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Furto di notte: si applica l’aggravante della minorata difesa?

Furto di notte: si applica l’aggravante della minorata difesa?
Le Sezioni Unite ammettono l’aggravamento di pena nel caso in cui il tempo notturno ostacoli in concreto la difesa.
La Corte di Cassazione a Sezioni Unite, con sentenza n. 40275 del 8 novembre 2021, si è pronunciata sulla dibattuta questione dell’applicabilità dell’aggravante della minorata difesa prevista dall’art. 61 co. 1 n. 5 c.p. al reato commesso di notte, affermando che il fatto può risentire di tale aggravamento solo nel caso in cui si dimostri in giudizio che la circostanza notturna abbia in concreto ostacolato la difesa pubblica o privata. La prova del fatto che il reato sia stato commesso di notte, pertanto, non è da sola sufficiente a determinare l’applicazione dell’aggravante in esame.

La questione giunta all’attenzione della Corte, in particolare, riguardava un furto di diversi bancali di legno siti nel piazzale di una ditta, ove nottetempo erano entrati tre soggetti, i quali avevano caricato la refurtiva su un furgone, impossessandosene.
Gli imputati, a seguito di rito abbreviato, erano stati perciò condannati dal Tribunale per il reato di furto pluriaggravato ex artt. 61 co. 1 n. 5 c.p. e 625 co. 1 nn. 5 e 7 c.p.
Avverso tale sentenza erano stato proposto disgiuntamente appello dagli imputati: tra i vari motivi di censura formulati, è qui rilevante quello per cui il furto compiuto non si poteva considerare aggravato dalla minorata difesa, in quanto non era stato provato che dalle circostanze di tempo e di luogo fosse derivata effettivamente una condizione di minorata difesa.
La Corte d’appello, tuttavia, pur diminuendo la pena per entrambi gli imputati, non aveva considerato meritevole di pregio la doglianza relativa alla non configurabilità dell’aggravante della minorata difesa. Per la Corte distrettuale, infatti, il fatto che il furto fosse avvenuto in orario notturno doveva considerarsi sufficiente ad aggravare il reato.
Gli imputati, pertanto, presentavano disgiuntamente ricorso in Cassazione, ribadendo – tra le altre censure – la non configurabilità dell’aggravante in parola: la Quinta Sezione della Corte, tuttavia, rilevata l’esistenza di un contrasto giurisprudenziale sul punto, aveva rimesso la questione alle Sezioni Unite, le quali hanno annullato la sentenza impugnata.

Prima di esaminare l’approdo esegetico raggiunto dal Supremo Collegio nella recente sentenza, è quindi opportuno riportare schematicamente le contrapposte tesi sul campo:
  • per un primo orientamento (su cui si veda ex multis, Cass. Sez. II, n. 2916 del 10 dicembre 2019), la commissione nottetempo del furto deve considerarsi sufficiente ad integrare l’aggravante della minorata difesa;
  • per un secondo orientamento (su cui si veda, ad esempio, Cass. Sez. V, n. 9569 del 1 febbraio 2021), invece, la commissione del reato di notte è un elemento di per sé “neutro” e non è sufficiente, singolarmente considerato, a determinare l’applicazione dell’aggravante. L’art. 61 co. 1 n. 5 c.p., infatti, dispone che aggrava il reato l’aver approfittato di circostanze di tempo, di luogo o di persona tali da ostacolare la pubblica o la privata difesa: è pertanto necessario, secondo tale tesi, che sia accertato che in concreto la capacità di difesa sia stata menomata anche alla luce di altre circostanze.
Ebbene, questa seconda opzione ermeneutica è stata recentemente condivisa dalle Sezioni Unite.
Ciò che occorre accertare al fine di ritenere aggravato il reato, infatti, è l’ostacolo concreto arrecato alla possibilità di difesa della persona offesa, che non deve essere del tutto eliminata ma deve essere effettivamente menomata.

La ratio dell’aggravante in oggetto, infatti, è quella di assegnare un maggior disvalore alla condotta nel caso in cui l’agente approfitti di condizioni che lo agevolano nella commissione del reato, condizioni offerte dal concreto contesto in cui si verifica l’azione criminosa: ciò emerge chiaramente – precisano le Sezioni Unite – dalla Relazione del Guardasigilli al Re sul Codice Penale, secondo la quale l’aggravante deve considerarsi integrata solo se la difesa sia stata ostacolata.
La valutazione concreta sull’effettiva diminuzione della capacità di difesa, peraltro, appare alla Suprema Corte imposta dal principio di offensività, principio costituzionalmente imposto e applicabile anche in relazione anche alle circostanze, per le quali sono da ripudiare automatismi sanzionatori fondati su presunzioni assolute.

Tutte le circostanze di fatto che hanno in concreto aiutato il reo nella realizzazione del reato incidendo sulle concrete possibilità di difesa, pertanto, devono essere valorizzate secondo un giudizio di prognosi postuma, operato ex ante e in concreto. Affermano le Sezioni Unite, infatti, che l’interprete non può limitarsi a richiamare il dato astratto della commissione del reato in tempo di notte (dato che in astratto è idoneo ad ostacolare la difesa in quanto cala l’oscurità, le persone dormono, la maggior parte delle attività cessa e la vigilanza pubblica è meno intensa), dovendo considerare lo specifico contesto spazio- temporale in cui si sono verificate le vicende storico-fattuali oggetto d’imputazione, sì da enucleare, in concreto, l’effettivo ostacolo alla pubblica e privata difesa nonché l’approfittamento di essa da parte del soggetto agente.


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