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Le attenuanti generiche non si possono mai presumere e devono essere giustificate da elementi positivi

Le attenuanti generiche non si possono mai presumere e devono essere giustificate da elementi positivi
La meritevolezza dell'adeguamento della pena non può mai essere data per presunta, ma necessita di apposita motivazione dalla quale emergano gli elementi ritenuti determinanti per giustificare la mitigazione del trattamento sanzionatorio.
La Terza Sezione Penale della Corte di Cassazione, con la sentenza n. 2207/2020, ha avuto modo di pronunciarsi in materia di circostanze attenuanti generiche, chiedendosi se la meritevolezza della loro applicazione si possa considerare presunta o se, invece, essa debba essere specificamente motivata, individuando gli elementi positivi che ne giustifichino l’operatività in relazione al caso concreto.

La questione sottoposta all’esame dei giudici di legittimità traeva origine dalla vicenda che aveva visto come protagonista un uomo, il quale, dopo aver abbandonato in strada dei cuccioli di cane, lasciandoli all’interno di una cassetta di legno, era stato condannato, all’esito del giudizio abbreviato, per la fattispecie contravvenzionale di abbandono di animali, ai sensi dell’art. 727 del c.p.

Avverso tale pronuncia, l’imputato ricorreva dinanzi alla Corte di Cassazione, lamentando la violazione dell’art. 62 bis del c.p., nonché un vizio di motivazione della sentenza impugnata, considerato che, a suo avviso, il giudice di merito aveva negato l’applicazione delle richieste circostanze attenuanti generiche con una motivazione incongrua ed illogica, senza prendere in considerazione né la sua incensuratezza, né le buone condizioni di salute in cui erano stati ritrovati i cuccioli da lui abbandonati.

La Suprema Corte ha giudicato inammissibile la doglianza proposta dal ricorrente, in quanto generica e manifestamente infondata.

Secondo gli Ermellini, contrariamente a quanto affermato dal ricorrente, il giudice di merito ha motivato in maniera adeguata la propria decisione di non concedere le circostanze attenuanti generiche, considerato che, da un lato, non erano rinvenibili, dagli atti, elementi positivamente apprezzabili ai fini del loro riconoscimento, e, dall’altro, l’imputato non poteva essere ritenuto meritevole di beneficiare di un’attenuazione della pena, poiché con la sua condotta aveva dimostrato una profonda insensibilità verso degli animali indifesi.

Secondo il consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimità, peraltro, “in tema di circostanze attenuanti generiche, il giudice del merito esprime un giudizio di fatto, la cui motivazione è insindacabile in sede di legittimità, purché sia non contraddittoria e dia conto, anche richiamandoli, degli elementi, tra quelli indicati nell'art. 133 c.p., considerati preponderanti ai fini della concessione o dell'esclusione” (Cass. Pen., n. 43952/2017). Sempre secondo l’orientamento costante della Suprema Corte, poi, “nel motivare il diniego della concessione delle attenuanti generiche, non è necessario che il giudice prenda in considerazione tutti gli elementi favorevoli o sfavorevoli dedotti dalle parti o rilevabili dagli atti, ma è sufficiente che egli faccia riferimento a quelli ritenuti decisivi o comunque rilevanti, rimanendo tutti gli altri disattesi o superati da tale valutazione” (Cass. Pen., 28535/2014).

Come evidenziato dai giudici della Cassazione, secondo il loro costante orientamento, in tema di attenuanti generiche, “la meritevolezza dell'adeguamento della pena, in considerazione di peculiari e non codificabili connotazioni del fatto o del soggetto, non può mai essere data per presunta, ma necessita di apposita motivazione dalla quale emergano, in positivo, gli elementi che sono stati ritenuti atti a giustificare la mitigazione del trattamento sanzionatorio, quando la relativa richiesta non specifica gli elementi e le circostanze che, sottoposte alla valutazione del giudice, possano convincerlo della fondatezza e legittimità dell'istanza, l'onere di motivazione del diniego dell'attenuante è soddisfatto con il solo richiamo alla ritenuta assenza dagli atti di elementi positivi su cui fondare il riconoscimento del beneficio” (Cass. Pen., n. 9836/2015; Cass. Pen., n. 46568/2017).

Quanto, poi, alla lamentata mancata considerazione dell’incensuratezza dell’imputato, gli Ermellini hanno evidenziato come essa non costituisca un fattore sufficiente alla concessione delle attenuanti generiche, ai sensi di quanto previsto dal comma 3 dell’art. 62 bis del c.p.

Nonostante l’infondatezza del motivo di ricorso proposto dall’imputato, la Suprema Corte ha, comunque, annullato senza rinvio la sentenza impugnata, limitatamente alla pena inflitta, il cui ammontare è stato, quindi, rideterminato.
La Cassazione, concordemente al suo consolidato orientamento, ha, infatti, giudicato illegale la pena inflitta nel giudizio di merito, rinvenendo una violazione del comma 2 dell’art. 442 del c.p.p., come modificato dalla l. n. 103/2017, nella parte in cui dispone che nel giudizio abbreviato, in caso di condanna, “la pena che il giudice determina tenendo conto di tutte le circostanze è diminuita della metà se si procede per una contravvenzione. Come già evidenziato dagli Ermellini, infatti, la nuova previsione dell’art. 442 del c.p.p. trova applicazione anche alle fattispecie anteriori alla sua entrata in vigore, salvo che sia stata pronunciata una sentenza irrevocabile, considerato che essa, pur essendo una norma a carattere processuale, produce, comunque, degli effetti sostanziali, comportando un trattamento sanzionatorio più favorevole, seppur collegato alla scelta del rito (Cass. Pen., n. 832/2017).


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