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Condominio, se il cane del vicino ti disturba puoi chiedere al giudice di ordinare l'allontanamento: nuova sentenza

Condominio, se il cane del vicino ti disturba puoi chiedere al giudice di ordinare l'allontanamento: nuova sentenza
Con provvedimento inibitorio e urgente, il Tribunale di Bologna ha recentemente ordinato il trasferimento di alcuni cani molesti. Ecco che cosa prevede la legge sugli animali in condominio e sulle immissioni rumorose
Oggi chi vive in condominio e ama gli animali è tutelato dalla legge. Infatti, la presenza di amici a quattro zampe nelle abitazioni condominiali è un diritto protetto dal comma quinto dell'art. 1138 del c.c., secondo cui - dopo l'integrazione apposta al testo dalla legge 220/2012 - il regolamento di condominio non può vietare di possedere o detenere animali domestici. Ma attenzione, perché ciò non toglie che anche i diritti degli altri condomini debbano essere rispettati. La convivenza civile, infatti, impone che la presenza degli animali sia compatibile con l'osservanza delle regole sulla quiete e sulle cosiddette immissioni (cioè rumori, odori, fumi e altre propagazioni che possono disturbare i vicini). Altrimenti, chi si ritenga leso ha diritto di chiedere tutela in giudizio.

Il legislatore è chiaro al riguardo: il proprietario di un animale deve adottare tutte le misure necessarie per evitare che esso provochi danni a terzi o disturbi il riposo delle persone. Se non lo fa, può rischiare anche l'emissione di provvedimenti urgenti e "atipici" del magistrato, come l'ordine di trasferire l'animale in un altro luogo.

Lo ha ribadito un'ordinanza del Tribunale di Bologna, la n. 11396 dello scorso 27 ottobre 2025, secondo cui il conflitto condominiale legato alla presenza di cani può essere risolto - celermente - in senso sfavorevole al proprietario dell'animale. Come emerso dai fatti di causa, il condomino residente in un appartamento al piano terra aveva segnalato che, nella casa di fronte alla sua, erano custoditi quadrupedi di grossa taglia lasciati soli per molte ore, con importanti conseguenze come l'abbaiare incessante diurno e notturno e l'impossibilità di riposare serenamente, oppure gli odori nauseabondi dovuti alle deiezioni, che costringevano il segnalante a tenere le finestre chiuse.

Ebbene, nonostante egli avesse informato l'amministratore di condominio, nulla era cambiato. Nel corso della disputa giudiziaria che ne conseguì, il ricorrente produsse innanzi al magistrato registrazioni sonore e una misurazione fonometrica, compiuta da un tecnico, che indicava un rumore medio di 54,6 decibel, con picchi fino a 68,5 dB e un differenziale acustico di circa 18 dB, tra i momenti di silenzio e quelli dei latrati. Non solo. Nell'ambito del ricorso d'urgenza di cui all'art. 700 del c.p.c. e per giustificare le sua richiesta di allontanamento degli animali, egli presentò alcuni certificati medici, che comprovavano una sindrome ansioso-depressiva reattiva da insonnia, con pesanti ripercussioni sulla vita quotidiana e lavorativa.

Il giudice competente emise un'ordinanza che, oltre a risolvere il caso concreto, è destinata a essere di riferimento per i tantissimi casi analoghi di molestie condominiali. Accertato - infatti - che le immissioni oltrepassavano i limiti di normale tollerabilità di cui all'art. 844 del c.c., nel provvedimento sono stati previsti:
  • lo spostamento immediato dei cani in altro luogo, con obbligo di risarcire le spese legali;
  • una penale di 15 euro per ogni giorno di ritardo nell'applicazione dell'ordine, ai sensi dell'art. 614 bis del c.p.c. sulle misure di coercizione indiretta.
Interessante notare che la pronuncia in oggetto si è fondata anche su un importante precedente giurisprudenziale della Cassazione a Sezioni Unite - la sentenza 4848/2013 - per il quale la soglia di tollerabilità è violata quando il rumore prodotto dagli animali supera di oltre tre decibel quello di fondo o ambientale. Nel caso in esame, il differenziale - come detto sopra - era di ben 18 decibel: un valore nettamente superiore e, quindi, intollerabile a cui, peraltro, il proprietario degli animali non aveva mai mostrato intenzione di porre rimedio, nonostante i vari richiami ricevuti.

In verità, la decisione in oggetto richiamava anche un altro precedente dei giudici di piazza Cavour, la sentenza 7856/2008, che ha espressamente indicato come la presenza di un animale in condominio non debba pregiudicare - in alcun modo - i diritti degli altri condomini. Conseguentemente, il proprietario è tenuto a ridurre al minimo i possibili disturbi e a prevenire le possibili cause di agitazione del quadrupede, specialmente nelle ore notturne.

Accogliendo la domanda cautelare urgente, il provvedimento emesso dal tribunale emiliano era fondato sulla necessità di intervenire subito, alla luce della documentazione medica prodotta. Come accertato da esami e visite disposti in precedenza, il diritto alla salute del ricorrente - fondamentale e protetto dall'art. 32 Cost. - risultava leso tra insonnia, stress e ricorso a farmaci ansiolitici e antidepressivi. E, per il giudice, non bastava soltanto il risarcimento economico, con il versamento di una somma di denaro, occorrendo - anche e soprattutto - una misura inibitoria e, quindi, la rimozione della fonte del grave disturbo. Il giudicante ha, inoltre, opportunamente osservato come il danno irreparabile di cui all'art. 700 c.p.c. non richieda che la lesione sia definitiva, ma anche semplicemente che sia difficile da eliminare.

Concludendo, la pronuncia del Tribunale di Bologna ricorda che la convivenza in condominio non può trasformarsi in sopraffazione: i diritti di ciascuno finiscono dove iniziano quelli degli altri. Al contempo, indica alcuni punti chiave in materia di rapporti tra condomini e presenza di animali nelle unità immobiliari:
  • detenere o possedere animali domestici è un diritto, ma non deve mai confliggere con quello degli altri condomini alla salute, alla quiete e al riposo;
  • quando le immissioni (rumori o odori) superano la normale tollerabilità, si può agire anche in via cautelare e urgente;
  • laddove siano raccolte prove tecniche con documentazione medica - e al fine di prevenire un danno grave e irreparabile - il giudice potrà ordinare misure atipiche, urgenti e proporzionate al caso concreto, come il trasferimento dell'animale o altre prescrizioni idonee a ristabilire la quiete.
Infine, la vicenda in oggetto ricorda - in via generale - l'importanza di raccogliere prove oggettive (registrazioni, perizie fonometriche, certificazioni mediche), perché solo i dati concreti potranno consentire al tribunale di valutare la gravità dell'immissione e l'urgenza della tutela.

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