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Condominio, non puoi mandare via l'amministratore se ha commesso dei semplici errori: nuova sentenza

Condominio, non puoi mandare via l'amministratore se ha commesso dei semplici errori: nuova sentenza
Revoca dell'amministratore di condominio: il tribunale spiega perché un semplice errore non basta per rimuoverlo
Una decisione del 10 dicembre scorso, pronunciata dalla Sezione II civile del tribunale di Monza, chiarisce un punto spesso frainteso nella vita condominiale. Non ogni irregolarità nella gestione giustifica la revoca giudiziale dell'amministratore. Infatti, serve qualcosa di più di un semplice errore o di una delibera contestabile. Occorrono gravi irregolarità, tali da compromettere il rapporto fiduciario con i condomini. Per capire meglio, vediamo in sintesi che cosa è successo nella vicenda giunta all'attenzione della magistratura, e quali principi emergono dal decreto emesso.

Una condomina e proprietaria di un'unità immobiliare, aveva presentato ricorso chiedendo la revoca giudiziale dell'amministratrice ai sensi dell'art. 1129 del c.c.. Secondo la ricorrente, infatti, la professionista si sarebbe resa responsabile di gravi errori, in particolare in relazione alla gestione di lavori straordinari legati al cosiddetto Super Sismabonus.

In breve, le contestazioni erano sostanzialmente tre. Anzitutto la donna sosteneva la nullità di una delibera assembleare, con cui erano stati approvati i lavori straordinari:
  • per mancata costituzione del fondo speciale obbligatorio previsto dal comma primo, n. 4 dell'art. 1135 del c.c.;
  • per indeterminatezza dell'oggetto della delibera assembleare, non essendo stato approvato né un contratto di appalto specifico né un importo preciso dei lavori.
Inoltre la condomina contestava l'avvio di un'azione monitoria (decreto ingiuntivo) fondata su una delibera ritenuta nulla, esponendo essa stessa e il condominio a un contenzioso inutile e costoso. Non solo. Al contempo, si palesava altresì una cattiva gestione contabile e amministrativa da parte dell'amministratrice, che non aveva sottoposto all'adunanza assembleare un preventivo dettagliato, un piano di riparto delle spese e la costituzione del citato fondo speciale.

Costituendosi in giudizio, la professionista si difese contestando integralmente le accuse nei suoi confronti. In particolare:
  • in via preliminare, ha sostenuto che il ricorso fosse improcedibile, perché la condomina non aveva prima tentato di ottenere la revoca in sede assembleare;
  • nel merito, ha negato in ogni caso qualsiasi irregolarità, chiedendo il rigetto del ricorso e la condanna della ricorrente per lite temeraria in base a quanto previsto dall'art. 96 del c.p.c..
Ebbene, il tribunale ha respinto subito l'eccezione di improcedibilità. Infatti, secondo il giudice, la convocazione preventiva dell'assemblea non è sempre una condizione necessaria per chiedere la revoca giudiziale dell'amministratore. Anzi, la legge, all'art. 1129 c.c., la richiede soltanto in casi specifici, ossia le gravi irregolarità fiscali e la mancata apertura o utilizzo del conto corrente condominiale. Poiché nel caso esaminato le contestazioni erano diverse, il ricorso in tribunale della condomina era pienamente ammissibile.

Entrando nel merito della richiesta di revoca giudiziale, il giudice lombardo ha ribadito un principio fondamentale. Il provvedimento nei confronti del professionista non è affatto automatico, ma deve essere attentamente valutato dal magistrato anche in presenza di irregolarità. In sostanza, la legge attribuisce a quest'ultimo un potere discrezionale, poiché l'organo giudicante è tenuto a considerare se:
  • l'inadempimento sia effettivamente imputabile all'amministratore;
  • la condotta abbia effettivamente causato un danno al condominio;
  • il comportamento abbia compromesso il rapporto fiduciario con i condomini.
Non a caso, la norma parla di amministratore che "può essere revocato" e non che "deve essere revocato". Parallelamente, la decisione ha affrontato le contestazioni sull'approvazione dei lavori straordinari e la mancata (o presunta) costituzione del fondo speciale. Ebbene, in proposito, il giudice civile ha osservato che non ogni errore gestionale costituisce una grave irregolarità, e che le delibere assembleari contestate risultavano approvate dalla maggioranza e non erano state annullate, né dichiarate nulle. Inoltre, chiarisce la magistratura, l'amministratore ha il dovere di eseguire le decisioni dell'adunanza, salvo che siano manifestamente illegittime.

E, in assenza di un accertamento giudiziale di nullità o annullamento delle delibere, non può immediatamente imputarsi responsabilità all'amministratore per aver dato loro esecuzione.

La ricostruzione dei fatti e la documentazione prodotta nel procedimento si sono rivelate essenziali, perché non hanno evidenziato alcuna gestione opaca o inefficiente. In particolare, dalle carte era emerso che - già alcuni anni fa - il condominio aveva effettivamente deliberato lavori straordinari, con incarico all'impresa e costituzione del fondo speciale. Successivamente, l'adunanza dei condomini dell'edificio aveva deciso di convertire l'intervento nel Super Sismabonus, imputando le somme già versate alla nuova gestione. Inoltre, da un lato il progetto, i preventivi e i piani di riparto erano stati esaminati dall'assemblea, e - dall'altro - i lavori erano stati effettivamente eseguiti e integralmente pagati, con approvazione del consuntivo finale.

Per completezza, il tribunale ha richiamato un orientamento consolidato della giurisprudenza di merito, secondo cui la mancata costituzione del fondo speciale non determina la nullità della delibera se i lavori sono già stati eseguiti, pagati e approvati a consuntivo dall'assemblea. In casi come questi, la funzione del fondo (garantire la copertura finanziaria dei lavori) era già stata comunque raggiunta, e una sua eventuale costituzione "successiva" non avrebbe alcuna utilità pratica.

Alla luce di tutto ciò, la magistratura ha concluso che - anche ipotizzando un'irregolarità nella costituzione del fondo speciale - non vi è stata, di fatto, alcuna grave compromissione della gestione condominiale, né un pregiudizio per la solvibilità del condominio, né, tantomeno, una lesione del rapporto fiduciario tale da giustificare la revoca.

Di conseguenza, la domanda della condomina è stata rigettata. Parallelamente, il giudice ha respinto altresì la richiesta di condanna della ricorrente per lite temeraria. Infatti, per ottenere una condanna per responsabilità aggravata - ricorda il tribunale di Monza - non basta che il ricorso sia infondato. Servono mala fede o colpa grave, oltre alla prova di un danno concreto e ulteriore. E, nel caso in oggetto, tali elementi non erano stati dimostrati.

Concludendo, questa pronuncia è interessante in chiave generale perché offre un messaggio chiaro ai condomini. Non basta un errore, né una delibera discutibile, per ottenere la revoca giudiziale dell'amministratore. Senza la prova di gravi irregolarità, capaci di minare la fiducia e di incidere concretamente sulla gestione del condominio, il professionista può conservare il suo incarico. E il giudice non si limita a un controllo formale, ma valuta sempre la sostanza dei fatti e gli effetti reali delle condotte contestate. È un principio di equilibrio che tutela sia i condomini, sia gli amministratori da azioni strumentali o meramente conflittuali.

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