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Articolo 32 Costituzione

[Aggiornato al 22/10/2023]

Dispositivo dell'art. 32 Costituzione

La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell'individuo [38 2] e interesse della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti.

Nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge. La legge non può in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana.

Ratio Legis

La particolare importanza che il costituente riconosce alla salute si spiega in quanto si tratta di un diritto fondamentale ed inviolabile della persona (v. 2 Cost.).

Spiegazione dell'art. 32 Costituzione

Il diritto alla salute rappresenta per il costituente un fondamentale diritto dell'individuo, oltre ad un interesse primario per la collettività.

Il diritto in esame è l'unico ad essere qualificato come "inviolabile" dalla Costituzione. Esso si sostanzia nel diritto all'integrità fisica e psichica, sia nel senso di poter avere trattamenti medici di prevenzione e cura sia nel senso di poter godere di un ambiente di vita e lavoro salubre. Tuttavia, da esso non deriva il diritto a cure gratuite per tutti, essendo garantite solo per gli indigenti.

Il sistema sanitario si articola sulla base di strutture sia pubbliche (il sistema sanitario pubblico è disciplinato dalla l. 23 dicembre 1978, n. 833) che private, delle cui ultime il costo può essere sostenuto anche dallo Stato. A livello comunitario il diritto alla salute è contemplato sia dall'art. 35 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione Europea (come diritto alla prevenzione ed alle cure) sia dall'art. 3, che disciplina una serie di principi in materia, tra i quali, ad esempio, quello del rispetto del consenso informato.

Definendo meglio i contorni del concetto in questione, esso implica in senso negativo l'assenza di malattia, in senso positivo lo stato di completo benessere fisico e mentale.

E' precipuamente il concetto di salute in senso positivo, da considerarsi un traguardo raggiunto dagli ordinamenti statali moderni, a impegnare lo Stato verso il raggiungimento del benessere dei propri cittadini, tramite interventi piu che altro ispirati ad una logica di prevenzione dei mali, piuttosto che ad una cura di essi.

La salute è dunque considerato un diritto fondamentale, in quanto rappresenta la premessa biologica che, garantendo l'integrità fisica, permette l'esercizio di tutti gli altri diritti presi in considerazione dall'ordinamento, indispensabile dunque per il pieno sviluppo della persona umana.

Esso, oltre ad essere di tutti, è anche proteiforme, per via della pluralità di situazioni soggettive da esso garantite.

Importanza centrale assume il secondo comma, dato che sancisce la libera autodeterminazione del malato in merito al trattamento sanitario, che non può quindi essere imposto se non nei casi espressamente previsti dalla legge (trattamento sanitario obbligatorio).

La Costituzione sancisce in altri termini il diritto di rifiutare le terapie. Dopo anni di interpretazioni giurisprudenziali non sempre univoche nell'affermare la valenza del c.d. testamento biologico, quest'ultimo istituto ha trovato consacrazione normativa nelle legge 219/2017, che ne ha disciplinato le caratteristiche ed i presupposti di liceità.
Naturale corollario della libera autodeterminazione del paziente è la disciplina del consenso informato, che rappresenta un vero e proprio presupposto di liceità del trattamento (e non mera causa di giustificazione dell'opera del medico).

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Consulenze legali
relative all'articolo 32 Costituzione

Seguono tutti i quesiti posti dagli utenti del sito che hanno ricevuto una risposta da parte della redazione giuridica di Brocardi.it usufruendo del servizio di consulenza legale. Si precisa che l'elenco non è completo, poiché non risultano pubblicati i pareri legali resi a tutti quei clienti che, per varie ragioni, hanno espressamente richiesto la riservatezza.

G. C. chiede
sabato 30/07/2022 - Veneto
“Fisioterapista non vaccinato dipendente azienda sanitaria, ripreso servizio per aver contratto Covid.
Domande:
1- dovrò essere sospeso nuovamente senza stipendio dopo 90 o 180 giorni? Ci sono due tesi: chi afferma 90 e chi 180.
2 - cosa significa che la nuova sospensione sarà automatica? A - che dovrò autosospendermi scaduto il termine? B - che continuerò a lavorare finché non mi sarà comunicata la sospensione? C - in caso di mancata comunicazione come dovrò comportarmi?”
Consulenza legale i 29/08/2022
Secondo le indicazioni del Ministero della Salute (Nota Ufficio di Gabinetto del 29/3/2022), per i soggetti mai vaccinati che hanno contratto l’infezione da Sars-Cov-2 documentata da un test diagnostico positivo, è indicata la vaccinazione, a partire da tre mesi (90 giorni) dalla data del test diagnostico positivo.

Pertanto, come riporta il Ministero, il professionista sanitario deve essere considerato inadempiente all’obbligo vaccinale qualora non effettui la dose in questione alla prima data utile (90 giorni) indicata dalle circolari ministeriali.

Di conseguenza, ai sensi dell’art. 8, comma 1, lett. B) n. 2. Legge 24 marzo 2022, n. 24, la sospensione riprende efficacia automaticamente qualora l’interessato ometta di inviare all’Ordine professionale il certificato entro e non oltre tre giorni dalla scadenza del termine di differimento indicato dalle circolari ministeriali (in questo caso 90 giorni).

Come riportato da diversi Ordini professionali, se entro 3 giorni dal termine stabilito dalle circolari (nel caso di specie 90 giorni) l’iscritto non presenterà il certificato vaccinale, la sospensione riprenderà la sua efficacia, senza che sia necessario nessun ulteriore intervento da parte dell’Ordine o altra comunicazione.

Pertanto, scaduto il termine non dovrebbe ricevere nessuna ulteriore comunicazione e sarà automaticamente sospeso.

Dal momento della sospensione automatica, il professionista non può esercitare attività professionali in presenza di assistiti. Se il fisioterapista in stato di sospensione promulgato dalle aziende continua a esercitare, rischia una denuncia penale e un provvedimento disciplinare da parte dell’Ordine.

Ad ogni modo, si consiglia di avvisare della situazione l’azienda sanitaria nella quale si esercita la professione, per verificare che non vi siano protocolli interni relativi a tale evenienza.

A. P. chiede
giovedì 25/11/2021 - Lombardia
“buongiorno.


E da oggi notizia ed in vigore che per accedere in palestra non posso fare neanche più il tampone antigenico o molecolare o nessun altro tipo di tampone, ma solo con il vaccino.
Dato che sono contrario a questo tipo di vaccino il quale non è ancora obbligatorio, è possibile appellarsi ad una legge in quanto non essendo il vaccino obbligatorio e non potendo farmi alcun tipo di tampone ritengo tale decisione incostituzionale e scrivere quindi le mie obiezioni alla palestra?

In attesa


grazie

Consulenza legale i 28/11/2021
Sotto il profilo normativo, la nuova disciplina in tema di certificazione verde Covid 19 è stata introdotta dal decreto legge n.172/2021 che ha modificato il precedente decreto legge n.52/2021.
Si tratta dunque di misure adottate con atto avente forza di legge e con la finalità principale di tutelare la salute pubblica, come previsto del resto dall’art. 32 della Costituzione.
In forza di tali disposizioni, dal 6 dicembre 2021 si avranno sostanzialmente due diversi tipi di green pass: il cd. green pass rafforzato per i vaccinati o le persone guarite dal Covid-19; il cd. green pass base per chi presenta invece il risultato negativo di un tampone molecolare o antigenico.
Tali certificazioni non sono richieste ovunque ma solo nei luoghi elencati nel predetto decreto legge.

Ciò posto, in zona bianca e in zona gialla per l'accesso alle palestre (oltre che piscine, impianti sportivi al chiuso ecc.ecc.), spogliatoi compresi, è sufficiente il solo green pass cd. base.
Il green pass cd. rafforzato è richiesto invece in zona arancione dove gli impianti sportivi al chiuso saranno appunto vietati ai non vaccinati (ovviamente in zona rossa le palestre, le piscine e gli impianti sportivi al coperto sono chiusi per tutti, possessori di green pass rafforzato compresi).

Ciò premesso, nella presente vicenda, a meno che la palestra in questione non si trovi in una zona arancione, non occorrerà essere vaccinati per accedere all’impianto ma essere dotati soltanto del cd. green pass base e quindi anche del solo tampone negativo.

Ipotizzando che invece la palestra si trovi in zona arancione, allora occorrerà essere vaccinati (o guariti) per potervi accedere.
Ovviamente, la circostanza che personalmente si ritenga la norma “incostituzionale” non ha alcun pregio né tanto meno potrebbe essere fatto presente alla palestra che, giustamente, si limita ad applicare un obbligo previsto dalla normativa vigente per tutelare la salute pubblica.
Per inciso, una legge è infatti incostituzionale solo dopo che sia stata dichiarata tale dalla Corte Costituzionale e non perché uno o più cittadini, sulla base di personali convinzioni, la reputino tale.

Angelo S. chiede
mercoledì 10/11/2021 - Trentino-Alto Adige
“Buonasera. È possibile impedire, alla polfer, di essere fatto scendere da una "freccia", solo perché non in possesso della "infame carta verde".
Mi è già capitato due volte :
1° da Rovereto a Salerno in occasione di un ricongiungimento con miei parenti.
2° da Rovereto a Firenze nel recarmi in uno studio medico per cure dentarie.
Ci sono stati danni sia fisici che morali.
Ma oltre a questo, come è possibile evitare che ciò possa riaccadere? Grazie.”
Consulenza legale i 12/11/2021
L’obbligo del cd. green pass a far data dal 1° settembre 2021 e fino al 31 dicembre 2021, termine di cessazione dello stato di emergenza, per l’accesso e l’utilizzo, tra l’altro, dei “treni impiegati nei servizi di trasporto ferroviario passeggeri di tipo Intercity, Intercity Notte e Alta Velocità” è stato introdotto con l’art. 2 del decreto legge n. 111 del 6 agosto 2021.
Tali disposizioni “non si applicano ai soggetti esclusi per età dalla campagna vaccinale e ai soggetti esenti sulla base di idonea certificazione medica rilasciata secondo i criteri definiti con circolare del Ministero della salute.
La medesima norma prevede altresì che: “i vettori aerei, marittimi e terrestri, nonché i loro delegati, sono tenuti a verificare che l'utilizzo dei servizi di cui al comma 1 avvenga nel rispetto delle prescrizioni di cui al medesimo comma 1”.
Il mancato rispetto di tale misura di contenimento, oltre al fatto di non poter appunto utilizzare il servizio, comporta una sanzione sanzione amministrativa dai 400 euro ai 3000 euro.

Ciò premesso, quanto compiuto dagli agenti della polizia ferroviaria è, purtroppo, assolutamente legittimo in quanto posto in essere, appunto, alla luce di un atto avente forza di legge (il decreto legge che ha introdotto la misura "infame" del "green pass") con la dichiarata finalità principale di tutelare la salute pubblica, come previsto del resto dall’art. 32 della Costituzione.

Ne consegue che parlare di “danni fisici e morali” non può purtroppo avere fondamento giuridico.
Del resto, le motivazioni per cui sono stati presi i treni (ricongiungimento con parenti e visita dentistica) non hanno alcuna rilevanza e non esonerano dal rispetto della normativa nazionale adottata per contrastare la pandemia in atto.

Per cui in conclusione, in risposta alle domande contenute nel quesito, possiamo affermare che non è possibile impedire alla Polfer di “essere fatto scendere dal treno” in caso di mancato possesso di valido green pass (né tantomeno di elevare la prescritta sanzione amministrativa pecuniaria) e l’unico modo per evitare che ciò possa riaccadere in futuro è dotarsi di green pass vaccinandosi o eseguendo il tampone secondo le modalità previste dalla legge.

B.F. chiede
mercoledì 08/09/2021 - Lazio
“Gent. mi Sig. ri,

Vi scrivo per sapere se vi sono i presupposti giuridici per non pagare più le tasse o i contributi - per i non detentori del cd. "green pass" - per tutte quelle attività in cui è richiesto l'obbligo di esposizione del medesimo, precludendone l'accesso e la mancata fruizione del servizio.

Dal 6 agosto 2021, l’ingresso nei musei, mostre, istituti e luoghi della cultura, archivi, biblioteche, cinema, teatri, concerti e live all’aperto è infatti consentito previa esibizione del Green Pass che comprovi l'inoculazione almeno della prima dose vaccinale, così come stabilito dal decreto legge “Misure urgenti per fronteggiare l’emergenza epidemiologica da COVID-19 e per l’esercizio in sicurezza di attività sociali ed economiche”…
• Attività
• Archeologia, Belle Arti e Paesaggio
• Cinema e Audiovisivo
• Spettacolo - musica, danza, teatro, circhi e spettacolo viaggiante
• Biblioteche e Diritto d'Autore
• Turismo - L'Offerta Turistica Nazionale
• Educazione, Ricerca e Istituti Culturali
• Sicurezza del Patrimonio Culturale
• Creatività Contemporanea
• Archivi - Il Sistema Archivistico Nazionale
• Musei - Il Sistema Museale Italiano

Sicuro di un Vostro pronto interessamento, ringrazio anticipatamente e porgo codiali saluti.”
Consulenza legale i 10/09/2021
L’obbligo del cd. green pass per l’accesso a determinati servizi e strutture (recentemente esteso anche ad aerei, navi, traghetti e treni a lunga percorrenza) è stato introdotto con l’art. 3 del decreto legge n. 105 del 23 luglio 2021.
Tale certificazione è rilasciata non solo a chi è stato vaccinato (è sufficiente una dose) ma anche a chi è in possesso di un tampone negativo (eseguito entro 48 h) o è guarito dal Covid entro i sei mesi precedenti.
Tali disposizioni “non si applicano ai soggetti esclusi per età dalla campagna vaccinale e ai soggetti esenti sulla base di idonea certificazione medica rilasciata secondo i criteri definiti con circolare del Ministero della salute.”
Si tratta dunque di una misura adottata con atto avente forza di legge e con la finalità principale di tutelare la salute pubblica, come previsto del resto dall’art. 32 della Costituzione.
La questione se tale strumento sia effettivamente conforme a quest’ultima è assai complessa e chiaramente non affrontabile in tale sede.
Parimenti non possiamo valutare se si tratti di una misura davvero sufficiente o sia preferibile piuttosto l’introduzione dell’obbligo vaccinale per tutta la popolazione, trattandosi di aspetti meramente politici.

Tutto ciò premesso, in risposta al quesito, possiamo affermare che non vi è alcun presupposto giuridico “per non pagare più le tasse o i contributi - per i non detentori del cd. "green pass" - per tutte quelle attività in cui è richiesto l'obbligo di esposizione del medesimo, precludendone l'accesso e la mancata fruizione del servizio” dal momento che, come testè evidenziato, il green pass è una misura adottata con atto avente forza di legge per tutelare la salute pubblica e, oltre tutto, in alternativa al vaccino è consentito fare un tampone.

Da ultimo, per inciso, ci preme sottolineare che la nostra Costituzione parla sia di diritti che di doveri statuendo espressamente all'art. 2 che la Repubblica riconosce e garantisce “i diritti inviolabili dell'uomo, sia come singolo, sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità, e richiede l'adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale.“

Andrea M. chiede
venerdì 27/11/2020 - Campania
“Buonasera,

ho bisogno di conoscere quali sono i limiti, se esistono, per la pubblicità sul web (mediante banner grafici, video e simili) sugli alcolici e se le regole differiscono in base alla gradazione alcolica del prodotto (birra, vino, superalcolici).

In particolare ho bisogno di sapere se è ancora valido quanto stabilito dalla legge 30 MARZO 2001 n°125, che consentiva la pubblicità di bevande alcoliche purché non in contesti (programmi, riviste, spettacoli) "dedicati ai minori" o in cui siano presenti "prevalentemente" minori di anni 18, o se tale legge è stata modificata e, eventualmente, in che termini.

In pratica devo stabilire con certezza cosa la legge mi impone e quali sono i limiti e le specifiche da osservare se intendo diffondere messaggi pubblicitari di bevande alcoliche e affini sul web.

Cordiali saluti
Andrea Mignolo”
Consulenza legale i 04/12/2020
L’art. 13 della L. 30/03/2001, n. 125, tuttora vigente, detta “disposizioni sulla pubblicità e sul consumo delle bevande alcoliche e in materia di sicurezza sul lavoro”.
La norma in esame, dopo aver previsto al primo comma l’obbligo, per le emittenti radiotelevisive pubbliche e private e per le agenzie pubblicitarie, di adottare un codice di autoregolamentazione sulle modalità e sui contenuti dei messaggi pubblicitari relativi alle bevande alcoliche e superalcoliche, stabilisce ai commi successivi una serie di divieti.
In particolare, il comma 2 vieta la pubblicità di bevande alcoliche e superalcoliche che:
a) sia trasmessa all'interno di programmi rivolti ai minori e nei quindici minuti precedenti e successivi alla trasmissione degli stessi;
b) attribuisca efficacia o indicazioni terapeutiche che non siano espressamente riconosciute dal Ministero della sanità;
c) rappresenti minori intenti al consumo di alcol ovvero rappresenti in modo positivo l'assunzione di bevande alcoliche o superalcoliche.
Il comma 3 proibisce la pubblicità diretta o indiretta delle bevande alcoliche e superalcoliche nei luoghi frequentati prevalentemente dai minori di 18 anni di età.
Il comma 4 vieta la pubblicità radiotelevisiva di bevande superalcoliche nella fascia oraria dalle 16 alle 19.
Il comma 5 aggiunge il divieto, in qualsiasi forma, della pubblicità di bevande superalcoliche:
a) sulla stampa giornaliera e periodica destinata ai minori;
b) nelle sale cinematografiche in occasione della proiezione di film destinati prevalentemente alla visione dei minori.
Gli ultimi due commi sono dedicati alle sanzioni previste in caso di violazioni.
Abbiamo riportato buona parte del testo della norma proprio per rendere evidente che essa si occupa, quanto alla pubblicità sui mezzi di comunicazione, esclusivamente dei canali “tradizionali” (emittenti radiofoniche e televisive, stampa cartacea), tralasciando completamente il vasto universo rappresentato dal web in tutte le sue forme (si pensi anche solo ai social media), con tutte le enormi implicazioni che esso comporta, soprattutto in termini di possibilità per i minori di essere raggiunti o accedere a contenuti non sempre adeguati alla loro età.
La norma è relativamente risalente nel tempo, è entrata in vigore prima che il fenomeno internet raggiungesse le sue dimensioni attuali e non è stata, nel frattempo, aggiornata.
Si tratta di un evidente vuoto normativo che appare difficile da colmare in assenza di una specifica disciplina, come evidenziato proprio recentemente dall’Ufficio regionale europeo dell’OMS nel proprio rapporto sulla pubblicità di bevande alcoliche del luglio 2020 (si veda https://www.epicentro.iss.it/alcol/politiche-marketing-report-oms-2020).
Deve confermarsi, pertanto, come allo stato non esistano norme di rango legislativo che stabiliscano limiti alla pubblicità degli alcolici sul web, e che la tutela dei minori sia in ultima analisi rimessa all’adozione dei vari codici di autoregolamentazione adottati da singoli soggetti.

Chiara D. B. chiede
giovedì 31/10/2019 - Veneto
“vorrei sapere se il divieto di fumo nei luoghi di lavoro si puo estendere anche nelle rappresentazioni teatrali in palcoscenico.Per spiegare meglio se un regista chiede che un attore o cantante che fumi durante un scena di uno spettacolo dal vivo si puo vietare ed obbligare l uso delle sigarette elettroniche a vapore ?oppure ci sono delle deroghe per gli spettacoli teatrali al chiuso?<br />
grazie<br />
<br />
Consulenza legale i 08/11/2019
Questione singolare, sulla quale, ovviamente, non vi è alcun precedente che possa aiutare.
Va premesso che, ai sensi del titolo V, par. 5.1 della “Regola tecnica di prevenzione incendi per la progettazione, costruzione ed esercizio dei locali di intrattenimento e di pubblico spettacolo” di cui al D.M. 19 agosto 1996, emanato dal Ministero dell’Interno, “è vietato fumare nella scena e sue dipendenze, salvo che per esigenze sceniche”.
La deroga espressamente prevista da tale norma deve essere, però, riconsiderata alla luce della successiva entrata in vigore dell’art. 51 della L n. 3/2003, il quale ha introdotto un divieto generalizzato di fumare, esteso a tutti i “locali chiusi, ad eccezione di: a) quelli privati non aperti ad utenti o al pubblico; b) quelli riservati ai fumatori e come tali contrassegnati” (questi ultimi, in particolare, devono essere dotati di appositi impianti di ventilazione).
Secondo la Circolare del Ministero della Salute del 17 dicembre 2004, recante “Indicazioni interpretative e attuative dei divieti conseguenti all’entrata in vigore dell’articolo 51 della legge 16 gennaio 2003, n. 3, sulla tutela della salute dei non fumatori”, tale norma “persegue il fine primario della «tutela della salute dei non fumatori», con l’obiettivo della massima estensione possibile del divieto di fumare, che, come tale, deve essere ritenuto di portata generale, con la sola, limitata esclusione delle eccezioni espressamente previste”.
La disposizione contenuta nel D.M. - peraltro di rango subordinato rispetto alla legge ordinaria - sembrerebbe pertanto tacitamente abrogata a seguito dell’approvazione della predetta normativa antifumo.
Va detto che l’art. 51 della L. n. 3/2003 fa salve, in quanto compatibili, alcune delle disposizioni della legge n. 584/1975, tra cui l’art, 3, ai sensi del quale “il conduttore di uno dei locali indicati all'articolo 1, lettera b) [tra i quali vi sono anche le “sale chiuse di spettacolo cinematografico o teatrale”], può ottenere l'esenzione dall'osservanza del disposto dell'articolo 1 della presente legge [divieto di fumo, appunto], ove installi un impianto di condizionamento dell'aria o un impianto di ventilazione rispettivamente corrispondenti alle caratteristiche di definizione e classificazione determinate dall'Ente nazionale italiano di unificazione (UNI). A tal fine deve essere presentata al sindaco apposita domanda corredata del progetto dell'impianto di condizionamento contenente le caratteristiche tecniche di funzionamento e di installazione. l'esenzione dall'osservanza del divieto di fumare è autorizzata dal sindaco, sentito l'ufficiale sanitario”.
Nella nuova normativa, dichiaratamente ispirata a finalità generali di tutela della salute, non limitate - come nel caso del D.M. citato - ai profili di sicurezza e prevenzione incendi, non vengono espressamente previste deroghe al divieto di fumo per esigenze sceniche.
La questione non è tuttavia chiarissima e, come detto in apertura, non risultano, sul punto, precedenti giurisprudenziali.

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