Cassazione penale Sez. I sentenza n. 16976 del 10 aprile 2003

(2 massime)

(massima n. 1)

In tema di delitti omicidiali, deve qualificarsi come diretta e non come eventuale la particolare manifestazione di volontà dolosa definita “dolo alternativo” che sussiste allorquando l'agente, al momento della realizzazione dell'elemento oggettivo del reato, si rappresenta e vuole indifferentemente e alternativamente che si verifichi l'uno o l'altro degli eventi causalmente ricollegabili alla sua condotta cosciente e volontaria, sicché, attesa la sostanziale equivalenza dell'uno o dell'altro evento, egli risponde per quello effettivamente realizzato.

(massima n. 2)

Quando la condotta dell'agente sia consapevolmente diretta a realizzare un determinato evento, ma questo si verifica non per effetto di quella condotta, bensì di un comportamento sorretto dall'erroneo convincimento della già avvenuta produzione dell'evento, quest'ultimo non può essere imputato a titolo di dolo, se non sotto il profilo del delitto tentato, mentre l'ulteriore frammento della condotta può essere ascritto solo a titolo di colpa, ove il fatto da essa integrato sia previsto come delitto colposo. (Nella specie è stata censurata la sentenza di merito la quale aveva ritenuto configurabile l'omicidio volontario in capo a soggetti che, nel dichiarato intento di dare una «lezione» alla vittima della loro aggressione, le avevano provocato lesioni gravi e che, subito dopo, nell'erronea convinzione del già avvenuto e non voluto decesso, allo scopo di occultare il presunto cadavere, ne avevano dato alle fiamme il corpo, così cagionandone la morte)

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