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Mutuo, non hai diritto al rimborso dei soldi versati durante la convivenza in caso di separazione: novità Cassazione

Mutuo, non hai diritto al rimborso dei soldi versati durante la convivenza in caso di separazione: novità Cassazione
Se paghi il mutuo della casa dell’ex durante la convivenza, hai diritto al rimborso? Scopri cosa ha deciso la Cassazione nell’ordinanza 11337/2025
In tema di mutui per l'acquisto di una casa e diritti e doveri dei conviventi, con l'ordinanza 11337/2025 la Cassazione ha recentemente ricordato un importante principio giurisprudenziale: i versamenti di denaro eseguiti da un convivente a favore dell'altro, nell'ambito del periodo di convivenza more uxorio (cioè tra persone non sposate ma conviventi in modo stabile), sono oggetto di adempimento di un'obbligazione naturale. E, proprio per questo, ne scaturisce l'impossibilità di chiederne il rimborso alla fine della relazione affettiva.

Nel caso concreto, deciso dai giudici di piazza Cavour, un uomo aveva citato in tribunale la ex convivente, chiedendone la condanna alla restituzione di circa 20mila euro, a compensazione dei suoi anteriori e spontanei esborsi. Nel triennio di permanenza sotto lo stesso tetto, l'attore era stato, tra i due, il solo percettore di reddito e aveva pagato le spese del mutuo relative all'appartamento di proprietà della donna, all'epoca senza stipendio. Dopo la fine della storia sentimentale scelse la via dell'azione legale per la ripetizione di quanto precedentemente corrisposto, ai sensi dell'art. 2033 del c.c. e dell'art. 2041 del c.c., non essendo stati rispettati - a suo dire - i principi di proporzionalità ed adeguatezza dei versamenti, tenuto conto dell'importo dello stipendio percepito, delle proprie condizioni sociali e patrimoniali e delle normali necessità quotidiane.

In particolare - come si legge nel testo dell'ordinanza - secondo il ricorrente le sue elargizioni sarebbero del tutto sproporzionate e in eccesso rispetto alle sue possibilità quale solvens e - anzi - avrebbero determinato un indebito arricchimento a favore dell'ex convivente. Ecco perché, nella disputa giudiziaria, l'uomo sosteneva la fondatezza del suo diritto a ottenere la restituzione di almeno metà della somma, a suo tempo versata per sostenere le spese in convivenza.

Dopo i primi due gradi di giudizio la disputa è giunta in Cassazione, la quale ha ribadito che - con particolare riferimento all'esecuzione degli obblighi di assistenza morale e materiale nascenti dalla formazione sociale della convivenza more uxorio - i versamenti di denaro eseguiti dal convivente a favore dell'altro, durante il rapporto affettivo sotto lo stesso tetto, non possono essere restituiti. Entra, infatti, in gioco la citata obbligazione naturale di cui all'art. 2034 del c.c., ossia un dovere morale o sociale che, pur non essendo giuridicamente coercibile (cioè non può essere imposto da un giudice), produce effetti se spontaneamente adempiuto. In termini pratici, una volta che il soggetto - in forma di collaborazione verso il convivente - ha volontariamente eseguito la prestazione (ad es. un pagamento), non può più chiederne la restituzione.

Quindi, in questo caso, nessun arricchimento senza causa. Anzi, per la Suprema Corte l'importo complessivo versato per sostenere le rate mensili del mutuo era corrispondente a quanto di solito è speso dagli inquilini a titolo di canone di locazione per un appartamento; conseguentemente, risultava proporzionato e, come tale, da ricondursi pienamente ad una forma di collaborazione e di assistenza morale e materiale, doverosa nell'ambito di un consolidato rapporto affettivo.

Infine, nell'ordinanza in oggetto la Cassazione ha anche rimarcato che, nel solco del principio che precede e sulla scorta di una linea giurisprudenziale solida (cfr. Cass. n. 14732/2018 e n. 11303/2020), è configurabile l'ingiustizia dell'arricchimento di un convivente more uxorio ai danni dell'altro nel caso di prestazioni, compiute dal secondo a vantaggio del primo, che esulino dal mero adempimento delle obbligazioni nascenti dal rapporto di convivenza e travalichino i limiti di proporzionalità e di adeguatezza.

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