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Articolo 43 Codice Penale

(R.D. 19 ottobre 1930, n. 1398)

[Aggiornato al 02/03/2024]

Elemento psicologico del reato

Dispositivo dell'art. 43 Codice Penale

Il delitto:

è doloso, o secondo l'intenzione, quando l'evento dannoso o pericoloso, che è il risultato dell'azione od omissione e da cui la legge fa dipendere l'esistenza del delitto, è dall'agente preveduto e voluto come conseguenza della propria azione od omissione(1);

è preterintenzionale, o oltre l'intenzione, quando dall'azione od omissione deriva un evento dannoso o pericoloso più grave di quello voluto dall'agente(2);

è colposo, o contro l'intenzione, quando l'evento, anche se preveduto, non è voluto dall'agente e si verifica a causa di negligenza o imprudenza o imperizia, ovvero per inosservanza di leggi, regolamenti, ordini o discipline(3).

La distinzione tra reato doloso e reato colposo, stabilita da questo articolo per i delitti(4), si applica altresì alle contravvenzioni, ogni qualvolta per queste la legge penale faccia dipendere da tale distinzione un qualsiasi effetto giuridico.

Note

(1) La responsabilità penale assume la forma tipica del dolo, se non è diversamente stabilito dalla legge. La norma in esame è però ambigua a riguardo di cosa debba intendersi per esso. Di qui sono sorti numerosi dibattiti dottrinali, i cui principali esiti sono rappresentati dalle teorie dell'intenzione, della rappresentazione e della volontà. Secondo la prima di queste, il dolo è la volontà di cagionare l'evento come fine ultimo della condotta, mentre la seconda lo ravvisa nella volontà della condotta e nella previsione dell'evento. Si tratta di visioni criticate, in quanto la prima sarebbe troppo restrittiva perché non vi rientrerebbe il dolo eventuale, mentre la seconda farebbe ricomprendere nell'ambito del dolo addirittura la colpa cosciente. Oggi domina quindi la teoria della volontà che ritiene il dolo coscienza e volontà sia del fatto costitutivo che dell'evento tipico, ricomprendendo così il dolo eventuale, ma non la colpa cosciente. In ogni caso vi è concordanza nell'identificare nell'elemento soggettivo in esame due momenti:quello rappresentativo ed quello volitivo. Quindi il soggetto deve rappresentarsi gli elementi precedenti o concomitanti alla sua condotta ovvero deve avere conoscenza di presupposti, mezzi, luogo, oggetto materiale, soggetto passivo, etc. (si pensi al cacciatore che spara convinto di colpire un animale e invece colpisce un uomo che si trovava nascosto. Ovviamente non potrà essere imputato di omicidio doloso) e degli elementi valutati in base a regole giuridiche, di cui è sufficiente la rappresentazione nella loro dimensione sociale, non essendo necessario che l'agente abbia di questi una conoscenza "giuridica" (se un soggetto dispone di una cosa ignorandone l'altruità, in quanto se ne ritiene proprietario, non risponderà del reato di furto di cui all'art. 624 del c.p.). Alla rappresentazione deve accompagnarsi la volizione da parte dell'agente sia della condotta che dell'evento (quindi se, ad esempio, cadendo accidentalmente una pistola, il colpo ferisce un soggetto, colui che teneva l'arma non potrà essere imputato di lesioni volontarie. Alcuni ritengono che si debba poi aggiungere un terzo momento ovvero la coscienza dell'antigiuridicità del fatto. Per aversi, ma il punto non trova accordo in dottrina.
Per quanto attiene invece alle forme del dolo si deve distinguere tra: a) dolo diretto o intenzionale, se c'è corrispondenza tra l'evento conseguito e quello voluto e rappresentatosi dall'agente; dolo indiretto manca tale corrispondenza in quanto l'evento non è stato intenzionalmente o direttamente voluto. Il dolo indiretto si divide poi in dolo eventuale, se l'agente non vuole un certo evento, ma ne accetta la possibilità, quindi pone in atto la condotta, accettando il rischio che esso si verifichi (si pensi al gioco macabro dei massi gettati dai cavalcavia per colpire le macchine), dolo alternativo, quando il soggetto il soggetto si configura la possibilità del verificarsi di due eventi (es.: ferimento o morte della vittima) e gli è indifferente quale si produrrà, dolo indeterminato, quando l'azione è posta in essere volendo alternativamente o cumulativamente più eventi (es.: Tizio spara contro due persone, risultandogli indifferente cagionare la morte o il ferimento di uno od entrambe le vittime); b) dolo d'impeto, se è una decisione improvvisa che porta all'azione; c) dolo di danno, quando si vuole effettivamente ledere il bene protetto della norma; dolo di pericolo, quando la volontà risiede nella sola minaccia (es.: delitto di attentato). In riferimento poi al lasso temporale si parla di dolo iniziale, presente solo nel momento della condotta (es.: un coniuge avvelena l'altro, ma poi, pentitosi, accompagna la vittima in ospedale per salvarla); dolo concomitante, alla condotta e lo svolgimento del processo causale dell'evento; dolo successivo, al compimento dell'azione od omissione (es.: un chirurgo per un errore operatorio provoca una emorragia al paziente e fa poi in modo che essa abbia esito letale). Infine si distingue tra dolo generico, quando il reato viene integrato con il semplice fatto descritto dalla norma incriminatrice (es.: omicidio) e dolo specifico, quando la legge fa espresso riferimento ad una determinata finalità, che basta sia solo sia astrattamente perseguita (es.: il furto presuppone la finalità il profitto).
(2) Si parla di preterintenzione quando si verifica un evento più grave di quello voluto dal soggetto, ovviamente solo qualora sussista un nesso causale con la condotta (v. 40). Per esemplificare si pensi all'ipotesi in cui l'agente voleva solo percuotere o ledere ed invece si verifica la morte della vittima. Si avrà omicidio preterintenzionale (v. 584). Riguardo la configurazione della preterintenzione, una parte minoritaria della dottrina la considera come dolo misto a responsabilità oggettiva, mentre l'orientamento dominante, sulla base anche di quanto dispone il dettato normativo che distingue tra responsabilità oggettiva e preterintenzione, la identifica come dolo misto a colpa, in quanto il dolo riguarderebbe l'evento minore, mentre la colpa quello più grave.
(3) La colpa richiede non solo che la condotta sia attribuibile alla volontà del soggetto (art. 42, c. 1), ma anche che l'evento non sia voluto, nemmeno in modo indiretto, e soprattutto che vi sia stata imprudenza, negligenza, imperizia (colpa generica) od inosservanza di leggi, regolamenti, ordine o discipline (colpa specifica). A base della colpa vi è la prevedibilità ed evitabilità dell'evento ovvero la possibilità, accertata in concreto, per l'agente di rappresentarsi nella mente l'evento dannoso come conseguenza di una certa azione od omissione e di scongiurare l'evento, rispettando precise regole cautelari connessa alla violazione di specifiche norme poste da legge, regolamento, ordini e discipline. La dottrina distingue poi tra colpa propria, quando non vi è volontà dell'evento e colpa impropria, quando invece l'evento è voluto, come nelle ipotesi di l'eccesso colposo (v. 55), l'errore nelle cause di giustificazione (v. 59 4) ed l'errore di fatto determinato da colpa (v. 47 1). Si ha invece colpa incosciente, se il soggetto non si rende conto che la sua condotta potrebbe provocare eventi dannosi e colpa cosciente, o colpa con previsione, se l'agente si rappresenta l'evento come possibile conseguenza della sua condotta, ma ha sicura fiducia che esso non si verificherà (si pensi all'ipotesi in cui un soggetto conduce un'auto ad alta velocità in centro cittadino, rendendosi conto della possibilità di un investimento, ma è fiducioso nella sua abilità di guida). Si differenzia dal dolo eventuale, perché l'accettazione del rischio del verificarsi dell'evento dannoso, propria di quell'ipotesi di dolo. Si ricordi poi la colpa professionale, inerente gli illeciti penali compiuti da un professionista nell'esercizio della sua attività. In questo caso si ritiene si applichi quanto previsto dalla norma in esame e non le disposizioni di cui all'art. 2236 del c.c., che prevede che il professionista possa rispondere solo per colpa grave (con esclusione, quindi, dei fatti commessi con colpa media o lieve).
(4) Differentemente dai delitti che sono normalmente puniti dal legislatore per dolo, a patto che la legge non parli espressamente di colpa o preterintenzione come nelle ipotesi previste dagli articoli art. 589 del c.p. e art. 584 del c.p., le contravvenzioni sono punite sia se commesse con dolo che con colpa. Ciò però non esclude che possa essere rilevante stabilire se la colpevolezza abbia assunto la forma del dolo o della colpa, soprattutto per quanto riguarda la commisurazione della pena (133) e la dichiarazione di abitualità nel reato (104). Si ricordi poi che vi sono alcune contravvenzioni punibili solo a titolo di dolo (es.: 660, molestie e disturbo alle persone) ed altre punibili solo a titolo di colpa (es.:712, incauto acquisto, perché se doloso scatterebbe il più grave reato di ricettazione (648).

Ratio Legis

La norma specifica le diverse articolazioni della colpevolezza in cui si estrinseca l'elemento soggettivo del reato: dolo, preterintenzione e colpa.

Brocardi

Culpa

Spiegazione dell'art. 43 Codice Penale

L'articolo in oggetto disciplina le fondamentali differenze che intercorrono tra i vari elementi soggettivi del reato, la cui esistenza è necessaria ai fine dell'imputazione di colpevolezza ed alla conseguente punibilità del colpevole.

Innanzitutto la differenza principale è tra dolo e colpa. Mentre il primo elemento si verifica quando l'evento dannoso o pericoloso è voluto o preveduto dall'agente come conseguenza della sua azione od omissione, il secondo elemento, la colpa, è presente quando l'evento, anche se preveduto o prevedibile, non è direttamente voluto dall'agente (manca quindi il dolo vero e proprio) e si verifica a causa di negligenza, imprudenza o imperizia, ovvero per inosservanza di leggi, regolamenti, ordini o discipline.

Per quanto riguarda più da vicino la colpa, la punibilità è correlata alla violazione di regole cautelari scritte ( leggi, regolamenti, ordini o discipline) o non scritte (per negligenza, imprudenza o imperizia), le quali impongono l'adozione di necessarie cautele al fine di impedire la messa in pericolo di determinati beni giuridici considerati rilevanti dal legislatore.

Per quanto concerne invece il dolo, nella dottrina moderna i criteri su cui si fondano le diverse forme di dolo si distinguono essenzialmente, da un lato, sulla direzione della volontà del soggetto, dall'altro, sul grado di prevedibilità concreto o astratto.

L'orientamento più consolidato distingue tra dolo intenzionale, che si realizza quando la volontà è rivolta al diretto perseguimento dell'evento; dolo diretto, in cui l'evento non è direttamente voluto, ma, essendo previsto come conseguenza altamente probabile, viene accettato; dolo eventuale, che sussiste quando l'agente, ponendo in essere una condotta diretta ad altri scopi, si rappresenta la concreta possibilità del verificarsi di ulteriori conseguenze della propria azione e, nonostante ciò, agisce accettando il rischio di cagionarle. È da precisare che, nell'ipotesi di dolo eventuale, il fine perseguito non deve per forza avere natura illecita, ben potendo l'agente aver agito per scopi leciti, accettando però il rischio che dalla propria condotta scaturiscano effetti illeciti.

L'accettazione del rischio è quella che, seconda la dottrina e la giurisprudenza più moderne contraddistingue il dolo eventuale dalla c.d. colpa cosciente (in cui il soggetto risponderà solo a titolo di delitto colposo ove espressamente previsto, unitamente all'aggravante della previsione dell'evento ex art. 61, n. 3), dato che in quest'ultima il soggetto si rappresenta il rischio che la sua azione od omissione causi un determinato evento dannoso o pericoloso, ma esso non è da lui assolutamente voluto e, confidando nelle sue abilità personali o nella fortuna, spera sinceramente che non vi sarà alcun esito infausto come conseguenza della sua condotta.

Per quanto riguarda il delitto preterintenzionale (figura autonoma di reato prevista praticamente solo in Italia), esso è presente in sole due fattispecie di reato, ovvero l'omicidio preterintenzionale (art. 584) e l'aborto preterintenzionale (art. 18 L. 194/1978).
Per la configurabilità della preterintenzione è necessaria la volizione di un evento e la realizzazione involontaria di un evento più grave, causalmente collegato (art. 40).

Nell'omicidio preterintenzionale, ad esempio, l'agente vuole percuotere o ledere il soggetto passivo, ma non fino al punto di provocarne la morte.
Se, per contro, le percosse o le lesioni sono solo un mezzo, e l'agente vuole provocare la morte della persona offesa, egli risponderà di omicidio volontario.

La dottrina e la giurisprudenza più moderne hanno nondimeno chiarito che, per aversi delitto preterintenzionale, il soggetto agente deve aver almeno potuto prevedere l'evento morte, mentre non ne risponderà qualora il decesso sia una conseguenza assolutamente abnorme ed imprevedibile, secondo le massime di esperienza.

Massime relative all'art. 43 Codice Penale

Cass. pen. n. 13277/2023

In tema di reati colposi per violazione delle norme sulla circolazione stradale, il conducente ha l'obbligo di garantire la corretta manutenzione e la sicurezza del mezzo, sicché è responsabile per le lesioni causate ad un pedone dalla sporgenza tagliente della carrozzeria del veicolo in sosta.

Cass. pen. n. 46467/2022

In tema di reati contro la persona, l'omicidio preterintenzionale si configura allorquando la morte della vittima sia eziologicamente legata alla condotta diretta soltanto a percuotere o a ledere e costituisca l'evento non voluto e non previsto, pur se in concreto ragionevolmente prevedibile, che concretizza la specifica situazione di rischio generata dal reo con il suo illecito.

Cass. pen. n. 34021/2022

Quando la condotta dell'agente sia consapevolmente diretta a uccidere, ma l'evento si verifica non per effetto di quella condotta, ma di altra, successiva, posta in essere dallo stesso agente nell'erronea convinzione che la vittima sia già deceduta, l'omicidio non può essere imputato a titolo di dolo, se non sotto il profilo del delitto tentato, mentre l'ulteriore frammento della condotta può essere ascritto solo a titolo di colpa.

Cass. pen. n. 15269/2022

In tema di omicidio preterintenzionale, l'evento morte deve costituire il prodotto della specifica situazione di pericolo generata dal "reo" con la condotta intenzionale volta a ledere una persona, sicché esso non può essere imputato a titolo preterintenzionale, ma deve essere punito a titolo di colpa, in quanto effetto di una serie causale diversa da quella avente origine dall'evento di lesioni dolose, ove sia del tutto estraneo all'area di rischio attivato con la condotta iniziale - intenzionalmente diretta a provocare lesioni - e sia, invece, conseguenza di un comportamento successivo.

Cass. pen. n. 14560/2021

Risponde del delitto di omicidio doloso per contagio da HIV il soggetto che, consapevole di essere sieropositivo e informato della concreta possibilità di trasmissione del virus mediante rapporti sessuali non protetti, con probabile esito letale dell'infezione, non abbia avvisato la compagna della propria condizione, intrattenendo con la stessa tali rapporti e, dopo la scoperta della trasmissione dell'infezione, l'abbia convinta a non sottoporsi a terapia antiretrovirale in ragione di tesi negazioniste, così favorendo l'insorgenza di un linfoma non Hodgkin B, patologia "AIDS definente", inizialmente non trattata con la prescritta chemioterapia, che ne cagionava la morte.

Cass. pen. n. 4854/2021

In tema di elemento soggettivo del reato, la distinzione tra dolo eventuale e colpa cosciente rileva solo nel caso in cui la condotta dell'agente riguardi un'attività lecita seppure rischiosa, e non, invece, laddove si versi in ipotesi di attività illecita atteso che, in tal caso, è esclusa, alla base, la stessa configurabilità dell'osservanza o meno di regole cautelari.

Cass. pen. n. 44666/2021

In tema di bancarotta fraudolenta documentale cd 'generica', per la sussistenza del dolo dell'amministratore solo formale non occorre che questi si sia rappresentato ed abbia voluto gli specifici interventi da altri realizzati nella contabilità volti ad impedire o a rendere più difficoltosa la ricostruzione degli affari della fallita, ma è sufficiente che l'abdicazione agli obblighi da cui è gravato sia accompagnata dalla rappresentazione della significativa possibilità dell'alterazione fraudolenta della contabilità e dal mancato esercizio dei poteri-doveri di vigilanza e controllo che gli competono. (Annulla con rinvio, CORTE APPELLO ROMA, 08/01/2020)

Cass. pen. n. 21554/2021

La titolarità di una posizione di garanzia non comporta, in presenza del verificarsi dell'evento, un automatico addebito di responsabilità colposa a carico del garante, imponendo il principio di colpevolezza la verifica in concreto sia della sussistenza della violazione - da parte del garante - di una regola cautelare (generica o specifica), sia della prevedibilità ed evitabilità dell'evento dannoso che la regola cautelare violata mirava a prevenire (cosiddetta concretizzazione del rischio), sia della sussistenza del nesso causale tra la condotta ascrivibile al garante e l'evento dannoso. (Fattispecie relativa al crollo di un immobile a seguito di una perdita di gas, in cui la Corte ha annullato la sentenza che aveva ritenuto la responsabilità degli imputati per il solo fatto di avere violato la norma amministrativa che subordina l'esercizio delle attività di manutenzione straordinaria degli impianti di metano alla presentazione della denuncia di inizio attività contenente la dichiarazione del possesso dei necessari requisiti tecnico professionali, omettendo di accertare se la società fosse, già all'epoca del fatto, comunque in possesso dei requisiti tecnici imposti dalla normativa di settore). (Annulla con rinvio, CORTE APPELLO TRIESTE, 15/01/2019)

Cass. pen. n. 20851/2021

L'assenza di movente dell'azione omicidiaria è irrilevante ai fini dell'affermazione della responsabilità, allorché vi sia comunque la prova dell'attribuibilità di detta azione all'imputato, non risolvendosi il suo mancato accertamento nell'affermazione probatoria di assenza di dolo del delitto di omicidio, o, tanto meno, di assenza di coscienza e volontà dell'azione.

Cass. pen. n. 32899/2021

In tema di responsabilità per colpa, l'attività di manutenzione di carri merci integra un'attività pericolosa ai sensi dell'art. 2050 cod. civ., potendone scaturire pericoli per la sicurezza della circolazione ferroviaria, con la conseguenza che i doveri discendenti da tale norma gravano sul titolare dell'impresa e, ove l'attività sia esercitata in forma societaria, a carico di chi ha il compito di organizzarla. (In applicazione di tale principio, la Corte ha ritenuto immune da censure la sentenza di condanna per il reato di omicidio colposo di colui che, nell'ambito di una società che si occupava della manutenzione di carri merci, aveva il compito di organizzare tale attività, per avere omesso di adottare disposizioni adeguate in grado di assicurare la corretta esecuzione della manutenzione, le quali avrebbero consentito di rilevare lo stato di corrosione dell'assile montato in sostituzione, che poi, cedendo, aveva determinato il deragliamento del carro e la conseguente morte di numerose persone). (Annulla in parte senza rinvio, CORTE APPELLO FIRENZE, 20/06/2019).

Cass. pen. n. 16523/2020

Il dolo eventuale è costituito dalla consapevolezza che l'evento, non direttamente voluto, ha probabilità di verificarsi in conseguenza della propria azione, nonché dall'accettazione di tale rischio, che potrà essere graduata a seconda di quanto maggiore o minore l'agente consideri la probabilità di verificazione dell'evento; diversamente, sussiste il dolo alternativo nel caso in cui l'agente ritenga altamente probabile o certo l'evento, non limitandosi a prevederne e ad accettarne il rischio, ma prevedendo ed accettando l'evento stesso e quindi, pur non perseguendolo come suo scopo finale, alternativamente lo vuole con un'intensità evidentemente maggiore di quelle precedenti. (Annulla in parte con rinvio, CORTE ASSISE APPELLO TORINO, 11/07/2019)

Cass. pen. n. 12968/2020

In tema di responsabilità medica, in presenza di due alternative terapeutiche, il medico è tenuto a scegliere la soluzione meno pericolosa per la salute del paziente, con la conseguenza che egli è responsabile, in caso di complicazioni, e nonostante l'osservanza delle regole dell'arte, per imprudenza, ove adotti l'alternativa più rischiosa. (In applicazione di tale principio la Corte ha annullato con rinvio la sentenza di assoluzione di un medico che - per una sospetta endometriosi poi rivelatasi insussistente - aveva sottoposto la paziente a un intervento di isterectomia, dal quale, nonostante la corretta esecuzione, era derivata la lesione dell'uretere, per non avere approfondito se, in base alle linee guida, fosse preferibile effettuare una terapia farmacologica, sia pure dagli effetti temporanei, in attesa di poter scoprire, grazie alla reazione della paziente a tali cure e ad ulteriori approfondimenti diagnostici, la fondatezza della diagnosi di sospetta endometriosi). (Annulla con rinvio, CORTE APPELLO CAGLIARI, 22/05/2019)

Cass. pen. n. 9745/2020

In tema di colpa, la valutazione in ordine alla prevedibilità dell'evento va compiuta avendo riguardo anche alla concreta capacità dell'agente di uniformarsi alla regola cautelare in ragione delle sue specifiche qualità personali, in relazione alle quali va individuata la specifica classe di agente modello di riferimento. (Fattispecie in cui la Corte ha ritenuto immune da censure la sentenza di condanna del titolare di un'impresa edile per i decessi e le lesioni gravissime cagionate a suoi dipendenti in conseguenza del crollo di un pesante cornicione in cemento armato, determinato da un inadeguato suo ancoraggio alle strutture sottostanti, essendo egli in grado, per la qualifica rivestita, di rendersi conto della pericolosità intrinseca del pesante manufatto e della necessità di un sicuro ancoraggio). (Annulla in parte con rinvio, CORTE APPELLO NAPOLI, 16/05/2018)

Cass. pen. n. 35277/2020

In tema di resistenza a pubblico ufficiale, il dolo specifico si concreta nella coscienza e volontà di usare violenza o minaccia al fine di opporsi al compimento di un atto dell'ufficio, mentre del tutto estranei sono lo scopo mediato ed i motivi di fatto avuti di mira dall'agente. (Dichiara inammissibile, CORTE APPELLO FIRENZE, 16/11/2016)

Cass. pen. n. 32413/2020

In tema di reati fallimentari, è sufficiente ad integrare il dolo, in forma diretta o eventuale, dell'amministratore formale la generica consapevolezza, pur non riferita alle singole operazioni, delle attività illecite compiute dalla società per il tramite dell'amministratore di fatto. (Fattispecie relativa ai reati di bancarotta fraudolenta documentale e di fallimento per effetto di operazioni dolose di una società "cartiera", in cui la prova del dolo dell'amministratore di diritto è stata desunta dalla dichiarata conoscenza della indisponibilità di un magazzino a fronte di un elevato fatturato). (Conf. Sez. 5, n. 50348 del 22/10/2014, Rv. 263225-01). (Rigetta, CORTE APPELLO MILANO, 14/01/2019)

Cass. pen. n. 32178/2020

In tema di prevenzione degli infortuni nei luoghi di lavoro, le norme antinfortunistiche sono dettate a tutela non soltanto dei lavoratori nell'esercizio della loro attività, ma anche dei terzi che si trovino nell'ambiente di lavoro, indipendentemente dall'esistenza di un rapporto di dipendenza con il titolare dell'impresa, di talché, ove in tali luoghi si verifichino, a danno del terzo, i reati di lesioni o di omicidio colposi, è ravvisabile la colpa per violazione delle norme dirette a prevenire gli infortuni sul lavoro, purché sussista, tra siffatta violazione e l'evento dannoso, un legame causale e la norma violata miri a prevenire l'incidente verificatosi, e sempre che la presenza di soggetto passivo estraneo all'attività ed all'ambiente di lavoro, nel luogo e nel momento dell'infortunio, non rivesta carattere di anormalità, atipicità ed eccezionalità tali da fare ritenere interrotto il nesso eziologico. (Fattispecie in cui la Corte ha ritenuto immune da censure la condanna di un lavoratore che, nello svolgimento di operazioni di scarico merci, in violazione dell'art. 20, d.lgs. 9 aprile 2008, n. 81, aveva consentito che un terzo estraneo si intromettesse nello svolgimento della lavorazione riportando lesioni personali). (Rigetta in parte, CORTE APPELLO BOLOGNA, 26/04/2019)

Cass. pen. n. 27923/2020

In tema di colpa omissiva, il gestore della pista da sci conserva una posizione di garanzia, con riguardo alla predisposizione di protezioni e misure di sicurezza, anche qualora la pista sia utilizzata per la pratica agonistica, consistente sia in allenamenti che in gare, in quanto tale obbligo è complementare a quello degli organizzatori della gara, essendo entrambi tenuti a valutare l'idoneità delle protezioni perimetrali al fine di garantire la sicurezza degli atleti. (Fattispecie relativa alla morte di uno sciatore, verificatasi nel corso di un allenamento, causata dall'impatto contro un palo posto a bordo pista senza adeguate protezioni). (Rigetta, CORTE APPELLO TORINO, 12/05/2020)

Cass. pen. n. 14795/2020

In tema di elemento soggettivo del reato, l'accertamento del dolo va tenuto distinto da quello dell'imputabilità e deve avvenire con gli stessi criteri valevoli per il soggetto pienamente capace anche nei confronti del soggetto non imputabile.

Cass. pen. n. 16472/2020

In tema di reati tributari, l'accordo tra il contribuente e l'amministrazione finanziaria per la rateizzazione del debito, quantunque comporti la rimodulazione della sua scadenza, che viene scansionata nel tempo in corrispondenza ai termini delle singole rate, non esclude che, al verificarsi di detta scadenza senza la soddisfazione totale del debito, il reato resti comunque configurabile, in quanto la previsione di una causa sopravvenuta di non punibilità del fatto lascia immutata l'illiceità della condotta, che non può ritenersi scriminata ai sensi dell'art. 51 cod. pen. né ai sensi dell'art. 59, comma quarto, cod. pen., cadendo l'errore del contribuente su norme penali (nella specie gli artt. 10-ter e 13, d.lgs. 10 marzo 2000, n. 74), con conseguente applicazione dell'art. 5 cod. pen.

Cass. pen. n. 12351/2020

In tema di elemento soggettivo del reato, ai fini della configurabilità della colpa cosciente non è sufficiente la mera prevedibilità dell'evento, ma occorre la prova della sua previsione in concreto, accompagnata dal convincimento che lo stesso non accadrà, sicché il giudice è tenuto ad indicare analiticamente gli elementi sintomatici da cui tale previsione sia in concreto desumibile da parte dell'imputato. (Nella fattispecie, in relazione a un omicidio colposo con violazione delle norme sulla sicurezza stradale, determinato dalla fuoriuscita da un autocarro, privo di sponde di contenimento, di una forca metallica per il braccio meccanico di una gru, trasportata senza idoneo ancoraggio, la Corte ha annullato con rinvio la sentenza impugnata, limitatamente alla statuizione concernente l'aggravante di cui all'art. 61, n. 3), cod. pen., che aveva desunto la colpa cosciente esclusivamente dalla pluralità di violazioni del codice della strada e dalle condizioni del mezzo). (Annulla in parte con rinvio, CORTE APPELLO ROMA, 21/06/2017)

Cass. pen. n. 40424/2019

In tema di elemento soggettivo del reato, è configurabile il dolo eventuale nella condotta di una guardia giurata esperta nell'uso delle armi che, nel tentativo di fermare dei ladri in fuga, dopo aver esploso in aria un unico colpo ed essersi posta al riparo dall'eventuale reazione dei malviventi, ormai datisi alla fuga, abbia continuato a sparare al buio e a distanza di circa trenta metri, altri cinque colpi ad altezza uomo, in direzione delle persone e delle auto in movimento, accettando così il rischio, pur di fermare i fuggitivi, di procurarne la morte.

Cass. pen. n. 23252/2019

In tema di colpa professionale medica, l'errore diagnostico si configura non solo quando, in presenza di uno o più sintomi di una malattia, non si riesca ad inquadrare il caso clinico in una patologia nota alla scienza o si addivenga ad un inquadramento erroneo, ma anche quando si ometta di eseguire o disporre controlli ed accertamenti doverosi ai fini di una corretta formulazione della diagnosi. (Fattispecie di ritardo diagnostico di un carcinoma mammario, nella quale l'imputato, specialista oncologo e direttore di un centro di prevenzione oncologica, sei mesi dopo aver sottoposto la paziente ad un esame ecografico che aveva evidenziato multiple e millimetriche formazioni cistiche, senza focalità sospette in senso eteroformativo, si era rifiutato di sottoporre nuovamente a visita e a mammografia la donna che gli aveva rappresentato il persistere di sintomatologia dolorosa).

Cass. pen. n. 4060/2019

Il dolo d'impeto è compatibile con la circostanza aggravante ad effetto speciale di cui all'art. 36, comma 1, legge 5 febbraio 1992, n. 104 che attiene alla condizione della persona offesa facente parte di una categoria di soggetti diversamente abili, considerati particolarmente vulnerabili. (In motivazione, la Corte ha ritenuto corretta la decisione del giudice di merito che aveva ritenuto manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale del suddetto art. 36 per contrasto con gli artt. 3 e 27 della Costituzione, in considerazione del maggiore disvalore della condotta illecita tenuta nei confronti di un soggetto fisicamente e psichicamente disabile rispetto alla medesima condotta tenuta verso un soggetto non disabile che, diversamente dal primo, può difendersi più facilmente).

Cass. pen. n. 40050/2018

Nei reati colposi, qualora si assuma violata una regola cautelare cosiddetta "elastica", che cioè necessiti, per la sua applicazione, di un legame più o meno esteso con le condizioni specifiche in cui l'agente deve operare - al contrario di quelle cosiddette "rigide", che fissano con assoluta precisione lo schema di comportamento - è necessario, ai fini dell'accertamento dell'efficienza causale della condotta antidoverosa, procedere ad una valutazione di tutte le circostanze del caso concreto. (Nella specie la Corte ha annullato con rinvio la sentenza di condanna per omicidio colposo da incidente stradale, fondata sul generico riferimento alla inadeguatezza della velocità tenuta dal conducente, senza esplicitare quale fosse la velocità adeguata ovvero quella che, alla luce di tutte le circostanze del fatto, risultava - non "ex post" ma "ex ante" - ragionevolmente in grado di evitare l'investimento).

La responsabilità colposa implica che la violazione della regola cautelare deve aver determinato la concretizzazione del rischio che detta regola mirava a prevenire, poiché alla colpa dell'agente va ricondotto non qualsiasi evento realizzatosi, ma solo quello causalmente riconducibile alla condotta posta in essere in violazione della regola cautelare. (Nella specie la Corte ha annullato con rinvio la sentenza di condanna per omicidio colposo per incidente stradale, fondata sulla violazione dell'art. 143 cod. strada in riferimento al comportamento del conducente che non aveva tenuto strettamente la destra della carreggiata ed aveva investito un pedone in fase di attraversamento) .

Cass. pen. n. 32221/2018

In tema di elemento soggettivo del reato, la colpa cosciente è configurabile nel caso in cui l'agente abbia previsto in concreto che la sua condotta poteva cagionare l'evento ma abbia agito con il convincimento di poterlo evitare, sicché, ai fini della valutazione della responsabilità, il giudice è tenuto ad indicare analiticamente gli elementi sintomatici da cui sia desumibile non la prevedibilità in astratto dell'evento, bensì la sua previsione in concreto da parte dell'imputato. (Fattispecie in tema di omicidio colposo con violazione delle norme sulla sicurezza stradale consistente nell'investimento, da parte di un automobilista, di un pedone che svolgeva attività di "jogging" sulla carreggiata, in cui la S.C. ha annullato la sentenza di merito che aveva ritenuto l'aggravante della colpa cosciente, in quanto la presenza di pedoni sulla carreggiata poteva ritenersi prevedibile anche per la prossimità di abitazioni) .

Cass. pen. n. 14663/2018

Per la configurabilità del dolo eventuale, anche ai fini della distinzione rispetto alla colpa cosciente, occorre la rigorosa dimostrazione che l'agente si sia confrontato con la specifica categoria di evento che si è verificata nella fattispecie concreta aderendo psicologicamente ad essa e a tal fine l'indagine giudiziaria, volta a ricostruire l'"iter" e l'esito del processo decisionale, può fondarsi su una serie di indicatori quali: a) la lontananza della condotta tenuta da quella doverosa; b) la personalità e le pregresse esperienze dell'agente; c) la durata e la ripetizione dell'azione; d) il comportamento successivo al fatto; e) il fine della condotta e la compatibilità con esso delle conseguenze collaterali; f) la probabilità di verificazione dell'evento; g) le conseguenze negative anche per l'autore in caso di sua verificazione; h) il contesto lecito o illecito in cui si è svolta l'azione nonché la possibilità di ritenere, alla stregua delle concrete acquisizioni probatorie, che l'agente non si sarebbe trattenuto dalla condotta illecita neppure se avesse avuto contezza della sicura verificazione dell'evento (cosiddetta prima formula di Frank). (Fattispecie in cui la Suprema Corte ha escluso il dolo eventuale dell'imputato che avendo imboccato con la propria auto una via contromano ad alta velocità, in una zona priva di illuminazione non avrebbe potuto ignorare e pertanto accettare il rischio di gravi conseguenze anche per la propria incolumità).

Cass. pen. n. 48081/2017

In tema di elemento soggettivo del reato, ricorre la colpa cosciente quando l'agente, pur rappresentandosi l'astratta possibilità della realizzazione del fatto costituente reato, abbia agito nella convinzione o nella sicura fiducia che l'evento, in considerazione di tutte le circostanze del caso concreto, non si sarebbe verificato. (Fattispecie in tema di omicidio colposo, in cui la S.C. ha annullato la sentenza che aveva riconosciuto la colpa cosciente nella condotta dell'automobilista che aveva investito uno degli agenti presenti ad un posto di blocco, ritenendo che le condizioni materiali - ridotta distanza di presumibile avvistamento, velocità sostenuta, inserimento di anabbaglianti in orario notturno e movimento della vittima - fossero incompatibili con la definizione del momento rappresentativo nella mente dell'imputato, sì da consentirgli di adeguare o modificare il proprio agire).

Cass. pen. n. 14606/2017

In tema di colpa omissiva, la posizione di garanzia che assume il gestore di un impianto sciistico in ordine all'incolumità degli sciatori prevede l'obbligo di recintare la pista ed apporre idonee segnaletiche e protezioni, o, in alternativa, rimuovere possibili fonti di rischio, ma solo in presenza di un pericolo determinato dalla conformazione dei luoghi che determini l'elevata probabilità di un'uscita di pista dello sciatore, apparendo inesigibile pretendere che tutta la pista sia recintata o che tutti i pericoli siano rimossi. (Fattispecie relativa a decesso di sciatore determinato dall'impatto con la testa di un masso, non protetto e non segnalato, situato ai bordi della pista).

Cass. pen. n. 10265/2017

Non è configurabile la responsabilità ovvero la corresponsabilità del lavoratore per l'infortunio occorsogli allorquando il sistema della sicurezza approntato dal datore di lavoro presenti delle evidenti criticità, atteso che le disposizioni antinfortunistiche perseguono il fine di tutelare il lavoratore anche dagli infortuni derivanti da sua colpa, dovendo il datore di lavoro dominare ed evitare l'instaurarsi da parte degli stessi destinatari delle direttive di sicurezza di prassi di lavoro non corrette e, per tale ragione, foriere di pericoli. (Fattispecie relativa all'omessa adeguata valutazione, da parte del datore di lavoro, dei rischi di trascinamento - già manifestatisi in precedenza - derivanti dall'utilizzo di uno straccio per le operazioni di pulitura e rifinitura delle calzature in produzione eseguite dal lavoratore in prossimità di una macchina spazzolatrice dotata di albero rotante. In applicazione del principio, la S.C. ha escluso che il lavoratore potesse ritenersi edotto della situazione di rischio alla luce di un incidente verificatosi alcuni giorni prima).

Cass. pen. n. 9390/2017

In tema di colpa generica, l'individuazione della regola cautelare non scritta eventualmente violata non deve essere frutto di una elaborazione creativa, fondata su una valutazione ricavata "ex post" ad evento avvenuto e in maniera del tutto astratta e svincolata dal caso concreto, ma deve discendere da un processo ricognitivo che individui i tratti tipici dell'evento, per poi procedere formulando l'interrogativo se questo fosse prevedibile ed evitabile "ex ante", con il rispetto della regola cautelare in oggetto, alla luce delle conoscenze tecnico - scientifiche e delle massime di esperienza. (In applicazione del suddetto principio la Corte ha annullato la sentenza del giudice di appello che, in relazione al suicidio di una paziente ricoverata in una residenza sanitaria assistenziale, aveva ritenuto la responsabilità per colpa generica del coordinatore e del responsabile della struttura, nonostante costoro avessero nell'immediatezza allertato gli operatori professionali presenti, intimando loro di controllare a vista la donna - che poco prima aveva manifestato intenti suicidi - per il tempo strettamente necessario a disporre il suo ricovero presso una struttura ospedaliera più attrezzata).

Cass. pen. n. 5273/2017

In tema di reati colposi, l'obbligo di prevenzione gravante sul datore di lavoro non è limitato al solo rispetto delle norme tecniche, ma richiede anche l'adozione di ogni ulteriore accortezza necessaria ad evitare i rischi di nocumento per i lavoratori, purché ciò sia concretamente specificato in regole che descrivono con precisione il comportamento da tenere per evitare il verificarsi dell'evento. (Fattispecie relativa all'applicazione della norma dell'art. 27, comma primo, lett. d), D.Lgs. n. 277 del 1991, in tema di protezione dei lavoratori dai rischi connessi all'esposizione alla polvere di amianto).

Cass. pen. n. 31490/2016

Ai fini dell'accertamento della responsabilità per fatto colposo, è sempre necessario individuare la regola cautelare, preesistente alla condotta, che ne idrica le corrette modalità di svolgimento, non potendo il giudice limitarsi a fare ricorso ai concetti di prudenza, perizia e diligenza senza indicare in concreto quale sia il comportamento doveroso che tali regole cautelari imponevano di adottare. (In applicazione del principio, la Corte ha ritenuto non corretta la decisione impugnata che aveva affermato la responsabilità per omicidio colposo di un medico per il decesso di un paziente a seguito di un intervento chirurgico, ritenendo imprudente e/o imperita la manovra chirurgica attuata senza, tuttavia, indicare le modalità di condotta che prudenza e perizia prescrivevano di adottare nella fattispecie).

Cass. pen. n. 15860/2015

In tema di concorso di persone nel reato, la responsabilità di chi coopera ad un fatto criminoso non presuppone la convergenza psicologica sull'evento finale perseguito da altro dei concorrenti, essendo sufficiente che il suo apporto sia stato prestato con consapevole volontà di contribuire, anche solo agevolandola, alla verificazione del fatto criminoso. (Fattispecie in cui la Corte ha ritenuto immune da vizi la sentenza di condanna per omicidio volontario del soggetto che aveva partecipato al sequestro della vittima e l'aveva lasciata nella totale disponibilità del coimputato, della cui determinazione ad uccidere era consapevole, pur non condividendo tale intento).

Cass. pen. n. 15711/2015

In tema di lesioni colpose, incombe al gestore di impianti sciistici l'obbligo di porre in essere ogni cautela per prevenire i pericoli anche esterni alla pista ai quali lo sciatore può andare incontro in caso di uscita dalla pista medesima, là dove la situazione dei luoghi renda probabile per conformazione naturale del percorso siffatta evenienza accidentale.

Cass. pen. n. 18220/2015

In tema di elemento soggettivo, sussiste il dolo eventuale e non la colpa cosciente, quando l'agente si sia rappresentato la significativa possibilità di verificazione dell'evento e si sia determinato ad agire comunque, anche a costo di cagionarlo come sviluppo collaterale o accidentale, ma comunque preventivamente accettato, della propria azione, in modo tale che, sul piano del giudizio controfattuale, possa concludersi che egli non si sarebbe trattenuto dal porre in essere la condotta illecita, neppure se avesse avuto contezza della sicura verificazione dell'evento medesimo. (Fattispecie in cui la Suprema Corte ha annullato con rinvio la sentenza di condanna per omicidio doloso pronunciata in relazione alla condotta dell'imputato, il quale, in stato di ebbrezza, aveva viaggiato contro mano in autostrada, provocando così la collisione con altra auto e, per l'effetto, sia il ferimento del conducente sia il decesso immediato dei quattro trasportati, affinché la corte territoriale enucleasse, con maggiore precisione e valutandone analiticamente gli indicatori sintomatici, l'elemento soggettivo del reato).

Cass. pen. n. 8561/2015

In tema di elemento soggettivo, sussiste il dolo eventuale e non la colpa cosciente, quando l'agente si sia rappresentato la significativa possibilità di verificazione dell'evento e si sia determinato ad agire comunque, anche a costo di cagionarlo come sviluppo collaterale o accidentale, ma comunque preventivamente accettato, della propria azione, in modo tale che, sul piano del giudizio controfattuale, possa concludersi che egli non si sarebbe trattenuto dal porre in essere la condotta illecita, neppure se avesse avuto contezza della sicura verificazione dell'evento medesimo. (Fattispecie in cui la Suprema Corte ha ritenuto immune da censure la sentenza di condanna per omicidio doloso pronunciata in relazione alla condotta del conducente di autovettura che, deliberatamente, aveva effettuato una manovra di impegno della corsia di sorpasso al fine di ostruire la marcia e di impedire il sorpasso a due motociclisti i quali provenivano da tergo a velocità elevata, provocando così la collisione della sua autovettura con le motociclette, strette tra il veicolo e la barriera spartitraffico).

Cass. pen. n. 1819/2015

La responsabilità colposa implica che la violazione della regola cautelare deve aver determinato la concretizzazione del rischio che detta regola mirava a prevenire, poiché alla colpa dell'agente va ricondotto non qualsiasi evento realizzatosi, ma solo quello causalmente riconducibile alla condotta posta in essere in violazione della regola cautelare. (Nella specie, la Corte ha confermato la condanna del giostraio per il decesso di una donna, la quale, nel tentativo di accedere alla giostra già in movimento, aveva perso l'equilibrio ed era caduta rovinosamente per terra, urtando violentemente con la parte frontale del corpo il bordo della base rotante della struttura, l'accesso alla quale non era stato adeguatamente interdetto).

Cass. pen. n. 49707/2014

In tema di colpa, la valutazione in ordine alla prevedibilità dell'evento va compiuta avendo riguardo anche alla concreta capacità dell'agente di uniformarsi alla regola cautelare in ragione delle sue specifiche qualità personali, in relazione alle quali va individuata la specifica classe di agente modello di riferimento. (In applicazione del principio la S.C. ha censurato la sentenza di condanna dell'imputato per omicidio colposo del paziente affidatogli, non risultando adeguatamente considerata la sua qualità di semplice specializzando in neurologia come tale non equiparabile, in sè a quella del medico specializzato).

Cass. pen. n. 47289/2014

In tema di responsabilità medica, la frequenza della complicanza, che sia insorta a causa della condotta non appropriata del sanitario, incide sulla valutazione della gravità della colpa allo stesso ascrivibile.

Cass. pen. n. 43348/2014

Ricorre il dolo eventuale quando chi agisce si rappresenta come seriamente possibile, sebbene non certa, l'esistenza dei presupposti della condotta, ovvero il verificarsi dell'evento come conseguenza dell'azione e, pur di non rinunciare ad essa, accetta che il fatto possa verificarsi, decidendo di agire comunque. (Fattispecie in tema di lesioni volontarie da sinistro stradale in cui la Corte ha individuato la sussistenza di taluni indicatori del dolo eventuale, anziché della colpa cosciente, nell'essere il fatto avvenuto subito dopo una rapina, compiuta mentre l'imputato, gravato da numerosi precedenti, era in regime di semilibertà, nonché nella elevata velocità tenuta e nella inosservanza di segnalazioni semaforiche).

Cass. pen. n. 38343/2014

In tema di elemento soggettivo del reato, il dolo eventuale ricorre quando l'agente si sia chiaramente rappresentata la significativa possibilità di verificazione dell'evento concreto e ciò nonostante, dopo aver considerato il fine perseguito e l'eventuale prezzo da pagare, si sia determinato ad agire comunque, anche a costo di causare l'evento lesivo, aderendo ad esso, per il caso in cui si verifichi; ricorre invece la colpa cosciente quando la volontà dell'agente non è diretta verso l'evento ed egli, pur avendo concretamente presente la connessione causale tra la violazione delle norme cautelari e l'evento illecito, si astiene dall'agire doveroso per trascuratezza, imperizia, insipienza, irragionevolezza o altro biasimevole motivo.

In tema di elemento soggettivo del reato, per la configurabilità del dolo eventuale, anche ai fini della distinzione rispetto alla colpa cosciente, occorre la rigorosa dimostrazione che l'agente si sia confrontato con la specifica categoria di evento che si è verificata nella fattispecie concreta aderendo psicologicamente ad essa e a tal fine l'indagine giudiziaria, volta a ricostruire l'"iter" e l'esito del processo decisionale, può fondarsi su una serie di indicatori quali: a) la lontananza della condotta tenuta da quella doverosa; b) la personalità e le pregresse esperienze dell'agente; c) la durata e la ripetizione dell'azione; d) il comportamento successivo al fatto; e) il fine della condotta e la compatibilità con esso delle conseguenze collaterali; f) la probabilità di verificazione dell'evento; g) le conseguenze negative anche per l'autore in caso di sua verificazione; h) il contesto lecito o illecito in cui si è svolta l'azione nonché la possibilità di ritenere, alla stregua delle concrete acquisizioni probatorie, che l'agente non si sarebbe trattenuto dalla condotta illecita neppure se avesse avuto contezza della sicura verificazione dell'evento (cosiddetta prima formula di Frank).

Cass. pen. n. 22249/2014

In tema di reati colposi, la verifica in ordine alla "prevedibilità" dell'evento impone il vaglio delle possibili conseguenze di una determinata condotta commissiva od omissiva avendo presente il cosiddetto "modello d'agente" ossia il modello dell'uomo che svolge paradigmaticamente una determinata attività, che importa l'assunzione di certe responsabilità, nella comunità, la quale esige che l'operatore concreto si ispiri a quel modello e faccia tutto ciò che da questo ci si aspetta; tale modello impone, nel caso estremo in cui il garante si renda conto di non essere in grado di incidere sul rischio, l'abbandono della funzione previ adeguata segnalazione al datore di lavoro. (Fattispecie in tema di omicidio colposo commesso con violazione delle norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro).

Cass. pen. n. 5684/2014

In tema di colpa medica, nel caso di intervento chirurgico effettuato direttamente dal primario, degli eventuali errori manuali da lui commessi nel corso dell’effettuazione non possono essere chiamati a rispondere anche coloro che vi abbiano partecipato in qualità di aiuto o di assistente, non trattandosi, nella descritta fattispecie, della condivisione di scelte terapeutiche di cui anche l’aiuto e l’assistente assumono la responsabilità, quando non provvedano a segnalare la loro ritenuta inidoneità o rischiosità (Mass. redaz.).

Cass. pen. n. 5467/2014

Nel reato di omesso versamento di ritenute certificate (art. 10-bis D.Lgs. n. 74 del 2000), la colpevolezza del sostituto di imposta non è esclusa dalla crisi di liquidità intervenuta al momento della scadenza del termine per la presentazione della dichiarazione annuale relativa all'esercizio precedente, a meno che l'imputato non dimostri che le difficoltà finanziarie non siano a lui imputabili e che le stesse, inoltre, non possano essere altrimenti fronteggiate con idonee misure anche sfavorevoli per il suo patrimonio personale.

Cass. pen. n. 3683/2014

Il delitto di illecito trattamento dei dati personali si connota, sul piano dell'elemento soggettivo, come reato a dolo specifico, la cui struttura finalistica è incompatibile con la forma del dolo eventuale che postula l'accettazione solo in via ipotetica, seppure avverabile, del conseguimento di un risultato. (In applicazione del principio, la Corte ha escluso che potesse integrare l'elemento soggettivo del reato la pubblicazione di un recapito telefonico su una rivista di annunci erotici da parte di un soggetto che non conosceva il titolare delle utenze e pertanto ignorava se i messaggi erotici, ricevuti a causa dell'indebita divulgazione, gli fossero graditi ovvero costituissero per lui un danno).

Cass. pen. n. 51056/2013

La mancata inflizione di più pugnalate non esclude la configurabilità del dolo omicida, ove sia accertato che, per le modalità operative e per lo strumento utilizzato, l'azione era idonea a causare la morte della vittima, evento non verificatosi per cause indipendenti dalla volontà dell'agente. (Nella fattispecie la vittima era stata ferita all'addome con un solo colpo ma tale da lasciarne presumere l'esizialità ed era stata abbandonata esanime sul luogo del fatto).

Cass. pen. n. 39157/2013

In tema di responsabilità per colpa, il costruttore risponde per gli eventi dannosi causalmente ricollegabili alla costruzione del prodotto ove risulti privo dei necessari dispositivi o requisiti di sicurezza e sempre che l'utilizzatore non ne abbia fatto un uso improprio, tale da poter essere considerato causa sopravvenuta, da sola sufficiente a determinare l'evento. (Fattispecie in tema di responsabilità del produttore di un aliante, a seguito di un incidente in volo per una manovra acrobatica).

Cass. pen. n. 36400/2013

In tema di colpa generica, l'individuazione della regola cautelare non scritta va effettuata provvedendo, prima, a rappresentare l'evento nei suoi elementi essenziali e, poi, a formulare l'interrogativo se tale evento fosse prevedibile ex ante ed evitabile con il rispetto della regola in oggetto, alla luce delle conoscenze tecnico - scientifiche e delle massime di esperienza.

Cass. pen. n. 26966/2013

Il medico che partecipi alla visita collegiale non può essere esonerato da responsabilità ove ometta di differenziare la propria posizione, rendendo palesi i motivi che lo inducano a dissentire dalla decisione presa dal direttore del reparto di dimettere il paziente. (Fattispecie in cui è stata ritenuta la responsabilità del chirurgo per il decesso del paziente che, nonostante presentasse sindrome dolorosa, veniva prematuramente dimesso senza aver eseguito le opportune indagini diagnostiche).

Cass. pen. n. 26239/2013

In tema di colpa specifica, nell'ipotesi della violazione di una norma cautelare cosiddetta "elastica" - che indica, cioè, un comportamento determinabile in base a circostanze contingenti - è comunque necessario che l'imputazione soggettiva dell'evento avvenga attraverso un apprezzamento della concreta prevedibilità ed evitabilità dell'esito antigiuridico da parte dall'agente modello. (Fattispecie in tema di disastro aviatorio colposo in cui la S.C. ha ritenuto corretta la motivazione della sentenza di appello, che aveva riconosciuto la responsabilità del primo pilota in relazione al rovinoso ammaraggio di un velivolo per improvviso spegnimento in volo dei motori propulsori, osservando che il predetto, ancorché avesse per tempo segnalato il guasto del misuratore di carburante, non potesse essere esonerato da colpe in presenza di una serie di omissioni - consistite nel non aver seguito le fasi del rifornimento di carburante, nel non aver operato una diminuzione di quota, nell'aver posizionato male le eliche durante l'ammaraggio e nell'aver avvertito tardivamente i passeggeri - senza le quali sarebbe stato possibile evitare il disastro e la conseguente morte di sedici persone a bordo dell'apparecchio).

Cass. pen. n. 16237/2013

In tema di colpa medica, e con riferimento alla irrilevanza penale della colpa lieve quando risultino osservate le linee guida e le buone pratiche accreditate dalla comunità scientifica, secondo quanto stabilito dall’art. 3 comma 1, del D.L. n. 158/2012, conv. con modif. in legge n. 189/2012, deve ritenersi che, consistendo detta osservanza essenzialmente nel corretto inquadramento del caso nelle sue linee generali, ad essa possano accompagnarsi errori quali un non corretto adeguamento delle direttive di massima allo specifico contesto o anche il mancato riconoscimento della necessità di disattenderle per perseguire una diversa strategia che governi efficacemente i rischi connessi al quadro d’insieme; eventualità, queste, che potranno dar luogo alla possibile configurabilità di una colpa, in particolare sotto il profilo dell’imperizia, la quale, a seconda dei casi ed alla stregua dei comuni canoni valutativi, quali già elaborati, nella materia in questione, dalla giurisprudenza di legittimità, potrà essere ritenuta lieve o grave, con esclusione, quindi, nella prima di tali ipotesi, della responsabilità penale.

Cass. pen. n. 42973/2012

Ricorre il dolo eventuale quando chi agisce si rappresenta come seriamente possibile (ma non come certa) l'esistenza di presupposti della condotta ovvero il verificarsi dell'evento come conseguenza dell'azione e, pur di non rinunciare all'azione e ai vantaggi che se ne ripromette, accetta che il fatto possa verificarsi, decidendo di agire "costi quel che costi", mettendo cioè in conto la realizzazione del fatto. (Fattispecie in tema di sinistro stradale in cui la Corte ha confermato la condanna per omicidio volontario del conducente di un furgone, da lui rubato che, per sottrarsi all'arresto, superava a velocità molto elevata alcuni semafori rossi e travolgeva un'auto provocando la morte di un passeggero).

Cass. pen. n. 35922/2012

In tema di responsabilità medica, le linee guida - provenienti da fonti autorevoli, conformi alle regole della miglior scienza medica e non ispirate ad esclusiva logica di economicità - possono svolgere un ruolo importante quale atto di indirizzo per il medico; esse, tuttavia, avuto riguardo all'esercizio dell'attività medica che sfugge a regole rigorose e predeterminate, non possono assurgere al rango di fonti di regole cautelari codificate, rientranti nel paradigma dell'art. 43 cod. pen. (leggi, regolamenti, ordini o discipline), non essendo né tassative né vincolanti e, comunque, non potendo prevalere sulla libertà del medico, sempre tenuto a scegliere la migliore soluzione per il paziente. D'altro canto, le linee guida, pur rappresentando un utile parametro nell'accertamento dei profili di colpa riconducibili alla condotta del medico, non eliminano la discrezionalità giudiziale insita nel giudizio di colpa; il giudice resta, infatti, libero di valutare se le circostanze concrete esigano una condotta diversa da quella prescritta dalle stesse linee guida. Pertanto, qualora il medico non rispetti le linee guida il giudice deve accertare, anche con l'ausilio di consulenza preordinata a verificare eventuali peculiarità del caso concreto, se tale inosservanza sia stata determinante nella causazione dell'evento lesivo o se questo, avuto riguardo alla complessiva condizione del paziente, fosse, comunque, inevitabile e, pertanto, ascrivibile al caso fortuito.

Cass. pen. n. 14342/2012

Il dolo eventuale non è compatibile con il delitto tentato. (In applicazione del principio, la Corte ha cassato la sentenza impugnata che aveva configurato un tentativo di lesioni, pur ravvisando l'elemento psicologico nella sola finalità dell'imputato di intimidire la parte offesa, con accettazione del rischio di ferirla).

Cass. pen. n. 5096/2012

Se, in genere, per l'integrazione del dolo è necessario che la rappresentazione e la volizione abbiano ad oggetto tutti gli elementi costitutivi della fattispecie tipica (e cioè condotta, evento e causalità materiale) e non il solo evento causalmente dipendente dalla condotta medesima in particolare nei reati a forma libera (quale è, ad esempio, l'omicidio volontario), l'imputazione a titolo di dolo postula che la volontà dell'ultimo atto sia effettiva.

Cass. pen. n. 4391/2012

In tema di colpa professionale del medico, il principio civilistico di cui all'art. 2236 c.c. che assegna rilevanza soltanto alla colpa grave può trovare applicazione in ambito penalistico come regola di esperienza cui attenersi nel valutare l'addebito di imperizia, qualora il caso concreto imponga la soluzione di problemi di speciale difficoltà ovvero qualora si versi in una situazione di emergenza, in quanto la colpa del terapeuta deve essere parametrata alla difficoltà tecnico-scientifica dell'intervento richiesto ed al contesto in cui esso si è svolto. Ne consegue che non sussistono i presupposti per parametrare l'imputazione soggettiva al canone della colpa grave ove si tratti di casi non difficili e fronteggiabili con interventi conformi agli standard. (In applicazione del principio di cui in massima la S.C. ha ritenuto immune da censure la decisione con cui il giudice di merito ha affermato la sussistenza della responsabilità, ex art. 589 c.p. del direttore sanitario di una casa di cura - nei confronti di un degente affetto da schizofrenia caduto da una finestra - il quale, nonostante la condizione del paziente fosse macroscopicamente peggiorata e gli fosse nota la necessità di nuove iniziative terapeutiche ed assistenziali, si astenne dal porre in essere le relative iniziative, di cui, peraltro, egli stesso aveva dato conto nel corso di un 'briefing').

Cass. pen. n. 3222/2012

In tema di responsabilità del medico per intervento chirurgico effettuato da collaboratore privo della prescritta abilitazione ed in difetto di valido consenso informato, ai fini della individuazione degli elementi costitutivi del dolo indiretto assume rilievo sintomatico l'esito infausto, la lunghezza del trattamento, la dissimulazione della qualifica professionale con conseguente svolgimento di attività abusiva, la delicatezza e la invasività degli interventi praticati sul paziente nonché il difetto di un valido consenso informato da parte di quest'ultimo. (Fattispecie relativa alla responsabilità per lesioni dolose del medico responsabile di uno studio dentistico che aveva affidato il paziente a proprio collaboratore privo della necessaria abilitazione ed in difetto di valido consenso informato dello stesso paziente - non essendo provata la volontà di cagionare la malattia ed i postumi invalidanti poi verificatisi; la S.C. ha sottolineato che il dolo concerneva - non già l'attività del medico - ma quella abusiva del collaboratore, che non era medico e che, pertanto, elevava il rischio di complicazioni con potenziali e forse probabili effetti lesivi che il medico non poteva non rappresentarsi, nonché il fatto che l'aver taciuto al paziente che il collaboratore non era un medico può rappresentare un indizio della consapevolezza in capo all'agente che il paziente avrebbe potuto negare il proprio consenso ed essere indice dell'accettazione degli effetti lesivi dell'attività abusiva pur di conseguirne gli elevati vantaggi economici).

Cass. pen. n. 30472/2011

Il dolo eventuale presuppone che l'agente abbia superato il dubbio circa la possibilità che la condotta cagioni anche un evento non direttamente voluto, ed abbia tenuto la condotta anche a costo di cagionare quell'evento, accettandone quindi il prospettato verificarsi; diversamente, la colpa con previsione (o cosciente) sussiste quando l'agente, pur prospettandosi la possibilità o probabilità del verificarsi di un evento non voluto come conseguenza della propria condotta, confidi tuttavia che esso non si verifichi.

Cass. pen. n. 16465/2011

In tema di dolo, la prova della volontà di commissione del reato è prevalentemente affidata, in mancanza di confessione, alla ricerca delle concrete circostanze che abbiano connotato l'azione e delle quali deve essere verificata la oggettiva idoneità a cagionare l'evento in base ad elementi di sicuro valore sintomatico, valutati sia singolarmente sia nella loro coordinazione. (Fattispecie di mancata esecuzione dolosa di un provvedimento del giudice civile di reintegrazione nel possesso).

Cass. pen. n. 10411/2011

In tema di elemento soggettivo del reato, ricorre il dolo eventuale quando si accerti che l'agente, pur essendosi rappresentato la concreta possibilità di verificazione di un fatto costituente reato come conseguenza della propria condotta, avrebbe agito anche se avesse avuto certezza del suo verificarsi, accettandone la realizzazione a seguito della consapevole subordinazione di un determinato bene ad un altro; si versa invece nella colpa con previsione allorquando la rappresentazione come certa del determinarsi del fatto avrebbe trattenuto l'agente dall'agire. (In applicazione di tale principio la Corte ha censurato la qualificazione come colposa della condotta del conducente di un grosso furgone, da lui rubato, che, per sottrarsi all'arresto, dopo aver superato ad elevata velocità una serie di semafori rossi, aveva travolto un'autovettura provocando la morte di uno dei passeggeri e il ferimento degli altri).

Cass. pen. n. 8254/2011

Nell'esercizio dell'attività medico-chirurgica, non può dirsi esclusa la responsabilità colposa del medico in riguardo all'evento lesivo occorso al paziente per il solo fatto che abbia rispettato le linee guida, comunque elaborate, avendo il dovere di curare utilizzando i presidi diagnostici e terapeutici di cui al tempo la scienza medica dispone, senza farsi condizionare da esigenze di diversa natura o da disposizioni, considerazioni, valutazioni, direttive non pertinenti rispetto al predetto compito che gli è affidato dalla legge. (Fattispecie nella quale i contenuti delle linee guida, cui l'imputato asseriva di essersi conformato, erano ignoti, non essendo stato acquisito alcun atto che le riproducesse).

Cass. pen. n. 2568/2011

Le norme di comportamento dettate dall'art. 143 Nuovo cod. strada sono volte inequivocabilmente a contrastare situazioni di pericolo conseguenti all'eventualità che altro veicolo invada la mezzeria non di sua pertinenza, sicché l'inosservanza dell'obbligo di «circolare sulla parte destra della carreggiata e in prossimità del margine destro della medesima, anche quando la strada è libera» si caratterizza come condotta specificamente colposa, atta a contribuire alla produzione dell'evento, qualunque sia la causa di invasione della mezzeria da parte di altro veicolo e quindi anche se si tratti di causa pur essa colposa.

Cass. pen. n. 43786/2010

In tema di delitti colposi contro la persona per violazione della normativa antinfortunistica (nella specie, omicidio colposo, conseguente all'insorgere di un mesotelioma pleurico, in danno di un lavoratore reiteratamente esposto, nel corso della sua esperienza lavorativa - esplicata in ambito ferroviario - all'amianto, sostanza oggettivamente nociva), si è in presenza di un comportamento soggettivamente rimproverabile a titolo di colpa quando l'attuazione delle cautele possibili all'epoca dei fatti avrebbe significativamente abbattuto le probabilità di contrarre la malattia. (La Corte ha evidenziato che la pericolosità dell'esposizione all'amianto per il rischio di mesotelioma risale - con riferimento al settore ferroviario - almeno agli anni sessanta, e che nella specie gli imputati avrebbero potuto acquisire tali conoscenze sia direttamente, sia tramite i soggetti eventualmente delegati in materia di igiene e sicurezza).

Cass. pen. n. 27196/2010

Il dolo del reato di cui agli artt. 30 e 31 L. n. 646 del 1982 (omessa comunicazione delle variazioni patrimoniali da parte dei sottoposti a misura di prevenzione) implica la consapevolezza dell'imputato di essere stato condannato per reati di mafia, e va desunto da indici sintomatici, legati (a) alle vicende di acquisizione del bene di volta in volta in questione (nella specie, si trattava di beni fittiziamente intestati alla moglie, separata legalmente, ma convivente "more uxorio" con l'imputato, condannato per reati di mafia, il quale aveva assunto in prima persona gli oneri economici per l'acquisto dei predetti beni); (b) al valore dello stesso (che, nella specie, era risultato sproporzionato rispetto al reddito della donna).

Cass. pen. n. 23810/2010

Il dolo d'impeto (anche se relativo ad uno soltanto dei reati concorrenti) è incompatibile con la continuazione, perché esclude la volizione preventiva e preordinata dell'insieme dei reati.

Cass. pen. n. 16761/2010

In tema di reati colposi, l'addebito soggettivo dell'evento richiede non soltanto che l'evento dannoso sia prevedibile, ma altresì che lo stesso sia evitabile dall'agente con l'adozione delle regole cautelari idonee a tal fine (cosiddetto comportamento alternativo lecito), non potendo essere soggettivamente ascritto per colpa un evento che, con valutazione ex ante, non avrebbe potuto comunque essere evitato. (Fattispecie in cui imponenti colate di fango, dovute ad intensissime precipitazioni di pioggia, provocarono nel comune di Sarno 137 morti nella popolazione investita dal disastro naturale).

Nel caso di eventi o calamità naturali che si sviluppino progressivamente, il giudizio di prevedibilità dell'evento dannoso - necessario perché possa ritenersi integrato l'elemento soggettivo del reato sia nel caso di colpa generica che in quello di colpa specifica - va compiuto non solo tenendo conto della natura e delle dimensioni di eventi analoghi storicamente già verificatisi, ma valutando, anche sulla base di leggi scientifiche, la possibilità che questi eventi si presentino in futuro con dimensioni e caratteristiche più gravi o addirittura catastrofiche. In mancanza di leggi scientifiche che consentano di conoscere preventivamente lo sviluppo di eventi naturali calamitosi, l'accertamento della prevedibilità dell'evento va compiuto in relazione alla verifica della concreta possibilità che un evento dannoso possa verificarsi e non secondo criteri di elevata credibilità razionale (che riguardano esclusivamente l'accertamento della causalità). (Fattispecie in tema di responsabilità di un Sindaco per omicidio colposo plurimo, verificatosi a causa di un disastro naturale in zona qualificata dalla protezione civile ad "alto rischio" di frane e valanghe).

Cass. pen. n. 11222/2010

La cosiddetta colpa cosciente (aggravata dalla previsione dell'evento) consiste nella rappresentazione dell'evento come possibile risultato della condotta e nella previsione e prospettazione che esso non si verificherà, e si differenzia pertanto dal dolo eventuale che si risolve nell'accettazione del rischio di verificazione dell'evento non direttamente voluto seppure rappresentato, e non soltanto dalla situazione di pericolo posta in essere, con la conseguenza di una condotta tenuta anche a costo di determinazione di quell'evento. (Fattispecie in tema di sinistro stradale).

Cass. pen. n. 6334/2010

L'affermazione di responsabilità per il delitto di cui agli articoli 30 e 31 della legge 13 settembre 1982 n. 646 (omessa comunicazione al nucleo di polizia tributaria circa la variazione patrimoniale da parte di persona sottoposta alla misura di prevenzione) richiede una indagine specifica sull'effettiva e consapevole volontà di omettere la prescritta comunicazione, non potendosi presumere nella fattispecie la sussistenza di un dolo "in re ipsa" desunto dalla mera condotta omissiva.

Cass. pen. n. 35659/2009

Va esclusa la colpa del medico del pronto soccorso che, a seguito di un errore diagnostico, dimette il paziente che necessitava di essere ricoverato e di essere sottoposto ad un urgente intervento chirurgico ed il quale, a causa di tale omissione, sia successivamente deceduto, quando la singolarità e non risolutività del sintomo riscontrato non consentiva di sospettare univocamente di una patologia che avrebbe dovuto imporre il ricovero o ulteriori accertamenti diagnostici. (Fattispecie relativa a morte - per aneurisma disseccante dell'aorta - di un paziente, che si era presentato al pronto soccorso, riferendo un "dolore diffuso al torace", e che era stato dimesso con la diagnosi di "algie toraciche").

Cass. pen. n. 26677/2009

In materia di responsabilità da circolazione veicolare, l'osservanza delle norme precauzionali scritte non fa venir meno la responsabilità per colpa dell'utente della strada, nel caso di infortunio subito da terzo, qualora tali norme non siano esaustive delle regole precauzionali adottabili. (Fattispecie in cui è stata ritenuta la penale responsabilità del guidatore per la morte di un bambino, investito mentre improvvisamente attraversava la carreggiata, nonostante al momento dell'incidente stesse procedendo regolarmente a velocità imposta dallo stato dei luoghi).

Cass. pen. n. 21513/2009

In tema di reati colposi, ai fini del giudizio di prevedibilità deve aversi riguardo alla idoneità della condotta a dar vita ad una situazione di danno, non anche alla specifica rappresentazione "ex ante" in capo all'agente dell'evento dannoso concretamente realizzatosi. (Fattispecie nella quale si contestava all'imputato, titolare di un bar, di avere negligentemente ed imprudentemente introdotto all'interno dell'esercizio commerciale una bottiglia di acqua minerale, contenente in realtà un detersivo corrosivo incolore ed inodore simile all'acqua, servito, per l'errore di una delle commesse - che aveva riposto la bottiglia non tra i detersivi, come raccomandatole dall'imputato, ma tra le bottiglie di acqua minerale -, ad alcuni clienti, cagionando loro lesioni).

Cass. pen. n. 15869/2009

In caso di conflitto tra doveri collocabili in un definito ordine gerarchico tra loro, l'adempimento di quello più importante esclude l'addebitabilità a titolo di colpa delle conseguenze connesse alla violazione del dovere cautelare soccombente. (Nella fattispecie i giudici di legittimità hanno considerato corretta la scelta operata da alcuni agenti della polizia stradale che, disattendendo l'ordine impartito dalla centrale operativa di posizionarsi all'ingresso di una galleria per segnalare il pericolo derivante da una forte grandinata, si erano recati all'uscita della medesima galleria per soccorrere i feriti di un incidente stradale e ai quali, per tale motivo, era stata invece addebitata per colpa la morte di un automobilista avvenuta per la concretizzazione del rischio che avevano omesso di segnalare).

Cass. pen. n. 4675/2009

Sussiste l'elemento soggettivo della colpa se, valutata la condotta in concreto con riferimento alla posizione di garanzia assunta dall'agente, risulta che questi si sia rappresentato come conseguenza certa, o anche solo probabile, della sua azione od omissione proprio l'evento in concreto verificatasi, pur prescindendo dalle concrete modalità di verificazione.

Cass. pen. n. 46412/2008

In tema di colpa professionale medica, l'errore diagnostico si configura non solo quando, in presenza di uno o più sintomi di una malattia, non si riesca ad inquadrare il caso clinico in una patologia nota alla scienza o si addivenga ad un inquadramento erroneo, ma anche quando si ometta di eseguire o disporre controlli ed accertamenti doverosi ai fini di una corretta formulazione della diagnosi. (Fattispecie nella quale una diagnosi errata e superficiale, formulata senza disporre ed eseguire tempestivamente accertamenti assolutamente necessari, era risultata esiziale).

Cass. pen. n. 39882/2008

La responsabilità penale per colpa postula, oltre alla sussistenza di una condotta violatrice di regole cautelari, anche la prevedibilità "ex ante" dell'evento, in quanto riconducibile al novero di quelli che le stesse regole cautelari mirano a prevenire. (In applicazione del principio, la S. C. ha annullato senza rinvio, per difetto del requisito della prevedibilità, la sentenza che aveva ritenuto responsabili di omicidio colposo il capo cantiere ed il direttore tecnico dell'impresa che, nell'ambito di lavori di costruzione di un'autostrada, aveva realizzato un pozzetto munito di grata fissata ad un cordolo di cemento che, per la sua scarsa consistenza, aveva ceduto, formando una buca nella quale era rimasta intrappolata la P.O. che, affetta da demenza senile, non era riuscita a liberarsi - come agevolmente possibile -, ed era deceduta a causa del sopraggiungere di un'emorragia intracranica).

Cass. pen. n. 34765/2008

La posizione di garanzia assunta dal proprietario di un cane gli impone l'obbligo di adottare le cautele necessarie a prevenire le prevedibili reazioni dell'animale e pertanto egli risponde a titolo di colpa delle lesioni cagionate a terzi dallo stesso animale, qualora ne abbia affidato la custodia a persona inidonea a controllarlo.

Cass. pen. n. 32424/2008

In tema di colpa professionale, il medico specializzando è titolare di una posizione di garanzia in relazione alle attività personalmente compiute nell'osservanza delle direttive e sotto il controllo del medico tutore, che deve verificarne i risultati. (La Corte ha precisato che il medico specializzando deve rifiutare i compiti che non ritiene in grado di compiere, poiché in caso contrario se ne assume la responsabilità a titolo di cosiddetta colpa per assunzione).

Cass. pen. n. 25648/2008

In tema di delitti colposi, l'essenza della condotta colposa va ravvisata nell'oggettivo contrasto tra la condotta concretamente tenuta dal soggetto agente e quella prescritta dall'ordinamento, sempre che risulti la prevedibilità dell'evento, ovvero la possibilità di riconoscere il pericolo che ad una data condotta potesse conseguire la realizzazione di un fatto ; per ascrivere a titolo di colpa l'evento cagionato al soggetto attivo è, inoltre, necessario accertare l'evitabilità dell'evento, ovvero che il prescritto comportamento alternativo corretto fosse in concreto idoneo ad evitare l'evento dannoso. (Fattispecie nella quale un operaio aveva riportato lesioni mentre rimuoveva un martinetto, mansione non particolarmente complessa, ma diversa da quella per la quale era stato assunto, ed eseguita senza aver ricevuto istruzioni per l'uso dell'attrezzo ).

Cass. pen. n. 13942/2008

Non versa in colpa colui che cagiona delle lesioni personali per la propria imperizia, quando, pur privo delle necessarie competenze e capacità, si assume in condizioni di urgenza indifferibile un compito riservato a soggetto qualificato, atteso che in tal caso l'agente non era tenuto a prevedere le possibili conseguenze della sua condotta. (Fattispecie in cui una ostetrica, cui è vietato procedere a parti non fisiologici, in presenza di una dilatazione oramai completa e non riuscendo ad ottenere l'intervento del medico, pur dalla stessa inutilmente sollecitato, aveva autonomamente proceduto a manovre di competenza del ginecologo dalla cui errata esecuzione era conseguita al neonato una lesione permanente).

Cass. pen. n. 10857/2008

L'esercente di un servizio ferroviario è responsabile della sicurezza del servizio stesso ed assume pertanto una posizione di garanzia non solo nei confronti del personale dipendente e dei viaggiatori, ma anche nei riguardi di terze persone che vengano in contatto con la ferrovia ogni qual volta il suo esercizio determini situazioni di pericolo eccedenti il normale rischio collegato all'attività, venendo dunque chiamato a rispondere per colpa della mancata adozione delle misure necessarie a prevenire il verificarsi di eventi lesivi dell'incolumità anche di queste persone. (Fattispecie avente ad oggetto la mancata predisposizione degli obbligatori dispositivi acustici e luminosi in prossimità di un passaggio a livello con barriere, posizionato dopo una curva, in relazione alle lesioni riportate dal conducente di un ciclomotore, il quale non avvertito del fatto che la sbarra si stava chiudendo, era stato colpito dalla stessa).

Cass. pen. n. 5117/2008

In tema di colpa, la prevedibilità dell'evento può riconnettersi anche solo alla possibilità che lo stesso si verifichi, purché tale possibilità riveli in maniera comunque concreta le potenzialità dannose della condotta dell'agente. In tal senso, quando si verte in materia di tutela della vita e della salute dei consociati, il rischio che l'agente deve rappresentarsi può ritenersi concreto anche solo laddove la mancata adozione di cautele preventive possa indurre un dubbio non meramente congetturale sulla possibile produzione di conseguenze dannose. (Fattispecie in tema di responsabilità del datore di lavoro per la mancata predisposizione di misure preventive, ulteriori rispetto a quelle imposte dalle norme preventive vigenti all'epoca, idonee ad evitare la pur prevedibile contrazione da parte dei lavoratori di gravi malattie connesse all'esposizione nell'ambiente di lavoro con polveri di amianto).

Cass. pen. n. 39619/2007

In tema di colpa omissiva, l'obbligo giuridico di attivarsi gravante sull'agente può originare anche dall'esercizio di un'attività pericolosa, dovendosi intendere per tali non solo quelle così identificate dalle leggi di pubblica sicurezza o da altre leggi speciali, bensì ogni attività che per sua stessa natura o per le caratteristiche di esercizio comporti una rilevante possibilità del verificarsi di un danno.

In tema di colpa omissiva, la posizione di garanzia che assumono il gestore e il responsabile della sicurezza di un impianto sciistico non origina dalla presunta intrinseca pericolosità dell'attività svolta, atteso che pericolosa è in realtà la pratica sportiva dello sci, bensì dal contratto concluso con lo sciatore che utilizza l'impianto e le piste dallo stesso servite. (Fattispecie relativa alla responsabilità per colpa in merito alle lesioni riportate da uno sciatore e causate dall'omessa delimitazione della pista in un punto ritenuto pericoloso).

Cass. pen. n. 37606/2007

In tema di colpa specifica, nell'ipotesi della violazione di una norma cautelare c.d. «elastica» - che indica, cioè, un comportamento determinabile in base a circostanze contingenti - è comunque necessario che l'imputazione soggettiva dell'evento avvenga attraverso un apprezzamento della concreta prevedibilità ed evitabilità dell'esito antigiuridico da parte dall'agente modello. (Fattispecie in tema di omicidio colposo conseguente ad incidente stradale, in cui l'imputato, che viaggiava a velocità superiore a quella imposta, ha investito un veicolo che aveva effettuato una improvvisa svolta a sinistra attraversando repentinamente la carreggiata: la Corte ha annullato con rinvio la sentenza di condanna al risarcimento del danno - essendosi nel frattempo il reato prescritto - ritenendone carente la motivazione che non aveva chiarito se la condotta di guida della vittima fosse prevedibile e se le conseguenze determinatesi nel corso dell'incidente fossero prevedibili ed evitabili).

Cass. pen. n. 32586/2007

In tema di bancarotta semplice, la colpa dell'imprenditore è ravvisabile anche quando egli abbia affidato a soggetti estranei all'amministrazione dell'azienda la tenuta delle scritture e dei libri contabili, perché su di lui grava, oltre all'onere di un'oculata scelta del professionista incaricato e alla connessa eventuale culpa in eligendo anche quello di controllarne l'operato.

Cass. pen. n. 29232/2007

Per la configurabilità della colpa non è necessario che l'agente abbia consapevolezza della situazione di pericolo da cui scaturisce il dovere di applicare una determinata regola cautelare, bensì è sufficiente che tale pericolo risulti in concreto riconoscibile e non imprevedibili le conseguenze di una condotta che lo ignori. (Fattispecie in tema di omicidio colposo da incidente stradale, concernente la mancata adozione di regole cautelari più severe di quelle ordinarie in occasione del transito su di una strada di montagna accidentata e senza guard rail le cui pessime condizioni di manutenzione avrebbero potuto consentire all'agente di prevedere la presenza di detriti e terriccio sulla carreggiata, ancorché egli non fosse stato preventivamente a conoscenza della circostanza).

Cass. pen. n. 21594/2007

In tema di colpa professionale, risponde del reato commesso dal medico specializzando, materiale esecutore dell'intervento chirurgico, anche il primario, cui lo specializzando è affidato, il quale, allontanandosi durante l'operazione, viene meno all'obbligo di diretta partecipazione agli atti medici posti in essere dal sanitario affidatogli.

Cass. pen. n. 4675/2007

In tema di delitti colposi, ai fini dell'elemento soggettivo, per potere formalizzare l'addebito colposo, non è sufficiente verificare la violazione della regola cautelare, ma è necessario accertare che tale regola fosse diretta ad evitare proprio il tipo di evento dannoso verificatosi, altrimenti si avrebbe una responsabilità oggettiva giustificata dal mero versari in re illecita. Ne consegue che occorre verificare la cosiddetta «concretizzazione del rischio» (“realizzazione del rischio”), che si pone sul versante oggettivo della colpevolezza, come la prevedibilità dell'evento dannoso si pone più specificamente sul versante soggettivo e la relativa valutazione deve prendere in considerazione l'evento in concreto verificatosi per accertare se questa conseguenza dell'agire rientrava tra gli eventi che la regola cautelare inosservata mirava a prevenire.

In tema di delitti colposi, la prevedibilità dell'evento dannoso va accertata con criteri ex ante e va valutata dal punto di vista dell'agente (non di quello che ha concretamente agito, ma dell'agente modello) per verificare se era prevedibile che la sua condotta avrebbe potuto provocare quell'evento; il criterio della concretizzazione del rischio, invece, è una valutazione ex post che consente di avere conferma, o meno, che quel tipo di evento effettivamente verificatosi rientrasse tra quelli che la regola cautelare mirava a prevenire, tenendo conto che esistono regole cautelari per così dire «aperte» nelle quali la regola è dettata sul presupposto che esistano o possano esistere conseguenze dannose non ancora conosciute, ed altre c.d. «rigide» che prendono in considerazione solo uno specifico e determinato evento.

In tema di delitti colposi, nel giudizio di «prevedibilità» richiesto per la configurazione della colpa, va considerata anche la sola possibilità per il soggetto di rappresentarsi una categoria di danni sia pure indistinta potenzialmente derivante dal suo agire, tale che avrebbe dovuto convincerlo ad astenersi o ad adottare più sicure regole di prevenzione: in altri termini, ai fini del giudizio di prevedibilità, deve aversi riguardo alla potenziale idoneità della condotta a dar vita ad una situazione di danno e non anche alla specifica rappresentazione ex ante dell'evento dannoso, quale si è concretamente verificato in tutta la sua gravità ed estensione. (In applicazione di tale principio, la S.C. ha ritenuto corretta e congruamente motivata la sentenza di merito la quale - attraverso insindacabili valutazioni di fatto - ha affermato che, poiché il cvm e il pvc erano da ritenersi sostanze di cui era già conosciuta l'idoneità a provocare gravi patologie, dovevano ritenersi ex ante prevedibili gravi danni alla salute dei lavoratori esposti a tali sostanze, sì da potersene fare discendere - anche se fossero mancate regole cautelari di origine normativa, nella fattispecie invece esistenti, artt. 20 e 21 del D.P.R. 19 marzo 1956 n. 303, che impongono al datore di lavoro, nel caso di ambienti di lavoro in cui siano presenti prodotti nocivi o polveri, di impedirne o «ridurne per quanto possibile» lo sviluppo e la diffusione - l'obbligo per il datore di lavoro di adottare le cautele necessarie per preservare i lavoratori dal rischio per la salute).

In tema di delitti colposi, per verificare la sussistenza dell'elemento soggettivo, occorre accertare, con valutazione ex ante la prevedibilità dell'evento, giacché non può essere addebitato all'agente modello (l'homo ejusdem professionis et condicionis) di non avere previsto un evento che, in base alle conoscenze che aveva o che avrebbe dovuto avere, non poteva prevedere, finendosi, diversamente opinando, con il costruire una forma di responsabilità oggettiva. Quanto all'apprezzamento del parametro della prevedibilità, con specifico riguardo alla individuazione del momento cui occorre fare riferimento per poter pretendere che l'agente riconoscesse i rischi della sua attività e i potenziali sviluppi lesivi, è da ritenere che l'agente abbia in proposito un obbligo di informazione in relazione alle più recenti acquisizioni scientifiche, anche se non ancora patrimonio comune ed anche se non applicate nel circolo di riferimento, a meno che si tratti di studi isolati ancora privi di conferma.

Cass. pen. n. 21473/2006

L'ordinamento penale distingue tra i vari gradi di colpa soltanto ai fini della misura della pena e l'art. 43 c.p. non ammette restrizioni nell'accertamento dell'elemento psicologico, sicché la valutazione giudiziaria della colpa professionale, a differenza del giudizio civile in tema di risarcimento del danno, non è limitata all'ipotesi di colpa grave.

Cass. pen. n. 39791/2005

Il dolo d'impeto, che connota la risposta immediata o quasi immediata ad uno stimolo esterno, non esclude la lucidità, ma non richiede neppure una immediatezza assoluta della risposta allo stimolo, essendo diversi, in ogni soggetto, i tempi di reazione. (Fattispecie relativa ad un caso di tentato omicidio pluriaggravato, in cui la Corte ha confermato la decisione dei giudici d'appello che non avevano ravvisato alcuna incompatibilità tra il dolo d'impeto e la lucidità e la freddezza mostrate dall'imputato il quale, a fronte del rifiuto reiteratamente opposto da una prostituta alle plurime richieste di concessione di uno sconto per il pagamento della prestazione sessuale, esplodeva contro la stessa un colpo d'arma da fuoco in direzione del collo della vittima, la scaricava dall'autovettura e si dava alla fuga al fine di non essere identificato).

Cass. pen. n. 28617/2005

La valutazione della colpa professionale in sede penale non è limitata all'ipotesi di colpa grave, posto che, a differenza di ciò che avviene nel processo civile in ragione dell'art. 2236 c.c. ai fini del risarcimento del danno, l'accertamento dell'elemento psicologico ai sensi dell'art. 43 c.p. non ammette restrizioni.

Cass. pen. n. 22579/2005

La circostanza dello «scioglimento dell'equipe operatoria» che abbia a verificarsi quando ancora l'intervento deve essere completato da adempimenti di particolare semplicità, esclude l'elemento della colpa per negligenza in capo al medico che ha abbandonato anticipatamente l'equipe, sempre che non si tratti di intervento operatorio ad alto rischio e l'allontanamento sia giustificato da pressanti ed urgenti necessità professionali.

Cass. pen. n. 24036/2004

In tema di colpa professionale, nel caso di equipes chirurgiche e, più in generale, in quello in cui ci si trovi di fronte ad ipotesi di cooperazione multidisciplinare nell'attività medicochirurgica, sia pure svolta non contestualmente, ogni sanitario, oltre che al rispetto dei canoni di diligenza e prudenza connessi alle specifiche mansioni svolte, è tenuto ad osservare gli obblighi ad ognuno derivanti dalla convergenza di tutte le attività verso il fine comune ed unico. Ne consegue che ogni sanitario non può esimersi dal conoscere e valutare l'attività precedente o contestuale svolta da altro collega, sia pure specialista in altra disciplina, e dal controllarne la correttezza, se del caso ponendo rimedio o facendo in modo che si ponga opportunamente rimedio ad errori altrui che siano evidenti e non settoriali e, come tali, rilevabili ed emendabili con l'ausilio delle comuni conoscenze scientifiche del professionista medio.

Cass. pen. n. 37473/2003

La colpa del medico, che è una delle cosiddette colpe speciali o professionali, proprie delle attività giuridicamente autorizzate perché socialmente utili anche se rischiose per loro natura, ha come caratteristica l'inosservanza di regole di condotta, le leges che, hanno per fine la prevenzione del rischio non consentito, vale a dire dell'aumento del rischio. La prevedibilità consiste nella possibilità di prevedere l'evento che conseguirebbe al rischio non consentito e deve essere commisurata al parametro del modello di agente, dell'homo eiusdem professionis et condicionis, arricchito dalle eventuali maggiori conoscenze dell'agente concreto. (Nella fattispecie la Corte ha ritenuto legittima l'affermazione del giudice di merito circa la sussistenza della colpa grave di un ginecologo che, nell'alternativa, aveva scelto la manovra di «disancoramento» del feto meno corretta e più rischiosa per far nascere il neonato, con conseguenti lesioni gravi di quest'ultimo).

Cass. pen. n. 37001/2003

Il datore di lavoro è destinatario delle norme antinfortunistiche proprio per evitare che il dipendente compia scelte irrazionali che, se effettuate, possono pregiudicarne l'integrità psico-fisica. Egli, pertanto, è esonerato da responsabilità solo quando il comportamento del dipendente sia eccezionale, imprevedibile, tale da non essere preventivamente immaginabile, e non già quando l'irrazionalità della condotta del dipendente sia controllabile, pensabile in anticipo, risolvendosi nel fare l'esatto contrario di quel che si dovrebbe fare per non incorrere in infortuni.

Cass. pen. n. 25962/2003

In materia di responsabilità colposa per fatti lesivi o mortali derivanti da violazione delle norme sulla circolazione stradale, deve ritenersi che la presenza di veicoli fermi sulla corsia di sorpasso di un'autostrada costituisce un evento del tutto imprevedibile, che si pone in contrasto, oltre che con le norme anzidette, anche con quelle della convivenza civile. (Nella specie, in applicazione di tale principio, la Corte ha ritenuto che correttamente fosse stato escluso, nonostante che si trattasse di fatto avvenuto in ora diurna, in tratto rettilineo ed in condizioni di ottima visibilità, il concorso di colpa del conducente di un autoveicolo il quale aveva tamponato, riportando lesioni di esito mortale, l'autoveicolo dell'imputato, fermo sulla corsia di sorpasso a seguito di precedente collisione con altra autovettura, da cui erano derivati solo danni alle cose).

Cass. pen. n. 22338/2003

Quando l'attività svolta è giuridicamente autorizzata, anche se per natura rischiosa, sussiste la necessità di operare in modo da prevenire la colpa speciale caratterizzata da regole di condotta aventi per finalità la prevenzione del rischio non consentito e pertanto la violazione di precise norme di comportamento costituisce colpa punibile. (Fattispecie in cui un conduttore di aliante, non osservando la regola basilare di prudenza di controllo dello spazio circostante a trecentosessanta gradi, aveva colliso con altro aliante).

Cass. pen. n. 21443/2003

Nel configurare il reato di abuso d'ufficio come reato di evento, il legislatore del 1997 ha inteso con l'avverbio «intenzionalmente» rendere necessario che l'evento sia la conseguenza immediatamente conseguita dall'agente, escludendo in tal modo le condotte poste in essere sia con dolo eventuale che con dolo indiretto (che ricorre quando il soggetto si rappresenti la realizzazione dell'evento come altamente probabile o anche certa, pur non essendo la sua volontà orientata a tal fine). Ne consegue che non è punibile per tale titolo il responsabile dell'Ufficio tecnico comunale al quale sia stato contestato di aver espletato una istruttoria favorevole in relazione ad opere per le quali non poteva essere rilasciato alcun provvedimento concessorio «al fine di procurare un ingiusto vantaggio patrimoniale» agli istanti, senza peraltro indicare quale evento sarebbe stato conseguenza diretta ed immediata della sua condotta.

Cass. pen. n. 16976/2003

Quando la condotta dell'agente sia consapevolmente diretta a realizzare un determinato evento, ma questo si verifica non per effetto di quella condotta, bensì di un comportamento sorretto dall'erroneo convincimento della già avvenuta produzione dell'evento, quest'ultimo non può essere imputato a titolo di dolo, se non sotto il profilo del delitto tentato, mentre l'ulteriore frammento della condotta può essere ascritto solo a titolo di colpa, ove il fatto da essa integrato sia previsto come delitto colposo. (Nella specie è stata censurata la sentenza di merito la quale aveva ritenuto configurabile l'omicidio volontario in capo a soggetti che, nel dichiarato intento di dare una «lezione» alla vittima della loro aggressione, le avevano provocato lesioni gravi e che, subito dopo, nell'erronea convinzione del già avvenuto e non voluto decesso, allo scopo di occultare il presunto cadavere, ne avevano dato alle fiamme il corpo, così cagionandone la morte)

Cass. pen. n. 11445/2003

In tema di colpa specifica, l'inosservanza della prescrizione legittimamente imposta dalla pubblica amministrazione costituisce, di per sé, l'essenza della colpa, non essendo consentito al destinatario dell'ordine di sostituire il proprio giudizio di prevedibilità o evitabilità a quello della P.A., adottando condotte diverse. (Fattispecie in cui la Corte ha ritenuto illegittima l'esclusione della colpa dei responsabili di una pista da sci i quali non si erano attenuti alla prescrizione della apposita Commissione tecnica provinciale che aveva condizionato l'agibilità della pista alla realizzazione di una barriera dai 12 ai 14 metri dinanzi ad un ponte, ma ne avevano collocato una di lunghezza inferiore ai 10 metri).

Cass. pen. n. 988/2003

In tema di responsabilità colposa per violazione di norme prevenzionali, la circostanza che la condotta antidoverosa, per effetto di nuove conoscenze tecniche e scientifiche, risulti nel momento del giudizio produttiva di un evento lesivo, non conosciuto quale sua possibile implicazione nel momento in cui è stata tenuta, non esclude la sussistenza del nesso causale e dell'elemento soggettivo del reato sotto il profilo della prevedibilità, quando l'evento verificatosi offenda lo stesso bene alla cui tutela avrebbe dovuto indirizzarsi il comportamento richiesto dalla norma, e risulti che detto comportamento avrebbe evitato anche la lesione in concreto attuata. (Fattispecie relativa all'esposizione di lavoratori all'inalazione di polveri di amianto, nella quale l'eventuale ignoranza dell'agente circa la possibile produzione di malattie tumorali, e soprattutto del mesotelioma pleurico, è stata giudicata irrilevante a fronte dell'omissione di cautele che sarebbero state comu

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Roberto Z. chiede
mercoledì 16/12/2015 - Lombardia
“Nell'anno 2011 io e mia sorella ricevevamo su conto congiunto una donazione da ns madre, di circa 400000 eur. Nello stesso anno dividevamo la somma, facendo confluire 200000 euro a testa su rispettivi conti bancari.
Una verifica fiscale della GdF sul conto corrente rilevava la somma in entrata, che mi veniva imputata come ricavo, e ricevevo denuncia per omessa dichiarazione.In ricorso di primo grado la mia spiegazione veniva rigettata.Ora andrò in 2° grado.
Domande:
1.Come dimostrare la provenienza del denaro?
2. Nell'ipotesi di ulteriore rigetto in 2° e cassazione, quante probabilità ho che il reato vada comunque prescritto?”
Consulenza legale i 22/12/2015
Dal quesito posto si deduce che al richiedente viene contestato il reato di omessa dichiarazione di cui all'art. 5 del d.lgs. 74/2000. Tale disposizione punisce chi, al fine di evadere le imposte sui redditi o sul valore aggiunto, non presenta, pur ricorrendo l'obbligo, una delle dichiarazioni annuali relative a queste imposte, se l'imposta evasa è superiore, in riferimento ad una di dette imposte, alla soglia indicata.

Il reato può essere commesso da ogni contribuente che sia tenuto a presentare una delle dichiarazioni indicate. Elemento soggettivo è il dolo specifico, consistente nella coscienza e volontà di evadere una delle imposte indicate.
La condotta è di tipo omissivo, e consiste nel non compiere la dichiarazione dovuta.

Il reato si consuma nel momento in cui si compie l'omissione. Precisamente, poiché ai sensi del comma 2 dell'art. 5 la dichiarazione non si considera omessa se presentata entro 90 giorni dalla scadenza del termine, il reato può dirsi integrato all'inutile spirare di questa scadenza.

Quanto ai termini, l'art. 17 co. 1 bis, comma inserito dal d.l. 138/2011 convertito con modificazioni dalla l. 148/2011, sancisce che i termini di prescrizione sono, anche per il reato in esame, elevati di un terzo. In assenza di disposizioni specifiche questi vanno individuati, ex art. 157 del c.p., in 6 anni che, con l'innalzamento di un terzo, sono di 8 anni a decorrere dalla novella del 2011.

Sul piano probatorio, la giurisprudenza ha sottolineato come l'accertamento dell'esistenza di tutti gli elementi della fattispecie di reato è onere che grava sull'accusa, non potendosi applicare le presunzioni legali o i criteri che sono validi in sede tributaria; di conseguenza, per il superamento della soglia penale spetta al giudice accertare e determinare l'imposta evasa, con una decisione che può sovrapporsi ma anche contrastare con quella tributaria (Cass. 37335/2014; Cass. 21213/2008). Del pari, si è riconosciuto che "l'art. 32, comma primo n. 2), del 32 D.P.R. 29/9/1973 n. 600, contiene una presunzione legale di corrispondenza delle partite attive, risultanti dai rapporti del contribuente sottoposto a verifica con gli istituti di credito, con i ricavi dell'attività d'impresa o professionale, in assenza della dimostrazione che le stesse «non hanno rilevanza» ai fini della determinazione del reddito soggetto ad imposta. Detta presunzione, tuttavia, non opera in sede penale, sicché il giudice di merito deve motivare in ordine alle ragioni per le quali dati della verifica effettuata in sede fiscale sono stati ritenuti attendibili" (Cass. 5490/2009).
In ogni caso, il giudice penale può compiere un ragionamento induttivo ed anche basarsi su quello effettuato dagli uffici finanziari, purché valuti gli elementi di questo, eventualmente anche con gli altri acquisiti altrove (Cass. 37335/2014).

Pertanto, l'onere della prova degli elementi costitutivi del reato ricade sulla pubblica accusa. Il richiedente, al fine di provare che un eventuale ragionamento induttivo, svolto dal giudice in ordine alla provenienza della somma, non è fondato, dovrà dimostrare che la somma in questione non costituisce ricavo ma proviene da una donazione, e ciò producendo gli atti rilevanti allo scopo, tra cui vi sono quelli che dimostrano i relativi trasferimenti di denaro (cioè sia la donazione che il trasferimento da un conto ad un altro) e le operazioni che hanno effettivamente generato dei ricavi.

Maurizio S. chiede
lunedì 14/12/2015 - Umbria
“A seguito di un accertamento fiscale dell’Agenzia delle Entrate, ho ricevuto un verbale di accertamento di cui mi sono opposto presso il CTP competente. Informo ulteriormente che l’Agenzia delle Entrate ha segnalato alla Procura della Repubblica il superamento delle soglie penali.
La situazione in oggetto prospetta nei prossimi mesi un possibile pignoramento da parte di Equitalia dei miei beni (solo mobili, ovvero depositi in conto corrente bancario) e di un potenziale sequestro preventivo per equivalente.
Ora mi trovo di fronte ad una scelta che vorrei sapere se è rispettosa della Legge in materia, ovvero ho intenzione di costituire in questi giorni una nuova S.r.l. start-up innovativa (non una Trust) di cui io sarò socio unico e amministratore unico. Il capitale sociale sarebbe costituito da tutti i miei risparmi odierni depositati nei conti correnti bancari e che, una volta defluiti nella nuova società, non sarebbero più direttamente aggredibili dai creditori nei modi sopra enunciati
Sono consapevole che i creditori potranno comunque, come creditori particolari del socio, non attingere direttamente ai beni della società appena costituita ma potranno altresì pignorare o chiedere il sequestro delle quote societarie con l’augurio che il Giudice possa permettermi di continuare a gestire l’azienda per generare utili aziendali fino al soddisfacimento del possibile debito fiscale.
L’obiettivo di costituire questa nuova società è dato dal fatto che, nell’ipotesi di una mia soccombenza alle pretese fiscali e penali, la società potrebbe contribuire a pagare le pretese fiscali con gli utili della sua attività, e va sempre considerato un auspicato aumento del valore patrimoniale della società in caso di vendita per Incanto.
Mentre al contrario, se ciò non fosse in favore dei creditori e quindi rinuncerei a costituire una nuova società, l’importo delle mie disponibilità bancarie odierne non coprirebbe neanche il 10% delle pretese del fisco e sarei destinato a 58 anni ad essere disoccupato.”
Consulenza legale i 20/12/2015
È necessario premettere che si procede a verificare la possibilità che la situazione descritta integri uno specifico reato (sottrazione fraudolenta al pagamento di imposte) senza pretese di esaustività, cioè senza escludere che la condotta indicata possa essere sussunta sotto altre fattispecie di reato, eventualmente anche alla luce di altri elementi di fatto.

La sottrazione fraudolenta al pagamento di imposte è disciplinata dall'art. 11 d.lgs. 74/2000, ai sensi del cui comma 1 "E' punito con la reclusione da sei mesi a quattro chiunque, al fine di sottrarsi al pagamento di imposte sui redditi o sul valore aggiunto ovvero di interessi o sanzioni amministrative relativi a dette imposte di ammontare complessivo superiore ad euro cinquantamila, aliena simulatamente o compie altri atti fraudolenti sui propri o su alcuni beni idonei a rendere in tutto o in parte inefficace la procedura di riscossione coattiva. Se l'ammontare delle imposte, sanzioni ed interessi è superiore ad euro duecentomila si applica la reclusione da un anno a sei anni.".

Affinché il reato si configuri è necessario che ne ricorrano tutti gli elementi costitutivi.

Soggetto attivo può essere chiunque, fermo restando che, trattandosi di reato tributario, è necessario che egli rivesta la qualifica di contribuente.

La condotta incriminata è quella di chi "aliena simulatamente o compie altri atti fraudolenti sui propri o su alcuni beni idonei a rendere in tutto o in parte inefficace la procedura di riscossione coattiva". Innanzitutto, quindi, la disposizione si riferisce solo a determinate condotte. Quanto alla distinzione tra le due ipotesi previste, essa sta nel fatto che con la simulazione non si vuole la produzione degli effetti propri dell'atto, mentre in caso di atti fraudolenti tale produzione è voluta ma per scopo illecito. La condotta di specie, quindi, non andrebbe ricondotta alla simulazione (il richiedente vuole gli effetti dell'atto) ma al compimento di atto fraudolento.

Quanto all'atto fraudolento, è tale anche quello che di per sé, isolatamente considerato, costituirebbe espressione di un'operazione lecita. La Cassazione ha stabilito, ad esempio, che integra il reato anche la costituzione di un fondo patrimoniale quando venga dimostrata l'idoneità dell'atto ad ostacolare la possibilità di soddisfacimento tributario (Cass. 40561/2012; Cass. 36378/2015). La stessa pronuncia ha chiarito che "la condotta penalmente rilevante può essere costituita da qualsiasi atto o fatto fraudolento intenzionalmente volto a ridurre la capacità patrimoniale del contribuente stesso, riduzione da ritenersi, con un giudizio ex ante, idonea sia dal punto di vista quantitativo che qualitativo, a vanificare in tutto od in parte, o comunque rendere più difficile una eventuale procedura esecutiva".

In tal senso, in relazione ad operazioni societarie, si segnala Cass. 39079/2013, con la quale si è riconosciuto che una complessa operazione economica (conferimento di beni in società da parte di un soggetto e successiva cessione di quote alla sua convivente) integrasse il reato in esame, a nulla rilevando le motivazioni economiche sottese all'operazione sul capitale. Peraltro, come osservato dalla Suprema Corte in una sentenza resa in tema, in relazione ad un atto di donazione, "anche un solo atto di cessione è idoneo ad ostacolare l'apprensione dei beni da parte del fisco, essendo in tal caso detta apprensione subordinata ad un evento futuro e incerto (l'efficace compimento dell'azione revocatoria)" (Cass. 36378/2015). Conformemente, si riconosce che la necessità per l'Erario di dover agire in revocatoria invece di poter soddisfarsi direttamente sui beni del soggetto comporta un netto aggravarsi della sua posizione creditoria (Cass. 40534/2015).

Come si desume da tali pronunce, il concetto di atto fraudolento viene interpretato in senso estensivo dalla giurisprudenza, che, come detto, vi riconduce, tra gli altri, anche atti che possano rendere più difficoltosa la soddisfazione dell'Erario. Del resto, la scelta legislativa di tale locuzione, che è una locuzione volutamente aperta, può ritenersi finalizzata a consentire all'interprete di includervi più operazioni negoziali. Considerato tutto ciò, quindi, si ritiene che la condotta prospettata dal richiedente possa essere ricondotta a quella incriminata dalla norma.

Sul piano soggettivo è necessario il dolo (c.d. dolo di evasione), quale fine di sottrarsi alla pretesa tributaria dell'erario. Tale elemento risulta presente nella descrizione del richiedente che, pur dichiarando l'intento di incrementare il valore della società, sostiene di agire allo scopo di sottrarre i propri beni all'aggressione diretta dei creditori.
Peraltro, secondo la giurisprudenza, il dolo deve avere ad oggetto anche l'elemento della soglia della punibilità, indicato in € 50.000,00: ciò significa che l'autore del reato deve anche essere consapevole che l'azione è finalizzata a sottrarre beni alla riscossione delle imposte che superino la soglia di legge; e ciò eventualmente anche a titolo di dolo eventuale (cioè come accettazione del rischio che ciò accada).

Quanto alla consumazione del reato, trattasi di reato di pericolo: quindi non è necessario che sia già iniziata la procedura di riscossione (Cass. 14720/2008). Inoltre, esso si configura anche se la pretesa sia poi soddisfatta dal contribuente (Cass. 40561/2012).

In conclusione, sulla base delle informazioni rese e delle considerazioni svolte, si ritiene che la condotta descritta possa integrare il reato di sottrazione fraudolenta al pagamento di imposte.