Una condomina e proprietaria di un'unità immobiliare, aveva presentato ricorso chiedendo la revoca giudiziale dell'amministratrice ai sensi dell'art. 1129 del c.c.. Secondo la ricorrente, infatti, la professionista si sarebbe resa responsabile di gravi errori, in particolare in relazione alla gestione di lavori straordinari legati al cosiddetto Super Sismabonus.
In breve, le contestazioni erano sostanzialmente tre. Anzitutto la donna sosteneva la nullità di una delibera assembleare, con cui erano stati approvati i lavori straordinari:
- per mancata costituzione del fondo speciale obbligatorio previsto dal comma primo, n. 4 dell'art. 1135 del c.c.;
- per indeterminatezza dell'oggetto della delibera assembleare, non essendo stato approvato né un contratto di appalto specifico né un importo preciso dei lavori.
Costituendosi in giudizio, la professionista si difese contestando integralmente le accuse nei suoi confronti. In particolare:
- in via preliminare, ha sostenuto che il ricorso fosse improcedibile, perché la condomina non aveva prima tentato di ottenere la revoca in sede assembleare;
- nel merito, ha negato in ogni caso qualsiasi irregolarità, chiedendo il rigetto del ricorso e la condanna della ricorrente per lite temeraria in base a quanto previsto dall'art. 96 del c.p.c..
Entrando nel merito della richiesta di revoca giudiziale, il giudice lombardo ha ribadito un principio fondamentale. Il provvedimento nei confronti del professionista non è affatto automatico, ma deve essere attentamente valutato dal magistrato anche in presenza di irregolarità. In sostanza, la legge attribuisce a quest'ultimo un potere discrezionale, poiché l'organo giudicante è tenuto a considerare se:
- l'inadempimento sia effettivamente imputabile all'amministratore;
- la condotta abbia effettivamente causato un danno al condominio;
- il comportamento abbia compromesso il rapporto fiduciario con i condomini.
E, in assenza di un accertamento giudiziale di nullità o annullamento delle delibere, non può immediatamente imputarsi responsabilità all'amministratore per aver dato loro esecuzione.
La ricostruzione dei fatti e la documentazione prodotta nel procedimento si sono rivelate essenziali, perché non hanno evidenziato alcuna gestione opaca o inefficiente. In particolare, dalle carte era emerso che - già alcuni anni fa - il condominio aveva effettivamente deliberato lavori straordinari, con incarico all'impresa e costituzione del fondo speciale. Successivamente, l'adunanza dei condomini dell'edificio aveva deciso di convertire l'intervento nel Super Sismabonus, imputando le somme già versate alla nuova gestione. Inoltre, da un lato il progetto, i preventivi e i piani di riparto erano stati esaminati dall'assemblea, e - dall'altro - i lavori erano stati effettivamente eseguiti e integralmente pagati, con approvazione del consuntivo finale.
Per completezza, il tribunale ha richiamato un orientamento consolidato della giurisprudenza di merito, secondo cui la mancata costituzione del fondo speciale non determina la nullità della delibera se i lavori sono già stati eseguiti, pagati e approvati a consuntivo dall'assemblea. In casi come questi, la funzione del fondo (garantire la copertura finanziaria dei lavori) era già stata comunque raggiunta, e una sua eventuale costituzione "successiva" non avrebbe alcuna utilità pratica.
Alla luce di tutto ciò, la magistratura ha concluso che - anche ipotizzando un'irregolarità nella costituzione del fondo speciale - non vi è stata, di fatto, alcuna grave compromissione della gestione condominiale, né un pregiudizio per la solvibilità del condominio, né, tantomeno, una lesione del rapporto fiduciario tale da giustificare la revoca.
Di conseguenza, la domanda della condomina è stata rigettata. Parallelamente, il giudice ha respinto altresì la richiesta di condanna della ricorrente per lite temeraria. Infatti, per ottenere una condanna per responsabilità aggravata - ricorda il tribunale di Monza - non basta che il ricorso sia infondato. Servono mala fede o colpa grave, oltre alla prova di un danno concreto e ulteriore. E, nel caso in oggetto, tali elementi non erano stati dimostrati.
Concludendo, questa pronuncia è interessante in chiave generale perché offre un messaggio chiaro ai condomini. Non basta un errore, né una delibera discutibile, per ottenere la revoca giudiziale dell'amministratore. Senza la prova di gravi irregolarità, capaci di minare la fiducia e di incidere concretamente sulla gestione del condominio, il professionista può conservare il suo incarico. E il giudice non si limita a un controllo formale, ma valuta sempre la sostanza dei fatti e gli effetti reali delle condotte contestate. È un principio di equilibrio che tutela sia i condomini, sia gli amministratori da azioni strumentali o meramente conflittuali.