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Pignoramento, ecco cosa puoi fare se il debitore svuota il conto corrente con un assegno circolare: tutte le soluzioni

Pignoramento, ecco cosa puoi fare se il debitore svuota il conto corrente con un assegno circolare: tutte le soluzioni
Come può il creditore, nell’ambito di un pignoramento presso terzi, tutelarsi contro il fenomeno distorsivo degli assegni circolari non riscossi, che però svuotano il conto del debitore?
Il presente contributo analizza le problematiche giuridiche connesse al mancato incasso degli assegni circolari nel contesto delle procedure esecutive, con particolare riferimento alla tutela dei creditori nell’ambito del pignoramento presso terzi.
Sebbene l’assegno circolare sia considerato, per definizione, un mezzo di pagamento sicuro (in quanto garantito dalla banca emittente), nella prassi si assiste a fenomeni distorsivi, legati all’inerzia o alla volontaria omissione dell’incasso da parte del beneficiario.
Si tratta di condotte che possono concretamente ostacolare l’azione del creditore procedente, compromettendo l’effettività del pignoramento e sollevando dubbi in merito alla pignorabilità di titoli non ancora riscossi e alla tutela dei diritti del creditore.

È, infatti, agevole per il debitore - consapevole di essere esposto a pignoramento del conto, sul quale potrebbe detenere una certa liquidità (è sufficiente aver ricevuto la notifica di un atto di precetto) - richiedere alla banca l’emissione di un assegno circolare intestato a sé stesso o a un terzo di fiducia, da custodire nella propria cassaforte.
In tal modo, al momento della notifica dell’atto di pignoramento, sul conto non si troverà sufficiente liquidità a soddisfare il creditore procedente.

La prima soluzione cui può tentare di ricorrere il creditore consiste nel pignoramento del titolo che, sebbene creato con finalità elusive, costituisce pur sempre un credito del debitore.
Il problema che si pone, tuttavia, riguarda le modalità concrete con cui effettuare il pignoramento di un titolo di credito, poiché, secondo un ormai risalente orientamento giurisprudenziale, è necessario procedere nelle forme del pignoramento diretto presso il debitore: l’ufficiale giudiziario, munito di titolo esecutivo e precetto, dovrebbe recarsi presso l’abitazione del debitore e cercare, aprendo porte, cassetti e ripostigli, beni da assoggettare all’espropriazione mobiliare (ipotesi più teorica che pratica).

In tal senso si è espressa Cass. Civ., Sez. II, n. 2917 del 07.04.1990, così massimata: “Il pignoramento di un credito incorporato in un titolo cambiario che, anziché nella forma del pignoramento presso il debitore diretto (prenditore o giratario del titolo), con materiale acquisizione del medesimo (art. 1997 del c.c. e art. 513 del c.p.c.), venga irritualmente eseguito nella forma del pignoramento presso terzi ai sensi dell’art. 543 del c.p.c., cioè presso l’obbligato cambiario, è affetto da nullità radicale ed insanabile, la quale si riflette sugli atti successivi, ad esso collegati direttamente e necessariamente, e così anche sull’assegnazione del credito, e può essere dedotta e fatta valere dal debitore con l’opposizione agli atti esecutivi, senza essere vincolato al termine perentorio posto dall’art. 617 del c.p.c.”.
In senso contrario vi è, tuttavia, chi ritiene ammissibile il pignoramento presso terzi, argomentando sulla base di quanto affermato dalla stessa Corte di Cassazione, Sez. III Civile, n. 7394 del 07.07.1993, così massimata: “L’opposizione con la quale il debitore fa valere l’irregolarità del pignoramento di un credito, incorporato in un titolo di credito emesso da un terzo, perché eseguito con le forme del pignoramento presso terzi (art. 543 c.p.c.) anziché con quelle del pignoramento presso il debitore (mediante, cioè, la materiale apprensione del titolo), ha natura di opposizione agli atti esecutivi e deve essere, pertanto, proposta nel termine di cinque giorni dall’ingiunzione al debitore di astenersi dal compimento di atti diretti a sottrarre alla garanzia i beni soggetti all’espropriazione, dalla quale dipende il pregiudizio del debitore e l’interesse, quindi, dello stesso all’opposizione” (conforme Cass. Civ., Sez. III, n. 22876 del 06.12.2004; Cass. Civ., Sez. III, n. 12175 del 14.05.2019).

Secondo una parte della dottrina, inoltre, l’istituto di credito terzo pignorato, in virtù del dovere di collaborazione che incombe su di esso in quanto “ausiliario del giudice”, non dovrebbe limitarsi a dichiarare il saldo del conto corrente, ma anche se siano stati emessi assegni circolari e se trattenga ancora la relativa provvista, in caso di assegni non ancora incassati.
Tale impostazione appare tuttavia poco convincente, non potendosi addossare al terzo obblighi informativi di tale portata.

Più funzionale allo scopo (ovvero al recupero della provvista congelata per uno o più assegni non riscossi) sembra essere il ricorso al c.d. “ordine di esibizione”, disciplinato dall’art. 210 del c.p.c., strumento volto ad acquisire documenti o cose in possesso di una parte o di un terzo, quando necessari alla risoluzione della controversia.
Nel caso del pignoramento presso terzi, tale strumento può essere utilizzato per ottenere l’esibizione degli estratti conto, documenti indispensabili affinché il creditore procedente possa:
  1. accertare le operazioni effettuate sul conto del debitore prima e dopo la notifica del pignoramento, al fine di verificare eventuali disposizioni illegittime di somme;
  2. dimostrare se la banca abbia effettuato pagamenti al debitore nonostante il pignoramento, consentendo così di contestarli.

Per potersi avvalere di tale strumento, si ritiene necessario che il creditore, in sede di pignoramento presso terzi, richieda contestualmente al giudice dell’esecuzione - oltre al blocco di eventuali saldi attivi - anche l’emissione di un ordine di esibizione degli estratti conto, allegando idonea documentazione giustificativa (si pensi, ad esempio, a un’azienda con rilevante fatturato ma con saldo attivo pari a pochi spiccioli).
Il giudice, previa valutazione del fondamento della richiesta, potrà emettere un’ordinanza costituente valido titolo per obbligare la banca a produrre, entro un termine prestabilito, i documenti richiesti.

Qualora dagli estratti conto - da sottoporre all’analisi del giudice dell’esecuzione - emergesse l’emissione di assegni circolari non ancora riscossi, si potrebbero configurare due scenari:
  1. richiedere il sequestro conservativo del titolo, ex art. 2905 del c.c., da annotare sul titolo stesso ai sensi dell’art. 1997 del c.c.;
  2. avvalersi di quanto disposto dall’ultimo comma dell’art. 86 della Legge Assegni (R.D. 21.12.1933, n. 1736), norma che, nel caso di assegni circolari con clausola “non trasferibile”, esclude l’ammortamento, ma prevede il diritto del prenditore di ottenere il pagamento dell’assegno, dopo venti giorni dalla denuncia, presso la filiale presso cui è stata fatta la denunzia.

Nel caso di assegno emesso in favore dello stesso debitore-correntista, la banca dovrebbe, in buona sostanza, rendere nuovamente disponibile la provvista sul conto: a tale somma così rientrata dovrebbe estendersi il pignoramento già notificato.

Sempre al fine di prevenire simili comportamenti fraudolenti, si consiglia, in sede di notifica dell’atto di pignoramento, di specificare espressamente che lo stesso “deve intendersi esteso anche a ogni credito che possa derivare dalla restituzione della provvista relativa ad eventuali titoli di credito emessi su richiesta del debitore e non ancora incassati”.

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