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Se l’alcoltest risulta positivo è la pubblica accusa a dover provare il regolare funzionamento dell’etilometro

Se l’alcoltest risulta positivo è la pubblica accusa a dover provare il regolare funzionamento dell’etilometro
Muta l’orientamento di legittimità in tema di guida in stato di ebbrezza: è l'accusa a dover provare il regolare funzionamento dell’etilometro, la sua omologazione e la sua tempestiva revisione.
Con sentenza del 26 ottobre del 2017, il Tribunale di Pavia, a seguito di giudizio abbreviato, condannava l’imputato alla pena di mesi 4 di arresto ed euro mille di ammenda per il reato di cui all’art. 186, comma 2, lett. C), C.d.S. (guida in stato di ebbrezza dovuta all’assunzione di sostanze alcoliche).
Con un solo motivo di doglianza l’imputato impugnava il provvedimento giurisdizionale, deducendo che spettasse all’accusa l’onere della prova dell’attendibilità dell’etilometro.
Anche la Corte di Appello, tuttavia, confermava la condanna dell’imputato.
L’esito positivo dell’alcoltest sarebbe sufficiente a costituire prova della sussistenza dello stato di ebbrezza e, semmai, l’imputato dovrebbe fornire la prova contraria a tale accertamento, dimostrando vizi o errori di strumentazione o di metodo nell’esecuzione dell’aspirazione ovvero vizi correlati all’omologazione dell’apparecchio.
Successivamente, è la Corte di Cassazione ad essere investita della cognizione della questione. Tramite ricorso, infatti, si è contestato che l’etilometro risultasse solo omologato e non sottoposto alla revisione periodica di cui all’art. 379, comma 8, D.P.R. n. 495/2002 e che l’onere della prova sul punto spettasse alla pubblica accusa. Si è così posto in evidenzia il ruolo della revisione, che costituirebbe l’unica operazione a garanzia della precisione dello strumento, nonché dell’attendibilità del risultato.
Con sentenza del 19 settembre del 2019, n. 38618, la Suprema Corte ha ritenuto il ricorso fondato, annullando con rinvio la sentenza di condanna emessa in secondo grado. In particolare, si è precisato che, nonostante in tema di guida in stato di ebbrezza vi fosse orientamento consolidato secondo cui, allorquando l’alcoltest risulti positivo, costituisce onere della difesa dell’imputato fornire prova contraria, la fattispecie concreta debba essere ritenuta riconducibile a quella definita con sentenza della Corte Costituzionale n. 113 del 2015.
Con tale pronuncia era stata dichiarata l’illegittimità costituzionale dell’art. 45, co. 6, D. Lgs. n. 285 del 1992, in riferimento all’art. 3 Cost., nella parte in cui non prevede che le apparecchiature destinate all’accertamento delle violazioni del limite di velocità siano sottoposte a verifiche periodiche di funzionalità e taratura, così esonerando gli utilizzatori dall’obbligo di verifica periodica di funzionamento e taratura delle apparecchiature.
Come ricordava la Corte Costituzionale in detta circostanza “qualsiasi strumento di misura, specie se elettronico, è soggetto a variazioni delle sue caratteristiche e quindi a modifiche dei valori misurati dovute ad invecchiamento delle proprie componenti e ad eventi quali urti, vibrazioni, shock meccanici e termici, mutamenti della tensione di alimentazione”, accadimenti questi che rendono irragionevole l’esonero delle apparecchiature da verifiche periodiche.
I suddetti principi sono stati ripresi in primis dalla Cassazione civile (Sez. 6 civ., Ord. n. 1921/2019), attribuendo, in buona sostanza, l’onere probatorio circa l’avvenuta attività strumentale di controllo in capo alla Pubblica Amministrazione.
La giurisprudenza di legittimità penale aveva, fino ad ora, privilegiato le esigenze di tutela della sicurezza stradale, in luogo dell’opposto interesse dell’imputato ad ottenere tutela in presenza di accertamenti automatici con apparecchi (autovelox ed etilometri), dei quali le amministrazioni non sarebbero in grado di dimostrare l’aggiornata taratura.
Immediato precipitato logico era che il privato, stante la sufficienza della sola omologazione, avrebbe dovuto dimostrare l’effettivo difetto di funzionamento dell’apparecchio. Onere probatorio inasprito dalla situazione di non materiale disponibilità dell’apparecchio (posseduto dalla P.A.).

Tale conclusione avrebbe condotto ad un risultato paradossale: il privato avrebbe potuto essere punito per un fatto di reato ancor prima che per un illecito amministrativo, richiedendo quest'ultimo un onere probatorio meno rigoroso per il ricorrente.

La Corte ha affermato che, se si ragionasse in tal senso, “ne deriverebbe la conseguenza irrazionale- incidente anche sul profilo sostanziale- secondo cui una medesima fattispecie potrebbe costituire solo illecito penale e non illecito amministrativo, in totale contrasto col principio di sussidiarietà del diritto penale […]”.
Nell’ottica, dunque, di una necessaria armonizzazione tra i settori civile, penale ed amministrativo, la Corte si è resa conforme alla giurisprudenza civile citata in tema di onere probatorio.
In ottica processuale, inoltre, va ricordato che è la Pubblica accusa a dover provare i fatti costitutivi del reato.

Chiara è la Cassazione in tal senso: “La parte che allega un fatto (nella specie: superamento del tasso alcolemico), affermandolo come storicamente avvenuto, deve introdurre nel processo elementi di prova idonei a dimostrarne la veridicità. L’onere della prova dell’imputato di dimostrare il contrario può sorgere solo in conseguenza del reale ed effettivo accertamento da parte del pubblico ministero del regolare funzionamento e dell’espletamento delle dovute verifiche dell’etilometro”.


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