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Sospensione totale e/o parziale di lavori pubblici e coronavirus: risarcimento dovuto all'appaltatore?

Sospensione totale e/o parziale di lavori pubblici e coronavirus: risarcimento dovuto all'appaltatore?
Nel caso di sospensione totale e/o parziale di lavori pubblici "essenziali" per causa di forza maggiore e/o circostanze speciali (leggasi COVID-19), all'appaltatore compete il risarcimento del danno?
Al fine di dare una completa risposta al presente quesito, è opportuno premettere un sintetico riepilogo delle norme emanate in relazione alle attività produttive per fronteggiare la diffusione del coronavirus.
Il D. L. n. 6/2020 ha previsto l’adozione di diverse misure di contenimento per arginare l’emergenza COVID19, che sono state poi attuate in successivi Decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri.
Con i D.P.C.M. 8 marzo, 9 marzo e 11 marzo 2020 è stata disposta la sospensione delle attività commerciali aperte al pubblico, mentre per le restanti attività produttive veniva soltanto raccomandato ai datori di lavoro di dotare i lavoratori delle necessarie protezioni, di privilegiare, ove possibile, lo smart working, di incentivare l’utilizzo delle ferie da parte dei dipendenti, nonché di disporre la chiusura dei reparti non indispensabili.
Le misure atte a garantire la sicurezza sui luoghi di lavoro sono state poi specificate in un protocollo sottoscritto il 14 marzo scorso dalle principali associazioni sindacali e imprenditoriali.
A seguito dell’avanzare della diffusione del contagio, il D.P.C.M. 22 marzo 2020 ha imposto la sospensione di tutte le attività produttive, industriali e commerciali, ad esclusione di quelle considerate essenziali e individuate nello stesso provvedimento.
Rimane, comunque, consentito lo svolgimento di tutte le attività funzionali ad assicurare la continuità dei servizi di pubblica utilità e dei servizi essenziali.

Pertanto, gli appalti relativi alla manutenzione della rete ferroviaria, come quello in oggetto, fino ad ora non sono stati colpiti da alcun provvedimento di sospensione obbligatoria, ma questo non significa che l’attività abbia potuto proseguire indisturbata e senza costi aggiuntivi.
Infatti, l’appaltatore è comunque soggetto alle norme generali in materia di sicurezza sul lavoro (D. Lgs. n. 81/2008), nonché è tenuto ad adottare gli accorgimenti aggiuntivi previsti dal detto Protocollo in materia di sicurezza.
Tali circostanze, oltre al generale rallentamento di tutte le attività produttive, hanno certamente comportato delle perdite a danno degli appaltatori del tutto imprevedibili al momento della stipulazione del contratto, nonché ritardi nell’esecuzione delle prestazioni appaltate.

Tanto premesso, si rileva che l’unica disposizione pertinente al caso di specie che disciplina gli effetti negativi dell’emergenza COVID19 sui contratti in essere è l’art. 91, D.L. n. 18/2020 (cosiddetto “Cura Italia”), che ha aggiunto il seguente comma 6 bis all’art. 3, D.L. n. 6/2020: “Il rispetto delle misure di contenimento di cui presente decreto è sempre valutata ai fini dell’esclusione, ai sensi e per gli effetti degli articoli 1218 e 1223 c.c., della responsabilità del debitore, anche relativamente all’applicazione di eventuali decadenze o penali connesse a ritardati o omessi adempimenti”.
Tale comma 6 bis è stato mantenuto anche dopo l’adozione dell’ultimo D.L. 25 marzo 2020, n. 19 (che al momento della stesura del presente parere non è stato ancora convertito in Legge), che ha invece abrogato il resto dell’art. 3, D.L. n. 6/2020.
Trattandosi di principi generali in tema di inadempimento contrattuale, essi sono applicabili anche agli appalti pubblici, con la conseguenza che è, anzitutto, preclusa alle stazioni appaltanti la possibilità di risolvere il contratto ex art. 108, D. Lgs. n. 50/2016 o di applicare penali agli appaltatori per eventuali ritardi causati dalla necessità di porre in essere le misure di contenimento connesse all’emergenza COVID19.
Posto che nella normativa “emergenziale” non sono previste altre disposizioni specifiche applicabili alla fattispecie in esame, inoltre, per rispondere al quesito è quindi è necessario riferirsi alle norme del vigente Codice dei contratti pubblici (tenendo presente che l’appalto de quo appartiene ai settori speciali ex art. 118, D. Lgs. n. 50/2018), nonché alle norme codicistiche generali in tema di appalto e di contratti a prestazioni corrispettive.

In primo luogo, va ricordato che ai sensi dell’art. 114, D. Lgs. n. 50/2018, le uniche norme del Codice contratti relative all'esecuzione nei settori speciali sono gli artt. 100, 105, 106, 108 e 112.
Pertanto, a meno che essa sia stata prevista in puntuali clausole del contratto de quo, va esclusa la possibilità di fare ricorso agli istituti della sospensione e delle riserve ex art. 107 e 111, D. Lgs. n. 50/2016, che sono proprio gli strumenti che nei settori ordinari consentono di far fronte alle situazioni imprevedibili che impediscono l’espletamento delle prestazioni contrattuali e di chiedere la remunerazione dei maggiori oneri sopportati durante l’esecuzione dell’appalto.
Tra le norme applicabili al presente caso, l’unico mezzo che potrebbe consentire di recuperare le perdite derivanti dall’emergenza COVID19 citate nel quesito è la revisione dei prezzi ex art. 1664 c.c. e art. 106, D. Lgs. n. 50/2016.
Infatti, nell’attuale disciplina dei contratti pubblici essa è invocabile, sia nei settori ordinari e sia nei settori speciali, in tutti i casi in cui si sia verificato un imprevedibile aumento dei costi che non sia conseguenza di un comportamento colposo della stazione appaltante (Cassazione civile, SS.UU. 29 maggio 2019, n.14696; Cassazione civile, sez. I, 18 maggio 2016, n.10165; Cassazione civile, sez. II, 21 gennaio 2011, n.1494).
Nella fattispecie, considerata anche la data nella quale è stato stipulato il contratto (30 novembre 2018), sembra non potersi dubitare del fatto che l’attuale emergenza sanitaria e la necessità di adeguare lo svolgimento delle prestazioni oggetto dell’appalto fossero circostanze del tutto imprevedibili all’appaltatore in sede di formulazione dell’offerta, anche con l’impiego della massima prudenza e diligenza professionale.
Tuttavia, va ricordato che la revisione dei prezzi è soggetta ai limiti quantitativi previsti dall’art. 106, D. Lgs. n. 50/2016 e può essere riconosciuta da parte della stazione appaltante soltanto qualora sia stata prevista nei documenti di gara iniziali in clausole chiare, precise e inequivocabili.
Pertanto, per poter invocare utilmente tale istituto è necessario che esso sia previsto in modo puntuale nelle clausole contrattuali relative all’appalto de quo.

È chiaro, comunque, che - anche ove essa venga concessa dalla stazione appaltante - la revisione non costituirebbe un rimedio completamente soddisfacente delle pretese dell'appaltatore, posto che si tratta di un istituto ordinario che verrebbe “adattato” alla eccezionale situazione verificatasi a seguito dell’emergenza COVD19.
In particolare, non sembra che mediante tale meccanismo sia possibile recuperare le perdite specificamente concernenti l'utile di impresa, che costituiscono una voce di natura diversa dal mero aumento dei costi che viene compensato grazie alla revisione dei prezzi.
Alla luce dei principi codicistici, inoltre, pare escluso il diritto dell’appaltatore ad ottenere un un vero e proprio risarcimento del danno comprensivo delle voci di danno emergente e lucro cessante, posto che il riconoscimento di tale diritto presuppone un inadempimento imputabile alla stazione appaltante, che nel caso di specie è molto difficile ravvisare.

L’unica ulteriore possibilità nel caso le perdite diventassero insostenibili sarebbe quella di invocare la risoluzione del contratto per eccessiva onerosità sopravvenuta, ai sensi dell’art. 1467 c.c., che può essere chiesta in tutti i casi in cui la prestazione di una delle parti sia divenuta eccessivamente onerosa per il verificarsi di avvenimenti straordinari e imprevedibili.
È opportuno sottolineare, però, che il suesteso parere è stato redatto sulla base della normativa vigente al 30 marzo 2020 e che non è da escludere l’adozione di futuri interventi legislativi destinati a prevedere speciali meccanismi di compensazione delle perdite subite dagli imprenditori – anche nel corso dell’esecuzione degli appalti pubblici - a causa dell’attuale situazione di emergenza.

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