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Adozioni: il minore va ascoltato

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Adozioni: il minore va ascoltato
E' obbligo del giudice ascoltare il minore quando si tratta di decidere in ordine a questioni che lo riguardano.
La Corte di Cassazione con sentenza n. 9780 del 12 maggio 2016 si è pronunciata in materia di procedimenti che riguardino i figli di minore età.

In particolare, questa volta, la Cassazione si è trovata ad affrontare la questione relativa alla sussistenza o meno di un obbligo in capo al giudice di ascoltare il minore quando si tratti di decidere in ordine a questioni che lo riguardano, come, quelle relative al loro affidamento o mantenimento.

Nel caso esaminato dalla Corte, il Tribunale per i minorenni aveva dichiarato lo stato di adottabilità di una minore con una sentenza confermata anche dalla Corte d’Appello, la quale ribadiva “il giudizio di sussistenza dello stato di abbandono della minore, trovata dai servizi sociali del Comune di Vasto in stato di degrado per l’inidoneità della madre, affetta da malattia mentale, a fornirle l’adeguata assistenza, mentre il padre si era allontanato verso altra città con una nuova compagna, lasciando la minore in quelle condizioni, e gli altri parenti, compresa la nonna, non si erano resi conto della situazione, né perfino del fatto che la bambina non frequentasse ancora la prima elementare, pur avendone l’età”.

Ebbene, a fronte di tali decisioni, la madre della bimba e la nonna, proponevano ricorso in Cassazione, ritenendo la sentenza emanata dalla Corte d’Appello ingiusta, poichè la Corte “non aveva ritenuto illegittimo l’omesso ascolto del minore da parte del tribunale”.

Secondo le ricorrenti, inoltre, la conferma della dichiarazione di adottabilità sarebbe stata ingiusta anche perché “dopo la fase acuta della malattia mentale della madre, questa era migliorata ed in grado di occuparsi della minore; quanto alla nonna, essa era disponibile a prendersi cura della minore, come invece la corte del merito aveva contraddittoriamente escluso, pur dando atto della sussistenza di rapporti significativi con la minore stessa”.

Giunti al terzo grado di giudizio, la Corte di Cassazione sottolineava il principio (sancito dall’art. 6 della Convenzione di Strasburgo del 25 gennaio 1996) secondo cui “il giudice ha l’obbligo di sentire i minori in tutti i procedimenti che li concernono, al fine di raccoglierne le opinioni, le esigenze e la volontà, salvo che egli motivi espressamente la non corrispondenza dell’ascolto alle esigenze del minore stesso, che quell’ascolto sconsiglino”.
Inoltre, proseguiva la Corte, “qualora particolari circostanze lo richiedano, l’obbligo può essere assolto anche indirettamente, attraverso una delega specifica a soggetti terzi esperti”.

Ciò premesso, secondo la Cassazione, nel caso di specie, la sentenza della Corte d’Appello era del tutto legittima, dal momento che la minore era stata ascoltata “dai consulenti tecnici d’ufficio nominati dal tribunale” e che “il giudice di primo grado aveva autorizzato espressamente il consulente tecnico ad avvalersi di esperto psicodiagnostico”.

Peraltro, rilevava la Cassazione come “la motivazione della corte del merito dà conto di plurimi e rilevanti episodi, nonché delle numerose indagini di merito espletate, avendo essa proceduto alla rigorosa valutazione dell’impossibilità di prestare assistenza materiale e morale alla minore al fine di escluderne la transitorietà, ed alla negazione della riconducibilità di fattori causali derivanti da forza maggiore, in modo da acquisire la certezza della continuità, stabilità, definitività delle condizioni obiettive e soggettive accertate, nonché il rischio danni irreversibili nello sviluppo psicofisico della minore stessa”.

In conclusione, se è vero che il giudice ha l’obbligo di ascoltare i minori nei procedimenti che li riguardano, nel caso di specie, la minore in questione era stata sentita e dalle indagini effettuati risultava accertato lo stato di abbandono stabile e irreversibile della stessa.

Di conseguenza, la Cassazione riteneva di non dover aderire alle considerazioni effettuate dalla madre e dalla nonna della minore, confermando la sentenza del Tribunale per i minorenni e della Corte d’appello che avevano dichiarato lo stato di adottabilità della minore.


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