In materia di cause civili, quelle relative al condominio sono presenti in gran numero. Tra le questioni pratiche che portano i condomini a scontrarsi in tribunale, troviamo frequentemente quelle connesse alle immissioni (art. 844 del c.c.), ossia rumori, odori o vibrazioni che superano la normale tollerabilità. Tali immissioni diventano fastidiose perché compromettono la tranquillità e vivibilità della propria casa, che - invece - dovrebbe essere luogo di riposo e benessere.
Ma come tutelarsi da queste illegittime invasioni della vita privata? Un'interessante risposta giunge da una sentenza della Corte d'Appello di Firenze, la n. 301 dello scorso anno, la quale ha stabilito che un ascensore troppo rumoroso può esser fonte di risarcimento per danno non patrimoniale, anche in assenza di un accertato danno biologico. Questa pronuncia della magistratura ha ribaltato la decisione del Tribunale di primo grado, acclarando il diritto al pieno ristoro economico a favore di un condomino molestato ripetutamente dai rumori provenienti dall'impianto di sollevamento.
Nel caso concreto finito all'attenzione dei giudici, a patire le fastidiose immissioni era un condomino, proprietario di un appartamento al quinto piano di un edificio. Come accertato in aula grazie ai rilievi tecnici e alla planimetria, il piccolo immobile - costituito da cucina, bagno, disimpegno, camera e soggiorno - aveva una particolarità; il soggiorno confinava con la scala condominiale e si trovava proprio sotto il vano ascensore.
Il malfunzionamento o la cattiva manutenzione dell'impianto generavano immissioni acustiche costanti e intollerabili, tanto da ostacolare il riposo e lo svolgimento delle normali attività domestiche, come leggere, guardare la televisione o semplicemente conversare in tranquillità con i familiari. Il condomino decideva quindi di agire in giudizio contro il condominio, chiedendo:
Ma come tutelarsi da queste illegittime invasioni della vita privata? Un'interessante risposta giunge da una sentenza della Corte d'Appello di Firenze, la n. 301 dello scorso anno, la quale ha stabilito che un ascensore troppo rumoroso può esser fonte di risarcimento per danno non patrimoniale, anche in assenza di un accertato danno biologico. Questa pronuncia della magistratura ha ribaltato la decisione del Tribunale di primo grado, acclarando il diritto al pieno ristoro economico a favore di un condomino molestato ripetutamente dai rumori provenienti dall'impianto di sollevamento.
Nel caso concreto finito all'attenzione dei giudici, a patire le fastidiose immissioni era un condomino, proprietario di un appartamento al quinto piano di un edificio. Come accertato in aula grazie ai rilievi tecnici e alla planimetria, il piccolo immobile - costituito da cucina, bagno, disimpegno, camera e soggiorno - aveva una particolarità; il soggiorno confinava con la scala condominiale e si trovava proprio sotto il vano ascensore.
Il malfunzionamento o la cattiva manutenzione dell'impianto generavano immissioni acustiche costanti e intollerabili, tanto da ostacolare il riposo e lo svolgimento delle normali attività domestiche, come leggere, guardare la televisione o semplicemente conversare in tranquillità con i familiari. Il condomino decideva quindi di agire in giudizio contro il condominio, chiedendo:
- l'esecuzione di lavori per eliminare o ridurre i rumori oltre la soglia di tollerabilità;
- il risarcimento del danno non patrimoniale (art. 2059 del c.c.), con particolare riferimento al danno biologico.
Come accennato, all'esito dell'istruttoria la decisione del giudice di primo grado non fu positiva per il condomino. Infatti, il magistrato accolse la mera richiesta di far svolgere i lavori di riduzione delle immissioni sonore, ma negò un qualsiasi risarcimento danni. Infatti, nella pronuncia, il magistrato respinse:
- la domanda di risarcimento del danno alla salute, in quanto le certificazioni mediche prodotte non risultavano supportate da esami strumentali o da relazioni specialistiche;
- la domanda di risarcimento del danno patrimoniale, consistente nella perdita del valore commerciale dell'appartamento, non essendo stato provato che il bene fosse stato posto in vendita e che non fosse stato venduto, proprio per il problema delle immissioni.
In secondo grado, la svolta è dipesa dal rilievo secondo cui il danno non patrimoniale - derivante da immissioni acustiche oltre la normale soglia di tollerabilità - può essere considerato autonomo rispetto al danno biologico. Secondo la Corte d'Appello di Firenze, ciò dipende dal fatto che si tratta di una lesione di natura diversa, che incide sul diritto al rispetto della vita privata e familiare e sul pacifico godimento della propria abitazione.
Considerato il citato e particolare posizionamento del soggiorno del condomino attore - e tenuto conto dello sforamento della soglia di tollerabilità - la magistratura ha logicamente presunto che le immissioni sonore abbiano effettivamente alterato abitudini di vita e normali attività domestiche del condomino. Consequenzialmente, la pronuncia di secondo grado aprì al risarcimento, fissandolo nel versamento di cento euro al mese per cinque anni.
È interessante evidenziare che la magistratura, procedendo con la liquidazione equitativa di cui all'art. 1226 del c.c., ha stabilito la sussistenza di un danno e l'ha valutato non sulla scorta di prove mediche o economiche, ma in via presuntiva e ragionevole, tenendo conto della durata e della gravità del disagio patito dal condomino. Il periodo di riferimento prescelto è stato quello dalla prima segnalazione del problema fino all'esecuzione dei lavori indicati dal consulente tecnico d'ufficio (CTU).
La sentenza in oggetto è significativa in materia condominiale perché si inserisce in un filone giurisprudenziale ormai consolidato (tra cui ad es. la sentenza 11930/2022 della Cassazione), per il quale il danno non patrimoniale da rumore eccessivo non attiene meramente alla salute fisica, ma anche al turbamento alla qualità della vita e al diritto alla tranquillità domestica. La sussistenza di questo pregiudizio può emergere anche da presunzioni, ossia basandosi su elementi logici e sull'esperienza comune, senza necessità di dimostrare un effettivo danno biologico.
Ecco perché la pronuncia fiorentina rappresenta un importante riconoscimento per i cittadini che subiscono immissioni rumorose in condominio: anche sprovvisti di una certificazione medica o in mancanza di prova di danno alla salute, è possibile ottenere un risarcimento del danno non patrimoniale, se si dimostra in aula che il rumore ha inciso concretamente sulla serenità e sulla qualità della vita domestica.
Considerato il citato e particolare posizionamento del soggiorno del condomino attore - e tenuto conto dello sforamento della soglia di tollerabilità - la magistratura ha logicamente presunto che le immissioni sonore abbiano effettivamente alterato abitudini di vita e normali attività domestiche del condomino. Consequenzialmente, la pronuncia di secondo grado aprì al risarcimento, fissandolo nel versamento di cento euro al mese per cinque anni.
È interessante evidenziare che la magistratura, procedendo con la liquidazione equitativa di cui all'art. 1226 del c.c., ha stabilito la sussistenza di un danno e l'ha valutato non sulla scorta di prove mediche o economiche, ma in via presuntiva e ragionevole, tenendo conto della durata e della gravità del disagio patito dal condomino. Il periodo di riferimento prescelto è stato quello dalla prima segnalazione del problema fino all'esecuzione dei lavori indicati dal consulente tecnico d'ufficio (CTU).
La sentenza in oggetto è significativa in materia condominiale perché si inserisce in un filone giurisprudenziale ormai consolidato (tra cui ad es. la sentenza 11930/2022 della Cassazione), per il quale il danno non patrimoniale da rumore eccessivo non attiene meramente alla salute fisica, ma anche al turbamento alla qualità della vita e al diritto alla tranquillità domestica. La sussistenza di questo pregiudizio può emergere anche da presunzioni, ossia basandosi su elementi logici e sull'esperienza comune, senza necessità di dimostrare un effettivo danno biologico.
Ecco perché la pronuncia fiorentina rappresenta un importante riconoscimento per i cittadini che subiscono immissioni rumorose in condominio: anche sprovvisti di una certificazione medica o in mancanza di prova di danno alla salute, è possibile ottenere un risarcimento del danno non patrimoniale, se si dimostra in aula che il rumore ha inciso concretamente sulla serenità e sulla qualità della vita domestica.