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Posso dire bugie alla polizia?

Posso dire bugie alla polizia?
Se si viene ascoltati dalla polizia, si deve dire sempre la verità o è possibile mentire?
Dire il falso alla polizia giudiziaria è reato? La legge obbliga a dire sempre la verità? Le regole cambiano a seconda che il soggetto ascoltato venga sentito come “indagato” o come “persona informata sui fatti” (soggetto che può dare informazioni utili per le indagini).


Quando la polizia ascolta un soggetto come “indagato” (art. 350 c.p.p., artt. 64, 65 e 370 c.p.p.), egli non ha un obbligo penalmente sanzionato di dire la verità. Anzi, può decidere di rimanere in silenzio.
Questa regola conosce però un’eccezione: l’indagato deve dire la verità sulla propria identità personale.


Dunque, l’indagato può decidere di non dire nulla, avvalendosi della facoltà di non rispondere (art. 64, comma 2 lett. b) c.p.p.).
Invece, se l’indagato risponde, egli può mentire. Il codice (art. 384, comma 1 c.p.) prevede che non sia punibile il soggetto che ha commesso reati contro l’amministrazione della giustizia in quanto costretto dalla necessità di salvarsi da un grave e inevitabile pregiudizio nella libertà o nell’onore (come è l’indagato rispetto ad una condanna penale).


Peraltro, il codice penale punisce solo i reati di falsa testimonianza (art. 372 c.p.) e di false informazioni al pubblico ministero (art. 371 bis c.p.): reati che riguardano solo il soggetto “testimone” o “informato sui fatti”.


Però, c’è un limite alla possibilità di mentire dell’indagato. L’indagato, dicendo il falso, può commettere reato se, abusando del diritto di difesa, ostacola l’amministrazione della giustizia: sono puniti la simulazione di reato ex art. 367 c.p. e la calunnia di cui all’art. 368 c.p.


Invece, se un soggetto viene ascoltato dalla polizia come “persona informata sui fatti”, costui ha l’obbligo di rispondere e di rispondere secondo verità.


Innanzitutto, il possibile testimone ha l’obbligo di rispondere, salvo alcune eccezioni. Non ha l’obbligo di rispondere in caso di domande su fatti da cui potrebbe emergere responsabilità penale (art. 198, comma 2 c.p.p.), se egli è prossimo congiunto dell’imputato (art. 199 c.p.p.) o se può opporre il segreto professionale, d’ufficio e di Stato (artt. 200, 201, art. 202 del c.p.p. e 203 c.p.p.).


Il soggetto ha l’obbligo di dire la verità ex art. 198, comma 1 c.p.p. (con una serie di rinvii tra gli artt. 351, 362 e 198 c.p.p., il codice estende l’obbligo di dire la verità, previsto specificamente per il testimone, anche alla persona informata).


In questo caso, se si dice il falso, quale reato si realizza? Il nostro sistema non sanziona penalmente la violazione dell’obbligo di verità quando la polizia ascolta di propria iniziativa o su delega del pubblico ministero: è punito solo il reato di false informazioni rese al pubblico ministero ex art. 371 bis c.p..
Al massimo, il soggetto informato, mentendo, potrebbe aiutare un’altra persona a sottrarsi alle indagini, commettendo così il reato di favoreggiamento personale ai sensi dell’art. 378 c.p.


Però, se il possibile testimone, mentre risponde alla polizia, dice qualcosa da cui emergono indizi di colpevolezza a suo carico?
Ai sensi dell’art. 63, comma 1 c.p.p., la polizia deve bloccare l’ascolto della persona, deve avvertirla che potranno esserci indagini nei suoi confronti a seguito delle dichiarazioni rese e deve invitarla a nominare un proprio difensore. Le dichiarazioni dette fino a quel momento non potranno essere usate contro la persona che le ha rese.


E se un soggetto, che dovrebbe essere sentito come “indagato”, viene ascoltato come “persona informata sui fatti”? L’art. 63, comma 2 c.p.p. stabilisce che quanto detto non potrà essere utilizzato in alcun modo.


Nel dubbio, comunque, è preferibile non dire il falso: mentire può portare sempre conseguenze.


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