Si ha legato in sostituzione di legittima quando il testatore, attribuendo al legittimario uno o più beni a titolo particolare, lo esclude dalla legittima in quota. Se il legittimario gratificato non è privato interamente della quota legittima, si ha legato in conto, ma non in sostituzione di legittima.
Il legato sostitutivo di legittima non era espressamente regolato nel codice anteriore, ma la frequenza con la quale nella pratica l’ereditando assegna al legittimario beni determinati, di un valore spesso eccedente quello della legittima, escludendolo contemporaneamente dalla legittima in quota, aveva richiamato l’attenzione della dottrina su questa figura dai contorni assai incerti.
Per intendere meglio la norma è opportuno indicare prima le conclusioni, alle quali si doveva arrivare in mancanza di una disposizione speciale, secondo il codice precedente, avvertendo che le opinioni sull'argomento erano assai discordanti.
Il legittimario al quale sia fatto un legato in sostituzione o a tacitazione di legittima, può, com’è ovvio, reclamare la quota legittima, ma in tal caso non può conseguire il legato ordinato dal testatore a far le veci della legittima. La volontà del legittimario deve infatti, per il suo carattere complementare, aderire interamente alla volontà complessa del testatore, che è nello stesso tempo di attribuzione e di privazione di diritti patrimoniali, di attribuzione di beni determinati e di privazione della quota legittima. Si capisce perciò come l’accettazione del legato importi necessariamente adesione del legittimario alla privazione della legittima disposta dal testatore. E poiché, da una parte, la disposizione lesiva della legittima (e quindi anche quella che priva il legittimario della quota) è disposizione valida, sebbene risolubile, e, dall’altra, la qualità di erede, anche legittimario, dipende dal conseguimento di una quota, si capisce come alla conclusione che l’accettazione del legato sostitutivo vale acquiescenza alla privazione della legittima non possa neppure opporsi la necessità della forma solenne prescritta per la rinuncia alla eredità: infatti il legittimario non rinuncia a una eredità, di cui è stato validamente privato e che solo potrebbe reclamare, ma soltanto al diritto di reclamare la quota; rinuncia, quest’ultima, per la quale non è richiesta una forma particolare. Da quel che si è detto risulta a fortiori che il legittimario, quando consegue, invece della quota legittima, il legato tacitativo, non è erede.
La determinazione della posizione del legittimario tacitato costituiva invece una grave difficoltà per la dottrina dominante, secondo la quale il legittimario è erede come tale, indipendentemente dal conseguimento di una quota. Secondo una prima tesi, posto che si trattava di una rinuncia all’eredità, questa non poteva essere che formale e non poteva perciò considerarsi implicita nell’accettazione del legato tacitativo.
Una tesi meno rigorosa si sforzava invece di distinguere fra rinunzia unilaterale, efficace erga omnes, e rinunzia contrattuale, efficace, malgrado la mancanza della forma solenne, di fronte ai coeredi. Altri infine pensavano di distinguere fra rinuncia alla quota e rinuncia alla qualità di erede, per la quale soltanto sarebbe occorsa una forma solenne.
Comunque la dottrina avvertiva, più o meno chiaramente, come la figura del lascito esigesse che il legittimario non conseguisse la legittima in quota e non assumesse la qualità di erede, anche quando a tale effetto riteneva necessaria una rinuncia formale. Dovevano ritenersi corollari della tesi che il legato sostitutivo, malgrado la sua funzione vicaria, era da considerare una liberalità a titolo particolare privativa della quota legittima: primo, che il legittimario tacitato non potesse chiedere un supplemento per l’integrazione della legittima quando il valore del legato si rivelasse inferiore al valore della legittima; secondo, che non avesse i diritti e gli obblighi dell’erede, in particolare che non fosse obbligato per i debiti ereditari; terzo, che il legato sostitutivo dovesse imputarsi sulla disponibile: conseguenza, peraltro, quest’ultima, che appariva specialmente gravosa per i disponibilitari, avuto riguardo al sistema della quota legittima fissa accolto nel codice precedente.
La disposizione in esame risolve le questioni accennate. Non occorreva specificare, come fa il primo comma, che il legittimario può rinunziare al legato tacitativo e reclamare la legittima, essendo questa una conseguenza del sistema della legittima in natura. Ma il primo comma ha anche questo significato, che il legittimario, se chiede la legittima, deve rinunciare, o meglio non può pretendere il legato: così è risolta una delle questioni indicate.
Nel secondo comma, chiarito opportunamente che, a prescindere da una rinunzia, non necessaria, il legittimario tacitato non acquista la qualità di erede, non occorreva specificare che egli non ha diritto al supplemento di legittima, né andava qui considerata l’ipotesi che il testatore abbia espressamente attribuito il diritto al supplemento, perché si tratta allora di un legato in acconto, non in sostituzione di legittima.
Infine, nel terzo comma è espressamente stabilita l’imputazione del legato sulla porzione indisponibile. In tal modo, quella funzione vicaria della legittima che è propria del legato tacitativo, ma che, come si è visto, non altera la natura del lascito, diventa rilevante. Certo, con l’introduzione del sistema della quota legittima limitatamente variabile per i discendenti, l’inconveniente della restrizione della porzione dei beni disponibile in favore dei non legittimari e rispettivamente dell’aumento di quella attribuita ai legittimari sarebbe risultato attenuato. Questo rilievo rende discutibile l’opportunità della innovazione, a parte la questione se essa tuteli un interesse veramente meritevole di protezione. L’imputazione del legato sostitutivo sulla porzione disponibile significa che il valore della legittima complessiva degli altri legittimari - per la determinazione della quale, nei casi in cui essa è variabile, fa numero anche il legittimario tacitato - va diminuito del valore del legato sostitutivo.
Ciò è possibile peraltro solo fino alla concorrenza del valore del legato col valore della quota legittima che sarebbe spettata al legittimario tacitato. Oltre questo limite, il legato, non facendo più le veci della legittima, è una liberalità non qualificata, che, come precisa il periodo finale, non può non imputarsi alla disponibile.