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Preliminare di vendita di immobili da costruire: serve l’identità tra il bene promesso e quello costruito per agire ex art. 2932 c.c.

Preliminare di vendita di immobili da costruire: serve l’identità tra il bene promesso e quello costruito per agire ex art. 2932 c.c.
Non è possibile agire in giudizio per ottenere l’esecuzione in forma specifica dell’obbligo di contrarre ai sensi dell’art. 2932 c.c. se l’immobile costruito non è sostanzialmente identico a quello promesso in sede di stipula del contratto preliminare.
La Corte di Cassazione - con ordinanza n. 28293 del 15 ottobre 2021 - ha affermato espressamente che l’identità sostanziale tra il bene che è stato oggetto del contratto preliminare per la vendita di un immobile da costruire e l’unità abitativa effettivamente poi costruita è condizione essenziale per l’esperibilità della tutela reale. Così pronunciandosi, la Suprema Corte dà ulteriore conferma al proprio precedente orientamento, ribadendo la necessaria identità contenutistica tra contratto preliminare e definitivo.
Ciò significa che è possibile agire in giudizio per ottenere l’adempimento del contratto preliminare solo nel caso in cui il bene costruito dal promittente venditore corrisponda a quello promesso dal punto di vista della struttura, della funzione, della composizione e della consistenza.
Sono invece ammesse, quali uniche difformità non incidenti sulla possibilità di agire ex art. 2932 c.c., quelle non sostanziali ma di tipo quantitativo.
Nella recente pronuncia, peraltro, la Corte di Cassazione precisa anche che le verifiche circa l’identità o la difformità del bene rappresentano un accertamento di fatto di competenza esclusiva del giudice di merito.

La vicenda all’esito della quale è stata pronunciata la recente ordinanza, nello specifico, traeva origine nel lontano 1990, quando veniva sottoscritto dal promissario acquirente un verbale di prenotazione di un appartamento da costruire ad opera di un’impresa edile.
In forza di tale atto, dunque, il promittente acquirente aveva proposto, innanzi al Tribunale, domanda giudiziale di condanna al trasferimento della predetta unità immobiliare, ai sensi dell’art. 2932 c.c.
Tale domanda era stata accolta dal giudice di prime cure.
La sentenza di primo grado, tuttavia, veniva riformata in sede di appello. Il Collegio, infatti, aveva valorizzato la circostanza per cui l’appartamento promesso non era mai stato effettivamente costruito: la concessione edilizia inizialmente ottenuta, sulla base della quale era stato sottoscritto il verbale di prenotazione, era stata difatti annullata d’ufficio dall’Amministrazione per ragioni urbanistiche ed era poi stata sostituita, nel 1993, con una nuova concessione, la quale però autorizzava la costruzione di un appartamento in tutto e per tutto diverso, anche dal punto di vista strutturale, da quello inizialmente promesso. L’immobile costruito, infatti, difettava del ripostiglio e di un vano camera, previsti invece dal progetto iniziale e dal verbale di prenotazione.
Sulla scorta di tali considerazioni, la Corte d’appello aveva ritenuto quindi mancanti i presupposti richiesti dall’articolo 2932 c.c. per ottenere l’esecuzione in forma specifica dell’obbligo di contrarre.
Ed è proprio con il ricorso del promissario acquirente avverso tale provvedimento che la vicenda è giunta in Cassazione, la quale, pur cassando la sentenza per ragioni non attinenti alla tematica in esame, ha incidentalmente confermato quanto rilevato in punto di diritto dalla Corte d’appello.


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