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Parcheggi condominiali: l’assemblea può decidere l’assegnazione di “posti fissi”?

Parcheggi condominiali: l’assemblea può decidere l’assegnazione di “posti fissi”?
La delibera non può contemplare la definitiva assegnazione nominativa di posti fissi nel cortile comune a favore di singoli condomini.
La Corte di Cassazione, con sentenza n. 9069 del 21 marzo 2022, si è pronunciata sulla questione dell’ammissibilità dell’assegnazione, con delibera assembleare approvata dalla maggioranza, di posti fissi nel parcheggio condominiale a singoli condomini. Sul tema, in particolare, la Suprema Corte si è espressa sfavorevolmente.

Per giungere a tale conclusione, infatti, gli Ermellini hanno distinto tra
  • atti di natura meramente organizzativa sulle cose comuni, che si limitano appunto a disciplinare temporaneamente le modalità d'uso delle cose comuni o la gestione ed il funzionamento dei servizi condominiali, senza menomare i diritti dei condomini di godere e disporre delle stesse;
  • atti di natura contrattuale, che invece limitano o ridistribuiscono convenzionalmente i diritti reali, eventualmente menomando i diritti dei condomini di usare, godere e disporre delle parti comuni, come delle unità immobiliari di proprietà esclusiva.
Tanto premesso, può evidenziarsi che solo gli atti di natura organizzativa possono essere adottati a maggioranza dei condomini, mentre per gli atti di natura contrattuale occorre l'espressione di una volontà contrattuale, e quindi il consenso di tutti.

Per rispondere al quesito in oggetto, pertanto, è necessario capire quale sia la natura dell’assegnazione definitiva ad un singolo condomino di un posto fisso nel cortile condominiale.
E a tal fine, la Suprema Corte richiama l’orientamento delle Sezioni Unite n. 28972 del 2020, secondo cui l'attribuzione del cosiddetto diritto reale di uso esclusivo su una porzione del cortile condominiale va qualificata come traslativa della proprietà della porzione stessa, ovvero come costitutiva di un diritto reale d'uso o come concessione di un uso di natura obbligatoria.

Sulla scorta di tali considerazioni, gli Ermellini concludono che la delibera “non può validamente contemplare la definitiva assegnazione nominativa a favore di singoli condomini in via esclusiva e per un tempo indefinito, di posti fissi nel cortile comune per il parcheggio delle autovetture”: posto che una simile assegnazione sottrarrebbe ad alcuni condomini l'utilizzazione del bene a tutti comune, infatti, è imprescindibile il consenso di tutti i condomini.

Conclusivamente, la Corte segnala che la delibera dell’assemblea, nell'ambito del potere di regolamentazione dell'uso delle cose comuni a questa spettante, può comunque
  • individuare all'interno del cortile condominiale i singoli posti auto di cui possano fruire i singoli partecipanti, ma solo al fine di rendere più ordinato e razionale il godimento paritario;
  • prevedere il godimento turnario del bene, allorché sia impossibile il simultaneo godimento in favore di tutti i comproprietari.
Una siffatta delibera mantiene, infatti un valore meramente organizzativo delle modalità d'uso delle cose comuni senza menomare i diritti dei condomini e rispetta il principio della parità di godimento ex art. 1102 c.c., il quale impedisce che possa essere riconosciuto soltanto ad alcuni il diritto di fare un determinato uso del bene.


Il caso giunto all’attenzione della Suprema Corte, in particolare, riguardava l’impugnazione di due delibere con cui l’assemblea di un condominio aveva stabilito l'assegnazione individuale e nominativa dei posti auto compresi nell'area del condominio adibita a parcheggio, in favore dei soli trentacinque condomini proprietari delle unità abitative dell'edificio, escludendo pertanto dal godimento dell'area i condomini proprietari dei locali commerciali.
La domanda, tuttavia, era stata rigettata sia dal Tribunale sia dalla Corte d’appello. Quest’ultima, in particolare, aveva reputato infondata la domanda, ritenendo che, in esecuzione del regolamento condominiale che prevede la destinazione a parcheggio del cortile, l'assemblea avesse soltanto disciplinato la ripartizione dello spazio da assegnare ai condomini titolari di appartamento, senza incidere sul diritto di condominio degli altri partecipanti.
Avverso tale sentenza il condomino soccombente aveva dunque proposto ricorso, deducendo la violazione e/o falsa applicazione dell'art. 1102, art. 1120, comma 2 (nella versione della norma anteriore alla riforma del 2012) e dell’art. 1421 c.c. Ritenendo tale impugnazione fondata, la Cassazione ha dunque affermato gli importanti principi sopra richiamati.


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