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Stato di abbandono: può essere dichiarato se il genitore si impegna per superare le proprie difficoltà?

Famiglia - -
Stato di abbandono: può essere dichiarato se il genitore si impegna per superare le proprie difficoltà?
Per la Cassazione non è sufficiente la prova dell’impegno ma serve che si possa prevedere con certezza il recupero delle capacità genitoriali in tempi adeguati.
La Corte di Cassazione, con sentenza n. 3546 del 4 febbraio 2022, ha affrontato il tema dei presupposti per la dichiarazione dello stato di adottabilità, chiarendo che l’impegno del genitore profuso per superare le proprie difficoltà non è condizione sufficiente per il mantenimento della responsabilità genitoriale.

Per giungere a tale conclusione, in particolare, il Supremo Collegio ha ricordato che l’adozione legittimante è una extrema ratio cui si può pervenire solo nel caso in cui la conservazione del legame con i genitori biologici – anche mediante la possibilità dell’adozione c.d. mite, che non recide cioè del tutto il rapporto tra il figlio e la famiglia d’origine – non corrisponda all’interesse del minore, in ossequio agli artt. 8 Cedu, 30 Cost., 1 L. 184/1983 e 315 bis c.c..

Tanto premesso, la Corte afferma espressamente – ponendosi in linea di continuità con un orientamento già consolidato – che “il prioritario diritto dei minori a crescere nell’ambito della loro famiglia di origine non esclude la pronuncia della dichiarazione di adottabilità quando, nonostante l’impegno profuso dal genitore per superare le proprie difficoltà personali e genitoriali, permanga tuttavia la sua incapacità di elaborare un progetto di vita credibile per i figli e non risulti possibile prevedere con certezza l’adeguato recupero delle capacità genitoriali in tempi compatibili con l’esigenza dei minori di poter conseguire una equilibrata crescita psico-fisica”.

Il caso di specie, in particolare, riguardava la sfortunata vicenda di un minore che, all’esito di una relazione dei servizi sociali e dell’audizione della madre, era stato dichiarato in stato di adottabilità. Avverso tale pronuncia del Tribunale per i minorenni avevano proposto separatamente appello i genitori, ma la Corte distrettuale aveva ritenuto corretta la decisione di primo grado in quanto era stato dimostrato:
  • che il minore aveva assistito per anni a reiterati maltrattamenti fisici all’interno dell’abitazione familiare posti in essere dal padre nei confronti della madre;
  • che il padre non aveva dimostrato alcuna volontà di recupero ma aveva continuato ad abusare di alcolici e a sottrarsi ai percorsi del Serd;
  • che anche la madre aveva abbandonato il figlio, lasciando che vivesse a lungo in un clima violento senza compiere alcuna iniziativa per offrirgli una vita accettabile e tornando più volte a vivere con il compagno insieme al figlio e che la stessa era poco consapevole dei danni arrecati al figlio e poco propensa a una funzione genitoriale responsabile;
  • che il bambino aveva iniziato a vivere serenamente solo quando è stato inserito da solo in una casa-famiglia.
La madre aveva allora impugnato questa pronuncia, dolendosi – per quanto qui di interesse – della violazione e/o falsa applicazione degli artt. 8 e [[n21laddoz]] L. 184/1983 e dell’art. [[n1111 Cost.]] in quanto non era stata considerata la sua intenzione di andare a vivere presso la casa-famiglia con il figlio e non era stata valutare la possibilità di un recupero del rapporto genitoriale senza il definitivo sradicamento del figlio dalla famiglia d’origine.
Nel dichiarare infondata tale censura, la Corte ha dunque espresso gli importanti principi su cui ci si è innanzi soffermati.


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