Il Tribunale di Perugia ha recentemente pronunciato una sentenza di particolare interesse in materia di locazioni abitative, la n. 1282 del 25 ottobre scorso, affrontando il delicato tema dei gravi motivi che possono legittimare il recesso anticipato dell'inquilino dal contratto. La vicenda è giunta in secondo grado, a seguito dell'appello proposto da un locatore che contestava la decisione del giudice di pace perugino, il quale aveva riconosciuto la legittimità del recesso esercitato dalla conduttrice e aveva condannato il proprietario alla restituzione del deposito cauzionale.
Come emerso nel corso del procedimento, il rapporto di locazione tra le parti risaliva al maggio 2011. Dopo alcuni mesi, l'inquilina aveva comunicato la propria volontà di abbandonare l'abitazione, invocando la presenza di gravi motivi derivanti da una situazione condominiale insostenibile: rumori molesti, offese, condotte vessatorie e comportamenti ingiuriosi da parte di alcuni vicini di casa, che le avrebbero causato forti disagi e persino problemi di salute.
Il locatore non aveva ritenuto fondate tali ragioni, considerandole soggettive e non riconducibili a proprie responsabilità. Perciò, dopo il recesso della conduttrice, aveva richiesto il pagamento dei canoni non versati (pari a 2.700 euro per il periodo da settembre 2012 a giugno 2013), ottenendo inizialmente un decreto ingiuntivo dal giudice di pace di Assisi.
L'inquilina si era però opposta a questo provvedimento, sostenendo la legittimità del recesso e chiedendo, in via riconvenzionale, la restituzione del deposito cauzionale di 540 euro. Il giudice di pace di Perugia si era espresso in termini favorevoli alla donna, revocando il decreto e accogliendo la domanda di restituzione del deposito.
Di seguito, contro tale decisione, il locatore aveva proposto appello al Tribunale di Perugia, il quale è giunto alla pronuncia che qui interessa. Due erano i motivi su cui si fondava l'iniziativa del proprietario dell'unità immobiliare, contro il provvedimento del giudice di primo grado. Anzitutto, quest'ultimo avrebbe valutato in modo errato le prove, ritenendo fondate le ragioni del recesso. Inoltre, sarebbe stata mal interpretata la norma dell'art. 3 , comma 6, della legge n. 431/1998, che consente al conduttore di recedere in presenza dei gravi motivi, dandone comunicazione al locatore con un preavviso di sei mesi.
La parte appellata - ossia la conduttrice - eccepiva l'inammissibilità dell'appello per mancanza di specificità (ai sensi dell'art. 342 del c.p.c.) e, nel merito, chiedeva la conferma della sentenza, ribadendo che i motivi del suo recesso erano oggettivamente gravi e sopravvenuti, come dimostrato da documentazione e testimonianze in precedenza prodotte.
Ebbene, nel valutare il caso, il Tribunale di Perugia ha richiamato la costante giurisprudenza della Corte di Cassazione, secondo la quale i gravi motivi che giustificano il recesso anticipato dell'inquilino devono essere:
Come emerso nel corso del procedimento, il rapporto di locazione tra le parti risaliva al maggio 2011. Dopo alcuni mesi, l'inquilina aveva comunicato la propria volontà di abbandonare l'abitazione, invocando la presenza di gravi motivi derivanti da una situazione condominiale insostenibile: rumori molesti, offese, condotte vessatorie e comportamenti ingiuriosi da parte di alcuni vicini di casa, che le avrebbero causato forti disagi e persino problemi di salute.
Il locatore non aveva ritenuto fondate tali ragioni, considerandole soggettive e non riconducibili a proprie responsabilità. Perciò, dopo il recesso della conduttrice, aveva richiesto il pagamento dei canoni non versati (pari a 2.700 euro per il periodo da settembre 2012 a giugno 2013), ottenendo inizialmente un decreto ingiuntivo dal giudice di pace di Assisi.
L'inquilina si era però opposta a questo provvedimento, sostenendo la legittimità del recesso e chiedendo, in via riconvenzionale, la restituzione del deposito cauzionale di 540 euro. Il giudice di pace di Perugia si era espresso in termini favorevoli alla donna, revocando il decreto e accogliendo la domanda di restituzione del deposito.
Di seguito, contro tale decisione, il locatore aveva proposto appello al Tribunale di Perugia, il quale è giunto alla pronuncia che qui interessa. Due erano i motivi su cui si fondava l'iniziativa del proprietario dell'unità immobiliare, contro il provvedimento del giudice di primo grado. Anzitutto, quest'ultimo avrebbe valutato in modo errato le prove, ritenendo fondate le ragioni del recesso. Inoltre, sarebbe stata mal interpretata la norma dell'art. 3 , comma 6, della legge n. 431/1998, che consente al conduttore di recedere in presenza dei gravi motivi, dandone comunicazione al locatore con un preavviso di sei mesi.
La parte appellata - ossia la conduttrice - eccepiva l'inammissibilità dell'appello per mancanza di specificità (ai sensi dell'art. 342 del c.p.c.) e, nel merito, chiedeva la conferma della sentenza, ribadendo che i motivi del suo recesso erano oggettivamente gravi e sopravvenuti, come dimostrato da documentazione e testimonianze in precedenza prodotte.
Ebbene, nel valutare il caso, il Tribunale di Perugia ha richiamato la costante giurisprudenza della Corte di Cassazione, secondo la quale i gravi motivi che giustificano il recesso anticipato dell'inquilino devono essere:
- estranei o non imputabili alla volontà del conduttore;
- imprevedibili al momento della stipula del contratto;
- sopravvenuti alla costituzione del rapporto locatizio.
In altre parole, si tratta di eventi che, pur non dipendendo né dal locatore né dall'inquilino, rendono oggettivamente impossibile o eccessivamente gravosa la prosecuzione del contratto (si richiamano, tra le altre, Cass. civ. n. 12291/2012, n. 5911/2011 e n. 15620/2005).
Le prove relative a rumori e offese e al peggiorato stato di salute erano state fornite e il tribunale umbro ha ritenuto sostanzialmente corretta la valutazione compiuta dal giudice di pace. In particolare, dalle testimonianze e dalla documentazione raccolta in giudizio emergeva chiaramente che la conduttrice era stata vittima di un clima condominiale ostile e molesto, in quanto:
Le prove relative a rumori e offese e al peggiorato stato di salute erano state fornite e il tribunale umbro ha ritenuto sostanzialmente corretta la valutazione compiuta dal giudice di pace. In particolare, dalle testimonianze e dalla documentazione raccolta in giudizio emergeva chiaramente che la conduttrice era stata vittima di un clima condominiale ostile e molesto, in quanto:
- i rumori intollerabili provenienti da un appartamento adiacente erano stati confermati da più testimoni;
- con lettera, il locatore aveva invitato i condomini a tenere comportamenti più civili;
- all'epoca dei fatti, l'inquilina aveva inviato varie missive nelle quali lamentava le vessazioni e comunicava l'intenzione di recedere dal contratto;
- era stata presentata una denuncia-querela contro i vicini per comportamenti ingiuriosi e offensivi;
- persino i successivi inquilini dello stesso immobile avevano denunciato analoghe molestie da parte dei medesimi condomini.
A tutto ciò si aggiungeva la testimonianza del luogotenente dei Carabinieri, che aveva confermato i numerosi interventi richiesti dall'inquilina, per sedare i conflitti. Ma di rilievo fu altresì la deposizione del medico curante della conduttrice, secondo cui la donna aveva sviluppato una sindrome ansioso-depressiva reattiva da stress relazionale, risoltasi soltanto dopo l'abbandono dell'abitazione.
Alla luce di tali elementi, emettendo la sentenza n. 1282 di quest'anno, il Tribunale di Perugia ha concluso che i fatti denunciati erano effettivamente sopravvenuti, imprevedibili e indipendenti dalla volontà della conduttrice, e che la situazione abitativa era divenuta oggettivamente intollerabile. Conseguentemente, si palesavano i gravi motivi previsti dalla legge per interrompere immediatamente la permanenza nell'abitazione. Inoltre, per giungere alle sue determinazioni, il giudice di merito ha osservato che il locatore era perfettamente a conoscenza della gravità degli episodi, come dimostrato dalle sue stesse lettere ai condomini, e che non aveva svolto specifiche contestazioni rispetto alla restituzione del deposito cauzionale.
Il Tribunale di Perugia ha così rigettato l'appello del proprietario-locatore, confermando integralmente la sentenza del giudice di pace e - al contempo - ha confermato la legittimità del recesso contestato. Nella decisione in oggetto ha altresì condannato l'appellante al pagamento delle spese di giudizio (oltre accessori di legge).
Concludendo, questa sentenza ribadisce un principio chiave: il diritto dell'inquilino di recedere anticipatamente dal contratto di locazione per gravi motivi non richiede che tali motivi dipendano da colpe o inadempienze del locatore. Infatti, è sufficiente che le circostanze sopravvenute siano qualificabili come sopra indicato, ossia imprevedibili, estranee alla volontà arbitraria dell'inquilino e tali da rendere impossibile la prosecuzione del rapporto. Con sentenze come questa, la magistratura tutela dignità e salute dell'inquilino come valori prevalenti rispetto all'interesse economico del locatore. La pronuncia riafferma così quel principio di civiltà giuridica, secondo cui il contratto non può obbligare una persona a sopportare condizioni di vita contrarie alla serenità e alla salute personale.
Alla luce di tali elementi, emettendo la sentenza n. 1282 di quest'anno, il Tribunale di Perugia ha concluso che i fatti denunciati erano effettivamente sopravvenuti, imprevedibili e indipendenti dalla volontà della conduttrice, e che la situazione abitativa era divenuta oggettivamente intollerabile. Conseguentemente, si palesavano i gravi motivi previsti dalla legge per interrompere immediatamente la permanenza nell'abitazione. Inoltre, per giungere alle sue determinazioni, il giudice di merito ha osservato che il locatore era perfettamente a conoscenza della gravità degli episodi, come dimostrato dalle sue stesse lettere ai condomini, e che non aveva svolto specifiche contestazioni rispetto alla restituzione del deposito cauzionale.
Il Tribunale di Perugia ha così rigettato l'appello del proprietario-locatore, confermando integralmente la sentenza del giudice di pace e - al contempo - ha confermato la legittimità del recesso contestato. Nella decisione in oggetto ha altresì condannato l'appellante al pagamento delle spese di giudizio (oltre accessori di legge).
Concludendo, questa sentenza ribadisce un principio chiave: il diritto dell'inquilino di recedere anticipatamente dal contratto di locazione per gravi motivi non richiede che tali motivi dipendano da colpe o inadempienze del locatore. Infatti, è sufficiente che le circostanze sopravvenute siano qualificabili come sopra indicato, ossia imprevedibili, estranee alla volontà arbitraria dell'inquilino e tali da rendere impossibile la prosecuzione del rapporto. Con sentenze come questa, la magistratura tutela dignità e salute dell'inquilino come valori prevalenti rispetto all'interesse economico del locatore. La pronuncia riafferma così quel principio di civiltà giuridica, secondo cui il contratto non può obbligare una persona a sopportare condizioni di vita contrarie alla serenità e alla salute personale.