Il caso aveva avuto origine dall’
ingiunzione di pagamento emessa nei confronti di due soggetti titolari di un’impresa edile, con la quale l’
erede di un loro 
creditore chiedeva il pagamento di una somma a titolo di compenso per l’attività professionale di ragioniere svolta dal suo dante causa nel 2000.
	I due destinatari del 
decreto ingiuntivo avevano proposto 
opposizione, sostenendo che le prestazioni professionali in oggetto fossero già state regolarmente retribuite attraverso l’erogazione di assegni bancari. L’erede si era costituito in 
giudizio chiedendo invece il rigetto dell’opposizione.
	Sia il 
tribunale di Locri che la 
corte d'appello di Reggio Calabria avevano accolto l’opposizione, disponendo la revoca del decreto ingiuntivo. I giudici, infatti, avevano ritenuto che, ai fini della prova del 
credito, non fosse sufficiente la produzione della 
parcella vistata dal competente ordine professionale, poiché questa rileva soltanto ai fini di un giudizio di congruità della 
prestazione.
	Diversamente, la Corte d’appello aveva ritenuto che gli opponenti avessero dato prova dell'avvenuto pagamento delle prestazioni professionali, e quindi dell’estinzione del credito, attraverso la produzione in giudizio di nove 
assegni bancari. Nonostante il 
creditore avesse sostenuto che quegli assegni si riferivano a compensi relativi a prestazioni svolte prima del 2000, i giudici avevano ritenuto che ciò non era stato adeguatamente provato e che sarebbe spettato al creditore 
dimostrare l'esistenza di più debiti scaduti in capo ai convenuti, ai fini dell'
imputazione del pagamento.
	Il 
creditore aveva così proposto 
ricorso in Cassazione, la quale si è pronunciata con l’
ordinanza n. 10322/2020, rigettando il ricorso. La Suprema Corte ha osservato che, ai sensi dell'art. 
2697 c.c.,
 “qualora il debitore abbia dimostrato di avere corrisposto somme idonee ad estinguere il debito per il quale sia stato convenuto in giudizio, essendo stato eseguito con riferimento ad un determinato credito, spetta al creditore-attore, che pretende di imputare il pagamento ad estinzione di altro credito, dimostrare sia l'esistenza di più debiti del convenuto scaduti, sia la sussistenza dei presupposti per l'applicazione di uno dei criteri sussidiari di imputazione stabiliti dall'art. 1193 c.c.”.
	Nel caso di specie i giudici di 
merito, sulla base delle prove raccolte, avevano accertato la mancata dimostrazione da parte del creditore del fatto che i nove assegni bancari prodotti dagli opponenti si riferissero ad altri compensi, relativi a prestazioni svolte in precedenza dal 
professionista.
	Secondo la Cassazione, la Corte d’
appello aveva fatto corretta applicazione sia del principio dell'
onere della prova, dal momento che, una volta prodotti gli assegni, era onere del creditore dimostrare che questi si riferissero ad altre prestazioni, sia dei 
criteri di imputazione dei pagamenti così come indicati dall’art. 
1193 c.c.
	Il fatto che gli assegni fossero 
post datati non ha nessuna rilevanza: infatti anche l’
assegno post datato, essendo mezzo di pagamento equivalente al 
denaro, costituisce valido 
titolo di credito e gli atti estintivi di crediti effettuati in questo modo non costituiscono mezzi anormali di pagamento.