta l’assoluzione per particolare tenuità del fatto.
La Quinta Sezione Penale della Corte di Cassazione, con la sentenza n. 660/2020, si è pronunciata in merito alla possibilità di assolvere per particolare tenuità del fatto, ai sensi dell’art. 131 bis del c.p., chi, dopo aver provocato delle lesioni personali alla moglie, l’abbia accompagnata al pronto soccorso.

La questione nasceva dalla vicenda che aveva visto come protagonista un uomo il quale, dopo aver spinto la moglie a terra, procurandole la frattura di uno zigomo e della parete laterale del seno mascellare sinistro, l’aveva accompagnata al pronto soccorso dove era stata sottoposta ad un intervento chirurgico.
In seguito all’accaduto, tuttavia, il Tribunale aveva assolto l’uomo dal reato di lesioni personali, ritenendo che il fatto di aver prontamente accompagnato la moglie al pronto soccorso integrasse un’ipotesi di particolare tenuità del fatto, ex art. 131 bis c.p.

Di fronte a tale decisione, però, la pubblica accusa decideva di ricorrere in Cassazione, lamentando come il giudice di merito non avesse valutato, nel suo complesso, la condotta tenuta dall’imputato, il quale aveva causato nella moglie un danno non esiguo, limitandosi, invece, a prendere in considerazione soltanto il fatto che l’uomo avesse accompagnato la vittima al pronto soccorso.

La Suprema Corte ha accolto il ricorso, annullando con rinvio la sentenza impugnata.
Secondo gli Ermellini, concordemente a quanto sostenuto dal Pubblico Ministero nel proprio ricorso, il Tribunale ha errato nel ritenere configurabile l’ipotesi di cui all’art. 131 bis c.p.

Tale decisione risulta, innanzitutto, contraria a quanto previsto dalle Sezioni Unite della Cassazione, secondo cui, ai fini della configurabilità della causa di esclusione della punibilità per particolare tenuità del fatto, il giudizio in merito a quest’ultima “richiede una valutazione complessa e congiunta di tutte le peculiarità della fattispecie concreta, che tenga conto, ai sensi dell’art. 133, comma 1, c.p., delle modalità della condotta, del grado di colpevolezza da esse desumibile e dell’entità del danno o del pericolo” (Cass. Pen., SSUU, n. 13681/2016).
Sempre secondo il citato orientamento delle Sezioni Unite, infatti, “il giudizio sulla tenuità offensiva della condotta antigiuridica non riguarda la ricostruzione della dimensione storico-naturalistica e l'identificazione della sua componente materiale, ma la valutazione del grado maggiore o minore di aggressione del bene giuridico protetto e della complessiva manifestazione dell'attività criminosa al fine di riscontrare se attraverso una ponderazione quantitativa rapportata al disvalore di azione, a quello di evento, nonché al grado di colpevolezza, l'incidenza lesiva, insita nel fatto rientrante nel tipo legale di illecito, sia talmente esigua da non meritare punizione”.

I giudici di legittimità hanno così osservato che, invece, nel caso di specie, il Tribunale ha totalmente omesso di compiere una valutazione di questo tipo, ignorando completamente sia il grado di aggressione al bene giuridico protetto, sia l’entità del danno e del pericolo, nonostante questi, dalla ricostruzione dei fatti, risultassero essere significativi, considerata sia la natura della malattia prodotta dalla condotta criminosa, sia la durata della stessa che la fa rientrare nell’ambito di applicazione dell’art. 582 del c.p.

I giudici della Cassazione hanno, da ultimo, ribadito come il suo costante orientamento ritenga irrilevante la condotta post delictum del reo ai fini della configurabilità della causa di esclusione della punibilità per particolare tenuità del fatto, ex art. 131 bis c.p. (cfr. ex multis Cass. Pen., n. 893/2017).

Da ciò deriva che il giudice di merito, nell’assegnare valenza fondamentale al fatto che l’imputato avesse accompagnato la moglie in ospedale dopo averla ferita, ha violato lo stesso disposto dell’art. 131 bis c.p., il quale fa testualmente riferimento ai soli profili di cui al comma 1 dell’art. 133 c.p., con conseguente irrilevanza di quelli delineati dal comma 2 della stessa norma.


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