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Sanatoria abusi edilizi: chi prova a quando risale l’opera?

Sanatoria abusi edilizi: chi prova a quando risale l’opera?
Spetta al privato l’onere di provare che l’opera abusiva è stata ultimata in un’epoca per la quale è possibile la sanatoria.
Il Consiglio di Stato, con sentenza n. 7543 del 12 novembre 2021, è tornato sul tema della sanatoria degli abusi edilizi, prendendo una chiara posizione circa la questione dell’individuazione del soggetto su cui grava l’onere della prova della data di costruzione dell’opera nei procedimenti in sanatoria.

Si legge infatti in tale recente pronuncia che deve confermarsi il consolidato orientamento della giurisprudenza amministrativa per cui l’onere probatorio incombe sul privato che ha interesse ad ottenere la sanatoria, essendo egli nella materiale disponibilità della documentazione a ciò necessaria secondo il principio della vicinanza della prova.
Solo nel caso in cui il privato deduca elementi concreti di riscontro, perciò, la Pubblica Amministrazione resistente sarà onerata di fornire prova contraria al fine di evitare la sanatoria.
Nel caso in cui, invece, il privato non fornisca congrua dimostrazione della data di realizzazione dell’abuso edilizio, in modo da non consentire la verifica dei presupposti per il condono, la sua domanda andrà inevitabilmente rigettata in quanto - precisa il Consiglio di Stato - si dovrà ritenere insussistente ogni certezza in ordine all’epoca di realizzazione del manufatto.

Al fine di ottenere il permesso di costruire in sanatoria e godere così del condono edilizio, pertanto, il privato interessato deve produrre documentazione certa e univoca, fondata comunque su elementi oggettivi. Nessun valore probatorio, nello specifico, può invece assegnarsi:
  • a dichiarazioni rese da terzi, che nel processo amministrativo potranno valere da meri indizi;
  • all’atto sostitutivo di notorietà, che è soltanto un mezzo utile per introdurre la prova testimoniale nel processo amministrativo, ove anch’esso può valere come semplice indizio in assenza di altri elementi gravi precisi e concordanti.
Il caso giunto al vaglio del Consiglio di Stato, in particolare, riguardava un soggetto che aveva costruito, in assenza del necessario permesso di costruire, un immobile nel Comune di Padova, il quale nel 2004 aveva presentato, successivamente alla costruzione, istanza di rilascio del permesso di costruire in sanatoria. Il c.d. “terzo condono edilizio”, previsto dall'art. 32 del D.L. n. 269/2003, aveva infatti riaperto i termini della sanatoria già introdotta con le Leggi n. 47/85 e 724/94 alle opere realizzate abusivamente e completate entro il 31 marzo 2003.
La Pubblica Amministrazione, tuttavia, comunicava al privato istante il preavviso di rigetto, segnalando che da alcuni rilievi aerofotogrammetrici era emerso che fino al novembre 2003 l’opera abusiva non era ancora stata costruita.
Il privato aveva quindi proposto ricorso al Tar. Il Tribunale Amministrativo, tuttavia, aveva rigettato il ricorso ritenendo
  • in fatto, che l’opera fosse effettivamente stata costruita dopo il periodo in relazione al quale poteva concedersi la sanatoria;
  • in diritto, che l’onere della prova doveva gravare sul ricorrente, il quale avrebbe dovuto dimostrare quindi che l’opera era stata già realizzata in data 31 marzo 2003.
Avverso tale sentenza il privato aveva quindi proposto appello, sostenendo di aver adeguatamente dimostrato la realizzazione dell’immobile entro la data in questione. Nel ritenere siffatta impugnazione infondata, quindi, il Consiglio di Stato ha espresso il chiaro principio di cui si è dato precedentemente conto.


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